DDL - Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sulla protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13/11/1987 - Relazione

Disegno di legge recante: “Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987”

Articolato

 

La Convenzione per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987 è stata firmata dall’Italia nella stessa data; nonostante il nostro Paese sia stato uno dei primi firmatari della Convenzione ad oltre 20 anni di distanza non è stato ancora emanato il previsto provvedimento di ratifica della stessa.

La legislazione nazionale, attraverso la legge 14 agosto 1991, n. 281, le norme regionali di recepimento della citata legge, l’Accordo 6 febbraio 2003 tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome, hanno reso attuativi la maggior parte dei principi enunciati dalla Convenzione. Per taluni aspetti la legislazione nazionale è andata oltre ed ha superato le previsioni minime stabilite dalla citata Convenzione ai fini della tutela degli animali da compagnia.

Tuttavia nell’ordinamento nazionale le disposizioni di cui all’articolo 10 della Convenzione, concernenti il divieto degli interventi chirurgici destinati a modificare l’aspetto di un animale da compagnia o finalizzati ad altri scopi non terapeutici (taglio della coda e delle orecchie, recisione delle corde vocali, asportazione delle unghie e dei denti), non sono state previste in alcun atto legislativo, fatte salve le recenti ordinanze contingibili ed urgenti “tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione di cani”, di cui l’ultima del 3 marzo 2009, vigenti solo per un periodo limitato di tempo e nelle quali non si possono prevedere sanzioni. Il presente intervento legislativo introduce sanzioni penali da irrogare nei confronti degli autori di tali condotte. 

E’ emersa, inoltre, la necessità di prevedere un adeguato regime sanzionatorio che funga da deterrente per l’illecita introduzione di animali da compagnia nel territorio nazionale. Le disposizioni introdotte, prevedono l’irrogazione di sanzioni penali per le fattispecie più gravi, nei casi in cui  l’introduzione illecita di animali da compagnia sul territorio nazionale avvenga “reiteratemnte o tramite attività organizzate”, mentre sono previste sanzioni amministrative nel caso in cui condotte analoghe vengano realizzate in assenza di una struttura organizzativa finalizzata a tale scopo o senza reiterazione della condotta. Queste norme sono finalizzate a dare piena esecuzione all’articolo 12 della Convenzione, che impegna le parti contraenti a prevedere l’identificazione permanente degli animali, impegno che può essere adempiuto solo se gli animali da compagnia, introdotti nel territorio nazionale, in particolare cani e gatti , quelli per i quali si verifica il fenomeno della importazione illegale, siano identificati e muniti delle certificazioni previste dalla legislazione vigente.

La necessità di ratificare la Convenzione, nonostante il lungo lasso di tempo intercorso dalla sua emanazione, scaturisce soprattutto dall’esigenza di prevedere un adeguato regime sanzionatorio per le condotte sopra descritte.

Esame delle disposizioni

La Convenzione si compone di 23 articoli:

Art. 1 - riguarda le definizioni; in particolare vengono fornite le definizioni di “animale da compagnia”, ma anche dei termini “commercio di animali da compagnia”, “allevamento e custodia per fini commerciali”, “rifugio per animali”, nonché “animale randagio”.

Art. 2 - prevede che le parti contraenti adottino provvedimenti adeguati per dare effetto alle disposizioni della Convenzione relativamente agli animali da compagnia e agli animali randagi.
Ai commi 2 e 3, inoltre, è stabilito che le disposizioni della Convenzione non pregiudicano l’attuazione di altri strumenti per la protezione degli animali da compagnia e delle specie selvatiche nonché la facoltà di ogni Paese di adottare norme più restrittive. Sulla base di tale articolo sono fatte salve le norme nazionali vigenti in materia di protezione degli animali da compagnia e lotta al randagismo.

Art. 3 - detta due principi fondamentali per il benessere degli animali: il divieto di causare inutili dolori e sofferenze e quello di abbandonare gli animali da compagnia.
 
