Contributo unificato - Pronuncia ex art. 13 comma 1-quater tusg - annullamento da parte della Cassazione - effetti sulla procedura di recupero

provvedimento 6 dicembre 2022

Nel caso di annullamento con rinvio della sentenza veicolante la pronuncia ex art. 13, comma 1-quater d.P.R. n.115/2002, essendo venuto meno il titolo legittimante alla riscossione, l’ufficio giudiziario adotterà, su istanza dell’interessato, i provvedimenti atti ad evitare che il recupero sia portato a compimento; ove il pagamento sia già stato effettuato, l’importo di cui all’articolo 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dovrà, su istanza dell’interessato, essere restituito al solvens.


Struttura di riferimento

Provvedimento 6 dicembre 2022 - Quesito ulteriore contributo ex art. 13, comma 1quater, d.P.R. n. 115 del 2002 e annullamento della sentenza della Corte di Appello ad opera della Corte di Cassazione. Rif. prot. DAG n. 205942.E del 12.10.2022


Dipartimento per gli affari di giustizia
Direzione Generale degli Affari Interni - Ufficio I
Reparto I - Servizi relativi alla Giustizia Civile

 

Al sig. Presidente della Corte di appello di Milano
 


Oggetto: quesito ulteriore contributo ex art. 13, comma 1quater, d.P.R. n. 115 del 2002 e annullamento della sentenza della Corte di Appello ad opera della Corte di Cassazione.
Rif. prot. DAG n. 205942.E del 12.10.2022


Con nota prot. 12223/int/M/22 codesta Presidenza ha chiesto di chiarire se la riscossione dell’importo previsto dall’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002, dovuto dalla parte che ha proposto l’impugnazione (anche incidentale) totalmente respinta o dichiarata inammissibile o improcedibile, debba proseguire o possa invece essere annullata nel caso in cui la sentenza di appello, che costituisce il presupposto per il recupero di tale importo, sia stata cassata dalla Corte di Cassazione con rinvio ad altro giudice.

 Codesto Presidente evidenzia che per consolidata interpretazione giurisprudenziale, all’importo in esame viene riconosciuta natura tributaria, oltre che deflattiva, con la conseguenza che “l’eventuale successiva cassazione della sentenza di appello non può far decadere l’obbligo tributario in capo al contribuente, considerato un corrispettivo per l’utilizzazione della funzione giurisdizionale”.

D’altro canto, fa poi notare codesto Presidente, non mancano considerazioni discordanti secondo le quali “in caso di cassazione della sentenza di merito, decade il presupposto d’imposta e rientra tra i poteri del cancelliere revocare in autotutela eventuali procedure di riscossione della sanzione summenzionata”.


Tuttavia, a parere di codesto Presidente “a seguito di una eventuale istanza, il cancelliere non può revocare in autotutela la procedura di recupero dell’ulteriore contributo di cui all’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel frattempo avviata, o provvedere al rimborso della somma eventualmente già versata, non essendo venuti meno i presupposti che ne hanno determinato l’insorgenza”.

Ciò posto, per rispondere al quesito in esame si osserva quanto segue.

Come noto l’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dispone che “Quando l'impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l'ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l'obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.

Questa Direzione generale con circolare prot. DAG n. 38705.U del 26.02.2020, emanata a chiarimento della precedente recante n. prot. 100201.U dell’8 luglio 2015, ha evidenziato, in coerenza con il più recente orientamento giurisprudenziale, che spetta al giudice dare atto nella sentenza dell’esistenza dei presupposti per l’irrogazione della sanzione di cui all’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, mentre rientra tra i compiti della cancelleria quello di dare esecuzione al provvedimento, valutando in concreto la recuperabilità di tale importo, come nei casi di procedimento esente o con parte soccombente che sia stata ammessa al patrocinio a carico dello Stato.


Rispetto al pagamento del contributo unificato, che ha la finalità di coprire i costi del “servizio giustizia”, trattandosi di una entrata tributaria che rappresenta un “prelievo coattivo volto al finanziamento delle «spese degli atti giudiziari»…connesso alla fruizione del servizio giudiziario” (Corte Costituzionale sentenza n. 73 del 2005), l’importo da versare a seguito di impugnazione respinta o dichiarata inammissibile o improcedibile, pur mantenendo una natura tributaria, ha tuttavia una diversa finalità.

La Corte Costituzionale, infatti, con la sentenza n.18 del 2 febbraio 2018, ha precisato che il raddoppio del contributo unificato, previsto dall’art. 13 comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 è “misura eccezionale e lato sensu sanzionatoria”.

Tale qualificazione è stata condivisa dalla Corte di Cassazione, allorquando (v. ordinanza n. 25228 del 24 agosto 2022) ha affermato che l’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, “non trova applicazione in caso di rinuncia al ricorso per cassazione, in quanto tale misura si applica ai soli casi - tipici - del rigetto dell'impugnazione o della sua declaratoria d'inammissibilità o improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, «lato sensu» sanzionatoria, è di stretta interpretazione e non suscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva o analogica”.

