Circolare 4 agosto 2017 - Analisi della normativa sul recupero dei crediti per pene pecuniarie nonché di indicazioni operative agli Uffici giudiziari

4 agosto 2017

 
Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi
Il  Capo Dipartimento

 

Ai signori

Presidenti di Corte d’appello
Procuratori generali della Repubblica
Presidenti dei Tribunali per i minorenni
Procuratori della Repubblica per i minorenni
Presidenti dei Tribunali di sorveglianza
Presidenti dei Tribunali
Procuratori della Repubblica

Dirigenti amministrativi presso i predetti Uffici

Loro sedi

Oggetto: Circolare di analisi della normativa sul recupero dei crediti per pene pecuniarie nonché di indicazioni operative agli Uffici giudiziari.

PREMESSA

La riscossione dei crediti generati dall’attività giudiziaria è un servizio su cui, da tempo, si sono focalizzati l’attenzione e l’impegno di questa Amministrazione.
I motivi di tale particolare attenzione sono due:

  1. il recupero delle spese sostenute dalla Stato per la gestione del sistema giustizia, in una prospettiva di maggiore economicità ed efficienza dello stesso;
  2. l’effettiva esecuzione delle condanne a pena pecuniaria, a garanzia del principio costituzionale della certezza della pena e dell’effettività dell’ordinamento giuridico.

La problematica del recupero dei crediti generati dall’attività giudiziaria è stata, poi, l’oggetto della deliberazione del 7 Marzo 2017, n. 3/2017/G, della Corte di Conti, Sezione Centrale di Controllo sulla Gestione delle Amministrazioni dello Stato, riguardante: “Il recupero delle spese di giustizia e i rapporti convenzionali tra il Ministero della Giustizia ed Equitalia Giustizia”.
La deliberazione ha riguardato l’attività posta in essere per il recupero dei crediti derivanti da sentenze passate in giudicato o da spese di giustizia, come previsto dall’art. 1, commi da 367 a 372, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
In esecuzione della disposizione da ultimo richiamata, il Ministero della Giustizia ed Equitalia Giustizia s.p.a, con la convenzione intervenuta il 23 settembre 2010 e successive integrazioni, hanno provveduto a definire le modalità di gestione dei crediti originati da provvedimenti passati in giudicato o divenuti esecutivi demandando ad Equitalia Giustizia s.p.a. l’attività di quantificazione delle poste attive e l’iscrizione a ruolo dei crediti sui sistemi di una delle società del Gruppo Equitalia.
L’analisi compiuta in dettaglio dalla Corte dei Conti conclude evidenziando i seguenti nodi problematici:

  1. l’irrazionalità del controllo operato su Equitalia Giustizia, dapprima da Equitalia s.p.a, a sua volta controllata dall’Agenzia delle Entrate, e oggi demandato al Ministero dell’economia e delle finanze, a seguito del d.l. n. 193/2016. La Corte ritiene più coerente la configurazione di un controllo diretto della società da parte del Ministero della Giustizia;
  2. la protrazione del regime transitorio che non ha consentito una valutazione degli effettivi benefici generati dalla convenzione: il modello adottato “si è risolto essenzialmente nella sostituzione di parte dell’attività precedentemente svolta dagli operatori degli uffici giudiziari con quella demandata agli operatori di Equitalia giustizia. É mancato un decisivo intervento nella direzione dell’effettiva reingegnerizzazione dell’intero processo gestionale, che a giudizio della Corte dovrebbe costituire lo strumento principale da utilizzare nell’innovazione dei processi operativi della pubblica amministrazione”;
  3. non senza osservare (..) “le evidenti criticità che emergono dal confronto tra l’ingente ammontare dei crediti posti in riscossione e l’importo effettivamente riscosso”, già evidenziate dalla Corte nella relazione “Il sistema della riscossione dei tributi erariali al 2015” (deliberazione n. 11/2016/G );
  4. la reiterazione delle proroghe legislative della comunicazione d’inesigibilità che ha determinato la caducazione della conversione della pena pecuniaria in pena detentiva (art. 660 c.p.p) una volta decorso il termine di estinzione, sul presupposto che lo stesso non sia suscettibile di interruzione, evidenziando altresì l’urgenza “di un intervento normativo per rendere compatibili i tempi previsti per l’esame delle comunicazioni di inesigibilità con la citata disposizione penale”.

In sostanza, la Corte ritiene necessaria “una decisa svolta dei procedimenti giudiziari verso forme di gestione unitaria e informatizzata delle diverse fasi, nell’ambito della quale trovino collocazione naturale la liquidazione automatizzata delle somme dovute e l’innesco delle conseguenti procedure di riscossione siano esse bonarie e coattive. Tali miglioramenti vanno inscritti in un’ottica di razionalizzazione dell’attività di riscossione, alla luce del rispetto dei principi di efficienza, efficacia e economicità”.
Per dare attuazione al deliberato del giudice contabile è stato istituito presso questa Amministrazione un tavolo inter-dipartimentale cui hanno preso parte anche gli uffici di diretta collaborazione del Ministro della Giustizia e rappresentanti della società gestore dei crediti di giustizia, Equitalia Giustizia s.p.a., e dell’Agente unico della riscossione Equitalia s.p.a. (ciò almeno fino al 30 giugno 2017).
In particolare, il tavolo si è potuto avvalere anche dell’esperienza acquisita a livello nazionale sull’attività di riscossione dall’Ispettorato generale presso il Ministero della Giustizia mediante le verifiche ordinarie effettuate presso gli uffici giudiziari.

Con la presente circolare si affronta, esclusivamente, la problematica di cui al precedente punto 3) per fornire agli uffici giudiziari, in attesa del necessario intervento legislativo, indicazioni operative destinate a superare l’attuale situazione di difficoltà, riscontrata nell’applicazione della disciplina della conversione della pena pecuniaria in modo da rendere concreto tale istituto, in ragione dell’interesse generale all’effettività della pena.
 

