XVIII LEG - Schema di D.Lgs. - Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati

aggiornamento: 13 settembre 2018

Esame definitivo - Consiglio dei ministri 6 aprile 2018

Esame preliminare - Consiglio dei ministri 8 febbraio 2018

Schema di decreto legislativo recante: “Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 16, lettere a) e b), e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103”


Relazione illustrativa

Indice


Art. 1 - Minaccia
Art. 2 - Violazione di domicilio commessa da un pubblico ufficiale
Art. 3 - Falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche
Art. 4 - Falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni informatiche o telematiche
Art. 5 - Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza commesse da persona addetta al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni
Art. 6 - Rivelazione del contenuto di corrispondenza, commessa da persona addetta al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni
Art. 7 - Effetti sulla procedibilità delle circostanze aggravanti ad effetto speciale
Art. 8 - Truffa
Art. 9 - Frode informatica
Art. 10 - Appropriazione indebita
Art. 11 - Effetti sulla procedibilità delle circostanze aggravanti ad effetto speciale
Art. 12 - Disposizioni transitorie in materia di perseguibilità a querela
Art. 13 - Clausola di invarianza finanziaria
 


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;

Visto l’articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Vista la legge 23 giugno 2017, n. 103, recante modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario, contenente la delega al Governo per la modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati, e, in particolare l’articolo 1, commi 16, lettere a) e b), e 17;

Visto il regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, recante approvazione del testo definitivo del codice penale;  

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 2 novembre 2017;

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione dell'8 febbraio 2018;

Acquisiti i pareri definitivi delle competenti Commissioni parlamentri, ai sensi dell'articolo 1, comma 17, della legge 23 giugno 2017,n. 103;

Vista le deliberazioni del Consiglio dei ministri, adottate nelle riunioni del 21 marzo 2018 e 6 aprile 2018;

Su proposta del Ministro della giustizia;


EMANA
il seguente decreto legislativo:

Art. 1
(Minaccia)

  1. All’articolo 612 del codice penale, approvato con regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, sono apportate le seguenti modificazioni:
    a)    al secondo comma, le parole: «e si procede d’ufficio» sono soppresse;
    b)    dopo il secondo comma è aggiunto il seguente: «Si procede d’ufficio se la minaccia è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339.».


Art. 2
(Violazione di domicilio commessa da un pubblico ufficiale)

  1. All’articolo 615 del codice penale, approvato con regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, dopo il secondo comma è aggiunto il seguente: «Nel caso previsto dal secondo comma il delitto è punibile a querela della persona offesa.».
     

Art. 3
(Falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche)

  1. All’articolo 617-ter del codice penale, approvato con regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, dopo il secondo comma è aggiunto il seguente: «Nel caso previsto dal primo comma il delitto è punibile a querela della persona offesa.».
     

Art. 4
(Falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni informatiche o telematiche)

  1. All’articolo 617-sexies del codice penale, approvato con regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, dopo il secondo comma è aggiunto il seguente: «Nel caso previsto dal primo comma il delitto è punibile a querela della persona offesa.».

Art. 5
(Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza commesse da persona addetta al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni)

  1. All’articolo 619 del codice penale, approvato con regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, dopo il secondo comma è aggiunto il seguente: «Nel caso previsto dal primo comma il delitto è punibile a querela della persona offesa.».
     

Art. 6
(Rivelazione del contenuto di corrispondenza, commessa da persona addetta al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni)

  1. All’articolo 620 del codice penale, approvato con regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, dopo il primo comma è aggiunto il seguente: «Il delitto è punibile a querela della persona offesa.».
     

Art. 7
(Ettetti sulla procedibilità delle circostanze aggravanti ad effetto speciale)

  1. Dopo il Capo III del Titolo XII del Libro II del codice penale, approvato con regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, è inserito il seguente:

«Capo III-bis
Disposizioni comuni sulla procedibilità

Art 623-ter. Casi di procedibilità d’ufficio. Per i fatti perseguibili a querela preveduti dagli articoli 612, se la minaccia è grave, 615, secondo comma, 617-ter, primo comma, 617-sexies, primo comma, 619, primo comma, e 620 si procede d’ufficio qualora ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale.».

Art. 8
(Truffa)

  1. All’articolo 640 del codice penale, approvato con regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, al terzo comma le parole: “un'altra circostanza aggravante” sono sostituite dalle seguenti: “la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, primo comma, numero 7”.

Art. 9
(Frode informatica)

  1. All’articolo 640-ter, del codice penale, approvato con regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, al quarto comma le parole: «un'altra circostanza aggravante» sono sostituite dalle seguenti: «taluna delle circostanze previste dall'articolo 61, primo comma, numero 5, limitatamente all’aver approfittato di circostanze di persona, anche in riferimento all’età, e numero 7».

