Agenda Digitale del trattamento penitenziario (2012-2013)

Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria
Istituto Superiore di Studi Penitenziari

 

L'AGENDA DIGITALE DEL TRATTAMENTO PENITENZIARIO

 

Raccolta di articoli di Pasquale Napolitano apparsi nella Rivista "L'Eco dell'Issp"


Indice

 

 

DAL CAMMINATORE AL NAVIGATORE

Gli sconfinati orizzonti dell'economia digitale, i progressi nel campo della tecnologia e dell’automazione ci consentono oggi di poter configurare la struttura portante della vita e del benessere nel prossimo futuro.

Benché generata da precisi intenti di sviluppo della produttività che coinvolgeranno tutti i settori dell’economia dei paesi U.E., l’Agenda Digitale della Commissione Europea affida all’azione radicale, capillare e sistematica che sarà messa in campo dalle differenti piattaforme organizzative dei governi locali, l’attuazione dei suoi step di programma, riservando una particolare attenzione all’effettivo, progressivo accrescimento dello stato sociale delle diverse pianificazioni. Saranno infatti proprio questi i tratti più difficili da percorrere per trasformare la nostra vita in una esistenza “on line”, per assicurare a tutti una effettiva padronanza delle più moderne e sofisticate tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni, per diffondere i grandissimi benefici derivanti dalla nuova era digitale a tutte le fasce sociali.

L’Agenda Digitale della Commissione Europea è una delle sette iniziative faro della strategia Europa 2020, strategia che fissa obiettivi per la crescita nell’Unione Europea da raggiungere entro il 2020 e che impone innanzitutto di sfruttare al meglio il potenziale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione per favorire l’innovazione, la crescita economica e il progresso.

L’impegno allo sviluppo informatico europeo vede continui aggiornamenti nel dettaglio delle previsioni e della più puntuale definizione degli obiettivi intermedi della sua agenda digitale. Attraverso il riesame delle scadenze l’agenda europea risponde in progress allo stato dell’arte delle singole agende digitali degli stati membri.
Il miglioramento dell’alfabetizzazione e dell’inclusione digitale è il principale affanno di alcuni stati e una delle prossime scadenze riguarda l’accesso a internet, con la previsione dell’alta velocità per tutti gli europei entro il 2013.

Tra i benefici in arrivo è opportuno qui evidenziare la maggior facilità d’effettuazione dei pagamenti on-line, la fatturazione elettronica, l'introduzione della telemedicina e – nella pubblica amministrazione – il notevole snellimento delle procedure con l’abbattimento dei tempi d’attesa e una forte diminuzione nell’impiego della carta.

Dal “camminatore” al “navigatore”dunque: possiamo così sintetizzare il vero passaggio epocale al quale stiamo assistendo, col successo incredibile della rete, con la rapida diffusione di tablet e smartphone, con i formidabili progressi delle smart city e con le prossime tappe di sviluppo dei sevizi della pubblica amministrazione previste anche dall’Agenda Digitale Italiana.

Complice il ritardo accumulato negli ultimi anni, l’Italia è però oggi un fanalino di coda in Europa nel campo della rete digitale non ancora estesa a tutto il territorio, peggiore di noi è infatti solo la Polonia. Del tutto in salita sarà dunque il percorso dell'agenda digitale, inserita tra le priorità del governo Monti.

Le persone in regime detentivo o in misura alternativa ed ex-detenuti sono tra le categorie più svantaggiate di fronte al susseguirsi delle novità e dei prossimi stadi evolutivi della tecnologia, in assenza di programmi d’intervento – straordinari quanto urgenti – finalizzati all’adeguamento del trattamento penitenziario e dell’esecuzione penale al progresso della information technology.

Se quest’adeguamento non sarà al più presto avviato, molto presto alcune strutture e servizi dell’esecuzione penale passeranno alla storia come dei veri e propri castelli d’If, ma soprattutto saranno poco governabili alla luce di quella chiarissima formula trattamento-sicurezza indicataci dal mandato normativo e costituzionale.

Se conosciamo tutti l’effetto “istituzionalizzazione” del carcere, la difficoltà d’imparare a vivere in modo indipendente e di quanto sia di per sé complessa la preparazione che il carcere e i servizi sociali preposti s’impegnano ad attuare al momento della dimissione, proviamo a immaginare come gli attuali mutamenti possano configurare un ulteriore disagio per quanti improvvisamente dovessero trovarsi di fronte agli straordinari cambiamenti di vita della società libera: un disorientamento totale, un vero e proprio salto nel vuoto.

Oggi un bambino della scuola materna davanti ad un foglio di carta vuoto probabilmente lo scorrerà col ditino con aria incredula, a chiedersi e a chiederci come mai non si accenda!

E se a un teenager oggi gli togliessimo all’improvviso il telefono o lo smartphone, se gli impedissimo di collegarsi alla sua rete?

Iniziamo allora ad annoverare i possibili, nuovi effetti devastanti del carcere, sia “in entrata” con le nuove forme d’isolamento che possono innalzare le soglie del rischio psicologico, che “in uscita” con i nuovi scenari di vita e i più complessi problemi di “reinserimento”.

L’Agenda Digitale del Trattamento Penitenziario continuerà nel prossimo numero con una spending review delle attività trattamentali. La rassegna percorrerà i punti di possibile sviluppo nell’impiego delle tecnologie informatiche, con lo scopo di perfezionare in assoluta economia di mezzi le potenzialità dell’intervento istituzionale.

 

 

L'INEVITABILE TRANSIZIONE DEL TRATTAMENTO PENITENZIARIO VERSO I NUOVI SPAZI TECNOLOGICI.

Il tempo e la sua economia sono fattori fondamentali dell’esperienza umana e il vero deus dell'economia è il tempo. Modificazioni nell’impiego del tempo che sostanzino novità anche in termini d’impegno dello spazio, evidentemente possono rivoluzionare la nostra vita, influenzare la sfera economica e quella culturale della nostra società.

Un formidabile contributo alla vita ci arriva dal mondo virtuale e dall’informatica ed è un nuovo humus all’interno del quale viviamo ancora una fase di progressivo adattamento e di transizione.

Oltre a fornire la suggestione di un possibile passaggio a un nuovo evo culturale, vogliamo qui mettere in evidenza quanto pionieristico sia già oggi amministrare i nuovi spazi gestionali che ci vengono dall’evoluzione delle tecnologie informatiche. Il mondo oggi sta cambiando e forse non ce ne siamo accorti subito.

L’Agenda Digitale del Trattamento Penitenziario non può che partire da queste considerazioni preliminari e da una constatazione: il carcere da sempre è avamposto d’analisi sociologica e probabile avanguardia nell’anticipazione di fenomeni e trasformazioni socio culturali che sono in atto ma ancora poco visibili nella società libera.

L’esigenza di non avere oscurati i nuovi spazi dell’era digitale è un bisogno legittimo della comunità penitenziaria, pena un’inutile e ingiusta sofferenza per quanti sono costretti a viverci, per quanti invece in essa vi operano una sicura perdita del potenziale organizzativo e gestionale, un incredibile dispendio d’energie.

“Recuperare il senso dello spazio e del tempo all’interno dell’istituzione penitenziaria, recuperare il valore della conoscenza della persona…” è l’indirizzo che Massimo De Pascalis, direttore dell’Istituto Superiore di Studi Penitenziari, indica al trattamento penitenziario. É una precisa affermazione di principio che scaturisce dall’Ordinamento Penitenziario e dai suoi collegamenti alla Costituzione Italiana.

In Italia da anni assistiamo al dibattito politico sulle difficoltà d’avvio del decentramento amministrativo. Questo dibattito in ambito penitenziario si traduce nella più o meno armonica gestione dell’azione chiave che il territorio ha nelle nostre strutture.

“I territori della pena” ha titolato nel 2007 uno dei suoi primi contributi editoriali Pietro Buffa, oggi Provveditore Regionale dell’Emilia Romagna, sottolineando in tal senso la pluralità, la varietà ma anche le disomogeneità dell’offerta territoriale e il peso che hanno queste disomogeneità sulla nostra istituzione.

Oggi il rapporto stesso col territorio è potenzialmente più ampio, variegato e se vogliamo sconfinato, perché territorio è anche il nuovo spazio digitale.

Nelle modalità virtuali o reali della comunicazione, i nuovi spazi delle tecnologie informatiche attendono tutti di essere utilizzati e tutti richiedono di essere introdotti con un’adeguata gestione, se non vogliamo correre il rischio d’impoverimento dell’offerta formativa o di smarrimento della nostra azione di guida nei processi di reintegrazione delle persone detenute.

 

 

LA FASE DI TRANSIZIONE DEI MEDIA DELLA COMUNICAZIONE

Il codice morse è ormai abolito e non si possono negare l’agonia della corrispondenza cartacea e la trasformazione del linguaggio epistolare verso nuove forme più veloci e sintetiche di comunicazione scritta, quali le email, gli sms.

Fermo restante il prezioso, insostituibile contenuto emotivo e affettivo di un medium cartaceo qual è una lettera, che per esempio appaga anche il nostro istinto primario dell’olfatto, dobbiamo riflettere sul fatto che, se anche un mittente dovesse sopravvivere nel vecchio medium cartaceo, sempre più in futuro un detenuto rischierà di non trovare troppi interlocutori e soprattutto sempre meno potrà accedere a consultazioni, consulenze e servizi se non dovesse avere accesso alla rete informatica, oggi soprattutto in termini di alfabetizzazione all’uso di tale rete ma molto presto in termini di una ben strutturata possibilità d’accesso.

Parimenti l’uso del telefono si sviluppa verso la comunicazione audiovisiva del web: possiamo immaginare per gli istituti penitenziari i suoi sviluppi in tema di colloqui dei detenuti.

Proprio la fase di transizione della comunicazione con l’esterno ci induce a esaminare nel trattamento penitenziario i principali, nuovi aspetti di sicurezza da sviluppare in tale ambito.

In che modo un detenuto dovrà imparare a vivere in modo indipendente se i contatti saranno resi sempre e ancora più difficili, se oggi o fra poco tutto avverrà prevalentemente, in qualche caso anche "esclusivamente", in rete?

Se poi l’esecuzione penale si svolge in un territorio altro – come spesso avviene a causa dei trasferimenti per il sovraffollamento delle strutture, o perché si è stranieri, o perché si è costretti a vivere altrove – dove collocare il bisogno d’aiuto e d’orientamento in una città poco conosciuta, dove avviare le prime esperienze di reinserimento, come meglio mantenere i contatti con la famiglia o intrattenersi con la nuova sfera amicale?

Come preparare i detenuti ai permessi, ai rapporti con l’esterno o alle dimissioni dal carcere se non attraverso un’azione monitorata e progressiva?

Nella quotidiana esperienza del trattamento penitenziario, soprattutto nell’esecuzione penale esterna, le difficoltà che un detenuto incontra a vivere in modo indipendente sono enormi. Queste difficoltà, talvolta veramente invalicabili, si scontrano con quella che è proprio l’esatta indicazione trattamentale, perché rifarsi un’esistenza indipendente è spesso una priorità per la persona che vive o è vissuta in carcere.

Ancora per molto tempo limiteremo l’uso dei nuovi media in carcere o forse è già il caso di porre una scadenza nella nostra Agenda Digitale del Trattamento Penitenziario?

In termini di spesa queste soluzioni non risponderebbero forse a una corretta ‘spending review’?

Potranno l’Agenda Digitale Europea e l’Agenda Digitale Italiana non tener conto dello stato di disagio operativo ancora troppo diffuso in cui versa sul piano dell’uso delle nuove tecnologie digitali l’istituzione penitenziaria in Italia?

Nel prossimo numero dell’Eco daremo priorità alla fase di transizione dell’istruzione, per scoprire forse che anche il MIUR incontra qualche difficoltà amministrativa nello sviluppo – quanto meno disomogeneo – dei suoi interventi istituzionali negli istituti penitenziari e nell’apporto potenziale che potrebbero fornire le nuove tecnologie informatiche e della comunicazione allo studio. Certamente poi non poche sono le difficoltà che incontra ancora oggi il MIUR a classificare l’opera preziosissima e altamente specializzata che gli insegnanti svolgono – o che forse dovrebbero svolgere – all’interno delle nostre strutture: basti pensare che per il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca nel Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria degli adulti opererebbero ancora insegnanti della “scuola primaria di primo grado”.

 

 

LA FASE DI TRANSIZIONE DELL'ISTRUZIONE E DELLA FORMAZIONE: IL TRIONFO DEI CAMPUS VIRTUALI E DELLE ICT NEI PROCESSI DI GESTIONE DELL'APPRENDIMENTO

Nell’educazione degli adulti l’azione pedagogica lascia prevalentemente il posto all’andragogia nella direzione del long life learning, possiamo così sintetizzare uno dei nostri assunti che fu già del seminario nazionale MIUR-DAP che ebbe luogo in toscana a Castiglione della Pescaia (GR) nel maggio del 2003.

In quell’occasione Massimo De Pascalis, provveditore ospitante le attività, nel suo intervento inaugurale offriva anche all’analisi congressuale i primi risultati dell’impegno didattico e di studio assistito in ambito penitenziario posto in essere dalla rete universitaria toscana.

Con il decreto "Moratti-Stanca" un mese prima del momento congressuale era stato stabilito che il Ministro dell'Università potesse con apposito decreto riconoscere l'istituzione di nuove università telematiche. Il percorso intrapreso dal legislatore italiano sembrava fosse pieno d’iniziative, ma non tutti gli atenei erano all'altezza di una vera offerta telematica, perchè non tutte le università telematiche riconosciute con decreto ministeriale sono state in grado di portare avanti proposte di formazione a distanza conformi alle norme stabilite a livello nazionale.

Prima, dopo e fino ad oggi una serie consistente di tagli alla spesa, particolarmente per l’istruzione, l’università e la ricerca.

Eppure l’impiego dei campus virtuali ha visto sviluppi incredibili negli altri paesi europei, ma insieme ai campus anche la scuola virtuale e l’uso delle tecnologie informatiche in genere.

L’avvento della nuova era digitale coinvolge anzitutto il mondo dell’informazione, perché tutto diventa accessibile anche fuori dalle strutture universitarie o scolastiche che non sono più il luogo privilegiato deputato all’apprendimento di conoscenze, abilità e competenze. Annullate le distanze fisiche e sviluppato il potenziale interattivo, il sistema globale di comunicazione avvicina persone e culture, cambia il nostro modo di vivere e d’apprendere.