PARTE PRIMA

Inquadramento generale

§ 1. Quadro normativo

In via preliminare sembra necessario procedere ad una breve ricognizione del quadro normativo che disciplina la riscossione dei crediti di giustizia.
Il d.lgs. 30 maggio 2002, n. 113, concernente il testo unico delle disposizioni legislative in materia di spese di giustizia, il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 114, contenente le disposizioni regolamentari relative alla stessa materia, ed il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, concernente il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (quest’ultimo, d’ora in avanti, nel presente atto denominato “testo unico”), prevedono che la riscossione dei crediti di giustizia originati dal processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario avvenga mediante iscrizione a ruolo.
I testi legislativi fondamentali che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo sono il d.P.R. n. 602 del 1973, concernente le disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, come modificato dal d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, e successive modificazioni ed integrazioni, ed il d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112, concernente il riordino del servizio nazionale della riscossione.
Il primo detta le norme relative alle modalità e alle forme dell’iscrizione a ruolo, al contenuto del ruolo, alle procedure esecutive per la riscossione dei crediti iscritti.
Il secondo disciplina le modalità di affidamento del servizio di riscossione, la vigilanza sui concessionari, i diritti e gli obblighi del concessionario.
Il sistema della riscossione mediante affidamento ai concessionari era stato delegato dallo Stato a circa 40 aziende di proprietà di istituti bancari e soggetti privati che agivano ciascuno nella propria area geografica di competenza. Tale sistema aveva evidenziato il difetto della disomogeneità dell’attività di riscossione che aveva prodotto risultati negativi in termini di efficienza.
Per tale ragione il legislatore ha proceduto, con il d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, a dare avvio ad un processo di ristrutturazione del settore che ha condotto al superamento di tale sistema, facendo confluire, attraverso successive tappe, tutte le società concessionarie in precedenza esistenti in tre sole società che agivano quali agenti della riscossione, Equitalia Nord s.p.a., Equitalia Centro s.p.a., Equitalia Sud s.p.a., interamente possedute dalla holding Equitalia s.p.a. (a propria volta, di proprietà per il 51% dell’Agenzia delle Entrate e per il 49% dell’Inps). Da ultimo, nel 2016, le predette tre società sono state fuse per incorporazione nella società Equitalia Servizi s.p.a. (interamente partecipata dalla holding) che, quindi, costituiva l’Agente unico della riscossione a livello nazionale fino alla data del 1° luglio 2017.
Nell’ambito della riscossione a mezzo ruolo, per quanto di specifico interesse del recupero dei crediti di giustizia, si deve dare conto dell’avvenuta emanazione dell’articolo 1, commi da 367 a 372, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, con cui il legislatore ha previsto che il Ministero della Giustizia stipuli una convenzione con una società interamente posseduta da Equitalia s.p.a. per la gestione dei crediti relativi a spese e pene pecuniarie di cui al testo unico.
La gestione dei crediti, da parte della predetta società, ha ad oggetto le seguenti attività: a)acquisizione dei dati anagrafici del debitore; b)quantificazione del credito; c)iscrizione a ruolo del credito.
La società che ha assunto la funzione di gestore dei crediti di giustizia è Equitalia Giustizia s.p.a., costituita nell’anno 2008, con cui il Ministero della Giustizia ha stipulato, in data 23 settembre 2010, la convenzione per lo svolgimento delle attività previste dalla legge n. 244 del 2007 (d’ora in poi, nel presente atto, denominata “convenzione”).
Con la predetta convenzione è stata attuata l’esternalizzazione di parte delle attività in precedenza svolte dagli uffici recupero crediti degli uffici giudiziari, mentre l’attività di riscossione ha continuato ad essere effettuata dall’Agente della riscossione.
Da ultimo, con il d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito con modificazioni dalla legge 1 dicembre 2016, n. 225, è stato disposto lo scioglimento, a decorrere dalla data del 1° luglio 2017, delle società del Gruppo Equitalia, con la sola esclusione di Equitalia Giustizia s.p.a.. L’attività di riscossione, a decorrere da tale ultima data, è esercitata da un ente pubblico economico denominato “Agenzia delle entrate – Riscossione” sottoposto all’indirizzo e vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze. Per dare attuazione a tale previsione l’Agenzia delle entrate ha acquistato, al valore nominale, le azioni di Equitalia s.p.a. detenute dall’Inps, mentre le azioni di Equitalia Giustizia s.p.a., detenute da Equitalia s.p.a., sono state acquisite a titolo gratuito dal Ministero dell’economia e delle finanze.
Pertanto, dalla data del 1° luglio 2017, la situazione è la seguente:

  • Equitalia Giustizia s.p.a. prosegue l’attività di gestione dei crediti secondo le previsioni della convenzione, seppure sia una società ormai interamente partecipata dal Ministero dell’economia e delle finanze;
  • L’attività di riscossione, in precedenza effettuata dall’Agente unico Equitalia s.p.a., è ora effettuata dal nuovo ente pubblico economico Agenzia entrate – riscossione che, dalla data predetta, è subentrato, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia.

§ 2. Dati sulla riscossione

L’Agente sviluppa l’attività di riscossione coattiva con modalità che sono imperniate sul codice fiscale del contribuente, che permette di aggregare tutte le iscrizioni a ruolo intestate al medesimo soggetto e trasmesse dai diversi enti impositori.
Tutti i processi aziendali dell’Agente sono, infatti, orientati ad una gestione univoca del contribuente e tutte le attività di recupero sono pianificate e realizzate sulla base del suo codice fiscale, a prescindere dal tipo di ente impositore o dalla natura del credito da riscuotere.
I dati forniti al tavolo interdipartimentale da Equitalia s.p.a. evidenziano quanto segue:

