Circolare 20 gennaio 2011 - Progetto di Istituto: evoluzione del Progetto Pedagogico. Linee di indirizzo per l'anno 2011

20 gennaio 2011

DIPARTIMENTO DELL'AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA
DIREZIONE GENERALE DEI DETENUTI E DEL TRATTAMENTO
UFFICIO DELL'OSSERVAZIONE E DEL TRATIAMENTO

LETTERA CIRCOLARE
GDAp·0024103·2011
PU-GDAP·4000-20/01/2011-0024103-2011

Ai Sigg.ri Provveditori Regionali LORO SEDI

E, p.c.

Ai Sigg.ri Vice Capo del Dipartimento

Ai Sigg.ri Direttori Generali

-del Personale e della Fonnazione del Bilancio dei Beni e dei Servizi dell 'Esecuzione Penale Esterna

Al Sig. Direttore dell 'ISSPe

Ai Sigg.ri Presidenti dei Tribunali di Sorveglianza

LORO SEDI

 

OGGETTO: Progetto di Istituto: evoluzione del Progetto Pedagogico. Linee di indirizzo per l'anno 2011

 

La prassi ormai consolidata di redigere i progetti pedagogici di Istituto risponde alla volontà, nell'ambito dell'Amministrazione Penitenziaria, di attuare un modello di trattamento realmente teso alla realizzazione compiuta del dettato costituzionale, e non alla adozione di iniziative solo formalmente rivolte a quello scopo.

Tale volontà eredita le migliori tradizioni di questa amministrazione e si espleta in attuazione del mandato conferitole dall'art. 27 della Costituzione, e dai disposti normativi successivi, (le leggi nn. 354/75, 368/86, 395/90, che sono espressione di idee e contenuti elaborati dentro l'amministrazione penitenziaria). Essa tiene conto inoltre degli orientamenti politico-gestionali evidenziati nel Decreto Legislativo 165/2001 Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche Amministrazioni, e nel recente passato ha trovato espressione nelle disposizioni impartire da questo Dipartimento a partite dall'anno 2001 [1].

Con la circolare dell'ottobre 2003, per la prima volta, si richiedeva specificatamente alle Aree educative di muoversi in una ottica progettuale e di assumere un ruolo di coordinamento delle risorse che collaborano alle attività di osservazione e trattamento, individuando - rispetto al fine ultimo della rieducazione dei condannati - obiettivi, priorità, livelli di coordinamento e metodologie di intervento. Lo scopo era di organizzare gli interventi di trattamento all'interno di una unica cornice, che prevedesse un impiego di risorse adeguato ai bisogni di ciascuno in base alle tipologie presenti e di avviare alle singole iniziative i detenuti a seconda del loro profilo individuale. Ciò allo scopo di far sì che di ogni attività di trattamento potesse lasciarsi traccia nel percorso di ciascun detenuto. Trattamento, dunque, come espressione di una attività di programmazione generale, ma rigorosamente tarata sulle esigenze dei singoli e finalizzata a concreti ed individuali percorsi di reinserimento.

Dalla lettura dei progetti pedagogici pervenuti a partire dall'anno 2004 è emersa una sostanziale diversificazione nella stesura degli stessi, sia in ordine alla forma che ai contenuti.

In particolare si è rilevato come, troppo spesso, il Progetto Pedagogico contenga una mera elencazione di attività in essere presso l'Istituto, mentre solo in pochi casi vi sia un tentativo apprezzabile di contestualizzarle, mettendo in luce nessi ed interdipendenze reciproche.

Ciò può essere sicuramente spiegato se si considera che - pur trovandosi già nella circolare 3337/5787 del 1992 (punto B, lettera t,) un richiamo alla competenza dell'area educativa a "partecipare e contribuire per i profili di competenza, alla programmazione generale, annuale e pluriennale, delle attività e delle iniziative dell'istituto" - il Progetto Pedagogico del 2003 ha costituito, nei fatti, una rivoluzione copernicana.

Corre però l'obbligo di rammentare che la progettazione pedagogica costituisce l'elemento centrale della programmazione: la stessa pertanto, si ribadisce, non deve essere la mera elencazione di attività, ma il nucleo portante della più ampia progettazione che coinvolge l'intera struttura penitenziaria, alla cui elaborazione concorrono tutte le aree, dando la loro irrinunciabile visione professionale.

