Parere su indennizzo per ritardo nella conclusione di procedimenti a istanza di parte (settembre 2014)

  • pubblicato nel 2014
  • autore: Roberta Palmisano
  • parere
  • Ufficio Studi, ricerche, legislazione e rapporti internazionali
  • licenza di utilizzo: CC BY-NC-ND

 

DIPARTIMENTO AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA
UFFICIO DEL CAPO DEL DIPARTIMENTO
Ufficio Studi Ricerche Legislazione e Rapporti Internazionali


L’art. 28 del d.l. 21 giugno 2013 n. 69, convertito dalla legge 9.8.2013 n. 98, prosegue l’opera di snellimento dei procedimenti e di semplificazione amministrativa che ha avuto inizio con la legge 7 agosto 1990 n. 241, la quale ha introdotto diverse disposizioni per rendere più semplice il rapporto della Pubblica Amministrazione con i privati.

La nuova norma tutela i privati dalla inosservanza, da parte dell’Amministrazione procedente, del termine di conclusione dei procedimenti amministrativi, introducendo il diritto a un indennizzo per il mero ritardo e per il solo fatto della violazione del termine, e quantificando tale indennizzo nella somma forfettaria di 30 euro per ogni giorno di ritardo con decorrenza dal giorno successivo alla scadenza del termine di conclusione del procedimento, fino a un massimo di 2000 euro (commi 1 e 9).
Per l’applicazione dell’indennizzo il Ministro per la Pubblica Amministrazione con la direttiva del 9 gennaio 2014 ha indicato linee guida, in relazione alle quali il Provveditore regionale del Piemonte e della Valle d’Aosta ha richiesto un chiarimento alla Direzione generale delle Risorse, dei Beni e dei Servizi, sottolineando che l’art. 28 nella sua prima applicazione riguarda soltanto i procedimenti amministrativi relativi all’avvio e all’esercizio dell’attività di impresa.
La fattispecie dell’indennizzo da ritardo introdotta dall’art. 28, nel sanzionare la violazione del dovere della Pubblica Amministrazione di concludere entro un determinato termine, perentorio o ordinatorio, un procedimento iniziato a istanza di parte per il quale sussiste l’obbligo di pronunciarsi, prescinde sia dalla prova di un qualunque comportamento lecito o illecito dell’Amministrazione procedente, sia dalla dimostrazione di un qualsiasi danno subito dal privato interessato.

Sono escluse da tale disciplina le ipotesi di silenzio qualificato nelle quali è applicato il principio del silenzio-assenso o del silenzio-rigetto in base al quale per espressa previsione legislativa la domanda di un provvedimento da parte di un privato si considera accolta o rigettata per il fatto stesso che non viene comunicato all’interessato un provvedimento entro un determinato termine. È evidente in tali casi che si è in presenza non di un comportamento inerte dell’Amministrazione ma di un silenzio che ha un chiaro e preciso valore, vale a dire di un comportamento di per sé idoneo a concludere il procedimento. L’art. 28 riguarda tutte le Amministrazioni pubbliche che gestiscono procedimenti a istanza di parte per i quali sussiste l’obbligo di emettere un provvedimento entro un termine determinato.
Tranne il caso che accolga subito l’istanza del privato emettendo contestualmente il provvedimento richiesto, l’Amministrazione dà corso a un procedimento per scegliere il provvedimento da adottare. La l. 241/1990, come si è detto, detta norme di carattere generale per assicurare efficienza e speditezza a tutti i procedimenti amministrativi e in particolare impone che l’Amministrazione procedente stabilisca preventivamente, in relazione al tipo di procedimento, il termine in cui esso deve concludersi.

Quando, come nell’ipotesi disciplinata dall’art. 28, il procedimento è iniziato (non d’ufficio ma) a iniziativa dei privati i quali si rivolgono alla Pubblica Amministrazione per ottenere un provvedimento favorevole, se il termine è scaduto senza che il procedimento sia stato concluso, cioè senza che sia stato emanato il provvedimento finale, l’interessato ha l’onere, entro 20 giorni dalla scadenza del suddetto termine, di richiedere all’autorità titolare del potere sostitutivo di cui all’art. 2 comma 9 bis della l.241/1990 l’emanazione del provvedimento (comma 2). Il comma 9-bis dell’art. 2 L. n. 241/90 in particolare prevede: “L'organo di governo individua, nell'ambito delle figure apicali dell'amministrazione, il soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia. Nell'ipotesi di omessa individuazione il potere sostitutivo si considera attribuito al dirigente generale o, in mancanza, al dirigente preposto all'ufficio o in mancanza al funzionario di più elevato livello presente nell'amministrazione”. Così in assenza di una precisa ripartizione delle competenze sostitutive il potere sostitutivo si attesta comunque a livello apicale.

