Protocollo d'intesa tra l'Ufficio di esecuzione penale esterna la Società della Salute di Pistoia e l'ETS Aleteia - Costituzione della Casa della Mediazione dei Conflitti e la realizzazione di servizi di mediazione sociale, penale e altri strumenti di giustizia riparativa - 21 marzo 2023

21 marzo 2023

Protocollo d’intesa per la costituzione della Casa della Mediazione dei Conflitti e la realizzazione di servizi di mediazione sociale, penale e altri strumenti di giustizia riparativa

tra

la Società della Salute di Pistoia, l’Ufficio Locale di Esecuzione Penale Esterna di Pistoia e l’ETS Aleteia – studi e ricerche giustizia riparativa e mediazione

Premesso che

E’ intenzione dei tre soggetti sottoscrittori realizzare servizi di mediazione sociale, penale e altri strumenti di giustizia riparativa sul territorio di Pistoia.

Visti

  • La raccomandazione n. R (92)16 - Consiglio d’Europa, 1992 – relativa alle Regole Europee sulle Sanzioni e Misure alternative alla detenzione, laddove sancisce che tali misure devono perseguire lo scopo di sviluppare in chi ha commesso un reato il senso delle proprie responsabilità nei confronti della società e, in particolare, nei confronti delle vittime.
  • La Risoluzione (27) della Dichiarazione di Vienna delle Nazioni Unite del 2000, che prevede l'introduzione di strategie di intervento a livello nazionale, regionale e internazionale a supporto delle vittime di reato, quali la mediazione e gli istituti d i giustizia riparativa;
  • La Risoluzione (28) della Dichiarazione di Vienna delle Nazioni Unite del 2000, che promuove lo sviluppo di politiche di giustizia riparativa, di procedure e di programmi che sviluppino il rispetto dei diritti, del bisogni e degli interessi delle vittime, degli autori di reato, della comunità e di tutte le parti;
  • La Risoluzione 2000/12 del Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, che detta i principi base sull'uso dei programmi di giustizia riparativa in materia penale;
  • La Raccomandazione 87(20) del Consiglio d’Europa che incoraggia specificamente “lo sviluppo di procedure di degiurisdizionalizzazione e di ricomposizione del conflitto (mediation) da parte dell’organo che esercita l’azione penale, al fine di evitare ai minori la presa in carico da parte del sistema della giustizia penale e le conseguenze che ne derivano”.
  • La Raccomandazione agli Stati membri del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, R(99) n.19 – Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, anno 1999 – che contiene le linee guida sulla mediazione in materia penale, l'invito a diffonderne l'impiego, come alternativa al processo penale, nel corso del processo e lungo tutto il percorso penale e definisce la mediazione come il “procedimento che permette alla vittima e al reo di partecipare attivamente, se vi consentono liberamente, alla soluzione delle difficoltà derivanti dal reato, con l’aiuto di un terzo indipendente (mediatore);
  • La Raccomandazione n. 22 del 1999 del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, che contiene l'invito, nel rispetto delle tradizioni giuridiche e del principi costituzionali degli Stati membri, a fare ricorso, nei casi appropriati, a procedimenti semplificati e a forme di componimento stragiudiziale, alternativi all'azione penale, allo scopo di evitare sia il processo penale completo, sia II ricorso alla detenzione, al fine di ridurre il sovraffollamento negli istituti di pena;
  • La Declaration of Basic principles on the use of Restorative Justice Programmes in Criminal Matters, O.N.U. 2000, che definisce riparativo ogni procedimento “in cui la vittima e il reo, nonché altri eventuali soggetti o membri della comunità lesi da un reato, partecipano attivamente insieme alla risoluzione delle questioni emerse dall’illecito, generalmente con l’aiuto di un facilitatore”
  • La Direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione alle vittime di reato, disciplina le garanzie a difesa della vittima nel contesto dei servizi di giustizia riparativa, definendo la stessa come qualsiasi procedimento “che permetta alla vittima e all’autore del reato di partecipare attivamente, se vi acconsentano liberamente, alla risoluzione delle questioni risultanti dal reato, con l’aiuto di un terzo imparziale”.
  • Le linee di azione e indirizzo degli "Stati generali sull'esecuzione penale" istituiti con d. m. 8 maggio 2015 e d. m. 9 giugno 2015;
  • Gli Stati Generali dell'Esecuzione Penale: Tavolo tematico n. 13 - Giustizia ripartiva, mediazione e tutela delle vittime del reato;
  • Gli Stati Generali dell'Esecuzione Penale: Documento finale, Parte sesta - La giustizia riparativa;
  • Il DPR 448/88 che prevede, all’art 28, nell’ambito della messa alla prova, che il giudice può impartire prescrizioni dirette a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione del minorenne con la persona offesa dal reato.
  • La Legge 354/75 - Ordinamento penitenziario – all’art. 47, comma 7, nell’ambito della misura alternativa alla detenzione dell’affidamento in prova al servizio sociale, che prevede che l’affidato si adoperi in favore della vittima del suo reato.
  • Il Capo II della Legge 28 aprile 2014, n. 67 contenente "Deleghe al governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e net confronti degli irreperibili", in particolare gli artt. 3 e seguenti, i quali, modificando le norme dei codici penale e di procedura penale, prevedono l'introduzione dell'istituto di sospensione del processo con messa alla prova anche nel caso di reati specifici a carico di persone adulte;
  • La Raccomandazione CM/Rec(2018)8 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulla giustizia riparativa in materia penale.
  • Il Titolo IV “Disciplina organica della giustizia riparativa” del d.lgs. n. 150/2022 che, attuando la legge delega n. 134/2021, regolamenta la giustizia riparativa nel nostro sistema penale.

