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Pena & Territorio n. 2-3 (2011)

Copertina Pena e Territorio n. 2-3 del 2011

 

Notiziario, quadrimestrale, a cura del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria - Ministero della Giustizia - Ufficio rapporti con le Regioni
Reg.Tribunale Roma n. 433/2004 dell’ 8/11/2004
Editore Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria - Ministero della giustizia
Copertina, impaginazione elettronica, fotocomposizione e stampa a cura della Tipografia Casa Circondariale di Ivrea

SOMMARIO

REGIONE PIEMONTE

  • Torino – Intesa tra Provveditorato Regionale e Centro Giustizia Minorile per la continuità trattamentale dei giovani adulti in area penale

REGIONE BASILICATA

  • Potenza – Convenzione sulla giustizia riparativa e sui lavori di pubblica utilità

REGIONE CAMPANIA

  • Napoli – Protocollo d’intesa

REGIONE LAZIO

  • Roma – Unione Italiana Sport per Tutti, Vivicittà nelle carceri di Rebibbia
  • Viterbo - Protocollo d'intesa tra Casa Circondariale, UEPE e Provincia
  • Viterbo – Convenzione per lo svolgimento di stages aziendali

REGIONE LOMBARDIA

  • Bando Cariplo 2010
  • Monza - Protocollo Nuovi Giunti
  • Pavia, Voghera, Vigevano – Progetto Orchidea

REGIONE MARCHE

  • Camerino (MC) - La Pet Therapy in carcere

REGIONE TOSCANA

  • Grosseto - “ Carta dei servizi sanitari” e “Opuscolo informativo”

REGIONE VENETO

  • Venezia – “Giustizia riparativa”- L’UEPE di Venezia sottoscrive convenzioni

MANIFESTAZIONI

  • Terni – “Musica in carcere… un’evasione consentita”
  • Saluzzo (Cn) – “Allegro ma non troppo” lo spettacolo dei detenuti
  • Bolzano – “Musica oltre le sbarre”
  • Milano Bollate – Quadrangolare di calcio
  • Milano Opera – “La Luna sulla Capitale” musical

CONVEGNI

  • Trieste – “Oltre il muro la città”
  • Roma - Dal carcere alle misure alternative – 44° Convegno SEAC

AREA ADULTI e MINORI

REGIONE PIEMONTE

Torino - Intesa tra Provveditorato Regionale e Centro Giustizia Minorile per la continuità trattamentale dei giovani adulti in area penale

Il 18 maggio 2011 è stato firmato il Protocollo d’intesa tra il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per il Piemonte e Valle d’Aosta ed il Centro per la Giustizia Minorile per il Piemonte, Valle d’Aosta e la Liguria, che ha per oggetto la continuità trattamentale dei giovani adulti sottoposti a provvedimenti penali dell’Autorità Giudiziaria.
L’importante intesa, conseguente ad un lavoro di analisi delle problematiche che si presentano nella fase di transito tra i due sistemi penitenziari , è il risultato, dunque, della positiva collaborazione già in essere tra le due Amministrazioni. Essa é finalizzata a favorire l’unitarietà degli interventi trattamentali ed a limitare le ripercussioni negative del passaggio dal circuito penitenziario minorile a quello per adulti al compimento della maggiore età.
Con questo atto formale (la convenzione avrà durata di tre anni e potrà essere rinnovata) le due Amministrazioni intendono inoltre riaffermare il comune impegno nel realizzare il proprio mandato istituzionale e sociale , mettendo in campo ogni risorsa utile a favorire il reinserimento delle persone detenute, con una particolare attenzione ai giovani per i quali l’Ordinamento Penitenziario prevede (art.14, legge 26 luglio 1975, n. 354) sezioni distinte all’interno degli istituti, per evitare influenze negative da parte di altri detenuti

AREA ADULTI

 

REGIONE BASILICATA

Potenza - Convenzione sulla giustizia riparativa e sui lavori di pubblica utilità

Il Consiglio Provinciale di Potenza, in data 21 luglio 2011, ha approvato all’unanimità uno schema di convenzione sulla giustizia riparativa e sui lavori di pubblica utilità, riguardante la creazione di una rete di strutture ove possano realizzarsi progetti di reinserimento , con il coinvolgimento di associazioni, enti ed altri organismi.
I progetti “individuali”, elaborati dallo staff dell’Ufficio per l’esecuzione penale esterna del Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria prevedono l’inserimento, presso le strutture aderenti alla convenzione, di detenuti che saranno seguiti da operatori scelti tra le professionalità esperte in materia, messi a disposizione dalla Provincia di Potenza.

REGIONE CAMPANIA

Napoli – Il protocollo d’intesa siglato il 12 luglio 2011 tra il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria – Provveditorato della Campania - e la Conferenza Regionale del Volontariato Giustizia della Campania finalizzato, con l’ausilio di un gruppo integrato di lavoro appositamente costituito, alla predisposizione del piano regionale per il volontariato nell’esecuzione penale esterna. Tale intesa si propone di facilitare ed intensificare i rapporti tra le istituzioni locali ed il privato sociale per la realizzazione di quelle attività riabilitative e risocializzanti previste nei progetti riguardanti le persone in carico agli U.E.P.E.

Protocollo d’intesa

REGIONE LAZIO

Roma - Unione Italiana Sport per Tutti; Vivicittà nelle carceri di Rebibbia

Il 20 maggio 2011, infatti, si è svolta presso la casa circondariale di Roma – Rebibbia la manifestazione podistica dell’Uisp che porta lo sport negli istituti penali e minorili di tutta Italia.
Lo sport ha una fortissima valenza educativa all’interno degli Istituti penitenziari ed è parte integrante di tutte le attività rieducative. In tale ottica l’UISP-Roma promuove , gestisce ed organizza , all’interno delle carceri, attività motorie, sportive e ludico-ricreative; occasioni per incontrarsi, conoscersi e superare le barriere.
Attraverso lo sport si impara ad accettare le regole, a rispettare l’avversario e a fare “gioco di squadra”; peraltro, l’allenamento fisico scarica la tensione, libera i pensieri e contribuisce a prevenire le malattie tipiche della sedentarietà.
In un contesto sovraffollato, multietnico e multiculturale, l’attività sportiva assume quindi, un valore aggiunto: è un linguaggio accessibile a tutti , non esclude nessuno e costituisce un collegamento con la società esterna.
Il Vivicittà, la corsa podistica dell’UISP, attraversa ormai da oltre quindici anni gli Istituti di Rebibbia ed è l’occasione, per i detenuti, di cimentarsi in una attività per la quale si sono allenati per l’intero anno insieme ad atleti esterni provenienti da 8 società sportive del territorio e già impegnate al fianco del comitato romano con attività sportive nelle carceri.

Viterbo - In data 16 marzo 2011 è stato sottoscritto un Protocollo d’intesa tra la Provincia di Viterbo , la Casa Circondariale di Viterbo ed il locale UEPE per attività finalizzate al reinserimento lavorativo e sociale dei detenuti ed al sostegno delle loro famiglie.

Protocollo d’intesa

Viterbo -E’ stata sottoscritta, in data 31.05.2011, una convenzione tra l’UEPE e la Casa Circondariale di Viterbo, la Provincia di Viterbo ( Centro per l’impiego) e l’Azienda San Raffaele S.p.A. per lo svolgimento di stages aziendali da parte di soggetti in misura alternativa.

Convenzione per lo svolgimento di stages aziendali

 

REGIONE LOMBARDIA

"Promuovere nelle comunità territoriali il sistema delle misure alternative per persone sottoposte a provvedimenti dell’autorità giudiziaria"

Bando 2010 Fondazione Cariplo con scadenza a due fasi

A. Premesse

La popolazione detenuta negli istituti penitenziari lombardi è la più numerosa tra le regioni italiane, e ammonta a 9.255 persone[1]:
nelle carceri di Milano (San Vittore, Opera, Bollate) è concentrato il 44% dei detenuti, negli istituti bresciani il 7%, nel carcere di Como il 6,5%, e così via con percentuali decrescenti nel resto delle
province. Oltre il 43% dei detenuti ha cittadinanza non italiana. Su un totale di 14.643 ingressi dalla libertà nell’anno 2009, il 41% ha interessato il carcere di San Vittore, il 19% gli istituti penitenziari
di Brescia e il 4% il carcere di Como, mentre dei 9.173 ingressi registrati per l’anno 2010, sino alla data del 31 agosto, il 44% ha interessato gli istituti milanesi, il 12% quelli bresciani ed il 4% l’istituto di Como.

Lavorare per l’inclusione sociale delle persone sottoposte a provvedimenti dell’autorità giudiziaria richiede una crescente collaborazione tra il sistema dei servizi territoriali, il sistema penale, gli organismi del Terzo Settore, nella consapevolezza che solo uno sforzo integrato e la promozione di solidi partenariati possono orientare verso la definizione di percorsi stabili e duraturi nel tempo, verso una responsabilità condivisa e una partecipazione diffusa nell’azione di tutti i soggetti sociali.

Fondazione Cariplo, coerentemente con il proprio Piano di Azione “Promuovere percorsi di coesione sociale nelle comunità territoriali” e con le precedenti iniziative sviluppate grazie al Bando “Inclusione sociale”, intende sostenere in tre province lombarde (Milano, Brescia, Como) processi di ‘messa a sistema’ di servizi e soggetti che a vario titolo sono coinvolti nell’applicazione delle misure alternative alla detenzione.

Il presente Bando è frutto di un confronto fra Fondazione Cariplo, Regione Lombardia e Amministrazione Penitenziaria, e prevede la valutazione delle proposte progettuali in due fasi.

Nella prima fase, i partenariati dovranno inviare, entro il 28 gennaio 2011, tramite l’area riservata del sito della Fondazione Cariplo, una proposta progettuale coerente con le linee guida del Bando e con quanto richiesto dalla Guida alla presentazione (modulistica on line e allegati).

Nella seconda fase verranno analizzate le proposte e fornite indicazioni prescrittive per una eventuale ridefinizione progettuale.
I partenariati proponenti saranno invitati a presentare, entro il 15 aprile 2011, i progetti definitivi.

Si precisa che su questo bando si prevede di finanziare un solo progetto per provincia.

