Linee guida per il sistema di formazione e lavoro rivolto a minorenni e giovani adulti sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria penale minorile (2009)

Sommario

1. Premessa
2. L’accesso al mercato del lavoro
3. Normativa di riferimento
4. Finalità generali
5. Obiettivi e strumenti
6. Condizioni da promuovere
7. Principi e criteri trasversali delle Linee guida
8. Fasi di lavoro, obiettivi, azioni e strumenti
9. Transizione al lavoro
10. Inserimento lavorativo
11. Valutazione e monitoraggio
12. Formazione del personale

Il Dipartimento della Giustizia Minorile, sia a livello centrale che attraverso le proprie articolazioni territoriali, ha il compito di promuovere interventi finalizzati al reinserimento sociale dei minori sottoposti a provvedimento penale, attraverso l'individuazione di strumenti specifici e politiche attive di inclusione sociale.  Con le  linee guida predisposte si intende favorire una diretta partecipazione ad opportunità formative ed occupazionali legali e consentire ai minori dell’area penale il raggiungimento di una condizione di cittadinanza piena, nel godimento dei diritti e nell’osservanza dei doveri.

1. Premessa

Il presente documento intende delineare il riferimento culturale, metodologico e procedurale per la progettazione e la gestione di interventi sistemici di formazione professionale e di inserimento sociale e lavorativo di minorenni e giovani sottoposti a procedimenti penali, garantendo loro l’accesso a percorsi formativi e di transizione al lavoro quali opportunità di promozione sociale.
Un sistema di formazione ed integrazione socio-lavorativa rivolto ai minori soggetti a provvedimenti restrittivi della libertà personale deve rispettare standard comuni e rispondere a linee guida generali ma, al contempo, deve trovare applicazione in ambito territoriale, in virtù di un coordinamento tra i Centri per la Giustizia Minorile, le Regioni, gli Enti Locali ed il maggior numero possibile di soggetti del pubblico, del privato sociale e del mondo imprenditoriale.
Su questo obiettivo si propone di individuare strumenti specifici e politiche attive di inclusione sociale nonché di pari opportunità con i giovani della comunità esterna. In questo senso la  proposta che segue vuole rappresentare con coerenza un percorso in grado di assicurare risultati di crescente efficienza ed efficacia.
Il percorso che si intende definire con le linee di indirizzo, si caratterizza come un percorso di costante e attento confronto con le parti sociali, in tutte le sue fasi e su tutti i temi affrontati, in modo da rappresentare, quindi, una cornice di riferimento dalla quale progettare gli interventi specifici, contestualizzandoli nel territorio di applicazione.

2. L’accesso al mercato del lavoro

Le criticità del mercato del lavoro e la sua condizione di debolezza strutturale sono segnalate  dagli andamenti dei principali indicatori. A queste criticità si associano gli aspetti di debolezza qualitativa sia dal lato della domanda di lavoro che dell’offerta
nonché un quadro istituzionale di intervento nel mercato del lavoro problematico in termini di efficacia e appropriatezza delle politiche implementate.
Questa condizione di carenza strutturale della domanda di lavoro si traduce, dal lato dell’offerta, in scarse probabilità di inserimento per la popolazione in cerca di lavoro
che diviene particolarmente critica per minori dell’area penale.
La coesione sociale implica che, pur in presenza di squilibri correlati alla crescita economica (come aumento del reddito e del benessere materiale), tutti i cittadini possano accedere in misura sufficiente (ancorché diversa) ai vantaggi che ne derivano, tanto in relazione al mero benessere materiale quanto alle opportunità ad esso correlate, ad esempio in termini di libertà e di autonomia. Senza rinunciare, ovviamente, all’obiettivo di intervenire anche sui processi che determinano l’esclusione o impediscono l’inclusione.
A questo proposito, giova ricordare che il grado di inclusione o esclusione delle persone nelle società moderne e il loro status sono determinati principalmente in relazione alla formazione e all’accesso al lavoro. Non a caso il diritto al lavoro è considerato un fondamento della società ed un corollario della dignità umana, come testimoniato anche negli articoli della Costituzione italiana che lo riguardano.
Tali premesse rendono evidente che anche gli interventi relativi alla formazione  ed orientamento professionale delle persone soggette a provvedimenti restrittivi della libertà personale da parte dell’autorità giudiziaria sono strettamente correlati con lo sviluppo del capitale umano del territorio e pertanto vanno inseriti in un quadro programmatorio trasversale alle politiche e partecipato in eguale misura dal Ministero della Giustizia, dagli altri Ministeri coinvolti, dalle Regioni, dagli Enti Locali e dalla società civile, così come chiaramente delineato dalle “Linee Guida in materia di inclusione sociale a favore delle persone sottoposte a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria” approvate dalla Commissione Nazionale Consultiva e di Coordinamento per i rapporti con le Regioni, gli Enti Locali ed il Volontariato in data 19 marzo 2008.