  • Nel periodo 2000-2016 il carico lordo complessivo dei crediti di giustizia iscritti a ruolo è stato pari ad 11.472 mln di euro, ripartito in oltre 2,3 mln di codici fiscali.
  • Sul carico lordo di 11.472 mln di euro sono stati disposti sgravi per indebito per 1.824 mln di euro, mentre gli incassi finora effettuati ammontano a 614 mln di euro, pari a circa il 6% del carico al netto degli sgravi.
  • Detratti gli sgravi e gli incassi, l’importo residuo dei crediti da riscuotere è pari a 9.035 mln.
  • Escludendo da quest’ultimo le partite riconducibili a soggetti con in corso una dilazione di pagamento e quelle difficilmente recuperabili (crediti nei confronti di deceduti, crediti sospesi per provvedimenti di autotutela emessi dagli enti creditori o sentenze dell’autorità giudiziaria, crediti nei confronti di soggetti falliti o soggetti nei confronti dei quali l’Agente della riscossione ha già tentato invano, in questi anni, azioni di recupero esecutive e/o cautelari), l’effettivo magazzino netto su cui poter teoricamente svolgere azioni di recupero si riduce a 6.561 mln.
  • Del carico lordo iscritto di 11.472 mln di euro, ben 6.225 mln sono riferibili a crediti di giustizia iscritti a ruolo con il codice tributo 1E08, ovvero il codice cui sono unitariamente ricondotti i crediti per multe, ammende e sanzioni amministrative.
  • Detratto, dall’ammontare di 6.225 mln, il carico sgravato, pari a 1.353 mln di euro, ed il totale finora riscosso, pari a 350 mln di euro, il magazzino netto dei crediti da riscuotere riconducibili al codice tributo 1E08 è pari, all’attualità, a 4.522 mln di euro.

I dati appena indicati evidenziano che il codice tributo 1E08 costituisce, da solo, più del 50% del carico lordo iscritto e del magazzino netto.
All’interno del medesimo codice tributo sono, tuttavia, ricondotti crediti soggetti a differenti discipline giuridiche (le sanzioni amministrative soggette alla disciplina sulla prescrizione dei crediti del codice civile, le multe e le ammende soggette alla diversa disciplina dell’estinzione delle pene pecuniarie prevista dal codice penale), circostanza che, già di per sé, impedisce una modulazione delle attività di riscossione da parte dell’Agente coerente con la richiamata differenza.
L’ammontare dei crediti riconducibili al codice tributo 1E08 comunque testimonia - nonostante non sia, allo stato, conosciuta la percentuale della composizione del codice tributo attribuibile a ciascuna tipologia di credito - che una cospicua parte dei crediti da riscuotere è riconducibile alla categoria delle pene pecuniarie (multe ed ammende) su cui incombe la minaccia dell’estinzione a causa delle reiterate proroghe legislative della comunicazione d’inesigibilità prevista dall’articolo 19 del d.lgs. n. 112 del 1999.
La problematica, come in precedenza evidenziato, è stata oggetto di specifica attenzione nella citata deliberazione n. 3/2017/G della Corte dei Conti.
 

PARTE SECONDA

Il recupero delle pene pecuniarie

PREMESSA

Si è già riferito dell’importanza del dato relativo all’ammontare dei crediti per pene pecuniarie all’interno del magazzino delle partite tuttora da recuperare.
Per tale motivo, e tenuto conto anche dell’espressa sollecitazione in proposito avanzata nella deliberazione n. 3/2017 della Corte dei Conti, il Ministero della Giustizia ha avviato, nell’ambito dell’azione di ripensamento e ristrutturazione dell’intero procedimento di riscossione dei crediti, una profonda riflessione anche sulla disciplina della comunicazione d’inesigibilità e sulla sua rilevanza ai fini dell’attivazione del procedimento di conversione della pena pecuniaria, al fine di dare, nelle more di un intervento legislativo che si palesa non più rinviabile, indicazioni operative agli uffici giudiziari.
Il motivo di tale riflessione è che, attualmente, il fenomeno dell’estinzione delle pene pecuniarie è di fatto imputabile ai lunghi tempi di attesa della comunicazione d’inesigibilità.

§ 1. Disciplina della comunicazione d’inesigibilità

Si è già detto alla precedente Parte prima § 1 che la riscossione a mezzo ruolo è disciplinata dal d.P.R. n. 602 del 1973, mentre il d. lgs. n. 112 del 1999 detta le norme relative alle modalità di affidamento del servizio di riscossione, alla vigilanza sui concessionari, ai diritti ed obblighi di questi ultimi.
In particolare, nella sezione I del capo II di tale ultimo decreto, dedicata ai diritti del concessionario, trova collocazione l’articolo 19 rubricato “Discarico per inesigibilità”.
Nel testo attuale, detto articolo, al comma 1, prevede quanto segue:
"Ai fini del discarico delle quote iscritte a ruolo, il concessionario trasmette, anche in via telematica, all'ente creditore, una comunicazione di inesigibilità. Tale comunicazione viene redatta e trasmessa con le modalità stabilite con decreto del Ministero delle finanze, entro il terzo anno successivo alla consegna del ruolo, fatto salvo quanto diversamente previsto da specifiche disposizioni di legge. La comunicazione è trasmessa anche se, alla scadenza di tale termine, le quote sono interessate da procedure esecutive o cautelari avviate, da contenzioso pendente, da accordi di ristrutturazione o transazioni fiscali e previdenziali in corso, da insinuazioni in procedure concorsuali ancora aperte, ovvero da dilazioni in corso concesse ai sensi dell'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni. In tale caso, la comunicazione assume valore informativo e deve essere integrata entro il 31 dicembre dell'anno di chiusura delle attività in corso ove la quota non sia integralmente riscossa."

