Circolare 16 giugno 2004 - Organizzazione e gestione tecnica delle Comunità dell’amministrazione

16 giugno 2004

DIPARTIMENTO GIUSTIZIA MINORILE
Direzione Generale per gli interventi di giustizia minorile e l’attuazione dei provvedimenti giudiziari
Ufficio III

Protocollo n. 19259

AI SIGNORI DIRETTORI DEI CENTRI PER LA GIUSTIZIA MINORILE
AI SIGNORI DIRETTORI DELLE COMUNITÀ PER I MINORENNI
e, p.c. AI SIGNORI PRESIDENTI DEI TRIBUNALI PER I MINORENNI
AI SIGNORI PROCURATORI DELLA REPUBBLICA PRESSO I TRIBUNALI PER I MINORENNI
Al SIGNOR DIRETTORE DELL’UFFICIO ISPETTIVO DEL DIPARTIMENTO GIUSTIZIA MINORILE
AI SIGNORI DIRETTORI DEI CENTRI DI PRIMA ACCOGLIENZA
AI SIGNORI DIRETTORI DEGLI UFFICI DI SERVIZIO SOCIALE PER I MINORENNI
AI SIGNORI DIRETTORI DEGLI ISTITUTI PENALI PER I MINORENNI
LORO SEDI

OGGETTO: Organizzazione e gestione tecnica delle Comunità dell’Amministrazione.

Il Dipartimento, raccogliendo e valorizzando le sperimentazioni avviate in questi anni e le numerose esperienze fino ad ora maturate nell’ambito delle Comunità direttamente gestite da quest’Amministrazione, ha promosso e realizzato un lavoro di consultazione degli operatori impegnati in quei Servizi con l’obiettivo di raccogliere utili elementi per l’elaborazione di un modello organizzativo, gestionale ed operativo che fosse comune e condivisibile.
Ciò al fine di offrire ai Servizi Minorili uno strumento in grado di contemperare le diversità presentate dalle varie tipologie di strutture comunitarie, sia in rapporto alla qualità dell’utenza che ai contesti di riferimento, e di rendere maggiormente omogenea l’organizzazione, la gestione e le procedure d’intervento delle Comunità dell’Amministrazione.

Tale lavoro ha preso avvio dall’esame della normativa penale minorile vigente. Il collocamento in comunità, come è noto, risulta essere la misura più restrittiva dopo la custodia cautelare in carcere: è esplicitamente richiamato dagli artt. 18 comma 2 , 18 bis, 22, 36 e 37 del D.P.R. 448/88. Inoltre, l’ Autorità Giudiziaria ricorre al collocamento in comunità anche senza espliciti riferimenti normativi in associazione, per esempio, agli art.li 28 e 21 del DPR 448/88 e all’ art.47 dell’Ordinamento Penitenziario (L.354/75 e D.P.R. 230/2000). Pertanto, le Comunità accolgono un’utenza con posizione giuridica eterogenea che richiede ipotesi operative ed organizzative diversificate.

Nell’elaborazione delle indicazioni che seguono questo Dipartimento si è posto l’obiettivo di definire l’organizzazione e la gestione tecnica delle Comunità dell’Amministrazione, analizzando e valorizzando i modelli e le esperienze già sperimentati.
Il confronto tra le diverse realtà territoriali ha evidenziato che le Comunità a gestione diretta sono state prevalentemente utilizzate per le misure cautelari, in particolare in applicazione dell’articolo 22 del DPR 24 ottobre 1988 N° 448 , con permanenze medio brevi. Tale situazione ha indotto questo Dipartimento a privilegiare la scelta di un modello organizzativo ed operativo orientato prevalentemente alla gestione della fascia di utenza più consistente. Questa scelta non preclude, tuttavia, la possibilità che, eccezionalmente, si ricorra alla Comunità dell’Amministrazione , anche in ipotesi diverse da quelle di cui all’art. 22 D.P.R. citato, allorché la stessa sia ritenuta adeguata alle esigenze del minore.
La presente circolare ipotizza un livello di funzionamento ottimale del servizio di Comunità quale obiettivo da raggiungere. Si è consapevoli che l’applicazione della stessa potrà risentire dei limiti imposti dalle risorse economiche ed umane e dalle disponibilità degli spazi logistici dei singoli Servizi, tuttavia l’impegno sarà quello di arrivare ad organizzare il Servizio di Comunità nei termini che verranno descritti.
Le disposizioni sono articolate in varie aree, ciascuna delle quali affronta un determinato aspetto del servizio di Comunità:

  1. la finalità istituzionale, gli obiettivi ed il campo d’intervento;
  2. la dimensione organizzativo/strutturale;
  3. la dimensione operativa;
  4. la dimensione valutativa;
  5. la supervisione;
  6. la formazione.

Il principio cardine che ha guidato l’elaborazione del documento progettuale è stato quello di considerare la Comunità come un Servizio che, nel rispetto del mandato istituzionale relativo all’esecuzione penale, è orientato prevalentemente alla restituzione del minore al contesto sociale di appartenenza.

