Nota 18 ottobre 2005 - Sentenza della Corte Costituzionale del 6 giugno 2005 n. 220 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, comma 3, della legge 22 luglio 1997, n. 276, in materia di calcolo della indennità fissa ai giudici onorari aggregati

18 ottobre 2005

Prot. n. DAG.20/10/2005.27414.U

A tutti i Presidenti delle Corti di Appello
Loro Sedi
 
 
Con riferimento a quanto in oggetto, si rileva che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 220 del 6 giugno 2005, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 8, comma 3, della legge 22 luglio 1997, n. 276 recante "Disposizioni per la definizione del contenzioso civile pendente: nomina di giudici onorari aggregati e istituzione delle sezioni stralcio nei Tribunali ordinari", nella parte in cui, a proposito dell'indennità fissa da corrispondere ai giudici onorari, era previsto che "l'indennità fissa di cui al comma 2 è ridotta del 50 per cento, qualora il giudice aggregato onorario sia titolare di un reddito da lavoro autonomo, da lavoro subordinato o da pensione superiore a lire 5 milioni lordi mensili".

Per effetto di tale dichiarazione di incostituzionalità, dunque, ormai è venuto a cadere il vincolo della liquidazione della indennità fissa nella misura del 50% per i giudici onorari aggregati che hanno altri redditi da pensione, da lavoro autonomo o da lavoro subordinato superiori a cinque milioni delle vecchie lire. Conseguentemente, i predetti magistrati onorari aggregati vantano, oggi, il diritto, divenuto esigibile a seguito della sentenza sopra indicata, alla liquidazione dell'indennità fissa nella misura intera, a prescindere dalla loro situazione reddituale.

Tanto posto, si pregano le SS.VV. di impartire le opportune disposizioni al fine di provvedere al pagamento delle predette indennità in tutte le ipotesi in cui, conformemente al dettato della disposizione dichiarata illegittima, gli uffici hanno operato la decurtazione della medesima nella misura del 50% in presenza di un reddito da lavoro autonomo, da lavoro subordinato o da pensione superiore a 5 milioni delle vecchie lire.

Roma, 18 ottobre 2005

IL DIRETTORE GENERALE
Francesco Mele