Provvedimento 16 agosto 2017 - Quesito in materia di termini prescrizionali del contributo unificato. Rif. prot. DAG n.102068 del 25.05.2017 e n. prot. 114561 del 13.06.2017

16 agosto 2017

Dipartimento per gli affari di giustizia
Direzione Generale degli Affari Interni - Ufficio I
Reparto I - Servizi relativi alla Giustizia Civile

( ex Direzione generale della giustizia civile - UFFICIO I)

Al sig. Presidente della Corte di Appello di Roma

Oggetto: quesito in materia di termini prescrizionali del contributo unificato
Rif. prot. DAG n.102068 del 25.05.2017 e n. prot. 114561 del 13.06.2017

Con note n. prot. 21712 del 25 maggio 2017 e n. 24709 del 13 giugno u.s., codesta Corte di appello, ha trasmesso il quesito formulato dal responsabile dell’Ufficio recupero crediti del Tribunale di Roma in ordine al termine prescrizionale del diritto alla riscossione del contributo unificato.

Il responsabile dell’Ufficio recupero crediti ha evidenziato che pervengono diverse contestazioni in ordine alla “presunta intervenuta prescrizione del diritto alla riscossione del contributo unificato e della relativa sanzione”.

Tali contestazioni si fonderebbero su quanto sancito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, sentenza n. 23397 del 25 ottobre-17 novembre 2016, che, secondo l’interpretazione di alcuni avvocati, avrebbe sancito il principio in base al quale le pretese della pubblica amministrazione si prescriverebbero nel termine breve di cinque anni.

L’ufficio evidenzia, per contro, di aver “sempre ritenuto che il diritto all’esercizio del credito deve essere sottoposto alla prescrizione ordinaria decennale ex art. 2946 c.c., come chiarito dal M.E.F. con direttiva del 14.12.2012, n. 2/DGT-quesito n. 27”.

Il Presidente del tribunale di Roma, nel trasmettere a codesta presidenza il quesito in oggetto, ha ritenuto di condividere le osservazioni formulate dall’Ufficio recupero crediti “anche alla luce delle osservazioni del M.E.F.” 

Anche codesta presidenza, nella nota n. prot. 21712 del 24 maggio u.s., nel richiamare l’articolo 16, comma 1bis, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in tema di applicazione della sanzione per omesso versamento del contributo unificato, ritiene che il riferimento alle norme sull’imposta di registro per la determinazione della sanzione (art. 71 del d.P.R. n. 131 del 26 aprile 1986), così come la mancanza di una esplicita disposizione nel testo unico sulle spese di giustizia, in ordine alla prescrizione del diritto alla riscossione del contributo unificato, deve far ritenere che “il diritto alla riscossione del contributo unificato è sottoposto alla prescrizione ordinaria di cui all’art. 2946 c.c.”.

Ciò posto in termini generali, per poter fornire adeguata risposta al quesito in oggetto, si ritiene necessario svolgere le considerazioni che seguono.

Come correttamente evidenziato da codesta Corte di appello, nel d.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002, non si rinviene nessuna esplicita norma idonea a determinare il termine entro il quale debba essere esercitata l’azione di recupero del contributo unificato ai fini della prescrizione.

Di conseguenza, in considerazione della natura tributaria riconosciuta al contributo unificato con la sentenza della Suprema Corte di Cassazione a sezioni unite, n. 9840 del 5 maggio 2011, la risposta al quesito deve essere ricercata nelle norme del codice civile relative alla prescrizione dei diritti (articolo 2946 e segg. del c.c.), e nella normativa generale dettata in tema di riscossione dei tributi, d.lgs. n. 112 del 13 aprile 1999.

Tale è la linea seguita dalla stessa Corte di Cassazione con la sentenza n. 23397 del 25 ottobre-17 novembre 2016, sopra richiamata.

La Suprema Corte, nella sentenza in esame, è stata chiamata a pronunciarsi sul termine di prescrizione relativo al versamento dei contributi previdenziali e sugli effetti che la mancata tempestiva proposizione dell’opposizione alla cartella di pagamento, relativa ai contributi omessi, ha sulla prescrizione del credito previdenziale.