In questa cornice è possibile inquadrare i mutamenti che sono in atto o che già sono avvenuti nel campo dell’istruzione o della formazione. È soprattutto possibile intravedere come la nuova era digitale crei nuovi bisogni formativi ma al tempo stesso fornisca strumenti e soluzioni per soddisfarli. I campus virtuali non sono solo un’alternativa all’università tradizionale, perché sono soprattutto il nuovo modo per assicurare il mantenimento del ruolo istituzionale d’insegnamento e ricerca alle università, per consentire lo svolgimento di tale mandato in una società long life learning che sviluppa con le nuove tecnologie informatiche il proprio livello cognitivo e soprattutto l’elaborazione delle conoscenze e la loro comunicazione.

Oggi le tecnologie informatiche e lo sviluppo cooperativo delle attività in rete ci consentono di mettere in atto metodologie e tecniche d’insegnamento e d’apprendimento che non erano possibili prima, né con una didattica “in presenza”, né nei tradizionali corsi a distanza.

Per mostrare le modalità d’apprendimento sulle quali si sviluppano le metodologie pedagogiche e andragogiche, un tracciato può aiutarci a fissare i differenti campi d’azione a livello individuale e di gruppo:

Descrizione delle modalità d'apprendimento delle metodologie pedagogiche e andragogiche su base individuale e di gruppo

La raffigurazione fa meglio cogliere in quale direzione sia da sviluppare, soprattutto in un ambito di vita comunitaria qual è il carcere, la cura e il riguardo che, anche per mandato costituzionale, dobbiamo avere nell’assicurare un long life learning alle persone a noi affidate. Possiamo allora anche comprendere quanto prezioso si configuri nel nostro futuro istituzionale l’impiego di quelle che, per convenzione internazionale, definiamo come ICT (Information and Communication Technology).

L’intervento pedagogico nelle strutture penitenziarie per adulti è nella nostra esperienza un evento piuttosto raro o prevalentemente di natura occasionale nella sfera individuale, esistenziale di singoli soggetti.

Come già in precedenza abbiamo potuto sottolineare nel configurare i nuovi spazi che ci vengono dall’era digitale, possiamo qui intravedere come l’ambiente virtuale e la tecnologia informatica (ICT) assolvano pienamente e, in maniera incomparabile, alle complesse esigenze d’apprendimento dell’uomo adulto, soprattutto in termini d’interazione in rete e libertà di scelta all’interno di una vasta gamma d’offerta.

Sul piano della sicurezza possiamo invece evidenziare, nell’adozione delle ICT, l’aspetto di verifica e controllo dei contenuti veicolati in rete, ma anche quello, non poco importante, della tracciabilità e dell’archiviazione digitale immediata delle attività, nell’iter individuale o di gruppo che sia.

Quanto occorra per mettere su un circuito informatico interno, cosa sia un circuito interno, collegato a una probabile circoscritta rete nazionale di collaboratori e collaborazioni accreditate, sarà oggetto di un successivo approfondimento dell’Agenda Digitale del Trattamento Penitenziario.

Ritornando ancora a Castiglione della Pescaia, il contributo dei circoli didattici, dei docenti e degli operatori penitenziari che intervennero all’incontro congressuale da tutta Italia fu certamente prezioso, perché da quel seminario nazionale partì la prima richiesta ufficiale di procedere in tempi brevi nel settore dell’istruzione penitenziaria degli adulti verso i nuovi orizzonti dell’e-learning e verso una piena adozione di ogni risorsa ICT o di quanto già allora consentisse il livello di sviluppo delle tecnologie informatiche per le attività di studio in ambiente penitenziario.

Ricordiamo per il tema avveniristico l’intervento del docente Aluisi Tosolini “Formarsi e formare al tempo della galassia internet” e per la particolare impronta interprofessionale quello che oggi annoveriamo purtroppo come ultimo contributo didattico fornito a livello nazionale dal prof. Bruno Schettini alla nostra Amministrazione: “Essere-in-didattica nell'aula penitenziaria” e “Lo spazio-tempo della formazione”.

Dunque, tra i risultati di quel momento congressuale, anche precisi obiettivi da raggiungere:

  • sviluppare l’impiego delle tecnologie informatiche e della comunicazione on line
  • assicurare l’accensione e il mantenimento di un portale ISSP-MIUR
  • costruire una specifica comunità di pratica di docenti penitenziari
  • promuovere e formalizzare i processi d’integrazione professionale per il particolare settore operativo interistituzionale

Riportiamo queste informazioni per testimoniare la correttezza delle prospettive, perché più che mai attuali, purtroppo su scala nazionale più o meno tutte ancora da percorrere, tutte valide ancora oggi per un’eventuale programmazione della nostra Agenda Digitale del Trattamento Penitenziario.Al congresso MIUR-DAP 2003 seguì, a cura degli uffici ISSP-MIUR che avevano organizzato le attività, la proposta ufficiale di procedere alla formulazione di un protocollo d’intesa per un impegno congiunto dei due dicasteri (MG e MIUR) che assicurasse un omogeneo e ben strutturato sviluppo delle metodologie, dei programmi e dei media didattici del settore.
Il gruppo individuò in tal senso alcuni punti salienti che potevano essere oggetto di accordi operativi da sottoscrivere e tra questi, a garanzia di più ampie e complesse sinergie tra le due istituzioni:

  • garanzia di omogeneità di sviluppo alla costituente rete nazionale on line
  • istituzione di gruppi di lavoro con incarichi ufficiali di ricerca/implemento di nuove metodologie e tecniche d’animazione didattica
  • produzione e condivisione di una vasta gamma di programmi differenziati di studio
  • elaborazione di speciali criteri e prassi di valutazione degli studenti

Già nel 2003 c’era dunque consapevolezza che nel campo dell’apprendimento degli adulti, per definire progetti, obiettivi scolastici in aula, bisognasse realizzare processi che ne consentissero il loro raggiungimento, occorresse soprattutto organizzare unità scolastiche di cooperazione, fosse richiesto lavorare prevalentemente con gruppi di lavoro e far lavorare i gruppi di studenti in maniera proficua.

Il lavoro in rete con utilizzo delle tecnologie informatiche apparve subito la chiave di volta di un nuovo sistema di studio e d’apprendimento, una modalità didattica che si delineava risolutiva per esempio anche dei trasferimenti dei detenuti da istituto a istituto, fattore di alta criticità operativa perchè spesso comportava e comporta ancora oggi la perdita in itinere dell’impegno e dei risultati scolastici.

Saper lavorare insieme richiedeva lo sviluppo e il potenziamento di fondamentali abilità sociali, e queste abilità dovevano essere considerate parte primaria dell’apprendimento, ma non certo di una “scuola primaria”.

Per questo, in relazione alle reti didattiche penitenziarie in modo particolare, era evidente come l'approccio cooperativo fosse essenziale per il successo degli interventi educativi.

Come era dunque possibile allora considerare ancora gli insegnanti penitenziari docenti della “scuola primaria”?

Come ciò è possibile ancora nel 2013?

Per il raggiungimento di più strutturati contributi allo studio individuale e/o di gruppo in ambiente penitenziario un eventuale protocollo avrebbe dovuto allora anche aggiornare i requisiti professionali e di formazione del personale impiegato, con particolare riferimento a ben identificate esigenze di riconoscimento di un impegno professionale speciale, interistituzionale e di livello interprofessionale.

Nel 2004-2006 annoveriamo ancora i solleciti dei due Uffici ISSP-MIUR promotori per ottenere risposte alla proposta-bisogno di raggiungere e sottoscrivere accordi ufficiali e soprattutto “produttivi”.

Più oltre registriamo il silenzio: eppure, essenzialmente, non si chiedeva d’introdurre chissà quali rivoluzionarie o dispendiose tecnologiche, ma di innovare in campo trattamentale, lavorare insieme a metodologie e tecniche di sviluppo del servizio didattico penitenziario.

Poi, improvviso quanto inatteso, in data 23 ottobre 2012 la stipulazione di un protocollo d’intesa tra i due ministeri.

L’accordo, di durata triennale, punta oggi a promuovere e sostenere lo sviluppo di un sistema integrato d’istruzione e formazione professionale, favorendo l’acquisizione e il recupero di abilità e competenze individuali dei detenuti ma anche l’aggiornamento d’insegnanti ed educatori che prestano servizio negli istituti penitenziari.

Il protocollo firmato dai due ministri è stato salutato da un messaggio di congratulazioni del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha espresso “vivo apprezzamento per l'intesa assunta volta a sviluppare un programma per l'istruzione e la formazione negli istituti penitenziari per minori e per adulti… a trasformare il tempo della pena in tempo utile per il recupero della propria dignità di persona”.

Il faro dello sviluppo digitale sembra fare da sfondo ma non appare immediatamente un protagonista nell’attuale accordo, che forse riflette in primis le esigenze della Giustizia Minorile, dove, come abbiamo visto nel grafico d’apertura, prevale l’impiego delle metodologie pedagogiche. Tuttavia ampie sono le prospettive e si rinvia a una sua puntuale lettura per un adeguato approfondimento.

Il riferimento a ciò che avviene in Gran Bretagna anche nel settore minorile è qui d’obbligo, perché, oltre al trionfo in genere dei VC nella complessa gestione del sistema penitenziario, l’impiego delle ICT è molto diffuso anche nel caso della detenzione o dell’esecuzione penale minorile.

Se tuttavia qualcuno da oggi, anche sulla scia della recente intesa, volesse effettivamente adottare l’idea di un’Agenda Digitale per alcuni dei punti di sviluppo individuati in tema d’istruzione, studio e formazione in carcere, va rilevato che per avere un’agenda di programma è richiesto di fissarne innanzitutto i tempi di realizzazione, pena il rischio d’allevare nel tempo semplicemente buoni propositi.

Grazie infatti a una sapiente e ponderata amministrazione dei nuovi spazi che ci vengono dallo sviluppo digitale, ai nuovi strumenti di gestione della comunicazione e delle relazioni interpersonali, a nuove modalità d’interazione interprofessionale, possiamo oggi imprimere una spinta formidabile sia sul versante dell’istruzione, dello studio e della formazione dei detenuti che su quello del trattamento in genere, ovvero nell’analisi, nel monitoraggio, nel controllo e nel governo della sicurezza sociale interna e esterna alle nostre strutture.

Il compito di un insegnante penitenziario, professore, maestro, docente o formatore che sia è anche quello, istituzionale e proprio dell’Amministrazione Penitenziaria, di contribuire a ridurre col proprio operato la recidiva e la reiterazione dei reati.

Un insegnante in ambiente penitenziario assolve un compito arduo e non ci si deve aspettare che i miglioramenti giungano con la stessa valenza da direzioni altre da quelle contemplate nell’osservazione scientifica penitenziaria, alla quale gli insegnanti stessi sono chiamati e devono contribuire per gli aspetti professionali di competenza.

In realtà sostanziale è il contributo degli insegnanti all’indagine conoscitiva e al trattamento delle persone ristrette nei nostri istituti e preziosa quanto generosa è l’offerta dei risultati del loro intervento, che spesso si basa su un crescente, bottom-up d’iniziative personali e professionali, iniziative talvolta anche gestite in notevole economia o in totale assenza di mezzi. Il loro contributo al lavoro dell’équipe penitenziaria e alle professionalità ufficiali che intervengono nel complesso processo dell’osservazione è di grande pregio, anche perché spesso è già trattamento in itinere, prova e verifica d’ ipotesi, di progetti formativi e risultati sui quali costruire il più complesso, ufficiale patto trattamentale e con esso il più vasto programma d’interventi istituzionali.

Un’analisi della fase di transizione dell’istruzione non può andare molto oltre in questa sede, ma non può neanche omettere un’ultima considerazione che riguarda nello specifico l’eventuale adozione dell’apprendimento in rete ICT.

Su questo terreno in questi anni sono scesi in campo probabilmente altri settori amministrativi del MIUR, ma soprattutto a livello decentrato. Allora assistiamo a sviluppi disomogenei a livello territoriale italiano, con avanzati livelli tecnologici e metodologici realizzati in alcuni istituti penitenziari, grazie anche a progetti finanziati FSE, al contributo di associazioni, cooperative, enti, organismi e istituzioni locali.

È il caso di alcune realtà territoriali dell’Emilia Romagna, Toscana, Lombardia, Veneto e della Campania. È il caso dei progetti scolastici realizzati nella Casa Circondariale di Bologna, del progetto europeo “European perspectives on raising social competences of offenders” che coinvolge a un livello d’azione europeo il PRAP di Napoli.

A livello nazionale possiamo annoverare il dispiego teledidattico delle produzioni di RAI-EDUCATIONAL, per la formazione a distanza ricordiamo anche le realizzazioni e i risultati del Consorzio NETTUNO, tuttavia non tratteremo lo specifico degli aspetti mediatici e didattici, trattenendoci in questa sede più su aspetti macro-formativi.

Per quanto riguarda le modalità multimediali e interattive, al fine di favorire percorsi di studio personalizzati e di ottimizzare l'apprendimento nella formazione a distanza, l'organizzazione didattica può avvalersi oggi delle complesse potenzialità delle ICT.

A livello internazionale tanto altro ci viene dalle indicazioni e dai diffusi contributi dell’UE allo sviluppo dei VC (Virtual Campus), come anche dalle istituzioni prettamente preposte allo sviluppo delle metodologie educative: si pensi alla vasta organizzazione e produzione della BBC inglese o nel campo linguistico praticamente mondiale a quanto sviluppa in metodologie didattiche il British Council.

L’approccio cooperativo all’apprendimento in rete è, nello specifico dell’apprendimento cooperativo, una metodologia didattica basata su piccoli gruppi in cui, reciprocamente, gli studenti lavorano insieme per migliorare il proprio apprendimento.

I partecipanti ottengono maggiori risultati, migliorano le relazioni interpersonali e il proprio benessere psicologico.

Nell’impegno di studio-apprendimento in rete si maturano responsabilità individuali e di gruppo, modalità d’interazione costruttive, conoscenza e sperimentazione delle abilità necessarie alla gestione dei rapporti interpersonali e capacità di valutazione di gruppo.

Il gruppo poi crea interdipendenza e se riusciamo a ben leggere l’apporto di questa metodologia didattica ci rendiamo conto di come, grazie a uno strumento quale l’interazione in VC, abbiamo organizzato e predisposto anche un potenziale autocontrollo dei gruppi. È una fonte supplementare di informazioni e di sicurezza, in grado all’occorrenza di alimentare il sistema su cui organizziamo i nostri ragguagli sul rischio auto lesivo, sulla vita e sulla vita di relazione interna alle nostre strutture, soprattutto nelle fasi in cui è latente, non pienamente agito o non ancora applicabile quel processo cosiddetto “scientifico” di osservazione della personalità e pertanto di conoscenza della persona detenuta.

