Circolare 28 maggio 2012 - Realizzazione circuito regionale ex art.115 d.p.r. 30 giugno 2000 n. 230: linee programmatiche

28 maggio 2012

DIPARTIMENTO DELL'AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA
Ufficio del Capo del Dipartimento

GDAP-0206745-2012

Ai Signori Provveditori regionali
loro sedi
p.c. Al Signor Vice Capo Vicario
Al Signor Vice Capo
Ai Signori Direttori Generali
Al Sig. Direttore delli.S.S.P
Ai Sigg. Direttori degli Uffici di Staff
loro sedi

OGGETTO: Realizzazione circuito regionale ex art.115 d.p.r. 30 giugno 2000 n.230: linee programmatiche.

§1
La necessità di mitigare gli effetti negativi dell'attuale situazione di sovraffollamento negli Istituti di pena induce l'Amministrazione a sviluppare ulteriormente il percorso intrapreso dalla circolare n.3594-6044 del 25 novembre 2011 recante "Modalità di esecuzione della pena. Un nuovo modello di trattamento che comprenda sicurezza, accoglienza e rieducazione" nell'intento di migliorare le condizioni di vita detentive con particolare riguardo alla gestione dei ed. detenuti di media sicurezza ovvero a quella fascia di utenza allo stato maggiormente penalizzata.

La convinzione è che, oggi, nonostante le oggettive difficoltà, il perseguimento di questo fine sia ipotizzabile e si possa iniziare ad agire, con gli strumenti normativi a disposizione, per superare la logica dell'emergenza ponendo a idea guida della propria azione la centralità e i diritti della persona - sia essa rappresentata dal personale o dai soggetti sottoposti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria - rimodulando, ove occorra, anche gli assetti organizzativi in modo da correlarli agli obiettivi dichiarati e non considerarli quali variabili a sé stanti.

La realizzazione di una diversa e più efficace politica penitenziaria fonda le sue premesse - accanto alle norme di recente varate dal Parlamento su impulso governativo sulle iniziative che l'Amministrazione ha messo in campo sia sul fronte dell'edilizia [1] che del personale con la prossima immissione in servizio di complessive 1.542 unità di Polizia Penitenziaria, a conclusione dei 164° e 165° corsi di formazione, e di 65 funzionari della professionalità giuridico pedagogica.
Ciò potrà consentire, utilizzando al meglio il potenziale offerto dalla rete intra e interistituzionale, di dare nuovo slancio all'attività trattamentale, intesa nell'accezione vasta del termine, ridisegnando l'architettura dei circuiti detentivi e ottimizzando l'impiego delle risorse umane abbandonando modus operandi fondati su prassi anacronistiche e inefficaci.

§2
II continuo innalzarsi delle presenze negli istituti penitenziari ha determinato il progressivo peggioramento delle condizioni di vita interne sia per la graduale contrazione dello spazio udi perimetrazioné* posto a disposizione dei detenuti, sia per la riduzione, legata a molteplici fattori, delle offerte trattamentali proposte.

Il quadro che oggi molte strutture detentive presentano è quello di un ambiente gravemente insalubre, indicato da più parti quale fattore di concausa nell'aumento degli episodi di autolesionismo e nell'esasperarsi delle tensioni interne che, sovente, sfociano in condotte aggressive tra compagni di detenzione o nei confronti del personale addetto alla sorveglianza. Il sovraffollamento, inoltre, complica le stesse basilari operazioni di controllo - quali, battiture e perquisizioni - esponendo gli istituti a ulteriori rischi.

§3
La circolare del 25 novembre u.s., sin dall'oggetto, si proponeva l'obiettivo di invertire questa tendenza immaginando, per larga parte della popolazione detenuta identificata per ridotta pericolosità, modalità custodiali meno rigide "procedendo a modificazioni di talune prassi sin qui seguite " e superando, inoltre, la "dicotomia tra i concetti di sicurezza e trattamento " per pervenire alla "auspicata apertura verso modelli di detenzione più consoni alle finalità costituzionali della pena".

