Circolare 3 novembre 2000 - colloqui e corrispondenza telefonica dei detenuti e degli internati, articoli 37 e 39 d.p.r. 230/2000

3 novembre 2000

Dipartimento dell' amministrazione penitenziaria
Ufficio centrale dei detenuti e del trattamento - Segreteria

Prot. 579959  - CIRCOLARE N. 3533/5983
 
OGGETTO: colloqui e corrispondenza telefonica dei detenuti e degli internati, articoli 37 e 39 del DPR 30 giugno 2000, n. 230.

§1 - L'articolo 37 del nuovo regolamento di esecuzione ( di seguito NRE) ha ampiamente inciso sulla disciplina dei colloqui dei detenuti.
Si comunicano, pertanto, alcune indicazioni generali interpretative, alle quali attenersi, così garantendo in tutti gli istituti della Repubblica uniformità di applicazione.
Anche per il disposto dell' articolo 1, comma 2, del NRE, l'abrogazione della distinzione fra colloqui premiali e colloqui ordinari, con il conseguente innalzamento del numero mensile di questi ultimi, costituisce attestazione del valore assegnato al mantenimento di vive relazioni familiari.
In ordine perciò all'applicazione del comma 8 dell'articolo 37, si ritiene indicazione legittima un'interpretazione teleologica, che è suffragata anche dal dato testuale (i detenuti usufruiscono... quando si tratta) per il quale la regola è fissata dal primo periodo e l'eccezione dal secondo. Va pertanto applicato il criterio del divieto di interpretazione estensiva od analogica al precetto del secondo periodo (articolo 14 disp. sulla legge in generale).

§2 - Così chiarito il rapporto fra le due norme del comma 8, primo periodo (e, al pari di esso, del comma 9, del cui ambito di applicazione si dirà infra), e quella del secondo periodo del comma medesimo, vanno esaminati i limiti oggettivi e soggettivi delle loro applicazione.

§3 - Il testo del regolamento non fa riferimento alla qualificazione penitenziaria del ristretto, cioè alla posizione all'interno di quei raggruppamenti, previsti dall'articolo 14 della legge, che più comunemente sono definiti circuiti o classificazioni.
E' perciò normativamente irrilevante, agli effetti del secondo periodo del comma 8, che il detenuto sia in atto inserito nel circuito di elevato indice di vigilanza o di alta sicurezza o sia concretamente sottoposto al regime di sorveglianza particolare.
E' altrettanto irrilevante che il detenuto, per la condotta tenuta, sia stato ammesso al circuito ordinario dal circuito di alta sicurezza o di elevato indice di vigilanza mediante la cosiddetta declassificazione.

§4 - Il presupposto che limita a quattro i colloqui è costituito dal fatto di essere detenuti od internati per uno dei delitti previsti dal primo periodo del primo comma dell'articolo 4bis della legge e per i quali si applichi il divieto di benefici ivi previsto. I reati presi in considerazione sono, perciò, l'associazione di stampo mafioso (416 bis c.p.), il sequestro di persona a fini di estorsione (630 c.p.), l'associazione al fine di traffico illecito di stupefacenti (articolo 74, DPR 9 ottobre 1990, n. 309), e tutti i reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416bis c.p. ovvero al fine di agevolare le associazioni lì previste. E' il caso di ricordare, in proposito, che la specifica aggravante, articolo 7 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 352, poi convertito in legge 12 luglio 1991, n. 203, per effetto della circolare 9 luglio 1998 non comporta l'automatica associazione al circuito di alta sicurezza; ciò conferma quanto detto al § 3.

§5 - Tali reati debbono essere la causa della restrizione, e cioè essere attribuiti al detenuto nella sentenza di condanna (anche espiata, se è seguita l'applicazione di una misura di sicurezza detentiva) o in un'ordinanza di custodia cautelare in corso di esecuzione.
E' perciò irrilevante il grado di giudizio in cui si trovi il ristretto.
Restano, al contrario, esclusi dal limite i detenuti indagati o imputati in qualsiasi grado per i reati richiamati, ma non ristretti per quei procedimenti.