 

 

LA FASE DI TRANSIZIONE DI UN TRATTAMENTO ASSISTITO STEP BY STEP DALLA RETE ICT

Quando per l’uomo la vendetta non fu priva d’indugi e di rimorsi, gli dei intervennero e istituirono il processo per affrontare controversie e conflitti. Sarà ancora l’intervento degli dei dall’Olimpo a soccorrere le incertezze e le esitazioni delle giurie, composte di soli uomini. Nell’affanno del dubbio la giustizia divina si unirà a quella umana con le determinazioni di Atena, dea della sapienza e della saggezza.

La sapienza, arricchita dal formidabile contributo delle scienze del comportamento, sostanzia oggi il suo intervento in un continuo, spesso immediato, bisogno di consulenze e di competenze specialistiche.

É un’esigenza sempre più avvertita, che solo in una rete ben organizzata di servizi e d’interventi potrebbe trovare attuazione e i giusti tempi di soddisfazione.

La consulenza specialistica è indispensabile e soprattutto spesso è urgente, in alcuni momenti della vita detentiva come nelle fasi esterne del complesso processo del reinserimento sociale.

Ripercorrendo la strada di un conflitto o di un vissuto di separazione si può toccare il cuore della sofferenza dell’uomo.

Proseguendo in un sentiero che diventa sempre più insopportabile, sempre meno vedremo germogliare la vita e più spesso assisteremo a un totale abbattimento.

Il rischio sarà proprio quello di sprofondare, irrimediabilmente, verso un doloroso declino.

Da qui l’esigenza di un ponte virtuale ma al tempo stesso reale nel flusso di comunicazioni carcere-servizi-territorio, da qui l’indispensabile adozione delle ICT per la popolazione carceraria.

Le ICT sono preziose almeno quanto l’acqua per l’esistenza dell’uomo del terzo millennio.

Proprio come l’acqua la nuova luce digitale è sorgente di vita.

Nuovi e più complessi sistemi di gestione e strutturazione dei dati a nostra disposizione potrebbero agevolare molti management che intervengono nel trattamento dei detenuti.

L’iter trattamentale potrebbe trovare una sua più complessa organizzazione solo in rete, nell’organizzazione dei Virtual Campus (VC).

L’adozione di queste tecnologie potrebbe consentire una più celere identificazione dei bisogni, la sistemazione e il controllo stesso dei programmi individualizzati di trattamento.

Molte altre esigenze di amministrazione della giustizia potrebbero trovare riscontri più immediati e nuove risposte nei campus.

In rete potrebbe essere facilitata anche la gestione di forme più complesse d’azione in campo giudiziario, quali lo sviluppo della mediazione penale e della giustizia riparativa.

 

 

COME ORGANIZZARE LA FORMAZIONE PROFESSIONALE E L'AVVIAMENTO AL LAVORO

Nell’era digitale la velocità nelle comunicazioni gioca un ruolo fondamentale. I servizi penitenziari e istituzionali preposti alla qualificazione e all’aggiornamento professionale, di ogni tipo e grado, devono essere informati all’ultimo perfezionamento possibile, con una continua trasformazione dei programmi formativi.

Il vertiginoso progresso nel campo delle tecnologie caratterizza con la stessa velocità l’offerta di competenze sul mercato del lavoro. Per chi esce dal carcere dunque l’aggiornamento professionale deve essere proprio dell’ultimo momento.

Per essere validi e competitivi nell’iter di studi come negli annunci e nelle competenze proposte quando si è in cerca di un lavoro autonomo è indispensabile dotarsi sia di strumenti professionali evoluti che di conoscenze aggiornate, per proporre soluzioni innovative a imprese e organizzazioni esterne che devono confrontarsi con i cambiamenti in atto.

Fondamentale è dunque curare costantemente una mappa delle competenze da rinnovare, scrutare ogni possibile anticipazione di tecniche e metodologie, aggiornare e/o sviluppare in tempo ogni probabile esigenza, rispondere anzitempo a ogni emergente bisogno formativo.

Per un detenuto o un ex detenuto, in assenza di risorse o appoggi esterni, orientarsi verso un lavoro autonomo è di solito una scelta obbligata.

Particolarmente in tale ambito un avviamento-accompagnamento al lavoro dovrà basarsi sull’ultimo aggiornamento delle metodologie e delle tecniche professionali, bisognerà anche tenersi aggiornati su prezzi e qualità di prodotti, tecniche e strumenti disponibili sul mercato.

Per essere incisivi nell’azione formativa proposta le attività devono trovare una loro conclusione quasi in prossimità dell’uscita dal carcere.

Esperti nel settore dello sviluppo aziendale fissano tale tempo a non più di un anno dall’inserimento lavorativo esterno.

La presentazione, la cura e l’aggiornamento in tempo reale del proprio curriculum è oggi possibile solo con l’uso delle ICT.

Parimenti interviste, test di abilità e di competenze trovano nel web la loro immediata, naturale veicolazione.

Le agenzie del lavoro sono ormai accessibili quasi esclusivamente in rete. Com’è noto anche le pratiche assicurative e previdenziali, servizi sanitari compresi, avranno presto accesso prevalentemente on line.

Per ogni richiesta che potrebbe venire dal mercato del lavoro è necessaria una formazione informata in tempo reale e per ottenere questo costante flusso d’informazioni è indispensabile soprattutto poter contare su una rete di contatti professionali davvero complessa.

La chiave di soluzione di questa complessità è tuttavia da ricercare proprio nello stesso potenziale comunicativo delle nuove tecnologie.

Ritornando alle problematiche connesse alla formazione professionale e all’inserimento lavorativo dei detenuti, alla luce della particolare realtà del mercato del lavoro non avrebbe molto senso ammettere alla formazione professionale erogata negli istituti penitenziari persone che non possono nell’immediato passare a un inserimento lavorativo vero e proprio.

Quest’orientamento trattamentale, pur avendo un suo peso tra i criteri d’inserimento dei corsisti alle attività formative, non può neanche diventare il criterio principale.

Questa consapevolezza sarà proprio il punto di partenza nello sviluppo della nostra agenda digitale della formazione professionale.

Non c’è alcun dubbio sulla qualità di una formazione professionale informata al mercato esterno del lavoro e magari orientata a un piano d’inserimento lavorativo autonomo.

Non c’è neanche dubbio sui ritmi velocissimi che scandiscono oggi l’aggiornamento professionale.

Ma come ammettere alle attività dei nostri corsi detenuti che non possono completare il processo formativo con un inserimento lavorativo esterno, che non possono uscire e che presentano un fine pena molto più lungo?

Dove collocare le aspirazioni di quanti chiedono di partecipare alle attività di un determinato corso di formazione per vera inclinazione personale o, in non pochi casi nella nostra esperienza, per manifesto talento?

Il mondo in cui vivono i nostri candidati è il carcere e i loro compagni di detenzione.

Seguendo canoni sociologici che caratterizzano la vita delle comunità chiuse, anche questo mondo può essere vissuto come una sorta di mercato, proprio come il mondo esterno, anche se in assenza di denaro in circolazione.

Su una ben tessuta ragnatela di accordi e patti trattamentali è possibile costruire un vero e proprio circuito occupazionale “fittizio”, per molti aspetti “virtuale”, ma in grado d’offrire una serie di servizi alla comunità interna, grazie ad attività non retribuite di ricerca-aggiornamento portate avanti dai detenuti, attività che mantengono vivo ogni settore lavorativo perché l’attività dei campus è direttamente collegata con la società libera e con ciò che in essa avviene.

Stabilendo determinate regole, coloro che sono lontani da ogni possibilità di reinserimento lavorativo esterno e che chiedono d’iscriversi ad un corso di formazione professionale, possono essere ammessi e una volta raggiunta la qualificazione professionale continuare, attivandosi in un impegno volontario.

La formazione-ricerca-aggiornamento continua per tutti nel proprio campus.

Si tratta di un impegno d’aggiornamento professionale produttivo di beni e servizi per la comunità interna e al tempo stesso di una continua ricerca sul mercato esterno, nella società libera.

Sarà così steso quel ponte virtuale esterno-interno dove potranno trovare soluzione una serie di problemi che da sempre investono in maniera cronica la vita della comunità penitenziaria.

I campus possono accettare un numero aperto d’iscrizioni dal carcere o da comunità protette e, oltre a quelli istituzionali, un numero ugualmente imprecisato di collaboratori qualificati.

L’attività dei VC nella fase della ricerca-aggiornamento dipenderà dalle risposte in rete e troverà in rete la sua complessa gestione.

La fase di qualificazione sarà svolta con didattica in presenza e/o in e-learning, ogni tipologia avrà tuttavia uno o più docenti referenti e un esperto direttore del campus, responsabile del programma di relazioni-contatti e di quanto materialmente sarà investito nella produzione di beni e servizi per il complesso sistema e-learning.

I detenuti potrebbero essere ammessi all’attività di studio-qualificazione-ricerca-aggiornamento-perfezionamento dei campus su loro richiesta e/o su programma specifico di trattamento.

L’impegno dovrebbe dunque sempre rientrare in un programma di trattamento e, soprattutto, in un “patto trattamentale”.

Certamente nei campus potrebbe essere affrontato ogni impegno di studio, dallo studio individuale alle attività di gruppo che si sviluppano in cooperazione, dall’istruzione scolastica a quella universitaria, dalla formazione-qualificazione professionale alla ricerca-aggiornamento-perfezionamento.

Immaginiamo allora dei campus per ognuno dei settori lavorativi di possibile sviluppo professionale, artigianale, con più o meno ampie soluzioni d’impiego lavorativo e più o meno ampia applicazione di arti e mestieri nel genere specifico, sia fuori che dentro le strutture penitenziarie.

Sarà sempre da valutare in anticipo per l’avvio di un campus la disponibilità di programmi di formazione a distanza specifici del settore, a cura di organizzazioni che forniscono corsi FAD adatti per allievi e studenti detenuti.

In realtà lo sviluppo dell’e-learning e delle ICT per l’Amministrazione Penitenziaria potrebbe essere la chiave di soluzione per far fronte a molte mancate risposte, forse perfino per far fronte al sovraffollamento delle strutture, verso una sorveglianza dinamica e l’ampliamento del numero di strutture a custodia attenuata, dove far soggiornare e continuare un trattamento di questo tipo per detenuti a basso indice di criminalità.

Ma proseguiamo nell’illustrare come può funzionare un campus per poter illustrare, a seguire, uno schema di funzionamento globale dei Virtual Campus.

La cooperazione potrebbe essere uno dei valori più importanti agiti nella comunità penitenziaria se questa sarà ben collegata al mercato del lavoro esterno, in tempo reale potrebbero essere assicurati contatti con istituzioni, enti, agenzie e agenti ammessi a essere connessi alla rete ICT dei campus.

Una comunità così strutturata potrebbe trovare appoggi qualificati esterni, nella pubblica amministrazione come nel privato sociale, può trovare in rete la collaborazione di professionisti, organizzazioni, fondazioni, esperti in abilità e sviluppo imprenditoriale.

I campus potrebbero avere addentellati esterni innanzitutto negli Uffici dell’Esecuzione Penale Esterna e potrebbero assicurare una continua ricerca-aggiornamento di lavoro autonomo qualificato per ogni settore specifico, a condizioni di trovare sostegno anche fuori e su più vasta scala, non contando solo sull’intervento di docenti e volontari che collaborano nella continua ricerca di abilità e competenze aggiornate, spendibili sul mercato del lavoro.

L’elenco di alcuni settori applicativi di campus non è frutto di un’analisi statistica e pertanto non pretende d’essere esaustivo, certamente non è rappresentativo della più complessa operatività che ravviva il panorama nazionale:

  • edilizia sartoria
  • ricamo-merletti
  • tessitura
  • panificazione
  • caseario
  • ristorazione
  • termoidraulica
  • pulizie
  • api-bachicoltura
  • stallaggio
  • orto-floricoltura
  • viticoltura
  • vinificazione
  • elettricità
  • elettronica
  • informatica
  • calzature e pelletteria
  • recitazione-cinema
  • ceramiche
  • arti grafiche
  • modellismo
  • giardinaggio
  • zoologia e zootecnica
  • cosmesi e bellezza
  • acconciature
  • contabilità
  • consulenza fiscale
  • oggettistica
  • sviluppo e gestione d’impresa
  • modulistica – editoria
  • rilegatura cartacea tipografia
  • grafica e serigrafia
  • organizzazione eventi
  • animazione
  • orticoltura
  • falegnameria
  • assistenza socio-sanitaria
  • servizi alberghieri
  • plumbing
  • sport e fitness
  • dolciario
  • counselling
  • restauro
  • finiture e tinteggiature
  • decori e mosaici
  • etc.

Per i detenuti e per quanti si trovino in comunità chiuse, l’impiego dei VC delineerebbe l’assegnazione d’incarichi non retribuiti ma ufficiali e adeguatamente collocati, che risponderebbero a determinate prestazioni indispensabili all’impiego produttivo delle ICT, ma grazie a questi contatti lo sviluppo in progress dell’offerta trattamentale e dei mezzi di gestione della sicurezza sarebbe ampiamente facilitato, con un’espansione d’orizzonti per l’intera comunità penitenziaria.

Questo generoso impegno configurerebbe una delle azioni più preziose in termini di solidarietà sociale, perché consentirebbe un adeguato sviluppo della vita e delle relazioni della comunità carcere, consentendo al sistema una vitale rigenerazione e recependo ogni contributo esterno di solidarietà e aiuto.

Il sistema oltre a coinvolgere i due fronti d’azione dell’Amministrazione Penitenziaria, Istituti Penitenziari e Uffici dell’Esecuzione Penale Esterna, vedrebbe molti altri attori e uno schema illustrativo della complessa azione attivata dallo sviluppo dei VC può essere così configurato:

Una corona circolare individua il campo d'azione dei campus con l'intervento del direttore del campus, dei centri accademici di eccellenza, dei centri professionali di eccellenza. Una i svolge un ruolo satellitare sull'azione dei due centri. Al centro sono posizionati i detenuti. Quattro frecce indicano i punti di immissione nella corona: finanziamenti, esecuzione penale, contenuti erogativi del campus, offerte di lavoro

In questo modello abbiamo riportato l’operatività di un campus per uno studente-apprendista detenuto o in esecuzione penale.