La stessa giustizia tributaria, richiamando la sentenza della Corte Costituzionale n. 18 del 2018, ha ritenuto che l’articolo 13, comma 1quater, del d.P.R. 115/2002 è “disposizione di carattere dichiaratamente eccezionale, disciplinante una misura di natura speciale e sanzionatoria” (così, Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia- sent. N. 1418/13 dell’8 aprile 2021).

Le sentenze sopra richiamate focalizzano quindi l’accento sulla funzione sanzionatoria della pronuncia che accerti dovuto l’importo in esame, a discapito della funzione di ristoro dei costi sopportati per la trattazione della controversia, che è già assolta dal pagamento – in misura maggiorata - del contributo unificato dovuto per l’istaurazione dell’impugnazione (“Il contributo di cui al comma 1 è aumentato della metà per i giudizi di impugnazione ed è raddoppiato per i processi dinanzi alla Corte di cassazione”- art. 13, comma1bis, del d.P.R. n. 115 del 2002).


A ciò si aggiunga che l’art. 336, c.p.c. dispone che “La riforma o la cassazione parziale ha effetto anche sulle parti della sentenza dipendenti dalla parte riformata o cassata. La riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata”.

La norma in commento disciplina, al primo comma, il c.d. effetto espansivo interno della riforma o cassazione, in virtù del quale la riforma o la cassazione parziale di una sentenza ha effetto anche sulle parti della stessa che siano dipendenti dalla parte riformata o cassata.

Secondo l’opinione consolidata, “l'effetto espansivo interno derivante dalla riforma o cassazione parziale della sentenza, previsto dall'art. 336, comma 1, c.p.c., trova applicazione rispetto ai capi della pronunzia non impugnati autonomamente, ma necessariamente dipendenti da altro capo impugnato” (così, ex plurimis, Cass. n. 5550 del 01/03/2021[1]).


Gli stessi predicati possono declinarsi per la statuizione prevista dall’art. 13, comma 1-quater d.P.R. n.115/2002, che indefettibilmente deve essere emessa, dal giudice dell’impugnazione, “quando l'impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile”.

Correlativamente, in caso di esecuzione forzata la Suprema Corte ha ribadito che “Ai fini della legittimità dell'esecuzione forzata, non è sufficiente che il titolo esecutivo sussista quando l'azione esecutiva è minacciata o iniziata, ma è necessario che la sua validità ed efficacia permangano durante tutto il corso della fase esecutiva; pertanto, se il provvedimento giudiziale costituente il titolo alla base dell'esecuzione forzata è annullato, l'esecuzione deve arrestarsi e non può più proseguire, e tale sopravvenuta caducazione è deducibile in ogni stato e grado del giudizio di opposizione” (Cass. Civ. sent. n. 210 del 9.01.2002; anche tale principio è ormai tradizionale: v. da ultimo Cass. n. 4432 del 07/03/2016), con la conseguenza che “non appena sia pubblicata la sentenza di riforma, vengono meno immediatamente sia l'efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, sia l'efficacia degli atti o provvedimenti di esecuzione spontanea o coattiva della stessa, rimasti privi di qualsiasi giustificazione, con conseguente obbligo di restituzione delle somme pagate e di ripristino della situazione precedente” (Cass. Civ. sent. n. 26171del 06/12/2006).


In conclusione, considerato che il titolo su cui si fonda il recupero deve conservare validità ed efficacia durante tutto il corso della fase di riscossione, questa Direzione generale ritiene che, fermo l’obbligo per le cancellerie di avviare la procedura di riscossione non appena pubblicata la sentenza veicolante la pronuncia ex art. 13, comma 1-quater d.P.R. n.115/2002, nel caso in cui la sentenza in questione sia cassata con rinvio ad altro giudice, essendo venuto meno il titolo legittimante alla riscossione, da un lato l’ufficio giudiziario adotterà, su istanza dell’interessato, i provvedimenti atti ad ovviare che il recupero sia portato a compimento, dall’altro, ove il pagamento sia già stato effettuato, l’importo di cui all’articolo 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dovrà, sempre su istanza dell’interessato, essere restituito al solvens.

Cordialmente

Roma, 6 dicembre 2022

il Direttore generale
Giovanni Mimmo

[1] In forza di tale principio, ad esempio, “la cassazione parziale …comporta che la caducazione, in sede di legittimità, della pronuncia nel merito del giudice di appello, ancorché limitata ad un capo di essa, si estende alla statuizione relativa alle spese processuali, con necessità della rinnovazione della relativa statuizione all'esito della lite” (da ultimo, Cass. Civ. ord. n. 6922 del 2.03.2022).