B. Il contesto

B.1. Analisi del bisogno

Nonostante la previsione normativa consenta, in presenza di determinati requisiti, di ricorrere a forme alternative, sono ancora molte le persone che scontano l’intera condanna in detenzione, con ciò acuendo i rischi connessi al potenziale criminogenetico del carcere, a discapito della possibilità di intraprendere percorsi di recupero della legalità[2]. La popolazione penitenziaria si caratterizza infatti per una sempre più consistente presenza di detenuti stranieri e per la complessità derivante dalla cosiddetta detenzione sociale, ovvero per l’alto numero di persone che scontano in carcere la condanna, anche di breve durata, per difficoltà soggettive che impediscono o rendono più difficile il ricorso a misure esterne (sia in fase di giudizio, che nella fase di esecuzione della pena). Per stimare la dimensione del target che potrebbe accedere (fatte salve le condizioni ostative previste per legge) alle misure alternative, è necessario prendere in considerazione due ordini di dati relativamente al territorio regionale:

  1. rispetto alle pene in esecuzione intramuraria, il 30% circa ha un residuo inferiore ai tre anni (2.645 persone, di cui 1.207 con residuo pena inferiore all’anno), e di queste circa il 60% si trova nelle carceri milanesi, il 13% a Brescia ed il 12% a Como, il resto suddiviso nei rimanenti istituti;
  2. le misure alternative già attive (affidamento ordinario e per tossicodipendenti, semilibertà e detenzione domiciliare) e le osservazioni dalla libertà (relative alle persone che hanno avanzato richiesta di fruizione di misura alternativa prima dell’ingresso in carcere), riguardano per l’anno 2009 rispettivamente 3.640 e 932 persone (il 46% e il 40% sono relative all’Ufficio per l’Esecuzione Esterna - Uepe di riferimento per Milano, il 20% e il 32% all’Uepe di riferimento per Brescia, il 15% e il 13% all’Uepe di riferimento per Como), mentre per il primo semestre 2010 le misure attive risultano essere 3.550 e le osservazioni dalla libertà 504 (rispettivamente il 45% ed il 34% relative all’Uepe di Milano, il 13% ed il 20% all’Uepe di Brescia, il 13% e l’11% all’Uepe di Como). Al di là dell’effettivo utilizzo delle misure alternative, è il dato sulla richiesta di accesso ad esse che rivela importanti elementi relativi ai potenziali fruitori di misure alternative all’esecuzione penale, per i quali, a fronte di una strutturazione di idonei programmi individuali tali da facilitare e consentire il processo di inclusione, può essere perseguita la concessione della misura alternativa dalla libertà, evitando così la detenzione.

B.2. La rete territoriale

La presa in carico delle persone sottoposte a provvedimenti dell’autorità giudiziaria richiede l’attivazione di risposte complesse e una progettualità condivisa fra operatori del sistema penitenziario e operatori del territorio finalizzata alla costruzione di un percorso di inclusione.

L’attuale sistema di intervento è però ancora caratterizzato da elementi di frammentarietà, con presenza di nodi che intercettano la domanda e organizzano le risposte. Ciò che serve, in un’azione di welfare locale, è un aumento del livello di cooperazione intra-servizi, inter-servizi e fra servizi e cittadini. Questo significa valorizzare la comunicazione all’interno del sistema dei servizi e, nel contempo, la comunicazione esterna intesa come lo strumento per creare consenso e rendere maggiormente partecipi persone ed enti (per esempio del mondo imprenditoriale) variamente collegati per ragioni di reciproca informazione o collaborazione.

B.3. Il Patto di inclusione sociale e i Piani di intervento

La Commissione Nazionale Consultiva e di Coordinamento per i Rapporti con le Regioni, gli Enti Locali ed il Volontariato[3] del Ministero della Giustizia ha emanato nel marzo 2008 le “Linee Guida in materia di inclusione sociale a favore delle persone sottoposte a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria” che delineano l’obiettivo del Patto di inclusione sociale, un patto politico a livello nazionale tra Stato, Regioni, Enti Locali, comunità civile, volontariato e settore produttivo, finalizzato a favorire lo sviluppo di una rete integrata, estesa, qualificata e differenziata in tutto il territorio nazionale, di percorsi di inclusione sociale per le persone entrate nel circuito penale.

Regione Lombardia ha declinato a livello regionale le linee guida nazionali (e il patto) con la D.G.R. n. 9502 del 27 maggio 2009, che ha avviato un percorso di coinvolgimento delle comunità territoriali, attraverso una logica di programmazione di natura negoziale, superando la modalità di selezione di progetti a bando fino a quel momento utilizzata e rafforzando il ruolo del territorio. Come esito sono stati approvati a dicembre 2009, ai sensi della L.R. n. 8/2005 [4], 14 Piani di intervento presentati dalle singole ASL di intesa con gli Uffici di piano, gli Istituti penitenziari e UE PE, l’Amministrazione della Giustizia minorile e i Soggetti del Terzo Settore, per promuovere:

  • una linea di intervento comune, nei singoli ambiti territoriali, evitando la concentrazione di risorse su azioni ridondanti;
  • la mobilitazione di una rete permanente di soggetti che operi in modo integrato, tra sistema penitenziario e sistema territoriale, a supporto dei percorsi di inclusione sociale.

Per i Soggetti operanti a livello territoriale (amministrazione penitenziaria, servizi sociali territoriali, Terzo Settore ecc.) il Piano ha rappresentato un’occasione per cominciare a strutturare la collaborazione in modo sistematico e per favorire una interazione tra i diversi soggetti che si occupano di accoglienza, accesso alle diverse forme di lavoro, mediazione e sostegno personale in occasione della dimissione dal carcere e del rientro sul territorio, attraverso un accompagnamento progressivo che può iniziare durante la detenzione presso un istituto penitenziario e/o essere in funzione propedeutica alla misura alternativa e proseguire durante la sua esecuzione.

Questo percorso ha consentito ai territori di porsi come obiettivo (se pur non immediato) l’integrazione delle azioni progettuali nel quadro istituzionale di governo delle politiche sociali del territorio, riconnettendosi ai Piani di Zona e all’accordo di programma territoriale.

C. Obiettivi

Alla luce della complessità dei bisogni e del sistema di risposta, nell’ambito di una piena applicazione della normativa in essere e nel rispetto delle prerogative della Magistratura, il bando intende sostenere progetti sperimentali finalizzati a:

  1. promuovere l’accesso alle misure alternative, cercando di aumentare la quota di detenuti ammessi alle misure alternative sul totale dei potenziali aventi diritto (‘capacità di presa in carico’), sia dalla libertà, evitando l’ingresso in carcere, che dalla detenzione, facilitando l’uscita;
  2. migliorare la qualità dei percorsi di reinserimento sociale (vale a dire potenziare le capacità organizzative del sistema e accrescere le risorse concrete a disposizione).

Nel lungo periodo si può ipotizzare un impatto sul tasso di recidiva e sul relativo disvalore sociale ed economico. Se si assume che la detenzione in carcere di coloro che hanno i requisiti per accedere a misure alternative determini un innalzamento della loro propensione alla recidiva, aumentare l’accesso alle misure alternative di coloro che ne hanno diritto dovrebbe portare a una riduzione del tasso di recidiva complessivo. Il risparmio generato [5] potrebbe a sua volta aumentare le risorse a disposizione delle politiche per l’inclusione e per la prevenzione, favorendo un circolo virtuoso.

Con l’attenzione focalizzata su inclusione sociale e territorio, si vogliono sostenere sperimentazioni che dimostrino di perseguire questo insieme concatenato di obiettivi:

  • aumentare la capacità di intercettazione-aggancio precoce dell’utenza;
  • mettere tempestivamente a disposizione risorse concrete, utili per l’accesso alla misura alternativa e per l’inclusione;
  • affiancare, alla qualità della risposta “tecnica” al bisogno, la capacità di creare nella cittadinanza consenso e legittimazione alla risposta sperimentata, ad esempio grazie a iniziative di sensibilizzazione mirate sulle comunità di riferimento, azioni di comunicazione congiunte con i media locali;
  • ridurre la frammentazione operativa dei vari attori coinvolti [6]e costruire poli territoriali integrati che connettano e coinvolgano i soggetti a vario titolo rilevanti nella definizione del progetto con la persona sottoposta a procedimenti dell’autorità giudiziaria, nell’attivazione delle risorse territoriali e nella verifica;
  • stabilizzare il percorso di presa in carico territoriale integrandolo anche con la funzione di agente di rete [7];
  • produrre strumenti e modalità operative che sappiano sostenere e potenziare il polo territoriale;
  • favorire la stabilizzazione del modello di intervento condiviso sull’inclusione sociale e lavorativa delle persone sottoposte a provvedimenti dell’autorità giudiziaria e la sua introduzione nelle linee di programmazione dei diversi Enti locali.

D. Linee guida

Coerentemente con gli obiettivi e in base alla necessità di focalizzare le risorse disponibili, sono state scelte alcune priorità in termini di target, territorio e tipologia d’intervento/asse di bisogno, come di seguito dettagliato. Verranno sostenuti progetti con durata biennale, con contrattualizzazione annuale da parte della Fondazione.
Le sperimentazioni dovranno integrarsi in modo complementare e sinergico con i già citati piani di intervento a livello locale e con la funzione di agente di rete.
Caratteristica principale delle sperimentazioni sarà la forte e diretta cooperazione multidisciplinare tra enti e soggetti appartenenti ai singoli ambiti territoriali e individuati sulla base di specifiche funzioni.

D.1.Target

Le sperimentazioni dovranno rivolgersi esclusivamente a persone beneficiarie di misura alternativa o potenzialmente beneficiarie di misura alternativa, ai sensi della normativa vigente [8], con particolare attenzione a:

  • soggetti alla prima detenzione
  • soggetti in fase di dimissione
  • appellanti e/o ricorrenti (in funzione della possibilità di costruire anticipatamente percorsi di ammissione alla misure alternative).

Nell’attivazione degli interventi si dovrà dare priorità ai giovani adulti (18-35 anni) e alle donne.

