Parere sulla sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo (CEDU) 12 marzo 2015, Mursic v. Croazia (marzo 2015)

  • pubblicato nel 2015
  • autore: Roberta Palmisano
  • parere
  • Ufficio Studi, ricerche, legislazione e rapporti internazionali
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DIPARTIMENTO AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA
UFFICIO DEL CAPO DEL DIPARTIMENTO
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Si allega copia della sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in oggetto con la quale, in un caso in cui il ricorrente lamentava le inadeguate condizioni detentive per mancanza di spazio e di opportunità di lavoro, non è stata riconosciuta la violazione dell’art. 3 CEDU.
Il ricorrente lamentava di essere stato ristretto undici mesi insieme ad altri sette detenuti in una cella, sporca e scarsamente accessoriata, di 18 mq incluso il bagno e di non aver potuto svolgere attività lavorativa ed in generale attività ricreative e di studio.
La pronuncia evidenzia aspetti di novità rispetto alla decisione Torreggiani c. Italia, che pure è richiamata tra la giurisprudenza da cui la Corte trae i principi generali per le sue valutazioni (paragrafi 54 e 57).


1.
La Corte infatti ha posto a fondamento della sua decisione le informazioni fornite dal Governo Croato ritenendole plausibili perché corrispondenti a quanto risultava dalle decisioni prese dai giudici interni.
In precedenza (paragrafo 72 della sentenza Torreggiani ed altri c. Italia e paragrafo 42 della sentenza Cirillo c. Italia) la Corte EDU aveva ribadito che “la procedura prevista dalla Convenzione non si presta sempre ad un’applicazione rigorosa del principio affermanti incumbit probatio” sottolineando che il ricorrente detenuto si trova in posizione “vulnerabile” e al fine di confutare la fondatezza delle sue allegazioni il Governo non può astenersi dal fornire le informazioni e i documenti in suo possesso.
La Corte, capovolgendo i principi di distribuzione dell’onere della prova adottati in passato, nel caso in esame non ha ritenuto credibili, perché non provate, le denunce del ricorrente di scarsa igiene, cattiva alimentazione e mancanza di attività ricreative ed educative (paragrafo 66) e ha rilevato che il ricorrente non ha provato di aver avuto a disposizione soltanto 2,25 mq limitandosi a contestare in modo generico le allegazioni del Governo Croato (paragrafo 61).


2.
Il Governo Croato ha sostenuto che il ricorrente, nelle varie celle dove era stato allocato, aveva avuto a disposizione il bagno separato, una adeguata ventilazione, aria e luce naturale nonché riscaldamento e acqua potabiile. Per tre ore al giorno il ricorrente aveva potuto uscire dalla cella e, in aggiunta, aveva potuto usufruire della palestra, di un campo di basket e di badminton, del ping-pong ed aveva potuto prendere in prestito libri dalla biblioteca, guardare TV e DVD.
Il Governo Croato ha sostenuto inoltre che il ricorrente, allocato in celle diverse in periodi diversi, aveva avuto a disposizione un letto singolo e le suppellettili (tavoli, letti e servizi igienici) non gli avevano impedito di muoversi liberamente all’interno della cella. Egli si era trovato in effetti talvolta a disporre di uno spazio inferiore ai 3 mq, ma in media aveva avuto a disposizione 3.59 mq di spazio.
In particolare il 21 aprile 2010 (un giorno - 2,86 mq.), tra il 3 e il 5 luglio 2010 (tre giorni - 2,86 mq.); tra il 18 luglio e il 13 agosto 2010 (27 giorni - 2,86 mq.); dal 31 agosto al 2 settembre 2010 (tre giorni - 2,80 mq.); tra il 19 e il 26 novembre 2010 (otto giorni - 2,80 mq.); tra il 10 e il 12 dicembre 2010 (tre giorni - 2,86 mq.); dal 22 al 24 dicembre 2010 (tre giorni - 2,86 mq.); il 24 e il 25 febbraio 2011 (due giorni - 2.86 mq) (Paragrafo 12).


3.
La Corte ha ritenuto che anche se il Mursic si è trovato in condizioni non adeguate, ciò è avvenuto per brevi periodi non consecutivi e anche nel periodo più consistente di 27 giorni consecutivi egli ha avuto comunque una sufficiente possibilità di movimento fuori della cella (Paragrafo 68).
Il giudice della Convenzione nel caso in esame, evidenziando che rifiuta di determinare in quanti metri quadrati debba essere allocato un detenuto perché molti fattori assumono rilievo (la durata della detenzione, la possibilità di fare esercizio fuori dalla cella, le condizioni fisiche e mentali del detenuto), ha considerato sufficienti tre ore al giorno fuori dalla camera di pernottamento, sebbene in aggiunta ad altre circostanze.
Questo passaggio segna un altro elemento di novità rispetto alla giurisprudenza precedente della stessa Corte in cui il parametro era stato molto più esigenze. Ad esempio nella sentenza Valasinas c. Lituania (Paragrafi 103 e 107) la Corte aveva respinto il ricorso di un detenuto che, ristretto in uno spazio inferiore ai 3 mq, godeva però di grande libertà di movimento ma in quel caso tale libertà “…iniziava al momento della sveglia e terminava nelle ore vespertine, quando si era di nuovo rinchiusi” (“from wake-up until lock-in times”).
Nel richiamare la propria giurisprudenza, la stessa Corte ha ricordato che in alcuni casi (tra cui il caso Torreggiani c. Italia) in cui il ricorrente aveva a disposizione meno di tre metri quadrati di superficie, la condizione di sovraffollamento è stata considerata così grave da giustificare di per sé una valutazione di violazione dell'articolo 3 della Convenzione. Ha ricordato poi che in molti casi la libertà di movimento, l’accesso alla luce naturale e all’aria e il tempo trascorso fuori dalla cella hanno rappresentato una compensazione sufficiente alla allocazione in spazio insufficiente.
Ancora la Corte ha sottolineato che un caso tutto diverso è quello in cui lo spazio a disposizione è tra i 3 e i 4 mq: in questi casi vi è violazione dell'articolo 3 solo se al fattore spazio si aggiungono altri aspetti delle inappropriate condizioni fisiche di detenzione relativi, in particolare, l'accesso all’esercizio all'aria aperta, la luce naturale o l’aria, la disponibilità di ventilazione, di adeguatezza dei mezzi di riscaldamento, la possibilità di utilizzare la toilette in privato, e il rispetto sanitario di base oltre ai requisiti igienici.
Rilevanti profili di interesse presenta anche la “dissenting opinion” espressa dal giudice Sicilianos, che evidenzia come la Corte segua diversi filoni interpretativi che riassume in: 1) pronunce secondo cui meno di tre mq di spazio detentivo creano una “forte presunzione” di violazione dell’art. 3 CEDU; 2)pronunce secondo cui meno di tre mq di spazio detentivo costituiscono una violazione in sé dell’art. 3 CEDU; 3) pronunce secondo cui meno di quattro mq di spazio costituiscono una violazione in sé dell’art. 3 CEDU; 4) pronunce secondo cui quattro mq di spazio creano una “forte presunzione” di violazione dell’art. 3 CEDU.


4.
In sostanza questa pronuncia conferma la pluralità di decisioni della Corte EDU che per il mandato che le è proprio non afferma principi generali ed astratti ma elabora sempre regole di giudizio riferite a casi concreti.


Roma, 23 marzo 2015

IL DIRETTORE DELL'UFFICIO
Roberta Palmisano