Contributo unificato - Controversie per il riconoscimento di prestazioni a carico del Servizio Sanitario Nazionale – Determinazione del contributo unificato

provvedimento 18 luglio 2017

Le controversie in materia di riconoscimento a carico al SSN di prestazioni ad anziani ricoverati in case di riposo non possono ritenersi, in via generale, ex ante, riconducibili al genus delle controversie in materia di previdenza/assistenza, essendo rimessa al giudice la qualificazione della natura della prestazione oggetto della domanda. Pertanto, la cancelleria dovrà valutare, al momento della iscrizione a ruolo, la congruità del contributo unificato avendo riguardo al giudice adito, al tipo di atto depositato e alla dichiarazione di valore resa dall’avvocato nelle conclusioni dell’atto introduttivo.


Struttura di riferimento

Provvedimento 18 luglio 2017 - Regime fiscale relativo a controversie finalizzate al riconoscimento in carico al SSN di prestazioni ad anziani ricoverati in case di riposo


Dipartimento per gli affari di giustizia
Direzione Generale degli Affari Interni - Ufficio I
Reparto I - Servizi relativi alla Giustizia Civile


Al sig. Presidente della Corte di Appello di Venezia


Oggetto: regime fiscale relativo a controversie finalizzate al riconoscimento in carico al SSN di prestazioni ad anziani ricoverati in case di riposo
Rif. prot. DAG n.131923 del 15.07.2016 e n. 150969 del 18.08.2016

Con nota n. prot. 978/IV del 14 luglio 2016 e successiva integrazione n. prot. 11057 del 18 agosto 2016, codesta Corte di Appello ha trasmesso il quesito formulato dal Presidente del Tribunale di Verona volto a chiarire “il regime fiscale da applicare alle cause riguardanti il riconoscimento a carico del SSN di prestazioni ad anziani ricoverati in strutture dedicate, ai fini della percezione o meno del contributo unificato”.

Il quesito trae origine da diversi contenziosi, tutti promossi dal medesimo avvocato, aventi ad oggetto l’opposizione a decreti ingiuntivi emessi in favore di strutture di ricovero o dedicate all’assistenza di anziani per rette non pagate.

Nel proporre opposizione, l’avvocato ritiene che le rette siano da porre a carico del servizio sanitario nazionale, trattandosi di prestazioni previdenziali ed assistenziali e che, di conseguenza, anche il contributo unificato da versare per tali procedimenti sia quello previsto per le controversie in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, con gli importi stabiliti dal d.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002.


Al riguardo il Presidente del Tribunale di Verona ha correttamente evidenziato “l’impossibilità per la cancelleria ad entrare nel merito della questione di diritto”; difficoltà confermata anche dal giudice coordinatore della sezione lavoro del tribunale di Verona che, con riferimento al contenzioso in esame, ha ritenuto che “non vi fossero gli estremi per considerare la controversia di natura previdenziale”.

Tuttavia alcuni dei giudizi di opposizione sopra menzionati sono stati decisi con sentenza di accoglimento delle richieste formulate dall’avvocato, con conseguente addebito delle prestazioni a carico del SSN in quanto qualificabili come prestazioni sanitarie, alla stregua di quanto affermato con la sentenza della Corte di Cassazione n. 4558 del 12 dicembre 2011, pubblicata in data 22 marzo 2012.

Sulla base di tali considerazioni con il quesito in esame si chiede di valutare, ai fini del contributo unificato, “se ritenere prevalente la posizione che si sta consolidando su controversie simili a quelle in oggetto nel senso di riconoscervi natura previdenziale, magari su richiesta del legale, o se ritenere prevalente l’indicazione dell’oggetto di causa dal momento che la cancelleria si trova a decidere circa la percezione o meno del contributo nel momento iniziale della procedura, attenendosi al citato oggetto della causa, indipendentemente dall’esito della stessa”.


In via preliminare, preme evidenziare che la nota di codesta Corte di Appello è pervenuta priva di qualsiasi valutazione in ordine al quesito in esame, diversamente da quanto prospettato da questa Direzione generale con la circolare n. 67455 del 14 aprile 2016 in tema di “Modalità di formulazione dei quesiti in materia di servizi di cancelleria e di spese di giustizia”. Nel caso in esame, così come evidenziato nella richiamata circolare, sarebbe stato infatti di grande utilità per questa Direzione generale verificare “se la questione in parola sia stata già affrontata e risolta da altri uffici del medesimo distretto con una soluzione dallo stesso ritenuta condivisibile”, anche in considerazione del fatto che nessun altro ufficio giudiziario risulta aver finora sollevato un identico quesito.