D.2. Territorio

In questa prima edizione del Bando, i progetti potranno riguardare esclusivamente i territori delle province di Milano, Brescia e Como, individuati sulla base della presenza significativa di soggeti detenuti con fine pena entro i tre anni, ovvero potenzialmente nelle condizioni di espiare in sede extradetentiva la condanna, e dei consistenti flussi di ingresso, che potrebbero essere ridotti lavorando in modo integrato per un’intercettazione in tempi utili.

D.3. Tipologia d’intervento

Le sperimentazioni, valorizzando le esperienze positive già maturate nei territori, dovranno progettare il percorso di presa in carico e, in parallelo, il modello organizzativo che lo sorregge.

Il percorso di presa in carico (da implementare e poi affinare) dovrà intercettare quanto più tempestivamente possibile le persone che rientrano nel target individuato, accogliere le loro richieste e sostenere la loro motivazione, per supportarle nella elaborazione e realizzazione di un progetto di vita dotato di senso per le persone stesse, adeguato alla concessione e alla migliore attuazione della misura alternativa, compatibile con la comunità di riferimento e le esigenze di sicurezza dei cittadini.

Per quanto riguarda il modello organizzativo, le sperimentazioni dovranno attivare un polo territoriale integrato coinvolgendo tutti gli attori chiave del percorso di reinserimento delle persone in esecuzione penale. I progetti dovranno definire le funzioni dei soggetti coinvolti e chiarire le modalità di funzionamento (spazi, tempi, luoghi di incontro), gli strumenti operativi e le modalità per testare e validare il modello organizzativo scelto.
I progetti dovranno inoltre descrivere il processo di costruzione delle condizioni per la stabilizzazione del modello stesso, da un lato basandosi sull’interazione con le politiche territoriali (comuni, piani di zona) e della Regione Lombardia (Piani di intervento, funzione dell’agente di rete e Sistema Dote Formazione/Lavoro), dall’altro prevedendo lo sviluppo e la validazione di strumenti che supportino prassi condivise, in particolare:

  • un modello di mappatura delle risorse territoriali, che sia facilmente aggiornabile, accessibile e confrontabile con altri territori;
  • una cartella sociale unica (affrontando il tema della titolarità dell’utenza) che permetta anche l’elaborazione di dati di sintesi sui percorsi attivati;
  • una ‘carta del servizio standard’, che dettagli i requisiti minimi per le prestazioni offerte nella ‘filiera’.

Accanto al numero di misure alternative attivate e alla loro tenuta positiva, la formalizzazione di questi strumenti e l’individuazione delle condizioni di stabilizzazione del modello (comprendendo sia le condizioni raggiunte che quelle da raggiungere) saranno l’esito delle proposte finanziate.

Il bando, secondo le specifiche di seguito indicate, sostiene la presa in carico, dalla fase di aggancio, alla definizione del progetto individualizzato fino alla sua attuazione, rispetto alla quale si sostengono prioritariamente le risorse necessarie per favorire l’inserimento lavorativo. Le sperimentazioni dovranno riguardare tutti questi passaggi, e chiarire il valore incrementale rispetto a servizi e attività già esistenti.

1. Fase di aggancio

I partenariati dovranno elaborare ipotesi progettuali finalizzate a:

  • sensibilizzare i soggetti che possono inviare al polo territoriale integrato e avere un ruolo nell’attivazione ed esecuzione della misura alternativa (avvocato difensore o d’ufficio e ordini degli avvocati; Forze dell’ordine; Magistratura ordinaria e di sorveglianza; personale di servizio sociale dell’Uepe ed educativo dell’Istituto penitenziario; privato sociale; servizi sociali del territorio);
  • costituire o sistematizzare servizi (per es. sportelli in luoghi strategici presso il Tribunale, il Carcere, i servizi sociali del Comune, o presidi di altro tipo) che garantiscano il diritto all’informazione (in particolare sul tema della misura alternativa: in cosa consiste, come accedervi, a chi rivolgersi per sostegno) e una prima lettura della domanda;
  • costruire strumenti a supporto del primo orientamento all’accesso ai servizi e della futura presa in carico integrata: mappatura delle risorse territoriali e cartella sociale unica. La prima dovrà essere messa a punto, resa facilmente accessibile e aggiornata costantemente per tracciare in modo strutturato e completo le risorse del territorio a sostegno del target (servizi e progetti - istituzionali e del terzo settore – dedicati a: accoglienza abitativa, accompagnamento socio-occupazionale, problematiche familiari o psicologiche,…); la seconda dovrà consentire una valutazione multidimensionale omogenea delle persone e un agire incrementale, vale a dire evitare che i singoli (utenti e servizi) ricomincino sempre da capo il percorso potendo contare su un database condiviso.

2. Definizione condivisa del progetto individualizzato

Sia nel caso in cui il progetto individualizzato sia già stato formulato dai servizi dell’Amministrazione Penitenziaria e necessiti di essere reso operativo, sia nel caso in cui sia in corso di formulazione o la persona non sia ancora in osservazione e formalmente in carico, l’attivazione più precoce possibile del territorio è un fattore chiave per l’accesso alle misure alternative e per la loro successiva tenuta: i processi di inclusione sono complessi, non rientrano tra le prerogative esclusive di nessuna agenzia, ma dipendono da numemerosi attori molto diversi tra loro che devono trovare un piano di interazione riconosciuta e sistematica.

Nel rispetto delle prerogative della Magistratura di Sorveglianza e della titolarità dei servizi dell’Amministrazione Penitenziaria (Istituti e UEPE) rispetto alla presa in carico dell’utenza, la definizione del progetto individualizzato dovrà essere condivisa nell’ambito del polo territoriale per garantire una maggiore efficacia dei percorsi e corresponsabilità della comunità locale.

Il polo territoriale dovrà svolgere compiti di mappatura, attivazione e invio ai servizi, supervisione della tenuta del percorso e proposta delle eventuali modifiche, infine di verifica degli esiti.
Le funzioni che dovranno essere garantite, anche attivando risorse già presenti, sono:

  • raccolta e analisi della domanda;
  • primo orientamento;
  • condivisione dell’ipotesi d’intervento;
  • counselling e accompagnamento (ad es. percorso di empowerment e responsabilizzazione della persona, interventi finalizzati alla valutazione delle sue competenze socio-lavorative);
  • ricerca di opportunità e risorse socio occupazionali, abitative, relazionali …;
  • avvio degli interventi (invio ai servizi e identificazione degli operatori di riferimento);
  • monitoraggio e verifica con il coinvolgimento di tutti i soggetti necessari.

In particolare il polo territoriale dovrà consentire la presa in carico precoce delle persone che sono in attesa di giudizio o in attesa della concessione della misura alternativa – quindi ancora non in carico all’Amministrazione Penitenziaria – per le quali è opportuno costruire un progetto individualizzato con caratteristiche propedeutiche al percorso successivo (il format del progetto dovrà avere una impostazione coerente con il modello di programma trattamentale).

Inoltre dovrà sviluppare solidi legami operativi con le risorse del territorio (incluse imprese, centri di orientamento e per l’impiego) e saper rilevare eventuali nodi deboli della rete (per es. la mancanza di alloggi).

3. Fase di attuazione del progetto individualizzato

Mentre la fase di aggancio e la definizione condivisa del progetto individualizzato devono riguardare tutti gli assi di bisogno (in estrema sintesi: lavoro, casa, famiglia), nella fase di attuazione del progetto individualizzato si chiede al polo territoriale di focalizzare il pilastro del lavoro nel più ampio percorso di reinserimento e di elaborare ipotesi progettuali finalizzate a:

  • costruire percorsi individualizzati, che superino eventuali atteggiamenti passivi e di resistenza, si aggancino alle risorse personali (competenze pregresse, relazioni sociali, …) e tengano conto delle aspirazioni e desideri della persona;
  • costruire percorsi integrati tra i diversi sistemi (formazione, istruzione, lavoro) secondo una logica di filiera di azioni successive per l’accompagnamento al lavoro;
  • favorire un circolo virtuoso tra politiche sociali, politiche attive del lavoro, politiche dell’occupabilità, politiche di sviluppo locale;
  • esplorare le potenzialità del LPU (Lavoro di Pubblica Utilità), come strumento di riconciliazione con la comunità con una forte connotazione risarcitoria, ma soprattutto di aggancio propedeutico a interventi più strutturati per una utenza che spesso, per la brevità della pena, non riesce a essere presa in carico, e infine come primo terreno di collaborazione tra tribunali, terzo settore, enti locali che sono invitati a sviluppare protocolli e accordi;
  • offrire risorse e occasioni concrete di inserimento lavorativo (ad esempio formazione-tirocinio, stage e borse lavoro, sostegno a percorsi di stabilizzazione dell’inserimento lavorativo, iniziative sul lato aziende).

E. Soggetti ammissibili

Le regole generali relative all’ammissibilità degli enti richiedenti sono illustrate nella Guida alla presentazione, comune a tutti i bandi della Fondazione.
Per questo specifico Bando, le richieste di contributo dovranno essere proposte da un partenariato minimo di tre organizzazioni del privato sociale già attive nei Piani di Intervento validati con il Decreto Regionale n° 13826 del 11/12/2009.
Il partenariato potrà comunque essere ampliato ad altri soggetti di privato sociale con competenze specifiche funzionali all’intervento proposto.
Dovranno inoltre partecipare alla progettazione e all’attuazione dell’intervento, in qualità di soggetti della rete e non di partner, gli istituti penitenziari, l’UEPE, i Piani di Zona e le ASL di riferimento.

Come riportato nella Guida alla presentazione delle richieste (cui si rimanda per approfondimento del tema), per “partner” deve intendersi un soggetto che:

  • risulta ammissibile al contributo della Fondazione Cariplo;
  • apporta al progetto proventi e oneri (costi e ricavi);
  • si candida a divenire destinatario di una quota del contributo complessivamente richiesto per il progetto.

La formalizzazione della relazione che intercorre fra i soggetti partner ai fini della realizzazione congiunta del progetto deve avvenire attraverso uno specifico “accordo di partenariato”, cioè un documento sottoscritto dai Rappresentanti legali (o loro delegati) dell’ente capofila e di tutti i partner, volto a precisare tutti i seguenti elementi:

  • l’ambito, gli obiettivi concreti e la durata dell’accordo;
  • gli impegni di carattere finanziario ed economico, rispettivamente assunti dal capofila e da ogni singolo partner (costi sostenuti, quota parte di contributo richiesto, fonti di copertura distinguendo tra le somme già certe e quelle da acquisire);
  • i ruoli e le responsabilità assegnati ai componenti dell’accordo.