Art. 4 - attraverso questo articolo sono stabilite  le condizioni minime  per il mantenimento di un animale da compagnia e viene stabilito che chiunque lo detenga o abbia accettato di occuparsene è responsabile della salute e del benessere dell’animale stesso, al quale deve assicurare cure e attenzioni adeguate in rapporto ai suoi bisogni etologici sulla base della specie, razza ed età.
Viene poi affermato il principio secondo il quale non devono essere tenuti come animali da compagnia quegli animali che non siano adatti alla vita in cattività (animali selvatici).

Art. 5 - tratta della riproduzione animale, che deve avvenire nel rispetto delle caratteristiche anatomiche, fisiologiche e comportamentali dei riproduttori e deve tener conto dei rischi per la salute e del benessere della madre e della progenie.

Art. 6 - stabilisce il limite di 16 anni di età per l’acquisizione di un animale da compagnia.

Art 7 - affronta il problema dell’addestramento degli animali da compagnia stabilendo il principio che l’addestramento deve avvenire con metodi che non ne compromettano la salute ed il benessere; vieta inoltre l’utilizzo di mezzi artificiali che causino ferite, dolore o afflizioni inutili. Sulla base di tale principio si considera vietato anche l’uso di collari e strumenti elettrici per l’addestramento dei cani.

Art. 8 - stabilisce che chiunque eserciti un’attività di commercio, allevamento o custodia per fini commerciali oppure gestisca un rifugio per animali da compagnia deve dichiararlo all’autorità competente entro un termine adeguato. La normativa nazionale (art. 5 dell’accordo Stato Regioni e Province autonome 3 febbraio 2004), prevede in tali casi l’autorizzazione ai sensi del Regolamento di Polizia veterinaria (DPR n. 320/54).

Art. 9 - regolamenta l’utilizzo degli animali da compagnia per scopi legati alla pubblicità, spettacoli, esposizioni, competizioni ed altre manifestazioni analoghe. Tale utilizzo è consentito esclusivamente nel caso in cui agli animali siano assicurate le condizioni stabilite all’articolo 4, comma 2, e che sia salvaguardato il loro stato di salute e di benessere (anche in questo caso esiste un’apposita disposizione nell’accordo Stato Regioni e Province autonome 3 febbraio 2004). E’ anche imposto il divieto di somministrazione di sostanze e trattamenti tali da determinare un innalzamento o una diminuzione della loro naturali prestazioni (divieto già sanzionato nell’ordinamento italiano dall’articolo 544 ter c.p. introdotto con legge 189/2004).

Art. 10 – dispone il divieto di effettuare interventi chirurgici destinati a modificare l’aspetto di un animale da compagnia o finalizzati ad altri scopi non terapeutici, quali il taglio della coda, delle orecchie, la recisione delle corde vocali e l’asportazione delle unghie e dei denti. Sono previste eccezioni relativamente agli interventi necessari per ragioni di medicina veterinaria e per impedire la riproduzione. Gli interventi che provocano dolore devono essere effettuati in anestesia da un medico veterinario; l’articolo prevede la possibilità di esecuzione degli interventi che non necessitano di anestesia anche da parte di persone competenti in conformità con la legislazione nazionale (ma ciò in Italia non è possibile).

Art. 11 -  stabilisce che solo un veterinario o altra persona competente (ma ciò in Italia non è possibile) possa effettuare la soppressione degli animali da compagnia (in Italia vietata , salvo il caso in cui siano dichiarati gravemente malati, incurabili o di comprovata pericolosità) e fornisce indicazioni circa i requisiti che i metodi utilizzati debbono avere, stabilendo il divieto di utilizzo di taluni metodi.

