Circolare 21 dicembre 2001 - Registri per il procedimento penale davanti al giudice di pace

21 dicembre 2001

Premessa

Il prossimo 2 gennaio 2002 entrerà in vigore la disciplina relativa alla competenza penale del giudice di pace, contenuta nel decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 e nel relativo regolamento di esecuzione (decreto ministeriale 6 aprile 2001, n. 204).

Si ritiene opportuno, anche in considerazione di taluni aspetti inediti di tale normativa, fornire agli uffici alcune indicazioni in ordine agli adempimenti riguardanti il procedimento.

Preliminarmente, si rileva che il succitato decreto legislativo prevede (art. 2), l'applicabilità (salvo che per gli istituti espressamente disciplinati in modo specifico e per altri di cui è disposta l'espressa esclusione) delle disposizioni del codice di rito e della relativa disciplina attuativa (decreto legislativo n. 271 del 1989); dal canto suo, il regolamento d'esecuzione (d.m. n. 204 del 2001) prevede (art. 26), per quanto ivi non disciplinato, l'osservanza del regolamento di esecuzione del codice di procedura penale (d.m. n. 334 del 1989).
Tutte le accennate disposizioni troveranno pertanto applicazione, nei limiti della compatibilità con la specifica disciplina, anche nel rito davanti al giudice onorario, cosicchè, in tali limiti, esse rimarranno dato normativo di riferimento anche per quanto riguarda gli adempimenti di cancelleria richiesti dal nuovo rito penale. 

  1. Tenuta dei registri

    Per quanto riguarda la tenuta dei registri obbligatori, l'art. 3 del d.m. 204 del 2001 richiama le previsioni del decreto ministeriale del 14 marzo 2001 che, conformemente a quanto disposto dall'art. 51 ultimo comma. del decreto legislativo, ha approvato i registri per il procedimento penale davanti al giudice di pace.
    In ordine alle modalità di tenuta l'art. 3, comma 3, del regolamento richiama inoltre le disposizioni dei capi I, principi generali, e II, tenuta "informatizzata", del regolamento sulla tenuta dei registri (decreto ministeriale 27 marzo 2000, n. 264).
    In particolare, il decreto ministeriale 14 marzo 2001 ha dettato la disciplina dei registri per il procedimento innanzi al giudice di pace.
    Al riguardo, va segnalato che in detto decreto è espressamente stabilito che, per quanto non previsto, si applicano le disposizioni del decreto ministeriale 30 settembre 1989 e successive modificazioni.
    Vanno quindi richiamati i noti principi generali in materia di registri, tra i quali quelli sulla ufficialità e obbligatorietà, nonché l'obbligo della c.d. chiusura giornaliera, con riferimento alle impugnazioni, secondo le direttive emanate, da ultimo, con la circolare n. 586 diramata dalla Direzione generale degli Affari penali in data 27 aprile 2001.
    Inoltre, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del regolamento, viene ribadita la facoltà di utilizzo di registri sussidiari senza carattere ufficiale.
    Infine, con una specifica disposizione (art. 2 del d.m. 14 marzo 2001), si è espressamente autorizzata la tenuta in forma cartacea, secondo i modelli di cui ai relativi decreti ministeriali, dei registri, sino alla fornitura dei modelli informatizzati.

    Per quel che riguarda poi i modelli dei registri, si segnala che nel procedimento davanti al giudice di pace continueranno ad essere utilizzati taluni registri ordinari, analiticamente indicati nel comma 3 dell'art. 1 del decreto del 14 marzo 2001.
    In particolare, trattasi degli attuali registri modd. 27, 28, 29, 30, 31, 34, 42, che saranno utilizzati, anche dagli uffici del giudice di pace.
    Il registro mod. 25 (registro delle deleghe per le funzioni di P.M. in udienza), a suo tempo in uso nelle Procure presso le Preture, ed ora nelle Procure presso i Tribunali, sarà tenuto anche in relazione ai procedimenti di competenza del giudice di pace.
    In riferimento, poi, ai registri modelli 44 - registro delle notizie di reato (ignoti) - e 45 -registro degli atti non costituenti notizie di reato- si segnala l'opportunità che i procedimenti per reati di competenza del giudice di pace in essi inseriti siano indicati con modalità tali da rendere gli stessi facilmente individuabili, ad esempio utilizzando la sigla Gdp, o simili.
    Del tutto nuovi sono, invece, i registri qui di seguito elencati:


