Stati Generali della Lotta alle Mafie

aggiornamento: 23 novembre 2017

  Tavolo 10 - Mafie e Minori

Coordinatori Roberto Di Bella - Magistrato; Francesco Cascini - Magistrato
 

Partecipanti

  • Albano Filomena - Garante per l’infanzia e l’adolescenza
  • Cederna Giulio - Save The Children
  • Guida Gianluca - Istituto penale per i minorenni di Nisida
  • Inguì Salvatore - Assistente sociale
  • Interdonato Enrico - Psicologo
  • Loffredo Antonio - Parroco
  • Marignetti Laura - Coordinamento Enti e Associazioni di Volontariato Penitenzario
  • Ruo Maria Giovanna - Avvocato, Università Lumsa
  • Tassone Kate - Magistrato f.r. Commissione Parlamentare Antimafia

 

E’ un fatto ormai riconosciuto, anche processualmente, che le organizzazioni mafiose reclutano e si avvalgono per lo svolgimento di attività illecite di ragazzi minorenni, talvolta facendo leva sulla loro condizione di non imputabilità
Molti di questi giovani, in particolare nel Mezzogiorno, sono reclutati in quartieri ad alta disoccupazione e provengono da famiglie in condizioni di disagio socio-economico.
Alcuni quartieri periferici delle città del meridione sono sostanzialmente abbandonati, il tessuto sociale è profondamente degradato ed elevato è il tasso di inosservanza dell’obbligo scolastico, soprattutto dopo il conseguimento del diploma di scuola media secondaria di primo grado.

In questo humus i sistemi di criminalità organizzata, pur nelle differenti sfaccettature degli specifici contesti territoriali, diventano punto di riferimento per giovani e giovanissimi. Nella crisi della scuola, della famiglia e delle altre strutture sociali, le mafie sembrano spesso l'unico soggetto che riesce a dare un'identità e una parvenza di integrazione a ragazzi che hanno davanti a sé soltanto la miseria economica e culturale dei nuclei di provenienza e la disattenzione delle istituzioni.
In alcune realtà, come quella calabrese o siciliana, i contesti criminali presentano una forte connotazione familiare, dove il coinvolgimento di minorenni anche non imputabili in attività delittuose è norma di vita: i ragazzi vivono in famiglie, dove hanno da sempre respirato aria di violenza e di prevaricazione, in cui la cultura di mafia è tramandata per assicurare continuità generazionale, con grave violazione dei doveri riconnessi alla responsabilità genitoriale. Famiglie in cui la cifra è la trasmissione di disvalori sociali.
Accanto a questo quadro, noto e radicato, sussistono altri fattori emergenti, come gli aspetti che riguardano i minori migranti e i giovani adulti migranti, la loro riduzione in schiavitù, la loro massiccia sparizione, il loro sfruttamento in attività talvolta lavorative, ma sempre al di fuori di schemi di legalità, talvolta decisamente delittuose. Situazioni non ancora esplorate ma presenti, in parte intuibili e in parte note.

Ciò premesso, il tavolo 10 si è proposto di operare una revisione critica degli istituti giuridici (penali, civili e procedurali), delle disposizioni di pubblica sicurezza e degli strumenti sociali previsti per la prevenzione del crimine minorile e a tutela dei minori appartenenti a contesti di criminalità organizzata anche straniera, che siano a qualunque titolo – autori o vittime di reati - destinatari di provvedimenti dell’autorità giudiziaria.
Dai pareri e contributi raccolti è emersa la necessità di individuare un modello giuridico, organizzativo e sociale realmente efficace, che affronti in un‘ottica di sistema il fenomeno della devianza minorile, del coinvolgimento dei giovani nelle associazioni criminali e della suggestione esercitata da determinati modelli culturali nelle variegate realtà territoriali.

