Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 28 marzo 2023 - Ricorso n. 24517/07 - Causa Emilia Ruso e altri c. Italia


© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguta dalla sig.ra Rita Carnevali, assistente linguistico, e rivista con la dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

Permission to re-publish this translation has been granted by the Italian Ministry of Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court's database HUDOC
 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n. 24517/07

Emilia RUSO e altri

contro l’Italia

La Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita il 28 marzo 2023 in un comitato composto da:

Péter Paczolay, presidente,
Alena Poláčková,
Raffaele Sabato, giudici,
e da Liv Tigerstedt, cancelliere aggiunto di sezione,

Visti:

il ricorso n. 24517/07 presentato contro la Repubblica italiana da 18 cittadini di questo Stato (l’elenco dei ricorrenti e i relativi dettagli sono riportati nella tabella allegata alla presente decisione), («i ricorrenti») rappresentati dall’avv. M. De Stefano, del foro di Roma, che il 4 giugno 2007 hanno adito la Corte ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»),

la decisione di portare le doglianze relative all’espropriazione del terreno (articolo 1 del Protocollo n. 1) a conoscenza del governo italiano («il Governo»), rappresentato dal suo agente, L. D’Ascia, e di dichiarare il ricorso irricevibile per il resto,

le osservazioni delle parti,

Dopo avere deliberato, emette la seguente decisione:

OGGETTO DELLA CAUSA

  1. La causa riguarda l’espropriazione del terreno dei ricorrenti ai fini della costruzione di un edificio universitario, e il riconoscimento di una indennità che non corrisponderebbe alle caratteristiche specifiche della loro proprietà.
  2. I ricorrenti erano proprietari di un terreno che fu espropriato ai fini della costruzione di un edificio universitario pubblico. Nel 1992 la commissione provinciale di espropriazione calcolò, in via provvisoria, l’indennità di espropriazione tenendo conto del valore venale dei beni espropriati, conformemente all’articolo 39 della legge n. 2359 del 1865. Questa determinazione provvisoria dell’indennità di espropriazione fu accettata soltanto da alcuni comproprietari. Nel 1995 la Commissione Provinciale Espropri eseguì un nuovo calcolo dell’indennità conformemente all’articolo 5 bis della legge n. 359 del 1992. Il nuovo importo dell’indennità rappresentava circa un quarto dell’importo proposto precedentemente.
  3. I ricorrenti non accettarono l’indennità e proposero opposizione avverso la determinazione della Commissione Provinciale Espropri dinanzi alla corte d’appello di Reggio Calabria. La corte d’appello, sulla base delle conclusioni di due perizie ordinate dal tribunale, stimò il valore venale del terreno tenendo conto della vocazione edificatoria de facto del terreno, sulla base della sua vicinanza al centro della città, della presenza di strade e di altri servizi. La somma finale fu determinata conformemente all’articolo 5 bis della legge n. 359 del 1992, senza la riduzione del 40% previsto dalla suddetta legge.
  4. Nel 2003 la Corte di cassazione cassò con rinvio la sentenza poiché la corte d’appello, al momento della determinazione del valore venale del terreno, era stata erroneamente influenzata dal potenziale di sviluppo de facto del terreno. La Suprema Corte rammentò che il valore venale doveva essere valutato in funzione della classificazione del terreno nel piano regolatore comunale.
  5. Nell’ambito del procedimento di rinvio, la corte d’appello di Messina, nel 2006, osservò che il terreno era stato inserito nel piano regolatore del 1985 come «zona F» (destinata alle aree a verde pubblico, servizi, viabilità, ecc.), vale a dire ad usi incompatibili con l’attività di costruzione privata, e questo in virtù di un vincolo conformativo. Di conseguenza, l’indennizzo doveva essere calcolato in funzione dell’articolo 16 della legge n. 865 del 1971. Dal momento che l’importo dell’indennità che ne risultava era inferiore a quello calcolato dalla Commissione Provinciale Espropri nel 1995, il ricorso dei ricorrenti fu respinto.
  6. I ricorrenti proposero nuovamente ricorso per cassazione.
  7. Con sentenza del 22 marzo 2012, la Corte di cassazione sottolineò che i criteri seguiti per determinare l’indennizzo erano fondati sul valore venale dei terreni non edificabili, pur avendo un potenziale edificatorio limitato. Dal momento che, nell’ambito di una modifica del piano regolatore, la destinazione di un terreno alla costruzione degli edifici scolastici «è attribuibile a un servizio rigorosamente pubblico connesso al perseguimento di uno scopo proprio ed istituzionale dello Stato», l’iniziativa privata in questo settore era totalmente esclusa e, di conseguenza, il terreno espropriato non poteva essere considerato come un terreno edificabile. Si trattava di un vincolo conformativo. La Corte di cassazione rammentò che ciò riguardava anche i terreni inseriti nel piano regolatore in zona "F" (servizi e viabilità), perché l’iniziativa privata non era autorizzata. La Corte di cassazione respinse il ricorso dei ricorrenti sottolineando che questi ultimi avevano ricevuto, sulla base della determinazione del 1995 della Commissione Provinciale Espropri, un’indennità almeno dieci volte superiore a quella alla quale avrebbero avuto diritto ai sensi di legge.
  8. Invocando l’articolo 1 del Protocollo n. 1, i ricorrenti lamentano una violazione sproporzionata del loro diritto di proprietà a causa dell’importo asseritamente insufficiente dell’indennità di espropriazione che hanno ricevuto, sulla base di criteri giuridici che non sarebbero conformi alle caratteristiche specifiche della loro proprietà.

