Contributo unificato - Per i giudizi di rettificazione di attribuzione di sesso

provvedimento 9 febbraio 2016

Nei giudizi di rettificazione di attribuzione di sesso ai sensi dell’art. 31 d.lgs. n. 150/2011, il contributo unificato va quantificato in ragione del valore indeterminato della domanda ex art, 13, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 115 del 2002.


Struttura di riferimento

Provvedimento 9 febbraio 2016 - Procedimenti per mutamento di sesso

Prot. m_dg.DAG.09/02/2016.0024622.U

Dipartimento per gli affari di giustizia
Direzione Generale della Giustizia Civile
Ufficio I  Affari Civili Interni  

 

Al Sig. Presidente della Corte di Appello di Napoli

Oggetto: procedimenti per mutamento di sesso
 

Con nota priva di protocollo, pervenuta a questa Direzione Generale in data 8 gennaio 2016, codesta Corte di Appello ha trasmesso il quesito posto dal Dirigente amministrativo del Tribunale di Napoli volto ad ottenere alcuni chiarimenti sul procedimento di rettificazione di attribuzione di sesso.

In particolare l’ufficio giudiziario chiede se, con riferimento alle modalità di iscrizione di detti procedimenti al Registro Generale, avuto riguardo alla sentenza emessa dalla Corte di Cassazione, n. 15138 del 20 luglio 2015, la modifica del nome, non legata alla modifica effettiva dei caratteri sessuali, vada iscritta in ogni caso come mutamento di sesso”.

Le norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso sono contenute nella legge 14 aprile 1982, n. 164; in particolare, l’articolo 1, comma 1, prevede che “la rettificazione si fa in forza di sentenza del tribunale passata in giudicato che attribuisca ad una persona sesso diverso da quello enunciato nell'atto di nascita a seguito di intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali”.

Il successivo comma 2, introdotto con l'art. 34, comma 39, lettera a), del d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150, prevede che “le controversie di cui al primo comma sono disciplinate dall'articolo 31 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150”.

Tale ultimo articolo, intitolato “Delle controversie in materia di rettificazione di attribuzione di sesso”, al primo comma prevede che “le controversie aventi ad oggetto la rettificazione di attribuzione di sesso ai sensi dell'articolo 1 della legge 14 aprile 1982, n. 164, sono regolate dal rito ordinario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo”.

Il quinto comma dell’articolo 31 del citato d.lgs. n. 150 del 2011, prevede poi che “Con la sentenza che accoglie la domanda di rettificazione di attribuzione di sesso il tribunale ordina all'ufficiale di stato civile del comune dove è stato compilato l'atto di nascita di effettuare la rettificazione nel relativo registro”.

Oggetto di tale procedimento è quindi il riconoscimento e la conseguente attribuzione di una connotazione sessuale diversa da quella contenuta nell’atto di nascita.

In seguito a tale accertamento il tribunale ordina all’ufficiale dello stato civile di procedere alla rettificazione del relativo registro dello stato civile (art. 31, comma 5, d.lgs. 150 del 2011).

Diversamente, il procedimento di rettificazione dello stato civile o di “modifica del nome”, come definito dal Tribunale di Napoli, trova la propria disciplina giuridica negli articoli 95 e seguenti del d.P.R. n. 396 del 3 novembre 2000, regolamento adottato per la revisione e semplificazione dell’ordinamento dello stato civile.

In particolare, l’articolo 95, comma 1, del citato d.P.R. n. 396 del 2000, prevede che “Chi intende promuovere la rettificazione di un atto dello stato civile o la ricostituzione di un atto distrutto o smarrito o la formazione di un atto omesso o la cancellazione di un atto indebitamente registrato, o intende opporsi a un rifiuto dell'ufficiale dello stato civile di ricevere in tutto o in parte una dichiarazione o di eseguire una trascrizione, una annotazione o altro adempimento, deve proporre ricorso al tribunale nel cui circondario si trova l'ufficio dello stato civile presso il quale è registrato l'atto di cui si tratta o presso il quale si chiede che sia eseguito l'adempimento”.

Il procedimento è disciplinato dal successivo articolo 96, comma 3, in base al quale “sulla domanda il tribunale provvede in camera di consiglio con decreto motivato. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile…”.

Tali procedimenti sono esenti dal pagamento del contributo unificato in base a quanto stabilito dall’art. 10, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002.


Tenuto conto di tale assetto normativo, questa Direzione Generale ritiene che la sentenza della Corte di Cassazione, n. 15138 del 20 luglio 2015, richiamata nel quesito posto dal tribunale di Napoli, non abbia apportato alcuna modifica in ordine alla modalità di iscrizione al Ruolo Generale dei procedimenti di rettificazione dell’attribuzione di sesso, come invece sembrerebbe sostenere il citato ufficio giudiziario.

La Suprema Corte, infatti, ha ritenuto che il riconoscimento giudiziale del diritto al mutamento di sesso non deve necessariamente “imporre l’intervento chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari” in quanto “l’acquisizione di una nuova identità di genere può essere il frutto di un processo individuale che non ne postula la necessità, purché la serietà ed univocità del percorso scelto e la compiutezza dell’approdo finale sia accertata, ove necessario, mediante rigorosi accertamenti tecnici in sede giudiziale”.


Di conseguenza, conclude la Corte, “l’adeguamento dei caratteri mediante trattamento medico chirurgico deve essere autorizzato quando risulta necessario”.

Tenuto conto delle considerazioni svolte, i procedimenti di rettificazione dell’attribuzione di sesso dovranno essere iscritti sul Registro generale degli affari civili contenziosi, e sottoposti al pagamento del contributo unificato previsto dall’articolo 13, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 2002, non essendo prevista per essi alcuna esenzione.

Roma, 9 febbraio 2016

Il Direttore Generale