Stati Generali della Lotta alle Mafie

aggiornamento: 23 novembre 2017

  Tavolo 15 - Mafie e Europa

Coordinatori Anna Maria Maugeri - Università di Catania
 

Partecipanti

  • Alfano Sonia - già componente Commissione speciale Antimafia del Parlamento Europeo
  • Allegrezza Silvia - Università di Lussemburgo
  • Bernardi Alessandro - Università di Ferrara
  • Calleri Salvatore - Fondazione Antonino Caponnetto
  • Fronza Emanuela - Università di Trento
  • Sicurella Rosaria - Università di Catania
  • Tigano Vincenzo - Università Catanzaro
  • Varraso Gianluca - Università Cattolica del Sacro Cuore- Milano

 

La cooperazione giudiziaria penale dovrebbe rappresentare la priorità strategica in una lungimirante politica europea ed italiana nella lotta al crimine organizzato e, invece, non sembra essere in questo momento la priorità a livello europeo, mentre a livello interno i ritardi nel recepimento della normativa europea stano dando vita a dei veri e propri cortocircuiti normativi (ad esempio tra normativa OEIP e normativa di recepimento della Convenzione di Bruxelles del 2000 sull’assistenza giudiziaria in materia penale) che renderanno particolarmente complesso il lavoro dell’interprete, fermo restando l’encomiabile lavoro svolto in questa legislatura introducendo ben 16 decreti legislativi in attuazione della normativa europea. Le audizioni svolte e le relazioni di altri tavoli (Mafia e globalizzazione, Mafia e economia) confermano l’espansione della “mafia” (soprattutto nella forma della ‘ndrangheta) in Europa e in altri paesi terzi, nonché la difficoltà della cooperazione giudiziaria quando si tratta di far comprendere alle autorità straniere la realtà dell’associazione mafiosa, che non coincide con quella di crimine organizzato. In considerazione dell’insufficienza della nozione di organizzazione criminale offerta dalla Decisione quadro 2008/841/GAI emerge, quindi, la necessità che l’Italia, in un momento di mancanza di prospettiva strategica del Consiglio, si faccia promotrice di una nuova iniziativa volta all’introduzione di una direttiva in materia, anche alla luce delle indicazioni provenienti dalla risoluzione del Parlamento europeo del 2011, dalla relazione CRIM 2013, dalla risoluzione sulla corruzione del Parlamento del 2016; una definizione capace di ricomprendere la nostra fattispecie di associazione di stampo mafioso, liberandola dalle sue origini socio criminologiche, e cioè una associazione che svolge attività economico- imprenditoriali o comunque persegue finalità di arricchimento economico ma con metodo illecito, rappresentato dall’alterazione (sistematica) delle regole del mercato con intimidazione e/o corruzione. Un’altra linea di politica giudiziaria già oggi possibile, ma non considerata nella prassi, è quella di sfruttare le potenzialità offerte dalla normativa in materia di associazione di carattere trasnazionale, Convenzione UNTOC 2000 recepita in Italia con la legge 146/2006, che potrebbe aprire le strade della cooperazione giudiziaria laddove l’associazione criminale endogena di tipo mafioso abbia ramificazioni transnazionali (perlomeno ai fini della confisca ex art. 13 della Convenzione).

Si propone anche alla luce della risoluzione sulla criminalità organizzata nell’Unione Europea, adottata dal Parlamento europeo il 25 ottobre 2011, di esaminare « con maggior rigore la questione della criminalizzazione di qualsiasi forma di sostegno alle organizzazioni criminali», ma con espressa tipizzazione legislativa.

Sul fronte della lotta all’illecito arricchimento delle mafie, nonostante i passi avanti fatti in termini di armonizzazione con l’attuazione in 19 paesi della Direttiva 42/2014, si continuano a non valorizzare le potenzialità della decisione quadro 783/2006 in termini di mutuo riconoscimento (tale decisione consente, in base ad una corretta interpretazione, il mutuo riconoscimento anche di provvedimenti di confisca senza condanna, pur senza imporla). La sfida, allora, è rappresentata dalla proposta di Regolamento del 21 dicembre 2016 destinato ad imporre – senza richiedere interventi di recepimento – il mutuo riconoscimento di tutti i provvedimenti di confisca, anche senza condanna, purchè pronunciati in un procedimento penale; tale regolamento, salvo l’ampliamento del suo ambito di applicazione propugnato dalla rappresentanza italiana e irlandese (in modo da ricomprendere i provvedimenti pronunciati in materia penale, anche di carattere civilistico), insieme alla sentenza De Tommaso 2017 della Corte Edu, può rappresentare lo stimolo per un intervento legislativo volto a ricondurre il procedimento di prevenzione patrimoniale alle garanzie della materia penale e in tale direzione dovrebbe indirizzarsi anche l’impegno della giurisprudenza italiana nell’offrire un’interpretazione garantista del d.lgs. n. 159/’11, come in parte già avviene. Per il resto a livello europeo l’Italia potrebbe, inoltre, farsi promotrice di uno strumento legislativo in materia di “amministrazione giudiziaria dei beni”, sul modello dell’art. 34 d.lgs. n. 159/’11, o di “controllo giudiziario” ex art. 34 bis d.d.l. n. 2134; si tratterebbe di una strategia di intervento ispirata al rispetto del principio di proporzione laddove tale forma di intervento meno invasiva e priva degli effetti definitivi della confisca, possa essere ritenuta sufficiente (rimane la necessità di interventi di coordinamento/armonizzazione circa la gestione dei beni sequestrati).