    I nuovi registri modd. 21-bis e 36-bis sono tenuti dagli uffici di Procura presso il Tribunale.
    Il registro mod. 20-bis è tenuto presso gli uffici del giudice di pace ove ha sede il tribunale del circondario in cui è compreso il giudice territorialmente competente (giudice di pace circondariale).
    I registri modd. 16-bis, 32-bis e 33-bis sono tenuti dagli uffici del giudice di pace.
    Il registro mod. 7-bis è tenuto dal tribunale.
    Totalmente innovativo è il registro delle attività del pubblico ministero (Modello 21-bis). Tale nuovo registro, previsto esclusivamente per i procedimenti di competenza del giudice di pace, è strutturato in modo tale da contenere, oltre ai dati già oggi riportati nel registro di cui all'art. 335 c.p.p., anche quelli attinenti ai rapporti intercorrenti tra pubblico ministero e polizia giudiziaria - sia anteriormente che successivamente alla "iscrizione" della notitia criminis - nonché i dati relativi agli adempimenti legati al nuovo istituto del ricorso immediato al giudice. Infatti, nell'articolo 3 comma 2 del regolamento si precisa che "tutte le attività del pubblico ministero nel processo davanti al giudice di pace" sono annotate in apposito registro.
    Pertanto, tale registro assolve ad un duplice scopo: da una parte svolge la funzione tipica del Modello 21 (iscrizione cronologica delle notizie di reato, da inserirsi nella colonna 4 e dalla cui data decorrono i termini per la chiusura delle indagini preliminari); dall'altra, serve alla mera protocollazione degli atti che pervengono nella segreteria del pubblico ministero, anche prima del momento in cui è, sulla base della nuova disciplina, prevista l'iscrizione della notitia criminis (art.14 del decreto legislativo; art. 7 del regolamento).
    Va evidenziato che l'annotazione di tali atti sul registro è adempimento che va effettuato anche quando la notizia di reato non sia stata acquisita direttamente dal pubblico ministero, né sia stata trasmessa dalla polizia giudiziaria.
    Passando ora ad analizzare in dettaglio la struttura del registro modello 21-bis, si rileva che alle colonne 1 e 2 vanno, rispettivamente, annotati il numero d'ordine e la data di arrivo del primo atto pervenuto nella procura. Tali adempimenti consentono l'apertura di un fascicolo, come si è già notato, anche prima dell'iscrizione ex art. 335 c.p.p.
    La nuova disciplina, che prevede che la polizia giudiziaria possa condurre indagini ancora prima della investitura diretta da parte del p.m., determina riflessi anche in ordine alla tenuta del registro in questione.
    Infatti, in tale procedimento, normalmente la polizia giudiziaria compie di propria iniziativa tutti gli atti di indagine necessari per la ricostruzione del fatto e per l'individuazione del colpevole e ne riferisce al p.m. con relazione scritta (art. 11 comma 1 del decreto legislativo); in questa ipotesi la data di ricezione della relazione, che potrebbe corrispondere a quella del primo atto con cui il pubblico ministero è informato della notizia di reato - dato dunque da registrarsi, oltre che nella colonna 2, anche nella colonna 4 come formale iscrizione- va inserita anche nella colonna 18, dedicata appunto alla relazione trasmessa dalla polizia giudiziaria ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo.
    La polizia giudiziaria può, prima della trasmissione della relazione, richiedere al p.m. l'autorizzazione al compimento di atti specifici, ovvero di interrogatori, perquisizioni o sequestri; in tal caso, la segreteria del p.m. dovrà annotare, alle colonne 1 e 2, rispettivamente, il numero d'ordine e la data di arrivo della richiesta. Anche in tali casi, la ricezione della richiesta della polizia giudiziaria potrà portare all'iscrizione (sempre nella colonna 4) della notitia criminis, nell'ipotesi a cui fa riferimento l'articolo 8 comma 2 del regolamento (assunzione immediata da parte del pubblico ministero della direzione delle indagini).
    Gli stessi dati saranno riportati anche alle colonne 16 e 17, appositamente dedicate all'autorizzazione del pubblico ministero al compimento di specifici atti: da tale adempimento deriverà la formazione di fascicolo, eventualmente anche ai fini degli adempimenti prescritti dall'art. 366 c.p.p. (deposito dei verbali degli atti compiuti).
    Va inoltre precisato che, con il deposito della relazione presso l'autorità giudiziaria, la polizia giudiziaria richiede l'autorizzazione alla citazione della persona sottoposta ad indagini davanti al giudice di pace (art. 11 comma 2 del decreto legislativo). Ricevuta la relazione, il p.m., se non richiede l'archiviazione, esercita l'azione penale, formulando l'imputazione e autorizzando la citazione dell'imputato (art. 15 decreto). Tali indicazioni vanno annotate nella colonna 30.
    Nella diversa ipotesi, di diretta acquisizione della notizia di reato da parte del p.m., il procedimento può svilupparsi secondo differenti modalità, disciplinate dall'art. 12 del decreto legislativo: le relative iscrizioni vanno effettuate alle colonne 13, 14, 15.
    Un'ipotesi particolare è richiamata dall'art. 8 comma 2 del regolamento, che prevede il caso di determinati atti svolti personalmente dal p.m., senza assunzione diretta delle indagini, e trasmessi in copia alla polizia giudiziaria. Lo stesso articolo dispone la annotazione della trasmissione nel registro delle attività del p.m. Tale annotazione, trattandosi di attività svolta nell'ambito di applicazione dell'art. 13 del decreto legislativo, potrà essere effettuata alla colonna 17. In ogni caso è opportuno indicare la tipologia degli atti trasmessi.
    Con riferimento alla formulazione dell'imputazione, va evidenziata la duplice possibilità di registrazione, a seconda che trattasi di notizie di reato ricevute direttamente dal p.m. (colonna 30), ovvero di formulazione dell'imputazione a seguito della chiusura delle indagini preliminari ed al ricevimento della relazione ex art. 11 del decreto legislativo (colonna 15). In entrambi i casi tale adempimento deve essere preceduto dall'iscrizione della notitia criminis.
    Altra ipotesi di formulazione dell'imputazione è, infine, prevista dall'art. 17 comma 4 del decreto legislativo, per il cui esame si rinvia alla successiva illustrazione dedicata alla chiusura delle indagini preliminari.
    Nella colonna 3 va riportata la data in cui la notizia di reato risulta essere stata acquisita dalla polizia giudiziaria. Si noti che l'art. 11 comma 3 del decreto legislativo prescrive alla p.g. di indicare giorno e ora di acquisizione della notitia criminis. La registrazione di tale ultimo dato riveste particolare importanza in quanto consente il controllo, da parte del pubblico ministero, del rispetto del termine di quattro mesi imposto alla polizia giudiziaria per lo svolgimento delle investigazioni di sua competenza (art. 11 comma 1 del decreto legislativo).
    Nella colonna 4 va, come già evidenziato, indicata la data di iscrizione della notizia di reato ex art. 335 c.p.p., come stabilito dall'art. 14 del decreto legislativo.
    Al fine di differenziare la eventuale fase di indagine della polizia giudiziaria da quella svolta dal p.m., e per evitare una doppia numerazione, si suggerisce, una volta provveduto all'iscrizione, di apporre la sigla "I" accanto al numero d'ordine, tanto sul registro, quanto sulla copertina del fascicolo.
    Alla colonna 19 vanno inseriti sia i dati acquisiti ex art. 13 del decreto legislativo (ipotesi in cui si verifica, a fronte della richiesta di autorizzazione, il compimento dell'atto direttamente da parte del p.m.), sia quelli ex art. 15 comma 2 dello stesso decreto (in riferimento ad ulteriori indagini, richieste dal p.m. alla polizia giudiziaria, attraverso direttive o deleghe).
    La annotazione dei dati in tale colonna indica un momento differente rispetto alla annotazione richiesta dalla colonna 13, che si riferisce alla trasmissione degli atti alla polizia giudiziaria, con eventuali direttive, laddove il pubblico ministero abbia ricevuto direttamente la notizia di reato.
    Le colonne da 22 a 28 sono dedicate alla fase della chiusura delle indagini preliminari.
    Va segnalata, in particolare, la colonna 26, dove trovano inserimento due diversi dati: il primo relativo all'ipotesi, già menzionata, dell'art. 17 comma 4 del decreto legislativo; il secondo relativo all'ipotesi di cui all'art. 9 comma 2 del regolamento. Tali norme disciplinano la restituzione degli atti al pubblico ministero da parte del giudice di pace, a diverso titolo. Pertanto è opportuno indicare, a fianco di ogni annotazione, la disposizione, in osservanza della quale il giudice ha disposto la trasmissione.
    Il registro in esame si occupa del ricorso immediato al giudice di pace alle colonne da 32 a 37.
    Pur trattandosi di un procedimento che potrebbe iniziare e concludersi davanti al giudice di pace, senza richiedere alcuna attività del p.m., la normativa in esame prescrive che il ricorso sia comunicato al p.m., preventivamente alla sua presentazione nella cancelleria del giudice di pace, al fine di consentire la formulazione delle richieste di cui all'art. 25 del decreto legislativo.
    Secondo l'art. 21 comma 5 del decreto legislativo, il ricorso produce gli stessi effetti, in ordine alla procedibilità, della presentazione della querela. Dunque, una volta pervenuta copia del ricorso nella segreteria della procura, la data di deposito verrà annotata non solo alla colonna 32, specifica per le annotazioni relative a tale procedura, ma anche alle colonne 1 e 2, in quanto primo atto pervenuto in procura, con contestuale apertura di un fascicolo.
    Si precisa, inoltre, che quanto stabilito dall'art. 10, comma 2 del regolamento, in ordine alla restituzione degli atti contenuti nel fascicolo aperto su ricorso immediato, vale esclusivamente per gli atti depositati dal ricorrente, e non anche per i provvedimenti del giudice di pace e le richieste del pubblico ministero, di cui potrà soltanto essere richiesta copia. Inoltre, il cancelliere che provvede a restituire alla parte privata la documentazione dalla stessa prodotta, stilerà apposito verbale firmato, per ricevuta, dal ricorrente o da un suo delegato.