Sulla base di tale presupposto si è ritenuto di porre in rilievo l’importanza che assume il sistema di interconnessione delle opportunità disponibili nel territorio per attivare le risorse personali, familiari e sociali del minore; di sottolineare la necessità che il tempo trascorso dal minore all’interno della struttura sia limitato a quello occorrente per le necessità quotidiane di tipo familiare , mentre le attività formative, ricreative, scolastiche, ecc., siano realizzate in ambienti esterni.
Inoltre, per connotare il Servizio di Comunità come struttura “ aperta” e parte integrante del complesso contesto territoriale dei servizi, si è evidenziato come la metodologia d’intervento debba essere centrata sul lavoro di rete e sull’adozione di protocolli operativi. Altro principio intorno al quale si è costruito il modello è quello relativo alla capacità del Servizio di dotarsi di strategie attraverso le quali potersi “ riprogettare” per rispondere sempre ed in modo efficace all’evoluzione dell’utenza e del contesto.
Nella parte conclusiva della circolare è stata affrontata la dimensione valutativa del Servizio a cui questo Dipartimento annette particolare importanza. La verifica dei processi di lavoro rappresenta un passaggio metodologico indispensabile, nell’ ottica di un costante miglioramento ed in funzione dell’esigenza degli operatori di capire come stanno svolgendo il loro lavoro e di valutare il Servizio a cui appartengono .
Per questo motivo è importante che tutto il personale sia coinvolto, a diverso titolo, nel percorso di valutazione.
Al fine di facilitare il lavoro di verifica si è predisposto un elenco di indicatori che si ritengono utili strumenti di valutazione dell’efficienza del Servizio e dell’efficacia dell’intervento. Ciascuna Comunità potrà, comunque, prendere in considerazione ulteriori indicatori secondo le proprie specifiche esigenze di contesto. Gli indicatori ed i correlati parametri dovranno scaturire dalla pianificazione del “progetto” complessivo di Comunità e dovranno essere inseriti nella programmazione tecnica annuale.

1. DEFINIZIONE DEL SERVIZIO DI COMUNITÀ

1.1 FINALITÀ E COMPITI ISTITUZIONALI

Le Comunità dell’Amministrazione accolgono in prevalenza minori sottoposti al provvedimento di collocamento in comunità per applicazione delle misure cautelari. Dal quadro di riferimento normativo (D.P.R. 448/88, D.L.vo 272/89 e art. 275 del D.P.R. 447/88) si evincono i presupposti ed i criteri per l’applicazione delle misure cautelari che sono:

  • sussistenza di gravi indizi di colpevolezza;
  • sussistenza di esigenze cautelari.
    Inoltre, nell’ applicare una misura cautelare nei confronti di un minorenne il giudice:
    • tiene conto dell’esigenza di non interrompere i processi educativi in atto ( art. 19 DPR 448/88);
    • affida il minore ai Servizi Minorili della Giustizia per le attività di sostegno e controllo.

Pertanto, le Comunità dell’Amministrazione, nel rispetto dei diritti soggettivi dei minori, rispondono al duplice mandato istituzionale di:

  • assicurare l’esecuzione della misura ;
  • finalizzare l’intervento alla restituzione del minore al contesto sociale di appartenenza al termine della stessa.

1.2 OBIETTIVI

Sulla base di quanto sopra rappresentato gli obiettivi del Servizio sono:

  • far acquisire al minore consapevolezza e responsabilizzazione rispetto alla misura restrittiva della libertà personale;
  • rilevare le opportunità educative e di socializzazione offerte dal contesto di vita del ragazzo;
  • attivare le risorse personali, familiari e ambientali del minore, attraverso l’immediato contatto con la famiglia, il coinvolgimento degli altri Servizi Minorili dell’Amministrazione e del territorio di appartenenza del minore;
  • predisporre ed avviare un programma educativo calibrato sulle esigenze del minore e sulle sue risorse familiari e sociali;
  • fornire utili indicazioni che consentano al giudice di assumere la decisione più rispondente alle esigenze educative del minore;
  • attivare un sistema di interconnessione con le risorse del territorio;
  • preparare le dimissioni del minore dalla Comunità e curarne l’eventuale invio ad altre strutture;
  • restituire il minore al suo contesto sociale.

1. 3 CAMPO DI INTERVENTO

Il Servizio di Comunità ha le seguenti caratteristiche:

  • tempi di permanenza medio/brevi;
  • ridotto spazio alla selezione degli invii;
  • attenzione alle esigenze di sostegno e controllo.

Inoltre, il Servizio di Comunita’ accoglie, relativamente alla tipologia dell’utenza :

  • in prevalenza minori con provvedimento di applicazione dell’articolo 22;
  • in prevalenza minori di età superiore ai 15 anni;
  • minori con disturbi psichiatrici , patologie croniche e tossicodipendenti eccezionalmente per il tempo necessario al reperimento di una comunità specializzata nel trattamento di tale utenza;
  • minori sottoposti alle misure di sicurezza (art. 36 D.P.R. 448/88) solo per il tempo necessario alla elaborazione di un progetto individualizzato e per l’invio ad altra struttura idonea.

Può essere valutata, comunque, la possibilità di inserire il minore nelle Comunità dell’Amministrazione anche in altre diverse ipotesi in cui sia stata disposta dall’Autorità Giudiziaria la misura del collocamento in Comunità, qualora dette Comunità vengano ritenute adeguate alle esigenze del minore.
Sulla base della definizione del servizio, ogni comunità potrà predisporre un progetto specifico, correlato ai bisogni dell’utenza e alle risorse disponibili, che sara’ oggetto di valutazione da parte delle Direzioni dei Centri per la Giustizia Minorile e del Dipartimento.