La dimensione operativa dei campus sarà sia regionale che nazionale. L’organizzazione dei CAE (Centri Accademici d’Eccellenza) o dei CPE (Centri Professionali d’Eccellenza) e la dimensione operativa nazionale di tali organismi ci consente di coglierne l’importanza sostanziale in termini di ricerca-intervento. Il livello organizzativo e operativo nazionale di entrambi i centri potrebbe far capo all’Istituto Superiore di Studi Penitenziari, in quanto istituto nazionale di management del settore, istituzione preposta all’analisi e allo studio dell’esecuzione penale e del trattamento penitenziario.

 

 

RICERCANDO ORIENTAMENTI, PARTECIPAZIONE E IMPEGNO

Il dispiego delle attività scolastiche e di studio nell’ambito di un trattamento penitenziario sostenuto da una rete ICT delinea un tipo d’organizzazione abbastanza speculare a quella della formazione-aggiornamento-avviamento al lavoro.

L’impiego di una piattaforma web dedicata al trattamento penitenziario, oltre ad accrescere la partecipazione e ogni potenziale raccordo e sviluppo progettuale a livello territoriale, di fatto facilita il monitoraggio e i processi gestionali degli uffici centrali, la programmazione nazionale e finanche europea degli interventi formativi.

Il web raccoglie e configura la vera vetrina di risorse, proposte, di tecniche e di buone prassi che si possono operare nel campo dell’apprendimento, della formazione e dello studio in ambiente penitenziario.

I campus virtuali destinati a detenuti e a quanti eseguono una misura alternativa alla detenzione potrebbero essere a tutti gli effetti paragonati a un motore di ricerca personalizzato, proprio come avviene in Google. Essi potranno consentire tuttavia un accesso in sicurezza ai soli siti accreditati al loro interno e non i collegamenti ipertestuali esterni.

Al loro interno oltre al sapere, allo studio e alle attività formative in senso lato troveremo anche, a più livelli, sezioni di consulenza in rete, di orientamento, annunci, programmi, planning d’attività e quant’altro veicolabile in rete.

Ogni istituto o servizio dell’esecuzione penale esterna avrà un proprio URL e l’accesso a più livelli all’informazione disponibile.

Un livello di questa informazione, direttamente gestito dagli operatori del trattamento, potrebbe riguardare l’Istituto e la sua vita sociale interna, con eventuali annunci riguardanti le attività trattamentali accese nella singola struttura, la programmazione di nuove attività, eventi, corsi, offerte di lavoro, etc.

Un formidabile strumento d’aggregazione e di gestione dell’area trattamentale se adeguatamente organizzato, potendo diventare all’occorrenza anche un vero e proprio circuito mediatico interno, con aumento esponenziale delle attività gestite a circuito chiuso all’interno dell’istituto, a livello individuale e/o di gruppo.

Proviamo anche a immaginare l’impiego eventuale della modulistica in rete, l’accesso ai livelli superiori, quali quello del circuito regionale, alla possibilità d’accedere a servizi pubblici, alle agenzie accreditate, a tante altre risorse disponibili grazie alla rete.

Inizialmente l’accesso ai VC avverrebbe per fornire informazioni a quanti a essi si rivolgono dalla propria stanza o da apposite postazioni all'interno delle singole sezioni, per iscriversi o per seguire un percorso d’istruzione, di formazione-occupazione, etc. Previa iscrizione e registrazione avverrebbe poi l’accesso ai corsi veri e propri.

Con l’abilitazione all’uso delle ICT lo stato detentivo non sarebbe più un ostacolo alla ricerca di un lavoro sul web e all’invio di un curriculum vitae aggiornato e competitivo, le postazioni potranno infatti accedere ai servizi e alle agenzie del lavoro accreditate in rete.

Lo snellimento delle procedure di erogazione dell’istruzione-formazione e l’autonoma ricerca del lavoro porterà degli indubbi vantaggi economici.

Le ICT potranno agevolare i colloqui con i familiari soprattutto per quanti vivono lontano dalle proprie famiglie e anche in questo settore della spesa penitenziaria si potrebbe immediatamente operare una spending review.

Le piattaforme WEB messe a disposizione dei detenuti garantirebbero oltre ai corsi di formazione on-line un accesso immediato alle informazioni, consulenza e orientamento soprattutto in materia di competenze e lavoro.

Proviamo infine a identificare dei “ruoli tecnici” dei Campus Virtuali, ovvero tutte le professionalità che potrebbero assumerne un’eventuale gestione o semplicemente estendere al loro management professionale l’uso di questo moderno strumento d’interazione, di comunicazione, consultazione e quindi di lavoro.

Ci accorgeremo subito di dover annoverare un elenco interminabile di ruoli che potenzialmente potrebbero utilizzarlo, all’interno dell’Amministrazione Penitenziaria, nell’ambito degli Uffici Giudiziari, nella Pubblica Amministrazione in genere e in tutti quegli spazi, anche del privato sociale, che configurano delle vere e proprie istituzioni in campo assistenziale: educatori, docenti, consulenti, esperti, tutor, volontari, animatori, ufficiali giudiziari, assistenti sociali, etc.

In una organizzazione di questo tipo, compiti, consegne, prestazioni del personale di Polizia Penitenziaria e degli operatori in genere dovrebbero registrare accelerazioni e miglioramenti. Tutti potrebbero sentirsi più soddisfatti nel proprio lavoro.

Tralasceremo per il momento gli aspetti didattici dell’attuale sviluppo dei programmi formativi in modalità e-learning e ogni altro approfondimento relativo alle metodologie e ai più recenti orizzonti della ricerca nel merito delle tecniche che agevolano l’apprendimento long-life learning.

Alla luce del protocollo d’intese MG-MIUR firmato nell’ottobre 2012 confidiamo di poter presto riprendere in esame alcuni punti dello sviluppo operativo delle attività scolastiche e di studio individuale, perché sono proprio i punti in cui dimora la formazione dei funzionari che ne sono coinvolti e per tale motivo l’Istituto Superiore di Studi Penitenziari ha finora più volte tentato di forzare quei meccanismi un po’ ossidati della programmazione congiunta DAP-MIUR, a garanzia di sviluppo dei singoli management professionali delle professionalità impiegate e per assicurare in questa delicata sfera operativa interistituzionale una corretta gestione del complesso lavoro interprofessionale.

 

 

I NUOVI SCENARI DELLO SVILUPPO DIGITALE NEL TRATTAMENTO PENITENZIARIO E IL RUOLO PORTANTE DI UNA EVOLUTA ISTITUZIONE DI MANAGEMENT

Rileviamo in quattro passi i tratti essenziali dei nuovi scenari e delle nuove operatività che dovrebbero scaturire dall’impulso d’accelerazione derivante dall’impiego delle tecnologie digitali nel trattamento penitenziario, considerando in tal senso già avviata una rete nazionale di VC.

  1. L’ISSP dovrebbe operare un’azione satellitare sui centri accademici e sui centri professionali d’eccellenza che sarebbero come tali accreditati alle sue attività di analisi e di ricerca. In particolare per i centri professionali l’impegno di un’istituzione nazionale di management del settore penitenziario dovrebbe garantire oltre un livello congressuale d’interventi – quindi di analisi e di studio – un impulso concreto alla sensibilizzazione del privato, del privato sociale e di ogni altro impegno del territorio e del volontariato a salvaguardia di una particolare “fascia debole” della società qual è quella dei detenuti e degli ex detenuti. Non dovrebbero allora mancare progetti di formazione indirizzati direttamente ai datori di lavoro, attività che potrebbero svolgersi anche all’insegna del carattere certificante di questa istituzione formativa: un enorme vantaggio e una indubbia garanzia per l’impegno riparativo della magistratura, con particolare riferimento anche al campo d’azione della magistratura di sorveglianza.
  2. Nello specifico dell’offerta trattamentale la programmazione e l’organizzazione formativa dovrebbero risultare direttamente informate ad un quadro globale di attività in continua evoluzione, con risorse disponibili dal territorio e sul territorio, con attività disponibili in rete, dalla rete e attraverso la rete. È il caso di ricordare che la direzione di ogni campus dovrebbe essere affidata a un manager o comunque ad un esperto autorevole del settore e l’intervento dell’Istituto Superiore è implicito in questo tipo d’organizzazione.
  3. L’impegno dei docenti di ogni tipo e provenienza dovrebbe risultare in ambito penitenziario maggiormente volto allo sviluppo di metodologie didattiche specifiche e indirizzato verso adempimenti che caratterizzano in maniera pregnante un vero e proprio ruolo speciale, a forte connotazione interprofessionale. Con particolari accordi interministeriali, con le parti sociali e/o nell’ambito di specifiche contrattazione di categoria, l’Istituto Superiore potrebbe curare un albo dei docenti e degli esperti accreditati al trattamento penitenziario. Oltre che per tutti i funzionari dell’Amministrazione Penitenziaria l’ISSP potrebbe in futuro curare i management professionali di docenti, educatori, esperti, specialisti e di ogni altro funzionario o professionista impiegato nell’ambito dei servizi istituzionali, come nella complessa gestione della rete dei campus virtuali.
  4. Esperti, educatori, mediatori, animatori e l’intero corpo docente dei servizi penitenziari, così formati e informati, potrebbero essere sempre più coinvolti in azioni programmatiche di guidance che riguarderebbero più spesso delicati meccanismi di conversione, di completo riassetto e riadattamento del background cognitivo e culturale di singoli soggetti e/o di gruppi. La sfera trattamentale penitenziaria troverebbe nella diffusione dei VC il terreno fertile e nuovi campi d’azione per soddisfare le più immediate esigenze di valutazione e d’intervento della giustizia riparativa e della mediazione penale. Le attività assistite dei VC dovrebbero far sempre più riferimento a una cornice trattamentale formale e rivestire un carattere scientifico e interprofessionale che l’Ordinamento Penitenziario impone al trattamento dei detenuti, un carattere di screening che, su un più ampio raggio d’azione, anche l’imminente normativa riparativa della giustizia ordinaria s’accingerà dal 2014 ad attivare con l’avvio di una ricerca-azione di sistema già nelle prime fasi processuali (Normativa quadro del Consiglio d’Europa 2012/29/UE).

Nell’ambito dell’intervento dei diversi ruoli professionali possiamo in previsione annoverare un incremento delle prestazioni di esperti psicologi e mediatori: una vera inversione di tendenza rispetto ai tagli operati negli ultimi anni nell’impiego di queste professionalità.

 

COME AVVIARE UNO SVILUPPO PROGRESSIVO E SOSTENIBILE DELLE ICT

L’Istituto Superiore potrebbe presentare un progetto iniziale per la dotazione delle infrastrutture necessarie al successivo programma di sviluppo digitale.

La progettazione e il varo di una rete nazionale “primordiale” d’infrastrutture ICT finalizzate al trattamento penitenziario dovrebbe configurarsi all’interno di un programma di coinvolgimento progressivo di tutti gli istituti e servizi dell’Amministrazione Penitenziaria.

Il programma nazionale, cui possiamo già dare il nome di S.I.D.A.P. (Sviluppo dell'Inclusione Digitale nell'Amministrazione Penitenziaria) potrebbe trovare un suo iniziale finanziamento dalla Cassa delle Ammende e dovrebbe assicurare il varo di una prima rete portante la nuova esperienza operativa.

Si dovrebbe con tale copertura aprire una prima gara nazionale di progetti, alla quale potranno accedere, in questa prima fase d’avvio, un solo istituto per ciascuna regione.

Gli istituti che parteciperanno al programma saranno individuati dagli stessi Provveditorati Regionali e la scelta dovrebbe cadere su quelle strutture all’interno delle quali è presente un particolare dispiego di attività didattiche e formative, dal momento che il progetto del programma S.I.D.A.P. prevede uno sviluppo progressivo e dovrebbe contare in questa fase iniziale su dei punti molto saldi e validi in termini di contributi operativi e di know how da trasferire ai campus.

Per quanto concerne il ritardo che avevamo già segnalato nell’avvio dei campus virtuali universitari, in questa prima fase di avvio del S.I.D.A.P. potremo con molta probabilità rinviare il loro contributo alla formazione della rete di campus ad una fase successiva, confidando in un prossimo, più veloce sviluppo dei campus virtuali universitari italiani.

Sarà proprio sui campus universitari che si svilupperà in futuro un attivo contributo dell’Istituto Superiore di Studi Penitenziari, che svolgerà come abbiamo visto un’azione “satellitare” mantenendo rapporti diretti con i centri accademici d’eccellenza. L’impegno si sostanzierà per l’utenza detenuta nella produzione di un’azione di guida per l’iscrizione alle OU (Open University) e di consulenza diretta per le università sui programmi specificamente predisposti per la particolare utenza penitenziaria.

Un avvio d’istallazione delle infrastrutture della rete digitale vedrebbe impegnati da subito i tre livelli amministrativi dipartimentali:

  1. Direzioni Generali D.A.P.
  2. Provveditorati Regionali
  3. Istituti e Servizi

Il programma di finanziamenti richiederebbe un organo di coordinamento centrale per garantire il monitoraggio e la funzionalità della rete nazionale. In questa fase l’Istituto Superiore dovrebbe poter svolgere un ruolo di analisi e valutazione delle proposte progettuali.

Andrebbe istituita in tal senso una Commissione Tecnica di Valutazione (CTV) presso l’ISSP composta da dirigenti dell’Istituto Superiore e da almeno due dirigenti provenienti dalla DG Beni e Servizi e dall’Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato.

La chiave propulsiva dovrebbe essere dunque un programma di finanziamenti per progetti provenienti da singole strutture ma i requisiti degli impianti andrebbero fissati in via preliminare dal programma di realizzazione della rete nazionale.

La CTV dovrebbe pertanto essere istituita già nelle fasi del varo del progetto di programma S.I.D.A.P.

Un elemento di base quello della collaborazione che dovremmo poter innescare a tutti i possibili livelli, sia all’interno che all’esterno dell’amministrazione, nei livelli del pubblico come in quello privato, e quindi regionale, interregionale, nazionale e internazionale.

Dovrebbe innescarsi un complesso meccanismo di ricerca-azione e i diversi livelli amministrativi agire una sorta di partenariato produttivo di sinergie e sviluppi progettuali, anche l’eventuale ricerca di sponsor potrebbe partire da un livello locale ed espandersi poi agli altri livelli e/o viceversa.

Quella appena configuratata nei suoi tratti essenziali è l’idea di base del programma S.I.D.A.P. che confidiamo di poter in seguito sviluppare in tutti i suoi stadi di sviluppo.

Passeremo poi gradualmente alla fase programmatica dell’intervento che riguarderà la costruzione di una rete ancor più vasta di contributi e sinergie che dovranno essere attivate per assicurare la complessa gestione dei saperi veicolati dai VC.