È necessario prevedere anche un accordo di rete che assicuri la condivisione del progetto e le modalità di raccordo di tutti i soggetti coinvolti, sottoscritto dai legali rappresentanti dell’ente capofila e di tutti i soggetti della rete.

F. Ammissibilità formale

Per essere considerate ammissibili alla valutazione, le richieste di contributo dovranno soddisfare i seguenti requisiti:

  • prevedere l’oggetto dell’intervento all’interno delle Province di Milano, Brescia o Como;
  • formulare una richiesta di contributo alla Fondazione Cariplo non superiore per Milano a € 600.000, per Brescia a € 220.000, per Como a € 180.000 all’anno per due anni, e comunque non superiore al 70% dei costi totali del progetto;
  • prevedere costi ammortizzabili (arredi, attrezzature e altre spese per investimenti ammortizzabili) non eccedenti il 10% dei costi totali del progetto; non sono comunque ammesse spese per l’acquisto, ristrutturazione, manutenzione e restauro immobili;
  • imputare nel costo totale esclusivamente i costi direttamente afferenti alla realizzazione del progetto; non saranno quindi considerate ammissibili le spese di gestione già sostenute dalla rete nell’esercizio dell’attività in essere;
  • prevedere progetti di durata biennale.

G. Ammissibi lità sostanziale

Per essere considerati ammissibili alla valutazione, i progetti dovranno inoltre soddisfare i seguenti requisiti:

  • • rivolgersi al target individuato (persone beneficiarie di misura
  • alternativa o potenzialmente beneficiarie di misura alternativa);
  • • riguardare la presa in carico e al contempo la riflessione sul
  • modello organizzativo a sostegno dell’accesso alle misure alternative;
  • • chiarire il valore incrementale rispetto a servizi e attività già
  • esistenti e l’interazione con le politiche pubbliche (Piani di
  • Zona, Piani di intervento, funzione dell’agente di rete e Sistema
  • Dote Formazione/Lavoro).

H. Budget disponibile

Il budget a disposizione del presente Bando ammonta a € 1.000.000 (relativo al finanziamento della prima annualità di progetto) di cui € 300.000 messi a disposizione da Regione Lombardia

La Fondazione Cariplo è una persona giuridica privata, dotata di piena autonomia gestionale, che, nel quadro delle disposizioni della Legge 23 dicembre 1998, n. 461, e del Decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, persegue scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico.

La Fondazione Cariplo opera prevalentemente attraverso l’assegnazione di contributi a progetti e iniziative di terzi; la selezione dei progetti e delle iniziative da finanziare avviene a insindacabile giudizio della Fondazione.

Oltre alla presente Guida, le organizzazioni che intendono sottoporre una richiesta sui bandi della Fondazione Cariplo, sono invitate a prendere visione della Guida alla rendicontazione, disponibile sul sito web della Fondazione, che può rivelarsi estremamente utile anche in fase di presentazione dei progetti. Le parti di cui si consiglia la consultazione sono:

  • capitolo 5 “Argomenti economici e finanziari”;
  • paragrafi 10.4.1, 10.4.2 e 10.4.10 del capitolo 10 “Procedure di verifica”;
  • capitolo 11 “Il Disciplinare”.

1) Come presentare un progetto sui bandi della Fondazione Per presentare un progetto nell’ambito dei bandi della Fondazione è necessario:

Se l’organizzazione ha presentato una domanda on line a Fondazione Cariplo dal 2007 in poi, è già attivo un profilo per accedere all’area riservata e l’Anagrafica organizzazione (con i relativi allegati) dovrà essere unicamente verificata ed eventualmente aggiornata.
In caso di smarrimento di username o password dell’organizzazione, si suggerisce di contattare il servizio Help Desk, scrivendo a helpdesk@fondazionecariplo.it o telefonando al numero verde 800.416.300 attivo dal lunedì al venerdì negli orari 10.00-
13.00 e 14.30-17.30.

1.a) Bandi con scadenza

Per presentare un progetto nell’ambito dei bandi con scadenza della Fondazione Cariplo, una volta effettuato l’accesso all’area riservata secondo le modalità precedentemente illustrate e compilata/aggiornata l’Anagrafica organizzazione, è necessario:

1.b) Bandi senza scadenza

Per i bandi senza scadenza, la procedura di presentazione dei progetti prevede un momento preliminare di confronto con gli Uffici della Fondazione Cariplo, finalizzato a comprendere con precisione le caratteristiche degli interventi, individuare la coerenza e la fattibilità delle operazioni proposte e valutare l’affidabilità delle organizzazioni richiedenti.
Pertanto, una volta effettuato l’accesso all’area riservata e compilata/aggiornata l’Anagrafica organizzazione, è necessario:

  1. collegarsi al sito www.fondazionecariplo.it e selezionare la sezione “area riservata” (tramite il comando “login” posizionato nella parte alta della home page del sito);
  2. registrarsi, secondo la procedura illustrata (o accedere all’area riservata se si dispone già di uno username e di una password validi);
  3. compilare integralmente l’Anagrafica organizzazione, corredandola di tutti gli allegati richiesti (a tale proposito si veda il successivo paragrafo 5 “I documenti necessari per presentare il progetto”).
  4. selezionare il bando di riferimento e compilare integralmente il Modulo progetto (Progetto, Piano economico ed eventuali Dati complementari) corredandolo di tutti gli allegati richiesti (a tale proposito si veda il successivo paragrafo 5 “I documenti necessari per presentare il progetto”);
  5. inviare esclusivamente on line il Modulo progetto.
  6. selezionare il bando di riferimento e compilare integralmente la Scheda pre-progetto;
  7. inviare esclusivamente on line la Scheda pre-progetto.
  8. La proposta preliminare non rappresenta una richiesta ufficiale di contributo: dopo aver inviato on line la Scheda, infatti, le organizzazioni saranno contattate dagli Uffici della Fondazione Cariplo per effettuare, se necessario, l’incontro previsto dall’iter dei bandi senza scadenza e solo successivamente potranno presentare regolare domanda di contributo e quindi:
  9. compilare integralmente il Modulo progetto (Progetto, Piano economico ed eventuali Dati complementari), corredandolo di tutti gli allegati richiesti (a tale proposito si veda il successivo paragrafo 5 “I documenti necessari per presentare il progetto”);
  10. inviare esclusivamente on line il Modulo progetto.

2) La procedura di selezione e valutazione dei progetti

La procedura di selezione dei progetti presentati sui bandi si articola in due fasi: la prima fase riguarda l’ammissibilità formale della proposta e la coerenza della stessa rispetto ai contenuti e alle finalità esplicitate dal bando; la seconda fase, a cui accedono esclusivamente le proposte risultate idonee, è incentrata sulla valutazione dei singoli progetti.
Rispetto ai criteri di idoneità, sono considerate inammissibili, quindi escluse automaticamente dalla successiva fase di valutazione, le proposte:

  1. presentate da un soggetto che non può essere destinatario di un contributo da parte della Fondazione (si veda il paragrafo 3 “Gli enti ammissibili al contributo della Fondazione Cariplo”);
  2. incomplete, vale a dire inoltrate con modulistica non integralmente compilata o sprovvista di uno o più allegati obbligatori indicati al paragrafo 5 (“I documenti necessari per presentare il progetto”);
  3. incoerenti con le finalità, le linee guida e i requisiti previsti dalla guida e dal bando;
  4. presentate in ritardo rispetto alla scadenza (solo nel caso di bandi con scadenza). Per la scadenza, fanno fede la data e l’ora di inoltro elettronico del Modulo progetto e della documentazione allegata che devono essere inviati entro le ore 23.59 del giorno indicato dal bando come termine per la presentazione di progetti (si segnala che, anche nelle giornate di scadenza dei bandi, la Fondazione Cariplo fornisce assistenza tecnica non oltre le ore 17.30).

Il processo di valutazione consiste in un’analisi di merito, incentrata sia sui contenuti (qualità e chiarezza dell’esposizione, coerenza e rilevanza degli obiettivi, adeguatezza delle strategie, significatività dei risultati attesi e congruità dell’organizzazione o del partenariato rispetto alla tipologia di progetto presentato), sia sulla sostenibilità economico-finanziaria dei singoli progetti.
Sulla base della valutazione effettuata dagli Uffici (in taluni casi affiancati da Comitati di specialisti esterni), il Consiglio di Amministrazione della Fondazione individua i progetti cui assegnare un contributo.
Al termine dell’intero processo, l’elenco dei progetti accolti viene reso pubblico sul sito internet www.fondazionecariplo.it nella sezione “Contributi” alla voce “Delibere contributi assegnati”.
L’esito della proposta (sia in caso di assegnazione di un contributo, sia in caso di mancato accoglimento) viene inoltre direttamente comunicato, con lettera del Presidente della Fondazione, al Rappresentante legale dell’organizzazione richiedente.
In caso di esito positivo, una seconda comunicazione, a firma del Segretario Generale della Fondazione, viene resa disponibile nell’area riservata dell’organizzazione beneficiaria per illustrare le modalità di erogazione del contributo assegnato; in questa omunicazione si richiede che l’ente provveda – sempre in modalità on line - ad alcuni adempimenti, fra i quali l’obbligo di notificare alla Fondazione entro 6 mesi dalla data di delibera di assegnazione del contributo:

  • l’avvio del progetto;
  • le date previste di avvio e di conclusione del progetto;
  • la disponibilità certa delle risorse finanziare occorrenti per fare fronte alle spese previste dal progetto.

Le organizzazioni beneficiarie di un contributo, in seguito all’assegnazione, vengono invitate a partecipare a un apposito incontro di formazione sulla procedura di rendicontazione. Per quanto riguarda le regole sulla rendicontazione dei progetti, si rimanda comunque alla Guida alla rendicontazione, disponibile sul sito internet della Fondazione Cariplo nella sezione “Contributi”.