2. DIMENSIONE ORGANIZZATIVO-STRUTTURALE

2.1 MODELLO ORGANIZZATIVO

Per assicurare una organizzazione rispondente al mandato istituzionale ed a quanto previsto dalla normativa vigente in materia di servizi residenziali, ferma restando l’applicazione dei contratti di lavoro, dei relativi accordi integrativi nonchè la definizione degli organici di sede, il servizio di comunità deve garantire il rispetto delle seguenti condizioni organizzative che costituiscono “requisiti minimi” per un’ adeguata funzionalità.
Per quanto concerne il personale:

  • la presenza di figure professionali psico-educative qualificate in relazione alle caratteristiche dell’utenza ospitata;
  • la presenza di un coordinatore responsabile della struttura;

Per quanto concerne gli strumenti:

  • l’adozione di un “registro” dei minori presenti nel servizio con l’indicazione dei progetti educativi individualizzati;
  • l’adozione di una “Carta del Servizio” secondo le disposizioni vigenti

2.1.1 COMPETENZE PROFESSIONALI

Il lavoro di comunità presuppone la presenza di differenti professionalità e di una qualificata specializzazione rispetto alle competenze da erogare per accompagnare e sostenere il percorso educativo individualizzato del minore.
A tal fine la comunità dovrebbe essere organizzata in “aree ” che ordinano e raggruppano con criteri di uniformità le varie attività istituzionali : area psico- socio educativa, area amministrativo-contabile, area dell’assistenza e vigilanza.
Per quanto sopra si individuano le seguenti competenze professionali e standard quantitativi :

  • 1 Direttore : Direttore coordinatore di area pedagogica con funzioni proprie della figura professionale di appartenenza e specificatamente di:
    direzione, controllo, programmazione del servizio e verifica dei risultati;promozione di costruzioni di reti interistituzionali ;predisposizione ed emanazione di atti e provvedimenti amministrativi;
  • 1 educatore ( posizione economica c2 ) con funzioni proprie della figura professionale di appartenenza e specificatamente di:
    coordinamento dell’area psico-socio-educativa;
  • 5 educatori con funzioni proprie della figura professionale di appartenenza;
  • 1 psicologo ( anche part- time ) con le funzioni proprie del profilo professionale di appartenenza e specificatamente di:
    effettuare interventi di sostegno e consultazione sul singolo caso e sul gruppo dei pari, sull’insieme della collettività;
  • 1 assistente sociale ( anche part- time) con funzioni proprie della figura professionale di appartenenza e specificatamente di:collegamento con l’USSM territorialmente competente;
  • consolidamento della relazione familiare, attuazione del progetto educativo individualizzato con specifico riferimento alla fase di reinserimento sociale;attivazione di prestazioni dei servizi sociali territoriali degli operatori esterni alla Giustizia Minorile;
  • 1 ausiliario per la conduzione di automezzi con funzioni proprie della figura professionale di appartenenza;
  • 1 unità di personale amministrativo con funzioni proprie della figura professionale di appartenenza e di segreteria e contabilità;
  • 1 addetto al personal computer con le funzioni previste dalla figura professionale di appartenenza;
  • 10 unità di personale con funzione di assistenza e vigilanza proprie della figura professionale di appartenenza:in attesa della definizione dell’organico il servizio di assistenza e vigilanza sarà assicurato da personale in convenzione;
  • 1 ausiliario di cucina con funzioni proprie della figura professionale di appartenenza; da reperire attraverso la sottoscrizione di una convenzione con una cooperativa o altro che garantisce anche eventuali sostituzioni in caso di ferie, malattie e altro
  • 1 mediatore culturale in rapporto di convenzione con le funzioni previste nella circolare di questo Dipartimento n° 6/02 del 23.03.2002
  • volontari e giovani del servizio civile ( accompagnamenti, commissioni burocratiche e amministrative presso scuole, pubbliche amministrazioni, enti, luoghi di intrattenimento, palestre , altro)

Al fine di garantire la funzionalità del servizio sarebbe, inoltre, necessaria la presenza di una figura professionale addetta ad attività ausiliarie per la pulizia dei locali ( anch’essa reperita attraverso apposita convenzione con una cooperativa o altro).
Tale organigramma si riferisce alla previsione di un organico professionale per una Comunità in cui la capienza è di 10 posti. Se la struttura fosse invece sottodimensionata sarà necessario ridurre proporzionalmente le unità di personale dei diversi profili, fermo restando quelle unità indispensabili ad assicurare la funzionalità del servizio. In tal caso la previsione dell’ organico professionale individuato sarà sottoposta alla valutazione delle Direzioni dei Centri per la Giustizia Minorile e del Dipartimento.
Infine, pur considerando la specificità ed il particolare contributo di ciascun operatore, si sottolinea la significativa necessità di una forte collaborazione che realizzi una positiva atmosfera di relazioni umane in una prospettiva di integrazione e di rispetto reciproci e di una organizzazione del lavoro per processi volti al raggiungimento degli obiettivi ed alla verifica dei risultati.

2.1.2 ORARIO DI SERVIZIO

La comunità si connota come servizio pubblico essenziale da erogarsi con carattere di continuità.
La struttura garantisce il funzionamento nell’arco delle 24 ore.

2.1.3 ORARIO DI LAVORO

L’orario di lavoro degli operatori deve essere articolato in modo tale da garantire l’espletamento dei compiti e delle funzioni connessi sia all’intervento interno alla struttura, sia allo svolgimento delle attività esterne. L’organizzazione del servizio dovrà prevedere momenti di compresenza per il passaggio delle consegne.
Si demanda alle sedi di contrattazione decentrata quanto previsto dalla normativa vigente relativamente all’organizzazione dettagliata dell’orario di lavoro.

2.1.4 PREPARAZIONE E CONSUMAZIONE DEI PASTI

Nelle Comunità i momenti dell’acquisto dei generi alimentari, della preparazione dei pasti, della consumazione degli stessi ed il successivo riordino assumono un particolare significato educativo ed aggregante nel contesto della vita quotidiana. Pertanto, sarebbe necessaria la presenza di un cuoco stabile (anche se in convenzione) e la partecipazione attiva dei ragazzi nonché degli operatori presenti.
Si ritiene indispensabile, inoltre, la presenza dell’educatore durante la consumazione del pasto, in quanto tale momento, più di altri, caratterizza in termini familiari la vita della comunità.
Tanto premesso si sottolinea come la previsione del locale adibito alla cucina (2.2.1 Struttura) e l’uso della stessa favoriscano significative occasioni per un passaggio quotidiano di messaggi rassicuranti e confortanti rappresentando in tal modo una specifica valenza educativa e formativa.