Considerato che

  • Per giustizia riparativa si intende ormai concordemente un modello alternativo di giustizia che vede coinvolti la vittima, l’autore di reato e la comunità della ricerca di soluzioni agli effetti del conflitto generato dal fatto delittuoso, allo scopo di promuovere la ripresa o l’avvio di un dialogo tra le parti, la loro eventuale riconciliazione, la riparazione, anche simbolica, del danno ed il rafforzamento del senso di sicurezza collettivo.
  • La giustizia riparativa prospetta il superamento della logica della punizione a partire da una lettura del reato inteso non più soltanto come illecito commesso contro la società che ne ha previsto la sanzione, ma principalmente nella sua dimensione relazionale, come frattura di un legame esistente, o come evento critico dal quale potrebbe prendere avvio la costruzione di un legame sino ad allora reso impossibile dalla mancanza di un reciproco riconoscimento.
  • La Giustizia Riparativa si realizza, in ogni fase del procedimento penale, attraverso interventi innovativi, quali la mediazione, ed altri più tradizionali, quali il risarcimento, la restituzione, la riparazione diretta a favore della vittima e la riparazione dei confronti della comunità, attraverso l’impegno in attività di Utilità Sociale.
  • A livello europeo è aumentata l’attenzione nei confronti delle esigenze e dell’esperienza vissuta dalle vittime di reato, e gli stati membri vengono sollecitati a definire servizi loro dedicati e a incentivare la formazione degli operatori che entrano in contatto con le persone offese.
  • La Direttiva 2012/29 dell’Unione Europea prevede che alla vittima di reato siano offerte specifiche attività, quali: l’accoglienza e le informazioni sui servizi, l’orientamento, le informazioni sui diritti, I percorsi specialistici.
  • Attraverso gli interventi propri della Giustizia Riparativa si persegue una maggiore attenzione alla vittima ed ai suoi bisogni e la responsabilizzazione dell’autore di reato verso il singolo e/o la collettività danneggiati.
  • Nella disciplina di cui alla legge 28 aprile 2014, n. 67 è previsto che la messa alla prova comporta, ai sensi dell'art. 168-bis c p., la prestazione di condotte volte all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato;
  • La messa alla prova prevede l'affidamento dell'imputato al servizio sociale per lo svolgimento di un programma che, ex art. 464-bis C.p.p., "in ogni caso prevede", tra l'altro, "le condotte volte a promuovere, ove possibile, la mediazione con la persona offesa";
  • Alla richiesta di sospensione del processo con messa alla prova l'imputato dovrà allegare il programma di trattamento, elaborato d'intesa con l'Ufficio di esecuzione penale esterna (U.L.E.P E) di riferimento;
  • Gli U.L.E.P.E., in base alle disposizioni contenute nell'art. 141-ter delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del c.p.p., nello svolgere le funzioni dei servizi sociali per la messa alla prova, hanno il compito di riferire specificamente al giudice, tra le altre cose, "sulla possibilità di svolgere attività riparatorie, nonché sulla possibilità di svolgimento di attività di mediazione, anche avvalendosi a tal fine di centri o strutture pubbliche o private presenti sul territorio";