La disposizione, quindi, prevede che l’agente della riscossione debba procedere alla comunicazione di inesigibilità entro il terzo anno successivo alla consegna del ruolo e che la stessa debba essere effettuata anche se le quote del credito siano interessate da procedure di riscossione già avviate ed ancora pendenti. In tale ultimo caso la comunicazione iniziale assume valore solamente informativo e deve essere integrata dalla comunicazione “finale” da effettuare entro il 31 dicembre dell’anno di chiusura dell’attività di riscossione.
Invece, per le quote di crediti contenute in comunicazioni di inesigibilità che non sono soggette a successiva integrazione, perché non interessate da procedure di riscossione pendenti, il discarico dell’agente della riscossione è automatico al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della comunicazione (articolo 19, comma 3, del d.lgs. n. 112 del 1999).
L’esame delle norme appena richiamate evidenzia alcuni punti fondamentali:

  • la disposizione è dettata per regolare il discarico delle quote dei crediti fra ente impositore ed agente della riscossione, quindi per regolare il rapporto corrente fra gli stessi e l’eventuale responsabilità del secondo per i crediti non discaricati;
  • con la c.d. “comunicazione d’inesigibilità” l’agente della riscossione chiede all’ente impositore il discarico delle partite non riscosse, dimostrando di aver svolto l’attività di recupero nel rispetto della legge;
  • la necessità della comunicazione “finale” insorge solo se, al momento di quella “iniziale”, siano in corso procedure di riscossione di cui, quindi, deve essere fatta espressa menzione.

L’articolo 19, comma 2, del d.lgs. n. 112 del 1999 elenca in dettaglio le cause che determinano la perdita, da parte dell’agente della riscossione, del diritto al discarico.
Fra queste, alla lettera b), vi era la previsione della <<mancata comunicazione all’ente creditore, anche in via telematica, con cadenza annuale, dello stato delle procedure relative alle singole quote comprese nei ruoli consegnati in uno stesso mese …>>.
Tale ultima disposizione è stata abrogata dall’articolo 1, comma 682, lett. b), della legge n. 190 del 2014.
E’ tuttora vigente, invece, l’articolo 36 del d.lgs. n. 112 del 1999, il cui comma 1 prevede che "Entro la fine di ogni mese il concessionario trasmette al soggetto creditore che ha formato il ruolo, anche in via telematica, e con le modalità stabilite con decreto ministeriale, le informazioni relative allo svolgimento del servizio e all'andamento delle riscossioni effettuati nel mese precedente."
Sulle problematiche connesse all’attuazione di tale ultima disposizione e sull’importanza della stessa si tornerà nel paragrafo dedicato alle indicazioni operative.
Ciò che è, invece, indispensabile fin d’ora evidenziare è che la cd. “comunicazione d’inesigibilità” attiene all’esercizio dei diritti ed al discarico delle responsabilità nel rapporto fra agente della riscossione ed ente impositore, ma non risulta da alcuna norma di legge che la stessa sia un presupposto indispensabile per l’attivazione del procedimento di conversione della pena pecuniaria.

§ 2. Comunicazione d’inesigibilità: effetti sull’estinzione delle pene pecuniarie e sul procedimento di conversione delle stesse

Nel presente paragrafo si esamina il quadro normativo della riscossione delle pene pecuniarie nonché la compatibilità delle numerose proroghe della comunicazione d’inesigibilità (disposte dalla legge) con le previsioni codicistiche dell’estinzione di tali pene e con la necessità della tempestiva attivazione del procedimento di conversione delle stesse.

§ 2.1. La disciplina specifica del DPR 115/2002 in materia di riscossione delle pene pecuniarie: ricostruzione normativa

La Parte VII del Testo Unico disciplina la riscossione dei crediti dello Stato, generati dall’attività giudiziaria.
La stessa è suddivisa in 7 Titoli, a loro volta suddivisi in Capi1 .
La disposizione dell’articolo 19 sopra citato è richiamata, in quanto applicabile, dall’articolo 227 del T.U., rientrante fra le disposizioni generali del recupero dei crediti nel processo amministrativo, contabile e tributario; viceversa, analogo richiamo non è contenuto negli articoli da 227-bis a 227-quater, relativi alle disposizioni generali per il recupero di spese processuali, pene pecuniarie, spese di mantenimento nonché sanzioni amministrative e processuali nei processi civile e penale.
Al fine di attribuire il giusto significato alla collocazione sistematica dell’articolo 227, è opportuno ricostruire le modificazioni subite dai Titoli della parte VII del Testo unico.

L’articolo 227, il cui contenuto non ha subito modifiche dalla data dell’emanazione del d.P.R. n. 115 del 2002, è inserito nel titolo II che, originariamente, recava la seguente rubrica: “Disposizioni per spese generali, spese di mantenimento, pene pecuniarie, sanzioni amministrative pecuniarie e sanzioni pecuniarie processuali”, mentre l’attuale rubrica [“Disposizioni generali per le spese nel processo amministrativo, contabile e tributario”] è stata così sostituita dall’articolo 67, comma 3, lett. g), della legge n. 69 del 2009.
Tale articolo – al comma 3, lett. i) – ha, invece, sostituito il capo VI bis del titolo II [rubricato “Riscossione mediante ruolo”], inserito dal d.l. n. 112 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008 [il capo VI bis, come originariamente inserito, conteneva solo gli articoli 227-bis e 227-ter), con il titolo II bis rubricato “Disposizioni generali per spese di mantenimento in carcere, spese processuali, pene pecuniarie, sanzioni amministrative pecuniarie e sanzioni pecuniarie processuali nel processo civile e penale”.
Lo stesso articolo ha, inoltre, modificato gli articoli 227-bis e 227-ter ed ha inserito in tale nuovo titolo l’articolo 227-quater del seguente tenore: “Alle attività previste dal presente titolo si applicano gli articoli 214, 215, 216, 218, comma 2, e 220”.