VALUTAZIONE DELLA CORTE

  1. La Corte non ritiene necessario esaminare l’eccezione del Governo relativa alla mancanza di qualità di vittima dei ricorrenti in quanto il ricorso è in ogni caso manifestamente infondato per le ragioni esposte qui di seguito.
  2. I principi generali applicabili sono chiaramente stabiliti nella giurisprudenza della Corte e sono stati ampiamente esposti nella causa Scordino c. Italia (n. 2) (n. 36815/97, §§ 25-45, 15 luglio 2004) per quanto riguarda i vincoli espropriativi, che implicano dei divieti di costruire specifici di una determinata area e per i quali, in linea di principio, deve essere previsto un indennizzo, e nelle cause Verga e Cannarella c. Italia ((dec.), n. 20984/08, §§ 34-36, 15 novembre 2016) e Campanile e altri c. Italia ((dec.), n. 32635/05, §§ 24-36, 15 gennaio 2013) per quanto riguarda i vincoli conformativi per i quali, in linea di principio, non è previsto un indennizzo.
  3. La Corte rammenta che, ai sensi dell'articolo 1 del Protocollo n. 1, il semplice fatto che una persona sia proprietaria di un terreno non basta a conferirle il diritto di costruire su quest’ultimo, in quanto tale disposizione permette di imporre e di mantenere delle restrizioni al diritto di costruire. I diritti dei proprietari sono pertanto essenzialmente evolutivi, e le politiche in materia urbanistica e di pianificazione del territorio rientrano per eccellenza tra i settori di intervento dello Stato, soprattutto per mezzo della regolamentazione dei beni a uno scopo di interesse generale o di utilità pubblica.
  4. Poiché le limitazioni urbanistiche costituiscono un'ingerenza nel diritto dei ricorrenti al rispetto dei loro beni, che rientra nella nozione di regolamentazione dell'uso dei beni, ai sensi del secondo paragrafo dell'articolo 1 del Protocollo n. 1, spetta alla Corte valutarne la legalità e verificare se sia stato mantenuto un giusto equilibrio tra le esigenze dell'interesse generale e gli imperativi di salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo. Per determinare se questo giusto equilibrio sia stato rispettato quando è in causa una misura che regolamenta l’uso dei beni, l’assenza di indennizzo è uno degli elementi da prendere in considerazione, ma non può, da sola, essere costitutiva di una violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 (si veda Campanile, sopra citata, § 32, che rinvia anche a Galtieri c. Italia (dec.), n. 72864/01, 24 gennaio 2006).
  5. Per quanto riguarda la legalità dell'ingerenza e la sua prevedibilità, la Corte constata che la destinazione del terreno dei ricorrenti a un uso pubblico aveva una base legale nel piano regolatore. Lo scopo delle restrizioni imposte ai ricorrenti, ossia la pianificazione del territorio comunale, risponde a un imperativo delle comunità locali e rientra nell'interesse generale, ai sensi del paragrafo 2 dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 (si veda Campanile, sopra citata, § 26). Inoltre, nella misura in cui la proporzionalità di un'ingerenza nel diritto al rispetto dei beni può dipendere anche dall'esistenza di garanzie procedurali per vigilare a che l’attuazione del sistema e il suo impatto per il proprietario non siano né arbitrari né imprevedibili, la Corte osserva che i ricorrenti hanno avuto la possibilità di adire i giudici interni per contestare il processo amministrativo e la valutazione proposta del loro terreno. Nulla dimostra che i giudici interni abbiano valutato i fatti e il diritto interno in modo arbitrario (Campanile, sopra citata, § 34).
  6. La Corte osserva che, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, i «vincoli» conformativi sono quelli che hanno la caratteristica «di incidere su una totalità di beni, rispetto a una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione realizzata da tutta l'area nella quale essi rientrano, a causa delle sue caratteristiche intrinseche o del rapporto con un'opera pubblica»; quelli che sono sostanzialmente preordinati all'esproprio si presentano «come dei vincoli particolari, che incidono su beni determinati, in funzione non già di una generale destinazione di zona, ma della localizzazione lenticolare di un'opera pubblica, la cui realizzazione non può coesistere con la proprietà privata, ma deve invece essere attribuita alla pubblica amministrazione». Il rapporto tra i due tipi di vincoli deve essere compreso in termini di regola-eccezione, cosicché la verifica dell’esistenza di un vincolo espropriativo deve essere condotta in maniera rigorosa, con l’applicazione residua del regime dei vincoli conformativi. Nella sua recente sentenza n. 33229 del 2019, la Corte di cassazione ha dichiarato che questa distinzione, che la giurisprudenza riconosce da molto tempo, è compatibile con la Convenzione.
  7. La Corte ritiene che spetti ai giudici nazionali interpretare il diritto interno e applicarlo caso per caso, e dunque essa non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici interni.
  8. La Corte constata dunque che il diritto interno relativo alle restrizioni in materia urbanistica – come ha indicato il Governo nelle sue osservazioni – sembra soddisfare pienamente l’esigenza di legalità tenuto conto della sua accessibilità, della sua prevedibilità e della sua finalità volta a disincentivare gli abusi da parte delle autorità, e dunque a proteggere il diritto di proprietà dei privati.
  9. Alla luce di quanto sopra esposto, la Corte non vede alcun motivo per discostarsi dalla propria giurisprudenza (Ex-re di Grecia e altri c. Grecia (equa soddisfazione) [GC], n. 25701/94, § 89, 28 novembre 2002) secondo la quale senza il versamento di una somma ragionevolmente proporzionata al valore del bene, una privazione della proprietà ai sensi del secondo capoverso del primo comma dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 costituisce normalmente un’ingerenza eccessiva, e una totale assenza di indennizzo può essere giustificata solo in circostanze eccezionali. Ciò che è ragionevole dipende dalle circostanze di ogni singolo caso, ma alla determinazione dell'importo dell'indennità è applicabile un ampio margine di apprezzamento. Il controllo che deve operare la Corte consiste soltanto nel verificare se le modalità scelte vadano oltre l'ampio margine di apprezzamento di cui lo Stato gode in materia (James e altri c. Regno Unito, 21 febbraio 1986, § 54 serie A n. 98).
  10. Pur rispettando il giudizio del legislatore per quanto riguarda l’indennizzo di un'espropriazione, salvo che quest’ultimo non si riveli manifestamente privo di base ragionevole (Lithgow e altri c. Regno Unito, 8 luglio 1986, § 122, serie A n. 102), la Corte osserva che i ricorrenti – sebbene ritengano che il terreno abbia un valore più alto – non contestano che l'indennità corrispondesse al valore venale del terreno non edificabile, a seguito dell'imposizione del vincolo conformativo.
  11. Alla luce di quanto sopra esposto, dopo un'analisi approfondita delle osservazioni delle parti, delle decisioni dei giudici interni e della giurisprudenza pertinente, la Corte non può concludere che l'ingerenza contestata abbia violato il giusto equilibrio che deve esserci, in materia di regolamentazione dell'uso dei beni, tra l'interesse pubblico e l'interesse privato.
  12. Di conseguenza, il ricorso deve essere respinto in applicazione dell'articolo 35 § 4 della Convenzione.

