Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 6 ottobre 2009 - Ricorso n.8073/05 - Perinati c. Italia

Traduzione a cura del Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, effettuata dall’esperto linguistico Rita Carnevali

ABSTRACT

CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO E DELLE LIBERTA' FONDAMENTALI   
Espropriazione lecita – calcolo dell’indennità di esproprio ai sensi della legge n. 359 del 1992 – corresponsione di un’indennità notevolmente inferiore al valore commerciale del bene – violazione dell’art. 1, Prot. n. 1, CEDU – sussiste. Espropriazione lecita – calcolo dell’indennità di esproprio – applicazione retroattiva dei criteri di calcolo stabiliti dalla legge n. 359 del 1992 – violazione del diritto ad un equo processo ex art. 6, par. 1, CEDU – sussiste.
In un caso di espropriazione lecita, la corresponsione di un’indennità di esproprio notevolmente inferiore al valore commerciale del bene costituisce per il ricorrente un carico sproporzionato ed eccessivo, che non può essere giustificato solo da un interesse generale legittimo perseguito dalle autorità. Essa, pertanto costituisce violazione dell’art. 1, Prot. n. 1, CEDU, relativo alla protezione della proprietà, in riferimento alle modalità di calcolo dell’indennità di esproprio di cui alla legge n. 359 del 1992.
Costituisce violazione del diritto ad un equo processo stabilito dall’art. 6, par. 1, CEDU, l’applicazione retroattiva dei criteri di calcolo stabiliti dalla legge n. 359 del 1992, sotto il profilo dell’iniquità della procedura per mancanza di un interesse generale tale da giustificare la retroattività della legge contenente i nuovi criteri di calcolo dell’indennizzo.

Fatto. Il sig. Perinati, proprietario di un terreno edificabile, nel 1985 era stato espropriato dal comune di Vercelli per la realizzazione di un progetto di costruzione di abitazioni ad affitto agevolato, per il quale era stata riconosciuta, a titolo di indennità di esproprio, la somma di 218.769.490 lire. Il ricorrente aveva chiesto - e ottenuto in giudizio - il risarcimento dei danni al comune adducendo l’illegalità dell’occupazione senza titolo del suo terreno, anteriore al provvedimento.
Con atto di citazione del settembre 1993, il ricorrente aveva poi contestato la misura del suddetto importo. Durante il giudizio il perito aveva stimato in 1.563.750.000 lire, pari a 807.609,48 euro, il valore venale del terreno alla data dell’introduzione del giudizio, mentre l’importo dell’indennità di esproprio, calcolata sulla base dell’art. 5-bis della legge 352 del 1992 veniva fissato nella misura di 783.178.115 lire, pari a 404.477,74 euro.
La corte di appello di Torino, con sentenza confermata anche in Cassazione, condannava pertanto il comune di Vercelli a versare al ricorrente la suddetta somma.
Il ricorrente ha quindi promosso ricorso davanti alla Corte EDU e, invocando l’art. 1 Prot. n. 1, CEDU, assumeva di aver subito una violazione del diritto al rispetto dei propri beni stante l’inadeguatezza dell’indennità di esproprio calcolata in base alla legge n. 352 del 1992. Il sig. Perinati si doleva altresì dell’adozione e dell’applicazione retroattiva dei nuovi criteri di calcolo dell’indennità di esproprio al proprio caso, in quanto contraria al diritto ad un processo equo ai sensi dell’art. 6, par. 1 CEDU.

Diritto. In merito alla violazione dell’art. 1, Prot. n. 1, CEDU, la Corte ha rilevato che il ricorrente, nel ricevere un indennizzo ridotto, ha dovuto sopportare un carico sproporzionato ed eccessivo che non può essere giustificato solo da un interesse generale legittimo perseguito dalle autorità e, pertanto, in applicazione dei principi affermati nei numerosi precedenti in materia, ha dichiarato sussistente la violazione del suddetto articolo.
Anche in riferimento alla doglianza relativa alla violazione del diritto ad un processo equo, la Corte ha ritenuto di non doversi discostare dall’orientamento finora seguito e, anche in considerazione del fatto che il Governo non aveva fornito alcun argomento convincente, è stata riconosciuta la violazione dell’art. 6 CEDU.
Quanto alla richiesta di risarcimento dei danni, la Corte ha riconosciuto a favore del ricorrente, a titolo di equa riparazione, la somma di 740.000,00 euro pari alla differenza tra il valore venale del bene espropriato e l’importo concesso a titolo di indennità di espropriazione dalle autorità nazionali, oltre ad interessi e rivalutazione. Per i danni morali e le spese di procedura, è stato riconosciuto, rispettivamente, l’importo di 5.000,00 euro.