2.1. 5 SERVIZIO SANITARIO

Il minore ospite della Comunità rimane a tutti gli effetti in carico al Servizio Sanitario Nazionale. Pertanto l’assistenza sanitaria viene garantita attraverso la definizione di appositi accordi e /o protocolli operativi con l’Azienda Sanitaria Locale competente per territorio. All’interno di tali protocolli dovranno essere previste iniziative volte a promuovere la salute dei minorenni.

2.1.6 RISORSE ESTERNE

Per un efficace svolgimento dei propri compiti, è necessario che il Servizio di Comunità compia una mappatura delle risorse disponibili sul territorio, avvalendosi del contributo del Servizio Tecnico del Centro per la Giustizia Minorile , al fine di poter usufruire delle collaborazioni dei seguenti soggetti istituzionali e non:

  • Servizi sanitari della ASL (S.E.R.T., D.S.M., Consultori Familiari, Servizio Materno Infantile, altro)
  • Scuola, Centri di Formazione Professionale
  • Centri sportivi
  • Aziende/imprese/artigiani
  • Associazioni operanti nel campo dell’assistenza all’immigrazione
  • Parrocchie e centri di aggregazione di altri culti religiosi;
  • Centri giovanili;
  • Centri diurni
  • Servizi degli EE. LL.
  • Associazioni di volontariato/ privato sociale
  • Gruppi informali di pari
  • Università

2.1.7 ACCORDI OPERATIVI

Vanno definite modalità di integrazione e collaborazione che prevedano la stipula di accordi operativi con gli altri servizi minorili, gli EE.LL., Servizi Specialistici dell’ASL, Privato Sociale, altro.
Tali forme di collaborazione sono finalizzate all’attivazione di modalità di lavoro interprofessionale ed interistituzionale, con l’indicazione degli obiettivi da raggiungere, la definizione dell’ambito di intervento dei Servizi, nonché degli operatori coinvolti e l’individuazione delle procedure da attivare per la verifica dei risultati.
Allo scopo di favorire la circolarità delle informazioni e per consentire la conoscenza delle modalità operative adottate nelle singole sedi, anche in via sperimentale, detti accordi dovranno essere portati a conoscenza delle Direzioni dei Centri per la Giustizia Minorile e di questo Dipartimento .
E’ opportuno che la Comunità stabilisca un raccordo costante con l’Autorità Giudiziaria volto a favorire la circolazione di informazioni e la condivisione del programma educativo elaborato con il minore.

2.2 LA STRUTTURA

2.2.1 DEFINIZIONE E CARATTERISTICHE PRINCIPALI

La struttura edilizia e la sua organizzazione interna devono ispirarsi ai criteri utilizzati per la realizzazione delle civili abitazioni, al fine di creare un ambiente di tipo familiare e consentire l’individuazione di condizioni idonee allo svolgimento delle varie attività nel corso della giornata.
Tale organizzazione è volta sia al rispetto ed al riconoscimento dei bisogni e delle esigenze dei ragazzi, sia a fornire un valido e funzionale supporto logistico all’intervento degli operatori.
L’articolazione della struttura deve consentire una vita di relazione equilibrata, che permetta lo svolgimento di una “quotidianità” comunitaria ma lasci, nel contempo, la possibilità ai ragazzi di vivere le proprie camere come luoghi “privati”, consentendo loro anche un’eventuale “personalizzazione” non permanente degli ambienti.
Un investimento significativo è rappresentato, in questo senso, anche dall’arredo che deve rendere la comunità accogliente e ben curata.
Fermo restando quanto sopra descritto, si deve comunque sottolineare che, essendo una struttura pubblica, essa deve rispondere puntualmente alla normativa vigente in materia impiantistica, antincendio, accessibilità ed agibilità per persone disabili, igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro, ecc., nonché a quanto disposto dall’art. 10 del decreto legislativo 272/89.
I requisiti minimi fondamentali saranno quindi:
presentare caratteristiche estetiche che la possano assimilare ad un luogo residenziale, senza alcun aspetto di contenimento coercitivo;
avere ubicazione in luoghi urbanizzati abitati, facilmente raggiungibili con l’uso dei mezzi pubblici ed in modo tale da permettere la partecipazione degli utenti alla vita sociale del territorio circostante onde facilitare l’utilizzo di tutte le risorse esterne;
avere una dotazione di spazi destinati ad attività collettive e di socializzazione distinti dagli spazi destinati alle camere da letto, organizzati quest’ultimi in modo da garantire l’autonomia individuale, la fruibilità e la privacy.

2.2.2 L’ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE

Consapevoli che le attuali situazioni strutturali delle comunità risentono di condizionamenti addebitabili a molteplici fattori di non facile ed immediato superamento, si propone di seguito un elenco di spazi funzionali che costituisca una base a cui ispirarsi per l’eventuale ridefinizione degli ambienti, la realizzazione di lavori di ristrutturazione, l’individuazione o la costruzione di nuovi immobili destinati a tale utilizzo.
Dal momento che il dettato normativo (art. 10 del D.L.vo 272/89), prevede per la Comunità ministeriale una capienza non superiore alle 10 unità, la struttura dovrà essere articolata e dimensionata di conseguenza.
Si possono allora individuare i seguenti spazi funzionali di base:

