Circolare 22 dicembre 2020 - Regime fiscale dei procedimenti civili per la dichiarazione di esecutorietà delle sentenze ecclesiastiche di nullità del matrimonio

22 dicembre 2020

Dipartimento per gli affari di giustizia
Direzione Generale degli Affari Interni - Ufficio I
Reparto I - Servizi relativi alla Giustizia Civile

Al sig. Presidente della Corte Suprema di cassazione
Ai sigg. Presidenti di Corte di appello
Ai sigg. Presidenti dei Tribunali

e, p.c.

al sig. Capo di Gabinetto
(rif nota prot. IGE 8388.U del 25.05.2018 e nota 33890.U del 5.10.2020)

al sig. Capo dell’Ufficio legislativo
(rif. prot. LEG 9232.U del 2.10.2020)

Al sig. Capo dell’Ispettorato generale
(rif. nota prot. IGE 8388.U del 25.05.2018, prot. 7942.U dell’8.6.2019 e prot. 12152.U del 3.12.2020)

alla sig.ra Capo del Dipartimento per gli affari di giustizia


Oggetto: Regime fiscale dei procedimenti civili per la dichiarazione di esecutorietà delle sentenze ecclesiastiche di nullità del matrimonio.
Rif. prot. DAG n. 106467.E del 25.05.2018, n. 110669.U del 31.05.2018, n. 198750.U del 17.10.2019, n. 30361.U del 14.02.2020, n. 84986.E del 28.05.2020, n. 150021.U del 25.09.2020 n.156278.E del 5.10.2020, n. 185954.U del 17.11.2020 e n. 197199.E del 3.12.2020

Con nota prot. IGE 8388.U del 25 maggio 2018, l’Ispettorato generale ha chiesto alla Direzione generale della giustizia civile di intervenire, con proprie indicazioni interpretative di portata generale, su due questioni:

  1. riscossione del contributo unificato per l’iscrizione dei procedimenti per la dichiarazione di esecutorietà delle sentenze di nullità del matrimonio pronunciate dalla Sacra Rota;
  2. applicabilità a detti procedimenti dell’esenzione fiscale prevista dall’art. 19 della legge n. 74 del 1987, con riferimento all’imposta di registro.

Nella citata nota l’Ispettorato ha rappresentato l’esigenza di un intervento da parte della Direzione generale della giustizia civile a fronte della eterogeneità delle soluzioni offerte dai vari uffici giudiziari e in presenza di una risoluzione adottata dall’Agenzia delle Entrate, nel 2005, ritenuta non condivisibile (limitatamente al secondo quesito).

In particolare, l’Ispettorato ha evidenziato che “è di tutta evidenza la differenza in termini processuali tra il procedimento dinanzi al tribunale di scioglimento del matrimonio o per la cessazione degli effetti civili, regolato dalla legge 1° dicembre 1970 n. 898, e il giudizio di delibazione, di competenza della Corte di appello, della sentenza della Sacra Rota, disciplinato dall’art. 8, comma 2, dell’accordo addizionale del 18 febbraio 1984, reso esecutivo dalla legge n. 121 del 1985”, come pure che appare opportuno rivedere l’interpretazione adottata dall’Agenzia delle Entrate della esenzione prevista dall’art. 19 legge n. 74 del 1987, in quanto “le norme che individuano i casi di esenzione hanno per loro natura carattere eccezionale e, come tali, incorrono necessariamente nei limiti stabiliti dall’art. 14 delle preleggi al codice civile”.

Ciò posto, per poter rispondere ai quesiti in esame appare necessario compiere alcune preliminari valutazioni.

Quesito n. 1)
Per quanto concerne l’importo del contributo unificato da applicare ai procedimenti di delibazione delle sentenze ecclesiastiche, si osserva quanto segue.

