Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 16 settembre 2014 - Ricorsi n. 37916/03 - Angelo Siciliano e Lucia Gagliardi c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata da Rita Carnevali, assistente linguistico. Revisione a cura della dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SECONDA SEZIONE
DECISIONE

Ricorso n. 37916/03

Angelo SICILIANO e Lucia GAGLIARDI contro l’Italia

16 settembre 2014


La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita il 16 settembre 2014 in un comitato composto da:

Helen Keller, presidente,
Egidijus Kūris,
Jon Fridrik Kjølbro, giudici,
e da Abel Campos, cancelliere aggiunto di sezione,

Visto il ricorso sopra menzionato presentato il 6 novembre 2003,
Vista la dichiarazione depositata dal governo convenuto l’8 aprile 2014 con cui si chiede alla Corte di cancellare il ricorso dal ruolo;
Dopo aver deliberato, rende la seguente decisione:

FATTI E PROCEDURA

I ricorrenti, il sig. Angelo Siciliano e la sig.ra Lucia Gagliardi, sono cittadini italiani nati rispettivamente nel 1923 e nel 1931. Dinanzi alla Corte sono stati rappresentati dall’avvocato M.G. Rescigno, con studio a Cicciano.
Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, e dal suo co-agente, P. Accardo, nonché dal suo ex co-agente, Nicola Lettieri.
I ricorrenti sono stati parti in un procedimento civile di cui hanno contestato l’eccesiva durata (12 anni e 6 mesi per un grado di giudizio) mediante il ricorso «Pinto».
Con decisione del 9 maggio 2003 (R.G. n. 3036/02), la corte d’appello di Roma constatò la violazione del termine ragionevole ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e accordò congiuntamente ai ricorrenti 1.750 EUR per il danno morale, più le spese relative alla procedura «Pinto». La decisione è stata eseguita il 17 agosto 2004.
Dinanzi alla Corte, i ricorrenti lamentano l'eccessiva durata del procedimento principale e l'insufficiente entità della somma ottenuta nell'ambito del rimedio «Pinto» (articolo 6 § 1 della Convenzione).
Inoltre, invocando l'articolo 6 § 1, contestano il ritardo nel pagamento della somma «Pinto» (ricorso n. 37262/03); basandosi sugli articoli 13 e 53, denunciano l'inefficacia del ricorso «Pinto» soprattutto in ragione dell'insufficiente importo ottenuto.
Il ricorso è stato comunicato al Governo convenuto.
Con due lettere del 6 e 12 ottobre 2006, l’avvocato Rescigno ha informato la Corte che il signor Siciliano era deceduto senza lasciare eredi.

IN DIRITTO

  1. Sulle conseguenze derivanti dal decesso del sig. Siciliano
    La Corte nota che il sig. Siciliano è deceduto nel corso della procedura pendente dinanzi ad essa e che non si è presentato nessun erede o parente prossimo per proseguire il ricorso.
    Pertanto, tenuto conto dell'articolo 37 § 1 c), la Corte ritiene che non sia più giustificato proseguire l'esame del ricorso nei confronti del sig. Siciliano e che, per quanto riguarda quest’ultimo, si renda quindi necessaria la cancellazione dal ruolo (si vedano, fra altre, Scherer c. Svizzera, 25 marzo 1994, §§ 31-32, serie A n. 287; Thévenon c. Francia (dec.), n. 2476/02, CEDU 2006-III, e Léger c. Francia (cancellazione) [GC], n. 19324/02, § 51, 30 marzo 2009). Tenuto conto delle circostanze della causa, soprattutto del fatto che i motivi di ricorso del sig. Siciliano sono identici a quelli sollevati dalla sig.ra Gagliardi, la Corte ritiene che il rispetto dei diritti dell'uomo garantiti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli non richieda che essa prosegua l'esame del ricorso (articolo 37 § 1 in fine).
     