Per questi motivi, la Corte, all'unanimità,

Dichiara il ricorso irricevibile.

Fatta in francese, e poi comunicata per iscritto il 20 aprile 2023.

Liv Tigerstedt
Cancelliere aggiunto

Péter Paczolay
Presidente
 

ALLEGATO

N.

Nome Cognome

Anno di nascita

Cittadinanza

Luogo di residenza

1.

Emilia RUSO

1938

italiana

Roma

2.

Marcello D’AGOSTINO

1975

italiana

Roma

3.

Pietro Aurelio MODAFFERI

1949

italiana

Roma

4.

Antonio PERNA

1947

italiana

Roma

5.

Bianca PERNA

1922

italiana

Roma

6.

Emilia PERNA

1949

italiana

Roma

7.

Emilia PERNA

1950

italiana

Roma

8.

Francesca PERNA

1953

italiana

Roma

9.

Francesco PERNA

1916

italiana

Roma

10.

Irene PERNA

1976

italiana

Roma

11.

Riccardo PERNA

1974

italiana

Roma

12.

Ubaldo PERNA

1927

italiana

Roma

13.

Francesco RUSO

1940

italiana

Roma

14.

Maria RUSO

1944

italiana

Roma

15.

Michela SANTAGATI

1952

italiana

Roma

16.

Maria Antonietta SCARIENZI

1918

italiana

Roma

17.

Fulvia TULUI

1963

italiana

Roma

18.

Laura TULUI

1963

italiana

Roma