Art. 10
(Appropriazione indebita)

  1. All’articolo 646 del codice penale, approvato con regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, il terzo comma è abrogato.

Art. 11
(Effetti sulla procedibilità delle circostanze aggravanti ad effetto speciale)

  1. Dopo il Capo III del Titolo XIII del Libro II del codice penale, approvato con regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, è inserito il seguente:

«Capo III-bis
Disposizioni comuni sulla procedibilità

Art. 649-bis. Casi di procedibilità d’ufficio. Per i fatti perseguibili a querela preveduti dagli articoli 640, terzo comma, 640-ter, quarto comma, e per i fatti di cui all’articolo 646, secondo comma, o aggravati dalle circostanze di cui all’articolo 61, primo comma, numero 11, si procede d’ufficio qualora ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale.».

Art. 12
(Disposizioni transitorie in materia di perseguibilità a querela)

  1. Per i reati perseguibili a querela in base alle disposizioni del presente decreto, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso, il termine per la presentazione della querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato.
  2. Se è pendente il procedimento, il pubblico ministero, nel corso delle indagini preliminari, o il giudice, dopo l’esercizio dell’azione penale, anche, se necessario, previa ricerca anagrafica, informa la persona offesa dal reato della facoltà di esercitare il diritto di querela e il termine decorre dal giorno in cui la persona offesa è stata informata.

Art. 13
(Clausola di invarianza finanziaria)

  1. Dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  2. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dal presente decreto con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.



Relazione
 

Lo schema di decreto legislativo attua la delega contenuta nella legge 23 giugno 2017, n. 103, recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario”, nella parte relativa alla modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati.

Lo schema riprende in parte - compatibilmente con i criteri di delega - le proposte della Commissione ministeriale (costituita con decreto del Ministro della Giustizia in data 14 dicembre 2012) presieduta dal prof. Antonio Fiorella.

Esso dà attuazione alle disposizioni dell’articolo 1, commi 16 – lettere a) e b) – e 17 della legge di delega, relativamente al regime di procedibilità per i reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, fatta eccezione per il delitto di cui all'articolo 610 del codice penale; e per i reati contro il patrimonio previsti dal codice penale, salva in ogni caso la procedibilità d'ufficio qualora ricorra una delle seguenti condizioni: la persona offesa sia incapace per età o per infermità; ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero le circostanze indicate nell'articolo 339 del codice penale; nei reati contro il patrimonio, il danno arrecato alla persona offesa sia di rilevante gravità.

Il legislatore della delega ha voluto un ampliamento delle ipotesi di procedibilità a querela per migliorare l’efficienza del sistema penale, anche attraverso la collegata operatività dell’istituto - di nuova introduzione - della estinzione del reato per condotte riparatorie (articolo 162-ter del codice penale), che ha riguardo ai reati procedibili a querela, ma con querela rimettibile.

La procedibilità a querela costituisce un punto di equilibrio e di mediazione fra due opposte esigenze: da un lato, quella di evitare che si determinino meccanismi repressivi automatici in ordine a fatti che non rivestono particolare gravità, tali da ostacolare il buon governo dell’azione penale in riferimento a quelli seriamente offensivi; dall’altro, quello di far emergere e valorizzare l’interesse privato alla punizione del colpevole in un ambito di penalità connotato dall’offesa a beni strettamente individuali.

In tale ultimo caso, il ricorso alla procedibilità a querela dipende principalmente dalla necessità di condizionare la repressione penale di un fatto, astrattamente offensivo, alla valutazione in concreto della sua gravità da parte della persona offesa. In questi casi – si dice – “la procedibilità a querela funziona come indicatore della concreta intollerabilità di singoli episodi conformi alla fattispecie incriminatrice”.

Ampliando l’area della procedibilità a querela si può ottenere, altresì, l’effetto aggiuntivo, parimenti importante in una logica di riduzione dei carichi processuali, di favorire meccanismi conciliativi, che spesso si concludono proprio nelle fasi preliminari del giudizio, quando si avverte più impellente l’esigenza di evitare l’aggravio e il pericolo del processo, prima ancora che della condanna.

D’altra parte, il sistema non è nuovo all’ampliamento delle ipotesi di perseguibilità a querela per finalità deflattive.

L’ultimo intervento sistematico è stato realizzato con la legge 24 novembre 1981, n. 689, la quale, con intento analogo, ha mutato il regime di procedibilità di taluni illeciti penali originariamente perseguibili d’ufficio. Ciò ha riguardato alcune fattispecie accomunate dall’incidenza su interessi di natura privata, con l’effetto di ricollocarne il relativo disvalore sul piano delle relazioni private.

Lo schema di decreto estende la procedibilità a querela ad alcuni reati contro la persona e contro il patrimonio, in ragione del carattere essenzialmente privato dell’offesa e in virtù del fatto che dalla casistica giurisprudenziale si desume come trovino applicazione per situazioni in concreto di modesto valore offensivo.