Di fronte alla deprecabile scelta politica di limitare le competenze e l’autonomia del Pubblico ministero europeo, quale emerge dalla proposta di regolamento in materia, - pur nella speranza di recuperare il più possibile in sede di approvazione da parte del Parlamento (e ferma l’opportunità di partecipare alla fase di elaborazione delle regole di funzionamento) -, una seria volontà politica di cooperazione giudiziaria presuppone, allora, la scelta politica di valorizzare il ruolo di Eurojust quale fondamentale attore della cooperazione. Ciò sia a livello europeo attraverso una piena attuazione delle potenzialità offerte dall’art. 85 TFUE, sia a livello interno riconoscendo i poteri giudiziari già previsti dalla decisione quadro 2002 ma ancor di più dall’ancora inattuata decisione 426/’09, nonché incrementando il personale e le possibilità di accesso e di scambio di informazioni; il tutto in collaborazione con Europol, per valorizzare un ruolo propositivo e di coordinamento di tali agenzie. Il ruolo di Eurojust dovrebbe essere potenziato anche nell’attività di monitoraggio dello stato di funzionamento del MAE, per analizzare e superarne le criticità, salva l’opportunità di sollevare un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia per le deviazioni della normativa italiana rispetto alla decisione quadro del 2002 n. 584. Così come il ruolo di Eurojust e di Europol deve essere ottimizzato nella costituzione delle squadre investigative comuni, riformando a tal fine la nostra normativa, d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 34 di recepimento della decisione quadro 2002/465/GAI; tale strumento rappresenta la piena espressione di una strategia nuova e vincente nella lotta al crimine organizzato, - come confermato anche nelle audizioni -, che si realizza con l’attivo coinvolgimento nelle indagini delle autorità giudiziarie dei diversi paesi interessati in una concezione dinamica e non statica della cooperazione, per lo meno laddove possibile.

Il recepimento della direttiva 2014/41/UE, relativa all’ordine europeo di indagine penale, normativa che necessita di coordinamento con la disciplina dell’EPPO, potrebbe rappresentare lo stimolo per un ulteriore lavoro di armonizzazione in materia a livello europeo per superare le criticità che sorgeranno nella prassi.
Nella relazione del tavolo sono state avanzate proposte legislative puntuali per il migliore recepimento della normativa europea in materia, alla ricerca di un corretto equilibrio tra le istanze dell’efficienza e quelle della garanzia dei diritti fondamentali e dei diritti della difesa (in materia è importante anche la giurisprudenza della Corte Edu), talora trascurati nella riflessione in materia di cooperazione, ma a monte il Tavolo evidenzia la necessità di curare la formazione dei magistrati, che rappresenta il primo e indispensabile presupposto per un’efficace cooperazione che sfrutti le potenzialità offerte dalle multiple reti e strumenti già presenti sul piano europeo e internazionale.

Il Tavolo ha inserito delle proposte di parte speciale in cui in relazione ad alcuni reati scopo delle organizzazioni criminali sono state evidenziate criticità e avanzate proposte legislative e best practices (tratta, cyber crime, traffico di organi, clandestinità, corruzione, rapporti con il terrorismo).

Tutti i lavori hanno risentito profondamente dei tempi limitati e della mancanza di risorse.

 

Percorsi tematici assegnati

  • Lo spazio europeo comune di giustizia penale e il mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie.
  • La cooperazione giudiziaria all’interno dell’Unione e anche con paesi terzi (attenzione sia alle esigenze dell’efficienza sia alle esigenze di salvaguardia delle garanzie fondamentali) e la necessaria armonizzazione legislativa, sia a livello sostanziale sia procedurale.
  • Focus sulla nozione di crimine organizzato nella legislazione europea (esigenza di introdurre una nozione di crimine organizzato capace di ricomprendere l’associazione di stampo mafioso e di valorizzarne la “vocazione imprenditoriale”).
  • Focus sulla legislazione europea in materia di confisca (prospettive del mutuo riconoscimento della confisca senza condanna, riflessione a livello europeo sull’adozione di strumenti alternativi alla confisca, armonizzazione della disciplina della gestione dei beni sequestrati).
  • Implementazione recenti strumenti europei di lotta al crimine organizzato, già nella fase delle indagini e soprattutto in relazione alle garanzie procedurali irrinunciabili.
  • Analisi applicazione del mandato di arresto europeo. Ruolo di Eurojust e sue prospettive nella concreta prassi operativa (nonché sul coordinamento di tale organo con la futura procura europea), in considerazione del ruolo chiave che dovrebbe assumere nel coordinamento delle indagini e dei procedimenti penali tra le autorità competenti degli Stati membri.
  • Analisi progetto di regolamento della procura europea tra limitatezza attuale e prospettive future (indagini in materia di frodi agli interessi finanziari come grimaldello per più complesse indagini su organizzazioni criminali).


Obiettivi

parte generale

  1. elaborazione nozione di crimine organizzato per futura direttiva
  2. proposta di riforme in tema di confisca penale e confisca di prevenzione
  3. proposta di riforme, nella legislazione sia europea sia interna, sul ruolo e poteri di eurojust
  4. idem su ruolo e poteri di europol
  5. strategia sulla trattativa in relazione al regolamento EPPO e proposte su un futuro possibile codice di procedura penale europeo
  6. proposte per la valorizzazionedella rete giudiziaria europea
  7. proposte in materia di MAE
  8. proposta riforme legislative in materia di squadre investigative comuni
  9. proposte sulla tutela dei diritti della difesa


parte speciale

  1. criminalità organizzata e criminalità informatica (“cyber – organised crime”)
  2. traffico di organi e criminalitá organizzata
  3. best practices e proposte nella lotta alla tratta
  4. art. 603 bis c.p. intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro
  5. il reato di clandestinità
  6. mafie e corruzione
  7. la strategia comune contro la criminalità organizzata e il terrorismo nella recente legislazione europea
     

Lavori del tavolo