 

IL RUOLO FONDAMENTALE DELLA GESTIONE LOCALE NELLA PRODUZIONE DEI VC

Abbiamo visto come i tempi impongano uno sviluppo nell’impiego delle tecnologie digitali anche nel campo dell’esecuzione penale e nello specifico del trattamento penitenziario.

Abbiamo anche potuto scorgere in qualche spiraglio il potenziale contributo che potrebbe derivare dai nuovi spazi gestionali dei campus alla più ampia azione della giustizia, con particolare riferimento alle valutazioni della giustizia riparativa, alla mediazione penale e al campo d’intervento della magistratura di sorveglianza.

Si profila dunque un impegno di governo del web per azioni che si sviluppano soprattutto grazie e attraverso la rete, con nuovi ruoli, rinnovate organizzazioni amministrative, ma soprattutto con una configurazione assai dinamica, fluida e diffusa di poteri, facoltà e responsabilità.

È un impegno notevole a livello dipartimentale e ministeriale, una trasformazione sostanziale, una evidente accelerazione rispetto ai ritardi e ai blocchi che hanno finora
caratterizzato molti settori dell’azione giudiziaria nel nostro paese.

Dobbiamo d’altra parte prendere atto dell’inevitabile sviluppo delle ICT e possiamo constatare già oggi come in questi processi di trasformazione non siamo e non saremo da soli e non certamente isolati come pubblica amministrazione.

Internet in questo momento sta di fatto guidando una nuova definizione di ruoli, relazioni e forme istituzionali in tutta la sfera pubblica.

Nell’ambito della costante ricerca dei bisogni formativi l’Istituto Superiore di Studi Penitenziari ha avviato dallo scorso anno indagini e analisi volte a individuare specifiche competenze occorrenti per eventuali nuovi assetti e forme di gestione di alcuni settori e servizi. Si ritiene che non dovranno mancare risorse e flessibilità nella progettazione organizzativa dell’economia digitale.

La spending review è certamente un processo senza precedenti in termini di tagli ai bilanci e ai posti di lavoro, ma anche in termini di proposte di riforme del pubblico servizio. Possiamo bene immaginare come il nuovo panorama operativo dei VC configuri una fondamentale chiave di volta per realizzare, in non poche parti del servizio istituzionale, una consistente e progressiva revisione del bilancio costi-benefici.

Nel cercare di anticipare modalità gestionali in gran parte sconosciute all’attuale organizzazione del servizio istituzionale, tentiamo di delineare un primo profilo dei nuovi impegni amministrativi che dovrebbero derivare dallo sviluppo di queste nuove forme che si aggiungono all’attuale gestione del trattamento negli istituti e nei servizi della nostra amministrazione.

Lo sviluppo dei VC dovrebbe soprattutto determinare una vera e propria inversione di tendenza rispetto al grosso carico gestionale che, in termini di sovraffollamento e concomitante scarsità di risorse disponibili, caratterizza oggi l’affanno esecutivo delle nostre strutture.

Per una comunità esterna più agevolata a partecipare direttamente al trattamento dei detenuti e di quanti sono sottoposti a misure limitative della libertà, il contributo dovrebbe risultare più ampio e immediato proprio nell’offerta, nelle proposte e anche nell’organizzazione e nella conduzione stessa dei percorsi trattamentali. L’Istituto Superiore in tema di autonomia ed empowerment del front line ritiene che soprattutto in questa fase di riorganizzazione, con l’acquisizione di nuove e/o rinnovate funzioni, i manager impegnati in prima linea dovranno risultare ben fortificati in leadership e abilità di guidance, a sostegno di nuovi comportamenti, per agire celermente e on successo processi d’apprendimento, ma anche di conversione di specifiche competenze e abilità. Prestazioni di coaching operativo potrebbero essere richieste a determinate professionalità, con particolare riferimento ad alcune, specifiche competenze che sono state finora patrimonio soprattutto di pochi ruoli tecnici.

Ancora ai manager di linea è affidato il successo della più grande società della rete, perché dovranno contribuire in primis alla formazione sul campo del personale e alla creazione di quelli che potremmo chiamare in maniera pleonastica “nuovi dipendenti”.

Cooperative e comunità in grado d’agire direttamente in ete, accademie, fondazioni, società di muto soccorso e di impegno sociale, università, scuole, banche e istituti finanziari che riservino nel loro statuto uno specifico impegno nel sociale, associazioni ed enti in grado d’offrire specifici servizi di pubblica utilità, tutte queste preziose risorse potranno essere accese e disponibili ai campus virtuali penitenziari solo grazie alla capacità dei singoli manager di reperire e gestire a livello capillare le migliori offerte in campo, sul territorio. Ai dirigenti dei singoli istituti e servizi è affidata pertanto la capacità creativa e produttiva, per molti aspetti anche pionieristica, di sviluppo dei nuovi territori dell’esecuzione penale e dei nuovi spazi virtuali della rete.

Come abbiamo modo di constatare ormai nell’esperienza quotidiana, il governo di una rete web integra – potremmo dire per sua stessa natura – competenze e contributi di una vasta gamma di partecipanti. Non sarà diverso il funzionamento di una rete penitenziaria a circuito chiuso che possiamo oggi prefigurare sulla base dell’esperienza operativa già ampiamente sviluppata in altri paesi europei.

Scomoderemo ancora una volta la formidabile conoscenza maturata nell’arco di quasi un decennio dal governo britannico nella rete penitenziaria dei virtual campus. Nell’amministrazione del web possiamo dunque configurare tre distinti livelli operativi: un livello strategico nazionale, un livello strategico-operativo regionale e un livello operativo specifico del sito.

Il principale contributo allo sviluppo dei VC è quello della produzione locale, un fattore primordiale legato all’impegno della dirigenza sul territorio, un fattore che sarà ovviamente particolarmente seguito e connesso a una adeguata gestione del livello strategico operativo regionale.

Nell’esperienza dell’U.K. sono proprio le condizioni generate da questo sistema d’apprendimento, di studio, formazione e sviluppo delle competenze a influenzare particolarmente la creatività, la collaborazione e la partecipazione della comunità esterna, con lo sviluppo d’attività dal territorio e sul territorio.

In attesa di poter compiere anche in Italia qualche primo passo, l’Agenda Digitale del Trattamento Penitenziario guarderà con interesse all’esperienza acquisita nell’U.K., il paese che nella fase iniziale di programmazione dell’Agenda Digitale Europea ha lanciato immediatamente un vero e proprio allarme per la mancata inclusione di detenuti ed ex-detenuti tra le fasce deboli della popolazione. Ma quanti dicasteri coinvolgerebbe un sistema di VC dedicato al trattamento dei detenuti? Almeno tre, Ministero della Giustizia, Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Altri ministeri potremmo annoverare, ma tra quelli che non troviamo nel nostro panorama governativo, benché mutevole nel numero e nella denominazione di alcuni dicasteri.

Non abbiamo ad esempio in Italia mai avuto uno specifico Ministery for lifelong learning, né abbiamo istituzioni o dipartimenti governativi, anche non ministeriali, che sovrintendano direttamente allo sviluppo ed al controllo capillare della produzione educativa nazionale, attraverso un monitoraggio costante della progettazione, organizzazione e programmazione formativa.

La prospettiva dei VC è proprio quella di mettere al centro dell’esecuzione penale e della riabilitazione, negli istituti penitenziari come negli uffici d’esecuzione penale esterna e nelle comunità, l’impegno di studio, di formazione, di lavoro e di crescita sostenibile. L’investimento in un tale sistema d’apprendimento non contribuirebbe solo ad elevare la qualità dell’offerta formativa, ma dovrebbe facilitare e al tempo stesso migliorare, a livello locale, il potenziale amministrativo nella sapiente gestione e ricerca delle più ampie risorse disponibili.

 

NUOVE DEFINIZIONI PER PROTAGONISTI, RUOLI E OPERATORI DEL TRATTAMENTO IN AMBIENTE DIGITALE

Già oggi possiamo incorrere in un uso improprio dei termini “detenuto” o “penitenziario”, perché sono parole che non ci forniscono dettagli necessari e possono anche del tutto non corrispondere alle reali situazioni che dovrebbero raffigurare, particolarmente poi in riferimento a persone che per motivi giudiziari vedono limitata la propria libertà personale. Assistiamo allora a distorsioni e abusi che riguardano anche gli organi d’informazione e in genere il linguaggio corrente, certamente non degli operatori penitenziari.

Le parole sono tasselli assai duttili del linguaggio ma anche i segni tangibili del tempo che evolve, tracce di un determinato sviluppo del contesto socio-politico, economico e culturale di una società.Quando intravediamo l’esigenza di una loro sostituzione o cambiamento, ma non emergono ancora nuove definizioni, le parole possono esprimere tutta la loro inadeguatezza anche per molto tempo, perché una caratteristica di questi processi evolutivi del linguaggio è anche una certa resistenza all’introduzione di nuovi vocaboli.
 

L’evoluzione delle attività trattamentali che sarà determinato dallo sviluppo delle ICT e dalla nuova programmazione digitale, anche nelle più pessimistiche attese, dovrebbe risultare significativo e addirittura sorprendente se guardiamo al consistente ampliamento dell’offerta trattamentale connessa allo sviluppo di queste tecnologie in altri paesi.In particolare dovremmo registrare un sensibile accrescimento del potenziale di partecipazione della società libera nei processi trattamentali fruibili presso istituti e servizi, ma anche altrove nella rete, benché in genere all’interno di strutture di tipo educative, custodiali e/o terapeutiche.

La vera novità saranno gli iter trattamentali percorribili anche presso il proprio domicilio o in altro luogo e soprattutto le diverse modalità di conduzione degli operatori penitenziari e di partecipazione della comunità esterna alle attività rieducative e di reinserimento sociale, perché le stesse potranno essere svolte da un ufficio o da un domicilio e in qualsiasi altro luogo e momento.Sono proprio queste attività e modalità di gestione che richiederanno l’introduzione nel nostro patrimonio di conoscenze di nuovi termini, nuove categorie, denominazioni e concetti operativi che amplieranno competenze, nuove prassi e che caratterizzeranno il rinnovamento di alcune prestazioni professionali.Un ruolo già oggi conosciuto, perché caratterizza particolarmente i nuovi ambienti digitali, è il ruolo del-l’animatore comunicatore.

Si tratta di un ruolo che si sviluppa all’interno di molte professionalità ma che richiede delle specifiche qualificazioni e abilità comunicative, sia d’analisi e sia d’intervento organizzativo. Gli interventi possono essere di natura didattica e formativa o, più diffusamente oggi nel web, di fondamentale supporto al mantenimento degli obiettivi per i quali alcune piattaforme nascono e si sviluppano.Ma in questo momento non ci addentriamo nello specifico più tecnico di gestione di un ambiente digitale e ritorniamo allo schema organizzativo dei campus virtuali (VC) per identificare nuovi ruoli e competenze amministrative che possiamo scorgere in prospettiva.Ci soffermiamo per un momento su uno strano carico di parole prodotto da qualche anno per la denominazione di due ruoli professionali nella nostra amministrazione: “funzionario della professionalità di servizio sociale” e “funzionario della professionalità giuridico pedagogica” sono le attuali denominazioni del ruolo professionale dell’assistente sociale e dell’educatore dell’ Amministrazione penitenziaria.

Rileviamo qualche contorsione in entrambe le definizioni e segnaliamo che oggi da più parti non è ben chiaro perché sia stato adottato un costrutto di parole, nell’insieme un po’ goffo, ripetitivo e abbastanza ridondante.Come già abbiamo avuto occasione di puntualizzare la nuova denominazione è anche imprecisa sul piano dottrinale per quanto concerne il “funzionario della professionalità giuridico pedagogica”, in quanto c’è un riferimento alla pedagogia che, anche se dovesse essere riferito ad una pedagogia “speciale” penitenziaria, si collegherebbe poco o niente al contesto e al settore d’intervento - quello degli adulti - e non risolverebbe la mancata individuazione specialistica di base, da individuare semmai nell’ambito delle scienze del comportamento e nel-l’andragogia per quanto concerne le capacità di agire sull’apprendimento e sulle proposte trattamentali.

Per l’educatore penitenziario poi i riferimenti dell’insolito insieme di parole non corrispondono in maniera univoca ai titoli di studio richiesti per l’immissione in ruolo, laddove i singoli requisiti potrebbero configurare anche un sapere unilaterale piuttosto che poliedrico, competenze suggerite invece dalla somma o dalla eterogeneità dei titoli di studio indicati, come dall’insieme di parole adottate nell’ultima denominazione del ruolo.D’altra parte per un’analisi di sviluppo proiettata sui nuovi scenari dell’era digitale non possiamo che utilizzare la nostra cultura di scuola nazionale di management dell’Amministrazione penitenziaria, e in tal senso affermare che altri cambiamenti andranno apportati e altre esigenze formative meglio focalizzate nello sviluppo di questi particolari e speciali ruoli professionali.

Per ritornare ai protagonisti di ordinanze, di sentenze e del trattamento in genere, dovremo ad esempio trovare una giusta denominazione per quanti in custodia eseguono la loro condanna in una comunità, o per quanti gestiscono in relativa autonomia la propria detenzione domiciliare, presso il proprio o altro domicilio, o per tutti coloro che, benché detenuti, sono in realtà persone provvisoriamente non libere, sottoposte a custodia cautelare in attesa di giudizio.Vogliamo però in questa agenda proseguire non sulla definizione di nuove parole, ma illuminare attraverso questa proiezione operativa proprio quelle denominazioni che appena intravediamo nella loro prossima forma e al momento non ancora ridefiniamo. Parole prossime a venire, perché con più precisione potrebbero qualificare i patrimoni di management professionale e i nuovi assetti evolutivi degli stati, delle fasi e delle prassi detentive.

Sono proprio quelle parole che, guardando allo sviluppo digitale del trattamento, si possono scorgere su un piano operativo e funzionale di un orizzonte appena un po’ più allargato.Parole che potranno riguardare prossime competenze di alcuni ruoli professionali o nuovi ruoli, appellativi di nuove autorità e servizi in materia di esecuzione penale, all’interno delle nostre strutture, all’esterno di esse e altrove nella rete.Come abbiamo già anticipato nello schema operativo ogni campus avrà un direttore responsabile.

I direttori avranno il compito di promuovere le relazioni all’interno del campus e di coordinare l’azione dei comunicatori animatori, ma non saranno tuttavia gli unici manager delle nuove tecnologie d’apprendimento abilitanti nel settore dell’esecuzione penale.