Nel dettaglio, si è approfondito il rapporto tra responsabilità genitoriale e indottrinamento mafioso; in tale contesto si è ravvisata la necessità di definire – coerentemente alla normativa interna e internazionale – i limiti della discrezionalità educativa dei genitori, con l’obiettivo di garantire il fondamentale diritto del minore a ricevere un’educazione responsabile, conforme ai valori costituzionali e della civile convivenza.
In via consequenziale, il gruppo di lavoro ha ipotizzato delle linee guida e delle modifiche normative idonee a fungere da guida interpretativa al giudice che si occupa dei minori nei procedimenti de potestate. Come logico corollario, il tavolo ha individuato alcune misure normative e sociali, idonee a prevenire il disagio giovanile e a tutelare le vittime dei reati in relazione agli specifici contesti territoriali, avendo riguardo alla necessità di realizzare un circuito comunicativo efficace tra gli uffici giudiziari.
Parallelamente alla necessità di operare una revisione coerente della disciplina civilistica (artt. 147, 315 bis c.c. 316, 330 e ss.cc., artt. 25 e segg. RDL 1404/1934), il gruppo di lavoro ha analizzato la possibilità di introdurre la pena accessoria della decadenza dalla responsabilità genitoriale, con riferimento alle fattispecie criminose di cui agli art. 416 bis c.p. e 74 D.P.R. 309/90, segnalando l’attuale e ingiustificata discrasia con l'art. 1 comma 3-bis, D.L. 18 febbraio 2015, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla L.17 aprile 2015, n. 43, che ha previsto la medesima pena accessoria, nei casi in cui sia coinvolto un minore, nelle ipotesi di condanna per una delle fattispecie di cui agli artt. 270 -bis, 270-ter, 270-quater, 270-quater, 270-quinquies del codice penale. Il tutto ferma restando l’esclusione di ogni automatismo e la considerazione nel caso concreto dell’interesse del minore, come da Corte Costituzionale n. 7/2013 ex multis.

Sempre sul versante penale, in una prospettiva di educazione alla responsabilità sociale del minorenne implicato, si è valutata l’efficacia dei modelli di giustizia riparativa e della mediazione penale.
Una particolare attenzione è stata rivolta alla formazione mirata degli operatori della giustizia minorile (giudici, assistenti sociali, psicologi, forze dell’ordine, personale delle strutture comunitarie e famiglie affidatarie), nella consapevolezza della necessità di affinare gli strumenti culturali e ampliare le risorse operative, a fronte di fenomeni sociali e criminali sempre più complessi.

Il tavolo ha poi dedicato una riflessione alle fase esecutiva dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria minorile e alla necessità di costruire adeguate reti di supporto, che siano in grado di accompagnare i minori e i giovani adulti sino al conseguimento di un’autonomia esistenziale e lavorativa, in un’ottica di affrancamento dalla cultura criminale.
In tale prospettiva, si è valutata l’esperienza giudiziaria del tribunale per i minorenni di Reggio Calabria e il progetto di intervento “ Liberi di scegliere”.

Tutti i contributi raccolti hanno evidenziato la necessità di riconquista culturale dei quartieri e dei territori degradati del Mezzogiorno e non solo nella consapevolezza che essi rappresentato terreno privilegiato di coltura delle organizzazioni criminali.
A tal fine, si sono segnalate possibili misure organizzative e culturali, prevedendo anche il coinvolgimento delle associazioni di volontariato antimafia nelle attività rieducative e di supporto ai minori e ai nuclei familiari a rischio, destinatari o meno di provvedimenti giudiziari.

Il gruppo di lavoro ha poi analizzato la disciplina prevista a tutela dei minori figli di testimoni o collaboratori di giustizia inseriti nelle misure speciali di protezione, evidenziando criticità e segnalando opzioni utili a colmare pericolosi vuoti di tutela.
Infine, dai contributi acquisiti è emersa la necessità di potenziare le risorse umane e finanziarie destinate alla giustizia minorile e alle strutture collegate, nella consapevolezza che gli uffici giudiziari per i minori sono stati e sono un presidio strategico sul territorio, collanti immediatamente riconoscibili e presenti a fronte di emergenze sociali complesse, nelle carenze strutturali dei servizi locali e socio-sanitari; luoghi con un identità specifica - plasmata nell'incontro silente e laborioso tra operatori sensibili e accorti e da prassi virtuose maturate nel corso degli anni - dove anche lo "spazio" e il "tempo" della giustizia giocano un ruolo nella possibilità di coltivare la speranza di riscatto.

