Circolare 12 novembre 2019 - Procedimenti penali con condanna al risarcimento danni in sede di gravame – Determinazione del contributo unificato

12 novembre 2019

Dipartimento per gli affari di giustizia
Direzione Generale degli Affari Interni - Ufficio I
Reparto I - Servizi relativi alla Giustizia Civile

 

Al sig. Presidente della Corte Suprema di cassazione
Al sig. Procuratore generale presso la Corte Suprema di cassazione
Al sig. Presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche
Ai sigg. Presidenti di Corte di appello
Ai sigg. Procuratori generali presso le Corti di appello

LORO SEDI

e, p.c., al sig. Capo di Gabinetto
e, p.c., al sig. Capo dell’Ufficio legislativo
e, p.c., al sig. Capo dell’Ispettorato generale
e, p.c., al sig. Capo del Dipartimento


Oggetto: Procedimenti penali con condanna al risarcimento danni in sede di gravame – Determinazione del contributo unificato – Circolare.

Pervengono a questa Direzione generale diversi quesiti volti a chiarire quale sia il regime fiscale da applicare alle azioni civili risarcitorie esercitate in sede penale (in primo e in secondo grado). Lo stesso Ispettorato generale, nel corso delle verifiche svolte presso le Corti di appello, ha riscontrato modalità operative differenti con riguardo al versamento del contributo unificato quando, dinanzi a tale autorità giudiziaria, la parte civile, regolarmente costituita nel processo penale di primo grado, non reiteri la propria costituzione dinanzi al giudice di secondo grado ovvero non impugni il capo di sentenza relativo alla domanda risarcitoria.

Avendo la questione in esame portata generale, appare dunque opportuno, come peraltro auspicato dallo stesso Ispettorato generale, fornire agli uffici giudiziari indicazioni in grado di uniformarne il comportamento. Prendendo quindi spunto dalle segnalazioni pervenute, i quesiti relativi al regime fiscale da applicare all’azione civile nel processo penale possono essere così schematizzati:

  1. se, nel caso di esercizio dell’azione civile anche nel secondo grado del giudizio, conclusosi con conferma della sentenza di primo grado che aveva accolto, in tutto o in parte, la domanda risarcitoria, sia dovuto il versamento di un ulteriore contributo unificato, quantificato sulla base dell’importo liquidato dal giudice di primo grado;
  2. sempre nel caso di esercizio dell’azione civile anche nel secondo grado del giudizio, in che misura sia dovuto il contributo unificato nei casi di parziale riforma delle statuizioni civili contenute nella sentenza di primo grado;
  3. se il contributo unificato sia dovuto anche ove, nel secondo grado del giudizio conclusosi con sentenza di conferma o di parziale riforma delle statuizioni civili contenute nella sentenza di primo grado, non vi sia stato esercizio dell’azione civile;
  4. se e in che misura debba essere versato il contributo unificato nel giudizio dinanzi alla Corte di cassazione.

Per fornire adeguata risposta ai quesiti sopra riportati appare opportuno, in considerazione delle peculiarità che caratterizzano l’esercizio dell’azione civile nel processo penale, svolgere alcune considerazioni di carattere generale.

Come noto l’art. 12 del d.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002 dispone che “1. L’esercizio dell’azione civile nel processo penale non è soggetto al pagamento del contributo unificato, se è chiesta solo la condanna generica del responsabile. 2. Se è chiesta, anche in via provvisionale, la condanna al pagamento di una somma a titolo di risarcimento del danno, il contributo è dovuto, in caso di accoglimento della domanda, in base al valore dell’importo liquidato e secondo gli scaglioni di valore di cui all’articolo 13”.

L’importo del contributo unificato, se dovuto, dovrà essere prenotato a debito secondo la previsione dell’art. 11 del citato d.P.R. n. 115 del 2002, in forza del quale “Il contributo unificato è prenotato a debito nei confronti dell’amministrazione pubblica ammessa da norme di legge alla prenotazione a debito di altre imposte e spese a suo carico, nei confronti della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato e, nell’ipotesi di cui all’articolo 12, comma 2, nei confronti della parte obbligata al risarcimento del danno”.

A ciò si aggiunga che l’art. 74 c.p.p. dispone che “L’azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno di cui all’articolo 185 del codice penale può essere esercitata nel processo penale dal soggetto al quale il reato ha recato danno ovvero dai suoi successori universali, nei confronti dell’imputato e del responsabile civile”.

Inoltre, il successivo art. 76 precisa, al comma 2, che “La costituzione di parte civile produce i suoi effetti in ogni stato e grado del processo”: si tratta del cd. principio di immanenza, in virtù del quale, una volta costituita in giudizio, la parte civile rimane tale anche nelle successive fasi processuali, senza necessità di formalizzare nuovamente la costituzione. Da tale principio discende che “La parte civile costituita, che non partecipi al giudizio di appello personalmente e non presenti conclusioni scritte ai sensi dell’art. 523 cod. proc. pen., deve ritenersi comunque presente nel processo e le sue conclusioni, pur rassegnate in primo grado, restano valide in ogni stato e grado in virtù del principio di immanenza previsto dall’art. 76 cod. proc. pen.” (C. Cass. n. 24637 del 6 aprile 2018). La costituzione di parte civile, dunque, non deve essere reiterata in appello e continua a espletare i suoi effetti anche nei gradi successivi al primo. Tale principio trova inoltre applicazione anche nel caso di morte della parte civile; in questo caso, infatti, diversamente da ciò che avviene nel processo civile (art. 300 c.p.c.), non si verifica l’interruzione del processo in quanto, come ha precisato la Suprema Corte, “alla morte della persona costituitasi parte civile non si verifica l’interruzione del rapporto processuale, prevista dall’art. 300 cod. proc. civ. ed inapplicabile al processo penale, che, invece, è ispirato all’impulso di ufficio; la costituzione, pertanto, resta valida e l’erede del defunto può intervenire nel processo senza effettuare una nuova costituzione ma semplicemente dimostrando la propria qualità di erede e subentrando nella posizione della parte civile per qualsiasi rapporto processuale posto in capo alla stessa” (C. Cass. n. 17054 del 13 dicembre 2018).