    Altro nuovo registro assegnato alle procure a seguito della estensione della competenza penale al giudice di pace, è il Modello 36-bis - registro dell'esecuzione di provvedimenti irrevocabili- strutturato sulla falsariga del registro mod. 36 (registro dell'esecuzione di pene pecuniarie), pur con la peculiarità dell'inserimento dei nuovi istituti della permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilità.

    Il registro Modello 20-bis - registro generale del giudice di pace competente nella fase delle indagini preliminari - è tenuto presso i soli uffici del giudice di pace del luogo ove ha sede il tribunale del circondario (art. 5 comma 2 del decreto legislativo). In tale registro vanno riportati i dati relativi ai provvedimenti emessi dal giudice di pace nell'ambito delle indagini preliminari, compresi quelli relativi all'archiviazione ed alla riapertura delle indagini.
    Tra le annotazioni che trovano spazio nel registro si segnala quella di cui alla colonna 17, ove devono essere indicati le ragioni che hanno determinato la restituzione degli atti al p.m.
    Anche nel caso della colonna 18 è richiesta una specificazione che, tra l'altro, risulterà interessante ai fini statistici, potendo fornire un dato significativo sulla portata applicativa del nuovo istituto della particolare tenuità del fatto.
    Nel caso di impugnazione del provvedimento di archiviazione (ipotesi piuttosto remota, ma possibile: si pensi all'omessa comunicazione della richiesta di archiviazione all'offeso che ne aveva fatto espressa istanza) verrà utilizzata la colonna 24, relativa alle annotazioni.