In relazione a reati che già prevedono la procedibilità a querela nella ipotesi-base, si è proceduto a ridurre il novero delle circostanze aggravanti alla cui ricorrenza è collegato l’effetto della procedibilità d’ufficio: ciò si è fatto, ad esempio, per le minacce di cui all’articolo 612 del codice penale.

La medesima tecnica, di riduzione dei fattori che determinano la procedibilità d’ufficio, è stata seguita per i reati contro il patrimonio: truffa e frode informatica (articoli 640 e 640-ter del codice penale).

Il testo si compone di 13 articoli e prevede i nuovi casi di procedibilità a querela negli articoli da 1 a 11.

L’articolo 1 introduce l’estensione della procedibilità a querela nell’ipotesi prevista dall’articolo 612, secondo comma, del codice penale con riferimento al reato di minaccia “grave”.
Resta, invece, perseguibile d’ufficio la minaccia commessa in uno dei modi indicati dall’articolo 339 c.p., data l’espressa previsione della legge di delega, che preclude la trasformazione del regime di procedibilità in presenza di tali circostanze aggravanti.
È poi appena il caso di osservare che la legge di delega prevede un ulteriore ostacolo alla trasformazione del regime di procedibilità, quando la procedibilità d’ufficio segue alla sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale.
Secondo l’espressa definizione normativa (articolo 63 c.p.) è ad effetto speciale la circostanza aggravante che comporta un aumento della pena, prevista per l’ipotesi base, in misura superiore ad un terzo. La circostanza aggravante del delitto di minaccia, costituita dalla gravità della minaccia stessa, non opera con effetto speciale; essa è piuttosto una circostanza cd. autonoma, perché la pena comminata risulta essere di specie diversa rispetto a quella dell’ipotesi base.
 Se per quest’ultima è prevista la pena pecuniaria della multa, per l’ipotesi aggravata viceversa la pena è della reclusione fino a un anno, e quindi di specie diversa e autonomamente determinata.

L’articolo 2 rende procedibile a querela il reato di cui al secondo comma dell’articolo 615 del codice penale – rientrante nei limiti di pena della delega - in tema di violazione di domicilio perpetrata dal pubblico ufficiale che, abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni, si introduce o si trattiene nell’abitazione altrui o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, senza rispettare le formalità prescritte dalla legge.

L’articolo 3 modifica il regime di procedibilità, rendendolo a querela, del reato di cui all’articolo 617-ter, primo comma, del codice penale in tema di falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno.

L’articolo 4 rende procedibile a querela il reato di cui all’articolo 617-sexies, primo comma, del codice penale in tema di falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni informatiche o telematiche, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno: ciò anche coerentemente con l’articolo 5.

L’articolo 5 introduce il regime di procedibilità a querela per il primo comma dell’articolo 619 del codice penale in tema di violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza commesse da persona addetta al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni: si tratta di fattispecie che richiama taluni dei fatti previsti dalla prima parte dell’articolo 616 c.p. (violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza) già perseguibili a querela.

L’articolo 6 rende procedibile a querela il reato di rivelazione, senza giusta causa, a colui che non ne sia il destinatario ovvero a persona diversa da quella tra cui è intervenuta la comunicazione o la conversazione, del contenuto di corrispondenza aperta o di una comunicazione telegrafica o di una conversazione telefonica, commesso da persona addetta al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni di cui all’articolo 620 del codice penale. La fattispecie richiama in parte la condotta di cui al secondo comma dell’articolo 616 c.p. (violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza) già perseguibile a querela.

L’articolo 7 – in accoglimento di una delle condizioni formulate dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati e di una delle osservazioni formulate dalla Commissione Giustizia del Senato della Repubblica - prevede la conservazione della procedibilità d’ufficio per i reati contro la persona oggetto del presente intervento normativo nei casi in cui ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale (tra cui, la finalità di terrorismo e di eversione di cui all’articolo 1 decreto-legge n. 625 del 1979, di mafia di cui all’articolo 7 del decreto-legge n. 152 del 1991 o di discriminazione razziale, etnica e religiosa di cui all’articolo 3 del decreto-legge n. 122 del 1993) in conformità al criterio di delega di cui all’articolo 1, comma 16), lettera a), n. 2), della legge n. 103 del 23 giugno 2017.

L’articolo 8 amplia il regime della procedibilità a querela per il reato di truffa aggravata di cui all’articolo 640, terzo comma, del codice penale, a meno che non sussista la circostanza aggravante di cui all’articolo 61, primo comma, c.p., numero 7 – danno patrimoniale di rilevante gravità –, sempre in conformità al criterio di delega di cui all’articolo 1, comma 16, lettera a), n. 1) e n. 3), legge n. 103/2017.
Tenendo anche conto delle osservazioni parlamentari si prevede la conservazione della procedibilità d’ufficio nei casi in cui ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale: come per la disposizione di cui all’articolo 61, primo comma, numero 5, c.p. che, di norma, rappresenta una circostanza ad effetto comune, ma, nel contesto del reato di truffa, assume la veste di circostanza ad effetto speciale in quanto comportante un aumento di pena superiore a un terzo.