3) Gli enti ammissibili al contributo della Fondazione Cariplo

3.a) Regole generali di ammissibilità

La Fondazione non può concedere, né direttamente né indirettamente, contributi, erogazioni o sovvenzioni di alcun genere a enti con fini di lucro o imprese di qualsiasi natura, a eccezione delle imprese sociali e delle cooperative sociali.
Ai fini della verifica dell’ammissibilità degli enti richiedenti, vengono in particolare valutati lo statuto e i bilanci (si veda il successivo paragrafo 5, “I documenti necessari per presentare il progetto”), non esclusa la facoltà della Fondazione di richiedere o acquisire ulteriori documenti o elementi.

L’assenza dello scopo di lucro deve risultare dalla presenza, nello statuto, di clausole che:

  1. vietino la distribuzione, diretta e indiretta, di utili, avanzi di gestione, fondi e riserve in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori;
  2. dispongano la destinazione di utili e avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o all’incremento del patrimonio;
  3. prevedano l’obbligo di destinazione dell’eventuale attivo risultante dalla liquidazione a fini di pubblica utilità o ad altre organizzazioni prive di scopo di lucro.

Sono in ogni caso ammissibili al contributo, anche se i loro statuti non riportino le clausole di cui sopra, gli enti iscritti ai registri regionali delle cooperative sociali, delle organizzazioni di volontariato o all’albo nazionale delle ONG (gli estremi di tali iscrizioni dovranno essere correttamente riportati nei campi appositi presenti nella modulistica on line).

Sono invece esclusi interventi a sostegno di enti e organizzazioni non formalmente costituiti con atto regolarmente registrato, di partiti politici, di organizzazioni sindacali o di patronato, di associazioni di categoria, di soggetti che svolgono propaganda politica direttamente o indirettamente per influenzare il procedimento legislativo e le campagne elettorali, nonché a sostegno di soggetti che mirano a limitare la libertà e la dignità dei cittadini o a promuovere ogni forma di discriminazione.

Si declinano infine richieste di contributo da parte di persone fisiche.
Non possono essere concessi, e se approvati non possono essere erogati, contributi per la realizzazione di progetti che, seppure presentati da enti formalmente ammissibili in base ai requisiti di cui sopra, risultino riconducibili a soggetti non finanziabili.

3.b) Regole specifiche di ammissibilità

Con riferimento specifico ai bandi della Fondazione, non possono presentare domanda di contributo gli enti che:

Le regole di cui ai precedenti punti 1, 2 e 3 si applicano:

Le regole di cui ai precedenti punti 1, 2 e 3 non si applicano ai bandi dell’Area Ricerca Scientifica.
La regola di cui al punto 3 non si applica ai bandi dell’Area Ambiente.

  1. abbiano già presentato domanda sullo stesso bando:
    1. per i bandi con scadenza non è ammessa la presentazione di più di una richiesta di contributo per edizione del medesimo bando;
    2. per i bandi senza scadenza non è ammessa la presentazione di una ulteriore richiesta di contributo prima che siano decorsi 12 mesi dalla data di presentazione del progetto precedente;
  2. abbiano, nell’ambito dei bandi dell’area di riferimento (Ambiente,Arte e Cultura o Servizi alla Persona), più di un progetto da rendicontare “a saldo” la cui data ufficiale di conclusione, stabilita secondo le procedure adottate dalla Fondazione, sia stata superata da oltre 6 mesi;
  3. abbiano già beneficiato di più di un contributo nelle due edizioni precedenti del bando.
    1. nel caso di Università, con riferimento al singolo Responsabile scientifico;
    2. nel caso di Enti pubblici territoriali, con riferimento al singolo Assessorato;
    3. nel caso di tutti gli altri enti, con riferimento all’ente nel suo complesso.
  4. Il territorio d’intervento della Fondazione Cariplo Nel rispetto del tradizionale territorio di riferimento della Fondazione, sono considerati ammissibili i progetti che hanno l’oggetto dell’intervento all’interno dell’area che comprende la Lombardia e le province di Novara e del Verbano-Cusio-Ossola, salvo quanto specificatamente previsto dai singoli bandi.
  5. I documenti necessari per presentare il progetto Ai fini della partecipazione ai bandi, l’organizzazione proponente deve allegare in formato elettronico alla modulistica online integralmente compilata i documenti obbligatori segnalati nella tabella che segue.
Tabella dei documenti obbligatori
categoria documenti tipo documento Ente Pubblico Ente Ecclesiastico/religioso Ente Privato
DOCUMENTI SULL’ORGANIZZAZIONE
(da allegare online all’Anagrafica organizzazione)
Atto costitutivo regolarmente registrato No No
Statuto vigente regolarmente registrato No No
Provvedimento di nomina dell’Organo Amministratore No
Bilanci consuntivi degli ultimi due esercizi
con nota integrativa e relazione sulla gestione
No Sì (1) Sì (2)
Bilancio preventivo dell’esercizio corrente No Sì (3) Sì (3)
DOCUMENTI SUL PROGETTO
(da allegare on line al Modulo progetto)
Lettera accompagnatoria a firma del Rappresentante legale (4)
Descrizione dettagliata del progetto
Piano economico dettagliato del progetto
Eventuali ulteriori documenti specifici richiesti nei singoli bandi Sì, se richiesti Sì, se richiesti Sì, se richiesti
Accordo di partenariato
stipulato tra il capofila e il/i partner di progetto
Sì, per progetti
in partenariato
Sì, per progetti
in partenariato
Sì, per progetti
in partenariato
DOCUMENTI PARTNER
(da allegare on line al Modulo progetto per i progetti in partenariato)
Lettera accompagnatoria a firma del Rappresentante legale (4)
Atto costitutivo regolarmente registrato No No
Statuto vigente regolarmente registrato No No
Bilancio consuntivo dell’ultimo esercizio No Sì (1) Sì (2)

(1) Nel caso di enti non tenuti per legge a redigere un bilancio complessivo delle proprie attività, l’obbligo va riferito alla produzione della situazione contabile riguardante la specifica unità o ramo d’azienda che realizzerà il progetto (ad esempio, parrocchia, ospedale, scuola, museo, ecc.). Tali documenti dovranno, in ogni caso, riportare la sottoscrizione del Rappresentante legale.
(2) N el caso di enti non tenuti per statuto o per legge a redigere un bilancio, è indispensabile la presentazione di un rendiconto gestionale, sottoscritto dal Rappresentante legale, volto ad evidenziare le entrate e le uscite con riferimento ai dati consuntivi per i due esercizi precedenti. Si segnala inoltre l’opportunità di predisporre i documenti contabili conformemente alle “Linee guida e prospetti di bilancio per gli enti nonprofit” emanate dall’Agenzia per le Onlus.
(3) N el caso di enti non tenuti per statuto o per legge a redigere un bilancio preventivo, è indispensabile la presentazione di un documento, sottoscritto dal Rappresentante legale, volto ad evidenziare le entrate e le uscite con riferimento alle previsioni formulate per l’esercizio in corso.
(4) La lettera accompagnatoria si genera selezionando il comando “Crea lettera accompagnatoria” presente nella sezione “Allegati” del Modulo progetto. La lettera accompagnatoria (una per ogni eventuale partner di progetto) deve essere stampata su carta intestata, firmata dal Rappresentante legale dell’organizzazione e poi allegata al Modulo progetto.

Per tutte le organizzazioni (pubbliche, religiose, private), sono considerati utili in sede di valutazione, anche se facoltativi, i seguenti documenti:

  • eventuali convenzioni o accordi stipulati per la realizzazione del progetto per cui è richiesto il contributo;
  • eventuali lettere di sostegno al progetto;
  • nel caso in cui il progetto comporti interventi di costruzione, ristrutturazione o restauro di immobili, documenti comprovanti il titolo di godimento del bene (contratti di locazione, atti di comodato, ecc.);
  • nel caso in cui il progetto comporti acquisto o noleggio di beni/ attrezzature, preventivi dei fornitori;
  • materiali informativi sull’organizzazione richiedente, quali bilancio sociale, rapporto annuale, bollettino periodico, pubblicazioni e articoli che illustrino i progetti, le attività e/o gli eventi organizzati (se tali documenti sono presenti sul sito web dell’organizzazione, si suggerisce di limitarsi a indicarne il link).

6) Progetti in partenariato

Per progetto in partenariato, si intende un intervento realizzato congiuntamente da un soggetto “capofila” e da uno o più “partner”.
Ai fini della partecipazione ai bandi, vengono di seguito riportati i requisiti necessari per il capofila e per ciascun partner di progetto e si illustrano le modalità richieste dalla Fondazione per la formalizzazione dei cosiddetti “accordi di partenariato”, che disciplinano i rapporti tra capofila e partner di progetto.

6.a) Capofila

Il ruolo di “capofila” può essere rivestito da un soggetto che:

  • risulta ammissibile al contributo della Fondazione Cariplo (a tale proposito, si veda il precedente paragrafo 3 “Gli enti ammissibili al contributo della Fondazione Cariplo”);
  • apporta al progetto proventi e oneri (costi e ricavi);
  • si candida a divenire destinatario di una quota del contributo complessivamente richiesto per il progetto;
  • esercita un’attività necessaria e qualificante per l’attuazione del progetto;
  • assume il coordinamento dei vari interventi e attività;
  • è interlocutore privilegiato in ordine ai risultati del progetto, eventuali richieste di rimodulazione e audit fissati dalla Fondazione;
  • supervisiona la rendicontazione rassegnata dai partner;
  • è responsabile del corretto trasferimento delle somme di pertinenza ai singoli partner;
  • garantisce la conservazione del carattere di erogazioni liberali per le somme trasferite ai partner a titolo di quota parte del contributo di spettanza.

6.b) Partner

Per “partner” deve intendersi un soggetto che:

  • risulta ammissibile al contributo della Fondazione Cariplo (a tale proposito, si veda il precedente paragrafo 3 “Gli enti ammissibili al contributo della Fondazione Cariplo”);
  • apporta al progetto proventi e oneri (costi e ricavi);
  • si candida a divenire destinatario di una quota del contributo complessivamente richiesto per il progetto.