    Il registro Modello 16-bis - registro generale del giudice di pace - è invece tenuto presso tutti gli uffici del giudice di pace.
    In esso vanno iscritti sia i procedimenti per i quali il pubblico ministero ha formulato l'imputazione, sia i procedimenti instaurati a seguito di ricorso immediato al giudice.
    Nella prima ipotesi verrà interessata la colonna 9, nella quale va indicata la data di deposito dell'atto di citazione e del fascicolo del p.m.; nella seconda, viene in rilievo la colonna 10, dove dovrà essere inserita la data di deposito, presso il giudice di pace, del ricorso immediato, nonché le eventuali richieste del p.m. ai sensi dell'art. 25 del decreto legislativo.
    Le colonne da 13 a 16 saranno utilizzate per l'annotazione dei provvedimenti (data e tipo) assunti dal giudice di pace a seguito di presentazione di ricorso immediato. Le prime tre colonne, in particolare, verranno utilizzate nei casi in cui non si perviene al giudizio. Nella colonna 16, invece, verrà trascritta la data del decreto di convocazione delle parti, come stabilito dall'art. 27 comma 1 del decreto legislativo.
    La fase del giudizio ha inizio con l'udienza di comparizione, i cui dati vanno riportati nelle colonne da 17 a 21.
    In particolare, nella colonna 17 andrà inserita la data dell'udienza di comparizione, a seguito della citazione in giudizio da parte della polizia giudiziaria o del decreto di convocazione delle parti emesso dal giudice. Nella stessa colonna sarà annotato l'eventuale provvedimento di proscioglimento predibattimentale adottato dal giudice ai sensi dell'art. 469 c.p.p..
    La colonna 18 verrà utilizzata per annotare l'esito del tentativo di conciliazione promosso alla prima udienza, quando il reato risulti perseguibile a querela.
    Le colonne 19, 20 e 21 riguardano più specificamente le situazioni che si possono verificare nell'udienza di comparizione a seguito di ricorso immediato. I riferimenti agli articoli del decreto legislativo, riportati nei titoli delle colonne indicate, hanno lo scopo di facilitare l'esatto inserimento dei dati.
    Nella colonna 22 vanno annotate le eventuali fasi interlocutorie del giudizio.
    La colonna 24, predisposta per l'annotazione delle impugnazioni, ricomprende sia le ipotesi "ordinarie" di gravame, sia quella, prevista dall'art. 31 comma. 4 del decreto, nel caso sia stato emesso decreto di rigetto di richiesta di fissazione di una nuova udienza.
    Le varie fasi del processo di appello sono annotate nelle colonne da 25 a 27, mentre i dati relativi al ricorso per cassazione vanno inseriti sono posizionati alle colonne da 28 a 31.

    Il Modello 33-bis - registro delle udienze dibattimentali - mantiene le caratteristiche dell'analogo registro attualmente in uso negli uffici di tribunale, con alcune differenze collegate all'istituto del ricorso immediato.
    Significativa, in tal senso, è la colonna 4, dove vanno indicate le generalità del ricorrente e delle eventuali ulteriori persone offese che, ai sensi dell'art. 28 del decreto legislativo, decidano di intervenire nel giudizio.
    Altro elemento degno di nota è, alla colonna 10, l'inserimento dei dati relativi alla deleghe per le funzioni di P.M. in udienza. Tale annotazione, non prevista nel corrispondente registro in uso presso i tribunali, assume una particolare valenza nell'ambito del processo davanti al giudice di pace se si considera che le funzioni di p.m. verranno svolte, nella maggior parte dei casi, su delega del procuratore, dai soggetti indicati dall'art. 50, comma 1, del decreto legislativo.

    Altro registro introdotto con l'ampliamento della competenza penale al giudice di pace è il Modello 32-bis - registro del giudice di pace dell'esecuzione.
    In esso vanno annotati i dati relativi al procedimento di esecuzione, instaurato ai sensi dell'art. 40 e segg. del decreto legislativo.
    Le novità più significative di tale registro riflettono le differenti soluzioni offerte dalla nuova procedura in materia di esecuzione di condanne pronunciate dal giudice di pace.
    In particolare, si segnala la colonna 5, nella quale sono individuabili i soggetti che hanno attivato il procedimento di esecuzione. Questo può infatti essere richiesto dal p.m., nel caso di proposizione al giudice circa l'accertamento sulla effettiva insolvibilità del condannato, ovvero dall'interessato o dal suo difensore. Nella stessa colonna va riportato il motivo della richiesta.
    Altri dati interessanti sono quelli di cui alle colonne 7, 8 e 10. Anche in questi casi i riferimenti normativi riportati nei titoli costituiscono un valido aiuto per la esatta trascrizione dei dati.
    Degna di attenzione è, infine, la parte dedicata a ricorso al tribunale monocratico, cui si riferiscono le colonne da 12 a 15.

    Da ultimo, va ricordato il Modello 7-bis - registro generale delle impugnazioni dinanzi al tribunale in composizione monocratica- predisposto per il tribunale, quale giudice di secondo grado, competente a decidere sia in ordine ai provvedimenti definitivi emessi dal giudice di pace, sia in ordine a quelli pronunciati in fase di esecuzione.
    Inoltre, nell'ambito del giudizio conseguente a ricorso immediato, nonché nel procedimento di esecuzione, il tribunale in composizione monocratica può essere investito, quale giudice dell'impugnazione, in ordine a provvedimenti diversi dalla sentenza emessa in dibattimento. Tali diverse situazioni sono riscontrate alla colonna 5 dove vengono individuati i soggetti che hanno proposto l'impugnazione.
    Alla colonna 9 sono annotati i provvedimenti impugnati. Anche in questo caso, poiché i procedimenti per i quali si chiede un secondo giudizio possono essere diversi, è opportuno indicare l'articolo di riferimento.
    Il registro mod. 7- bis ha, perciò, lo scopo di conglobare in un unico modello tutte le possibili ipotesi di impugnazione innanzi al tribunale monocratico proposte a seguito di procedimenti instaurati nell'ambito della competenza penale del giudice di pace. Una volta evidenziata tale sua caratteristica, per il resto, questo registro si sviluppa secondo il corrispondente registro mod. 7 in uso presso le corti d'appello.

    Infine, vanno richiamate in quanto applicabili, le disposizioni generali sulla tenuta dei registri e delle rubriche alfabetiche, diramate con circolare n. 533 del 18 ottobre 1989, nonché le disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche impartite con circolare n. 554 del 9 aprile 1992, sulla tenuta di un registro di comodo da parte degli uffici del giudice di pace analogo al registro utilizzato per lo stesso scopo dagli uffici GIP dei tribunali.
     
    • registro delle attività del p. m. nei procedimenti davanti al giudice di pace (mod. 21-bis);
    • registro generale dell'ufficio del giudice di pace circondariale (mod. 20-bis);
    • registro generale del giudice di pace (mod. 16-bis);
    • registro delle udienze dibattimentali (mod. 33-bis);
    • registro delle impugnazioni davanti al tribunale in composizione monocratica (mod. 7-bis);
    • registro del giudice di pace dell'esecuzione (mod. 32-bis);
    • registro dell'esecuzione di provvedimenti irrevocabili (mod. 36-bis).
       