  • Con la Legge Regionale del 16 Agosto 2001 n. 38 viene introdotto il concetto di Sicurezza Sostenibile. Tale nuova concezione di sicurezza può rappresentare il grado di vivibilità realisticamente realizzabile in un certo sito geografico, in considerazione sia del livello di criminalità sia della diffusione della sensazione di insicurezza e della paura di criminalità nella popolazione, e in considerazione del livello di sviluppo economico e sociale raggiunto in un determinato territorio. Si abbraccia così un concetto ampio di vivibilità, in cui le cause dell’insicurezza non sono soltanto collegate alla criminalità, ma anche ad una serie di fattori produttivi del disagio del vivere urbano: rumori, degrado urbano e conflittualità in genere. Questo profondo ampliamento delle problematiche insite al tema della sicurezza urbana offre lo spunto per considerare tale fenomeno, estremamente complesso, come non più governabile esclusivamente mediante la gestione delle politiche criminali fondate sulla prevenzione o repressione dei reati, bensì attraverso la gestione di una pluralità di politiche declinate sulla sensibilizzazione e sul coinvolgimento attivo della collettività, come strumento chiave per l’aumento della qualità della vita nel tessuto sociale stesso. Il carattere di complessità caratteristico della sicurezza urbana giustifica, così, la distribuzione del compito di intervento su un ventaglio di attori sociali ed istituzionali. Ai fini della sicurezza urbana l’obiettivo da perseguire con gli abitanti è la partecipazione dei cittadini stessi alla gestione trasformativa dei propri conflitti, che nascono dalle modalità con le quali essi si approcciano alla soluzione dei propri problemi, dei propri bisogni e anche dei propri interessi di parte. Uno dei presupposti fondamentali per creare condizioni di sicurezza è l’esistenza di un insieme di azioni, condizioni materiali, percezioni e rappresentazioni individuali che consentono, a singoli e gruppi, di avere la convinzione di essere in grado di fronteggiare un evento che potrebbe minacciarli, e si fonda sulla relazione, sulla rimessa in comunicazione dei soggetti, sulla garanzia dell’esercizio dei propri diritti, sul riconoscimento dell’altro come essere umano. In tale direzione, lo strumento della mediazione sociale sui territori, affiancato da costanti eventi di approfondimento sui percorsi di riconoscimento e di comunicazione, in modo sinergico ad una pluralità di altre azioni sembra essere quello più adeguato e innovativo, essendo esso stesso fondato su tale principio partecipativo. In questa ottica la mediazione sociale territoriale non agisce solo sul terreno della mediazione dei conflitti ma diviene strumento necessario per prassi di integrazione sociale, di community care, di empowerment, di educativa territoriale, di progettazione partecipata, nella convinzione che tali prassi siano funzionali alle politiche di sicurezza urbana, nella misura in cui esse abbiano come obiettivo la creazione di una società in cui si lavori per evitare l’umiliazione e per il riconoscimento profondo delle persone.
  • L’ETS Aleteia – studi e ricerche giustizia riparativa e mediazione (di seguito denominata Aleteia) ha promosso numerosi interventi sul territorio della Provincia di Pistoia volti alla sensibilizzazione della cittadinanza e delle Istituzioni in materia di giustizia riparativa;
  • Aleteia ha sottoscritto nel 2018 con TRIBUNALE di PISTOIA, PROCURA della REPUBBLICA di PISTOIA, COMUNE di PISTOIA, A.S.L. TOSCANA CENTRO, un “Protocollo d’Intesa per la costituzione della Rete Dafne Pistoia: per l’accoglienza, l’ascolto, la riparazione del danno e la prevenzione del rischio di vittimizzazione secondaria delle vittime di reato”.
  • Aleteia ha organizzato negli anni 2021/2022, in collaborazione con l’ULEPE di Pistoia, un percorso formativo seguendo l'impostazione e i principi della mediazione umanistica;
  • Aleteia gestisce percorsi di mediazione penale e altri strumenti di Giustizia Riparativa su incarico dell’ULEPE di Pistoia;
  • Aleteia ha una documentata esperienza anche in tema di gestione dei conflitti sociali.

