Contributo unificato - Cause iscritte presso l’Ufficio del Giudice di Pace - Applicazione dell’art. 13, comma 6, d.P.R. n. 115 del 2002 – Norma di portata generale

provvedimento 21 agosto 2019

La disposizione del comma sesto dell’art. 13, d.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002 - secondo cui “Se manca la dichiarazione di cui all'articolo 14, il processo si presume del valore indicato al comma 1, lettera g)...”- deve ritenersi una previsione di carattere generale, applicabile a tutti i tipi di procedimenti civili e per ogni grado di giudizio indipendentemente dal giudice adito e dalla sua competenza per valore.


Struttura di riferimento

Provvedimento 21 agosto 2019 - Quesito formulato dal Presidente del Tribunale di Milano in merito all'applicazione dell'art. 13, sesto comma, d.P.R 115 del 2002, per quanto concerne le cause iscritte presso l'Ufficio del Giudice di Pace. Rif. prot. DAG n. 107172.E del 24.5.2019

Dipartimento per gli affari di giustizia
Direzione Generale degli Affari Interni - Ufficio I
Reparto I - Servizi relativi alla Giustizia Civile

(ex Direzione generale della giustizia civile  - Ufficio I – Affari civili interni)
 


Al sig. Presidente della Corte di appello di Milano
 

Oggetto: quesito formulato dal Presidente del Tribunale di Milano in merito all'applicazione dell'art. 13, sesto comma, d.P.R 115 del 2002, per quanto concerne le cause iscritte presso l'Ufficio del Giudice di Pace.
Rif. prot. DAG n. 107172.E del 24.5.2019.

Con nota n. prot. 4860/Q/2019 del 24 maggio u.s., la S.V. ha trasmesso il quesito ricevuto dal Presidente del tribunale di Milano e formulato dal Dirigente amministrativo del giudice di pace della città meneghina, volto a chiarire “se la presunzione di valore massimo della causa - in difetto di dichiarazione di cui all’art. 14 T.U. spese di giustizia – sia applicabile anche per le cause introdotte davanti all’ufficio del Giudice di Pace”

Codesto Presidente non indica quale sia il comportamento adottato dagli altri Uffici del giudice di pace del proprio distretto con riferimento al quesito in esame ma evidenzia la necessità di un intervento da parte di questa Direzione generale in quanto “non risultano agli atti di questo ufficio precedenti chiarimenti in merito alla questione sottoposta”.

Ciò posto in termini generali si evidenzia che la disposizione contenuta nel sesto comma dell’articolo 13 del d.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002, secondo cui “Se manca la dichiarazione di cui all'articolo 14, il processo si presume del valore indicato al comma 1, lettera g)...” è una disposizione presente nell’ordinamento fin dall’entrata in vigore del Testo Unico sulle spese di giustizia.

Nell’originaria formulazione, quella entrata in vigore il 1° luglio del 2002, il comma 6 dell’articolo 13 d.P.R. n. 115 del 2002, rappresentava la disposizione di chiusura di tale articolo che, dopo avere individuato gli importi del contributo unificato in base al valore della causa o al tipo di procedimento, stabiliva l’importo da versare nel caso in cui mancasse la dichiarazione di valore prevista dall’articolo 14 del medesimo d.P.R. n. 115 del 2002.


Come noto, infatti, l’articolo 14 del Testo Unico sulle spese di giustizia oltre a stabilire la parte tenuta al versamento del contributo unificato (comma 1), dispone che “Il valore dei processi, determinato ai sensi del codice di procedura civile, senza tener conto degli interessi, deve risultare da apposita dichiarazione resa dalla parte nelle conclusioni dell'atto introduttivo, anche nell'ipotesi di prenotazione a debito” (comma 2).

Tale dichiarazione integra quindi le conclusioni dell’atto introduttivo e non ha un valore solo formale in quanto la sua assenza comporta l’applicazione dello scaglione massimo di contributo unificato anche nel caso in cui la “domanda” sia perfettamente quantificata.

Deve quindi ritenersi che la previsione contenuta nel comma 6 dell’articolo 13 del testo Unico spese di giustizia sia una previsione di portata generale, da applicare a tutti i tipi di procedimenti e per ogni grado di giudizio indipendentemente dal giudice adito e dalla sua competenza per valore.

Fanno propendere per tale conclusione una serie di considerazioni.


In primo luogo l’importo da versare nel caso in cui manchi la dichiarazione di valore è nettamente superiore sia a quello fissato per i procedimenti di valore indeterminabile di competenza del giudice di pace (art. 13, comma 1, lettera c) del d.P.R. n. 115 del 2002: “euro 237 per i processi di valore superiore a euro 5.200 e fino a euro 26.000 e per i processi contenziosi di valore indeterminabile di competenza esclusiva del giudice di pace”), sia per quelli di valore indeterminabile di competenza del giudice civile e amministrativo (art. 13, comma 1, lettera d), del medesimo d.P.R. “euro 518 per i processi di valore superiore a euro 26.000 e fino a euro 52.000 e per i processi civili di valore indeterminabile”), il che rafforza il ruolo di norma di chiusura della disposizione in esame.

Inoltre la competenza del giudice di pace è fissata non solo con riferimento al valore dei processi ma anche per materia e a prescindere dal valore.


Come noto, infatti, l’art. 7, comma 3, del c.p.c. stabilisce che il giudice di pace “È competente qualunque ne sia il valore:1) per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi; 2) per le cause relative alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi di condominio di case; 3) per le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità. 3-bis) per le cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali”.

Deve quindi ritenersi che proprio in relazione a tali procedimenti la dichiarazione di valore resa dall’avvocato assuma un rilievo fondamentale ai fini del contributo unificato e che la sua omissione determini anche nel giudice di pace il pagamento del contributo massimo sebbene la competenza per valore si fermi ad euro ventimila.


Infine, pur non volendo attribuire alla disposizione in esame un valore sanzionatorio, è indiscutibile che il legislatore abbia voluto prevedere quale conseguenza per l’omessa dichiarazione di valore da rendere nelle conclusioni dell’atto, il pagamento dell’importo più alto di contributo unificato in modo da scoraggiare tale comportamento e consentire alla cancelleria di compiere celermente i relativi controlli.

Preme inoltre evidenziare che la norma oggetto di valutazione è in vigore ormai da lungo tempo e rispetto alla sua operatività anche nei confronti del giudice di pace non si sono registrati dubbi da parte degli uffici con la conseguenza che questa Direzione generale deve ritenere che vi sia un consolidato comportamento rispetto alla sua applicazione.


Ciò posto si ritiene solo utile rammentare la circolare del 29 settembre 2003, avente ad oggetto - Testo Unico spese di giustizia, DPR 115/02. Risposte a quesiti - (allegato 1), nella quale al paragrafo uno si affronta il problema relativo alla dichiarazione di valore resa successivamente all’atto introduttivo del giudizio; la nota è indirizzata a tutti i Presidenti delle corti di appello e non sono indicate eccezioni in merito all’operatività dell’articolo 13, comma 6, del d.P.R. n. 115 del 2002, come peraltro risulta dalla consultazione di alcuni siti dell’Ufficio del Giudice di pace (compreso quello di Milano in cui è specificato: ”sanzione per omessa dichiarazione di valore contr. unif. € 1.686 + marca da bollo € 27”) ove si ricorda che “nel caso in cui manca la dichiarazione di valore il contributo unificato è di € 1.686”.

Roma, 21 agosto 2019

Il Direttore generale
Michele Forziati