  • Zona residenziale notturna:
    • camere da letto per i minori (con capienza massima di tre letti);
    • una camera da letto singola per i minori, da utilizzare in situazioni eccezionali;
    • una camera da letto per operatore di turno con annesso servizio igienico;
    • servizi igienici in relazione al numero delle camere e dei posti letto;
    • piccolo deposito per attrezzature per le pulizie;
    • lavanderia;
  • Zona residenziale diurna:
    • sala da pranzo;
    • sala soggiorno;
    • sala polifunzionale (con funzione di laboratorio ed attività di tempo libero: musica, pittura, computer, altro);
    • sala per studio (con dotazione di piccola biblioteca e/o videoteca);
    • cucina ( con annessi ambienti di servizio);
    • spazi adibiti agli incontri del minore con la famiglia.
    • possono, inoltre, essere previsti spazi da adibirsi ad attività per laboratori professionali e/o altro, per lo svolgimento delle quali le risorse sono tutte o in parte esterne all’Amministrazione; tali spazi possono essere fruibili sia dall’utenza ospite della comunità che da soggetti segnalati dagli USSM o dai Servizi Sociali dell’ente locale o del terzo settore.
  • Zona amministrativa:
    • ufficio direzione;
    • ufficio educatori;
    • segreteria;
    • portineria ingresso;
    • sala riunioni;
    • sala colloqui (utilizzabile dagli operatori o dal Magistrato per avere un colloquio privato con il minore);
    • servizi igienici per il personale;
    • magazzino/archivio.
  • Eventuali spazi esterni:
    • zona per soggiorno pranzo;
    • zona per colloquio con i familiari;
    • zona verde per attività ludico-sportive;
    • zone di servizio (parcheggi, scarico merci, ecc).

Alcuni ambienti , qualora la comunità avesse una planimetria ridotta potrebbero esser sostituiti utilizzando apposite attrezzature ( armadi per la cancelleria , per l’archivio ; per la dispensa; materiale vario).

3. DIMENSIONE OPERATIVA

3.1 ASSEGNAZIONE

Il Centro per la Giustizia Minorile competente, a seguito del provvedimento di collocamento in comunità, emesso dall’Autorità Giudiziaria, concorda ed individua con i Servizi Minorili, avvalendosi del contributo del Servizio Tecnico, la comunità più idonea all’accoglienza del minore, valuta la disponibilità dei posti ed assegna il minorenne alla comunità prescelta.

3.2 ACCOMPAGNAMENTO

Nell’esecuzione del collocamento in comunità particolare attenzione va posta alla modalità di affidamento del minore alla struttura. L’accompagnamento, che sarà curato dal servizio che fino a quel momento ha avuto in carico il minorenne, deve essere realizzato dal personale tecnico con cui il minore ha instaurato un rapporto significativo, in modo da ridurre al minimo le difficoltà legate all’approccio con la nuova realtà.
In tale ambito l’intervento educativo diventa essenziale per il sostegno affettivo e psicologico offerto al minore in una circostanza in cui è messa alla prova la sua capacità di adattamento, nonché per l’opportunità di un passaggio diretto di informazioni tra gli operatori.

3.3 ACCOGLIENZA

In un contesto caratterizzato da una dimensione organizzativa centrata sull’adesione del minorenne alla misura è indispensabile che anche l’accoglienza del minorenne nella comunità sia eseguita con estrema cura in quanto costituisce il momento in cui la struttura crea le condizioni per “ un aggancio “ iniziale del minore.
Per chiarezza si riportano a seguire le modalità che devono essere adottate nel momento dell’accoglienza
L’operatore dell’area tecnico-pedagogica presente nella struttura:

  • prende in consegna la documentazione relativa al caso e svolge con l’operatore che ha accompagnato il minorenne un colloquio informativo che può fornire ulteriori elementi utili ad approfondire la conoscenza del minorenne;
  • accoglie il minorenne chiarendogli quale momento istituzionale sta affrontando ;
  • avvia le procedure per la sistemazione del minorenne;
  • fornisce al minorenne una prima informazione sulle regole minime da osservare ;
  • comunica l’ingresso del minore alla famiglia, ai servizi territoriali ed all’Autorità Giudiziaria.

In questa prima fase assume particolare significato l’attivazione, a cura dell’operatore presente, di un sistema di comunicazione che consenta:
al minore

  • di avere informazioni sulla vicenda giudiziaria in atto; sull’organizzazione del Servizio; sui ruoli e sulle funzioni delle professionalità che operano nel Servizio; sul regolamento in vigore ;
  • di conoscere la struttura, il personale, i minori;
  • di comprendere la necessità di partecipare alla vita comunitaria;

agli operatori

  • di acquisire elementi di conoscenza sulla situazione del minore a livello soggettivo e sociale;
    Inoltre, in questa prima fase, è necessario adottare le seguenti procedure:
  • assegnare la stanza e consegnare i generi di prima necessità;
  • sottoporre il minore a visita medica e ai previsti accertamenti sanitari nell’arco delle 24 ore dall’ingresso;
  • compilare la documentazione tecnica.

Nella fase di accoglienza sono da prevedersi modalità differenziate correlate alle caratteristiche e alle esigenze dell’utenza ( stranieri, nomadi, soggetti con disturbi comportamentali, ecc.).

3.4 INTERVENTO

L’intervento nella Comunità si caratterizza per l’efficienza, la flessibilità, la dinamicità e l’adattabilità tipici di una struttura di breve/media permanenza e con una ridotta possibilità di selezione dell’utenza.
E’ opportuno sottolineare come, in un contesto flessibile quale la Comunità, sia necessario l’assolvimento compartecipe delle funzioni così da realizzare un’ integrazione dell’azione operativa ed il riferimento ad uno stesso stile e modello d’intervento.
Sono da privilegiarsi le situazioni destrutturate di colloquio e i momenti informali di relazione con il ragazzo, con il gruppo dei pari, con gli operatori (ad esempio nelle attività ludiche, di laboratorio, ecc), riservando spazi per colloqui formali, circoscritti ad alcuni momenti e rispondenti a precise esigenze.
Durante la permanenza nella struttura è assicurato, da parte del personale dell’équipe, un intervento psico-educativo di ascolto, di orientamento, di ridefinizione dei nodi problematici, di sostegno e assistenza, secondo quanto previsto dal D.P.R. 448/88, in un’interazione con il minore che utilizzi anche i momenti informali.
Gli operatori dell’équipe assolvono le seguenti funzioni:

  • curano il sostegno alla famiglia attivando processi di orientamento della stessa verso altri Servizi competenti e di responsabilizzazione finalizzati alla riappropriazione delle funzioni genitoriali di controllo e di aiuto;
  • promuovono il coinvolgimento degli altri Servizi interessati al caso, al percorso evolutivo del minore e attivano risorse ed opportunità di progetto;
  • curano la raccolta delle informazioni sul ragazzo, sulla sua situazione ed effettuano colloqui con i referenti significativi.

