DDL costituzionale - Modifica degli articoli 41, 97 e 118 della Costituzione - Relazione

Esame definitivo - Consiglio dei ministri 9 febbraio 2011

Disegno di legge costituzionale recante: “Modifica degli articoli 41, 97 e 118 della Costituzione”


Articolato

Il presente disegno di legge mira, innanzitutto, a modificare l’articolo 41 della Costituzione, che regola l’iniziativa economica privata, nell’ambito della parte prima Diritti e doveri dei cittadini, del titolo III Rapporti economici della Costituzione. L’obiettivo di un siffatto intervento è quello di potenziare l’impianto del citato articolo 41, in raccordo con la successiva proposta di modifica dell’articolo 118 della Costituzione, al fine di valorizzare i principi sociali e liberali che sono a fondamento della responsabilità economica. Tale disegno di legge, invero, intende collocarsi nell’ambito dell’indirizzo culturale e legislativo già tracciato dal diritto dell’Unione europea: il Trattato istitutivo della Comunità europea (firmato a Roma il 25 marzo 1957 e ratificato dall'Italia con legge 14 ottobre 1957, n. 1203), infatti, con gli articoli 81 e 82, già sembrava aver soppiantato quel concetto restrittivo di libertà economica privata così come desunto dall’articolo 41 della Costituzione. In ragione di questo nuovo modello, la libertà di concorrenza, espressione di una piena libertà economica, è divenuta valore ordinamentale che ha ispirato le politiche legislative di liberalizzazione e di privatizzazione dell’economia nel corso degli anni Novanta e non solo.

La globalizzazione dei mercati impone ora di aumentare la competitività del nostro sistema–Paese e pone la necessità di addivenire a profonde riforme istituzionali al fine di ridurre la capacità dirigistica dello Stato nell’economia per favorire l’avvento di condizioni giuridico-istituzionali adeguate alla struttura di un mercato moderno ed efficace.
L’intervento di revisione costituzionale intende, in primo luogo, eliminare le incertezze e le contraddizioni presenti nell’attuale formulazione dell’articolo 41: il primo comma sembra prospettare una garanzia piena ed assoluta della libertà dell’iniziativa economica privata (“l’iniziativa economica privata è libera”); il terzo comma, al contrario, delinea un modello di economia dirigistica, nel quale sono poste su uno stesso piano l’attività economica pubblica e quella privata ed indica lo scopo che l’azione dei pubblici poteri deve perseguire: indirizzare e coordinare a fini sociali queste attività.

L’ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale sui possibili significati attribuibili alle disposizioni di cui al terzo comma dell’articolo 41, ridottosi soltanto per effetto del diritto comunitario, testimonia le intrinseche contraddizioni presenti nella disposizione.  Il problema ha riguardato essenzialmente la possibilità di conciliare il pieno riconoscimento dell’iniziativa economica privata con la previsione di un’economia di tipo dirigistico.

In proposito, una prima autorevole interpretazione riteneva che il primo comma garantisse la libertà dell’iniziativa economica privata mentre il terzo comma sottoponesse a programmi e controlli l’attività economica privata. Iniziativa e attività sarebbero concetti diversi, momenti diversi dell’azione economica dei privati. L’iniziativa riguarderebbe il momento iniziale, come dice il termine, il momento in cui il soggetto decide se scendere o meno nell’agone economico. Questa scelta sarebbe completamente libera. Tutt’altra cosa sarebbe il momento dell’esercizio effettivo dell’attività economica che potrebbe, invece, essere sottoposta a limitazioni di vario genere. I programmi e i controlli previsti dall’art. 41 compendiano tutti i vincoli che l’economia dirigista può imporre all’azione economica del privato e le deviazioni dall’economia c.d. di libero mercato.

La visione prospettata si sviluppa in un binario già tracciato dalla dottrina tedesca, che distingue fra Eroefnung e Fortsetzung, cioè fra inizio e continuazione dell’attività economica, ritenendo peraltro che la garanzia costituzionale della libertà professionale copra entrambi i momenti.

La tesi segnalata, quantunque brillante sul piano esegetico, non è riuscita a dissipare i dubbi sul piano interpretativo ed anzi è stata successivamente superata a seguito dell’affermarsi della tesi contraria nella giurisprudenza costituzionale.

La distinzione fra l’iniziativa e l’attività resta un fatto puramente letterale in quanto, concretamente, i due presunti momenti sono fra loro intimamente collegati con la conseguenza che la garanzia prevista nel primo comma riguarda non soltanto la fase iniziale di scelta dell’attività, ma anche i successivi momenti del suo svolgimento, e deve pertanto ritenersi operante in tutte le fasi dell’attività.