Norme specifiche per la riscossione delle pene pecuniarie sono contenute nel titolo IV della Parte VII del Testo unico (articoli 235-239).
Detto titolo conteneva due disposizioni (gli articoli 237 e 238)2, che disciplinavano l’attivazione e lo svolgimento del procedimento di conversione della pena pecuniaria, in tal modo sostituendo integralmente l’articolo 660 c.p.p., che, infatti, era stato oggetto di abrogazione da parte dell’articolo 299 del medesimo Testo unico.
Tale ultimo articolo ha, inoltre, abrogato gli articoli 181 e 182 Disp. att. c.p.p., relativi all’esecuzione delle pene pecuniarie.
Tuttavia, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 212 del 18 giugno 2003, ha dichiarato l’incostituzionalità degli articoli 237 e 238 nonché dell’articolo 299 del citato Testo unico, nella parte in cui abrogava l’articolo 660 c.p.p.
A seguito della citata dichiarazione d’incostituzionalità è tornato, quindi, vigente l’articolo 660 c.p.p. (rubricato “Esecuzione delle pene pecuniarie”), che stabilisce quanto appresso:

  1. Le condanne a pena pecuniaria sono eseguite nei modi stabiliti dalle leggi e dai regolamenti.
  2. Quando è accertata la impossibilità di esazione della pena pecuniaria o di una rata di essa, il pubblico ministero trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza competente per la conversione, il quale provvede previo accertamento dell'effettiva insolvibilità del condannato e, se ne è il caso, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. Se la pena è stata rateizzata, è convertita la parte non ancora pagata.
  3. In presenza di situazioni di insolvenza, il magistrato di sorveglianza può disporre la rateizzazione della pena a norma dell'articolo 133-ter del codice penale, se essa non è stata disposta con la sentenza di condanna ovvero può differire la conversione per un tempo non superiore a sei mesi. Alla scadenza del termine fissato, se lo stato di insolvenza perdura, è disposto un nuovo differimento, altrimenti è ordinata la conversione. Ai fini della estinzione della pena per decorso del tempo, non si tiene conto del periodo durante il quale l'esecuzione è stata differita.
  4. Con l'ordinanza che dispone la conversione, il magistrato di sorveglianza determina le modalità delle sanzioni conseguenti in osservanza delle norme vigenti.
  5. Il ricorso contro l'ordinanza di conversione ne sospende l'esecuzione."

La dichiarazione d’incostituzionalità non ha, invece, travolto l’avvenuta abrogazione, ad opera dell’articolo 299 del Testo unico, degli articoli 181 e 182 Disp. att. c.p.p.

§ 2.2. Ricostruzione sistematica

L’originaria disciplina del Testo unico precedente alla dichiarazione d’incostituzionalità, con la previsione degli articoli 237 e 238, aveva voluto riservare un trattamento particolare alla riscossione delle pene pecuniarie, che teneva conto della specialità della normativa, che ha al centro il procedimento di conversione.
Testimonia tale attenzione la relazione illustrativa del Testo unico, ove al punto 5 si afferma che il riordino aveva dovuto fare i conti con la riforma che aveva uniformato la disciplina della riscossione delle entrate dello Stato, ivi incluse le spese di giustizia e le pene pecuniarie, e che la complessità del riordino si spiegava con il tentativo di creare dei raccordi necessari a salvaguardare la specialità delle normative per consentirne il funzionamento.
 Nella relazione illustrativa si affermava, anche, che la disciplina delle comunicazioni contenuta nella legislazione della riscossione a mezzo ruolo potesse trovare altresì attuazione nell’attività di riscossione delle pene pecuniarie, essendo perfettamente compatibile con le previsioni dell’articolo 237 del testo unico.
L’affermazione, avanzata a commento di tale ultima disposizione, teneva conto della disciplina delle comunicazioni all’epoca vigente, che prevedeva che:

  • il concessionario dovesse trasmettere la prima informazione entro il diciottesimo mese successivo alla consegna del ruolo e, successivamente, con cadenza annuale (art. 19 d.lgs. n. 112 del 1999);
  • il concessionario fosse obbligato a trasmettere mensilmente all’ufficio che ha formato il ruolo le informazioni relative allo svolgimento del servizio ed all’andamento delle riscossioni (art. 36 d.lgs. n. 112 del 1999).

L’intervenuta dichiarazione d’incostituzionalità degli articoli 237, 238 e 299 del Testo unico e la reviviscenza dell’articolo 660 c.p.p. pongono, allo stato, un problema di coordinamento di tale ultima disposizione di legge con la normativa sulla riscossione a mezzo ruolo.
Infatti, l’articolo 660 c.p.p. non disciplina le modalità secondo cui si attiva il procedimento di conversione della pena pecuniaria, facendo riferimento – unicamente – all’accertamento della impossibilità di esazione della pena stessa ed alla successiva trasmissione degli atti dal P.M. al magistrato di sorveglianza.
Il difetto di coordinamento è confermato dall’attuale mancato richiamo dell’articolo 19 del d.lgs. n. 112 del 1999 nelle disposizioni specificamente dettate per la riscossione delle pene pecuniarie: omesso richiamo cui non può essere attribuito altro significato se non quello che la comunicazione d’inesigibilità non costituisce una condizione indispensabile per l’attivazione del procedimento di conversione della pena.
Tale comunicazione, prevista dalla legislazione sulla riscossione a mezzo ruolo, trova applicazione per regolare i rapporti fra ente impositore ed Agente della riscossione, ma non interferisce sul potere dell’Autorità giudiziaria di attivare il procedimento di conversione della pena.
Infine, ulteriore conferma di quanto sopra detto si trae dalle proroghe intervenute in materia di comunicazione d’inesigibilità, di cui si dà conto nel successivo paragrafo.

§ 2.3. Le proroghe della comunicazione d’inesigibilità

Come già detto, l’attuale formulazione dell’articolo 19 del d. lgs. n. 112 del 1999 prevede che l’Agente della riscossione effettui le comunicazioni d’inesigibilità, in via ordinaria, entro il terzo anno successivo alla consegna del ruolo.
Tuttavia, a partire dalla legge n. 31 del 2008 [che ha convertito in legge il d. l. 31 dicembre 2007, n. 348] sono state disposte successive proroghe annuali del termine per la comunicazione d’inesigibilità.
Tali proroghe sono state determinate:

  • dall’esistenza di una consistente mole di arretrati;
  • dalla necessità e l’obbligo, per l’Agente della riscossione, di effettuare più tentativi di recupero coattivo (su tutti i beni la cui esistenza risulti dall’Anagrafe tributaria), nel termine triennale;
  • dalle difficoltà nello svolgimento delle procedure di controllo sulle comunicazioni di inesigibilità.