  2. Formazione dei fascicoli

    In materia di formazione e tenuta dei fascicoli, l'art. 3 del regolamento prevede, in via generale, l'applicabilità della ordinaria disciplina di cui all'articolo 3 del regolamento di esecuzione al codice di procedura penale.
    Una normativa specifica riguarda il nuovo fascicolo previsto nelle ipotesi in cui la persona offesa dal reato presenti il ricorso immediato al giudice di pace, di cui all'art. 21 del decreto legislativo. In queste ipotesi, la cancelleria del giudice di pace, nel cui ufficio il predetto ricorso va depositato, provvede a formare apposito fascicolo includendovi gli atti specificamente elencati nelle lettere da a) a f) dell'art. 4 comma 2 del regolamento.
    Si richiama l'attenzione sulla necessità che i fascicoli siano correttamente formati e tenuti, anche in riferimento ad eventuali sequestri disposti, al fine di evitare il mantenimento di tali misure oltre il dovuto.
     
  3. Adempimenti relativi al ricorso immediato (artt. 21-28 del decreto legislativo; artt. 9-13 del regolamento).

    • Adempimenti in caso di pendenza di una richiesta di archiviazione (art. 9 del regolamento).
      L'art. 9, comma 1, del regolamento prescrive al p.m. di effettuare una comunicazione del deposito del ricorso immediato al giudice di pace c.d. "circondariale" al quale sia stata già presentata richiesta di archiviazione: si suppone, dunque, che relativamente ai fatti oggetto del ricorso sia già pervenuta notizia criminis (acquisita direttamente dal p.m. o attraverso relazione della p.g.) e il p.m. abbia già ritenuto di richiedere, in relazione a questa, un provvedimento archiviativo.
      In queste ipotesi, la comunicazione al giudice (investito della richiesta di archiviazione) dell'avvenuto deposito del ricorso serve ad assicurare l'arresto della procedura archiviativa, evitando che l'eventuale emissione di uno dei provvedimenti contemplati nell'art. 17 comma 4 del decreto legislativo si ponga in contrasto con l'instaurazione del processo su impulso della persona offesa.
      Il meccanismo vale pertanto ad assicurare l'operatività della regola posta dall'art. 22, comma 4, del decreto legislativo, secondo cui "quando si procede in seguito a ricorso sono inapplicabili le diverse disposizioni che regolano la procedura ordinaria".
      Correlativamente, l'art. 9, comma 2, del regolamento prevede che il giudice investito della richiesta di archiviazione, una volta ricevuta comunicazione dell'avvenuto deposito del ricorso da parte dell'offeso, trasmetta gli atti al p.m., spogliandosi così della procedura (purchè non abbia, a quel momento, già accolto la richiesta di archiviazione).
      Si sottolinea pertanto la necessità di una tempestiva comunicazione circa l'avvenuta presentazione del ricorso all'ufficio del giudice di pace già investito della richiesta di archiviazione, nonché la sollecita trasmissione degli atti al pubblico ministero, onde evitare duplicazioni di procedimenti e di attività.
    • Adempimenti in caso di delibazione negativa del ricorso immediato (art. 26 commi 2, 3 e 4, del decreto legislativo; art. 10 del regolamento).
      Nei casi in cui - a fronte del ricorso immediato da parte dell'offeso - il giudice di pace dichiari lo stesso inammissibile o infondato, ovvero si dichiari incompetente per materia, ed ordini, conseguentemente, la trasmissione degli atti al p.m. per il prosieguo del procedimento nei modi ordinari, la cancelleria del giudice di pace rimetterà all'ufficio del p.m., ex art. 4, comma 3, del regolamento, il fascicolo del ricorso immediato, oltre ovviamente ad una copia dell'ordinanza dichiarativa dell'inammissibilità o dell'infondatezza del ricorso.
      Nei casi in cui il giudice, dichiarata la propria incompetenza territoriale ai sensi dell'art. 26, comma 4, del decreto legislativo, dispone invece la trasmissione degli atti all'offeso, affinchè questi possa reiterare il ricorso davanti al giudice competente, l'art. 10, comma 1, del regolamento prescrive che la cancelleria curi la notifica al ricorrente dell'ordinanza declaratoria di incompetenza.
      L'art. 10 non prevede che l'ordinanza venga comunicata al p.m., visto che, a quel momento, non sussiste ancora iscrizione ai sensi dell'art. 335 c.p.p.; ciò nonostante - considerato che nel registro delle attività del p.m. sarà stato nel frattempo annotato il deposito di copia del ricorso immediato presso la segreteria dello stesso - si ritiene opportuno che l'ordinanza venga comunque comunicata alla segreteria del p.m. affinchè anche questo provvedimento risulti annotato nel registro.
      Gli atti del fascicolo - ossia il ricorso e gli eventuali allegati - resteranno depositati nella cancelleria del giudice, a disposizione dell'offeso che voglia chiederne la restituzione, di tale facoltà sarebbe opportuno dare avviso al ricorrente in sede di emanazione della relativa ordinanza (cfr. in proposito il formulario per il procedimento davanti al giudice di pace, mod. gp. 18).
      L'art. 10 citato specifica, inoltre, che dalla data di notificazione dell'ordinanza in parola decorre il termine di venti giorni imposto, a pena di inammissibilità, al ricorrente dall'art. 26 comma 4 del decreto legislativo per la reiterazione del ricorso innanzi al giudice competente.
    • Comunicazioni relative all'esercizio dell'azione penale (art. 11 del regolamento)
      La disposizione di cui all'art. 11 del regolamento disciplina l'adempimento delle informazioni sull'azione penale - che l'art. 129 disp. att. c.p.p. pone a carico del pubblico ministero in sede di esercizio dell'azione - nell'ipotesi del ricorso ex art. 21 del decreto legislativo. L'art. 11 prevede che, contrariamente all'ipotesi normale, nel caso di ricorso della persona offesa al giudice di pace provveda invece quest'ultimo contestualmente all'emissione del decreto di convocazione delle parti ex art. 27 del decreto legislativo.
      Mentre, infatti, il regime di cui al citato art. 129, nel quale l'adempimento incombe sul p.m., risulta in tutto compatibile con la disciplina del procedimento davanti al giudice di pace nelle ipotesi "ordinarie", nelle quali la citazione a giudizio è curata dalla polizia giudiziaria, su autorizzazione del pubblico ministero, non altrettanto può dirsi per i casi di ricorso immediato.
      In tali ipotesi la regola speciale è imposta infatti dalla circostanza che qui l'assunzione della qualifica di imputato è riconnessa non già alla formulazione dell'addebito contenuto nel ricorso, né alla presentazione delle richieste da parte del pubblico ministero, ma alla notifica del decreto di convocazione, mentre, d'altro canto, prima di tale momento è sempre possibile che il ricorso non determini l'instaurazione di alcun processo, incappando in una dichiarazione di inammissibilità. Anche per tale adempimento va segnalata, attesi i riflessi della informazione sugli sviluppi del procedimento, la necessità di una corretta e tempestiva esecuzione.
    • Deposito degli atti investigativi compiuti prima dell'udienza di comparizione (art. 12 del regolamento)
      L'art. 12 del regolamento riguarda l'ipotesi in cui, prima dell'udienza di comparizione a seguito del decreto di convocazione emesso dal giudice su ricorso dell'offeso, la polizia giudiziaria o il pubblico ministero abbiano già svolto attività di investigazione, essendo stata precedentemente proposta querela, o anche a prescindere da iniziative dell'offeso, per le finalità e nei limiti di cui all'art. 346 c.p.p. (ad esempio, al fine di assicurare determinate fonti di prova).
      In particolare, per assicurare che gli atti suindicati possano comunque essere conosciuti dalle parti in tempo utile ad organizzare nel modo più proficuo le proprie difese, si prevede che la documentazione relativa alle attività in discorso venga depositata presso la segreteria del p.m., ove resta a disposizione dei difensori, che possono così prenderne visione e chiederne copia.
      La segreteria del p.m. provvederà, pertanto, ad effettuare i necessari avvisi ai difensori (art. 12 comma 2 del regolamento).
    • Copie del decreto di convocazione (art. 13 del regolamento) .
      L'articolo 13 del regolamento dispone che, su richiesta del ricorrente, la cancelleria del giudice rilasci, nel numero necessario, le copie del decreto che lo stesso provvederà a consegnare all'ufficiale giudiziario per la notifica. Naturalmente le spese per tale adempimento saranno a carico del ricorrente medesimo.
       