Nel testo attuale della Costituzione non appare pertanto di facile soluzione conciliare l’assoluta libertà dell’iniziativa con la previsione dei vincoli di cui al terzo comma.
La crisi economica degli ultimi anni ha riaperto il dibattito giuridico sull’articolo 41 essendo da tutti riconosciuti i dubbi interpretativi presenti nella disposizione. L’obiettivo principale dell’intervento di riforma costituzionale è dunque volto non ad una modifica radicale della disposizione, ma a conservare gli elementi fondamentali presenti nell’attuale formulazione, eliminando le ambiguità di fondo contenute nella norma e interpretandola storicamente e sistematicamente.

Se, infatti, può sostenersi che il sistema misto presente nell’art. 41 si sia via via orientato verso una interpretazione liberista che affermava il primato della libertà di impresa, e quindi, nella sua pratica attuazione non è stato capace di legittimare un “disegno globale dell’economia” da parte dello Stato per indirizzala e coordinarla verso fini sociali, è pur vero che esso contiene in se la capacità di legittimare singole e frammentarie disposizioni che comunque incidono pesantemente sul sistema economico. Al fine di restituire al testo della disposizione la necessaria chiarezza, viene pertanto proposta l’eliminazione del vigente terzo comma. Inoltre, sempre nella direzione di affermare la libertà dell’iniziativa economica privata, nella proposta di revisione costituzionale viene sancito che qualsiasi intervento limitativo di tale libertà deve essere previsto dalla legge.

Infine, in linea con la consolidata giurisprudenza costituzionale, secondo la quale la garanzia prevista nel primo comma riguarda non soltanto la fase iniziale di scelta dell’attività ma anche i successivi momenti del suo svolgimento, si è ritenuto opportuno sancire espressamente nel primo comma della disposizione costituzionale che la garanzia riguarda l’intera attività economica.

In stretta connessione con la modifica dell’articolo 41 si pone il successivo intervento di modifica concernente l’articolo 97 della Costituzione. Il buon funzionamento della Pubblica Amministrazione, i cui costi gravano comunque anche sulle imprese - e inevitabilmente sui consumatori finali - costituisce sicuramente un fattore di competitività per i privati. Si è ritenuto pertanto necessario modificare anche l’articolo 97, al fine di valorizzare il diverso modello di amministrazione che si è andato via via affermando. Efficienza, efficacia, trasparenza, procedure più semplici, fanno parte dei valori richiesti ad un servizio pubblico sempre più finalizzato alle necessità dei cittadini e delle imprese.  A tal fine, lo schema di disegno di legge in esame esplicita nel testo della Costituzione il principio, già immanente nell’ordinamento ( “le pubbliche funzioni sono al servizio del bene comune”), che individua programmaticamente la finalizzazione delle attività pubbliche al benessere generale che si raggiunge attraverso la soddisfazione degli interessi. Tale principio sottende un diverso concetto di amministrazione affermatosi a partire dagli anni Novanta che agisce non solo per atti ma soprattutto per risultati e la cui efficacia può essere misurata.
Nel testo viene espressamente affermato che gli stessi principi si estendono oltre l’amministrazione in senso stretto, e riguardano anche le attività di tutti i soggetti che svolgono pubbliche funzioni, attraverso quel modulo organizzatorio che la giurisprudenza e la dottrina amministrativa hanno qualificato “amministrazione indiretta”, costituita da enti pubblici, imprese partecipate, aziende pubbliche, concessionari, ecc.

Si introduce, inoltre, una disposizione sulle carriere sancendo, a livello costituzionale, il principio, già affermato con le recenti riforme del pubblico impiego, della valorizzazione della capacità e del merito per tutti i pubblici impiegati.

L’ultimo intervento riguarda l’articolo 118, quarto comma, della Costituzione al quale viene aggiunto che lo Stato, le Regioni, le Città metropolitane, le Province e i Comuni, non solo sono chiamati a favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini, ma anche a garantirla.

Scopo della modifica apportata all’articolo 118 della Costituzione è rafforzare la portata del principio di sussidiarietà orizzontale, in base al quale l’azione dei pubblici poteri si configura come sussidiaria di quella dei privati, singoli e associati, nel senso che gli enti istituzionali possono legittimamente intervenire nel contesto sociale laddove le funzioni amministrative siano svolte in modo più efficiente e con risultati più efficaci che se fossero lasciate alla libera iniziativa privata, ancorché regolamentata. 

L’inserimento del termine “garantiscono” determina il sorgere di una posizione giuridica soggettiva di interesse legittimo in capo ai cittadini a fronte dell’obbligo posto in capo ai soggetti istituzionalmente competenti di valutare, sia pure discrezionalmente, l’adeguatezza dell’azione in sussidiarietà.


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