La cd. Legge di stabilità 2015 è intervenuta nuovamente in materia, ridefinendo i termini di presentazione delle comunicazioni di inesigibilità per i carichi affidati agli agenti della riscossione dall’1 gennaio 2000 al 31 dicembre 2014 e, di recente, il d.l. n. 193/2016, all’articolo 6, comma 12-bis, ha ulteriormente esteso il regime di proroga anche ai carichi affidati fino al 31 dicembre 2015.

Le proroghe via via disposte della comunicazione d’inesigibilità riguardano in generale qualsiasi tipologia di credito riscosso a mezzo ruolo e non solamente quelli di giustizia e riguardano tutti gli enti impositori: tuttavia, nel dettare le disposizioni di proroga, non si è tenuto conto della particolarità della disciplina delle pene pecuniarie.

A normativa vigente, quindi, il giorno 31 dicembre 2019 è fissato quale termine della presentazione delle comunicazioni d’inesigibilità riferite ai ruoli consegnati negli anni 2014, 2015 e 2016; mentre nel 2020 saranno presentate le comunicazioni di inesigibilità dei ruoli consegnati nel 2013 e nel 2021 quelle riferite ai ruoli affidati nel 2012; e così via.

Si riportano di seguito gli anni di consegna dei ruoli con i correlati termini di presentazione della comunicazione d’inesigibilità, precisandosi che, in mancanza di ulteriori disposizioni di differimento, per i ruoli consegnati nel corrente anno vale il termine ordinario triennale.

Anno consegna ruolo e Termine comunicazione

Anno 2016 - 31 dicembre 2019
Anno 2015 - 31 dicembre 2019
Anno 2014 - 31 dicembre 2019
Anno 2013 - 31 dicembre 2020
Anno 2012 - 31 dicembre 2021
Anno 2011 - 31 dicembre 2022
Anno 2010 - 31 dicembre 2023
Anno 2009 - 31 dicembre 2024
Anno 2008 - 31 dicembre 2025
Anno 2007 - 31 dicembre 2026
Anno 2006 - 31 dicembre 2027
Anno 2005 - 31 dicembre 2028
Anno 2004 - 31 dicembre 2029
Anno 2003 - 31 dicembre 2030
Anno 2002 - 31 dicembre 2031
Anno 2001 - 31 dicembre 2032
Anno 2000 - 31 dicembre 2033

E’ evidente l’incompatibilità dei termini stabiliti per la comunicazione d’inesigibilità, previsti dall’attuale legislazione di proroga, con la disciplina dell’estinzione delle pene pecuniarie, prevista dal codice penale: in particolare per le ammende il cui termine d’estinzione è di cinque anni.
Anche la Corte dei Conti, nella più volte richiamata deliberazione n. 3 del 2017, ha affermato che:
"Particolarmente gravi appaiono le conseguenze che derivano dalle reiterate proroghe legislative dei termini per effettuare le comunicazioni di inesigibilità, considerato che esse determinano la caducazione della conversione della pena pecuniaria in pena detentiva (art. 660 c.p.p."

§ 2.4. Conclusioni

La conclusione cui si giunge necessariamente, sulla base di quanto detto ai precedenti paragrafi, è che per l’accertamento dell’impossibilità di esazione della pena pecuniaria – richiesto quale presupposto dall’articolo 660 c.p.p. per l’attivazione del procedimento di conversione della pena – non si possa più fare riferimento alla comunicazione d’inesigibilità di cui all’articolo 19 del d.lgs. n. 112 del 1999 (come ritenuto nella relazione illustrativa del Testo unico).
Ciò per una serie di ragioni:

  • l’articolo 660 c.p.p. non contiene alcun riferimento a comunicazioni;
  • anche la normativa del Testo unico, come “ristrutturata” dalla legge n. 69 del 2009 riguardo alle pene pecuniarie, non contiene alcun rinvio al predetto articolo;
  • i termini della comunicazione d’inesigibilità, come ripetutamente prorogati, appaiono ormai incompatibili con la disciplina dell’estinzione della pena pecuniaria;
  • anche la comunicazione annuale, prevista dopo la prima comunicazione d’inesigibilità, è stata abrogata.

Sembrerebbe mancare, allo stato, una norma di raccordo fra la disciplina della riscossione a mezzo ruolo e la disciplina codicistica delle pene pecuniarie, tale da permettere la tempestiva attivazione del procedimento di conversione della pena.
In particolare, difetta una norma che:

  • stabilisca le modalità di acquisizione, da parte degli uffici giudiziari, della notizia relativa all’impossibilità di esazione della pena pecuniaria in tempi compatibili con la tempestiva attivazione del procedimento di conversione della pena pecuniaria;
  • stabilisca la sorte del procedimento di riscossione nelle more dell’attivazione e dello svolgimento del procedimento di conversione della pena pecuniaria.

Ciò, tuttavia, non può impedire che sia data attuazione al principio di effettività della pena su cui riposa la certezza dell’ordinamento giuridico.

§ 3. Indicazioni operative: la trasmissione dei dati ai sensi dell’art. 36 d. lgs. n. 112 del 1999

Attualmente, in attesa di un auspicato e necessario intervento legislativo, l’unico raccordo che permane fra la disciplina codicistica dell’attivazione del procedimento di conversione della pena e quella della riscossione a mezzo ruolo è quello dell’articolo 36 del d.lgs. n. 112 del 1999, il cui comma 1 prevede che:
"Entro la fine di ogni mese il concessionario trasmette al soggetto creditore che ha formato il ruolo, anche in via telematica, e con le modalità stabilite con decreto ministeriale, le informazioni relative allo svolgimento del servizio e all'andamento delle riscossioni effettuati nel mese precedente."