E' giunto dunque il tempo che l'iniziativa proposta nella Circolare del 2003 sia sviluppata e potenziata. Se la Conferenza di Servizio proposta era un modo per assicurare che la progettualità prevista dal Progetto Pedagogico diventasse patrimonio comune, oggi - mettendo a frutto l'esperienza condotta sul territorio nazionale - è necessario pensare e prevedere un Progetto di Istituto, nel quale far confluire tutte le ipotesi progettuali delle singole aree: amministrativo - contabile, della sicurezza e, per quanto possibile, sanitaria. Rispetto a queste, è bene ricordarlo, l'istanza di trattamento rimane centrale, per la sua diretta derivazione dalle finalità costituzionali della pena.

Infatti, l'Istituto Penitenziario costituisce un complesso di settori che devono essere complementari ed integrati tra loro ma non concorrenti: essi devono raggiungere un' unità di intenti, piuttosto che una supremazia dell'uno sull'altro. Devono trovare nella gestione complessiva del detenuto lo scopo dell'agire e, pur nelle differenti competenze, garantire l'armonizzazione dell'azione penitenziaria, orientandola alle priorità dettate dalla nostra Costituzione. E' chiaro che per "gestione" non si intende il mero contenimento delle persone affidate alla cura dell'istituzione ma, nonostante la segregazione, l'attenzione qualificata per esse da ogni punto di vista: fisico, psicopedagogico, affettivo e sociale così come impone il dettato costituzionale. In definitiva, con il Progetto di Istituto gli obiettivi specifici delle aree devono diventare -attraverso la loro integrazione -un obiettivo unico, che a sua volta li deve contenere tutti. Banale e fuorviante sarebbe in questa sede ogm considerazione su di un preteso rapporto dialettico tra il trattamento e la sicurezza penitenziaria. La sicurezza è rappresentata in sé dall'istituzione penitenziaria. Al trattamento bisogna lavorare, attuando quanto previsto in forma programmatica dalla Costituzione e dall'ordinamento penitenziario.

Pertanto è necessario che finalmente l'Istituto superi le tradizionali, quanto perniciose, divisioni tra i settori e costituisca nel suo ambito un progetto unico, da presentare al PRAP, che a sua volta, lo approverà, secondo le consuete modalità.

Questa Direzione Generale ritiene, pertanto, di dare indicazioni che siano di supporto alle attività che le aree educative degli istituti devono porre in essere nella predisposizione della parte di propria competenza dei progetti di istituto. Sarà innanzitutto indispensabile la necessaria azione di impulso e di coordinamento da parte degli Uffici Detenuti e Trattamento dei Provveditorati, che a loro volta, sulla base delle tipologie detentive e degli istituti presenti nel circuito regionale, evidenzieranno annualmente chiari obiettivi relativi al territorio di competenza, da diramare agli uffici dipendenti per definire la cornice, al cui interno inserire i singoli progetti peculiari d' istituto.

I PRAP, ai sensi della Lettera Circolare n. 0376744 del 20.10.2004, promuoveranno quindi i necessari incontri tra il personale degli istituti di competenza (direttori e capi area), e degli Uffici dell'Esecuzione Penale Esterna, propedeutici alla stesura delle diverse articolazioni del progetto di istituto (di cui il progetto pedagogico costituirà la parte centrale ) ed alla condivisione di linee guida regionali.

Va a tal proposito ribadito quanto già stabilito in altre disposizioni della Direzione Generale dei Detenuti e del Trattamento, ossia di procedere affinché, presso ogni istituto, vengano indette le necessarie riunioni con tutti gli operatori istituzionali dell'area e con tutti coloro che a diverso titolo collaborano alle attività trattamentali (GOT) per raccogliere proposte, valutare risorse e rendere il più possibile condiviso il momento della predisposizione del progetto pedagogico che il capo area ha il compito di estendere e presentare al direttore dell'istituto. Occorre infatti ricordare che, diventando tale momento parte di un'azione più ampia finalizzata alla stesura del Progetto di Istituto, è bene che l'attività preliminare di condivisione sia articolata in modo da rendere efficace l'integrazione del contributo a cura dell'area educativa (progetto pedagogico) con quella delle altre aree.

Tutti i contributi dovranno prevedere al loro interno delle specifiche indicazioni in ordine a:

  • Analisi dei bisogni,
  • Budget,
  • Priorità di intervento a breve, medio e lungo termine,
  • Condivisione del progetto,
  • Valutazione finale

Si rammenta che il direttore dell'istituto, come indicato nella Circolare dell'ottobre 2003, "convocherà entro il successivo mese di dicembre un 'apposita Conferenza di Servizio..", per portare quel che prima veniva definito il progetto pedagogico, oggi il progetto di istituto "..a conoscenza di tutti i responsabili delle aree dell 'istituto, nonché del direttore del centro (oggi UEPE) o suo delegato, onde assicurarne la fattibilità sotto i profili di competenza delle altre aree, condivisione che è la premessa fondamentale per la riuscita del Progetto stesso".