Parimenti, con riferimento all’articolo 9, che ha ad oggetto il delitto di frode informatica, di cui all’articolo 640-ter c.p., l’intervento normativo restringe il novero delle circostanze aggravanti in grado di far scattare la procedibilità d’ufficio alle sole ipotesi di cui al numero 5 dell’articolo 61, primo comma, c.p., in ragione della particolare pericolosità della condotta incriminata che approfitta di situazioni di minorata difesa, ma limitatamente all’aver approfittato di circostanze di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa, sempre in conformità al criterio di delega di cui all’articolo 1, comma 16, lettera a), n. 1), legge n. 103/2017, nonché al numero 7 dell’articolo 61, primo comma, c.p., a causa della rilevante gravità del danno patrimoniale cagionato – come prescritto nella legge delega medesima, all’articolo 1, comma 16, lettera a), n. 3).

L’articolo 10 estende il regime della procedibilità a querela, conformemente ai criteri di delega, anche alle ipotesi aggravate del reato di appropriazione indebita, relative al fatto commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario nonché all’aver commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d’opera, di coabitazione o di ospitalità, assumendo chiaramente rilievo in tali ipotesi interessi e relazioni di carattere strettamente personale per le quali la perseguibilità della relativa offesa non può che essere rimessa a una iniziativa del soggetto privato.

L’articolo 11 – in accoglimento di una delle condizioni formulate dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati e di una delle osservazioni formulate dalla Commissione Giustizia del Senato della Repubblica - prevede la conservazione della procedibilità d’ufficio per i reati contro il patrimonio oggetto del presente intervento normativo nei casi in cui ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale (tra cui, la finalità di terrorismo e di eversione di cui all’articolo 1 decreto-legge n. 625 del 1979, di mafia di cui all’articolo 7 del decreto-legge n. 152 del 1991 o di discriminazione razziale, etnica e religiosa di cui all’articolo 3 del decreto-legge n. 122 del 1993) in conformità al criterio di delega di cui all’articolo 1, comma 16), lettera a), n. 2), della legge n. 103 del 23 giugno 2017.

L’articolo 12 detta il regime transitorio, introducendo una disposizione che mutua il contenuto di un precedente intervento di depenalizzazione, e segnatamente dell’articolo 19 della legge 25 giugno 1999, n. 205, recante “Delega al Governo per la depenalizzazione dei reati minori e modifiche al sistema penale e tributario”.
Si stabilisce che, per i reati perseguibili a querela in base alle disposizioni del presente schema di decreto, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso, il termine per la presentazione della querela decorra dalla predetta data, se la persona offesa abbia avuto già in precedenza notizia del fatto costituente reato.
Pendente il procedimento, il pubblico ministero, nella fase delle indagini preliminari, o il giudice, dopo l’esercizio dell’azione penale, provvedono ad informare la persona offesa, anche, ove necessario, mediante ricerche anagrafiche, della facoltà di esercitare il diritto di querela e il termine decorre dal giorno in cui la persona offesa è stata informata.

L’articolo 13 contiene la clausola di invarianza finanziaria.

Ciò posto, si ritiene opportuno dare atto che, sempre in conformità ai criteri di delega, il regime di procedibilità non è stato modificato con riferimento a talune altre fattispecie delittuose collocate nell’ambito codicistico dei delitti contro la persona e dei delitti contro il patrimonio.
Queste le ragioni.