3. Normativa di riferimento

La Legge costituzionale n. 3 del 2001 di modifica del Titolo V della Costituzione, collocando la “tutela e sicurezza del lavoro” tra le materie di potestà legislativa concorrente delle Regioni e dello Stato, ha compiuto una  scelta di consolidamento delle competenze regionali, già fortemente ampliatesi con il decentramento amministrativo promosso dalla “Bassanini”, che ai tradizionali interventi sulla formazione professionale ha affiancato le competenze, attribuite dal Decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 sulla programmazione delle politiche attive del lavoro e sulla regolazione dei sistemi regionali
dei servizi per il lavoro.
Questo quadro è attualmente costituito dai seguenti riferimenti di livello nazionale:

  • la legge 144/1999 e in particolare l’art. 68, relativo al diritto-dovere di Istruzione e Formazione fino al 18° anno di età oppure fino al conseguimento di una qualifica, coerentemente con il programma di lavoro “Istruzione e formazione 2010” avviato in seguito al Consiglio Europeo di Lisbona 2000; 
  •  la legge costituzionale 3/2001 (Riforma del Titolo V della Costituzione), che attribuisce la competenza esclusiva per la formazione alle Regioni; 
  •  la legge 53/2003 e i successivi decreti attuativi – in particolare il d.l. 76/2005 e il  d. l. 226/2005; 
  •  l’Accordo quadro Stato-Regioni del 19 giugno 2003, in sede di Conferenza Unificata Stato Regioni, nel quale sono state definite le “linee-guida per la realizzazione, a partire dall’anno scolastico 2003-2004, di una offerta formativa sperimentale di istruzione e formazione professionale nelle more dell’emanazione dei decreti legislativi di cui alla legge 53/2003”; 
  •  la legge finanziaria 2007, comma 622 sull’Obbligo di istruzione; 
  •  la legge 2.4.2007 n. 40, art. 13 commi da 1 a 8 ter (in applicazione dal 2009/2010); 
  •  il Regolamento sull’Obbligo di Istruzione (Decreto MPI del 22.8.2007 pubblicato il 31.8.2007). 
  •  il documento inerente le “Linee guida in materia di Formazione Professionale e lavoro” approvato il 29 ottobre 2008, dai Gruppi tecnici congiunti in seno alla Commissione Nazionale consultiva e di coordinamento per i rapporti con le regioni, gli enti locali ed il volontariato. 

A questi riferimenti vanno aggiunte le normative di livello regionale e di provincia autonoma, centrali e imprescindibili rispetto al tema.

  • D.Lgs. n. 297 del 19.12.2002-Disposizioni modificative e correttive del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, recante norme per agevolare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, in attuazione dell'articolo 45, comma 1, lettera a) della legge 17 maggio 1999, n. 144.
    Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 11 del 15.1.2003 
  •  D.Lgs. n. 112 del 31.01.1998-Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59. Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 92 del 21.04.1998 
  •  D.Lgs. n. 379 del 6.10.98 -Intervento sostitutivo del Governo per la ripartizione di funzioni amministrative tra regioni ed enti locali in materia di mercato del lavoro, a norma dell'articolo 4, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59. Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 257 del 3.11.1998
  •  D.Lgs. n. 469 del 23.12.1997
    Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell'articolo 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59.
    Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 5 del 08.01.98
     L. n. 845 del 21/12/1978
  • Legge-quadro in materia di formazione professionale
    Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 362 del 30/12/1978

Gli interventi normativi delle Regioni (di cui per la relativa normativa si rimanda ai siti regionali e provinciali o agli Assessorati delle Regioni) si muovono, nell’ambito dei nuovi spazi delineati dal novellato art. 117 della Costituzione ed emergenti man mano dalle interpretazioni fornite dalla stessa giurisprudenza costituzionale in materia di ripartizioni di compiti, funzioni e competenze tra Stato ed Enti locali (vedi per tutte sentenza Corte Costituzionale n. 50/2005).
Nel quadro dei principi fondamentali dettati dallo Stato nelle materie di competenza concorrente e nel rispetto degli ambiti connessi alle politiche del lavoro sui quali sussiste una competenza esclusiva statale, vale a dire l’“ordinamento civile”, la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, la “tutela della concorrenza”, l’“immigrazione” e la “previdenza sociale”.

4. Finalità generali

La finalità generale da perseguire è il superamento di processi di esclusione sociale dei minori sottoposti a provvedimenti penali, ed il perseguimento di obiettivi di sicurezza sociale attraverso la loro diretta partecipazione ad opportunità formative ed occupazionali legali, per consentire loro il raggiungimento di una condizione di cittadinanza piena: nel godimento dei diritti e nell’osservanza dei doveri.
Il Dipartimento della Giustizia Minorile, sia a livello centrale che attraverso le sue articolazioni territoriali, così come previsto dall’art. 27 della Costituzione ed in conformità dei principi che regolano il processo penale minorile, ha il compito di promuovere interventi finalizzati al reinserimento sociale dei minorenni e dei giovani adulti sottoposti a provvedimenti penali ed in tale ambito rilevanza particolare si attribuisce agli elementi del trattamento individuati dal processo penale minorile (D.P.R.448/88) e le norme di attuazione  D.l.vo 272/89 e dall’art. 15 dell’Ordinamento penitenziario  – ovvero istruzione, lavoro, religione, attività culturali, ricreative e sportive – quali strumenti per la valorizzazione delle potenzialità soggettive e relazionali nonché per la facilitazione della comunicazione e dell’aggregazione sociale.
In ragione di quanto detto l’adeguamento dell’offerta formativa ed il rilancio del lavoro per le persone soggette a provvedimenti restrittivi della libertà personale, dovrà trovare in ambito territoriale lo sviluppo e la piena adesione ai nuovi principi normativi in materia. Ciò è possibile in virtù di un coordinamento tra i Centri per la Giustizia Minorile e i Servizi minorili dipendenti, le Regioni, gli Enti Locali e tutti i soggetti del pubblico o del privato sociale e del mondo imprenditoriale presenti nel territorio.
La concreta possibilità dell’esercizio del diritto alla formazione nel contesto penale minorile richiede che ai giovani adolescenti vada garantito:
il diritto ad usufruire di un servizio di orientamento,

  •  il diritto alla continuità formativa, 
  •  il diritto a frequentare percorsi formativi personalizzati e compatibili con i tempi ed i vincoli del procedimento penale cui sono sottoposti;
  •  il diritto a veder riconosciuto il proprio bagaglio di apprendimenti,
  •  il diritto ad esperienze di tirocinio e lavorative significative per l’apprendimento e per l’integrazione;
  •  il diritto alla continuità del percorso scolastico/formazione professionale al momento della fuoriuscita dal circuito penale.