La conferenza di servizio va intesa quindi quale momento e luogo di integrazione delle varie aree che. ciascuna per la propria specifica competenza. si impegnano alla buona riuscita del progetto medesimo. condiviso ed approvato in quella sede.

Si disponeva a tal proposito - e si conferma ora - l'obbligo della redazione di un verbale della Conferenza di Servizio, da allegare al Progetto di Istituto e da inoltrare ai superiori Uffici.

Tutto ciò deve condurre oggi, a maggior ragione, ad un doveroso riordino delle priorità istituzionali, ricollocando l'attività rieducativa al centro delle attività dell'Istituto, nella consapevolezza che non può esserci sicurezza se non viene garantito il trattamento e che -alla luce dell'esperienza -la mera custodia non costituisce garanzia di sicurezza.

A tale scopo si ricorda che, negli anni, sono state impartite ulteriori disposizioni che hanno cercato di dare significato alle esigenze trattamentali dei ristretti.[2]

Pertanto si raccomanda ai sigg. provveditori:

  • di prevedere momenti formativi che tengano conto della necessità di pervenire ad una progettualità unitaria e complessiva, tale da consentire al progetto pedagogico di essere la parte centrale di un più ampio progetto di istituto
  • di curare la convocazione presso i PRAP di conferenze di servizio che coinvolgano gli istituti e gli UEPE della Regione, alla presenza dei responsabili degli uffici e del provveditorato. Tali conferenze vanno intese quale momento di valutazione congiunta dei risultati, di informazione diretta circa iniziative innovative e sperimentali, di raccordo di programmi sul piano regionale, di stimolo per migliorare e promuovere iniziative, di segnalazione di problematiche da parte degli istituti con la conseguente ricerca di soluzioni. Di tali incontri, da tenersi con cadenza almeno semestrale, verrà data doverosa notizia alla Direzione Generale dei Detenuti e del Trattamento -Ufficio dell' Osservazione e Trattamento.

Rimane ferma la disposizione secondo la quale il direttore provvederà, altresi, ad indire una conferenza di servizio, entro il mese di giugno, per la valutazione intermedia elo le variazioni del progetto di istituto che verranno eventualmente proposte, nonché per la formulazione delle richieste di integrazione o di riduzione sulle assegnazione di budget sui capitoli di spesa.

Posto quanto sopra, allo scopo di uniformare le modalità di definizione del progetto d'istituto, che sostituirà, inglobandolo, il progetto pedagogico, si richiama lo schema di riferimento indicato nella Lettera Circolare n. 0423599 del 24 novembre 2004, cui ogni istituto è tenuto a riferirsi, avendo in evidenza ovviamente le peculiari condizioni/caratteristiche di ciascuna struttura. Infatti se è vero che il progetto di istituto prenderà il posto del progetto pedagogico quale documento programmatico, è altrettanto vero che quest'ultimo costituirà il contributo dell' area educativa al progetto di istituto.

Bisogna tuttavia ricordare che, stanti le attuali difficoltà di budget, sarà necessario -per le attività -anche ricorrere a tutte quelle forme di finanziamento disponibili sul territorio, attraverso gli Enti Locali, le fondazioni bancarie, i fondi europei, il privato sociale, ecc.

Per contro, è indispensabile ribadire che il compito istituzionale dell'Amministrazione Penitenziaria è l'osservazione ed il trattamento del detenuto. Per pianificare tale attività, nelle Circolari e lettere Circolari citate nella nota a piè di pagina 2, sono stati disposti una serie di strumenti di conoscenza della persona ristretta, che oggi vanno verificati.

In sostanza, se dovere dell'Amministrazione Penitenziaria è di garantire che l'esecuzione delle pene detentive, cosi come recita il dettato costituzionale, non consista "in trattamenti contrari al senso di umanità" e debba "tendere alla rieducazione del condannato", diventa necessario mettere in campo tutte le conoscenze pedagogiche e le risorse strutturali allo scopo di rendere il carcere non un'inutile sofferenza, ma una parentesi necessaria per la ricostruzione della persona nei suoi molteplici aspetti: personale, culturale, affettivo, sanitario, lavorativo.