Tali informazioni possono costituire, allo stato, idoneo supporto ai fini dell’accertamento dell’impossibilità di esazione della pena pecuniaria.
In particolare, il flusso telematico delle informazioni (cd. Stato della Riscossione) viene acquisito ogni dieci giorni dal sistema informatico SIAMM, secondo specifiche tecniche che ne prevedono la rielaborazione, associando le informazioni con le relative partite di credito iscritte nel sistema predetto.
Finora, le informazioni in parola non sono state fruibili dagli Uffici giudiziari, a causa di un malfunzionamento del software del SIAMM.
Tali problematiche, tuttavia, sono in via di risoluzione.
Pertanto, a decorrere dalla data del 1° gennaio 2018, sarà disponibile sul SIAMM il flusso delle informazioni relative allo svolgimento del servizio nonché all’andamento delle riscossioni effettuate nel mese precedente.
Tale flusso (secondo quanto riferito da Equitalia s.p.a. al tavolo inter-dipartimentale) riguarda, in particolare, le seguenti informazioni:

  1. la presa in carico dei ruoli;
  2. la formazione e la notifica delle cartelle di pagamento;
  3. i provvedimenti modificativi del credito affidato in riscossione;
  4. le azioni cautelari ed esecutive avviate;
  5. i pagamenti dei contribuenti;
  6. i riversamenti delle somme riscosse in favore degli enti creditori;
  7. le eventuali comunicazioni di inesigibilità.

Dal 1° gennaio 2018 saranno, inoltre, disponibili sul SIAMM le informazioni sulla presenza o meno di “possidenze” dei singoli debitori (informazioni Anagrafe Tributaria).
La disponibilità dei dati predetti permette di formulare le seguenti indicazioni operative agli Uffici giudiziari:

  • i dipendenti addetti all’ufficio riscossione crediti dovranno periodicamente monitorare sul SIAMM il flusso delle informazioni relative allo Stato della Riscossione per controllare l’esistenza di attività in corso afferenti la riscossione delle partite di credito relative a pene pecuniarie;
  • qualora, entro tre anni dalla data della consegna del ruolo, dalle annotazioni sul SIAMM: non risulti l’avvenuta riscossione totale del credito, né lo svolgimento in atto, da parte di “Agenzia entrate – Riscossione”, di attività esecutive o cautelari; ovvero risulti lo svolgimento in atto di azioni esecutive che evidenzino lo stato di crisi o d’insolvenza del debitore (ad es., insinuazione del credito in procedure concorsuali), l’ufficio giudiziario procederà a trasmettere gli atti al Pubblico Ministero, comprese tutte le informazioni presenti sul SIAMM, rappresentando la mancata riscossione totale o parziale del credito e la mancanza di attività in corso (o l’esistenza in atto di attività esecutive che evidenziano lo stato di crisi o d’insolvenza), affinché tale ultimo ufficio valuti l’impossibilità di esazione della pena pecuniaria, ai sensi dell’articolo 660 c.p.p., per l’attivazione del procedimento di conversione della stessa. Ciò anche in difetto di avvenuta ricezione della comunicazione d’inesigibilità.

Tenuto conto della novità delle indicazioni operative contenute nella presente circolare, in sede di prima applicazione gli addetti all’ufficio recupero crediti degli uffici giudiziari provvederanno:

  • dalla data del 1° gennaio 2018, a verificare le partite di credito relative a pene pecuniarie il cui ruolo sia stato consegnato all’Agente della riscossione nel gennaio 2015;
  • dalla data del 1° febbraio 2018, a verificare le partite di credito relative a pene pecuniarie il cui ruolo sia stato consegnato nel febbraio 2015;
  • e così via per ogni mese successivo.

Qualora, a seguito delle attività in precedenza indicate, il Pubblico Ministero provveda a trasmettere gli atti al magistrato di sorveglianza per la conversione della pena pecuniaria, la segreteria procederà a darne comunicazione ad Equitalia Giustizia s.p.a. ed all’Agente della riscossione “Agenzia entrate – Riscossione”.
Se all’esito del procedimento il magistrato di sorveglianza procederà alla conversione della pena pecuniaria, l’Ufficio giudiziario annoterà il discarico del credito, secondo le modalità già previste dalla Convenzione.
Per le partite di credito relative a pene pecuniarie, il cui ruolo sia stato consegnato all’Agente della riscossione fino al 31 dicembre 2014, si provvederà a formulare specifiche indicazioni operative all’esito dell’auspicato intervento legislativo o, comunque, allorché sarà andato a regime il sistema operativo in precedenza delineato.
Resta inteso che, qualora pervenga all’Ufficio giudiziario [da parte di “Agenzia entrate – Riscossione”] comunicazione d’inesigibilità relativa a credito per pena pecuniaria – anche se provvisoria perché la quota è interessata da attività esecutive o cautelari, ed anche se si tratti di pena pecuniaria il cui ruolo sia stato consegnato all’Agente della riscossione prima del gennaio 2015 – il medesimo Ufficio provvederà, comunque, alla trasmissione immediata degli atti al Pubblico Ministero per le valutazioni di cui all’articolo 660 c.p.p.

§ 4. (segue) Indicazioni operative: la trasmissione dei crediti ad Equitalia Giustizia s.p.a.

Per realizzare un flusso lavorativo che, a regime, sia idoneo ad evitare il rischio dell’estinzione delle pene pecuniarie è altresì indispensabile la tempestiva trasmissione delle partite di credito dagli uffici giudiziari alla società Equitalia Giustizia s.p.a..

Dai dati acquisiti al tavolo interdipartimentale emerge che:

  • nell’anno 2015, su n. 385.318 sotto-fascicoli complessivamente trasmessi dagli uffici giudiziari (per crediti penali e civili), relativi ad altrettante partite di credito, n. 215.492 (pari al 55,92%) sono correnti, cioè relativi a titoli divenuti irrevocabili negli anni 2014-2015, mentre n. 150.846 (pari al 39,15%) sono relativi a titoli arretrati divenuti irrevocabili negli anni fino al 2013; ed ancora, i restanti n. 18.890 (pari al 4,93%) sono relativi a titoli la cui data non è disponibile (ad es. provvedimenti di unificazione delle pene concorrenti);
  • nell’anno 2016, su n. 355.770 sotto-fascicoli complessivamente trasmessi dagli uffici giudiziari (per crediti penali e civili), relativi ad altrettante partite di credito, n. 177.326 (pari al 49,84%) sono correnti, cioè relativi a titoli divenuti irrevocabili negli anni 2015 – 2016, mentre n. 153.551 (pari al 43,15%) sono relativi a titoli arretrati divenuti irrevocabili negli anni fino al 2014; ed ancora, i restanti n. 24.893 (pari al 7%) sono relativi a titoli la cui data non è disponibile (ad es. provvedimenti di unificazione delle pene concorrenti).