A essi sarà demandato anche il coordinamento degli interventi tesi allo sviluppo dei nuovi strumenti della formazione, dei software gestionali che ne assolveranno l’intero arco, dall’alfabetizzazione di base all’acquisizione di specifiche competenze.

I direttori dei campus sovrintenderanno agli adattamenti dei programmi e delle funzioni di e-learning alle specifiche esigenze dell’esecuzione penale.Essi avranno il compito di assicurare la flessibilità dei sistemi alle particolari esigenze della giustizia, alle esigenze specifiche dei destinatari e degli operatori del trattamento.Gli educatori degli istituti penitenziari, gli psicologi penitenziari e gli assistenti sociali avranno nella rete tempi anche immediati nelle proprie decisioni e vedranno amplificate le loro responsabilità nell’esecuzione di più ampi e variegati programmi di trattamento, come nell’esecuzione di programmi preventivi o della giustizia riparativa.

Saranno proprio queste ultime figure professionali che vedranno più facilmente riconosciuti interventi manageriali in ambito trattamentale e probabilmente vedranno in rete il contributo diretto di analoghe professionalità di enti e servizi territoriali.Per la conduzione dei programmi di trattamento intramurali o extramurali il livello manageriale di abilità richiesto è da sempre una competenza di cui si ha poca consapevolezza.Soprattutto grazie alla rete ICT sarà più facile identificare delle autorità “dirette”, nella programmazione di proposte, impegni e attività in ambito trattamentale, sia in fase di giudizio che in fase esecutiva di ordinanze e programmi di trattamento.Sono i livelli di organizzazione che già oggi sostanziano la complessa gestione dei GOT o dei contesti esecutivi esterni dei nostri servizi sociali.

Alcune competenze tecniche sono investite di fatto di una autentica autorità tecnico-scientifica - si vorrebbe “pedagogica e giuridica” per gli educatori e di “servizio sociale” per gli assistenti sociali - ogni volta essi sono chiamati a valutare la effettiva corrispondenza delle loro proposte o della realtà esecutiva alle precise esigenze di una ordinanza e prima ancora di una persona, al suo contesto socio-lavorativo ed esistenziale, alle nuove ipotesi di trattamento da progettare ancor prima che le stesse scaturiscano ufficialmente da un’osservazione “scientifica” d’équipe.Questi operatori in particolare avranno nella rete dei campus e nella rete più complessa dell’esecuzione penale, prestazioni e risoluzioni assai complesse, ma soprattutto rigorosamente e adeguatamente documentate.

La rete assicurerà in ogni momento i contatti diretti con l’autorità giudiziaria e anche sotto il profilo delle autorizzazioni s’intravede un forte abbattimento dei tempi occorrenti per i provvedimenti di rito della magistratura.

Con particolare riferimento al profilo dell’assistente sociale UEPE e per quanto riguarda l’ampliamento delle competenze e dei programmi d’intervento, i ruoli sopra indicati e altri del comparto sicurezza della nostra organizzazione presentano già oggi bisogni formativi piuttosto urgenti che scaturiscono dalle recenti disposizioni del Parlamento Europeo (Direttiva 2012/29/UE) e del Consiglio dell’Unione Europea del 25 ottobre 2012, normativa quadro che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato in tema di giustizia riparativa.

Sono infatti norme che vedono entro l’anno 2014 la data non più procrastinabile d’avvio di nuove procedure giudiziarie ed esecutive.La più stretta collaborazione tra il Ministero della Giustizia e il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, sancita lo scorso anno con apposito protocollo d’intesa, dovrebbe far decollare molto presto dei ruoli finalmente specializzati e qualificati per tutti i docenti dei corsi d’istruzione in carcere, anche perché il loro intervento sostanzierà un mandato continuativo e propulsivo di adeguata adesione dei partecipanti, ovvero di gestione di percorsi individuali e/o di gruppo, di organizzazione in loco delle attività, di animazione e coinvolgimento all’apprendimento cooperativo, oltre che di sviluppo e aggiornamento dei campus scolastici della rete ICT.

Probabilmente tutte le figure professionali afferenti a un tale, complesso impegno didattico e professionale dovranno innanzitutto confluire in un’unica abilitazione alla docenza penitenziaria, idoneità che potrebbe essere conseguita presso l’Istituto Superiore di Studi Penitenziari.Le reti ICT prima ancora che prevedere sviluppi di competenze nella gestione informatica richiederanno una specifica formazione in materia di gestione dei sistemi e la creazione di vere e proprie autorità di rete a garanzia dei nuovi assetti della sicurezza di strutture e servizi dell’Amministrazione penitenziaria.Anche se la materia dello sviluppo delle reti ICT sotto vari aspetti è stata già oggetto d’interventi didattici nell’ultimo corso di formazione per vice commissari di polizia penitenziaria presso l’ISSP, siamo tuttavia consapevoli di essere ancora agli esordi di un sapere che dovrà al più presto incontrare più ampi riscontri nella pratica operativa, organizzativa e gestionale della nostra amministrazione.

 

OSSERVAZIONE SCIENTIFICA E LE QUALITA' DELL'APPRENDIMENTO ASINCRONO

In questa pagina d’approfondimento metodologico dedicato all’influenza delle nuove tecnologie sui complessi processi del trattamento penitenziario e sull’osservazione “scientifica”, così come prevista dalla legge n. 354 del 1975, dobbiamo far riferimento a una qualità d’ordine superiore riconosciuta all’apprendimento asincrono.

Lo sviluppo delle tecnologie digitali e i continui progressi della formazione a distanza consentono infatti oggi d’annoverare nuovi livelli qualitativi all’acquisizione cognitiva dell’uomo. Attività asincrone online possono creare una ricca presenza cognitiva in grado d’offrire un supporto efficace, un apprendimento di particolare pregio. Nello specifico dell’offerta formativa in rete, il punto centrale dell’apprendimento online è l’accesso a un potenziale di studio e formazione veramente innovativo. Tra le innovazioni possiamo fissare la capacità del nuovo ambiente di fornire esperienze asincrone di conoscenza e d’apprendimento collaborativo, esperienze cognitive collocate nell’immediatezza dei bisogni e della volontà individuale di accedervi e in qualsiasi momento fruibili.

Si tratta di proprietà che di fatto elevano la qualità dell’apprendimento e costituiscono ancora oggi un potenziale educativo poco utilizzato. Sono prospettive che attivano particolarmente l’impegno di ricerca di docenti, formatori e educatori per una ridefinizione di ciò che meglio possa configurare sul piano didattico, formativo e trattamentale, un apprendimento efficace. Ci poniamo allora l’obiettivo di esplorare al più presto le nuove frontiere di questo sapere, le modalità di condivisione delle conoscenze che pullulano in rete, quelle di gestione delle comunicazioni, le condizioni di avvio e mantenimento di una presenza cognitiva online per il raggiungimento, in ambiente asincrono, di un apprendimento che per molti aspetti è ormai classificato da tutti di “ordine superiore”. Vogliamo qui ancora approfondire la capacità delle ICT di rispondere in piena efficienza ed efficacia alle esigenze proprie dell’habitat penitenziario, alla complessa gestione del particolare contesto didattico, formativo e rieducativo, ai complessi processi del trattamento.

Fissiamo pertanto che gli attuali media della comunicazione e della formazione non solo rispondono ai nostri bisogni di gestione del trattamento con incredibile adeguatezza ma in più sviluppano e moltiplicano il potenziale dell’offerta trattamentale e sono in grado di agevolare l’operatività di molti servizi ad essa afferenti, consentendo livelli di sinergia finora sconosciuti. L’incredibile set comunicativo offerto dalle nuove tecnologie se da un lato determina nuovi campi d’intervento per la comunicazione organizzativa è anche in grado di facilitare in ogni settore la governance dell’azione giudiziaria. Questo nuovo potenziale gestionale non è solo adatto e per molti aspetti indispensabile alle fasi esecutive della pena, ma potrebbe soddisfare molte altre esigenze giudiziarie, prima e oltre i termini di una condanna, in ogni fase dello sviluppo processuale o dell’esecuzione penale.

Se adeguatamente sviluppato e organizzato, il potenziale d’intervento dei media e dei virtual campus potrebbe agevolare e soddisfare in ogni momento anche molte esigenze e il campo d’azione della giustizia riparativa. Attraverso un’adeguata ingegnerizzazione dell’insieme di collegamenti e una diretta assegnazione delle competenze operative in rete potrebbero risultare immediate anche la distribuzione e l’attivazione di servizi e consulenze che sono propri dell’azione indispensabile del territorio e dei servizi territoriali e, a un livello d’intervento sempre più capillare, sarebbe possibile monitorare determinati contatti con l’ambiente socio-relazionale esterno.

Nel merito dell’esecuzione penale e delle attività trattamentali, sul piano dell’istruzione e dell’apprendimento dobbiamo renderci conto di come le nuove dimensioni spazio-temporali connesse allo sviluppo tecnologico siano, di fatto, estensioni operative che ci consentiranno di far fronte in maniera speculare a molti aspetti problematici della gestione trattamentale determinati dalle procedure restrittive dell’esecuzione penale. Si tratta proprio di risposte che dovrebbero attenuare il continuo sforzo attualmente esercitato dagli operatori per avviare o mantenere preziose connessioni. Sono soluzioni a quelli che fino ad oggi apparivano come affanni e impedimenti insormontabili, risposte a bisogni formativi e di aggiornamento che, come abbiamo visto (cfr. 6), sono propri della situazione detentiva e quindi problematiche tipiche del trattamento penitenziario.

Attendiamo contributi formidabili per la stessa ricerca rieducativa, fornendo queste tecnologie soluzioni a molte limitazioni gestionali e rispondendo con modalità straordinarie a specifiche esigenze di analisi, programmazione e sviluppo del trattamento. In questa panoramica del potenziale impiego di nuove tecniche che potrebbero presto caratterizzare l’esecuzione penale non possiamo che confermare ancora una volta quanto sarebbe opportuno e forse non più procrastinabile attivare un’osservazione di tipo “scientifica” a partire già delle fasi iniziali d’esame di un’azione criminosa. Il termine “scientifico” in questa specifica accezione è riferito a un’osservazione che scaturisca da una complessa analisi relazionale della persona incriminata, da attuare appunto con una metodologia “scientifica” come quella dell’équipe penitenziaria, fondata sulla consulenza e confluenza di almeno tre saperi e punti di vista professionali, tutti interagenti tra di loro e soprattutto interagenti tutti direttamente con la persona osservata.

Nella formula d’intervento sopra enunciata il sapere socio-giuridico, quello educativo comportamentale e quello psicologico-relazionale, sostanziano da circa quaranta anni in Italia l’intervento dell’équipe penitenziaria, nei limiti delle possibilità di ogni singola struttura/territorio e con l’ausilio di tutte le possibili declinazioni e specializzazioni richieste agli interventi professionali. Cosa sia scientifico, cosa determini la scientificità e sostanzi di fatto una ricerca educativa, cosa identifichiamo di volta in volta come verità, quali sono i presupposti epistemologici e pedagogici di una ricerca educativa, sono tutti discorsi e concetti che in tema di educazione sono stati in questi anni abbastanza dibattuti e le loro argomentazioni sembrano talvolta rincorrersi all’infinito.

L'identità epistemica della pedagogia è ampiamente studiata dai ricercatori, ma in campo giudiziario, in riferimento ad un ipotizzabile trattamento rieducativo degli adulti, bisognerebbe forse compiere lo sforzo di delineare con chiarezza quello che per molti aspetti è il tema centrale della epistemologia pedagogica post-moderna e chiarire come sia concepibile una ricerca educativa in termini di ricerca scientifica, pervenire e in qualche modo arrivare a individuare un’identità epistemica della pedagogia che interviene negli orientamenti trattamentali dell’esecuzione penale.L’immediatezza del potenziale connettivo che sarebbe possibile mettere a disposizione con l’introduzione delle tecnologie ICT assicurerebbe ovunque ogni contributo e approfondimento utile a comprendere e scoprire in anticipo il complesso contesto in cui un’azione criminosa s’è generata e, laddove possibile, potrebbe fornirci con maggiore tempestività una più precisa definizione, se non l’individuazione e l’identificazione, di quello che nella nostra esperienza trattamentale assumiamo ormai dal 1975 come analisi “scientifica” del contesto e talvolta del metacontesto, ovvero di quei fattori “superiori” che possono aver spinto o che potrebbero spingere a certi comportamenti.

Allo Stato non dovrebbe interessare tanto l’aspetto retributivo della pena che si sostanzia nel quantum della condanna da infliggere all’autore di un reato, quanto assicurare la parte offesa e la società in genere che quella offesa, quel fatto non abbiano più a ripetersi. Avviare quanto prima un’analisi del contesto e nei limiti del possibile del metacontesto sono aspetti dell’operatività e della gestione giudiziaria che dovrebbero prevalere su ogni altro impegno, ma per fare questo salto qualitativo bisogna mettere la persona al centro dell’esame giudiziario e non attendere il momento esecutivo della pena per procedere in tal senso.

A ben guardare ogni perdita di tempo su questo piano dell’operatività giudiziaria non può che amplificare il rischio della reiterazione dell’azione criminale, laddove non pregiudichi ogni altro aspetto connesso al mantenimento di quella che definiamo poi essere la salute mentale di un soggetto sottoposto a misure limitative della libertà personale e con essa, sovente, le stesse sue prospettive di vita. Non a caso il riferimento per questi aspetti delicatissimi del trattamento istituzionale non è tanto alla vita detentiva intramurale quanto a quella relazionale esterna, soprattutto nell’approssimarsi o al raggiungimento di quello che a torto definiamo talvolta essere un “fine pena”.

Dovremmo qui citare questo o quel caso in cui alla ripresa di contatti diretti con l’ambiente relazionale di provenienza (in occasione di permessi o misure alternative o in prossimità dell’uscita in libertà) siano intervenuti fattori di salute, autolesionismi, crisi depressive che hanno anche portato alla malattia e talvolta alla morte. Ugualmente potremmo in non pochi casi documentare gli stessi danni prodotti però nell’ambiente relazionale esterno, con sviluppi clamorosi e non sempre prevedibili, soprattutto quando non saggiati attraverso esperienze preziose quali quelle, indispensabili, dei permessi.

 

APPRENDIMENTO ASINCRONO ONLINE E LA METACOGNIZIONE

Per quanto riguarda lo sviluppo delle metodologie didattiche, educative e formative l’apprendimento asincrono online è al centro dell’analisi dei nuovi processi conoscitivi che si sviluppano con le ICT (Information and Communication Technology) e che sempre più potranno agevolare l’affermazione del lifelong learning. I programmi UE Socrates e Leonardo, varati già nel 1994, furono attivati a sostegno e promozione di un apprendimento per tutto l’arco della vita e dal 2007 sono confluiti nel Lifelong Learning Programme (LLP) una sigla complessiva che unifica l’azione anche di altri programmi e raccoglie tutte le iniziative di cooperazione europea nell'ambito dell'istruzione e della formazione, nell’ottica di un apprendimento permanente.