Stanti le caratteristiche dell’utenza penale minorile, va affrontato il problema della progettazione dei percorsi formativi con una logica:

  •  di flessibilità e modularità degli apprendimenti in relazione ai tempi di permanenza, 
  •  di recupero di competenze di base, 
  •  di incremento della motivazione all’apprendimento, di costruzione di relazioni di fiducia e di aumento del grado di autostima.

Risulta pertanto di particolare importanza poter predisporre modalità di fruizione didattico/formativa così da rispondere ai tempi di permanenza dei minori all’interno del circuito penale, ai diversi livelli di preparazione degli adolescenti, ai diversi contesti di provenienza, alla disaffezione per situazioni formative strutturate e continuative, in alcuni casi generate da una storia di insuccesso scolastico ripetuto, in altri casi generate dal background di provenienza, alle storie personali di trasgressione e di rifiuto di regole.


5. Obiettivi e strumenti

I Centri per la Giustizia Minorile, espletando le proprie funzioni tecniche di programmazione, di coordinamento dell’attività dei Servizi Minorili e di collegamento con gli enti locali avranno cura di: 

  •  promuovere l’integrazione tra politiche regionali del lavoro e dell’occupazione, politiche sociali e politiche dell’istruzione e della formazione creando un adeguato sistema di coordinamento
  •  strutturare un efficiente sistema di formazione ed orientamento professionale, integrato con il sistema dei servizi per l’impiego
  •  promuovere progettualità mirate all’inserimento socio-lavorativo dei minori e giovani adulti, attraverso l’attivazione di reti di collaborazione interistituzionale con enti pubblici e privati
  • sviluppare azioni tese ad attivare sinergie tra soggetti, pubblici e privati, in grado di incrementare le opportunità di formazione professionale, inserimento lavorativo e commercializzazione, in favore dei minorenni e dei giovani adulti presi in carico dai Servizi Minorili, sottoposti a provvedimenti penali da parte dell’Autorità Giudiziaria Minorile
  •  fornire a soggetti privi di qualificazione e di esperienze lavorative significative, una occasione di crescita personale e professionale “spendibile” nel mercato del lavoro contrastando fenomeni di recidiva 
  •  rafforzare le competenze professionali e parallelamente rinforzare la motivazione e l’autostima, al fine di rendere attuabili la realizzazione di percorsi di inclusione sociale, compreso l’espletamento di attività per il riconoscimento di crediti formativi
  •  sostenere l’ingresso nel mercato in un’ottica di pari opportunità, attraverso azioni di supporto, tutoring, di accompagnamento, in collegamento con i servizi per l’impiego, anche mediante l’attuazione di contratti di formazione al lavoro
  •  individuare, sensibilizzare e coinvolgere le aziende “sensibili” del territorio 
  •  ricercare intese con altri soggetti per l’incremento di punti di vendita dei prodotti realizzati nell’ambito dei Servizi Minorili
  •  sviluppare azioni per l’assunzione, di minorenni e di giovani adulti sottoposti a provvedimenti penali individuati dalle équipe dei Servizi Minorili anche in relazione ai requisiti ed alle competenze possedute

6. Condizioni da promuovere

  1. Istituzione di  un Tavolo di Lavoro permanente con tutte le Istituzioni, Enti e organismi partecipanti al sistema scolastico, formativo e del lavoro che persegua obiettivi comuni di elevazione del livello culturale e di acquisizione delle competenze professionali necessarie ad elevare l’occupabilità, nonché sulle dinamiche dell’occupazione che formuli proposte di indirizzi e linee programmatiche in tema di strumenti e di risorse a favore  dell’occupazione,
  2. Valorizzazione il ruolo delle parti sociali nella individuazione degli obiettivi e delle priorità delle politiche del lavoro regionali e nella integrazione tra sistema dei servizi per un intervento pubblico in materia di lavoro e formazione, con il rilancio e il potenziamento delle sedi istituzionali di confronto, di programmazione partecipata e di gestione concertata .
  3. Adozione di un documento di programmazione dell’intervento per la formazione e il lavoro rivolto ai minorenni/giovani adulti del circuito penale.
  4. Rafforzamento delle funzioni di monitoraggio legate alla formazione assicurando il necessario collegamento organico tra gli Enti interessati per il  rispetto dei principi di completezza, adeguatezza, efficienza ed economicità.

 Nell’ambito della funzioni di programmazione, inoltre, ciascun CGM definisce le priorità dei campi di intervento formativo in relazione ai flussi e alla tipologia dell’utenza, individua le modalità di fruizione, seleziona i minorenni destinatari e gli strumenti per un reale sostegno alla formazione ed inserimento lavorativo da attivare.


7. Principi e criteri trasversali delle Linee guida

7.1.  Flessibilità, modularità e personalizzazione dei percorsi
Il giovane è il centro di ogni intervento, per cui i servizi devono sapersi adattare alle loro caratteristiche e, naturalmente, ai vincoli che la sua vicenda giudiziaria impone.
Dare centralità al giovane significa perseguire una accentuata personalizzazione dei percorsi di apprendimento, anche tenuto conto della grande varietà dei destinatari, delle loro culture e del loro livello di preparazione.
Ogni ragazzo/a con procedimento penale in corso ha infatti una storia, tratti personali ed una situazione assolutamente unici; è dunque essenziale che i servizi di orientamento, formazione ed inserimento socio-lavorativo siano flessibili, attivabili in tempi rapidi, modulari e personalizzati sia per ciò che riguarda gli obiettivi che i contenuti che le metodologie adottate.
La personalizzazione consente di scoprire le capacità e le attitudini positive di ciascuno e ne sollecita la mobilitazione tramite esperienze formative concrete, che mirano a porre il giovane in un ruolo di maggiore protagonismo rispetto alle pratiche pedagogiche tradizionali.