La presente, recependone la ratio, intende ampliarne la portata positiva disponendo per la realizzazione di circuiti regionali ex art.115 d.p.r. 30 giugno 2000 n.230 nei quali la media sicurezza venga a caratterizzarsi per un regime detentivo dove, progressivamente, andranno ad essere aumentati e ampliati gli spazi utilizzabili dai detenuti e il tempo di permanenza, garantiti i diritti fondamentali, incentivate le iniziative trattamentali e i rapporti con la comunità esterna [2].

Il risultato atteso, difatti, in uno al miglioramento delle condizioni di vita detentiva,è anche quello di realizzare le condizioni per un più ampio utilizzo delle misure alternative quale prosecuzione naturale del trattamento intramurario offrendo alla Magistratura di Sorveglianza elementi di valutazione fondati su dati di concretezza così come dispongono gli artt. 13 e 15 della 1. 26 luglio 1975 n.354.

§4
II modello di organizzazione che deve accompagnare e sostenere l'attuazione di un sistema del genere identifica negli istituti e negli uffici di esecuzione penale esterna la base operativa impegnata "fisicamente" nei confronti dell'utenza e verso la quale deve confluire l'intera attività dell'amministrazione, ma è il livello regionale, ossia il Provveditorato, che ne diviene la chiave di volta, lo snodo attraverso il quale l'indirizzo nazionale della politica penitenziaria deve tradursi in scelte progettuali e individua gli obiettivi da raggiungere in una visione aderente alla specificità del territorio.

Quindi, se è vero che il livello del servizio va individuato in capo agli istituti, è altrettanto innegabile che il nuovo regolamento penitenziario ha previsto l'ambito regionale come macro-struttura di riferimento. A fronte delle disposizioni già contenute nel decreto legislativo 30/10/1992 n.444, che decentravano una serie di funzioni direttamente ai Provveditorati, e della loro costituzione quali Uffici di Dirigenza Generale [3], successive normative [4] hanno conferito, per i settori che interessano più direttamente il mondo penitenziario, la competenza a Regioni, Province oppure a Enti che nel territorio amministrato accolgono più istituti; ecco che, allora, il Provveditorato, organo regionale dell'Amministrazione Penitenziaria, ha la potestà e la visione d'insieme per porsi come interlocutore di questi Enti e programmare per le diverse sedi interventi, integrati e sinergici, in materia di lavoro, formazione professionale, istruzione, sanità.

I Signori Provveditori, perciò, sulla base del lavoro preliminare che i Direttori d'istituto hanno approntato insieme ai Comandanti di reparto e le Equipe di trattamento per l'applicazione della circolare di novembre, sentiti in conferenza di servizio i Direttori dIstituto e dUepe della regione [5], avranno cura di predisporre un progetto regionale ispirato a un "sistema integrato di istituti differenziato per le varie tipologie detentive ..." che possa poi, in stretta collaborazione con la Direzione Generale Detenuti e Trattamento, soddisfare il principio di territorializzazione e valga a rendere operativi i criteri indicati dall'art.14 della legge 354/75 e dall'alt. 115 d.p.r. 230/2000.

I progetti dovranno individuare, per tutti gli istituti ed. a "media sicurezza" e in particolar modo nelle case di reclusione, soluzioni caratterizzate da un ampliamento degli spazi utilizzabili dai detenuti per frequentare corsi scolastici, di formazione professionale, attività lavorative, culturali, ricreative, sportive e, ove possibile, destinando un istituto o una sezione di questo totalmente a "regime aperto" (art. 115, 3°comma). Presso queste strutture potranno essere allocati detenuti prossimi alla dimissione [6] il cui fine pena sia inferiore ai 18 mesi, in considerazione del corrispondente innalzamento del limite di pena per ottenere la detenzione domiciliare speciale [7], e quelli identificati dalla circolare del novembre 2011 quali codici bianchi e verdi, classificazione e terminologia che, comunque, vengono soppresse.