A livello internazionale e non solo europeo è in continua evoluzione la ricerca e il perfezionamento di un modello cognitivo che configuri tutte le nuove componenti e le complesse articolazioni di sviluppo dell’apprendimento veicolato dalle ICT, ma questo tipo d’analisi risulterà fortemente influenzata dall’elemento “socialità” della rete. Nuove modalità d’acquisizione del sapere e forme sempre più complesse di aggregazione sociale in rete rendono possibili modalità d’apprendimento mai sperimentate prima e potenzialità d’incremento delle nostre conoscenze che solo qualche anno fa sarebbero risultate fantascientifiche, forse anche inimmaginabili.

Troviamo online istruzione, formazione, socializzazione, stimoli al cambiamento e alla crescita, nuovi orientamenti e obiettivi da raggiungere. Potremmo anche dire che oggi in rete troviamo attività “educative”, ma non può sfuggirci un punto fondamentale per questa asserzione che vale anche per l’apprendimento in esame: per realizzare un vero processo educativo è indispensabile consentire l’auto orientamento e l’auto direzione del discente, se ciò non avviene non avremo un cambiamento autentico né formazione, neanche attraverso la rete. La connettività o il controllo saranno aspetti sempre meno problematici, la vera sfida è comprendere tutte le caratteristiche e le potenzialità – che sono anche in continua evoluzione – di questa nuova forma dell’apprendimento che va oltre l’infotainment cioè l’informazione-spettacolo.

Se il risultato deve essere un apprendimento di qualità una maggiore attenzione deve essere posta sugli aspetti cognitivi del processo didattico. Imparare per finalità didattiche è più di un semplice accesso alle informazioni, più di una partecipazione a chatroom. Gli educatori hanno il compito essenziale e la responsabilità di fornire la struttura e la guida per incoraggiare e sostenere ovunque e in ogni momento gli studenti connessi, quindi dovranno necessariamente assumere un maggiore controllo dello sviluppo del loro apprendimento. L'opportunità è che l'apprendimento online asincrono tragga vantaggi dall’innesco di un meccanismo d’auto-direzione all’interno di percorsi che catturino, appassionino e facilitino i discenti.

Secondo le convenzioni e le raccomandazioni internazionali oggi le restrizioni per quanto riguarda l’impiego delle ICT per i detenuti devono essere limitate a misure necessarie al mantenimento della sicurezza. Istruzione e formazione in ambiente penitenziario devono mirare a livelli di competenza paragonabili a quelli esterni, della società libera. Particolarmente nei paesi dell’Unione Europea, nella governance del sistema giudiziario e penale di alcuni stati membri, l’impiego e lo sviluppo delle ICT nell’esecuzione penale ha assunto un grosso rilievo a livello governativo e un preciso interesse amministrativo del settore. Notevole ad esempio è stato l’investimento del governo inglese in questo campo e altrettanto i risultati finora ottenuti che ci documentano sull’incremento di pratiche di reinserimento sociale e sull’abbattimento della recidiva. In questo paese, con l’aumento delle qualifiche di base e delle competenze raggiunte dai destinatari degli interventi formativi e riabilitativi, si registrano oggi risultati incoraggianti, progressi ottenuti anche grazie al concomitante sviluppo dei programmi, della rete e delle tecnologie che sviluppano nel loro complesso l’azione della web governance.

Benché sviluppatasi a complemento e rafforzamento delle attività che si svolgono negli istituti e nei servizi scolastici penitenziari, la ricerca educativa dedicata a questo particolare settore della formazione degli adulti assume, di fatto, un carattere propulsivo che rimane funzionale anche all’accrescimento dei normali programmi didattici istituzionali, sia a livello scolastico che universitario. In Italia, per quanto riguarda l’apprendimento di adulti e minori, è fortemente auspicabile che la ricerca educativa nel campo penitenziario sia portata avanti anche come perfezionamento e sviluppo dei servizi in rete nel campo scolastico, dell’istruzione e dello studio in genere, a specifico incremento della formazione, dell’aggiornamento professionale e delle comunità di pratica per i collegamenti reali con il mondo del lavoro. I corsi EDA sono esempi di sviluppi primordiali registrati in campo didattico, in linea lifelong learning, ovvero programmi di promozione europea che di fatto hanno creato formidabili ponti tra formazione-istruzione-apprendimento e sono attività che decollano nella nostra legislazione già dal 1997.

Per un riscontro di questa specifica attenzione al settore dell’esecuzione penale e per avere un’idea dei progetti, delle organizzazioni e delle agenzie che curano in rete la formazione e l’aggiornamento professionale per offenders e per exoffenders possiamo riferirci a livello europeo a progetti UE di Lifelong Learning quali LICOS (Learning Infrastructure for Correctional Services), ExOCoP (Ex-Offender Community of Practice), Grundtvig, etc. Per i particolari sviluppi che si registrano nell’esperienza britannica rinviamo all’azione e ai rapporti di programmi e servizi quali l’OLASS (Offenders’ Learning and Skills Service), o RSA’s Prison Learning Network e a riviste governative specializzate quali BIS (Department for Business Innovation and Skills), PETAR (Prisoners Education Trust Annual Review), OLJ (Offender’s Learning Journey).

Per quanto riguarda l’esperienza oltreoceno è interessante seguire l’evoluzione delle analisi e degli studi metodologici di Randy Garrison che oggi ispirano le “Prison Educators’ Facilitation of Inmates’ Self-directed Learning” e alle quali in questa breve sezione di approfondimento facciamo particolare riferimento. Nei paesi in cui si è dato subito il via all’impiego delle ICT nel trattamento dei detenuti, gli sviluppi delle tecnologie hanno particolarmente influito sulla crescita di programmi e percorsi d’apprendimento abilitanti per questo specifico settore. Si registrano in tal senso risultati rilevanti sia nella formazione di competenze numeriche e di alfabetizzazione di base, sia in genere nella formazione, perché i software dell’e-learning per lo studio, per la formazione-aggiornamento professionale possono essere amministrati in maniera estremamente duttile per le varie esigenze e richieste dei detenuti, dell'ambiente carcerario e per ogni esigenza di sicurezza e controllo delle attività in rete. L'istruzione, la formazione e la didattica in genere, grazie al particolare sviluppo del sistema di network della rete, hanno potuto analizzare gli sviluppi dell’apprendimento asincrono e possiamo certamente affermare che molto ancora oggi s’intravede per migliorare sempre più l’efficacia del potenziale tecnologico di cui disponiamo e che s’accresce giorno per giorno.

L’impegno a come meglio impiegare le ICT per un apprendimento efficace ha immediatamente spronato educatori, insegnanti e docenti a riflettere sui processi d’insegnamento e di effettiva acquisizione di conoscenze nell’ambito di una cornice operativa dove le metodologie tradizionali, se si vuole “faccia a faccia”, sono anche simulabili ma di fatto appannano il potenziale comunicativo dei nuovi mezzi di comunicazione che si perfezionano nell’offerta di proprietà davvero uniche. Le proprietà dell’apprendimento che stiamo esaminando sono meglio delineabili quando riusciamo a inquadrare il processo cognitivo nella specifica cornice didascalica all’interno della quale esso viene attivato, una cornice dove afferiscono, di volta in volta seguendo logiche inclusive o esclusive, i formidabili progressi tecnologici ai quali giorno per giorno ormai assistiamo.

L’impiego di ogni nuova stimolazione sensoriale e di ogni altro affinamento del potenziale comunicativo è esattamente la cornice all’interno della quale dovrà essere inquadrata l’azione online per consentire un’analisi qualitativa dell’apprendimento asincrono. L'obiettivo è innanzitutto quello di esplorare le possibilità di assicurare una presenza cognitiva per poi analizzare i processi educativi impiegati e stimare i risultati acquisiti in ogni specifico ambiente e contesto d’apprendimento. La certezza di una presenza cognitiva è ovviamente un dato prioritario nella valutazione dei risultati. In un contesto asincrono on-line, ci sono due proprietà – la riflessione e la collaborazione – che garantiscono la presenza cognitiva in modo inequivocabile.

Un punto focale della nostra analisi è il passaggio al pensiero riflessivo vero e proprio, quindi all'auto-apprendimento e a un possibile, individuale approccio ai meccanismi d’attivazione della metacognizione, parametri qualitativi che nel loro insieme ci aiutano a definire e dare forma all’effettivo salto di qualità dell’apprendimento che sarà possibile in rete. Mantenendo questa prospettiva saremo anche in grado di effettuare un esame più dettagliato delle specifiche modalità tecniche che ci consentono di raggiungere un apprendimento efficace. Osservando tutte le modalità di sviluppo della comunicazione e dell’interazione che avvengono nell’ambito di un collegamento ICT, nel preciso contesto e nei complessi processi cognitivi in cui le stesse sono utilizzate, saremo in grado di identificare quelle che in un dato momento risultano tra loro più interagenti e danno vita a questo tipo d’apprendimento.

Incontreremo così parametri tangibili, concetti propri dei meccanismi dell’apprendimento: indagine riflessiva, auto-direzione e metacognizione. Le facoltà di agire in rete momenti di riflessione e di collaborazione, sono a loro volta assolutamente congruenti con le caratteristiche di asincronia e connettività che contraddistinguono l’apprendimento online. Ma le proprietà che dobbiamo annoverare all’ apprendimento in rete non sono l’asincronia in sé che può facilitare la riflessione, né la caratteristica connettività che può consentire l’interazione e la collaborazione. Infatti entrambe queste qualità non possono essere considerate separatamente, ma sono invece le modalità in cui queste qualità vengono integrate e usate, il loro combinarsi in sinergia, a consentire e rendere unico il potenziale complessivo dell’apprendimento asincrono, sono queste le effettive proprietà che gli attribuiamo.

Saranno le modalità con cui si combineranno e s’integreranno le potenzialità riflessive e collaborative che riusciranno effettivamente a modellare le sfere inseparabili del privato e del pubblico di ogni discente e sarà l’insieme complesso di queste modalità che renderà efficace l’esperienza dell’apprendimento per tutti gli interessati. È qui che s’innesca il meccanismo del pieno coinvolgimento per realizzare un vero e proprio processo educativo, nelle modalità che consentiranno d’agire l’auto orientamento e l’auto direzione della persona connessa. L’asincronia e la connettività sono le qualità di questa nuova forma d’apprendimento che daranno vita al nuovo potenziale, senza precedenti nell’esperienza umana. Le modalità con le quali le stesse si combineranno potranno consentire l'integrazione online di riflessione e opportunità d’apprendimento collaborativo o cooperativo.

È un potenziale che combina la stimolazione e il feedback di un approccio collaborativo e socialmente condiviso con l’indagine riflessiva e la responsabilità che sono proprie della ricerca personale e di un apprendimento costruttivo. D.J. Hacker (1998) colloca il livello e il concetto stesso di metacognizione nella confluenza di più capacità. Raggiungiamo il livello della metacognizione quando riusciamo a mettere insieme la conoscenza della nostra conoscenza, dei processi e degli stati cognitivi affettivi, con l’abilità di controllare e regolare consapevolmente e deliberatamente le nostre conoscenze, i processi e gli stati cognitivi e affettivi. Sono proprio i potenziali costrutti che emergono dall’analisi dell’apprendimento asincrono online: riflessione (conoscenza) e regolamentazione (management).

L’impegno educativo sarà allora quello di sforzarsi di andare al di là delle limitazioni di metodologie e approcci tradizionali d’insegnamento, di proposizione di nuovi orizzonti e spazi didattici nell’impegno di progettazione di nuovi scenari e percorsi formativi. Dobbiamo ancora tanto esplorare le proprietà moltiplicative dell’apprendimento asincrono, sviluppare grazie ad una costante gestione delle connessioni vecchi e nuovi percorsi, raggiungere e perfezionare una didattica attiva anche in assenza di un docente reale. Nel rapporto docente discente potremo raggiungere in connessione la presenza di un docente virtuale che segua ogni singolo sviluppo alla perfezione e utilizzi ogni parametro educativo per assicurare nella sua interazione didattica il massimo apprendimento del discente.

Ma, in assenza o presenza di qualsivoglia tipo di docente reale o virtuale, qui non si tratta semplicemente di fare le cose in modo più efficiente. Come educatori dobbiamo cominciare a comprendere e a gestire le complesse implicazioni cognitive che si sviluppano da questo nuovo potenziale dell’apprendimento. Bisognerà continuamente sostenere e monitorare la creazione di ambienti educativi, di studio e di formazione, in cui ciascuno abbia l'opportunità di riflettere, impegnarsi in un excursus significativo, in presenza di consapevolezza metacognitiva e nella piena assunzione di responsabilità di gestione e monitoraggio del proprio apprendimento.

 

IN ATTESA DI UN PIENO IMPIEGO DELLE ICT NELLA GOVERNANCE GIUDIZIARIA

Il nostro paese rimane ancora troppo indietro nello sviluppo delle tecnologie informatiche e nell’inserimento del loro potenziale operativo nei processi di gestione dei servizi giudiziari. Anche nel trattamento penitenziario questo ritardo impedisce l’accesso a un importante universo di risorse, a un contributo integrativo che eleverebbe in maniera esponenziale la qualità del servizio in molti campi e settori dell’intervento istituzionale, interprofessionale e interistituzionale. Registriamo invece pochissimi segnali di sviluppo informatico nelle diverse tipologie di management afferenti al trattamento, ma ciò che più preoccupa è che non sembra essere granché mutata la staticità del quadro nazionale per quanto riguarda la topografia delle sedi dove tale dimensione del lavoro è stata conosciuta e già è stata sperimentata una sua specifica organizzazione.

Negli istituti dove tali scelte gestionali risultano adottate registriamo scarsi progressi e in qualche caso annoveriamo anche segnali di un preoccupante arretramento. Poche le sedi che non sembrano essere scosse da tentennamenti e ci proponiamo di poter analizzare in futuro singoli e situati bilanci sull’esperienza di gestione delle ICT. Pur rinvenendo indicazioni di sviluppo tecnologico e informatico nel già citato “Protocollo d’intesa” MG-MIUR del novembre dello scorso anno, in realtà per sviluppi più ampi nutriamo grandi aspettative per la “Dichiarazione di intenti” tra l’Università degli Studi di Padova e il ministro Paola Severino dell’inizio di quest’anno.