Nel caso di minori stranieri, oltre ad investire le Istituzioni preposte anche a livello nazionale, si ritiene indispensabile il contributo di mediatori culturali e la collaborazione delle agenzie del territorio specifiche del settore. E’ anche necessario che l’organizzazione della vita comunitaria, i contenuti ed il calendario delle attività contengano gli elementi caratterizzanti l’espressione, anche religiosa, dell’identità culturale del minore straniero.
La coerenza e la condivisione del modello organizzativo e delle strategie di intervento sopra descritte, oltre alla flessibilità ed ad un clima sereno, rendono possibile la produzione , accanto ad azioni di sostegno, di azioni di controllo ( azioni dovute in quanto il percorso prende avvio da un fatto-reato) finalizzate a realizzare il progetto educativo ed ad assicurare la permanenza del ragazzo in comunità.

3.4.1 PERCORSO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO

La formulazione di un percorso educativo individuale, per i minori ospitati nella comunità, è basilare per un lavoro educativo efficace.
L’elaborazione del progetto educativo individuale è curata dall’équipe in accordo con i servizi esterni attraverso:

  • l’utilizzazione delle informazioni raccolte;
  • la valutazione delle abilità, delle risorse e delle potenzialità del minore;
  • l’utilizzazione delle risorse interne ed esterne alla comunità;
  • l’osservazione partecipata del comportamento, al fine di realizzare un lavoro educativo che si ponga obiettivi di cambiamento concretamente raggiungibili.

La sistematizzazione di questi elementi consente lo sviluppo di una strategia di azione e la messa a fuoco di un “canovaccio” che orienta l’operatività quotidiana.
Il programma educativo individuale deve essere concordato con il minore e con la famiglia ed ha l’obiettivo di:

  1. far acquisire al minore consapevolezza e responsabilizzazione rispetto alla misura restrittiva della libertà personale ;
  2. definire gli interventi da attuare e le esperienze formative, educative e lavorative da proporre al minore, al fine di assicurargli le condizioni per un normale processo di crescita che promuova l’assolvimento dei compiti evolutivi e la responsabilizzazione rispetto alla Comunita’ sociale;
  3. promuovere gli interventi da attuare per modificare il contesto familiare ed ambientale in vista del suo rientro;
  4. precisare il ruolo per l’attuazione del progetto tra responsabile di struttura, educatori, operatori dei servizi locali, degli altri servizi minorili coinvolti, della famiglia, ecc.;.
  5. indicare le prospettive, le fasi ed i tempi per il reinserimento del minore nel suo ambiente di vita, oppure definire altre soluzioni in rapporto alla condizione del minore;
  6. coinvolgere tutto il personale operante nella Comunità, secondo le proprie specifiche competenze, nell’attuazione del percorso evolutivo del minore.

Inoltre per l’attuazione di tale percorso educativo è necessario:

  1. motivare e sostenere il ragazzo a proseguire il progetto avviato (inserimento lavorativo, scolastico, di formazione lavoro ecc.) durante la permanenza in Comunità;
  2. motivare il minore ad usufruire dei servizi del territorio in grado di dare supporto al nuovo progetto di vita ed eventualmente predisporre l’invio del ragazzo agli stessi;
  3. accrescere le competenze del minore (in special modo per il minore straniero) a sfruttare le risorse del proprio ambiente di vita;
  4. motivare e attivare la famiglia a sostenere il nuovo progetto avviato.

Per dare maggiore visibilità e concretezza al “ contratto educativo“ stabilito con il minorenne è utile predisporre un atto formale, sottoscritto dal minorenne e dall’educatore, con cui vengono definiti gli “ accordi tra le parti “ e le tappe del programma

3.4.2 COINVOLGIMENTO DELLA FAMIGLIA

La famiglia rappresenta una risorsa indispensabile per il minore. Il nucleo familiare deve essere attivato e coinvolto in ogni momento del percorso comunitario al fine di favorire il riappropriarsi delle funzioni genitoriali e l’adesione dello stesso al programma avviato con il minore.
Ciò potrà avvenire anche prevedendo spazi di partecipazione con le famiglie dei minori alla vita quotidiana comunitaria, specie in occasioni particolari come festività, attività esterne o interne.

3.4.3 GRUPPO DEI PARI

Un’altra importante risorsa in adolescenza è rappresentata dal gruppo dei coetanei. E’ pertanto necessario promuovere la comunicazione orizzontale tra i ragazzi ospiti della Comunità anche attraverso la formalizzazione di incontri di gruppo come spazi di riflessione e confronto sull’andamento della vita quotidiana, nonché su specifiche tematiche.
E’ opportuno inoltre prevedere la possibilità di coinvolgere ragazzi del territorio in attività comuni (volontariato , gruppi sportivi, parrocchiali , ecc. ).
Il gruppo, come opportunità per i singoli di apprendimento sociale, si pone come obiettivi educativi di:

  • favorire la comunicazione;
  • instaurare relazioni corrette;
  • richiedere il rispetto delle regole ;
  • favorire il senso di appartenenza reciproca.