  2. Sulla durata del procedimento principale e sul ritardo nell'esecuzione della decisione «Pinto»
    Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, la ricorrente lamenta la eccessiva durata del procedimento principale e il ritardo nell’esecuzione della decisione «Pinto».
    Dopo il fallimento del tentativo di composizione amichevole, l’8 aprile 2014 il Governo ha fatto pervenire alla Corte una dichiarazione unilaterale al fine di risolvere la questione sollevata con questa parte del ricorso. Ha inoltre chiesto alla Corte di cancellare il ricorso dal ruolo in applicazione dell’articolo 37 della Convenzione.
    La dichiarazione era così formulata:
    «Il Governo italiano, vista la consolidata giurisprudenza della Corte in materia (Cocchiarella c. Italia [GC], n. 64886/01, CEDU 2006 V), riconosce la durata irragionevole della procedura, ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, e il ritardo nell’esecuzione della decisione «Pinto» sui quali verte il ricorso summenzionato.
    Di conseguenza il governo italiano si offre di versare:
    • 5.000 EUR (cinquemila euro) a copertura di tutti i danni morali derivanti dalla durata irragionevole del procedimento e dal ritardo nell’esecuzione della decisione [«Pinto»] più le somme eventualmente dovute a titolo di imposta dalla ricorrente, e
    • 1.000 EUR (mille euro), a copertura di tutte le spese, più le somme eventualmente dovute a titolo di imposta dalla ricorrente.
    Tali somme saranno pagate entro i tre mesi successivi alla data di notifica della decisione della Corte resa conformemente all’articolo 37 § 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. In caso di mancato pagamento entro tale termine, il Governo si impegna a versare, a decorrere dalla scadenza dello stesso e fino al versamento effettivo delle somme in questione, un interesse semplice ad un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea, aumentato di tre punti percentuali. Tale versamento concluderà definitivamente la causa.
    Il governo ritiene che le somme sopra indicate costituiscano una riparazione adeguata della violazione alla luce della giurisprudenza della Corte in materia (Cocchiarella, sopra citata).
    Il Governo chiede rispettosamente alla Corte di dichiarare che la prosecuzione dell’esame del ricorso non è più giustificata e di cancellare il ricorso dal ruolo conformemente all’articolo 37 della Convenzione.»
    La ricorrente non ha formulato alcun commento riguardo a questa dichiarazione unilaterale.
    La Corte rammenta che, in virtù dell’articolo 37 della Convenzione, in qualsiasi fase della procedura essa può decidere di cancellare un ricorso dal ruolo quando le circostanze le permettano di giungere a una delle conclusioni di cui ai commi a), b) o c) del paragrafo 1 di tale articolo. In particolare, l’articolo 37 § 1 c) le permette di cancellare un ricorso dal ruolo se:
    «per ogni altro motivo di cui la Corte accerta l’esistenza, la prosecuzione dell’esame del ricorso non sia più giustificata.»
    La Corte rammenta anche che, in alcune circostanze, può essere opportuno cancellare un ricorso dal ruolo ai sensi dell’articolo 37 § 1 c) sulla base di una dichiarazione unilaterale del governo convenuto (articolo 62A del regolamento).
    A tal fine, la Corte deve esaminare in dettaglio la dichiarazione alla luce dei principi sanciti dalla sua giurisprudenza (Tahsin Acar c. Turchia (questione preliminare) [GC], n. 26307/95, §§ 75-77, CEDU 2003 VI; WAZA Spółka z o.o. c. Polonia (dec.) n. 11602/02, 26 giugno 2007).
    La Corte ha fissato in un certo numero di cause, tra cui quelle proposte contro l’Italia, la sua prassi per quanto riguarda i motivi di ricorso relativi, dal punto di vista dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, alla violazione del termine ragionevole e al ritardo nell’esecuzione delle decisioni «Pinto» (si vedano, ad esempio, Frydlender c. Francia [GC], n. 30979/96, § 43, CEDU 2000 VII; Cocchiarella c. Italia [GC], n. 64886/01, §§ 69-98, CEDU 2006 V; Gaglione e altri c. Italia, nn. 45867/07 e altri, §§ 32-40, 21 dicembre 2010).
    Considerata la natura delle concessioni contenute nella dichiarazione del Governo e visto l’importo del risarcimento proposto – conforme agli importi accordati in cause simili –, la Corte ritiene non sia più giustificato proseguire l’esame di questa parte del ricorso (articolo 37 § 1 c)).
    Inoltre, alla luce delle considerazioni sopra esposte e tenuto conto, in particolare, della sua copiosa e chiara giurisprudenza in materia, la Corte ritiene che il rispetto dei diritti dell’uomo sanciti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli non esiga che essa prosegua l’esame di questa parte del ricorso (articolo 37 § 1 in fine).
    Infine, la Corte sottolinea che, qualora il Governo non rispettasse i termini della sua dichiarazione unilaterale, il ricorso potrebbe essere nuovamente iscritto al ruolo in virtù dell’articolo 37 § 2 della Convenzione (Josipović c. Serbia (dec.), n. 18369/07, 4 marzo 2008).
     
  3. Sulla non effettività del rimedio «Pinto»
    Dal punto di vista degli articoli 13 e 53, la ricorrente denuncia la non effettività del ricorso «Pinto» soprattutto in ragione della somma ottenuta per il danno morale.
    Questo motivo di ricorso deve essere esaminato sul terreno dell’articolo 13.
    Tenuto conto della giurisprudenza Delle Cave e Corrado c. Italia, n. 14626/03, §§ 46-49, 5 giugno 2007, la Corte ritiene che la semplice esiguità della somma del risarcimento non costituisca di per sé un elemento sufficiente per rimettere in discussione l’effettività del ricorso «Pinto»
    Ne consegue che questa parte del ricorso è manifestamente infondata e deve essere rigettata in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 a) e 4 della Convenzione.
     

Per questi motivi la Corte, all’unanimità,

Decide di cancellare il ricorso dal ruolo, in applicazione dell’articolo 37 § 1 c) della Convenzione, nei confronti del sig. Siciliano in ragione del suo decesso;
Prende atto dei termini della dichiarazione del governo convenuto nei confronti della sig.ra Gagliardi riguardanti l’articolo 6 § 1 della Convenzione e delle modalità previste per garantire il rispetto degli impegni in tal modo assunti;
Decide di cancellare questa parte del ricorso dal ruolo in applicazione dell’articolo 37 § 1 c) della Convenzione;
Dichiara il resto del ricorso irricevibile.

Abel Campos
Cancelliere aggiunto

Helen Keller
Presidente