§6 - I detenuti così individuati devono inoltre essere attualmente sottoposti al divieto di concessione dei benefici. Non si applica la restrizione -ed hanno perciò diritto ai sei colloqui -ai detenuti cui sia stata riconosciuta l'attività contemplata dall' articolo 13 ter del decreto legge 15 gennaio 1991, poi legge 15 marzo 1991 [1] , ed a quanti versino nelle circostanze previste dall'articolo 58 ter dell'ordinamento [2].

§7 - Relativamente al venire meno del reato ostativo, si segnalano due ipotesi principali.

§8 - Il detenuto è stato riconosciuto autore di più reati, ritenuti però in continuazione fra loro nel giudicato posto in esecuzione (cumulo giuridico). Al riguardo si ricorda che, anche se taluni uffici e tribunali di sorveglianza hanno opinato diversamente, la Suprema Corte di Cassazione ritiene che il reato continuato sia un unico reato, individuato -sul titolo proveniente dall'Autorità Giudiziaria - quale reato dalle particolari norme incriminatrici di parte generale, e che pertanto tutta la pena in espiazione debba attribuirsi all'unico reato, senza alcuna possibilità di rivalutare ai fini delle conseguenze le varie operazioni di calcolo effettuate dal giudice del merito (i cosiddetti aumenti di pena applicati per la ravvisata continuazione ) [3]. Pertanto nel caso in cui il reato ritenuto in continuazione, sia esso reato principale o reato satellite, sia uno di quelli ricordati al §4, il divieto posto nel regolamento si dovrà applicare per l'intera durata della pena, caeteris paribus[4].

§9 - Diverso il caso del detenuto che è stato riconosciuto, con diversi giudicati, autore di più reati, almeno uno dei quali ostativo al quinto e sesto colloquio, ed in cui le pene inflitte sono portate in esecuzione con provvedimento del pubblico ministero competente all'esecuzione (cumulo pene: caso di cumulo materiale).
Al riguardo la Suprema Corte è intervenuta, sia pure in fattispecie diversa, affermando il principio che nel caso di cumulo materiale di pene concorrenti, deve intendersi scontata per prima quella più gravosa per il reo, con la conseguenza che ove si debba espiare una pena inflitta anche per un reato ostativo alla fruizione di benefici penitenziari, la pena espiata va imputata innanzi tutto ad essa [5]. Si tratta di un criterio pretorio, ma del tutto coerente con l'idea costituzionale di progressiva emenda del reo, che suppone che i maggiori limiti si soffrano nella parte iniziale dell' esecuzione della pena, e non in prosieguo, quando in ipotesi siano apparsi segni di emenda. Esso sembra perciò utilmente applicabile dalle LL. SS. quale criterio di valutazione per l'ammissione dei detenuti all'uno o all'altro regime di colloqui.

§10 - Il comma 9 contempla casi di concessione di ulteriori colloqui, ed è applicabile ad entrambe le ipotesi (6 e 4 colloqui) individuate dal comma 8.
I requisiti sono soggettivi del detenuto (gravemente infermi: al riguardo, si richiama il comma 7) o del congiunto (prole di età inferiore a dieci anni).

§11 - Lo stesso comma 9 fa riferimento inoltre alla ricorrenza di particolari circostanze. La generalità della previsione permette alle LL. SS. di valutare la particolarità della circostanza con riferimento a tutti quegli elementi che, per apprezzamento professionale e sulla scorta del senso comune, si appalesino particolari, e quindi non generali (quali possono derivare da contingenze di tempo, di luogo, di persone, di momento di vita, ecc.).
Tale particolarità, tuttavia, non esclude che la circostanza in oggetto possa essere ricorrente o continuata nell'ambito di un periodo di tempo definito; essa quindi non deve necessariamente esaurirsi in un unico momento temporale e può comunque essere rivalutata alla scadenza del termine prefissato.
A tal fine è ancora più necessario che il provvedimento di ammissione al beneficio sia adeguatamente motivato.
Si segnalano -perché è indiscutibile la peculiarità della loro situazione -i soggetti inseriti nel circuito per collaboratori, le cui possibilità trattamentali sono ridotte dalle necessarie cautele e dalla disseminazione sul territorio, proprie e dei propri familiari, con le conseguenti difficoltà di mantenere relazioni personali e familiari. In tali casi si ritiene di doversi sempre riconoscere la particolare circostanza di cui al comma 9.