La legge 1 dicembre 1970, n. 898, regola le condizioni al ricorrere delle quali è consentito l’accesso al divorzio: in caso di matrimonio contratto con rito civile, i coniugi possono richiedere lo scioglimento del vincolo; in caso di matrimonio celebrato con rito concordatario, i coniugi possono avanzare richiesta perché sia dichiarata la cessazione degli effetti civili dell’unione. La pronuncia di divorzio ha effetto costitutivo e fa cessare un vincolo coniugale da considerarsi valido e vitale sino alla sentenza di scioglimento o cessazione. Si tratta di atto giudiziale che interviene sul “matrimonio – rapporto”. In ciò si distingue dall’istituto della nullità che colpisce il vincolo matrimoniale per un vizio genetico: in tal caso, la pronuncia è d’accertamento (ex tunc) e l’atto giudiziale interviene sul “matrimonio – atto”. Il sindacato di validità del matrimonio non è riservato, in via esclusiva, all’autorità giurisdizionale italiana. Infatti, i tribunali ecclesiastici sono competenti per sindacare la validità dei matrimoni canonici. Ne consegue che sulle controversie aventi ad oggetto la nullità del matrimonio concordatario, regolarmente trascritto nei registri dello stato civile italiani, promosse dinanzi sia al giudice ecclesiastico sia al giudice civile, "concorrono" autonomamente la giurisdizione italiana e la giurisdizione ecclesiastica, determinandosi il rapporto tra l’una e l’altra in base al criterio della giurisdizione preventivamente adita. Le sentenze ecclesiastiche, tuttavia, non producono effetti nell’Ordinamento italiano se non a seguito di delibazione (la materia è regolata dall’accordo e dal suo protocollo addizionale del 18 febbraio 1984, resi esecutivi dalla legge n. 121 del 1985). Il procedimento in parola, poiché previsto da accordo internazionale bilaterale stipulato dall’Italia con la Santa Sede, prevale sulla legge n. 218 del 1995 (v. art. 2; cfr. Cass. civ., Sez. Un., n. 7276 del 1999). Quanto al merito della procedura, ai sensi dell’art. 8, paragrafo 2, dell’accordo «le sentenze di nullità di matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici (…) sono, su domanda delle parti o di una di esse, dichiarate efficaci nella Repubblica italiana con sentenza della corte d’appello competente». Il giudizio di delibazione ha la finalità di munire la decisione ecclesiastica di efficacia esecutiva anche nell’ordinamento italiano. Il giudice dello Stato italiano, dunque, esercita la propria competenza non esaminando, nel merito, la validità del matrimonio canonico, bensì verificando se sussistono le condizioni perché la decisione straniera possa produrre i suoi effetti anche nell’ordinamento italiano. La domanda può essere proposta dalle parti o da una di esse. La domanda congiunta deve essere proposta con ricorso ed il rito da seguire è quello camerale, atteso il carattere non contenzioso del procedimento impresso dalla domanda formulata da entrambe le parti direttamente al giudice e non rivolta contro un avversario, mentre nell’ipotesi di pretesa fatta valere contro l’altra parte che si oppone (o che si presume si opponga, avendo rifiutato di proporre domanda congiunta) trova applicazione il rito ordinario proprio dei procedimenti contenziosi e la domanda va proposta con citazione (Cass. civ., Sez. Un., sentenze nn. 1212 e 2164 del 1988; più di recente, Cass. civ., sentenza n. 13363 del 2007). Viene così a configurarsi un sistema a doppio binario, che assume come elemento di discrimine l’esistenza o meno di una concorde richiesta delle parti e che trae la propria giustificazione dalla diversa natura - volontaria o contenziosa - dei relativi procedimenti (v., anche, Cass. civ. n. 11020 del 2005).

Tale principio è stato recentemente ribadito dalla Suprema Corte nella sentenza n. 8028 del 22 aprile 2020 nella quale si precisa che “Nel giudizio di delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale, ove la relativa domanda sia proposta da uno solo dei coniugi, non trova applicazione la disciplina dei procedimenti camerali, ma quella del giudizio ordinario di cognizione, ai sensi dell'art. 796 c.p.c.”.

Tenuto conto di tali premesse e considerata la natura giuridica del procedimento di delibazione, questa Direzione generale ritiene quindi che si debba distinguere tra procedimento proposto da entrambi i coniugi, ai quali dovrà applicarsi il contributo unificato previsto dall’articolo 13, comma 1, lettera b), del d.P.R. n. 115 del 2002, per i procedimenti in camera di consiglio, e procedimento in cui la domanda di delibazione viene proposta da un solo coniuge nel qual caso il contributo unificato da applicare sarà quello previsto dall’art. 13, comma 1, lett. d), del medesimo Testo Unico, per i procedimenti contenziosi ordinari di valore indeterminabile.

Tale orientamento è stato peraltro condiviso dall’Ufficio legislativo di questo Ministero, che interpellato da questa Direzione generale con nota prot. DAG 150021.U del 25.09.2020, ha dichiarato di “aderire alle considerazioni svolte dalla Direzione generale per gli affari interni” (nota prot. LEG 9232.U del 2.10.2020).

Quesito n. 2)
Per quanto concerne il quesito relativo alla possibilità di applicare ai provvedimenti che definiscono i procedimenti di delibazione delle sentenze ecclesiastiche l’esenzione dal versamento dell’imposta di registro, richiamando l’art. 19 della legge n. 74 del 1987, si evidenzia che in tale materia rileva una posizione dell’Agenzia delle entrate (che, come noto, ha competenza funzionale in materia di imposta di registro), nel senso di estendere a questa tipologia di processo le regole fiscali tipizzate per i procedimenti divorzili. In particolare, secondo questa interpretazione (Agenzia entrate, risoluzione n. 43/E del 7 aprile 2005), la previsione del cennato art. 19 legge n. 74 del 1987 dovrebbe ritenersi applicabile anche alla delibazione della sentenza ecclesiastica “quoad effectum”.