Nel caso in cui il titolare del potere sostitutivo non emani il provvedimento nel termine a lui assegnato o non liquidi l’indennizzo, che è pari alla metà di quello stabilito per l’inosservanza del termine di conclusione del procedimento iniziale, l’istante può proporre ricorso al giudice amministrativo ai sensi dell’art. 117 del Codice del processo amministrativo (d. lgs. 2 luglio 2010 n. 104).
L’Amministrazione pubblica, nel dare inizio al procedimento, deve individuare il funzionario responsabile e comunicarne il nome all’istante al quale vanno comunicate altresì tutte le informazioni relative al procedimento ai sensi dell’art. 35 d.lgs. 14.3.2013 n. 33, ivi comprese quelle relative al diritto all’indennizzo e alle modalità e ai termini per conseguirlo (comma 8).
In relazione al carattere fortemente innovativo della nuova normativa il cui presupposto, diversamente da quella precedente, come è messo in evidenza nelle Linee guida, è soltanto il decorso del termine di conclusione del procedimento, lo stesso art. 28, in vigore dal 21 agosto 2013, ha previso una fase sperimentale di 18 mesi nella quale le conseguenze dell’inerzia della Pubblica Amministrazione devono essere circoscritte ai soli procedimenti relativi all’avvio e all’esercizio dell’attività di impresa iniziati dopo il 21 agosto 2013 (comma10). Al termine di questa fase di prima attuazione che durerà fino al 21 febbraio 2015, le disposizioni dell’art. 28, sulla base di un monitoraggio sulla loro applicazione, potranno essere confermate, estese ad altri procedimenti o anche eliminate (comma 12).
Quanto alla definizione delle fattispecie rientranti nell’espressione “avvio ed esercizio dell’attività di impresa”, su cui è incentrato il quesito posto, è sufficiente rilevare che nella previsione dell’art. 28 sono compresi tutti i procedimenti amministrativi, gestiti dagli uffici centrali e periferici del DAP, relativi all’avvio e all’esercizio dell’attività di impresa.

Questi procedimenti possono riguardare sia l’avvio del rapporto fra l’Amministrazione e l’impresa (ad esempio, una gara di appalto o la stipulazione di un contratto) sia il successivo esercizio dell’attività che l’impresa espleta per l’Amministrazione in esecuzione dell’impegno assunto (ad esempio il compimento di un’opera o la fornitura di un bene o di un servizio). Nell’ambito dell’esercizio dell’attività di impresa rientrano non soltanto le operazioni economiche consistenti nella prestazione di servizi o nella cessione di beni, ma anche ogni altro atto accessorio che sia strettamente inerente alle stesse operazioni economiche.

Rientrano in tale ambito le tre ipotesi su cui sono stati sollevati i dubbi del Provveditore regionale, e cioè la certificazione di lavori o di cessioni e dei relativi costi, il rilascio del nulla osta allo svincolo di fideiussioni bancarie o l’iscrizione in albi di fornitori; tali dubbi non hanno motivo di essere perché si tratta di atti che rientrano anch’essi sostanzialmente nell’esercizio dell’attività di impresa in quanto sono condizione o conseguenza delle specifiche operazioni economiche che l’impresa si è impegnata a svolgere nei confronti dell’Amministrazione. Alle relative istanze dell’impresa l’Amministrazione committente deve dare una risposta e quindi aprire un procedimento che deve concludersi con un provvedimento. I relativi procedimenti dunque, e altri gestiti per questioni similari, rientrano nell’applicazione dell’art. 28.

Pertanto l’Amministrazione penitenziaria procedente, nel comunicare alle imprese interessate l’apertura dei procedimenti relativi sia alle specifiche operazioni che sono oggetto del rapporto con l’Amministrazione stessa, sia agli altri atti accessori strettamente inerenti, deve fornire tutte le informazioni riguardanti il diritto all’indennizzo e le modalità e i termini per conseguirlo qualora non sia rispettato il termine stabilito per la conclusione del procedimento. Sarebbe opportuno che in tale informativa l’Amministrazione individui altresì il Dirigente munito di poteri sostitutivi ai sensi dell’art. art. 2 comma 9 bis della l. 241/1990.

Roma, 24 settembre 2014

IL DIRETTORE DEL''UFFICIO
Roberta Palmisano