  4. Adempimenti relativi all'udienza di comparizione (artt. 29 e 30 del decreto legislativo; artt.15-17 del regolamento).

    La disposizione di cui all'articolo 15 del regolamento, che disciplina la formazione dei ruoli d'udienza, e detta i criteri in base ai quali i predetti ruoli devono essere formati, prevede che a cura della cancelleria il ruolo stesso venga affisso almeno un giorno prima della data dell'udienza. Si richiama l'attenzione sull'osservanza di tale adempimento.
    L'articolo 16 riguarda i procedimenti riguardanti i soggetti ai quali si riferisce la disciplina dettata dal D.P.R. 2 dicembre 1956, n. 1666, che ha dato attuazione all'art. VII della Convenzione sullo status degli appartenenti alle Forze armate N.A.T.O. del 1951 (ratificata con L. 30 novembre 1955, n. 1335). In particolare, il comma 1 riguarda l'avviso previsto dall'art. 5 del D.P.R. 2 dicembre 1956, n. 1666; adempimento, questo, finalizzato a consentire che un rappresentante del governo dello Stato di origine del soggetto citato a giudizio possa essere presente al dibattimento, come è previsto dal paragrafo 9 lett. g della Convenzione.
    Il comma 2 riguarda la procedura prevista in caso di istanza di rinunzia alla prioritaria giurisdizione dello Stato italiano: l'art. VII della citata Convenzione contempla - nelle ipotesi in cui, verificatasi una delle situazioni di "concorso di giurisdizioni" ivi disciplinate e sussistendo un "diritto di priorità" dello Stato italiano nell'esercizio della giurisdizione - la possibilità di una istanza di rinunzia a tale diritto di priorità. L'art. 1, quinto comma, del citato d.P.R. n. 1666 del 1956 consente tale istanza soltanto prima che sia stato "notificato all'imputato il decreto di citazione per il dibattimento di primo grado".
    Le peculiarità della procedura davanti al giudice di pace hanno imposto uno spostamento in avanti del termine in parola, precisamente fino "al compimento delle formalità di apertura del dibattimento".
    L'articolo 17 del regolamento dispone, a cura della cancelleria, la notifica all'offeso-ricorrente dell'ordinanza con cui viene dichiarata l'improcedibilità del ricorso per mancata comparizione dello stesso (art. 30, comma 1, del decreto legislativo) nonché del decreto motivato con cui il giudice respinge l'istanza di fissazione di nuova udienza proposta dal ricorrente non comparso (art. 31, comma 4); in tale ultimo caso, l'adempimento -di cui si raccomanda la tempestiva esecuzione- varrà anche a segnare la decorrenza del termine per impugnare il decreto innanzi al tribunale in composizione monocratica.
    Il comma 2 dell'articolo 17 prevede, sempre a cura della cancelleria del giudice di pace, la notifica del provvedimento di fissazione di nuova udienza emesso dal giudice su richiesta del ricorrente.
     