Ferma tale definizione, eventuali altre organizzazioni coinvolte a diverso titolo nel progetto dovranno considerarsi – a seconda dei casi specifici – fornitori (enti che apportano solo elementi di costo per il progetto, emettendo fattura o documento fiscalmente valido a carico del progetto) ovvero finanziatori (enti che apportano solo elementi di ricavo per il progetto).

6.c) Accordi di partenariato

La formalizzazione della relazione che intercorre fra i soggetti partner ai fini della realizzazione congiunta di un progetto deve avvenire attraverso uno specifico “accordo di partenariato”, cioè un documento sottoscritto dai Rappresentanti legali (o loro delegati) dell’ente capofila e di tutti i partner, volto a precisare tutti i seguenti elementi:

  • l’ambito, l’oggetto e la durata dell’accordo;
  • gli impegni, anche di carattere finanziario ed economico, rispettivamente assunti dal capofila e da ogni singolo partner (costi direttamente sostenuti nell’ambito del progetto, quota parte di competenza dell’eventuale contributo della Fondazione, ecc.);
  • i ruoli assegnati ai componenti dell’accordo.

In caso di partenariato, l’ente capofila è responsabile della presentazione formale del progetto e dell’invio alla Fondazione di tutta la documentazione necessaria. Pertanto, oltre ai propri documenti (già indicati nella prima parte del presente paragrafo 5), dovrà produrre:

  • lettera accompagnatoria a firma del Rappresentante legale di ciascun partner (le lettere si generano selezionando il comando “Crea lettera accompagnatoria” presente nella sezione “Allegati” del Modulo progetto);
  • accordo di partenariato stipulato tra i partner di progetto;
  • Atto costitutivo e Statuto regolarmente registrati e ultimo bilancio di ciascun partner coinvolto (i documenti in questione non sono necessari se il partner è un ente pubblico).

Nel caso in cui il soggetto partner sia un ente straniero, l’ente capofila dovrà inoltre presentare documenti che attestino l’iscrizione dell’ente partner in albi/elenchi/registri tenuti da apposite autorità e riservati a soggetti che non abbiano scopo di lucro e perseguano finalità di interesse generale.
Nel caso in cui i suddetti registri non siano previsti dalla legislazione del paese dell’ente partner, il capofila dovrà rilasciare, utilizzando la modulistica predisposta dalla Fondazione Cariplo, una dichiarazione sulla natura non lucrativa del partner.

7) La descrizione dettagliata del progetto

Si propone un breve schema per la redazione della Descrizione dettagliata del progetto da sottoporre alla Fondazione Cariplo (le presenti indicazioni non valgono per i bandi dell’Area Ricerca per i quali è stato predisposto un apposito modello, disponibile nella sezione Dati complementari del Modulo progetto).

Si tratta, ovviamente, solo di uno schema da adattare alle esigenze specifiche, che rappresenta una integrazione rispetto a quanto indicato sinteticamente nel Modulo progetto.

La descrizione, che di norma non dovrebbe superare le 40/50 cartelle, sarà articolata nei seguenti punti:

I – Contesto progettuale
(Ambito dell’intervento)

Questa sezione specifica il problema generale che il bando intende affrontare descrivendo la realtà concreta nella quale il progetto si realizzerà. Vengono quindi illustrate approfonditamente le condizioni del contesto nelle quali si inserisce il progetto;
si esplicitano le dimensioni considerate rilevanti, le cause specifiche del problema che si intende affrontare, gli elementi di criticità del territorio ma anche i suoi punti di forza e, più in generale, le risorse locali che possono essere mobilitate per contribuire alla riuscita dell’iniziativa.
Le informazioni prodotte possono essere il risultato di un’attività di ricerca diretta o derivare dalla raccolta di documentazione di terzi, ovvero possono rappresentare il frutto dell’esperienza concreta dell’organizzazione. Questa sezione deve essere succinta e documentata: le informazioni presentate, la cui consistenza dipende solitamente dall’entità del progetto, devono essere esposte in una sequenza logica e facilmente comprensibile.

  • Contesto progettuale I
  • Obiettivi del progetto II
  • Strategia d’intervento III
  • Organizzazione

II – Obiettivi del progetto
(Cambiamento perseguito)

Questa sezione illustra le finalità che l’intervento intende perseguire, descrivendo:

  • gli obiettivi generali del progetto (che solitamente rappresentano una contestualizzazione e uno sviluppo degli obiettivi del bando della Fondazione);
  • gli obiettivi specifici del progetto (che di norma costituiscono il dettaglio degli obiettivi generali e una loro declinazione rispetto all’ambito in cui si realizzerà il progetto).

Generalmente, gli obiettivi di un progetto possono essere espressi anche in relazione al cambiamento che l’intervento intende produrre nel contesto di riferimento; questo approccio risulta tra l’altro molto utile in sede di valutazione degli esiti del progetto, sia da parte della Fondazione sia da parte dei proponenti stessi. In tal caso, nell’ambito di questa sezione, è opportuno descrivere nel dettaglio:

  • il cambiamento che l’intervento intende produrre;
  • gli obiettivi specifici di tale cambiamento;
  • i soggetti che saranno interessati dal cambiamento;
  • i tempi in cui il cambiamento è atteso.

III – Strategia d’intervento
(Modalità d’intervento e azioni progettuali)

Questa sezione fa riferimento agli aspetti più operativi del progetto e, generalmente, la presentazione delle informazioni risulta
suddivisa in due parti:

  1. le modalità di realizzazione dell’intervento;
  2. le azioni in cui si articola il progetto.

La prima parte, in sintesi, illustra:

  • le riflessioni che hanno condotto alla scelta della strategia (l’idea è nata dall’esperienza accumulata nel settore specifico oppure dall’analisi della letteratura internazionale o ancora dall’identificazione di best practice);
  • i vantaggi della strategia adottata rispetto a eventuali soluzioni alternative;
  • i fattori esterni che possono influire sull’esito dell’intervento (ipotizzandone il possibile effetto sul progetto e descrivendo le eventuali misure per contrastarlo).

La seconda parte illustra l’eventuale articolazione in azioni del progetto (o il progetto nel suo complesso, se la proposta consiste in un’unica azione) e fornisce, per ciascuna azione, le seguenti informazioni:

  • soggetti coinvolti (in qualità di capofila, partner, finanziatori, fornitori, ecc.);
  • risorse (umane, materiali, economiche) necessarie;
  • tempi di realizzazione;
  • soggetti beneficiari;
  • risultati attesi;
  • criteri di valutazione degli esiti.

IV - Organizzazione richiedente
(Informazioni sull’organizzazione e sugli eventuali partner)

L’organizzazione presenta dati e informazioni sul proprio passato, sulle attività svolte e, in particolare, sull’esperienza maturata nel settore in cui si colloca il progetto. Questa parte deve essere sufficientemente articolata poiché serve a dimostrare che:

  • l’organizzazione, sia per esperienza che per dimensioni operative, è in grado di realizzare e gestire il progetto;
  • il progetto è coerente con la filosofia, la missione dell’organizzazione e le attività precedentemente svolte.

NB. Nel caso di progetti di partenariato, le informazioni in questione vengono fornite sia per il capofila sia per ciascun partner coinvolto nel progetto.

8) Il piano economico dettagliato del progetto

I dati del Piano economico imputati on line nel Modulo progetto sono di natura sintetica e pertanto necessitano di essere spiegati con elementi di maggior dettaglio, anche in forma “narrativa”.
Tale funzione è affidata a un documento obbligatorio, da allegare on line al Modulo progetto e denominato “Piano economico dettagliato” che, in particolare, fornisce chiarimenti sugli importi attribuiti alle singole voci di spesa e sulla quantificazione delle fonti di finanziamento (le indicazioni che seguono non valgono per i bandi dell’Area Ricerca per i quali è stato predisposto un apposito modello, disponibile nella sezione Dati complementari del Modulo progetto).

Nel Piano economico dettagliato del progetto, che non può consistere nella semplice copia (o “esportazione”) del Piano economico contenuto nel Modulo progetto on line, è necessario:

  • esporre i costi complessivi, dettagliando il più possibile tutte le spese associate al progetto e specificando gli eventuali criteri attraverso i quali si è arrivati alla definizione di ogni singola voce di spesa prevista (NB. nel caso di progetti articolati in azioni, per ognuna di esse dovranno essere dettagliati i costi preventivati);
  • illustrare il piano per la copertura delle spese, distinguendo tra le somme già disponibili o sicuramente stanziate e le risorse finalizzate alla realizzazione del progetto per le quali non esista ancora la disponibilità certa.

Le organizzazioni debbono indicare, unitamente alle informazioni di dettaglio, anche il codice della singola voce di spesa imputata nel Piano economico del Modulo progetto, secondo la tabella riprodotta di seguito e di cui una versione maggiormente dettagliata è disponibile sul sito della Fondazione Cariplo nella sezione “Contributi” alla voce Guida alla rendicontazione.