3.5 STRUMENTI DELL’INTERVENTO

3.5.1 COLLOQUIO

Il colloquio sia con il minore che con la famiglia si realizza secondo due modalità:

  • non strutturata;
  • strutturata.

Il colloquio non strutturato è lo strumento necessario per dare e per acquisire informazioni in un contesto che privilegia le situazioni informali come luoghi e momenti di interazione. Di particolare rilevanza possono essere in alcuni momenti le comunicazioni telefoniche svolte con i familiari per informarli di particolari e significativi avvenimenti della vita del minore o su aspetti pratici ed organizzativi del Servizio. .
Il colloquio strutturato consente la definizione di informazioni in relazione a specifici obiettivi.

3.5.2 IL FASCICOLO PERSONALE

La documentazione è formata dal fascicolo personale che comprende:

  1. gli atti acquisiti al momento dell’accompagnamento (giudiziari, sanitari, socioambientali, familiari e psicologici);
  2. la scheda tecnica che comprende gli aggiornamenti relativamente al punto precedente e le osservazioni degli operatori;
  3. il percorso educativo individualizzato e la documentazione prodotta dai servizi esterni per la realizzazione dello stesso;
  4. le relazioni periodiche di aggiornamento all’Autorità Giudiziaria che assolvono alla funzione di strumento di comunicazione degli elementi di conoscenza sull’evoluzione del caso, nonche’ delle indicazioni propositive;
  5. all’atto delle dimissioni del minore detto fascicolo dovrà essere chiuso previa valutazione dei risultati raggiunti in base al progetto educativo individualizzato.

Deve essere garantita la riservatezza delle informazioni relative agli aspetti giudiziari e sanitari così come previsto dalla normativa vigente.

3.5.3 REGISTRO

Così come previsto dalla normativa vigente in materia di servizi residenziali è necessario predisporre un Registro nel quale si annotino giornalmente i nominativi degli ospiti. Nello stesso verrà individuato un settore nel quale inserire una breve sintesi del percorso educativo individualizzato per ciascuno dei soggetti presenti in comunità.

3.5.4 CARTA DEL SERVIZIO

La struttura si deve dotare di una Carta del Servizio nella quale siano indicati, fra l’altro, la finalità ed i compiti istituzionali della Comunità, la missione e le politiche di qualità del Servizio, i riferimenti normativi, l’articolazione della struttura , l’organigramma del servizio, le modalità di accesso, le risorse interne ed esterne e quant’altro dia visibilità e conoscenza ai fruitori interni ed esterni del servizio.

3.5.5 DIARIO-PLANNING

E’ necessario prevedere la predisposizione di due tipologie di diario:

  1. quello di servizio sul quale viene registrato l’andamento della vita quotidiana della comunità (consiste in un foglio informativo in cui vengono registrati gli appuntamenti, le attività del giorno,gli impegni,altro)
  2. quello del servizio consultabile esclusivamente dagli operatori, volto a favorire lo scambio di informazioni quotidiane tra gli stessi relative a: clima, dinamiche tra minori, relazioni con il personale, uscite, riunioni, e altro.

Quotidianamente gli educatori dovranno prevedere un momento di passaggio di informazioni utilizzando anche il predetto diario di servizio (punto 2).
Ulteriore strumento professionale potrebbe essere individuato nel planning in cui si programma la settimana ,consultabile anche dai minorenni, organizzato e sistematizzato secondo alcune aree:

  • area riguardante le informazioni generali sulla conduzione organizzativa ed amministrativa (appuntamenti, compiti , urgenze, altro);
  • area riguardante le informazioni specifiche sulla giornata dei minori (compiti da svolgere per ciascun minore, orari delle attività, uscite, altro).

3.5.6 REGOLAMENTO

Il Servizio deve dotarsi di regole minime, inerenti l’organizzazione e la vita quotidiana nella struttura che:

  • definiscano il complesso dei comportamenti e delle interazioni all’interno del Servizio;
  • rappresentino punti di riferimento chiari per tutti;
  • contribuiscano a garantire un esercizio decisionale trasparente ;
  • favoriscano la chiarezza nei rapporti tra i minori e tra questi e gli operatori.

Gli elementi principali del regolamento sono:

  • regole di convivenza interne;
  • rispetto e cura di persone e cose;
  • strutturazione degli orari e delle modalità organizzative.

Il Regolamento adottato da ciascuna Comunita’ sara’ oggetto di valutazione da parte delle Direzioni dei Centri per la Giustizia Minorile e del Dipartimento.

3.5.7 ÉQUIPE

La modalità operativa del lavoro in équipe è quella che meglio soddisfa le esigenze organizzative e metodologiche del servizio. Infatti affinché la risposta istituzionale sia efficace e funzionale è necessario razionalizzare i tempi, le risorse e raggiungere un alto livello di integrazione professionale tra gli operatori che favorisca il confronto nella programmazione, nella realizzazione e nella valutazione del lavoro.
In comunità, dove il turn-over degli educatori e dei ragazzi ha particolare incidenza, la modalità operativa del lavoro in équipe assicura:

  • la continuità dell’intervento;
  • la pluralità dei contributi in termini di abilità, analisi ecc.
  • la molteplicità dei punti di osservazione ;
  • la condivisione del carico di lavoro.

3.5.8 RIUNIONI DI SERVIZIO

La riunione degli operatori del Servizio è uno spazio a frequenza temporale e può essere periodica ed occasionale.

Quelle periodiche possono essere suddivise in:

  • riunioni generali, da svolgersi con cadenza almeno semestrale, finalizzate a: 1 - programmazione generale del lavoro di comunità; 2 - progettazione educativa; 3 - valutazione del lavoro e verifica dei risultati,
  • riunioni di coordinamento tecnico e di organizzazione degli interventi educativi, da svolgersi almeno con frequenza mensile, finalizzate a : 1 – riflettere sui casi; 2 - preparare il calendario delle attività ; 3 – approfondire aree tematiche nonché specifiche problematiche emerse riguardanti il gruppo dei minori .