                   

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
      SECONDA SEZIONE
   CAUSA PERINATI c. ITALIA
     (Ricorso n. 8073/05)
      SENTENZA
    STRASBURGO - 6 ottobre 2009

 

Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite dall’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.
Nella causa Perinati c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita in una camera composta da :
    Françoise Tulkens, presidente,
    Ireneu Cabral Barreto,
    Vladimiro Zagrebelsky,
    Danutė Jočienė,
    Dragoljub Popović,
    András Sajó,
    Nona Tsotsoria, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliere di sezione,
Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 15 settembre 2009,
Rende la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA
1.  All’origine della causa vi è un ricorso (no 8073/05) diretto contro la Repubblica italiana con il quale un cittadino di questo Stato, il sig. Giovanni Perinati (“il ricorrente”), ha adito la Corte il 28 febbraio 2005 ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2.  Il ricorrente è rappresentato dagli avvocati A. Canalini e G. Greppi del foro di Casale Monferrato. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, sig.ra E. Spatafora e dal suo coagente, sig. N. Lettieri.
3.  Il 14 febbraio 2006, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare il ricorso al Governo. Come consente l’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato inoltre deciso che la camera si sarebbe pronunciata contestualmente sulla ricevibilità e sul merito della causa.

IN FATTO
I.  LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE
4.  Il ricorrente è nato nel 1940 e risiede a Vercelli.
5.  Era proprietario di un terreno edificabile di 20.850 metri quadrati, situato a Vercelli e registrato in catasto al foglio 32, particelle 45, 50, 386 e 387.
6.  Con deliberazione del 4 febbraio 1985, il consiglio comunale di Vercelli approvò un progetto di costruzione di case popolari sul terreno del ricorrente.
7.  Con atto del 26 gennaio 1988, notificato al ricorrente il 26 gennaio 2006, il comune di Vercelli ordinò l’occupazione di urgenza del terreno in vista della sua espropriazione.
8.  Il 12 giugno 1991, il ricorrente introdusse un’azione di risarcimento danni innanzi al tribunale di Vercelli a carico del comune di Vercelli allegando l’illegittimità dell’occupazione del suo terreno.
9.  Con deliberazione del 22 febbraio 1993, il comune decise l’espropriazione del terreno del ricorrente. Il 23 febbraio 1993, il comune offrì al ricorrente la somma di 218.769.940 lire a titolo di indennità di espropriazione.
10.  Con atto di citazione notificato il 20 settembre 1993, il ricorrente introdusse un’azione innanzi alla corte d’appello di Torino volta a contestare l’importo della indennità di espropriazione offerta dal comune.
11.  Durante il procedimento fu depositata una perizia in cancelleria. Il perito stimò in 1.563.750.000 lire, ossia 807.609,48 euro, il valore venale del terreno del ricorrente nel 1993, e in 783.178.115 lire, ossia 404.477,74 euro, l’importo della indennità di espropriazione calcolata ai sensi dell’articolo 5 bis della legge no 359 del 1992.
12.  Con sentenza depositata in cancelleria il 6 dicembre 2000, la corte d’appello di Torino condannò il comune di Vercelli a versare al ricorrente la somma di 404.477,74 euro a titolo di indennità di espropriazione calcolata ai sensi dell’articolo 5 bis della legge n° 359 del 1992.
13.  Con sentenza depositata in cancelleria il 4 settembre 2004, la Corte di cassazione respinse il ricorso proposto dal comune di Vercelli.

IN DIRITTO
I.  SULLA ALLEGATA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N° 1.