7.2   Continuità ed integrazione dei servizi formativi e di transizione al lavoro
Nel percorso di reinserimento sociale il giovane attraversa diversi momenti e servizi, e viene a contatto con diversi operatori (orientatore, formatori, psicologo, tutor etc.).
Egli deve comunque percepire il suo percorso come un “unicum”, avendo chiari sin dall’inizio gli obiettivi finali ed intermedi, ed essendo sempre accompagnato da una persona di riferimento (tutor - case manager) che lo aiuti a comprendere a che punto è del suo progetto professionale e di vita, che coordini ed armonizzi i vari servizi con cui il giovane viene a contatto superando il rischio di una loro frammentarietà, e che resti un punto di riferimento significativo anche oltre l’iter penale.

7.3.  Metodologie attive di insegnamento ed apprendimento
Una caratteristica quasi costante dei giovani sottoposti a procedimento penale è l’abbandono scolastico precoce.
Riproporre lo stesso modello “scuolacentrico”, organizzato per discipline didattiche e saperi astratti, sarebbe probabilmente predittivo di nuovi fallimenti.
Al contrario, occorre valorizzare l’intelligenza pratica dei giovani, incanalandola verso apprendimenti significativi.
A tal fine si dovranno utilizzare metodologie formative attive, basate su di un apprendimento esperienziale e, ove possibile, in contesti reali di lavoro.

7.4. Certificazione delle competenze acquisite coerente con i sistemi di Istruzione e formazione Professionale
Un sistema formativo deve consentire ad ogni persona di vedersi riconosciute le competenze acquisite e di capitalizzarle in funzione di un futuro inserimento lavorativo o di un completamento del percorso di istruzione o formazione.
A questo scopo occorre favorire un sistema di certificazione delle competenze efficace, personalizzato, trasparente e coerente con i sistemi europei, nazionali e regionali.

7.5 .Integrazione dei percorsi formativi con iniziative di inclusione sociale
Il minore/giovane che sconta una pena detentiva ha bisogni complessi, che necessitano di una presa in carico globale e personalizzata, di cui l’inserimento lavorativo rappresenta un obiettivo fondamentale, ma non l’unico.
Altrettanto importante, anche per la sostenibilità del percorso, è che il giovane abbia occasioni di relazione, che gli consentano di aumentare il proprio “capitale sociale”.
Oltre al recupero di competenze di tipo professionale a fini lavorativi, è quindi indispensabile favorire momenti significativi di socializzazione, incoraggiare la relazione con la famiglia, promuovere la cultura della legalità e fornire un supporto psicologico, in un’ottica di presa in carico globale della persona.

8.  Fasi di lavoro, obiettivi, azioni e strumenti

8.1.  Accoglienza ed orientamento
Orientarsi vuol dire individuare una direzione professionale verso la quale muoversi. Orientare un minore/giovane dell’area penale  significa ricostruire la storia attraverso cui egli è giunto ad una incompleta costruzione del sé, ed avviare un percorso educativo che gli consenta di dirigere le proprie potenzialità verso obiettivi costruttivi.
L’orientamento rivolto ai minori dovrà aiutarlo a costruire un percorso soddisfacente in ambito formativo e professionale offrendo due tipologie di servizio:

  •  informazioni su se stessi, sulle proprie caratteristiche, attitudini, interessi, sui propri punti deboli, sulle sue conoscenze, competenze
  • informazioni sul mondo del lavoro e delle professioni, oltre che sulle opportunità formative offerte dal contesto di riferimento

L’orientamento professionale deve rappresentare un  momento formativo breve  che si configura come una relazione di aiuto individualizzato che mira a favorire la conoscenza di sé, la scoperta delle proprie attitudini, capacità, interessi e le motivazioni per definire un progetto professionale e a individuare le modalità e gli strumenti per attuarlo attraverso  tecniche e strategie di ricerca del lavoro, e di conoscenza del  mercato del lavoro locale .
 Al fine di favorire lo sviluppo dell'orientamento professionale è necessario svolgere alcune attività  tra cui:

  • progetti di informazione e comunicazione rivolti sia all'utenza che agli operatori; 
  • realizzazione di un sistema permanente di rilevazione dei fabbisogni formativi.

L’attività di definizione del profilo e di bilancio delle risorse non ha un intento investigativo né valutativo, ma è un’occasione di ascolto e di dialogo con il giovane, al fine di:

  1. avviare un processo di riflessione e di analisi per una presa di coscienza delle proprie potenzialità, nell'ottica della ri-progettazione del percorso di vita;
  2. favorire la scoperta delle proprie competenze ed attitudini professionali al fine di scegliere percorsi personalizzati, mirati e predittivi di un possibile reinserimento;
  3. riconoscere eventuali crediti formativi, a fronte di conoscenze e capacità già acquisite, anche in maniera non formale;
  4. consentire la riflessione su se stessi per l’acquisizione di una maggior stima di sé;
  5. pianificare una documentazione continua e personalizzata: dossier personale, diari di apprendimento, libretto delle competenze; che accompagni la persona lungo le tappe del proprio percorso.