In questi istituti o reparti i detenuti, al fine di aumentare il loro senso di responsabilità, dovranno sottoscrivere all'atto dell'ingresso in istituto un "patto" con l'amministrazione con cui accettano le prescrizioni ivi contenute.
Allo stesso art. 115, 3° comma, va riferito il fondamento normativo per la creazione di "Istituti a custodia attenuata per detenute madrf secondo le caratteristiche e per le finalità stabilite dalla 1. 21 aprile 2011 n.62 e di "Istituti a custodia attenuata per tossicodipendentr onde incentivare l'attività trattamentale specifica finalizzata all'incremento dei percorsi alternativi alla detenzione indicati dal d.p.r. 9 ottobre 1990 n.309.
Le proposte, per una loro più razionale allocazione nell'ambito del circuito, potranno riguardare anche detenuti non direttamente gestiti dai Provveditori (a esclusione, in ogni caso, di coloro sottoposti al regime restrittivo ex art 4I-bis 1.354/75).

§5
L'attuazione di un simile sistema richiede uno sforzo congiunto dell'intera Amministrazione e tempi progressivi di realizzazione che si inseriscano in un chiaro disegno globale.

Al riguardo, si ritiene fondamentale individuare i livelli di responsabilità che fanno carico alle diverse articolazioni dal Dipartimento che indica le norme quadro entro le quali devono essere elaborati i progetti regionali, ai Provveditori estensori materiali degli stessi e ai Direttori che prima coadiuvano nella programmazione e, poi, la realizzano all'interno degli istituti.
Nella struttura organizzativa così come, seppur a grandi linee, è stata descritta, il lavoro degli Uffici, centrali e periferici, deve necessariamente sostenere il ed. "frontline", rappresentato dall'agente di sezione, e non diventare, invece, un carico opprimente su quest'ultimo.

Il personale di Polizia Penitenziaria opera in sezioni di istituti sovraffollati che accolgono, peraltro, altissime percentuali di stranieri, malati fisici e psichici, detenuti comuni o ad alta sicurezza e, legato come è alla staticità del posto di servizio, sembra accogliere su di sé tutto il peso della responsabilità, quasi in termini oggettivi. La conseguenza non è solo nel rischio diffuso della sindrome del burn-out, ma nell'effetto spersonalizzante (dissonanza cognitiva) per un "operatore" che sente di trovarsi, il più delle volte da solo, a dover fronteggiare situazioni critiche avendo a disposizione strumenti non adeguati.

L'asserita carenza di personale porta, troppo spesso - in una logica di copertura dei posti di servizio - a limitare la concessione di ferie e di riposi al personale sul quale, come si diceva innanzi, viene a gravare il peso della attuale situazione, indistinta ed emergenziale.

Orbene:

  • in primo luogo la sicurezza va intesa "quale condizione per la realizzazione delle finalità del trattamento" e, come tale, non affidata unicamente all'onere (e alla responsabilità) della Polizia Penitenziaria. Invero: così come non sono estranee al Corpo le iniziative trattamentali, l'apporto multidisciplinare di tutti gli altri operatori, compresi quelli non appartenenti all'amministrazione penitenziaria, deve concorrere a rafforzare la sicurezza in una visione integrata e non di certo limitata al mero controllo del detenuto;
  • la logica che vuole che i posti di servizio siano stabiliti a prescindere dagli obiettivi posti e dagli uomini a disposizione deve essere superata, non fosse altro perché, nonostante i sacrifici richiesti, molte postazioni rimangono sistematicamente scoperte creando una costante sensazione di insicurezza;
  • i posti di servizio andranno invece individuati sulla base del personale effettivamente a disposizione, previa decurtazione della percentuale di assenze dovute per la fruizione di congedi e riposi equamente ripartiti, sulla base della tipologia dell'istituto e degli obiettivi prefissati. La loro identificazione, per gli evidenti profili di responsabilità correlati, è rimessa ad una commissione composta dal Direttore dell'istituto, dal responsabile dell'area sicurezza e dal responsabile dell'area trattamentale dell'istituto, con ratifica finale a opera del Provveditore.

Ma non è questa l'unica misura adottabile: il servizio della sicurezza, una volta abbandonata l'idea che sia necessario ( salvo negli istituti a maggior indice di sicurezza) un controllo continuo sul detenuto, inutile ancorché impossibile, deve evolversi, specie
negli istituti cd. aperti, in senso dinamico.