Il fine rieducativo attribuito alla pena dal Costituente si concretizza nell'offerta di opportunità affinché chi è ristretto in carcere utilizzi il tempo a sua disposizione per ricostruire se stesso e la propria identità in vista del ritorno nel mondo libero. Un'offerta differenziata e costruita attorno a singole individualità che esprimono bisogni diversi. Ecco perché occorre rifuggire dai tentativi di schematizzare e burocratizzare la proposta rieducativa, i cui contenuti, invece, devono essere definiti sul campo e messi a punto a seguito dell'osservazione scientifica della personalità. Non esistono esperti di rieducazione che posseggano ricette valide per tutti i casi. Occorre, invece, vivere la vita delle sezioni, respirandone l'aria, trascorrere tra i detenuti il periodo di servizio, utilizzando l'ufficio solo come punto di appoggio per le indispensabili attività amministrative. Solo dopo la conoscenza sul campo delle storie dei singoli si potranno individuare le iniziative di trattamento da inserire nel piano e i detenuti che vi debbano essere avviati, affinché nella loro esperienza penitenziaria rimanga traccia di quella partecipazione.

La domanda di rieducazione va raccolta dunque nella realtà penitenziaria e definita dai bisogni espressi da chi è detenuto. In questo ambito risulta indispensabile una corretta gestione dell'area educativa, che -in collaborazione con tutto il resto del1 'Istituto -metta in campo le azioni necessarie a fare sì che ogni persona, riconosciuta come tale nel contesto di detenzione, possa sentirsi al centro di un progetto, in modo da poter valorizzare le azioni che potranno restituirla, da uomo libero, alla società.

E' bene ricordare che se l'azione rieducativa è finalizzata al reinserimento sociale, il primo contesto dal quale il detenuto deve sentirsi accolto, di cui deve sentirsi parte, è la comunità penitenziaria. Occorre dunque creare le condizioni perché si costruisca questa comunità, con gli organi dell'amministrazione che ne divengano promotori, curandone i contenuti, le finalità le relazioni. Partecipando essi stessi con responsabilità istituzionale, tra i detenuti, alla vita di questa comunità.

Per quanto detto il coinvolgimento dell'area educativa resta centrale ed indispensabile. Ma nessun apprezzabile risultato potrà realizzarsi senza il concorso delle conoscenze della polizia penitenziaria, che per compito istituzionale vive ogni momento accanto al detenuto, ed è in grado di apprezzare ogni aspetto della sua personalità e della sua evoluzione. Così come non è possibile fare a meno della necessaria collaborazione delle altre aree dell'Istituto e dell'UEPE competente per territorio, perché compito dell'istituzione penitenziaria è quello di garantire la sicurezza della società affinché la separazione del reo dal contesto sociale serva a restituirlo migliore e cambiato.

Occorre poi considerare che il cambiamento potrebbe anche avvenire nel corso della naturale e spontanea evoluzione della personalità dell'individuo. Esso quindi potrebbe determinarsi anche senza nessun intervento rieducativo. Ogni individuo è diverso oggi da ciò che era al momento in cui ha commesso il reato che lo ha condotto in carcere. Il tempo da trascorrere in detenzione, se sottratto all'ozio, con le modificazioni che induce può rappresentare dunque un alleato nell'opera di rieducazione. Esso non va sprecato: va innanzitutto occupato, ma poi anche finalizzato alle iniziative del piano.

Le iniziative da inserire nel progetto devono dunque partire da una reale conoscenza del condannato. Ma poi devono considerare, quantificandolo, il tempo da trascorrere in occupazioni. Occorre lavorare su questa dimensione, porsi il problema di quanti momenti nell'arco temporale della giornata vengono trascorso in attività e quanti in ozio. E di ciò deve discutersi nei momenti di riflessione congiunta e di pianificazione delle offerte di attività. Il tempo da impegnare deve essere rappresentato da nuovi interessi, anche coinvolgenti piccole e semplici attività, - che riguardino occasioni di coltivare affetti familiari, nuovi interessi culturali, nuove abilità, attività lavorative o artigianali o in ogni caso involgenti l'opportunità di conseguire modesti guadagni -ma che rappresentino in definitiva per i reclusi una ragione per vivere, per attendere fiduciosi e con interesse il domani. Non può negarsi che quando chi guida la piccola comunità penitenziaria - come spesso si può constatare - crede e spera in questa attività, questa speranza si trasmette anche alla popolazione detenuta.