Nell’ampia disamina svolta dalle sezioni unite sono stati evidenziati aspetti di peculiare importanza; in particolare la Suprema Corte ha precisato che:

  • “La disciplina della prescrizione è di stretta osservanza e non è suscettibile d’interpretazione analogica;
  • se in base all'art. 2946 cod. civ. la prescrizione ordinaria dei diritti è decennale a meno che la legge disponga diversamente, nel caso dei contributi previdenziali è appunto la legge che dispone diversamente (art. 3, comma 9, legge 335 del 1995 cit.);
  • la norma dell'art. 2953 cod. civ. non può essere applicata per analogia oltre i casi in essa stabiliti (Cass. 29 gennaio 1968, n. 285; Cass. 10 giugno 1999, n. 5710)”.

Sulla base di tali preliminari affermazioni la Suprema Corte evidenzia che “è indubbio che sia la cartella di pagamento sia gli altri titoli che legittimano la riscossione coattiva di crediti dell'Erario e/o degli Enti previdenziali e così via sono atti amministrativi privi dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato…. Questo, peraltro, non significa che la scadenza del termine perentorio per proporre opposizione non produca alcun effetto, in quanto tale decorrenza determina la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, producendo l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito”.

Tuttavia, precisa la Corte, “è evidente che, per tutte le suddette ragioni, tale scadenza non può certamente comportare l'applicazione dell'art. 2953 cod. civ. ai fini della operatività della conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale”.

Inoltre, prosegue la Cassazione, l'art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999 ha “attribuito agli Enti previdenziali il potere di riscuotere i propri crediti attraverso un titolo (il ruolo esattoriale, da cui scaturisce la cartella di pagamento) che si forma prima e al di fuori del giudizio e in forza del quale l'ente può conseguire il soddisfacimento della pretesa a prescindere da una verifica in sede giurisdizionale della sua fondatezza”

Di conseguenza, sebbene il ruolo esattoriale costituisca un “titolo esecutivo paragiudiziale”, avente attitudine a diventare definitivo ed incontrovertibile, ad esso non si applica l’articolo 2953 del codice civile che è riferito ai soli “titoli giudiziali”.

La sentenza in esame esclude inoltre la possibilità di applicare la prescrizione decennale ai crediti previdenziali anche sotto un altro profilo.

L’INPS, infatti, nel proporre il ricorso dinanzi alla Suprema Corte, ha ritenuto applicabile alla riscossione dei crediti previdenziali le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 112 del 1999 ed in particolare gli articoli 19 e 20 del citato decreto legislativo che disciplinano rispettivamente il “discarico per inesigibilità” e la “procedura di discarico per inesigibilità e reiscrizione nei ruoli”.

Ritiene la Suprema Corte che “dalla complessiva lettura del d.lgs. n. 112 del 1999 e dai minimi riferimenti espressi in esso contenuti alla riscossione dei contributi effettuata dagli Enti previdenziali (vedi artt. 22, comma 1, e 61 dello stesso d.lgs. n. 112 cit.), si trae conferma del fatto che si tratta di un decreto principalmente rivolto alla riscossione dei tributi”, e che “il riferimento alla prescrizione decennale, nell'art. 20 comma 6 cit., risulta effettuato sempre in ambito sostanziale e senza alcun possibile riferimento all'art. 2953 cod. civ., visto che pacificamente viene richiamato con riguardo alla attività amministrativa di riscossione - per la quale, in ambito fiscale, vale, come regola generale, il termine ordinario della prescrizione …….”.

Da tale complessa ricostruzione se ne deduce che il termine di prescrizione per i contributi previdenziali, diversamente da quanto genericamente stabilito in ambito fiscale, è quello speciale fissato dall’art. 3, comma 9, legge n. 335 del 1995 e che per essi non trova applicazione l’articolo 2953 del codice civile.