 

Percorsi tematici assegnati

  • Analisi e proposte di revisione degli istituti giuridici (penali, civili e procedurali), delle disposizioni di pubblica sicurezza e degli strumenti sociali previsti a tutela dei minori appartenenti a contesti di criminalità organizzata anche straniera e che siano a qualunque titolo – autori o vittime di reati - destinatari di provvedimenti dell’autorità giudiziaria).
  • L’indottrinamento mafioso (limiti previsti alla discrezionalità educativa dei genitori dalla normativa interna e internazionale, misure idonee a prevenire il disagio giovanile e a tutelare le vittime dei reati in relazione agli specifici contesti territoriali).
  • Formazione mirata degli operatori della giustizia minorile (giudici, assistenti sociali, psicologi, forze dell’ordine e famiglie affidatarie).
  • Coinvolgimento delle associazioni di volontariato antimafia nelle attività rieducative e di supporto ai minori (e ai loro nuclei familiari) destinatari di provvedimenti giudiziari.
  • Tutela dei minori figli di testimoni o collaboratori di giustizia inseriti nelle misure speciali di protezione (criticità e carenze normative, opzioni utili a colmare pericolosi vuoti di tutela).


Obiettivi

  1. Individuazione di un modello giuridico, organizzativo e sociale realmente efficace, che affronti in un‘ottica di sistema il fenomeno del coinvolgimento dei minori nelle associazioni criminali e della suggestione esercitata da determinati modelli culturali nelle variegate realtà territoriali.
  2. Tutelare il diritto fondamentale del minore a ricevere un’educazione responsabile, coerente ai valori costituzionali e della convivenza civile, armonizzando la normativa civilistica disciplinante la responsabilità genitoriale e i procedimenti de potestate. Estendere la riflessione al versante penale.
  3. Migliorare il circuito informativo tra l’Autorità giudiziaria ordinaria e quella minorile, onde consentire al Tribunale per i minorenni, di adottare, sia pure in costanza di indagini preliminari e con tutte le cautele che garantiscano la segretezza delle informazioni, o qualora emergano in giudizi in sede civile davanti al Tribunale ordinario implicazioni di minorenni nelle situazioni di mafia, tempestivi provvedimenti de potestate o amministrativi.
  4. Istituire prassi condivise per evitare reiterazioni di esami di minori vittime di reati nei casi di connessione di procedimenti penali a carico di adulti e maggiorenni.
  5. Individuare soluzioni idonee ad armonizzare la disciplina che contempla la perdita della responsabilità genitoriale quale pena accessoria della condanna per determinati delitti, nel caso di coinvolgimento di minorenni, con riferimento alle fattispecie criminali associative di cui all’art. 416 bis c.p. e all’art. 74 d.p.R. 309/90.
  6. Prevedere una formazione mirata degli operatori della giustizia minorile (giudici, avvocati assistenti sociali, psicologi, forze dell’ordine e famiglie affidatarie, privati che svolgano il ruolo di tutore), disciplinare la fase esecutiva e costruire adeguate reti di supporto per tale fase dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria minorile e del giudice tutelare, onde consentire l’accompagnamento dei minori a rischio e dei giovani/adulti sino al conseguimento di un’autonomia esistenziale e lavorativa.
  7. Disciplinare il coinvolgimento delle associazioni di volontariato qualificato (ovvero quello impegnato a vario titolo nel contrasto alla cultura e ai sistemi mafiosi) nelle attività rieducative e di supporto ai minori (e ai loro nuclei familiari) destinatari di provvedimenti giudiziari.
  8. Individuare soluzioni organizzative, sinergie e risorse per la riconquista culturale dei quartieri o dei centri urbani degradati, terreno di coltura per il reclutamento mafioso.
  9. Migliorare la disciplina a tutela dei minori figli di testimoni o collaboratori di giustizia inseriti nelle misure speciali di protezione, individuando criticità e carenze normative, opzioni utili a colmare pericolosi vuoti di tutela. Individuare soluzioni di tutela per chi, pur non inserito in programmi speciali di protezione, decida di dissociarsi dai contesti di criminalità organizzata per la salvaguardia dei figli minorenni.
  10. Potenziare le risorse destinate alla giustizia minorile.

 

Lavori del tavolo