L’attuazione di quanto sopra potrà essere facilitata attraverso la sensibilizzazione delle parti economiche e sociali verso i problemi inerenti alla reinclusione sociale dei soggetti presi in carico/che fanno ingresso nei Servizi della Giustizia Minorile e pertanto si rende opportuno promuovere la realizzazione:

  • di una rete di servizi di orientamento e inserimento al lavoro per facilitare sia la definizione della domanda lavorativa da parte del ragazzo, sia l’incontro tra la domanda e l’offerta, sensibilizzando gli enti preposti a tale servizio, nonché le aziende e le imprese del mondo del lavoro
  •  di Sportelli Multifunzionali, articolati in corrispondenza dei distretti di Corte d’Appello, con il ruolo di facilitare l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro, sia nel settore formativo che in quello dell’inserimento occupazionale con i seguenti servizi:
    • colloqui di orientamento formativo e professionale
    •  servizio di counseling
    • (compilazione del curriculum vitae e altro, seminari informativi e formativi in materia di ricerca attiva del lavoro ed altro)
    • assistenza all’attivazione di tirocini formativi presso le aziende del territorio
    •  sostegno nell’avvio di iniziative di autoimprenditorialità, attraverso la consulenza specialistica ed il supporto all’individuazione di strumenti di finanziamento
    •  creazione di una rete di imprese per avviare progetti di inserimento lavorativo protetto attraverso l’attivazione di tirocini formativi

 Lo sportello / punto di ascolto, gestito da un orientatore esperto il quale :

  • effettua un colloquio e compila una scheda di ingresso del minore
  • elabora una biografia personale, finalizzata a verificare le conoscenze, le abilità e le capacità, ma anche a sostenere percorsi di autovalutazione
  • prepara, con il/la ragazzo/a, la prima parte un dossier personale che lo/a seguirà lungo tutto l’itinerario documentandone i risultati conseguiti
  •  affida la persona presa in carico ad un tutor / case manager che ne seguirà tutto il percorso formativo e di reinserimento sociale e lavorativo
  • collabora a definire il progetto personalizzato, sancito da un “patto formativo” siglato tra partecipante e tutor / case manager.

Il percorso orientativo, concluso con la sigla del patto formativo, potrà prevedere l’assolvimento dell’obbligo di istruzione, nel caso il/la minore abbia meno di 16 anni o, se ha più dei 16 anni, il diritto-dovere di istruzione e formazione sino ai 18 anni o al conseguimento di una qualifica professionale. In alternativa, il minora potrà essere orientato verso un percorso di inserimento lavorativo in regime di apprendistato, anche mediato da percorsi personalizzati di formazione e di transizione

8.2. La Formazione Professionale
Il sistema della formazione professionale deve promuovere e realizzare numerose iniziative al fine di  coordinare le opportunità offerte dal territorio e permettere di dare risposte qualitativamente e quantitativamente importanti ai minori per una crescita di competenze e capacità professionali come  strumento per inserirsi nel mondo del lavoro.
La formazione deve porre al centro del proprio operato il minore e accompagnarlo in una crescita continua,  una crescita culturale e professionale che ha come principale obiettivo il successo  occupazionale, che è predittivo dell’acquisizione di un’autonomia personale e dell’uscita dal circuito dell’illegalità.
I corsi oltre a garantire l’assolvimento degli obblighi di legge devono considerarsi un momento importante della crescita degli adolescenti, rappresentando un primo ponte diretto con il mondo del lavoro. Offrono, infatti, la possibilità di arrivare a una qualifica professionale (o comunque competenze significative) e quindi imparare un mestiere. Attraverso contatti costanti con le aziende e le loro associazioni. E’ importante pertanto  conciliare la programmazione delle attività formative con le esigenze occupazionali del territorio per raggiungere un risultato evidente: i ragazzi qualificati trovano lavoro .
Il percorso di formazione professionale per i minori dell’area penale deve articolarsi in modo tale da  permettere di raggiungere l’acquisizione di conoscenze e competenze integrando l’attività formativa d’aula con quella di laboratorio, nonché attraverso esperienze di tirocinio aziendale. Proprio quest’ultima costituisce per gli allievi la possibilità di affinare ed arricchire le proprie capacità, applicando concretamente le competenze acquisite a scuola attraverso l’esperienza lavorativa quotidiana e diretta nelle aziende. I positivi rapporti consolidati con il tessuto produttivo consentono di coniugare le aspettative delle aziende con le aspirazioni professionali dei giovani studenti e tali esperienze possono alla fine tradursi  in vere e proprie opportunità occupazionali.