Tabella dei codici
per il Piano economico dettagliato COSTI / ONERI
Cod. Voce di spesa
A1 Acquisto di immobili
A2 Ristrutturazione, manutenzione e restauro di immobili
A3 Acquisto di arredi e attrezzature
A4 Altre spese per investimenti ammortizzabili
A5 Personale strutturato
A6 Personale non strutturato
A7 Prestazioni professionali di terzi
A8 Materiali di consumo
A9 Spese correnti
A10 Altre spese gestionali

 

Tabella dei codici
per il Piano economico dettagliato RICAVI / PROVENTI
Cod. Fonte di finanziamento
B1 Risorse finanziarie proprie
B2 Prestiti da banca e altri soggetti
B3 Proventi da attività del progetto
B4 Fondazione Cariplo
B5 Altri cofinanziatori (specificare)

Per quanto riguarda le informazioni di dettaglio collegate ai Costi/oneri se, a titolo di esempio, il Piano economico del Modulo progetto indica l’importo di 100.000 euro alla voce “Personale strutturato (A5)”, il Piano economico dettagliato completa tale informazione precisando il numero, il costo (criteri di calcolo inclusi), l’impegno (in termini di ore o giorni/risorsa) e la qualifica delle figure professionali coinvolte (personale tecnico o amministrativo; risorse junior o senior).
Per quanto riguarda, invece, le informazioni di dettaglio collegate ai Ricavi/proventi, per ciascuna delle fonti di finanziamento l’organizzazione dovrà possibilmente attenersi ai seguenti criteri:

  • Risorse finanziarie proprie (B1)
    Occorre precisare se le risorse finanziarie in questione sono già disponibili (cassa e/o conto corrente) o lo diverranno a seguito di flussi finanziari positivi (incasso e/o cessione di crediti, vendita di beni mobili e/o immobili, vendita di titoli).
    Va inoltre indicato se fra le risorse finanziarie proprie sono compresi utili o ricavi non ancora maturati (e quindi in conto esercizi futuri).
    Per gli enti pubblici che hanno già effettuato appositi stanziamenti in favore del progetto, occorre inserire fra gli allegati copia dei provvedimenti con cui tali stanziamenti sono stati formalizzati.
  • Prestiti da banca e altri soggetti (B2)
    Le informazioni da riportare nel Piano economico dettagliato riguardano l’ammontare del finanziamento richiesto alla banca o ad altro soggetto abilitato e la forma tecnica del finanziamento (fido, mutuo, ecc.). Per altre ipotesi (inclusa quella di prestiti da soci) può essere inserita una descrizione specifica.
  • Proventi da attività del progetto (B3)
    È richiesto che vengano forniti dettagli sulla natura e sulla tipologia dei proventi da attività del progetto. Per altre ipotesi, può essere inserita una descrizione specifica.
  • Altri cofinanziatori (B5)
    Ipotizzando che in questa voce si faccia riferimento a contributi o finanziamenti da soggetti pubblici e/o privati, se il finanziamento non è stato ancora acquisito, occorre indicare: il titolo del progetto per il quale è stato richiesto il finanziamento, l’ammontare del finanziamento richiesto, il nome del finanziatore interpellato, la data presumibile della decisione da parte del finanziatore stesso.
    Se il finanziamento è stato già acquisito, occorre allegare copia del contratto di finanziamento (convenzione o atto equivalente) oppure della lettera di assegnazione. Si ricorda, in proposito, che il cofinanziamento garantito da un altro soggetto può essere incluso fra i ricavi/proventi del progetto a condizione che gli interventi per i quali viene chiesto il contributo alla Fondazione e quelli cofinanziati dal soggetto in questione risultino coincidenti, sotto il profilo dell’oggetto, delle metodologie adoperate, delle risorse umane e tecnico-organizzative impiegate, dei tempi e delle modalità di attuazione. Tale criterio va raccordato, in ogni caso, con quanto previsto dallo specifico bando.

Lavorare per l’inclusione sociale delle persone sottoposte a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria richiede una crescente collaborazione tra il sistema dei servizi territoriali, il sistema penale , gli organismi del terzo settore, nella consapevolezza che solo uno sforzo comune ed integrato e la promozione di solidi partenariati possano orientare attraverso la definizione di percorsi stabili e duraturi, verso una responsabilità condivisa ed una partecipazione diffusa di tutti i soggetti sociali.
La Fondazione Cariplo, coerentemente con il proprio Piano d’azione volto alla promozione di percorsi di coesione sociale nelle comunità territoriali, ha pubblicato un bando “Promuovere percorsi di inclusione sociale per soggetti in condizione di marginalità attraverso l'attivazione di risorse comunitarie e lo sviluppo di una coscienza civica” che tende a consolidare iniziative già avviate ed a promuovere co-progettazioni nel quadro della programmazione annuale che gli istituti penitenziari e gli UEPE della regione Lombardia sono chiamati a formulare.

NOTE

nota 1 Dati elaborati dal Ministero della Giustizia - Dipartimento Amministrazione Penitenziaria - Provveditorato Regionale per la Lombardia (31/08/2010).

nota 2 La recidiva per i condannati che scontano la pena in detenzione intramuraria è molto più alta rispetto a chi usufruisce di misure alternative dopo un periodo di detenzione, ma soprattutto rispetto a chi ne usufruisce direttamente dalla libertà:
nel primo caso la recidiva arriva al 68,45%, nel secondo – possibilità di lavorare o di scontare la pena all’esterno - scende al 19% (40% per i tossicodipendenti).
Certamente questi dati sono legati anche alla diversa composizione delle due ‘popolazioni’, ma è chiaro che rivelano altresì le potenzialità intrinseche delle misure
alternative.

nota 3 Ufficio per i rapporti con le Regioni, gli Enti Locali ed il Terzo settore - D.A.P.

nota 4 Legge Regionale 14 febbraio 2005 - n. 8 “Disposizioni per la tutela delle persone ristrette negli istituti penitenziari della Regione Lombardia”.

nota 5 A proposito dei costi della recidiva: “La diminuzione di un solo punto percentuale della recidiva corrisponde a un risparmio per la collettività di circa 51 milioni di euro all’anno” (Relazione parlamentare sul lavoro in carcere del 2001).

nota 6 Vale a dire: il sistema dei servizi territoriali, il sistema penale, gli organismi del Terzo Settore, il sistema formativo e del lavoro, il sistema produttivo locale.

nota 7 La funzione di agente di rete è definita dalle d.g.r. 9143/09 e 11134/10.

nota 8 La Legge 354/75 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) disciplina al Capo VI le misure alternative alla detenzione e remissione del debito, e in particolare l’affidamento in prova al servizio sociale (art. 47), la detenzione domiciliare (art. 47 ter) e la semilibertà (artt. 48 - 50).

 

Monza - Protocollo Nuovi Giunti


Pavia- Voghera-Vigevano - Progetto “ORCHIDEA”

E’ stato realizzato nei tre istituti della provincia pavese, a cura dell’A.P.O.L.F. Agenzia Provinciale per l'orientamento al Lavoro e alla Formazione, il progetto “Orchidea” finanziato dall'U.E., dalla Regione Lombardia e da altre realtà territoriali.
L’iniziativa ha favorito l'integrazione sociale dei detenuti attraverso il lavoro e la formazione come momenti di partecipazione tecnica, relazionale e sociale ed ha visto realizzare anche un’ attività formativa a favore del personale di Polizia.
L' Agenzia Provinciale per l'orientamento il Lavoro e la Formazione (Azienda Speciale di Comune e Provincia di Pavia). svolge attività all'interno delle tre strutture penitenziarie esistenti nella provincia di Pavia (Case Circondariali di Pavia, Vigevano e Voghera) dal 2000 circa, organizzando corsi di formazione a favore sia dei detenuti che degli Agenti del Corpo di Polizia Penitenziaria.
Tali attività vengono finanziate con fondi stanziati dall'Unione Europea, dalla Regione Lombardia o da altre realtà territoriali particolarmente sensibili al mondo delle carceri. Finalità dell'azione di A.P.O.L.F. è favorire l’integrazione sociale dei detenuti attraverso il lavoro e la formazione come momenti di preparazione tecnica, relazionale e sociale.
Dal 2002 ad oggi sono stati realizzati all'interno dei tre istituti del pavese circa 70 corsi di formazione professionale (per un totale di 10.600 ore di formazione) ai quali hanno preso parte più di 700 detenuti. Inoltre sono state erogate numerose borse lavoro che hanno permesso di fare acquisire competenze professionali e, in alcuni casi, di trasformarsi in concrete opportunità lavorative.
Nell’anno 2005 sono state inoltre create due imprese intramurarie, consolidatesi negli anni successivi: il laboratorio di sartoria all'interno della sezione femminile della Casa Circondariale di Vigevano ed il laboratorio di falegnameria e restauro del mobile all'interno della Casa Circondariale di Pavia.

 

REGIONE MARCHE

Camerino (Mc) - La pet therapy in carcere

Grazie all’associazione Ippolandia di Gagliole ed allo splendido cane di razza Labrador “Borys”, la pet therapy è entrata per il secondo anno nella casa circondariale di Camerino.
Il progetto ha coinvolto una dozzina di detenuti in un percorso di lavoro, strutturato su cinque incontri, in cui si è lavorato sulle emozioni e sulla comunicazione.
Le docenti del corso hanno spiegato al gruppo di studenti davvero particolare le caratteristiche del più fedele amico dell’uomo, con una serie di lezioni di etologia, ed elementi di educazione del cane.
L’interazione tra il labrador e i detenuti è stata molto positiva, in un interscambio di fiducia e responsabilità reciproche. Il rapporto diretto con un animale ha permesso ai detenuti partecipanti di prendere maggiore consapevolezza del proprio vissuto e dei propri ricordi, favorendo la manifestazione di emozioni precluse dalla situazione detentiva.
Al termine del ciclo di incontri, giugno 2011, è stato consegnato ai partecipanti un attestato.
L’iniziativa si è dimostrata utile anche come opportunità lavorativa. Infatti un detenuto coinvolto è stato assunto presso il canile di Colle Altino, gestito dalla Lega nazionale per la difesa del Cane di Camerino.

 

REGIONE TOSCANA

Grosseto - “ Carta dei servizi sanitari” e “Opuscolo informativo”

Nel corso del 2011 , nelle more del protocollo di intesa tra la ASL9 di Grosseto e la Direzione della Casa Circondariale di Grosseto, sottoscritto il 13.9.2007, gli educatori ed il responsabile sanitario dell’istituto penitenziario hanno realizzato un opuscolo finalizzato alla divulgazione della “Carta dei servizi sanitari” nella consapevolezza di interpretare le esigenze degli utenti sulla domanda salute.
La “Carta dei servizi sanitari” è rivolta alle persone che fanno ingresso in carcere e attraverso l’illustrazione delle varie fasi del percorso detentivo rappresenta una guida semplice alla conoscenza dei servizi sanitari e delle professionalità esistenti nella struttura per semplificare la fruizione del servizio.
Continua , inoltre, nella Casa Circondariale di Grosseto la divulgazione , nell’ambito del servizio di accoglienza, dell’opuscolo informativo dell’area giuridico pedagogica realizzato nel 2009 che rappresenta il front office in cui l’utente viene informato del suo percorso trattamentale e di recupero e delle professionalità che in questo intervengono.