Alla luce di quanto detto, va dunque ancora una volta ribadita la necessità - per il funzionario giuridico - pedagogico - di non limitarsi al semplice colloquio quale strumento di conoscenza, e di affiancare ad esso l'osservazione partecipata e la presenza alle attività di istituto, senza trascurare le conoscenze derivanti dall'esperienza che altri operatori hanno fatto con la popolazione detenuta.

Va ricordato, a questo proposito, come l'art. 82 della legge 354/75 [3] per troppi anni purtroppo sia rimasto solo una enunciazione di principio, priva di attuazione. Oggi, considerate le assunzioni di personale educativo in fase di completamento, e vista anche l'importanza che l'amministrazione riconosce all'attività trattamentale, è giunto il momento di dare attuazione compiuta al dettato legislativo.

La segreteria tecnica - compito esclusivo del funzionario giuridicopedagogico - altro non è che il coordinamento di tutte le sinergie che vengono attivate per il singolo caso e rappresenta, quindi, la concreta realizzazione dell'art. 82 della legge. Si ribadisce pertanto la necessità di coinvolgere nel G.O.T. tutti gli operatori, professionali e non, al fine di inviare messaggi univoci ai detenuti, ma soprattutto di pervenire ad una loro conoscenza il più possibile completa. Solo così sarà possibile fornire un sostegno credibile ed esaustivo alla magistratura di sorveglianza, e a quanti chiedono di porre in essere interventi sul carcere, che devono una costituire risposta istituzionale adeguata ai bisogni espressi.

Sul punto specifico dei rapporti con la magistratura di sorveglianza appare quanto mai opportuno un richiamo alla massima disponibilità, e l'invito al mantenimento di un costruttivo rapporto che offra all'organo giudiziario ogni opportuna conoscenza delle problematiche personali dei reclusi. Va infatti maturata, e diffusa tra gli operatori, la consapevolezza di come la magistratura di sorveglianza, nell'attuale ordinamento, rappresenti l'unico riferimento giudiziario in sede di espiazione. Essa è infatti chiamata, ex novo, a farsi carico di tutte le questioni afferenti l'esecuzione della pena, giacché il sistema penale italiano non prevede alcun genere di coinvolgimento del giudice della cognizione nella fase esecutiva delle sanzioni penali. Ed è questa la ragione per la quale le conoscenze raccolte sul campo, con l'attività non burocratica dell'osservazione e del trattamento, devono essere riversate su quell'organo per soddisfare esigenze di valutazione ulteriormente rilevanti rispetto a quelle emerse nel corso del processo ed incidenti sul destino dei reclusi. Mentre il nostro ordinamento non prevede alcun concorso, nella messa a punto della "giusta pena" per l'uomo che cambia, da parte dei giudici che avevano maturato le preziose conoscenze emerse nel corso del giudizio di condanna. E, dunque compito specifico di questa Amministrazione, favorendo il recupero di conoscenza del detenuto da parte della magistratura di sorveglianza, quello di prodigarsi per colmare lo iato esistente tra cognizione ed esecuzione penale.

E' appena il caso di rammentare che l'attuale emergenza penitenziaria richiede attenzione, impegno e senso del dovere da parte di tutti gli operatori presenti e che solo la reale conoscenza delle persone ristrette, che consenta di dare risposte ai bisogni dei singoli, può permettere di evitare tensioni interne e prevenire eventi critici. Si ritiene perciò indispensabile che l'attivazione dei GOT - dei quali fanno parte anche gli operatori della Polizia Penitenziaria realizzi compiutamente la sua missione istituzionale,

Va infine ricordato che le sintesi dell'osservazione devono essere stilate per ogni detenuto condannato in via definitiva. In queste vanno annotate le tappe dell'esecuzione della pena e - a seguito della conclusione dell'osservazione - va elaborato un patto trattarnentale, nel quale si sancisce la decisione del detenuto di aderire alle proposte avanzate. Per sollecitare una corretta applicazione delle vigenti Circolari e delle Lettere Circolari nonché per rendere efficace l'operatività dei funzionari giuridico - pedagogici e migliorare la funzionalità dell'area educativa, si dispone che ogni funzionario, mensilmente, concordi con il responsabile dell'area educativa il proprio piano di lavoro.