Art. 12 - affronta la problematica del randagismo, nel senso che lascia la facoltà ai Paesi aderenti di adottare, attraverso norme nazionali, provvedimenti atti a ridurre il numero degli animali randagi presenti sul territorio. Tuttavia stabilisce che i provvedimenti adottati devono essere tali da non provocare dolori e sofferenze inutili agli animali, in particolare durante gli interventi di cattura e detenzione o l’eventuale soppressione.
Deve essere sottolineato che in base alla normativa vigente, è vietata la soppressione degli animali da compagnia salvo nel caso in cui siano gravemente malati, incurabili o di comprovata pericolosità. L’uccisione degli animali (salvo nei casi consentiti) è un reato ai sensi dell’articolo 544 bis del c.p. (come modificato dalla Legge 189/04).
Inoltre l’articolo in questione prevede l’identificazione permanente dei cani e dei gatti con mezzi adeguati ed il più possibile indolori, la registrazione degli animali e del relativo proprietario. Tale disposizione deve leggersi in maniera combinata con la normativa nazionale in materia (L. 281/91 e DPCM 6 febbraio 2004 di attuazione dell’accordo Stato Regioni e Province autonome 3 febbraio 2004) che prevede come unico metodo d’identificazione per i cani il microchip e l’istituzione dell’anagrafe canina regionale interconnessa con quella nazionale.
L’attuale normativa italiana, invece, non prevede l’obbligo d’identificazione dei gatti di proprietà e la relativa anagrafe regionale/nazionale; l’obbligo di identificare con microchip sussiste solo in caso di movimentazioni ai sensi del Regolamento  998/2003.

Art. 13 – stabilisce che può essere fatta eccezione al rispetto dei principi della Convenzione, relativamente alle operazioni di cattura, mantenimento e uccisione di animali randagi, solo nel caso in cui sia inevitabile nel contesto di piani di controllo delle malattie.

Art. 14 – tratta dell’impegno per le parti contraenti di promuovere programmi di informazione ed educazione rivolti a tutti coloro che sono coinvolti a qualunque titolo con gli animali da compagnia (allevatori, addestratori, detentori ecc). La formazione dovrà riguardare il corretto rapporto uomo-animale, la gestione, il possesso responsabile e la riproduzione consapevole. Tali attività  sono già previste e trovano adeguata copertura finanziaria in  disposizioni di legge già in vigore.

Gli articoli dal 15 al 23 sono relativi agli aspetti di natura giuridico-amministrativa concernenti le consultazioni multilaterali, gli emendamenti, la ratifica, l’entrata in vigore, l’adesione degli Stati non membri, la clausola territoriale, le riserve, la denuncia e le notifiche.
In particolare, si segnala che la partecipazione alle consultazioni di cui all’articolo 15 sarà assicurata dal rappresentante nazionale che già partecipa alle riunione al Consiglio d’Europa.

Il disegno di legge di ratifica si compone di otto articoli.

L’articolo 1 del disegno di legge reca l’autorizzazione alla ratifica; l’articolo 2 contiene l’ordine di esecuzione.

L’articolo 3, del disegno di legge, modifica l’articolo 544-ter del codice penale, articolo  inserito nel codice penale dalla legge 20 luglio 2004, n.189. La Convenzione, alla quale si intende dare esecuzione con il presente intervento normativo, vieta, come già ricordato, all’articolo 3, di causare inutilmente dolori, sofferenze o afflizioni agli animali da compagnia, oltre a vietare, all’articolo 10, interventi chirurgici destinati a modificare l’aspetto di un animale da compagnia, o finalizzati ad altri scopi non terapeutici. Per adeguare la normativa interna a tali disposizioni, rendendola rispondente alle attuali istanze culturali nei confronti della sensibilità degli animali, si è riformulato dell’articolo 544 ter del codice penale, prevedendo le seguenti modifiche:

  • eliminazione del riferimento alla crudeltà o alla assenza di necessità, elementi previsti nell’attuale formulazione della norma codicistica per ravvisare la sussistenza del reato; 
  • introduzione di una specifica previsione che sanzioni il taglio o l’amputazione delle coda o delle orecchie, la recisione delle corde vocali, l’asportazione delle unghie e dei denti ovvero gli altri interventi chirurgici destinati a modificare l’aspetto dell’animale o finalizzati a scopi non terapeutici; 
  • adeguamento dell’entità delle sanzioni per le diverse condotte previste, con inasprimento sanzionatorio (pena congiunta della reclusione e della multa) rispetto alle vigenti sanzioni (pena alternativa della reclusione e della multa).