  1. Per quanto concerne il delitto di lesioni personali a cui segue una malattia di durata superiore a venti giorni si è ritenuto di non modificarne il regime di procedibilità in ragione della considerazione che il legislatore ha già equiparato, ai fini della descrizione della fattispecie, la malattia allo stato di incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni, come si rileva agevolmente dalla disposizione in punto di aggravante di cui all’articolo 583, comma 1, n. 1, c.p.
    Il delitto di lesioni si connota, quindi, per l’evento, che ben può consistere in uno stato di incapacità, e la previsione di delega non qualifica ulteriormente la condizione di incapacità, non specifica se essa debba essere intesa come temporanea o permanente, piena o anche solo parziale, sicché il legislatore delegato non può che accoglierne la nozione più ampia.
    Se detto stato di incapacità ha durata non superiore a quaranta giorni, il delitto è oggi perseguibile d’ufficio. Astrattamente, quindi, il delitto potrebbe ricadere nell’area di operatività dei criteri direttivi di delega, ma, a un più attento esame, ciò è impedito proprio dalla piena fungibilità tra la nozione di malattia e quella di incapacità, in qualche modo collegata pur sempre ad una infermità quale effetto diretto della condotta lesiva.
    Non vale a superare questa restrittiva lettura che il delitto di lesioni cd. lievi, pur esso evidentemente connotato dall’evento di incapacità secondo questa ampia accezione, sia oggi procedibile a querela, per l’ovvia osservazione che il legislatore della delega evoca lo stato di incapacità, per età o per infermità, per orientare le scelte del delegato nei limiti, ristretti, in cui questi è chiamato ad operare.
    Il mandato della legge di delega non è ampio a tal punto da tradursi nella revisione complessiva del regime di procedibilità, consistendo piuttosto nella valutazione di quali reati, oggi procedibili d’ufficio, possano essere affidati al meccanismo della querela, impregiudicate le scelte già compiute a favore della procedibilità a querela.
    Il criterio di delega di cui all’articolo 1, comma 16, lettera a), numero 1), legge n. 103/2017 impone dunque preservare la procedibilità d’ufficio quando ricorre la condizione di incapacità della persona offesa per (età o per) infermità.
    Detta condizione si riscontra anche nelle fattispecie criminose di cui all’articolo 590-bis, primo, quarto, quinto e sesto comma, c.p., peraltro oggetto di una recente novella legislativa – legge 23 marzo 2016, n. 41, recante “Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274”.
    Per la fattispecie di lesioni personali colpose commesse con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale, di cui all’articolo 590, u.c., c.p. il mantenimento della procedibilità d’ufficio si giustifica in ragione del fatto che la vittima, per condizioni strutturali connesse all’esistenza di un rapporto di lavoro, può trovarsi, di fatto, in situazione per così dire di minore capacità, almeno ai fini della sollecitazione dei meccanismi repressivi a fronte di condotte datoriali che ne hanno compromesso il diritto alla salute.
    Per le ragioni sopra illustrate relative allo stato di incapacità, va mantenuto il regime di procedibilità d’ufficio per il delitto di omissione di soccorso di cui all’articolo 593 c.p. e per il delitto di stato di incapacità procurato mediante violenza, di cui all’articolo 613, primo comma, c.p.
  2. I criteri direttivi implicano la necessità dell’individuazione netta, nelle fattispecie criminose oggetto dell’intervento, della persona offesa. Non sono, pertanto, operativi in riguardo al delitto di rissa di cui all’articolo 588, primo comma, c.p., ove tutti i corrissanti sono autori, mossi da un reciproco intento offensivo. Del pari non possono operare in riferimento al delitto di autoriciclaggio di cui all’articolo 648-ter.1, secondo comma, c.p., che solo per collocazione materiale rientra tra quelli contro il patrimonio. In detta fattispecie non è possibile individuare una persona offesa, a cui attribuire il diritto di querela, dal momento che oggetto giuridico di tutela sono beni-interessi di portata generale, legati al corretto funzionamento del sistema economico che risulta leso dalla circolazione di capitali illeciti.
  3. In considerazione della particolare situazione in cui versa la persona offesa, non si muta il regime di procedibilità per il delitto di abuso di autorità contro arrestati o detenuti – la cui norma incriminatrice è contenuta nell’articolo 608 c.p. –. Si tratta, infatti, di persona, arrestata o detenuta, affidata alla custodia dell’autore delle condotte abusive, e quindi ad esso sottomessa, con conseguente stato di minorata autonoma difesa. Uno stato di incapacità del tutto equiparabile a quello della infermità, dal momento che ben può inibire le normali reazioni difensive come accade per il soggetto affetto da un qualche stato patologico.
  4. Un’altra condizione impeditiva attiene alla fattispecie di danneggiamento, come risultante dalla riformulazione operata dal decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, in tema di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili. Questo intervento normativo ha mantenuto rilievo penale alle condotte di danneggiamento con violenza o minaccia o commesse in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico; sono altresì punibili le condotte di danneggiamento perpetrate su beni pubblici e su altra categoria di beni che, per quanto privati, sono di particolare utilità sociale (edifici di culto, opere destinate all’irrigazione, boschi, selve e foreste…). Se si pone bene attenzione alla previsione della legge di delega, si riscontra agevolmente come essa intenda muoversi all’interno di un confine di fatti criminosi che connotano soprattutto i rapporti tra privati. L’attribuzione del potere di querela ha il significato di favorire, entro quest’ambito, meccanismi conciliativi oggi potenziati dalle forme di giustizia riparativa di nuovo conio. Non può dunque operare quando in gioco sono fattispecie criminose poste a tutela di beni pubblici o di beni di rilevante interesse pubblico o quando le condotte si connotano per tratti di violenza o minaccia che possono rientrare nella ipotesi aggravata di cui all’articolo 339 c.p. Tale ultimo articolo prevede, tra l’altro, l’aggravamento quando la violenza o la minaccia siano commesse mediante il lancio o l’utilizzo di corpi contundenti o altri oggetti atti ad offendere. Orbene, una condotta di danneggiamento, commessa mediante violenza o minaccia, non può che essere affidata, per la gran parte dei casi, a queste modalità di esecuzione che costituiscono, peraltro, una delle forme tipiche di danneggiamento nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, sicché non appare compatibile con il criterio di delega la trasformazione della procedibilità dell’intero ventaglio di condotte punibili come danneggiamento.
  5. Si è appena detto che le fattispecie dirette alla tutela di interessi pubblici sfuggono all’ambito applicativo dei criteri di delega. Non si procede allora ad alcuna modifica in riferimento ai delitti di cui agli articoli 631 (usurpazione), 632 (deviazione di acque o modificazione dello stato dei luoghi), 633, primo comma (invasione di terreni o edifici), 636 (introduzione o abbandono di animali nel fondo altrui e pascolo abusivo) in relazione all’articolo 639-bis c.p. (acque, terreni, fondi o edifici pubblici o destinati ad uso pubblico). Allo stesso modo resta estraneo al regime di procedibilità a querela il delitto di cui all’articolo 635-ter c.p., in tema di danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o comunque di pubblica utilità; quello di cui all’articolo 635-quinquies c.p., in materia di danneggiamento di sistemi informatici o telematici di pubblica utilità; ancora, quello di cui all’articolo 639, secondo comma, c.p., in tema di deturpamento e imbrattamento commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati o su cose di interesse storico o artistico. In tali casi non si giustifica la revisione del regime di procedibilità, mirando quest’ultima alla composizione della conflittualità fra soggetti privati (al pari della estinzione del reato per condotte riparatorie di cui all’articolo 162-ter c.p.), nonché a valorizzare l’interesse privato alla punizione del colpevole, in un ambito di penalità connotato dall’offesa a beni strettamente individuali e non certamente di natura pubblica.
  6. La previsione di delega non può avere ad oggetto fattispecie criminose in cui non si abbia un titolare individuale dell’interesse leso, facilmente identificabile. Quando le condotte hanno una potenzialità lesiva che trascende la posizione meramente individuale, la modificazione del regime di procedibilità non trova giustificazione nei criteri dettati al legislatore delegato. Così è per il delitto di frode informatica di cui all’articolo 640-quinquies c.p. perpetrata dal soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica, il quale vìola gli obblighi previsti dalla legge per il rilascio di un certificato qualificato, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto ovvero di arrecare ad altri danno.
  7. Allo stesso modo e per le stesse ragioni restano estranei all’intervento normativo le fattispecie criminose che, pur avendo di mira la tutela di interessi individuali di particolare importanza, non implicano che la persona offesa possa avere immediata cognizione delle condotte da perseguire. Si tratta dei reati di cui agli articoli 615-quater (detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici), 615-quinquies (diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico o telematico), 617-quinquies, primo comma (installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni informatiche o telematiche) che proiettano la loro potenzialità offensiva ben oltre la dimensione meramente individuale e si connotano per difficoltà e complessità di accertamento e, quindi, di repressione.
  8. La configurazione della fattispecie in termini di arretramento della soglia della punibilità, che comporta l’ampliamento, in maniera indeterminata e generica, del numero delle persone offese, con conseguente difficoltà di individuare il soggetto legittimato a proporre querela: si pensi al reato di cui al primo comma dell’articolo 617-bis del codice penale (installazione, fuori dei casi consentiti dalla legge, di apparecchiature atte ad intercettare o impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche).