§12 - A quanto affermato nel § Il, sembrano altresì riferibili quei casi di detenuti che, ammessi in precedenza per la positiva condotta interna ai colloqui premiali, possano vederli negati per l'entrata in vigore del NRE. La particolarità del caso (entrata in vigore di nuova normazione) è evidente e, almeno in tempi brevi, non ripetibile. Tale valutazione ha d'altronde costituito la base di importanti pronunce della Corte Costituzionale sull' efficacia non retroattiva di norme ostative al godimento di benefici penitenziari già fruiti [6], e questa Amministrazione deve farvi ricorso nell'interpretazione di un testo regolamentare.

§13 - La direttiva di cui al § 12 si applica solo ai soggetti già ristretti per i reati ostativi ed ammessi ai colloqui premiali (anche se non li abbiano in concreto fruiti), non ai soggetti che siano stati ristretti dopo il 6 settembre 2000 per i reati ostativi, provenendo dalla libertà od anche già detenuti o internati, ma per altro titolo; questi ultimi dunque restano soggetti alla nuova disciplina.

§14 - Il precedente carattere premiale dei colloqui ulteriori per i soggetti individuati nel § 13, inoltre, richiede che la particolare circostanza sia supportata dalla permanenza delle stesse condizioni. Ciò non per una sorta di ultrattività della norma sul colloquio premiale, quanto per la necessità che la particolare circostanza resti integrata dal requisito del non regresso nel percorso rieducativo.
Può perciò verificarsi, in caso di andamento anche temporaneamente negativo del percorso trattamentale, che alla fruizione di 6 colloqui succeda una fase di fruizione di 4 colloqui.

§16 - Diverso inquadramento deve ricevere la previsione dell'articolo 39 NRE, comma 2, terzo periodo, e comma 3.

§17 - L'individuazione dei detenuti ai quali possono concedersi solo due corrispondenze telefoniche si effettua alla stregua delle indicazioni contenute nei § § 5, 6, 7.

§18 - La lettera del comma 3 dell'articolo 39 potrebbe indurre a ritenere che i casi di deroga al limite del comma 2 si riconducano a due ipotesi: i motivi di urgenza o di particolare rilevanza legati al discorrere con prole di età inferiore ai dieci anni; il trasferimento del detenuto. In questo senso è la posizione delle virgole e la disgiuntiva nonché. Tuttavia, l'interpretazione sistematica e finalistica porta ad altra conclusione (articolo 12, disp. prel. alla legge in generale, comma 1).
Il riferimento alla prole di età inferiore a dieci anni è infatti parallelo allo stesso caso di deroga al limite contenuto nell'articolo 37, comma 9, e si giustifica perché, come per la corrispondenza telefonica, così i colloqui aggiuntivi sono oggetto di valutazione discrezionale (possono essere concessi,. l'autorizzazione può essere concessa) e non di attività obbligata dell'amministrazione (articolo 37, comma 8, i detenuti usufruiscono). Il presupposto di legge, in altre parole, impone una valutazione all'amministrazione, ma non impone la concessione della corrispondenza telefonica.
Conseguentemente, anche per l'irrazionalità delle conseguenze di una deroga relativa solo alla prole di età inferiore ai dieci anni, sembra doversi concludere che i casi in cui può essere accordata un' autorizzazione in deroga al limite (una chiamata alla settimana oppure due volte al mese) siano tre: motivi di urgenza o di particolare rilevanza (cfr. §§ 12 e 13); rapporti con figlio o figlia di età inferiore ai dieci anni; trasferimento del detenuto.
Entro le tre categorie indicate, le LL. SS. sono legittimate ad operare il Loro prudente apprezzamento, per l'autorizzazione o meno delle richieste di ulteriori corrispondenze telefoniche.