L’opportunità di introdurre tali previsioni nel codice penale attraverso al modifica dell’articolo 544 ter con applicazione, quindi, a tutti gli animali e non solo agli animali da compagnia, emerge in primo luogo dalla elevata sensibilità raggiunta nell’attuale contesto sociale nei confronti di ogni specie animale, ed inoltre dalla considerazione che l’ampia definizione contenuta nell’articolo 1 della Convenzione degli animali da compagnia , indicati come ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto dall’uomo, in particolare presso il suo alloggio domestico, per il suo diletto e come da compagnia, non avrebbe premesso l’individuazione di una specifica categoria di animale da compagnia, determinazione necessaria nella formulazione di fattispecie incriminatici penali data la sussistenza, nel nostro ordinamento, dei principi costituzionali di determinatezza e tassatività. 

Peraltro, il dettato dell’articolo 19 ter, del R.D. 28 maggio 1931,n.601, recante “Disposizioni di coordinamento e transitorie per il codice penale”, il quale prevede che le disposizioni del titolo IX bis del libro II del codice penale (titolo nel quale è inserito l’articolo 544 ter), non si applicano ai casi previsti dalle leggi speciali in materia di caccia, di pesca, di allevamento, di trasporto e di macellazione degli animali, di sperimentazione scientifica sugli stessi, di attività circensi, di giardini zoologici, nonché nei casi previsti dalle altre leggi speciali in materia di animali, permette di applicare, ove prevista,  la legislazione speciale.  Il primo comma, della nuova formulazione dell’articolo 544 ter prevede l’irrogazione della sanzione penale della reclusione, da due a quindici mesi, e della multa, da 2.000 a 18.00 euro, nei confronti di chiunque cagioni una lesione ad un animale ovvero lo sottoponga a sevizie, comportamenti, fatiche o lavori non sopportabili, ovvero gli somministri sostanze stupefacenti o vietate, o comunque sottoponga l’animale a trattamenti che gli procurino un danno alla salute (tutte condotte già sanzionate nell’attuale formulazione dell’articolo 544 ter, c.p.).

Il secondo comma, dell’articolo 544 ter c.p., prevede l’irrogazione della sanzione penale della reclusione, da tre mesi ad un anno e della multa da 3.000 a 15.00 euro, nei confronti di chiunque sottoponga l’animale a specifici interventi (taglio o amputazione della coda o delle orecchie, recisione delle corde vocali, asportazione delle unghie o dei denti), ovvero ad interventi chirurgici finalizzati a scopi non terapeutici o destinati a modificarne l’aspetto, considerando tali condotte come particolari forme di maltrattamento. Il terzo comma della norma codicistica in esame prevede un aggravante ad effetto speciale, disponendo che la sanzione venga aumentata della metà se dai maltrattamenti derivi la morte dell’animale. Il quarto comma prevede un’ipotesi di esclusione della punibilità che ricorre qualora l’intervento chirurgico sia eseguito da un medico veterinario o per scopi terapeutici o per impedire la riproduzione dell’animale.  

L’articolo 4 del disegno di legge introduce il reato di traffico illecito di animali da compagnia prevedendo le relative sanzioni penali. Quanto alla collocazione sistematica della norma, la disposizione non è stata inserita nel codice penale data la presenza di numerosi rinvii mobili a disposizioni comunitari che attualmente disciplinano, seppure per finalità sanitarie,  le modalità per gli scambi comunitari ed extracomuntari di animali (cfr. per gli scambi comunitari: d. leg.vo n.28/1993 recante attuazione delle direttive 89/662/CEE e 90/425/CEE; d. leg.vo n.633/1996 recante attuazione della direttiva 92/65/CEE; regolamento (CE) n.998/2003; decisione della Commissione n.2003/803/CE; regolamento (CE) n.599/2004. In relazione alle importazioni di animali da paesi terzi: d. leg.vo n.93/1993 recante attuazione delle direttive 90/675/CE e 91/496/CEE; regolamento (CE) n.282/2004; decisione della Commissione n.2004/595/CE).