Si è ritenuto di accogliere le seguenti condizioni della II Commissione (Giustizia) della Camera dei Deputati:

  • espungere la previsione relativa alla procedibilità a querela per i delitti di arresto illegale di cui all’articolo 606 c.p. (articolo 1), di indebita limitazione della libertà personale di cui all’articolo 607 c.p. (articolo 2), di perquisizione e ispezione personali arbitrarie di cui all’articolo 609 c.p. (articolo 3) per ragioni di coerenza sistematica con la procedibilità d’ufficio mantenuta per il reato di cui all’articolo 608 c.p. (abuso di autorità contro arrestati e detenuti), in quanto parimenti commessi in danno di “persona affidata alla custodia dell’autore delle condotte abusive e quindi allo stesso sottomessa, con conseguente stato di minorata difesa”;
  • prevedere la conservazione della procedibilità d’ufficio nei casi in cui ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale (tra cui, la finalità di terrorismo e di eversione di cui all’articolo 1 decreto-legge n. 625 del 1979, di mafia di cui all’articolo 7 del decreto-legge n. 152 del 1991 o di discriminazione razziale, etnica e religiosa di cui all’articolo 3 del decreto-legge n. 122 del 1993) conformemente al criterio di delega di cui all’articolo 1, comma 16), lettera a), n. 2), della legge n. 103 del 2017.