14.  Il ricorrente lamenta una violazione del suo diritto al rispetto dei suoi beni in quanto l’indennità non è adeguata ed è stata calcolata in base all’articolo 5 bis della legge n° 359 del 1992. Egli invoca l’articolo 1 del Protocollo n° 1.
15.  Il Governo contesta questa tesi.
16.  La Corte constata che il motivo di ricorso non contrasta con alcun motivo di irricevibilità previsto dall’articolo 35 della Convenzione. E’ quindi opportuno dichiararlo ricevibile.
17.  Per quanto riguarda il merito, la Corte nota innanzitutto che le parti sono concordi nel dichiarare che vi è stato un trasferimento della proprietà a favore dell’amministrazione.
18.  In seguito, la Corte rileva che l’interessato è stato privato del suo terreno in conformità di legge e che l’espropriazione perseguiva uno scopo legittimo di utilità pubblica (Mason e altri c. Italia, succitata, § 57 ; Scordino c. Italia (no 1) [GC], no 36813/97, § 81, CEDH 2006-... (no 1)). Si tratta peraltro di un caso di espropriazione isolato, che non si colloca in un contesto di riforma economica, sociale o politica e non si ricollega a nessuna altra circostanza particolare.
19.  La Corte rinvia alla succitata sentenza Scordino c. Italia (no 1) (§§ 93-98) per il riepilogo dei principi pertinenti e per un avere un’idea della sua giurisprudenza in materia.
20.  Essa constata che l’indennità riconosciuta al ricorrente è stata calcolata in funzione dell’articolo 5 bis della legge no 359 del 1992.  L’importo definitivo dell’indennizzo fu fissato in 404.477,74 euro mentre il valore di mercato del terreno stimato alla data dell’esproprio era di 807.609,48 euro.
21.  Ne consegue che il ricorrente ha dovuto sostenere un onere sproporzionato ed eccessivo che non può essere giustificato dall’interesse generale legittimo perseguito dalle autorità.
22.  Pertanto, vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n° 1.
II.  SULLA ALLEGATA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
23.  Il ricorrente sostiene che l’adozione e l’applicazione dell’articolo 5 bis della legge no 352 del 1992 al suo procedimento costituisce una ingerenza legislativa contraria al suo diritto ad un processo equo, così come garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione.
24.  Reiterando le argomentazioni già esposte nella causa Scordino c. Italia (no 1), succitata (§§ 118-125), il Governo vi si oppone.
25.  La Corte constata che questo motivo di ricorso non è manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e non contrasta con nessun altro motivo di irricevibilità. E’ quindi opportuno dichiararlo ricevibile.
26.  Per quanto riguarda il merito, essa osserva di aver già trattato cause che sollevavano questioni simili a quelle del caso di specie ed ha constatato la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (Scordino c. Italia (no  1) succitata, §§ 126-133 ; Gigli Costruzioni S.r.l. c. Italia, no  10557/03, §§ 59-61, 1° aprile 2008). La Corte ha esaminato questo motivo di ricorso e ritiene che il Governo non abbia fornito nessun fatto né argomento convincente che possa condurla ad una diversa conclusione. Essa ritiene quindi che vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
III.  SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
27.  Resta da esaminare la questione dell’applicazione dell’articolo 41. Per il danno materiale, il ricorrente domanda una somma corrispondente alla differenza tra il valore di mercato del terreno e l’importo dell’indennità accordata a livello nazionale, rivalutata e accompagnata da interessi a decorrere dalla data di espropriazione del terreno. L’interessato domanda anche 70.000 euro a titolo di riparazione per il danno morale, oltre che, presentando documenti giustificativi, 34.000 euro per le spese affrontate innanzi alla Corte.
Il Governo contesta le pretese del ricorrente.
28. Ispirandosi ai criteri generali enunciati nella sua giurisprudenza relativa all’articolo 1 del Protocollo n° 1 (Scordino c. Italia (no 1) succitata, §§ 93-98 ; Stornaiuolo c. Italia, no 52980/99, § 61, 8 agosto 2006 ; Mason e altri c. Italia (equa soddisfazione), no 43663/98, § 38, 24 luglio 2007), la Corte ritiene che l’indennità adeguata al caso di specie avrebbe dovuto corrispondere al valore di mercato del bene al momento della privazione di quest’ultimo.
29.  Di conseguenza essa accorda una somma corrispondente alla differenza tra il valore del terreno all’epoca dell’espropriazione, quale risulta da alcuni elementi del dossier, e l’indennità di espropriazione ottenuta a livello nazionale, più indicizzazione e interessi che possono compensare, almeno in parte, il lungo lasso di tempo trascorso dallo spossessamento del terreno. Secondo la Corte, questi interessi devono corrispondere all’interesse legale semplice applicato sul capitale progressivamente rivalutato. Tenuto conto di questi elementi e decidendo secondo equità, la Corte ritiene ragionevole accordare al ricorrente la somma di 740.000 euro più qualsiasi somma che può essere dovuta a titolo di imposta su questa somma, per danno materiale.
30.  Inoltre, essa ritiene che il ricorrente abbia subito un danno morale certo che le constatazioni di violazione non hanno riparato in maniera sufficiente. Statuendo secondo equità concede 5.000 euro a questo titolo.
31.  Infine, la Corte ricorda che un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese legali soltanto nella misura in cui ne siano provate la realtà, la  necessità e la ragionevolezza del loro ammontare. Tenuto conto delle circostanze della causa, la Corte concede al ricorrente 5.000 euro per le spese affrontate a Strasburgo.
C.  Interessi moratori
32.  La Corte ritiene appropriato calcolare il tasso degli interessi moratori sul tasso d’interesse dalla facilità del prestito marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ
1.  Dichiara il ricorso ricevibile;
2.  Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n° 1,
3.  Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione ;
4.  Dichiara
a)  che lo Stato convenuto deve versare al ricorrente, entro tre mesi a decorrere dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
(i)  740.000 euro (settecentoquarantamila euro) più qualsiasi somma che può essere dovuta a titolo di imposta, per danno materiale ;
(ii)  5.000 euro (cinquemila euro), più qualsiasi somma che può essere dovuta a titolo di imposta, per danno morale,
(iii)  5.000 euro (cinquemila euro), più qualsiasi somma che può essere dovuta a titolo di imposta dal ricorrente, per le spese ;
b)  che a decorrere dalla scadenza del suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno maggiorati di un interesse semplice ad tasso pari a quello della facilità del prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuali;
5.  Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il resto.
Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 6 ottobre 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.   

S. Dollé   
Cancelliere

Françoise Tulkens
Presidente