Ciò posto in termini generali, per quanto attiene al merito del quesito in oggetto, così come evidenziato dallo stesso Presidente del tribunale di Verona, la risposta non è di agevole soluzione soprattutto perché la cancelleria, al momento dell’iscrizione a ruolo generale, non può compiere alcuna valutazione in ordine al merito della domanda proposta.


D’altro canto, il versamento del contributo unificato deve essere contestuale all’iscrizione a ruolo generale del procedimento e non può essere rinviato al momento della sua definizione, quando cioè il giudice di merito avrà qualificato la natura della prestazione.

Per fornire risposta al quesito in oggetto, appare opportuno richiamare le norme del codice di procedura civile e quelle del Testo unico sulle spese di giustizia, d.P.R. n. 115 del 2002.


L’articolo 442 del codice di procedura civile individua le controversie in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, vale a dire, “le controversie derivanti dall’applicazione delle norme riguardanti le assicurazioni sociali, gli infortuni sul lavoro, le malattie professionali, gli assegni familiari nonché ogni altra forma di previdenza e di assistenza obbligatorie”,…ed anche “le controversie relative alla inosservanza degli obblighi di assistenza e di previdenza derivanti da contratti e accordi collettivi”.


L’art. 8 del d.P.R. n. 115 del 2022, stabilisce che “Ciascuna parte provvede alle spese degli atti processuali che compie e di quelli che chiede e le anticipa per gli atti necessari al processo quando l'anticipazione è posta a suo carico dalla legge o dal magistrato”;


Il successivo art. 9, comma 1-bis, del citato d.P.R. , prevede che “Nei processi per controversie di previdenza ed assistenza obbligatorie, nonché per quelle individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego le parti che sono titolari di un reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, superiore a tre volte l'importo previsto dall'articolo 76, sono soggette, rispettivamente, al contributo unificato di iscrizione a ruolo nella misura di cui all'articolo 13, comma 1, lettera a), e comma 3,……”;


l’art. 13, comma 1, lettera a), del medesimo d.P.R. n. 115 del 2002, dispone che “Il contributo unificato è dovuto nei seguenti importi: a) euro 43 per i processi di valore fino a 1.100 euro, nonché per i processi per controversie di previdenza e assistenza obbligatorie, salvo quanto previsto dall'articolo 9, comma 1-bis …..”;


il successivo art. 14, del d.P.R. n. 115 del 2002, così come modificato dall’art. 28, comma 1, lettera b), della l. 12 novembre 2011, n. 183, “1. La parte che per prima si costituisce in giudizio, che deposita il ricorso introduttivo, ovvero che, nei processi esecutivi di espropriazione forzata, fa istanza per l’assegnazione o la vendita dei beni pignorati, è tenuta al pagamento contestuale del contributo unificato. (…);2. Il valore dei processi, determinato ai sensi del codice di procedura civile, deve risultare da apposita dichiarazione resa dalla parte nelle conclusioni dell’atto introduttivo”;


l’art. 15, comma 1, del citato d.P.R. n. 115 del 2002, “Il funzionario verifica l’esistenza della dichiarazione della parte in ordine al valore della causa oggetto della domanda e della ricevuta di versamento; verifica inoltre se l’importo risultante dalla stessa è diverso dal corrispondente scaglione di valore della causa.

Dalla lettura delle norme che precedono emerge, in primo luogo, che le controversie in materia di lavoro e pubblico impiego, nonché quelle di previdenza ed assistenza obbligatorie, sono da considerarsi esenti dal pagamento del contributo unificato solo quando le parti risultino titolari di un reddito imponibile, ai fini dell'imposta personale sul reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, inferiore a tre volte l'importo previsto dall'articolo 76; in tutti gli altri casi è dovuto il contributo unificato.

Il funzionario che riceve l’atto introduttivo non può compiere alcuna valutazione in ordine all’individuazione del giudice competente a decidere sulla domanda proposta e, al momento del deposito dell’atto introduttivo, deve verificare “l’esistenza della dichiarazione di valore della parte in ordine al valore della causa oggetto della domanda e della ricevuta di versamento”, ed accertare che l’importo versato corrisponda allo scaglione di valore della causa previsto all’art. 13 del d.P.R. n.115 del 2002.


Di conseguenza, se la parte individua, come nel caso prospettato dal Presidente del tribunale di Verona, quale destinatario della propria domanda, il tribunale ordinario, il cancelliere non può compiere valutazioni di merito in ordine al tipo di domanda proposto qualificando l’oggetto come controversia di previdenza ed assistenza obbligatoria ed applicare il relativo contributo unificato.