TUTTO CIO’ PREMESSO, SI CONVIENE E SI STIPULA QUANTO SEGUE

ART. 1 Premesse

Le premesse costituiscono parte integrante del presente protocollo.

ART. 2 Oggetto

Il presente Protocollo istituisce la Casa della Mediazione dei Conflitti e la realizzazione di servizi di mediazione sociale, penale e altri strumenti di giustizia riparativa e costituisce attuazione delle norme sopra citate.

ART. 3 Attività

Il presente Protocollo intende promuovere un intervento sistemico tramite la costituzione di un presidio denominato ‘Casa della Mediazione dei Conflitti sociali, penali e altri strumenti di giustizia riparativa

che raccolga tutte le azioni di mediazione sociale, penale altri strumenti di giustizia riparativa presenti sul territorio.

ART. 4 Costituzione Tavolo territoriale di coordinamento

È costituito un Tavolo territoriale di coordinamento sulla Mediazione sociale, penale e la Giustizia Riparativa che riunisce tutti i soggetti pubblici e privati che svolgono azioni sulle tematiche suddette. Il Tavolo ha una funzione di condivisione di best practice e di coordinamento degli interventi. Il Tavolo sarà convocato almeno una volta l’anno.

ART. 5 Costituzione Cabina di regia/Comitato tecnico

È costituita una Cabina di regia/Comitato tecnico composta dai rappresentanti dei soggetti firmatari.

Alla Cabina di regia/Comitato tecnico, che sarà convocata su proposta di Aleteia almeno al termine di ogni semestre di attività, sono affidati i seguenti compiti:

  1. supervisionare, monitorare e valutare l'attuazione e l'andamento delle attività previste dal protocollo ed eventualmente vagliare nuove proposte di azione;
  2. promuovere eventi di sensibilizzazione e incontri istituzionali sui temi specifico della mediazione sociale, penale e degli strumenti di altri strumenti di giustizia riparativa;
  3. convocare e coordinare il Tavolo territoriale sulla Mediazione Sociale, penale e altri strumenti di Giustizia Riparativa.

ART. 6 Impegni delle parti

Le parti si impegnano, ciascuno per la loro competenza, a promuovere lo sviluppo e il consolidamento di azioni di mediazione sociale e giustizia riparativa e a partecipare alle attività previste dal presente protocollo.

ART. 7 Tutela della Riservatezza

I soggetti firmatari danno atto dell'esigenza di tutelare l'immagine e la riservatezza di ciascuna di esse e si impegnano al rispetto della normativa vigente per la tutela e riservatezza dei dati. A tal fine le parti si danno reciprocamente atto di conoscere ed applicare, nell'ambito delle proprie organizzazioni, tutte le norme vigenti ed in fase di emanazione in materia del trattamento dei dati personali, sia primarie che secondarie, rilevanti per la corretta gestione del Trattamento, ivi compreso il regolamento UE 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 24 aprile 2016 (di seguito "GDPR").

Qualora necessario al raggiungimento delle finalità connesse all'esecuzione del presente Protocollo, le parti tratteranno in via autonoma i dati personali oggetto di scambio per trasmissione o condivisione. Le parti, in relazione agli impieghi dei predetti dati nell'ambito della propria organizzazione, assumeranno, pertanto, la qualifica di Titolare autonomo del trattamento ai sensi dell'articolo 4, nr.7 del GDPR, sia fra di loro che nei confronti dei soggetti cui i dati personali trattati sono riferiti."

ART. 8 Inclusione di nuovi soggetti istituzionali

Il presente Protocollo è da ritenersi “aperto” e suscettibile di integrazioni.

In linea con l’obiettivo specificato in premessa, le Parti si impegnano a sensibilizzare altri soggetti istituzionali per l’ampliamento della rete e a valutare eventuali proposte di adesione in sede di Cabina di regia.

ART. 9 Durata

Il presente Protocollo tra le Parti firmatarie ha validità di tre anni a decorrere dalla data della sua sottoscrizione e si intenderà tacitamente rinnovato in assenza di comunicazione espressa di recesso, da presentarsi almeno tre mesi prima della scadenza da una delle Parti.


Pistoia, 21 marzo 2023

Il Presidente della Società della Salute Pistoiese
Dott.ssa Anna Maria Ida CELESTI

Il Presidente di ALETEIA
Dott. Simone Stefani

Il Direttore ULEPE Pistoia
Dott.ssa Cristina SELMI