Tale atto rappresenta la declinazione concreta delle azioni da porre in essere per l'attuazione delle singole progettualità. Si pensi al colloquio, alla riunione del Got, all'incontro con i volontari, alla presenza alla scuola, ai passeggi o durante l'attività lavorativa ed a quant'altro viene concretamente fatto ogni gIorno nell'espletamento completo del proprio compito istituzionale. Questo non significa, naturalmente l'ingessamento su talune azioni, per le quali va tenuta in conto la necessaria elasticità, ma deve essere espressione al contrario di versatilità d'azione e costante presenza tra la popolazione detenuta. Sarà utile a tal proposito la realizzazione di un'agenda mensile sulla quale dare conto delle azioni quotidiane.

Nel piano di lavoro pertanto dovranno essere indicati tutti gli atti educativi che il funzionario giuridico-pedagogico intenderà porre in essere nell'arco di tempo individuato e quanfaltro rientri nella sfera delle attività di sua competenza, il tutto mirato all'ampliamento degli elementi di conoscenza del detenuto, utili per una corretta attività di osservazione.

Va sottolineato inoltre che, nonostante le nuove assunzioni, ancora non è stato completato l'organico di tali funzionari, per cui può accadere che in un istituto ne operi uno solo: in tale circostanza sarà a fortiori necessario che quell'unico professionista pianifichi mensilmente la propria attività. Si rammenta inoltre che per quanto concerne gli incontri del GOT, andrà redatto sommario verbale.

Il piano di lavoro, vistato dal responsabile dell'area educativa, verrà poi portato a conoscenza del direttore dell'istituto, che ne prenderà visione e sarà conservato a cura della segreteria tecnica dell'area stessa.

Sarà cura dei singoli PRAP provvedere alla verifica dell'attuazione della presente circolare e delle altre emanate per regolamentare l'osservazione ed il trattamento del detenuto, significando che risposte carenti e -in ogni caso -non soddisfacenti dovranno essere tenute in debito conto nella valutazione dei dirigenti, siano essi di istituto o responsabili degli uffici del PRAP.

Si resta in attesa di assicurazione.

il Direttore Generale
Sebastiano Ardita

 

Nota 1

  • Circolare 3337/5787 del 7.02.1992 "Istituti Penitenziari e Centri di Servizio Sociale: Costituzione e funzionamento delle aree"
  • Circolare 3554/6004 del 28.05.2001 "Costituzione, assetto organizzativo, funzionalità delle aree educative nei Provveditorati e negli Istituti"
  • Circolare 3593/6043 del 09.10.03 "Le aree educative negli Istituti"
  • Lettera Circolare 376744 del 20.10.04 "Gli Uffici del Trattamento intramurale dei Provveditorati. Settore Osservazione e Trattamento"
  • Lettera Circolare 423599 del 24.11.04 "Indicazioni per la formulazione del Progetto Pedagogico"
  • Lettera Circolare 217584 del 14.06.05 "L'Area Educativa: il documento di sintesi e ilpatto trattamentale"
  • Lettera Circolare 0130240 del 13.04.2006 "Compiti Amministrativi delle aree educative"
  • Lettera Circolare 0181045 del 06.06.2007 "I detenuti provenienti dalla libertà: regole di accoglienza. Linee di indirizzo"
  • Circolare 3620/6070 del 6.7.2009 " Avvento della stagione estiva e conseguenti difficoltà derivanti dalla condizione di generale sovraffollamento del sistema penitenziario. Tutela della salute e della vita delle persone detenute o internate.
  • Lettera Circolare 0438879 del 27.10.2010 "Operatività del Funzionario della professionalità giuridicopedagogica"

Nota 2

  • GDAP-0308268 -2008 "Regolamento interno per gli Istituti e le sezioni femminili"
  • GDAP -0245763 -2009 "Sovraffollamento e tutela della salute e della vita dei detenuti
  • GDAP -0410314 -2009 "Visite di immigrati in'egolari a parenti detenuti negli Istituti"
  • GDAP -0032296 -2010 "Emergenza suicidi: Istituzione di unità di ascolto Polizia penitenziaria"
  • GDAP -0177644 -" Nuovi interventi per prevenirefenomeni auto aggressivi"
  • GDAP -0290895 -"Ulteriori iniziative perfronteggiare il sovraffollamento"
  • GDAP -0311194 -"Sovraffollamento: linee di indirizzo per UEPE e Istituti"

Nota 3 "Gli educatori partecipano all'attività di gruppo per l'osservazione scientifica della personalità dei detenuti e degli internati e attendono al trattamento rieducativo individuale o di gruppo, coordinando la loro azione con quella di tutto il personale addetto alle attività concernenti la rieducazione" art.82 Legge 354/75