§19 - L'articolo 61 del NRE, comma due, prevede ulteriori possibilità di incrementare il numero dei colloqui, senza porre limiti numerici: la norma si applica a tutti i detenuti. Si è infatti osservato al § 1 che il secondo periodo del comma 8 dell'articolo 37 costituisce norma eccezionale, ed il limite fissato è relativo unicamente all'ammissione ordinaria al quinto e sesto colloquio.
Anche la norma in esame ha però carattere derogatorio, come emerge dalla formula usata dal testo (concedere colloqui oltre quelli previsti dall'articolo 37) e non può trovare applicazione analogica ed estensiva. Si tratta comunque di situazione giuridica soggettiva diversa da quella contemplata dall'articolo 37, e che viene in essere dopo il procedimento valutativo dell' amministrazione che metta capo, ricorrendone i presupposti, al provvedimento d'ammissione. Trova naturalmente applicazione l'articolo 18, comma 8, op per il quale i colloqui degli imputati sono sottoposti al nulla osta dell'autorità giudiziaria fino alla pronuncia della sentenza di primo grado.

§20 - Il fine da raggiungere, come si esprime il regolamento, è in primo luogo, quello di affrontare la crisi da allontanamento del soggetto dal nucleo familiare.
Il concetto di nucleo familiare non coincide con quello dell' eguale espressione usata della normativa anagrafica e va inteso nell'accezione propria dell'ordinamento penitenziario, quale emerge dalla legge e dalle interpretazioni contenute nelle circolari già emesse in materia. Accurati accertamenti sulla realtà familiare debbono essere compiuti dalle LL. SS., trattandosi di verificare l'esistenza del nucleo familiare e soprattutto il sopravvenire di una situazione di crisi causata (conseguente ha valore causale, non temporale) dall'allontanamento del soggetto. Tuttavia, le LL. SS. potranno avvalersi degli accertamenti svolti in altra sede penitenziari a, nel caso che il detenuto sia trasferito.

§21 - Altro fine indicato è rendere possibile il mantenimento di un valido rapporto con i figli, specie in età minore. Il regolamento richiede che i colloqui aggiuntivi rendano possibile non un rapporto quale che sia con i figli, ma un rapporto che sia valido. Le valutazioni sul significato di tale aggettivo sono rimesse al prudente apprezzamento ed al senso comune delle LL. SS., data la molteplicità delle possibili circostanze. Corre, dunque, obbligo alle LL. SS. di motivare, con accurato e specifico riferimento all'istruttoria compiuta, il provvedimento che concede ulteriori colloqui.

§22 - Il regolamento indica ancora il fine di preparare la famiglia, gli ambienti prossimi di vita ed il soggetto stesso al rientro nel contesto sociale. L'evenienza si pone nel tempo prossimo alla scarcerazione per fine pena o per ammissione a misure alternative non detentive, essendo imprevedibili dall'amministrazione gli altri casi di liberazione (caducazione del titolo restrittivo, grazia, estradizione, espulsione dallo Stato in luogo di esecuzione penale, ecc.). Può presentare utilità particolare per la preparazione del detenuto alla vita esterna il colloquio con i soggetti presso i quali egli possa svolgere attività lavorativa o corsi di formazione, entro un programma di trattamento quale affidato in prova, o anche in detenzione domiciliare presso comunità di rieducazione e formazione.

Roma, 3 novembre 2000

IL CAPO DEL DIPARTIMENTO

Note

nota 1 Ovvero, le persone ammesse a speciale programma di protezione, deliberato dalla competente commissione centrale di cui all'articolo IO comma 2 della stessa legge.

nota 2 E dunque, quanti si sono adoperati per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori ovvero hanno aiutato concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli autori dei reati.

nota 3 Si veda, ancora da ultimo, Cassazione, Sezioni Unite, 3 febbraio 1998, n. 15, Varnelli: in tema di benefici penitenziari, non è consentito scindere il cumulo giuridico derivante dall 'applicazione della continuazione ex articolo 81 c.p., a cui per legge consegue un unico regime della pena in esecuzione e l'esclusione delle misure alternative, quando uno dei reati è ostativo ai sensi dell 'articolo 4bis dell 'ordinamento penitenziario.

nota 4 Cassazione, I, 20 aprile 1994, n. 1339, Montegrande.

nota 5 Cassazione, I, 22 marzo 1999, n. 613, Ruga.

nota 6 Corte Costituzionale, 14 dicembre 1995, n. 504.