REGIONE VENETO

 
Venezia - “Giustizia riparativa”- L’UEPE di Venezia sottoscrive convenzioni

L’Ufficio Esecuzione Penale Esterna di Venezia, Treviso e Belluno, in ottemperanza al dettato normativo di cui la legge 328/2000 “legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” nonché alle finalità istituzionali demandate dalla Legge 354/75 e successive modifiche, e dal D.P.R. 230/2000, ha sottoscritto alcune convenzioni, in materia di “Giustizia riparativa”, rispettivamente con:

  • il Comune di Venezia e la “ASD Gianz Basket” di Marghera;
  • il Comune di Venezia e l’Associazione di Volontariato “Cà Miani”;
  • Casa di Riposo “Monumento ai caduti in guerra” di San Donà di Piave (VE) sottoscritta in data 2/03/2011;
  • L’ “Associazione Trevigiana per la difesa del cane” sottoscritta in data 26/07/2011;
  • L’ “Associazione Volontari del soccorso” di Cavallino (VE) sottoscritta in data 4/08/2011;
  • L’ “A.V.O. – Associazione Volontari Ospedalieri – di Jesolo (VE) sottoscritta in data 14.02.2011;
  • L’ Associazione “Solidarietà ‘79” sottoscritta in data 24.06.2011
  • L’Associazione di Volontariato “Mano Amica” Onlus – Gruppo Salese di impegno sociale di Santa Maria di Sala (VE) sottoscritta il 18.10.2011.

Dette Convenzioni si propongono di:

  • promuovere azioni sinergiche e concordate di sensibilizzazione della comunità locale per favorire il sostegno ed il reinserimento delle persone in esecuzione penale;
  • favorire e promuovere la conoscenza e lo sviluppo di attività riparative a favore della collettività;
  • sviluppare con il territorio la costituzione di una rete di risorse finalizzate all’accoglienza e all’inserimento di soggetti in esecuzione di pena ( art. 21 O.P. o semilibertà) che hanno aderito ad un progetto riparativo.

MANIFESTAZIONI

Terni - “Musica in carcere… un’ evasione consentita”

Il 7 maggio 2011 ha avuto inizio presso la casa circondariale di Terni il progetto “Musica in carcere“sviluppato da Arci Umbria e mirato a portare negli istituti penitenziari dell’Umbria e del Lazio la musica dei conservatori e delle scuole musicali popolari.
L’iniziativa ha assunto un significato pregnante dal punto di vista culturale e trattamentale soprattutto in questo drammatico momento di crisi economica che da un lato ha ridotto notevolmente la programmazione di iniziative negli istituti di pena da parte dell’amministrazione penitenziaria e dall’altro ha colpito il mondo della cultura.
L’obiettivo infatti, è stato quello di tenere accesi i riflettori su due mondi apparentemente lontani ma che, grazie al supporto del volontariato, possono interagire per mettersi uno a disposizione dell’altro e insieme richiamare l’attenzione, sul mondo “carcere”, di una società troppo spesso colpevolmente distratta.
Un obiettivo che potrebbe sembrare arduo, un sogno alimentato dalla musica compagna e materia da sempre di sogni e di “libere evasioni”.

Saluzzo (Cn) - “Allegro ma non troppo”, lo spettacolo dei detenuti

Presso la casa di Reclusione di Saluzzo i detenuti del laboratorio teatrale hanno presentato lo scorso settembre 2011 lo spettacolo “Allegro ma non troppo”, di produzione Voci Erranti Onlus, che è andato in scena dal 21 al 24 settembre.
L’iniziativa nasce come incontro con la musica e il pubblico ed è stato l’appuntamento dell’anno tanto atteso dagli attori – detenuti per la necessità di confrontarsi e misurarsi con la vita reale.
In carcere, luogo brutto e depersonalizzante in assoluto, il teatro rappresenta uno stimolo di vita, la possibilità di raccontarsi, la ricerca personale e collettiva di qualcosa di bello e di buono e in “Allegro ma non troppo” attraverso l’ascolto delle musiche di grandi autori come Bach, Mozart, Vivaldi, Chopin, Verdi, Ravel… che sono stati i loro “compagni di viaggio”, i corpi hanno raccontato e le parole sono andate in libertà.
Una esperienza straordinaria che permette di elevare l’anima e ritrovare se stessi.

Bolzano - “Musica oltre le sbarre”

“Musica oltre le sbarre” è progetto dell’Assessorato alla cultura di Bolzano che per il secondo anno ha organizzato concerti nella casa circondariale di Bolzano con l’obiettivo di offrire ai detenuti, attraverso la musica, l’opportunità di partecipare alla vita culturale della città.
Sono stati due i concerti che si sono tenuti all’interno del carcere l’11 ed il 21 settembre 2011: uno di rock e blues con la band bolzanina Ago & Friends, e uno classico nel quale si è esibito il giovane gruppo di ottoni dell’Accademia Gustav Mahler (due trombe, tre corni e una tuba). Il sindaco Luigi Spagnolli ha sottolineato l’alto valore sociale, oltre che artistico, dell’iniziativa ed ha ringraziato i musicisti presenti per la loro disponibilità ad esibirsi gratuitamente a favore dei detenuti.
L’iniziativa è stata accolta da questi ultimi con molto interesse ed entusiasmo: d’altra parte la musica e l’arte offrono un senso di libertà anche a chi ne fruisce.

Milano Bollate - Quadrangolare di calcio

E’ ritornata in campo per difendere le vittorie conquistate nel 2009 e nel 2010 la squadra di calcio della Casa di Reclusione di Milano- Bollate che il 23 maggio 2011 ha sfidato nello stadio Meazza di Milano una rappresentanza delle Fiamme Azzurre della Polizia penitenziaria di Bollate, una squadra dell’associazione “No alla droga” e il team di “Rappresentativa della legalità”.
Al quadrangolare hanno assistito non solo parenti ed amici dei detenuti ma anche 400 studenti della scuola media inferiore “Verga – Gramsci - Leonardo da Vinci” di Limbiate per i quali l’occasione ha assunto un significato pedagogico e formativo importante, quello della conoscenza e della comprensione dei valori della educazione, della correttezza e dell’adesione alle regole. Nel caso specifico l’evento sportivo o meglio ancora lo sport, in quanto praticato da persone che stanno recuperando un percorso di legalità, è riuscito a concretizzare ed a veicolare più facilmente l’adesione a quei valori.
Nel 2009 si è svolta la prima iniziativa che ha visto la vittoria del team dei detenuti di Bollate contro le “Fiamme azzurre”. L’anno successivo, nel 2010, la manifestazione ha visto la partecipazione di una rappresentativa di magistrati, e ad aggiudicarsi il triangolare, sono stati ancora una volta i detenuti di Bollate.

Milano - I detenuti del carcere di Opera in scena con il musical “La Luna sulla capitale”.

Al teatro degli Arcimboldi di Milano si è tenuto, nel mese di maggio 2011, il musical “La luna sulla Capitale” della compagnia teatrale dei detenuti della Casa di Reclusione di Opera.
L'iniziativa, realizzata nell'ambito delle attività trattamentali dell'istituto, ha avuto il Patrocinio della Regione Lombardia, della Provincia e del Comune di Milano con l'adesione (nell'ambito dei progetti di educazione alla legalità) di alcune scuole e dell'Università Bocconi.
La stessa ha avuto particolare risalto mediatico sia per gli scopi benefici (parte dell'incasso è stato devoluto all'associazione H.O. Hope Children. che realizza case di accoglienza per bambini orfani in Cambogia), sia per la partecipazione attiva di alcuni detenuti AS. che, grazie ad accordi con la Magistratura di Sorveglianza, hanno ottenuto per l'occasione un permesso ex art. 30 O.P..
Il Teatro delle Erbe Produzioni, uno dei maggiori produttori mondiali di musical, ha garantito la qualità artistica del prodotto e favorito la rete di diffusione della stessa.

CONVEGNI

Trieste - “Oltre il muro la città” Convegno

Il 16 e 17 novembre 2011 si è svolto presso la Casa Circondariale di Trieste il convegno “Oltre il muro…la città”, iniziativa organizzata dall’assessorato alle politiche sociali del comune di Trieste in collaborazione con alcuni soggetti istituzionali e del privato sociale. partecipanti al progetto “Sostenere l’autonomia”inserito nel piano di zona 2010-2012.
L’iniziativa ha avuto una impostazione prettamente operativa consentendo una verifica in itinere del progetto “Sostenere l’autonomia”, finalizzato al sostegno e all’accompagnamento, in un percorso di “autonomia” delle persone detenute che evidenziano peculiari e rilevanti problematiche sanitarie, relazionali, sociali e familiari.
In tale ottica sono previsti, infatti, specifici momenti di formazione e aggiornamento rivolti ad operatori dei servizi-pubblici e del terzo settore nonché momenti di confronto tra gli stessi finalizzati a costruire in sinergia programmi integrati di intervento a sostegno delle persone detenute e dei loro familiari.

Roma – “Dal carcere alle misure alternative” 44° Convegno SEAC

Si è svolto a Roma dal 24 al 26 novembre 2011 il 44° convegno nazionale SEAC ( Coordinamento Enti e Associazioni di volontariato Penitenziario) dal titolo “Dal carcere alle misure alternative. La dignità dei soggetti in esecuzione penale” . Il convegno patrocinato dalla presidenza della Repubblica italiana e da Roma Capitale, Provincia di Roma e Regione Lazio ha voluto richiamare l'attenzione pubblica sulla necessità di un rilancio delle misure alternative alla detenzione¸ proprio perché restano troppo spesso inevasi alcuni fondamentali diritti dei detenuti. L’insostenibile situazione delle carceri italiane obbliga, infatti, ad una seria riflessione sulle indicazioni costituzionali, sulla legalità e sulla finalizzazione della pena, come ci sono consegnate dall’art. 27 della Costituzione. Il drammatico sovraffollamento degli istituti penitenziari è riconducibile ad un sistema che indica il carcere, ovvero la detenzione, centralità della pena relegando altre forme alternative alla detenzione in un ruolo di marginalità, ciò in nome di una cattiva interpretazione dell’idea di “sicurezza”. L’obiettivo è quindi tornare a dare piena applicazione alle leggi che rendono possibile il reinserimento sociale, mediante un impegno concertato e condiviso, in cui anche il volontariato ha una parte non marginale.

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