Ossia dispiegarsi, diversamente, nei diversi periodi dell'anno, della settimana e/o del giorno; prevedere la soluzione delle "pattuglie" che presiedono "tenitori"; fondarsi sulla valorizzazione delle risorse e dei ruoli, sulla piena realizzazione delle unità operative che, oltre a rafforzare il lavoro di gruppo, hanno l'ulteriore fine di potenziare l'apporto operativo e organizzativo dei ruoli intermedi della Polizia Penitenziaria.

L'adozione di un modello di vigilanza dinamica (pur non canonizzato) è utile a impiegare in maniera ottimale le risorse umane, non tanto, non solo, in termini quantitativi quanto per esaltarne le potenzialità professionali e di relazione.
In proposito, è opportuno sottolineare che il concetto di vigilanza dinamica risponde a una direttiva dettata dalla Raccomandazione R (2006) 2 sulle Regole penitenziarie Europee del 2006 che, alla numero 51, recita "Le misure di sicurezza applicate nei confronti dei singoli detenuti devono corrispondere al minimo necessario per garantirne una custodia sicura. La sicurezza fornita dalle barriere fisiche e da altri mezzi tecnici deve essere completata dalla sicurezza dinamica costituita da personale pronto a intervenire che conosce i detenuti affidati al proprio controllo".

La chiarezza degli obiettivi, la conoscenza dei detenuti, l'analisi dei dati e delle situazioni, l'interscambio di informazioni con gli altri operatori, sono gli elementi fondamentali - unitamente a una idonea formazione professionale - che dovranno
accompagnare e concludere il percorso di trasformazione, così come lo intende la riforma varata con la legge 15 dicembre 1990 n.395, della Polizia Penitenziaria in un Corpo specializzato e partecipe nella gestione del detenuto sia sotto il profilo custodiale che trattamentale.

Infine,una tale organizzazione consentirà una più razionale distribuzione delle risorse disponibili che potranno essere allocate in relazione ai livelli di pericolosità dei ristretti (ad esempio, concentrando più personale di polizia penitenziaria e migliorando i sistemi di sicurezza nelle sezioni AS), alle istanze trattamentali, alle risorse territoriali.

Si confida nella più ampia forma di collaborazione da parte delle SS.LL. significando che le presenti linee programmatiche si inseriscono nel più ampio discorso del decentramento, in ordine al quale è in fase di elaborazione uno studio volto a delineare una struttura organizzativa maggiormente rispondente alle esigenze operative del momento.

28 maggio 2012

IL CAPO DEL DIPARTIMENTO
Giovanni Tamburino

NOTE

nota 1 - Entro l'anno, con l'apertura di nuovi istituiti e sezioni saranno disponibili circa 5.000 posti letto; inoltre, sono stati assegnati in gestione diretta dei Provveditorati fondi sul capitolo 7303 per finanziare interventi di adeguamento al D.P.R. 230/2000, per il ripristino degli impianti di sicurezza, per il recupero capienza istituti o riqualificazione caserme.

nota 2 - In tal senso, come valido ausilio, si rammentano le "linee guida per l'inclusione sociale dei soggetti in esecuzione penale" in attuazione della legge quadro 9 novembre 2000 n.328 sul sistema integrato dei servizi sociali e, sul solco di queste, l'Accordo interregionale firmato dal Ministro della Giustizia il 27 aprile 2011 con diverse regioni e province autonome tendente, in via prioritaria, a utilizzare le risorse provenienti dalla UÈ e gestite attraverso i POR , con l'obiettivo di procedere a una loro gestione congiunta e condivisa a livello territoriale interistituzionale.

nota 3 - D.lgs.21 maggio 2000 n. 146.

nota 4 - Legge delega 15 marzo 1997 n. 59 più nota quale "Riforma Bassanini".

nota 5 - Art.4 d.p.r. 230/2000 laddove prevede che gli istituti penitenziari e gli uepe, dislocati in ciascun ambito regionale, costituiscono un "complesso operativo unitario" i cui programmi sono organizzati e svolti con riferimento alle risorse della comunità locale".

nota 6 - In proposito si veda la circolare n.0290895 dell'8 luglio 2010.

nota 7 - Art.31. 17 febbraio 2012 n.9.