8.3. Formazione all’interno degli Istituti Penali per Minorenni
La formazione interna all’Istituto deve aiutare la persona a scoprire la reale statura di sé, con l’obiettivo della scoperta che anche l’impegno formativo ed il lavoro siano strumenti importanti per la propria crescita ed autonomia.
A tale scopo la proposta di formazione standardizzata e tradizionale (lezioni frontali teoriche, interrogazioni, compiti in classe, voti) non funziona. Questi ragazzi manifestano l’insofferenza verso quasi tutti gli stimoli che la scuola “classica” offre, considerandoli privi di reale “significato”. Ne consegue che serve una proposta alternativa, dal carattere flessibile e fortemente personalizzato, che valorizzi le esperienze concrete come i laboratori o il lavoro vero e proprio, che privilegi l’intelligenza pratica che metta in risalto le potenzialità positive delle persone favorendone il successo e la rimotivazione, che permetta loro di attribuire un senso all’apprendimento, che li renda disponibili a ripensare il proprio progetto di vita, che favorisca relazioni positive con i formatori.
Possiamo sommariamente suddividere la formazione in generale e specifica.
La formazione generale consente di acquisire competenze di cittadinanza e competenze di base. Infatti occorre che il/la ragazzo/a acquisisca una serie di competenze chiave legate alla cultura del lavoro e della legalità (come il senso di responsabilità, l’affidabilità, la capacità di gestire le proprie emozioni e reazioni, la collaborazione con gli altri etc.) e conoscenze di base (linguistiche, informatiche, relative al mercato del lavoro locale etc.) propedeutiche a qualsiasi percorso professionalizzante.
La formazione specifica consente, invece, di acquisire competenze professionali, idonee a favorire il raccordo con il mondo del lavoro ed un possibile sbocco occupazionale nel mondo del lavoro esterno.
Poiché è necessario privilegiare un apprendimento di tipo esperienziale, è auspicabile che all’interno dell’Istituto Penale vi siano laboratori polivalenti, che consentano una diversificazione delle esperienze in funzione orientativa e di sviluppo di competenze pratiche.
Un’alternativa interessante è rappresentata dalla possibilità di lavoro intramurario, ad esempio attraverso convenzioni con imprese cooperative sociali (di tipo B) che attivino rami di attività all’interno dell’Istituto. Tali cooperative avrebbero la duplice funzione di luoghi di lavoro e di strumenti di transizione, nei quali i giovani sono in grado di acquisire competenze successivamente spendibili in un aziende esterne, specie se queste sono le dirette committenti del lavoro affidato alla cooperativa che opera all’interno dell’Istituto.
Una formazione che valorizzi le esperienze pratiche si presta ad una personalizzazione del percorso (in termini di obiettivi, di durate, di modalità di frequenza etc.) e ad una sua “modularizzazione”, attraverso la quale è consentita la presa in carico di tutte le persone, anche di quelle la cui permanenza nell’I.P.M. sia breve e/o la cui frequenza possa essere solamente saltuaria. In tal modo a tutti è garantito un percorso significativo e certificabile.
Poiché la significatività dell’apprendimento non prescinde da un rapporto umano tra docente e discente, ed è proporzionale alla qualità di tale rapporto, è determinante la scelta degli operatori coinvolti. Il formatore deve essere non solo una figura competente, ma anche un autorevole riferimento, cui il/la giovane si rivolga per apprendere qualcosa, ma anche e soprattutto per divenire qualcuno.

8.4. Formazione esterna
Nel caso di giovani affidati a Comunità e/o agli Uffici di Servizio Sociale per Minorenni l’azione formativa può avvenire, a seconda che il/la giovane sia nelle condizioni di inserirsi in un percorso di istruzione / formazione o meno:

  • attraverso l’accompagnamento ed il supporto alla frequenza di un percorso standard;
  • mediante tirocini all’interno delle imprese, scelte in base alle caratteristiche del mercato del lavoro del territorio e nel rispetto delle attitudini ed aspirazioni della persona.

In questo secondo caso la formazione esterna consolida il concetto del lavoro quale mediatore per l’apprendimento e l’impresa quale luogo di integrazione e di inclusione sociale.
In tale contesto è determinante la figura del “tutor - case manager”, che si pone come “figura di sistema” in quanto referente costante per il/la giovane ed interfaccia tra lui/lei e l’azienda.
Il tutor segue la persona anche dopo il suo inserimento in azienda o in cooperativa, facilitandone l’integrazione e favorendone il benessere.
Il tipo di tutoraggio e le relative modalità sono personalizzati e dipendono dal livello di autonomia di ciascun utente e dall’eventuale gap tra le competenze richieste dal luogo di lavoro e le competenze effettivamente possedute.
Ove possibile il supporto può essere effettuato anche da un collega di lavoro; in questo caso il tutor - case manager di progetto si rapporterà con il tutor aziendale.
Per una formazione esterna efficace si dovranno coinvolgere il maggior numero possibile di imprese e cooperative sociali, disponibili ad ospitare persone in formazione e/o ad assumerle a fine percorso, in modo da avere un ampio ventaglio di opportunità.
Ad alcune di tali imprese (specie cooperative sociali o “botteghe” artigianali) i cui ambienti e sistemi di relazioni siano favorevoli ad un percorso educativo e formativo, si chiederà di operare come imprese formative e di transizione.
Esse cioè potranno ospitare per periodi variabili una persona con un contratto a termine o borsa-lavoro finanziata dai servizi. Al termine dell’esperienza la persona non dovrà essere necessariamente inserita nell’impresa ma, forte dell’esperienza maturata, potrà avere buon appeal per il mercato del lavoro. Nell’impresa ospitante si libererà invece il posto per un nuovo giovane ex-detenuto in transizione verso il lavoro.
In suddetti accordi con le imprese si dovrà prevedere il coinvolgimento dei Servizi Sociali, al fine di offrire supporto agli utenti e degli Enti Locali, che potranno riconoscere alle imprese coinvolte degli incentivi (economici o di immagine, come ad es. il marchio di impresa socialmente responsabile).

8.5. Caratteristiche del tirocinio
Lo strumento del tirocinio, elemento spesso essenziale nel percorso di costruzione di competenze spendibili nel mercato del lavoro, deve orientarsi a garantire alcuni aspetti indicati:

  • realizzare momenti di alternanza studio-lavoro nell’ambito di processi formativi qualificati al fine di agevolare le scelte professionali ed occupazionali mediante una conoscenza più diretta del mondo del lavoro anche attraverso la concessione di contributi per lo svolgimento di tirocini presso datori di lavoro pubblici e privati;
  • valorizzazione del tirocinio come strumento di uscita dalla formazione e di “abilitazione alla qualifica”;
  • riconoscimento al tirocinio di un valore curriculare dell’esperienza lavorativa svolta nella eventuale qualifica di impiego (obbligo del libretto formativo);