Orbene, nel così ricostruito contesto normativo di riferimento emerge con chiarezza che il versamento del contributo unificato è dovuto solo nel processo penale in cui sia stata proposta azione civile con la richiesta di condanna al pagamento di una somma, determinata nell’ammontare, a titolo di risarcimento del danno o di provvisionale. In questo caso però, diversamente da ciò che avviene nel processo civile (in cui il versamento del contributo unificato avviene al momento dell’iscrizione a ruolo della causa e sulla base della domanda formulata dall’attore, del suo valore o del tipo di procedimento azionato), l’obbligo di versamento del contributo unificato presuppone l’accoglimento della domanda (in tutto o in parte) e la quantificazione dell’importo da prenotare a debito a tale titolo avviene sulla base di quanto disposto in sentenza, mentre la fase della riscossione si attiverà solo se vi sarà titolo per il recupero e, dunque, solo successivamente al passaggio in giudicato della sentenza penale (artt. 204 ss. d.P.R. n. 115 del 2002).

Tale contributo è dovuto anche per il grado di appello (anche a prescindere dalla riproposizione, in quella sede, della costituzione di parte civile, oppure dall’impugnazione del capo di sentenza relativo alla quota risarcitoria) e l’importo dello stesso sarà ancora una volta determinato sulla base di quanto statuito in sentenza: in caso di conferma delle statuizioni civili contenute nella sentenza di primo grado, il contributo sarà di importo pari a quello dovuto per il primo grado del giudizio; in caso di parziale riforma della sentenza di primo grado, il contributo sarà determinato sulla base dell’importo risarcitorio liquidato, anche a titolo di provvisionale, con la sentenza di appello.

Un discorso a parte merita, invece, la fase che si svolge dinanzi alla Corte di cassazione.

Come noto, infatti, l’art. 65 dell’ordinamento giudiziario (regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12) dispone che “La corte suprema di cassazione, quale organo supremo della giustizia, assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni; regola i conflitti di competenza e di attribuzioni ed adempie gli altri compiti ad essa conferiti dalla legge”. 

Poiché dunque la Suprema Corte giudica solamente sui profili di legittimità della sentenza impugnata, essendole precluso ogni esame sul merito, ne deriva che, quando ad essere impugnata è una sentenza civile, in coerenza con il principio della domanda e dell’impulso di parte che caratterizzano il processo civile viene versato il contributo unificato (art. 9, comma 1, d.P.R. n. 115 del 2002) dalla parte che deposita il ricorso introduttivo (art. 14, comma 1, d.P.R. n. 115 del 2002), secondo gli importi previsti dall’articolo 13, commi 1 e 1-bis, del medesimo d.P.R. n. 115 del 2002.

Diversamente, in materia penale – in cui viene in gioco l’iniziativa dello Stato e l’interesse tutelato non è quello privato ma quello della collettività – il contributo unificato, ove dovuto, non viene versato dalla parte civile ma prenotato a debito e recuperato nei confronti del condannato. Poiché però, come detto, l’importo di tale contributo viene quantificato in base alla somma liquidata dal giudice all’esito del processo, dalla circostanza che, di norma, la Corte di cassazione non si pronuncia sulla quantificazione del danno deriva che non vi sarà alcun importo da prenotare a debito a tale titolo.

Unica eccezione al sistema appena delineato è rappresentata dalle ipotesi di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione. L’articolo 578 c.p.p., infatti, dispone che “Quando nei confronti dell’imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato a favore della parte civile, il giudice di appello e la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, decidono sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili”.

Si tratta, all’evidenza, di una ipotesi eccezionale (peraltro espressamente disciplinata dal codice di rito anche per la fase di appello), in cui la Corte di cassazione è chiamata a pronunciarsi sul merito della domanda, non potendo certo disporre il rinvio ad altro giudice penale per le sole statuizioni sulle questioni civili. In questo caso, dunque, l’importo del contributo unificato dovrà essere quantificato in relazione alla somma in concreto liquidata a titolo di risarcimento danni.

Orbene, alla luce di tutto quanto precede, si può conclusivamente affermare che, nel processo penale di secondo grado, è dovuto il contributo unificato quando la Corte conferma o modifica le statuizioni relative alla parte civile contenute nella sentenza di primo grado (indipendentemente dalla costituzione in giudizio della predetta o dall’impugnazione del capo di sentenza relativo alla quota risarcitoria); se la somma liquidata con la sentenza di appello corrisponde a quella liquidata in primo grado, tale contributo sarà di importo eguale a quello dovuto in primo grado; se l’importo liquidato in secondo grado sarà diverso, il contributo unificato sarà commisurato alla somma in concreto liquidata.

Quanto invece al giudizio di cassazione, il contributo unificato è dovuto esclusivamente nel caso in cui la Corte, nel dichiarare estinto il reato per amnistia o per prescrizione, debba decidere sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili e, in tal caso, l’importo del contributo sarà quantificato avuto riguardo alla somma liquidata a titolo di risarcimento danni.

Le SS.LL. sono pregate, per quanto di rispettiva competenza, di assicurare idonea diffusione della presente circolare.

Roma, 12 novembre 2019

Il Direttore generale
Michele Forziati