  5. Adempimenti relativi alla custodia dei beni sequestrati, all'esecuzione delle pene pecuniarie e alle spese del procedimento (art. 42 del decreto legislativo; artt. 18 e 21 del regolamento).

    Per ciò che attiene alle attività necessarie per il deposito e la custodia delle cose sequestrate, nonché per la vendita ed eliminazione delle cose deperibili, l'articolo 21 del regolamento prevede - ad evitare incertezze interpretative - che, anche relativamente ai procedimenti davanti al giudice di pace, si applichino le disposizioni attuative e di esecuzione ivi indicate, compreso il regime transitorio di cui all'art. 82, comma 4, disp. att. c.p.p.: pertanto, non diversamente da quanto è previsto nella disciplina "generale", fino all'emanazione di apposito regolamento, le cose sequestrate andranno depositate nella cancelleria del tribunale, la quale provvederà anche alla vendita o alla distruzione nei casi di cui all'art. 83 disp.att.c.p.p..
    L'articolo 18 del regolamento adatta la disciplina codicistica dell'esecuzione delle pene pecuniarie al regime semplificato previsto dal decreto (art. 42) nel quale vengono accentrate nel giudice di pace che ha emesso la sentenza tutte le competenze giurisdizionali in materia esecutiva, eliminando così la competenza del magistrato di sorveglianza in materia di accertamento della effettiva insolvibilità del condannato, di conversione della pena pecuniaria non eseguita, di rateizzazione.
    Alla luce di tale mutato regime di competenze, si chiarisce che, nell'ipotesi in cui risulti impossibile l'esazione della sanzione, il pubblico ministero trasmette gli atti (anziché al magistrato di sorveglianza, come prevede l'art. 660 c.p.p.) al giudice di pace perché questi proceda a verificare l'effettiva insolvibilità del condannato ed emetta i provvedimenti conseguenti.
    Infine, va rilevato che il regolamento nulla dispone in relazione al recupero in misura forfettaria delle spese del procedimento. Peraltro, è in fase di predisposizione un nuovo regolamento che contempla anche le somme da recuperare in via forfettaria per i procedimenti del giudice di pace.
    Nelle more dell'adozione di tale regolamento, resteranno applicabili (in virtù del generale rinvio di cui all'art. 2 comma 1 del decreto legislativo) le previsioni dettate dall'art. 199 disp. att. c.p.p., e dunque dal d.m. 11 ottobre 1989, n. 347 che, in attuazione di tale ultima disposizione, indica (alla allegata tabella A) gli importi da recuperare in misura fissa per i vari tipi di procedimento.
    In particolare, risulteranno applicabili gli importi previsti per il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, dato che il procedimento davanti al giudice di pace si svolge con cadenze a questo analoghe; la procedura prevista per l'inedito istituto del ricorso "immediato" al giudice da parte della persona offesa, potrà essere assimilata, per quanto qui interessa, al procedimento "a citazione diretta", di cui all'art. 550 c.p.p. .
    Va, peraltro, sottolineato che, ai sensi dell'art. 9 della l. 23 dicembre 1999, n. 488, che ha introdotto il contributo unificato, non vanno più applicate le imposte di bollo, i diritti di cancelleria e i diritti di chiamata in causa dell'ufficiale giudiziaria, voci che dunque andranno scorporate dalla tabella indicata.
     