Dai dati predetti emerge, quindi, che solo il 50% circa dei sotto-fascicoli annualmente trasmessi ad Equitalia Giustizia s.p.a. è relativa a titoli correnti, mentre il 40% circa è relativa a titoli arretrati.
I dati predetti corrispondono a quelli acquisiti dall’Ispettorato generale, nel corso delle ispezioni ordinarie, sui tempi degli adempimenti della riscossione che, spesso, evidenziano lunghe stasi nella trasmissione dei sotto – fascicoli dalle cancellerie all’ufficio recupero crediti e da questi ultimi ad Equitalia Giustizia s.p.a.
Ciò comporta che, qualora i tempi di trasmissione dei sotto-fascicoli dovessero continuare ad essere quelli attuali, l’esito finale dell’estinzione della pena pecuniaria potrebbe non essere scongiurato anche applicando le indicazioni operative di cui al precedente paragrafo.
Pertanto, gli uffici giudiziari dovranno provvedere, anche formando appositi gruppi di lavoro, affinché sia eliminato tutto l’arretrato esistente, sia presso le cancellerie che presso gli uffici recupero crediti, con conseguente trasmissione dei sotto – fascicoli ad Equitalia Giustizia s.p.a..
Per l’eliminazione di detto arretrato appare congruo un termine annuale, in modo che – alla data del 1° settembre 2018 – le partite da trasmettere (o in corso di trasmissione) siano solamente quelle relative agli anni 2017-2018.

§ 5. Attività del Ministero di supporto e di sostegno

Al fine di favorire l’utilizzo delle funzionalità disponibili sul SIAMM, saranno predisposti dei contenuti formativi multimediali che gli utenti potranno individuare sul portale SIAMM (http://siamm.giustizia.it/), tramite i menu: "Pillole formative", "Audio FAQ", "Unità Didattiche".
I manuali utente sono presenti nel menu "Download".
Sul portale sono disponibili tutti i riferimenti per rivolgersi al servizio di help desk a cura del fornitore dei servizi.
Il servizio di supporto agli utenti, per eventuali chiarimenti, è sempre raggiungibile all’indirizzo di posta elettronica supporto.siamm@giustizia.it.

Roma, 4 agosto 2017

Il Capo del dipartimento
Gioacchino Natoli

 

1 Il titolo I reca le “Disposizioni generali” (articoli 200 – 210);
il titolo II reca le “Disposizioni generali per le spese nel processo amministrativo, contabile e tributario” (articoli 211 – 227);
il titolo II bis reca le “Disposizioni generali per spese di mantenimento in carcere, spese processuali, pene pecuniarie, sanzioni amministrative pecuniarie e sanzioni pecuniarie processuali nel processo civile e penale” (articoli 227 bis – 227 quater);
il titolo III reca le “Disposizioni particolari per le spese processuali, spese di mantenimento e sanzioni pecuniarie processuali” (articoli 228 – 234);
il titolo IV reca le “Disposizioni particolari per pene pecuniarie” (articoli 235 – 239);
il titolo V reca le “Disposizioni particolari per sanzioni amministrative pecuniarie” (articoli 240 – 242);
il titolo VI reca le disposizioni relative al “Riversamento del riscosso” (articoli 243 – 246);
il titolo VII reca le disposizioni relative alla “Riscossione del contributo unificato” (articoli 247 – 249).
 

2 L’articolo 237, rubricato “Attivazione della procedura di conversione delle pene pecuniarie” prevedeva quanto segue:

  1. L'ufficio investe il pubblico ministero, perché attivi la conversione presso il giudice dell'esecuzione competente, entro venti giorni dalla ricezione della prima comunicazione, da parte del concessionario, relativa all'infruttuoso esperimento del primo pignoramento su tutti i beni.
  2. L'articolo di ruolo relativo alle pene pecuniarie è sospeso.

L’articolo 238, invece, rubricato “Conversione delle pene pecuniarie” prevedeva quanto appresso:

  1. Il giudice dell'esecuzione competente, al fine di accertare l'effettiva insolvibilità del condannato e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, dispone le opportune indagini nel luogo del domicilio o della residenza, ovvero dove si ha ragione di ritenere che gli stessi possiedono nuovi beni o cespiti di reddito e richiede, se necessario, informazioni agli organi finanziari.
  2. Se il debitore risulta solvibile, il concessionario riprende la riscossione coattiva sullo stesso articolo di ruolo.
  3. Se il giudice dell'esecuzione accerta l'insolvibilità, può disporre la rateizzazione della pena a norma dell'articolo 133 ter del codice penale, qualora non sia stata già disposta con la sentenza di condanna, o il differimento della conversione per un tempo non superiore a sei mesi, rinnovabile per una sola volta se lo stato di insolvibilità perdura, e il concessionario è automaticamente discaricato per l'articolo di ruolo relativo.
  4. Alla scadenza del termine fissato per l'adempimento, anche rateizzato, è ordinata la conversione, dell'intero o del residuo.
  5. Ai fini della estinzione della pena per decorso del tempo, non si tiene conto del periodo durante il quale la conversione è stata differita.
  6. Con l'ordinanza che dispone la conversione il giudice dell'esecuzione determina le modalità delle sanzioni conseguenti in osservanza delle norme vigenti.
  7. Il ricorso contro l'ordinanza di conversione ne sospende l'esecuzione.