Inoltre per facilitare l’utilizzo di tale strumento diventa essenziale attivare alcuni elementi di sostegno che valorizzano la singola esperienza e facilitano il loro utilizzo per i minorenni e i giovani sottoposti a procedimenti penali, quali:

  • sostegno ai tirocini attraverso un contributo alle imprese che ospitano tirocini di utenti sottoposti a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria Minorile o che abbiano concluso l’iter penale;
  • borsa di inserimento, quale incentivo e rimborso dei contributi per le assunzioni a tempo indeterminato di persone in uscita da corsi di formazione regionali finanziati;
  • collaborazione permanente con i Centri per l’Impiego, finalizzata all’avviamento al lavoro, all’istituzione di dispositivi di formazione-lavoro, alla realizzazione di progetti sperimentali diretti a verificare varie professionalità, nonché alla realizzazione di forme di imprenditorialità giovanile;
  • forme di incentivazione nei confronti del minore attraverso progetti specifici, anche sperimentali, nell'ambito di misure POR che si rendano accessibili per l'avviamento al lavoro di minorenni sottoposti a misure penali e nell'ambito di altre fonti di finanziamento;
  • commesse di lavoro per i giovani dell’area penale da parte degli enti pubblici territoriali e dei privati utilizzando tutte le agevolazioni previste dalle leggi in materia e da ultimo dalla legge 193 del 22 giugno 2000.

8.6 Supporti alla formazione
La frequenza di un percorso formativo e di inserimento dovrà essere supportata da una serie di servizi complementari, da attivare caso per caso ed in misura commisurata al bisogno.
Ad esempio può manifestarsi l’esigenza di predisporre percorsi di insegnamento della lingua italiana per minori stranieri, funzionali a qualunque progetto di integrazione futura, sia nell’ambito della istruzione e formazione che in quello del lavoro, senza per questo perdere la cultura di origine. In quest’ottica è importante la possibilità di reperire di mediatori culturali e linguistici.
Altre esigenze da considerare potranno essere quelle economiche, per cui si renda necessario supportare il/la ragazzo/a con assegni di frequenza o forme di microcredito da restituire una volta acquisito un lavoro, o più semplicemente garantendo loro il trasporto verso il luogo di formazione (per la formazione esterna). A tali scopi è indispensabile, in una logica di rete, il raccordo con i Servizi Sociali territoriali, che potranno provvedere alla copertura delle spese relative alle misure di accompagnamento e supporto.

8.7. Certificazione delle competenze
Il diritto ineludibile di ogni persona a vedersi riconosciute le competenze acquisite in modo formale o informale, deve essere garantito anche ai giovani che, in un periodo particolare della loro vita, si trovino in condizioni di restrizione della libertà.
E’ necessario dunque che il percorso formativo, sia esso interno che esterno, preveda una certificazione delle competenze trasparente e, soprattutto, riconoscibile. Ciò significa che gli strumenti di certificazione (prove di verifica, griglie di valutazione, attestati rilasciati) siano coerenti con gli strumenti del sistema di Istruzione e Formazione Professionale della regione competente, con gli standard nazionali e con i dispositivi europei (Europass).
Tale coerenza consentirà ai giovani, da un lato l’eventuale prosecuzione di percorsi formativi partendo da una dotazione di crediti formativi, dall’altro di potersi presentare sul mercato del lavoro con una documentazione “leggibile” dal mercato delle imprese.
Per dimostrare il possesso di competenze si raccomanda di utilizzare prove adeguate, nelle quali venga posto l’accento sulla capacità della persona di realizzare un prodotto concreto, eseguire un compito o risolvere un problema reale, mobilitando le proprie risorse (capacità, conoscenze, comportamenti).
Le prove dovranno quindi privilegiare una valutazione autentica, interdisciplinare, attraverso l’esecuzione di un compito concreto che dimostri l’acquisizione di competenze certificabili e coerenti con gli standard e che sia documentabile nel dossier del giovane.
Inoltre, nella certificazione si raccomanda di evidenziare i livelli di padronanza delle competenze, che possono essere indicati per gradi progressivi (basilare, adeguato, eccellente) e che possono facilitare la loro lettura da parte di persone esterne (es. datori di lavoro) ma anche favorire la consapevolezza del giovane sui suoi punti di forza e su quelli migliorabili.
Gli strumenti suggeriti per la certificazione degli apprendimenti, oltre agli eventuali documenti ufficiali come i certificati di qualifica nazionali o regionali, sono i diari di apprendimento (che mettono in evidenza i progressi della persona nel tempo) i dossier personali (che raccolgono le evidenze di ciò che la persona sa fare) e soprattutto il libretto delle competenze (che rappresenta il corrispettivo di Europass per ciò che riguarda la ricerca di un lavoro, la mobilità professionale ed il passaggio da un sistema formativo regionale ad un altro).
Nella predisposizione di questa documentazione si raccomanda il coinvolgimento diretto della persona, per una sua responsabilizzazione e per svilupparne il senso critico e la capacità di autovalutazione.