Per quanto riguarda invece l’aspetto che qui più propriamente ci riguarda, vale a dire il termine di prescrizione relativo al diritto alla riscossione del contributo unificato, la sentenza in esame, lungi dall’affermare il principio per cui tutti i crediti erariali dello Stato si prescrivono in 5 anni, ritiene tale termine decennale, sulla base di quanto sancito dall’articolo 20 del citato decreto legislativo n. 119 del 1999, che, secondo la Corte, “- utilizzando una espressione ellittica – fa riferimento al temine di prescrizione decennale, che è quello che si applica ordinariamente all'esercizio del potere di riscossione fiscale (vedi, da ultimo, Cass. 30 giugno 2016, n. 13418)”.

In conclusione, la sentenza n. 23397 del 25 ottobre-17 novembre 2016, afferma i seguenti principi di diritto:

  • "la scadenza del termine - pacificamente perentorio - per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all'art. 24, comma 5, del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l'effetto della c.d. "conversione" del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale secondo l'art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell'art. 2953 cod. civ. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato…….;
  • "è di applicazione generale il principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l'effetto della c.d. "conversione" del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell'art. 2953 cod. civ. Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti - comunque denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l'opposizione, non consente di fare applicazione dell'art. 2953 cod. civ., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo".

Appare chiaro che con la sentenza in esame è stata precisata la natura del “titolo” in base al quale si procede alla riscossione fiscale, ribadendo che tale “titolo paragiudiziale” non acquista il valore “di cosa giudicata”, (come avviene per i provvedimenti giurisdizionali) e ad esso non si applica l’articolo 2953 del codice civile (che è dettato solo per le ipotesi in cui la pretesa creditoria sia cristallizzata in un provvedimento dell’autorità giudiziaria).

Inoltre, seppure incidentalmente, la sentenza in esame ha ribadito il principio secondo il quale il temine di prescrizione decennale (che) è quello che si applica ordinariamente all'esercizio del potere di riscossione fiscale, fatte salve le ipotesi in cui la legge disponga un termine diverso, come nel caso esaminato dalla Suprema Corte relativo ai crediti previdenziali che si prescrivono in 5 anni.

Tale interpretazione, prima ancora dell’intervento della Suprema Corte, è stato affermato dal Ministero dell’economia e delle finanze che, nella direttiva n. 2/DGT del 14 dicembre 2012, richiamata anche da codesta presidenza, ha affermato che “in mancanza di una specifica disposizione di legge nell’ambito del testo unico sulle spese di giustizia, che disciplina la prescrizione del diritto alla riscossione del contributo unificato, si ritiene che il predetto diritto deve intendersi sottoposto alla prescrizione decennale ordinaria ex art. 2946 c.c. (cfr in tal senso CTR Lazion. 73/27/08). Si ricorda altresì che la notifica dell’invito al pagamento è idoneo ad interrompere la prescrizione del credito in quanto atto di costituzione in mora del debitore ai sensi degli artt. 2943 e 1219 del cod. civ. (Cfr. circolare Ministero della Giustizia del 26 giugno 2003)”

Nella circolare del 26 giugno 2003, richiamata dal MEF, infatti, il Dipartimento per gli affari di giustizia di questo Ministero, nel chiarire quale sia il termine di prescrizione delle spese processuali, ha precisato che “la notifica dell’invito al pagamento (art. 212 T.U.) costituisce atto idoneo ad interrompere la prescrizione del credito in quanto atto di costituzione in mora del debitore (artt. 2943 e 1219 c.c.) e comunque atto che esprime in modo inequivocabile la volontà di far valere il diritto dell’Erario alla riscossione di somme dovute (si veda, Cass. Civ. Sentenza n. 908, del 13.3.1976)”.

Tenuto conto di quanto fino ad ora rappresentato ed in linea con quanto affermato dalla Suprema Corte nella sentenza n. 23397 del 25 ottobre-17 novembre 2016, questa Direzione generale ritiene che il termine di prescrizione relativo al contributo unificato, si ricava dall’articolo 20, comma 6, del d.lgs. n. 112 del 1999, il quale, “utilizzando una espressione ellittica, fa riferimento al termine di prescrizione decennale, che è quello che si applica ordinariamente all’esercizio del potere di riscossione fiscale”.

Roma, 16 agosto 2017

Il Direttore generale
Michele Forziati