Il primo comma, dell’articolo 4, prevede l’irrogazione della sanzione della reclusione da tre mesi ad un anno e della multa da 3.000 a 15.000 euro per chiunque, al fine di procurare a se o ad altri un profitto, reiterando la condotta o utilizzando allo scopo attività organizzate, introduca nel territorio nazionale cani o gatti (animali da compagnia di cui all’allegato I, parte A, del regolamento n.998/2003) privi di sistemi di identificazione individuale o delle necessarie certificazioni sanitarie e non muniti, ove richiesto, di passaporto individuale. Sono state previste sanzioni solo per il traffico illecito di cani e di gatti in quanto è per queste categorie di animali da compagnia che in concreto si rilevano tali condotte.

Il secondo comma dispone che la stessa pena si applichi a chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, trasporti, ceda o riceva cani o gatti illecitamente introdotti nel territorio nazionale in quanto privi di sistemi di identificazione individuale o delle necessarie certificazioni sanitarie e non muniti, ove richiesto, di passaporto individuale.

E’ prevista un aggravante (terzo comma) se gli animali illecitamente introdotto siano cuccioli (età inferiore alle otto settimane) o provengano da zone sottoposte a misure restrittive di polizia veterinaria adottate, dalle competenti autorità dei paesi di provenienza, per evitare la diffusione di malattie proprie della specie. Il quarto comma dispone che nel caso di condanna o di patteggiamento per i delitti previsti nel primo o nel secondo comma, si applichi l’articolo 544 sexies del codice penale che prevede la confisca dell’animale (salvo che appartenga a persona estranea al reato), nonché la sospensione, da tre mesi a tre anni, dell’attività di trasporto, di commercio o di allevamento degli animali se la sentenza è pronunciata nei confronti di soggetto che svolga tali attività ; in caso di recidiva è prevista l’interdizione dall’esercizio delle medesime attività. Gli ultimi due commi dell’articolo in esame, prevedono che gli animali, oggetto di provvedimento di sequestro o di confisca siano affidati alle associazioni o agli enti indicati nel decreto del Ministro della Salute previsto dall’articolo 19-quater delle disposizioni di coordinamento e transitorie per il codice penale. 

L’articolo 5 stabilisce sanzioni amministrative per chi introduce animali da compagnia nel territorio nazionale in violazione della legislazione vigente. Le condotte sanzionate sono in parte analoghe a quelle previste dall’articolo 4, ma in quanto relative a fattispecie di introduzione di animali da compagnia poste in essere da soggetti che non abbiamo approntato allo scopo un’attività organizzata, o non abbiano reiterato la condotta, sono da considerarsi meno lesive del principio di offensività, e pertanto punibili con sanzioni amministrative. Il primo comma prevede che sia soggetto al pagamento di una sanzione amministrativa, da 100 a 1.000 euro per ogni animale introdotto, chiunque introduca nel territorio nazionale cani o gatti privi di sistemi di identificazione individuale. Il secondo comma prevede che venga irrogata una sanzione amministrativa da 500 a 1000 euro per ogni animale introdotto nei confronti di chiunque introduca nel territorio nazionale cani e gatti in violazione dei requisiti previsti dalla legislazione vigente (mancanza di certificazioni sanitarie, etc.); tale seconda ipotesi è stata distinta dalla prima in quanto queste ultime violazioni possono, a determinate condizioni, essere regolarizzate (cfr. art. 13, comma 7, d. leg.vo 30 gennaio 1993, n.28), dato per il quale è stato previsto che la sanzione venga applicata solo in mancanza di regolarizzazione. La stessa sanzione prevista dal comma 2, si applica a chiunque trasporti o ceda cani o gatti introdotti nel territorio nazionale privi  di sistema por l’identificazione individuale, o in violazione degli altri requisiti previsti dalla legislazione vigente (sempre che la violazione non sia stata regolarizzata). Si applicherà una sanzione più elevata, da 1000 a 2000 euro per ogni animale introdotto, se i cani e gatti siano cuccioli o provengano da zone sottoposte a misure restrittive di polizia veterinaria. 