Il quesito prospettato dal Presidente del tribunale di Verona è quindi strettamente connesso all’attività giurisdizionale, rispetto alla quale, nessuna valutazione può essere svolta né dal personale di cancelleria né da questa Direzione generale.

Invero solo la disamina concreta della controversia potrà portare alla qualificazione giuridica di “obbligazione alimentare” o piuttosto di “obbligazione previdenziale” secondo gli orientamenti forniti dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 4558 del 22 marzo 2012 e la successiva, a Sezioni Unite, del 21 maggio 2015, n. 10454.

Nella prima delle sentenze citate, la Suprema Corte, chiamata a decidere della natura delle attività prestate a favore di un soggetto gravemente affetto da morbo di Alzheimer, ha affermato che “si è consolidato un indirizzo interpretativo del tutto omogeneo, tale da costituire diritto vivente, nel senso che, nel caso in cui oltre alle prestazioni socio assistenziali siano erogate prestazioni sanitarie, l'attività va considerata comunque di rilievo sanitario e, pertanto, di competenza del Servizio Sanitario Nazionale (Cass., Sez. un., 27 gennaio 1993, n. 1003; Cass., 20 novembre 1996, n. 10150; Cass., 25 agosto 1998, n. 8436, proprio in tema di rapporti con la legislazione del Veneto; Cons. St., 31 luglio 2006, n. 4695; Cons. St., 29 novembre 2004, n. 7766; Cons. St., 16 giugno 2003, n. 3377, TAR Piemonte, 29 aprile 2010, n. 2101)”.

Di conseguenza, prosegue la Suprema Corte “ove sussista quella stretta correlazione, nel senso sopra evidenziato, fra prestazioni sanitarie e assistenziali, tale da determinare la totale competenza del servizio sanitario nazionale, non vi sia luogo per una determinazione di quote, ……..che presuppongono una scindibilità delle prestazioni, non ricorrente in ipotesi, come quella in esame, di stretta correlazione con netta prevalenza degli aspetti di natura sanitaria”.

Con la successiva sentenza a Sezioni Unite, n. 10454 del 21 maggio 2015, la Suprema Corte, nell’esaminare il regime delle spese liquidate in una sentenza di appello in materia previdenziale (regime sottoposto alla disciplina degli articoli 13 c.p.c. e 152 disp. att. c.p.c.), ha affermato che “soltanto le prestazioni di assistenza sociale sono fondate e parametrate totalmente ed esclusivamente sullo stato di bisogno e sulla necessità di assicurare "i mezzi necessari per vivere", laddove le prestazioni previdenziali da un lato presuppongono un rapporto assicurativo, che è assente nelle prime, e dall'altro sono strutturate e finalizzate in funzione di una tutela più ampia e diversamente strutturata, prevista per i lavoratori assicurati”.


Pertanto, prosegue la Suprema Corte, “soltanto le prime hanno totalmente e propriamente una natura alimentare, di guisa che alle stesse non può di certo disconoscersi la piena assimilabilità alle prestazioni alimentari al fine, che qui interessa, della scelta del criterio per la determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese.

Viceversa tale piena assimilabilità non può essere riconosciuta alle prestazioni previdenziali, pur obbligatorie, le quali, seppure certamente partecipino in parte di una natura alimentare, sono però strutturate e parametrate in funzione diversa e più ampia.” .

Orbene, considerato il contesto normativo di riferimento, va da sé, che i principi sopra menzionati devono essere applicati dal giudice, caso per caso, non potendo in alcun modo trovare riscontro presso il personale di cancelleria chiamato a valutare al momento della iscrizione a ruolo, la congruità del contributo unificato al valore della causa.


Sulla base delle considerazioni svolte deve ritenersi che non sia possibile, in via generale, ritenere le cause in esame come genericamente appartenenti alla categoria delle controversie di previdenza ed assistenza obbligatorie.

La cancelleria dovrà dunque valutare la congruità del contributo unificato versato avendo riguardo al giudice adito, al tipo di atto depositato e alla dichiarazione di valore resa dall’avvocato nelle conclusioni dell’atto introduttivo.

Nessuna valutazione di merito potrà essere invece svolta dal funzionario addetto alla ricezione degli atti (ora peraltro inviati con modalità telematica) in ordine alla reale natura delle prestazioni oggetto della domanda.

Roma, 18 luglio 2017

Il Direttore generale
Michele Forziati