Si tratta infatti di un mandato volto “a coordinare le esperienze esistenti sul territorio nazionale … individuare i risultati raggiunti e i problemi esistenti, raccogliere le proposte e promuovere la discussione al fine di elaborare uno schema unico di protocollo d’intesa per gli studi universitari all’interno degli istituti penitenziari, ferma restando l’autonomia delle singole università nell’organizzazione e gestione dei percorsi formativi”. Tra vari “poli universitari” e convenzioni rinnovate Padova sembra posizionarsi tra le sedi “virtuose” e il polo universitario una acquisizione che rimane almeno stabile e non sembra esser legata a progetti e sovvenzioni di durata limitata.

Dobbiamo ricordare che Padova è anche il risultato di un’esperienza antica di volontariato, d’assistenza e d’intervento diretto di personale dell’università negli istituti, interventi del territorio e degli enti locali e in particolare dell’Università degli Studi, esperienze che hanno una storia ormai trentennale e che solo nel 2003 hanno potuto ottenere i primi formali riconoscimenti protocollari. Oggi le attività possono disporre di un’area dell’istituto per le attività di studio, con celle aperte e la possibilità di avere accesso alla biblioteca, a computer e a una connessione internet. Dei circa 50 detenuti impegnati negli studi solo una percentuale del 20% può accedere a questa area e può di fatto fruire di condizioni di lavoro che ben sappiamo essere oggi fondamentali e indispensabili per un adeguato sviluppo degli studi. Sono circa 80 gli esami annuali dati dagli studenti che hanno un’età media di 45 anni, spesso con già una laurea alle spalle, con una media di due diplomati all’anno e tra i detenuti che sostengono l’impegno di studio qualcuno è sottoposto al regime del 41/bis.

In accordo con gli uffici centrali del DAP in passato fu proprio l’Università degli Studi di Padova a muoversi per prima e con spirito pioneristico che le appartiene, in un’ottica d’aggiornamento e di formazione congiunta tra operatori del carcere e del territorio, indicò 30 anni orsono l’esigenza e la necessità di attivare una concertazione degli interventi professionali sul territorio, progettando la realizzazione di un corso pilota interprofessionale. Ebbe così luogo nel 1984 il 1° corso d’aggiornamento per il Provveditorato di Padova (Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia) la prima esperienza nazionale di formazione espressamente indirizzata all’integrazione professionale tra operatori del carcere e operatori del territorio. Altre università si attivarono dopo in tal senso: Bologna, Milano, Firenze e altre ancora. Nella stessa direzione si mosse, con relativa lentezza e spinto dal vento delle sovvenzioni europee, l’Ufficio della Formazione del DAP realizzando in ambito regionale i primi corsi di formazione interprofessionale per il trattamento delle tossicodipendenze.

Nel 1994 l’inaugurazione dell’ISSP e l’impulso sempre più forte impresso da questa istituzione alla formazione interprofessionale, poi la formazione interprofessionale finalmente decentrata. Poi l’avvento delle ICT e gli sviluppi della formazione interprofessionale che prospettiamo oggi ormai indispensabile in tutti i campi dell’intervento istituzionale, come per lo sviluppo di programmi online finalizzati al trattamento penitenziario e in genere per la crescita esponenziale del servizio istituzionale e interistituzionale.

Una più recente iniziativa del ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri riguarda la gestione dell’informazione penitenziaria relativa ai singoli istituti sul sito istituzionale. Di questa prossima innovazione saremo in grado di prospettare prossimamente tutti i potenziali sviluppi amministrativi. Il sito è attualmente in fase di rinnovamento e l’iniziativa coinvolge direttamente il Servizio studi e ricerche dell’Istituto Superiore. Si confida particolarmente sugli attuali processi evolutivi del sito ministeriale per ulteriori impulsi che presto potrebbero giungere alla informatizzazione dei sistemi di comunicazione tra gli uffici giudiziari, l’amministrazione penitenziaria ne trarrebbe enormi benefici e avrebbe finalmente accesso a prospettive di sviluppo del proprio intervento che ancora oggi non riesce ad allineare per monitorare ogni ambito della propria funzione istituzionale. Sono proprio quelle prospettive organizzative del servizio che per la tortuosità degli attuali percorsi su cui è veicolata la comunicazione risultano in gran parte ostruite ad ogni segnale o spiraglio di luce amministrativa.

Cercando tracce di possibili sviluppi nell’impiego delle ICT dobbiamo annoverare che esse sono oggi rinvenibili, ma circoscritte a pochi ambiti del servizio, nella progettazione delle nuove prassi per la gestione della cosiddetta Sorveglianza Dinamica. Per quanto riguarda l’impegno dell’università di Padova e in genere i contatti dell’Istituto Superiore con il MIUR, abbiamo più volte evidenziato come l’incremento delle attività trattamentali, comprese quelle online, sia assolutamente connesso allo sviluppo dei management delle professionalità che ne sono coinvolte nella formulazione dei programmi di trattamento, di studio e di formazione, senza alcuna esclusione per quanto riguarda il livello degli studi intrapreso dalla nostra utenza detenuta o in esecuzione penale esterna.

Sia prima che oltre il livello di studi universitario, nel collegamento concreto tra i due ambiti trattamentali dello studio e del lavoro, nelle prospettive di un costante monitoraggio dei programmi online e di ogni tipo d’accordo, protocollo o agevolazione che caratterizzeranno in futuro l’offerta trattamentale sul territorio nazionale, risulterà indispensabile l’intervento di una speciale istituzione certificante qual è l’Istituto Superiore di Studi Penitenziari. L’Istituto Superiore cura i management professionali del trattamento penitenziario ed è in grado di garantire su scala nazionale un costante monitoraggio nell’analisi dei bisogni formativi e una specifica concertazione dei diversi ma non dissonanti interventi professionali che realizzano il trattamento dei detenuti. È anche questa moderna istituzione la chiave per accedere in ogni momento a un costante monitoraggio dei bisogni d’aggiornamento amministrativo, al varo di più efficienti programmi gestionali, di possibili agevolazioni e intese oggetto di protocolli tra più dicasteri per lo specifico campo governativo penitenziario della prevenzione e della sicurezza dello Stato.

Nel caso del trattamento e dell’apprendimento online il raccordo tra l’evoluzione delle metodologie e l’aggiornamento delle diverse professionalità, del loro management specifico con le linee di sviluppo del lifelong learning, il complessivo impegno all’integrazione professionale, l’allineamento costante del fronte evolutivo del trattamento penitenziario con la realtà socio-economica e culturale esterna sono tutti fattori che potranno essere assicurati dall’Istituto Superiore di Studi Penitenziari preposto allo sviluppo del personale, alla cura dei singoli management professionali, alla proposizione di nuovi modelli di trattamento. Il progetto d’intervento presentato dall’ISSP, attualmente collocato per il finanziamento sul Fondo di Sicurezza Interna, risulta ben allineato a quelle che sappiamo essere le esigenze di sviluppo del trattamento penitenziario e mirato alla costruzione di una effettiva rete di controllo e allo sviluppo di ogni collegamento con altre reti istituzionali. Lo stesso progetto potrà essere in futuro riproposto su altri programmi di sviluppo europei, perché collima ed è in sintonia con i più recenti orientamenti e sviluppi della formazione professionale e universitaria.

I preziosi collegamenti della formazione universitaria con il modo del lavoro, argomento molto attuale nel dibattito sul futuro degli atenei italiani, sono ampiamente precorsi e configurati nella realtà operativa dei campus virtuali del piano di sviluppo delle ICT nel trattamento dei detenuti progettato sulle pagine di questa agenda (cfr. 6 ,7, 8 e 9). È proprio la precisa funzione istituzionale ricoperta dall’Istituto Superiore di Studi Penitenziari che consentirà ai campus di essere collegati anche ai centri di eccellenza universitari e ai centri di eccellenza professionali delle arti e dei mestieri. Nel tentativo di identificare le problematiche di base connesse a quello che possiamo denominare il “blocco digitale penitenziario” italiano, guardiamo ai più recenti passaggi evolutivi di altri paesi che come noi rispondono all’agenda digitale e ai diffusi programmi di sviluppo informatico dell’UE.

In primo luogo possiamo constatare che, pur nella diversità dei sistemi penitenziari, ovunque sia stato avviato e progressivamente perfezionato l’impiego delle nuove tecnologie di comunicazione a queste scelte gestionali è stato sempre attribuito un grosso rilievo amministrativo. A livello europeo e internazionale sono molte le ricerche pubblicate e gli esiti positivi di analisi condotte sugli investimenti tecnologici che riguardano direttamente l’esecuzione penale, con risultati che esaltano in primo luogo il ritorno in termini di spesa, prima ancora che di ogni altro profitto in termini di sicurezza, di azione preventiva di sistema e di progresso del welfare. Pur tra mille, diffuse difficoltà che l’organizzazione penitenziaria incontra in ogni paese la riabilitazione dei condannati è una finalità che non perde mai di vista i suoi connotati economici e di economia del sistema sociale.

Un po’ ovunque le strategie amministrative penitenziarie non possono prescindere dall’assicurare agli apparati trattamentali quei processi di modernizzazione indispensabili per attuare il salto di qualità dei servizi erogabili in rete. È pur vero che dappertutto rimane anche acceso il dibattito sulla spesa, ma ormai si consolida il parere che l’aver investito nello sviluppo delle tecnologie informatiche sia stata una scelta economica che più di altre sia riuscita a bilanciare rischi e benefici.

La strategia complessiva dell’investimento è certamente vincente sul piano del bilancio trattamentale delle strutture e dei servizi interessati. Lo scorso giugno in Olanda il ministro della Giustizia ha auspicato di poter al più presto raggiungere un livello minimo di sviluppo informatico delle strutture e di poter mettere un personal computer in ogni cella di prigione del paese, in uno dei provvedimenti più insoliti in esame da parte del governo olandese perché finalizzato a ridurre il deficit nazionale di bilancio del settore. Il portavoce del ministro ha poi precisato che i computer avranno un campo di collegamenti assai limitato: nessuna e-mail e poco o niente accesso a internet.

Il principale motivo della loro installazione in ciascuna camera è quello di ridurre la quantità di tempo di lavoro agli operatori istituzionali, alla polizia penitenziaria, ai volontari e a quanti in ragione del proprio ufficio entrano in contatto con le persone detenute. I detenuti utilizzeranno i computer per molte delle prassi affidate alla classica “domandina”, quindi per formulare le loro richieste di colloquio, di accesso agli uffici e ai servizi interni, di spesa, di vitto, sopravitto e per tante altre esigenze. In Olanda i tempi d’attesa, le risposte e le modalità di comunicazione per molti dei servizi interni di un istituto penitenziario sarebbero con queste nuove modalità di gestione rivoluzionate nelle procedure di gestione e organizzazione. C'è tuttavia anche un elemento educativo nel piano del ministro olandese Fred Teeven, perché, grazie alla diffusione omogenea del mezzo informatico, alcuni detenuti potranno essere ammessi all’uso del computer per programmi di studio approvati.

Attualmente l’esperienza detentiva italiana è un po’ diversa e negli istituti assai poco diffusa è proprio la pratica informatica e soprattutto l’aggiornamento informatico. Laddove possibile si riesce ad aggiornare le competenze informatiche con mezzi propri che rimangono offline, a livello cartaceo è possibile seguire gli sviluppi delle tecnologie informatiche in biblioteca e in genere attraverso l’acquisto di pubblicazioni in proprio. Chi può appena seguire su un piano teorico le veloci evoluzioni delle ICT certamente non può sperimentare le nuove conoscenze. Se non sussistono impedimenti espliciti del programma di trattamento, qualcuno riesce ad aggiornare le proprie competenze informatiche grazie ad attività lavorativa interna o esterna agli istituti. Il carcere è ancora oggi un contesto istituzionale che è "anti-computer” e laddove ne sia ammissibile l’uso i detenuti hanno restrizioni talvolta davvero sproporzionate, particolarmente per la navigazione in internet, vista come un rischio per la sicurezza. In realtà solo per alcuni reclusi, detenuti e ex detenuti potrebbe risultare effettivamente illegale utilizzare internet, per la natura predatoria dei loro precedenti comportamenti e in genere per altri, specifici e gravi motivi giudiziari o di sicurezza.

Il mancato investimento nelle infrastrutture ICT penitenziarie e la mancanza di corsi di formazione o aggiornamento che agevolino all’uso dei nuovi media si traduce nella realtà della vita detentiva nella impossibilità d’accesso ai più recenti modelli di computer, smartphone, tablet, ipad, ipod, iphone e così via. In Italia anche detenuti con fine pena a breve scadenza hanno poco o nessun accesso all'apprendimento informatico in carcere e parimenti all’uso del computer per riprendere fondamentali contatti con l’esterno e per facilitare il proprio processo di reinserimento. Il rilascio dagli istituti penitenziari avviene senza alcuna preoccupazione del cambiamento nel panorama delle ICT in uso all’esterno, un fatto che di per sé può rappresentare un vero e proprio shock culturale. Sempre più frequentemente, al momento del rilascio dal carcere, eventuali restrizioni economiche o impedimenti all'uso di internet possono determinare un serio ostacolo nel processo di reinserimento, impedendo anche all’esterno l'accesso alle molte utilità ottenibili solo attraverso la rete e a molti dei servizi pubblici ormai fruibili solo online, agli stessi corsi di formazione informatica predisposti per quanti volessero superare l’inevitabile impasse.

Come abbiamo spesso segnalato il grado di evoluzione della gestione informatica vede livelli alti in U.K., dove sono recentissimi gli ultimi provvedimenti governativi in campo giudiziario, con nuove opzioni gestionali che ampliano ulteriormente la modulistica già fruibile direttamente in rete. Il sistema britannico agevola enormemente l’interazione e gli interventi di avvocati, operatori e uffici giudiziari. Nel campo giudiziario e dell’esecuzione penale tutte le professionalità e le autorità sono agevolate nell’agire con maggior celerità le loro competenze. In rete, con soluzioni strutturali e di sistema, sono evitati molti passaggi burocratici, appesantimenti che in gran parte determinano nel nostro sistema organizzativo i ritmi lenti dei provvedimenti della magistratura e della stessa magistratura di sorveglianza. Anche il servizio d’informazione al pubblico è assicurato dalla rete e soprattutto in rete è possibile accedere a informazioni aggiornate di bilancio e rendicontazione delle attività trattamentali che negli istituti si svolgono, compreso l’ammontare dei compensi orari previsti per le attività lavorative interne.