Non sono state accolte, invece, le seguenti condizioni della II Commissione (Giustizia) della Camera dei Deputati:

  • introdurre la procedibilità a querela per il reato di cui all’articolo 590-bis, primo comma, c.p. (lesioni personali colpose derivanti da violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale) trattandosi, invero, di fattispecie criminose di particolare allarme sociale, peraltro già oggetto di recente intervento normativo, e connotate comunque da una certa gravità posto che l’evento lesivo risulta essere conseguenza della violazione di una regola cautelare di condotta posta a presidio proprio della sicurezza della circolazione stradale;
  • espungere la previsione relativa alla procedibilità a querela per il delitto di violazione di domicilio commessa dal pubblico ufficiale di cui all’articolo 615 c.p., posto che non si ravvisa in tale fattispecie una posizione di soggezione della persona offesa rispetto al soggetto agente pubblico ufficiale che possa integrare la nozione di incapacità evocata dalla legge delega come impeditiva della trasformazione del regime di procedibilità.


All’esito del secondo esame preliminare, era stata disattesa anche la condizione della II Commissione (Giustizia) della Camera dei Deputati con la quale si chiedeva di espungere la previsione inserita all’art. 10 dello schema approvato in primo esame preliminare (art. 8 dello schema approvato in secondo esame preliminare, successivamente soppresso). La disposizione estendeva la procedibilità a querela all’ipotesi di cui all’articolo 638, secondo comma, del codice penale in tema di uccisione o danneggiamento di animali altrui, se il fatto è commesso su tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero su animali bovini o equini, anche non raccolti in mandria. L’ipotesi aggravata non era stata reputata, nello schema di decreto sottoposto al primo e al secondo esame preliminare, una circostanza aggravante ad effetto speciale, ma una circostanza aggravante cd. autonoma, non richiamata dalla legge di delega in funzione impeditiva della trasformazione del regime di procedibilità. Si era argomentato, al riguardo, che, a differenza dell’ipotesi del reato non aggravato, la fattispecie non riproduce nel trattamento sanzionatorio il riferimento anche alla pena pecuniaria, aggravando soltanto la pena della reclusione.

Quanto ai rilievi della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, si era ritenuto che la scelta normativa operata fosse conforme ai criteri di delega e che le prospettate esigenze di tutela (“particolare pericolosità sociale di tali condotte criminali, poste in essere, per lo più, a scopo intimidatorio o ritorsivo negli ambienti agresti o pastorali, spesso soggetti alla pressione della criminalità organizzata che opera nel settore agricolo e zootecnico”) potessero essere soddisfatte, sempre che in concreto ne ricorressero i presupposti in fatto, tramite la contestazione della circostanza aggravante ad effetto speciale di cui all’articolo 7 del decreto-legge n. 152 del 1991, che rende la fattispecie perseguibile d’ufficio.

La Commissione Giustizia della Camera dei Deputati non ha inteso esprimere alcun parere sullo schema di decreto trasmesso dopo la seconda deliberazione preliminare. Re melius perpensa, si è comunque disposta la modifica normativa posta inizialmente come condizione del parere parlamentare (al n. 1), con conseguente soppressione dell’originario articolo 10 (art. 8 del secondo schema preliminare), prospettandosi altrimenti il rischio di incostituzionalità della norma, per il travalicamento dei limiti imposti dalla legge di delega.

Si è ritenuto di considerare, infatti, che il secondo comma dell’art. 638 c.p. , nel determinare la misura della pena da sei mesi a quattro anni di reclusione,  contiene una circostanza aggravante che, sebbene costruita in modo indipendente dalla pena-base del primo comma, è pur sempre «ad effetto speciale», perché importa un aumento della pena ordinaria già prevista per il reato (la reclusione «fino ad un anno», quindi da quindici giorni, ex art. 23, primo comma, c.p., ad un anno) superiore ad un terzo (art. 63, terzo comma, c.p.). Siffatta conclusione è avvalorata anche dal recente arresto delle Sezioni unite della Corte di Cassazione, che, nella sentenza n. 28953 del 27 aprile 2017, ha optato per una “polarizzazione” della tipologia delle circostanze “ad effetto speciale” verso la quantificazione frazionata della pena, piuttosto che verso le modalità di determinazione della pena. Aggravanti “ad effetto speciale”, per l’inequivoco e preciso dettato dell’art. 63 terzo comma c.p., sono quelle che “importano un aumento o una diminuzione della pena superiore ad un terzo”, a prescindere dal fatto che la pena sia costruita in modo indipendente da quella prevista per l’ipotesi-base.

Privilegiata tale lettura, si è esclusa la procedibilità a querela per la fattispecie aggravata di cui al secondo comma dell’art. 638 c.p., posto il dato testuale della legge – delega, che fa salva in ogni caso la procedibilità d'ufficio qualora ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale (art. 1, comma 16, lett. a) della legge n. 103 del 2017).