Si è reso quindi necessario avviare una interlocuzione con l’Agenzia - nota prot. 30361.U del 14.02.2020 - perché valutasse, alla luce delle nuove disposizioni normative introdotte con l’art. 37, comma 6, lettere f) e g), del d.l. n. 98 del 6 luglio 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 111 del 15 luglio 2011 (norme che, come noto, hanno introdotto il contributo unificato nei procedimenti di separazione e divorzio), l’attuale vigenza della citata risoluzione n. 43/E del 2005.

Con nota n. 215479 del 27.05.2020 (pubblicata sul sito dell’Agenzia come quesito 199/2020), l’Agenzia delle Entrate ha risposto all’interpello fornendo il proprio parere “in merito al trattamento da riservare, ai fini dell’imposta di registro, ai provvedimenti di delibazione delle sentenze ecclesiastiche che dichiarano la nullità del matrimonio concordatario”.

Il parere reso dall’Agenzia delle Entrate parte dall’analisi dell’articolo 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (“Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio”), in forza del quale "tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli artt. 5 e 6 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa".

Secondo l’Agenzia “tale disposizione ricomprende nell'alveo dell'agevolazione tutti gli atti, documenti e provvedimenti che i coniugi pongono in essere nell'intento di regolare i rapporti giuridici ed economici relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso (cfr. circolare n. 18/E del 29 maggio 2013)”.

Per effetto poi della sentenza della Corte Costituzionale del 10 maggio 1999, n. 154, è stata ampliata la portata dell’art. 19 della legge 6 marzo 1987 n. 74 con l’estensione dell’esenzione in esso prevista a tutti gli atti, i documenti e i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi; per effetto della pronuncia di incostituzionalità, prosegue l’Agenzia, “l'agevolazione prevista dalla norma deve essere estesa alla totalità dei tributi afferenti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi alle diverse fasi della crisi del matrimonio”.

Sulla base della citata pronuncia e tenuto conto della ratio dell’art. 19 sopra richiamato, l’Agenzia delle Entrate afferma che “L’articolo 19 della legge n. 74/1987 è una norma di esenzione di natura principalmente oggettiva, posta a presidio delle ragioni sociali di tutela della famiglia, di salvaguardia dell’integrità economica nella crisi familiare, di composizione della crisi coniugale che il legislatore ha inteso perseguire. La citata risoluzione n. 43/E del 2005 è in linea con il descritto percorso interpretativo della giurisprudenza relativo alla norma contenuta nell’articolo 19. In effetti, anche la delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio determinando, nell’ordinamento statuale italiano, la cessazione degli effetti civili prodotti dalla trascrizione nei registri di stato civile del matrimonio concordatario potrebbe rientrare tra "Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio" esenti dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa, ai sensi dell' articolo 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74

Sulla base delle considerazioni sopra riportate l’Agenzia delle Entrate conclude ritenendo che “i provvedimenti e gli atti giudiziari del procedimento di delibazione in questione, esenti da imposta di registro, non sono soggetti all'obbligo della registrazione, poiché, alla formalità predetta, sono soggetti solo gli atti giudiziari per i quali l'imposta di registro è dovuta (circolare dell'Agenzia delle Entrate 30 marzo 2003, n. 70 e circolare del Ministero della Giustizia 28 giugno 2002)”.

Tenuto conto delle valutazioni sopra svolte può quindi conclusivamente affermarsi che:

  1. i procedimenti di delibazione delle sentenze ecclesiastiche proposti da entrambi i coniugi sono assoggettati al contributo unificato previsto dall’articolo 13, comma 1, lettera b), del d.P.R. n. 115 del 2002, per i procedimenti in camera di consiglio, pari ad euro 98;
  2. i procedimenti di delibazione delle sentenze ecclesiastiche proposti da un solo coniuge devono scontare il contributo unificato di 518 euro previsto dall’art. 13, comma 1, lett. d), del medesimo Testo Unico, trattandosi di procedimento contenzioso ordinario di valore indeterminabile;
  3. i provvedimenti che definiscono i procedimenti di delibazione delle sentenze ecclesiastiche sono “esenti da imposta di registro, non sono soggetti all'obbligo della registrazione, poiché, alla formalità predetta, sono soggetti solo gli atti giudiziari per i quali l'imposta di registro è dovuta (circolare dell'Agenzia delle Entrate 30 marzo 2003, 70 e circolare del Ministero della Giustizia 28 giugno 2002)”.

Le SS.LL. sono pregate, per quanto di rispettiva competenza, di assicurare idonea diffusione della presente circolare.

Roma, 22 dicembre 2020

Il direttore Generale
Giovanni Mimmo