Circolare del 30 dicembre 2009 - Spese del giudizio di appello nei procedimenti di prevenzione e di sorveglianza.

30 dicembre 2009

 
Prot.: m_dg.DAG. 30/12/2009.0161977.U


Ai Presidenti delle Corti d’Appello
Loro Sedi

Ai Procuratori Generali presso le Corti d’Appello
Loro Sedi

Ai Presidenti dei Tribunali di Sorveglianza
Loro Sedi

All’Ispettorato Generale
Sede

 

Con nota dell’11 novembre 2009 l’Ispettorato Generale richiedeva a questa Direzione Generale di assumere determinazioni in merito alla questione indicata in oggetto.
Veniva riferita, in particolare, una tesi secondo cui l’art. 204, comma 2, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 – a norma del quale “nel processo di prevenzione, di esecuzione e di sorveglianza si procede al recupero [delle spese] solo in caso di condanna alle spese da parte della Corte di Cassazione” – potrebbe essere suscettibile di applicazione estensiva, nel senso di non limitare al solo giudizio di legittimità l’addebito delle spese alla parte privata soccombente.
La soluzione prospettata si baserebbe sulla portata generale dell’art. 592 c.p.p. (il quale stabilisce che “con il provvedimento che rigetta o dichiara inammissibile l’impugnazione la parte privata che l’ha proposta è condannata alle spese del procedimento”) e, in particolare, sul combinato disposto degli artt. 680 e 592 c.p.p. con riferimento al procedimento di sorveglianza e degli artt. 4, ultimo comma, legge n. 1423/56 (richiamato anche dall’art. 3 ter legge n. 575/65) e 680, 592, 658 c.p.p. con riferimento al procedimento di prevenzione.

La tesi riferita non appare condivisibile.
A norma dell’art. 200 D.P.R. n. 115/2002, invero, sono oggetto di recupero le spese processuali penali. L’esazione risulta strettamente collegata al titolo su cui si fonda il diritto dello Stato ad ottenere la restituzione delle somme anticipate: esso è costituito dal provvedimento giudiziario che pone le spese processuali a carico della parte privata (condannato, appellante, ricorrente). In questa prospettiva si pongono gli artt. 535, 592 e 616 c.p.p., che disciplinano la materia in relazione alle differenti fasi del giudizio di merito.
Questo elementare e basilare principio trovava espressa menzione anche nell’abrogato art. 691, comma 2, c.p.p., che prevedeva il recupero delle spese “in esecuzione del provvedimento del giudice che ne dispone l’obbligo”.
A fronte di queste precise disposizioni concernenti il processo di merito, nessuna specifica previsione in ordine al recupero delle spese – salvo il citato art. 204 – è invece dettata con riferimento al procedimento di prevenzione ed a quello dinanzi alla magistratura di sorveglianza.
Occorre, dunque, verificare se – secondo quanto rappresentato nel quesito – il richiamo alle “disposizioni generali sulle impugnazioni” contenuto nell’art. 680 c.p.p. e, quindi, il richiamo anche dell’art. 592 c.p.p., sia idoneo ad attribuire al giudice di appello in sede di procedimenti di sorveglianza e di prevenzione il potere di condannare alle spese il soccombente, con l’ulteriore conseguenza di rendere applicabile anche a queste ipotesi l’art. 204 D.P.R. n. 115/2002.
Va rilevato che proprio il dato letterale della disposizione citata impedisce di accedere all’interpretazione riferita, atteso che la norma in parola dispone espressamente che il recupero delle spese anticipate dallo Stato per i processi di prevenzione, di esecuzione e di sorveglianza può avere luogo soltanto in presenza di un provvedimento di condanna da parte della Corte di cassazione in seguito a rigetto del ricorso.
La circostanza che il recupero delle spese sia testualmente previsto dall’art. 204 D.P.R. n. 115/2002 soltanto per il giudizio di cassazione e la conseguente deduzione che il legislatore, così disponendo, abbia inteso escludere dalla previsione il giudizio di impugnazione nel merito (ché altrimenti non avrebbe senso la scelta espressiva adoperata), impedisce percorsi interpretativi di tipo estensivo. Essi finirebbero con il vanificare la portata della norma speciale – peraltro anche successiva - la quale prevale sul rinvio operato dall’art. 680, comma 3, c.p.p. alle disposizioni generali sulle impugnazioni. Queste ultime, con riferimento alle spese, subiscono pertanto una espressa deroga.
Si aggiunga, infine, che, diversamente opinando, l’art. 204, comma 2, D.P.R. n. 115/2002 risulterebbe pleonastico, atteso che il generico richiamo alle disposizioni sulle “impugnazioni” contenuto nell’art. 680 c.p.p. consentirebbe di applicare l’art. 616 c.p.p. senza necessità di aggiunta alcuna.

Tenuto conto delle anzidette considerazioni deve, dunque, concludersi che la Corte di appello in materia di misure di prevenzione ed il Tribunale di sorveglianza in funzione di giudice di appello, in caso di rigetto dell’impugnazione, non possano porre a carico del ricorrente le spese del giudizio, essendo una statuizione del genere riconosciuta soltanto in sede di giudizio di cassazione.

Roma, 30 dicembre 2009

Il Direttore Generale
Luigi Frunzio