Sono state accolte le seguenti condizioni e osservazioni della Commissione Giustizia del Senato della Repubblica:

  • espungere la previsione relativa alla procedibilità a querela per i delitti di arresto illegale di cui all’articolo 606 c.p. (articolo 1), di indebita limitazione della libertà personale di cui all’articolo 607 c.p. (articolo 2), di perquisizione e ispezione personali arbitrarie di cui all’articolo 609 c.p. (articolo 3) per ragioni di coerenza sistematica con la procedibilità d’ufficio mantenuta per il reato di cui all’articolo 608 c.p. (abuso di autorità contro arrestati e detenuti) in quanto parimenti commessi in danno di persona che versa in “una situazione di minorata difesa”;
  • prevedere la conservazione della procedibilità d’ufficio nei casi in cui ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale (tra cui, la finalità di terrorismo e di eversione di cui all’articolo 1 decreto-legge n. 625 del 1979, di mafia di cui all’articolo 7 del decreto-legge n. 152 del 1991 o di discriminazione razziale, etnica e religiosa di cui all’articolo 3 del decreto-legge n. 122 del 1993) conformemente al criterio di delega di cui all’articolo 1, comma 16), lettera a), n. 2), della legge n. 103 del 2017;
  • il rilievo del Senato relativo alla riformulazione del terzo comma dell’articolo 640 c.p. è assorbito dalla generale considerazione circa la necessità di mantenere la procedibilità d’ufficio ove ricorra la circostanza aggravante ad effetto speciale. Si è già detto nella parte illustrativa dell’articolo 10 che la circostanza aggravante della minorata difesa opera all’interno della fattispecie di truffa quale circostanza ad effetto speciale.


Non si è ritenuto di accogliere le seguenti osservazioni e condizioni della Commissione Giustizia del Senato della Repubblica:

  • espungere la previsione relativa alla procedibilità a querela per il delitto di violazione del contenuto di corrispondenza commessa da persona addetta al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni di cui all’articolo 620 c.p. posto che, come sopra anticipato, la scelta normativa operata non solo risulta essere conforme ai criteri di delega, ma altresì garantisce una coerenza interna dello stesso sistema giuridico dal momento che la fattispecie in esame richiama in parte la condotta di cui al secondo comma dell’articolo 616 c.p. (violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza) già perseguibile a querela;
  • espungere la disposizione che prevede la eliminazione della procedibilità d’ufficio per le ipotesi aggravate del reato di appropriazione indebita, relative al fatto commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario nonché all’aver commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d’opera, di coabitazione o di ospitalità. Come anche sopra già sottolineato, non solo la scelta normativa operata risulta essere conforme ai criteri di delega, ma tiene altresì conto che in tali fattispecie assumono chiaramente rilievo interessi e relazioni di carattere strettamente personale per le quali la perseguibilità della relativa offesa non può che essere rimessa ad una iniziativa del soggetto privato;

Sul mancato accoglimento delle richiamate condizioni e osservazioni la Commissione Giustizia del Senato non ha formulato alcun rilievo, esprimendo parere non ostativo in ordine allo schema di decreto trasmesso dopo la seconda deliberazione preliminare.

All’esito del secondo esame preliminare e di un primo esame definitivo del testo, invero, era stata disattesa anche la condizione di cui alla lett. d) del parere parlamentare, con la quale la Commissione Giustizia del Senato aveva chiesto di sopprimere, per eccesso di delega, la disposizione di cui al comma 3 all’art. 13 del secondo schema di decreto preliminare (già art. 14 del primo schema preliminare, ora art. 12), che stabiliva che le norme transitorie non si applicano ai processi che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono pendenti avanti alla Corte di Cassazione.

Una successiva rivalutazione, testuale e sistematica, dei limiti posti dalla legge-delega ha suggerito di accogliere l’originaria condizione posta dalla Commissione Giustizia del Senato.

Sotto un primo profilo, infatti, si è ritenuto che la legge-delega, nel prevedere (art. 1, comma 16, lett. b) che, se è pendente il procedimento, il pubblico ministero o il giudice debbano informare la persona offesa della facoltà di esercitare il diritto di querela, senza introduzione di espresse deroghe, non fondi adeguatamente una lettura che limiti il predetto onere informativo al solo giudice “di merito”.  

In secondo luogo, la soluzione normativa originariamente prescelta avrebbe comportato una disparità di trattamento tra soggetti imputati di uno stesso fatto divenuto procedibile a querela, potendo solo alcuni di essi (quelli per i quali il giudizio non fosse pendente dinanzi alla Cassazione) beneficiare della declaratoria di non doversi procedere per mancanza della necessaria - e sopravvenuta - condizione di procedibilità (querela), ove la persona offesa, pur informata della modifica del regime di procedibilità, non avesse ritenuto di presentare querela. Tale disparità avrebbe esposto la disposizione a dubbi di violazione del principio del favor rei e di incostituzionalità che suggeriscono la soluzione adottata.