L’articolo 6 prevede sanzioni amministrative accessorie a carico del trasportatore o del titolare di azienda commerciale che commetta più violazioni delle disposizioni indicate nell’articolo 5, ciò al fine di aumentare l’efficacia deterrente della sanzione. Il primo comma prevede che il trasportatore o il titolare di azienda commerciale che commetta tre violazioni delle norme che sanzionano l’introduzione illecita di animali da compagnia (articolo 5), in un periodo di tre anni, sarà soggetto alla sospensione dell’autorizzazione per l’esercizio dell’attività per un periodo da uno a tre mesi; la sanzione sarà applicata nella misura massima se il periodo intercorrente tra due violazioni sia inferiore a tre mesi. Il secondo comma, prevede che la sanzione accessoria della sospensione dell’autorizzazione venga irrogata al titolare di azienda commerciale che commetta tre violazioni delle disposizioni previste dal terzo comma dell’articolo 13-bis, del d. leg.vo n.28/1993. Tale norma dispone che venga irrogata una sanzione all’operatore registrato o convenzionato che non ottemperi agli obblighi contratti con la registrazione o la convenzione (atti necessari per realizzare scambi intracomunitari di animali). Il comma terzo, prevede la sanzione della revoca della autorizzazione nel caso di commissione di cinque violazioni delle disposizioni previste dall’articolo 5 o dell’articolo 13-bis, comma 3, d.leg.vo n.28/1993, nel periodo di tre anni.

Il procedimento di applicazione di tali sanzioni amministrative è definito all’art. 7 del disegno di legge, prevedendo (comma 5) che le autorità competenti ad irrogarle siano, negli ambiti di rispettiva competenza, il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, le Regioni e le Province autonome. Il secondo comma, dell’articolo 7, al fine di aumentare l’efficacia deterrente delle sanzioni amministrative, preso atto che in concreto le violazioni vengono spesso commesse da cittadini stranieri, nei confronti dei quali l’esecuzione di sanzioni amministrative pecuniarie o accessorie può essere difficoltosa, prevede che quando l’introduzione illecita di animali da compagnia venga commessa utilizzando un veicolo immatricolato all’estero si applica l’articolo 207 del codice della Strada, nel quale è stabilito che nel caso in cui il trasgressore non paghi immediatamente in misura ridotta la sanzione, egli dovrà versare all’agente accertatore a titolo di cauzione una somma pari alla metà del massimo della sanzione pecuniaria prevista per la violazione (o nel caso di veicoli immatricolati in uno Stato dell’Unione Europea o aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo una somma pari a quella prevista per il pagamento in misura ridotta); in mancanza del pagamento di tale importo viene disposto il fermo amministrativo del veicolo fino a quando non sia adempiuto l’onere del versamento e comunque per un periodo non superiore ai sessanta giorni. Il terzo comma disciplina le modalità di custodia, a spese del responsabile,  del veicolo per il quale sia stato disposto il fermo e le modalità per il ricovero, sempre a spese del responsabile della violazione, degli animali illecitamente introdotti. Il quarto comma prevede modalità per l’aggiornamento periodico dell’entità delle sanzioni amministrative. 

L’articolo 8 disciplina l’entrata in vigore della norma.

Sono fatte salve le disposizioni previste dalla Legge 281/91 e dal DPCM 6 febbraio 2004 di attuazione dell’accordo Stato Regioni Province autonome.

Dall’attuazione della presente Convenzione non derivano oneri per la finanza pubblica. Pertanto, non si rende necessario redigere la Relazione tecnica ai sensi del comma 2, dell’articolo 11-ter, della legge 5 agosto 1978, n. 468 e successive modificazioni.