  6. Adempimenti relativi al casellario giudiziale e ai certificati dei carichi pendenti (artt. 19 e 21 del regolamento).

    In relazione alla disciplina di cui all'articolo 19 del regolamento, ed in attesa dell'emanazione dei decreti ministeriali previsti dal regolamento, si forniscono le opportune indicazioni.
    Le sentenze del giudice di pace in materia penale ed i provvedimenti emessi successivamente, nonché gli eventi relativi alla loro esecuzione sono oggetto d'iscrizione nel casellario giudiziale, ai sensi degli articoli 686, commi 1, lett. a), e 3, c.p.p., 14 r.d. 18 giugno 1931, n. 778, e 34 d.m. 30 settembre 1989, n. 334.
    A tal fine l'ufficio del giudice di pace dovrà attrezzarsi per assicurare la comunicazione al casellario competente dei dati da iscrivere, istituendo in seno alla cancelleria un apposito settore che curi gli adempimenti finalizzati a tale attività. Detto settore, per prassi, è denominato "ufficio-schede".
    Com'è noto, il servizio del casellario giudiziale è disciplinato dalle disposizioni contenute nel codice di procedura penale (articoli da 685 a 690), dal r.d. 18 giugno 1931, n. 778 e succ. modif., contenente le norme regolamentari, dal d.m. 6 ottobre 1931 che riporta le istruzioni ed i modelli per l'espletamento del servizio.
    Il d.m. 10 novembre 1999, pubblicato con il bollettino ufficiale n. 2 del 31 gennaio 2000, autorizza la trasmissione per via telematica al sistema informativo automatizzato del casellario giudiziale (S.I.C.) delle notizie in materia penale indicate nell'art. 686 del codice di procedura penale, quando gli uffici giudiziari interessati sono dotati dei necessari supporti informatici.
    In attuazione del suindicato d.m. gli uffici-schede dotati delle risorse (personale da adibire all'immissione dei dati nel S.I.C., personal computer e stampanti, collegamento alla rete unica della giustizia - R.U.G. - ) daranno comunicazione al casellario centrale al fine di attivare le procedure di collegamento ed accesso al S.I.C. e di ricevere il manuale delle istruzioni operative per la trasmissione dei dati per via telematica.
    Gli uffici-schede saranno dispensati, in ogni caso, dalla redazione del modello A (artt. 5, comma 2, e 41 del regolamento, r.d. n. 778/1931, e 14 commi 1 e 7 delle istruzioni contenute nel d.m. 6 ottobre 1931) e della relativa schedina modello 9 (artt 5, comma 3, del regolamento, e 15 delle istruzioni) destinati al casellario centrale, nonché dalla redazione del modello C da inviare agli Stati esteri cui appartengono gli stranieri condannati dall'autorità giudiziaria italiana (artt. 5, comma 4 del regolamento, e 14, commi 3, 4, 5 delle istruzioni ), poiché questi adempimenti possono essere svolti con modalità informatiche dallo stesso casellario centrale.
    Si rivolge viva raccomandazione agli uffici-schede affinché risulti in maniera inequivocabile lo Stato di appartenenza del cittadino straniero condannato. Un'indicazione generica non consentirebbe al casellario centrale di inviare i modelli C allo Stato interessato ed inoltre non permetterebbe di adottare la modalità di estrazione automatica dei dati dal S.I.C. sopra indicata.
    In considerazione del combinato disposto degli articoli 686 e 687, comma 1 c.p.p., non si dovrà far luogo alla comunicazione delle decisioni riguardanti persone che risultino aver compiuto l'ottantesimo anno di età.
    Nel corso delle attività relative alla comunicazione dei dati di cui all'art. 686 c.p.p. il personale degli uffici-schede avrà cura di accertare preventivamente che i dati relativi alle generalità del condannato, sia questo cittadino italiano ovvero straniero, siano coincidenti con quelli risultanti dai certificati anagrafici (certificato di nascita o certificato di rito) esistenti agli atti del fascicolo processuale.
    Nel caso in cui questi risultino mancanti, dovrà essere acquisito il certificato di rito (mod. 38), e, per lo straniero in Italia dovranno esperirsi gli ulteriori accertamenti (ad es. acquisizione di notizie e di rilievi dattiloscopici presso il casellario d'identità del Ministero dell'Interno), al fine di operare il controllo volto a verificare la correttezza dei dati di identificazione del soggetto ed a promuovere, se esistano discordanze, prima della trasmissione dei dati al casellario, i provvedimenti di correzione necessari.
    Con riguardo a specifiche disposizioni contenute nel decreto legislativo, che attengono al servizio del casellario giudiziale, appare opportuno porre l'accento su alcuni ulteriori adempimenti che dalle stesse derivano e che incombono sugli uffici-schede del giudice di pace e di un giudice diverso, che, ai sensi degli articoli 6, 39, 63 e 64 del citato decreto legislativo, decida sui reati che rientrano nella competenza del primo.
    Gli uffici-schede indicheranno tutti gli elementi idonei a configurare in modo certo le fattispecie dei reati che rientrano nella competenza del giudice di pace (art. 4 del decreto legislativo), al fine di garantire la puntuale osservanza degli articoli 45 e 63, comma 2 del decreto legislativo che dispongono la non menzionabilità delle decisioni relative ai suddetti reati nei certificati del Casellario giudiziale rilasciati a norma dell'articolo 689 del codice di procedura penale. Particolare attenzione, affinché detta attività venga puntualmente adempiuta, dovrà essere posta dagli operatori degli uffici-schede presso giudice diverso. Essi, ad esempio, avranno cura, se ne ricorre il caso, di indicare, per l'individuazione dell'art. 590 c.p., che trattasi di reato di competenza del giudice di pace, di indicare, per gli articoli 631,632,633,636 che non ricorre l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis c.p., e così di seguito secondo quanto dettagliatamente specificato nell'articolo 4 citato.
    Inoltre, per la stessa finalità, nel caso di definizione del processo in grado di appello, tra le altre informazioni dovrà comunicarsi al Casellario giudiziale che trattasi di decisione emessa a seguito di impugnazione della sentenza di primo grado del giudice di pace, con l'indicazione della data di emissione di quest'ultima.
    Altra notizia che necessariamente dovrà essere comunicata al Casellario giudiziale riguarderà la data della commissione del reato, affinché il sistema del Casellario possa verificare in modo automatico che sussista la condizione prevista dall'articolo 46, comma 1, lett. b), del decreto legislativo, ai fini della eliminazione dell'iscrizione. Infatti, tale condizione prevede che nell'arco di cinque o dieci anni - a seconda del tipo di pena inflitta - decorrenti dal giorno in cui la sanzione è stata eseguita, non sia stato commesso un ulteriore reato.
    Per una corretta gestione delle iscrizioni ai fini certificativi, si raccomanda, inoltre, di fornire al sistema, sempre ed in ogni caso, la notizia relativa alla data di irrevocabilità della decisione che viene iscritta.
    Infine, si richiama l'attenzione sulla particolare disciplina dettata nell'articolo 21 del regolamento, in merito ai certificati relativi alle iscrizioni dei procedimenti, riguardanti reati di competenza del giudice di pace, nei quali un soggetto abbia assunto la qualità di imputato.
    Il decreto legislativo (art. 45), in attuazione di una espressa direttiva della legge delega (art. 17 lett. p) ha stabilito che non siano riportate - nei certificati a richiesta dell'interessato - le iscrizioni relative alle sentenze emesse dal giudice di pace. Una volta stabilita la non indicazione dei provvedimenti conclusivi, ragioni di coerenza sistematica hanno suggerito di prevedere espressamente - ad evitare possibili incertezze interpretative - che nei certificati richiesti dai privati non siano indicati neppure le relative pendenze procedimentali.

    Le Signorie Loro sono pregate di provvedere alla tempestiva diramazione della presente circolare agli uffici giudiziari del rispettivo distretto (tribunali e giudici di pace; procure della Repubblica presso il tribunale) e di vigilare sul puntuale adempimento delle prescrizioni, con particolare riguardo alla tempestività e correttezza delle registrazioni.

    Si resta in attesa di un cortese cenno di riscontro.

Roma, 21 dicembre 2001

 

IL CAPO DEL DIPARTIMENTO
Gianfranco Tatozzi

IL DIRETTORE GENERALE DELLA GIUSTIZIA PENALE
Augusta Iannini