9. Transizione al lavoro

Le misure di transizione, ove non fosse immediata la possibilità di inserimento lavorativo al termine del periodo di pena, possono consistere in borse-lavoro o tirocini, almeno in parte retribuiti, per il rinforzo di competenze tecnico-professionali e trasversali spendibili.
Queste misure, con finalità pre-lavorativa vengono attuate all’interno di aziende private, enti pubblici e/o cooperative sociali.
Sono caratterizzate da una forte personalizzazione in termini di obiettivi formativi, contenuti, tempi e modalità di supporto, tarati sulle specifiche caratteristiche individuali e dei contesti lavorativi sede dell’inserimento.
Durante il periodo di transizione, è bene che la persona sottoscriva anche un "contratto formativo", che la vincoli quasi quanto un contratto di lavoro. Il contratto formativo viene sottoscritto sulla base del progetto personale siglato in fase di orientamento.
Grazie all'esperienza in impresa, i soggetti saranno in grado di acquisire competenze realmente e direttamente spendibili nel mercato del lavoro, in quanto l'apprendimento avviene non già in un contesto simulato o protetto, bensì in un ambiente lavorativo reale, rapportandosi con referenti aziendali e responsabili della produzione.
Inoltre, a fronte dell'impegno in impresa, le persone in transizione dovranno ricevere ciò che caratterizza un lavoratore, vale a dire un compenso (ad es. sotto forma di borsa-lavoro, o di tirocinio retribuito o un mix tra i due); ciò a riconoscimento e dimostrazione della dignità del lavoro svolto e della produttività dimostrata.
Il soggetto in transizione all'interno dell'impresa e l’azienda che si rende disponibile ad ospitarlo, dovranno essere costantemente supportati per prevenire o affrontare rapidamente qualsiasi eventuale situazione problematica (momenti di crisi o demotivazione, scarsa tenuta da parte della persona sul luogo di lavoro, etc.).
Alla rete di imprese che si renderanno disponibili a partecipare al progetto si raccomanda di garantire un ritorno di immagine, come ad es. il marchio di impresa socialmente responsabile e/o, se possibile, un vantaggio economico diretto (sgravi o incentivi) o indiretto (priorità per la partecipazione a gare per appalti locali) grazie a specifici accordi territoriali.

10. Inserimento lavorativo

L’inserimento lavorativo, dopo un percorso formativo, è un momento determinante per l’integrazione sociale. Per questo è necessario incrociare al meglio le caratteristiche, le competenze, le potenzialità e le aspirazioni delle persone con le esigenze delle mansioni all’interno delle aziende.
Per questa fase, di conseguenza, si raccomanda di:

  • valorizzare il sistema di certificazione delle competenze, ed in particolare il libretto formativo ed il dossier delle evidenze, da utilizzare per la presentazione della persona alle imprese
  • disporre di schede aziendali e mansionali precise, elaborate in seguito a visite aziendali da parte dei tutor, al fine di conoscere quali sono le competenze – chiave per il presidio efficace dei posti di lavoro disponibili
  • creare relazioni stabili con una rete di imprese del territorio, disponibili ad accogliere giovani detenuti o ex-detenuti per periodi di tirocinio, borse lavoro o altre forme di transizione verso il lavoro e/o direttamente per assunzioni, fornendo loro anche consulenze su sgravi ed incentivi legati all’inserimento di soggetti svantaggiati e sulla responsabilità sociale delle imprese
  • continuare a sostenere la persona, proporzionalmente alle necessità, anche dopo l’inserimento lavorativo attraverso azioni di supporto all’impiego
  • garantire all’impresa che, in caso di problemi di qualsiasi natura, vi sarà un intervento immediato da parte del tutor case manager, in modo che l’azienda si senta parte di un progetto ed adeguatamente sostenuta in un servizio di tipo sociale che non le è proprio.

Si raccomanda inoltre di assumere tutte le iniziative che possano favorire l’inserimento, quali accordi territoriali, sistemi di incentivi alle aziende, contratti di inserimento che prevedano sgravi  contributivi, etc.

11. Valutazione e monitoraggio

I Servizi Minorili, unitamente ai Servizi degli Enti Locali, che hanno in carico il minore, stileranno un piano individualizzato d’inserimento e avranno il compito, ognuno per la propria competenza, di:

  • selezionare, monitorare, valutare i percorsi dei minori e giovani adulti;
  •  attivare équipe operative interistituzionali, formate dagli operatori dei rispettivi enti, volte a stilare e monitorare il piano individualizzato di inserimento, elaborato per ciascun minore e giovane adulto individuato;
  •  applicare ogni condizione che faciliti i percorsi di orientamento, formazione e inserimento al lavoro, in base alle possibilità date dalle normative comunitarie, nazionali e regionali;
  •  favorire l’integrazione dei percorsi formativi e di inserimento all’interno di progetti di vita e di piani per l’inclusione sociale, favorendo la partecipazione ad iniziative aggregative e di socializzazione.

Al fine di definire la modalità di attuazione della presente circolare, di monitorare e valutare i risultati raggiunti e per quant’altro al presente atto si costituirà un gruppo di lavoro in grado di intervenire in funzione dello sviluppo e del miglioramento del modello formativo al fine di garantire il raggiungimento di standard metodologici e organizzativi in coerenza con l’evoluzione normativa, le specificità di settore e le caratteristiche del target di utenza.
l’attuazione del monitoraggio e valutazione del modello formativo e dovrà fare riferimento a due diverse aree: 

  • area processi, incentrata sugli approcci metodologici adottati per l’erogazione della formazione e sugli strumenti di valutazione degli apprendimenti in itinere e finale, da porre a confronto con le caratteristiche dei destinatari dell’intervento;
  • area risultati, incentrata sugli output delle iniziative intraprese in termini di percorsi realizzati, risorse attivate, utenti coinvolti, ai risultati di prodotto: destinatari coinvolti, loro caratteristiche, percentuale di abbandoni e di frequenze certificazioni finali. 

12. Formazione del personale

I Servizi della Giustizia Minorile per partecipare attivamente e con competenza a tali incarichi, devono inoltre promuovere la realizzazione di percorsi formativi specifici rivolti al personale interno che garantiscano l’acquisizione di adeguate conoscenze e competenze necessarie a fornire le capacità operative e di progettazione di proposte e percorsi consoni alle norme e alle prassi in uso. 

IL DIRETTORE GENERALE
Serenella Pesarin