Le riunioni, condotte dal Direttore della Comunità o da personale tecnico delegato a seconda delle specifiche competenze, dovranno sempre prevedere l’ordine del giorno ed il verbale. Quest’ultimo dovrà essere utilizzato come strumento di circolazione delle informazioni.
In relazione alle tematiche da trattare potrà essere prevista la presenza dei minori e di partecipanti esterni.
Specifiche problematiche potranno essere affrontate nel corso di riunioni appositamente convocate. Possono essere previsti spazi di lavoro con il gruppo dei minori ospiti al fine di promuovere la circolazione orizzontale della comunicazione e mobilitare le risorse dei minori stessi per far fronte alle situazioni difficili.

3.6 DIMISSIONI

Il Servizio di Comunità dovrà porre particolare attenzione al momento delle dimissioni del minore poiché tutto il lavoro educativo svolto è fortemente orientato alla restituzione del minore al contesto sociale.
Le dimissioni, pertanto, devono essere realizzate dal personale tecnico con cui il minore ha instaurato un rapporto significativo, in modo da ridurre al minimo le difficoltà legate all’inserimento in altro contesto.
L’intervento educativo diventa essenziale per il sostegno affettivo e psicologico offerto al minore in una circostanza in cui è messa alla prova la sua capacità di adattamento, nonché per l’opportunità di un passaggio graduale e condiviso.
Nell’eventualità di un invio del minore ad altri servizi minorili e con l’obiettivo di garantire la continuità dell’intervento, dovrà essere predisposta una modalità operativa che preveda momenti d’incontro con il Servizio ricevente.
Devono essere previste modalità di dimissioni dal Servizio che tengano conto della particolarità o specificità dell’utenza ( straniero, nomade, ecc. ).

4. VERIFICA E VALUTAZIONE

4.1 VERIFICA DEI PROCESSI DI LAVORO

La multidisciplinarietà dell’intervento e il monitoraggio dei metodi, degli strumenti e delle procedure sono assicurati da una costante verifica dei processi di lavoro attivati dal Servizio.
Il Servizio, attraverso l’esame della documentazione prodotta, organizza momenti formali di analisi, di valutazione dei processi, dei tempi, dei risultati del lavoro nella sua articolazione interna e di collaborazione interistituzionale per verificare l’efficacia e l’efficienza degli aspetti amministrativi, burocratici nonché dell’intervento tecnico-professionale.

4.2 INDICATORI DI EFFICACIA E DI EFFICIENZA

Per agevolare il lavoro si suggeriscono alcuni indicatori che possono essere utili nella valutazione e verifica dell’efficacia dell’intervento e dell’efficienza del Servizio.

4.2.1 INDICATORI DI EFFICACIA DELL’INTERVENTO TECNICO-PROFESSIONALE

Indicatori quantitativi:

  • numero degli allontanamenti;
  • numero dei rientri da allontanamento e modalità;
  • numero dei rientri dalle uscite concordate e modalità;
  • numero delle uscite per attenuazione della misura;
  • numero delle uscite per aggravamento della misura;
  • frequenza nelle attività proposte;
  • numero degli episodi di violenza e di autolesionismo;

Indicatori qualitativi:

  • Grado di coinvolgimento del minore nelle attività quotidiane;
  • cura della persona;
  • cura degli spazi personali e comuni;
  • rispetto degli orari;
  • comunicazione verbale comprensibile;
  • rapporti con la famiglia;
  • convenzioni e collaborazioni avviate;

4.2.2 INDICATORI DI EFFICIENZA DEL SERVIZIO:

Adeguatezza dell’organizzazione della Comunità rispetto alla normativa vigente, alle finalità ed ai compiti istituzionali ed alle disposizioni ministeriali;
congruità tra costi, utenza, personale impiegato;
congruità dell’organizzazione rispetto alla garanzia dei diritti e alle risposte ai bisogni primari del minore;
corrispondenza tra attivazione di risorse esterne, elementi di conoscenza e proposte elaborate;
grado di soddisfazione professionale degli operatori : integrazione, clima lavorativo, partecipazione, altro;
grado di soddisfazione dell’Autorità Giudiziaria Minorile, della famiglia, del minore.

5. SUPERVISIONE

La supervisione è considerata uno spazio indispensabile per il personale operante nel Servizio, al fine di garantire la qualità dell’intervento. Nel servizio di comunità la supervisione consente di:
osservare , con l’aiuto del supervisore, in un processo di analisi riflessiva, i percorsi dei ragazzi;
leggere ed analizzare il “fare professionale” nella quotidianità;
offrire all’equipe educativa “ un contenitore protetto” entro cui riversare e rielaborare i vissuti, le ansie e l’emotività;
sviluppare processi di apprendimento ed autoformazione.
Tale supervisione dovrebbe essere realizzata da personale esterno competente negli ambiti metodologici ed organizzativi per cui si richiede la supervisione (sui casi, sul gruppo di lavoro e le sue dinamiche, ecc).

6. FORMAZIONE

Il Servizio individuerà annualmente (all’interno della programmazione) contenuti, modalità e processi della formazione permanente, secondo le linee d’indirizzo dell’attività di formazione definite da questo Dipartimento .
Deve essere, inoltre, valorizzata la partecipazione ad iniziative formative locali, finalizzandola anche ad una migliore integrazione con i servizi territoriali.

Si confida in una corretta adozione ed applicazione di tutte le indicazioni contenute nella circolare.

Roma, 16 giugno2004

IL CAPO DEL DIPARTIMENTO
Rosario Priore