Provvedimento 16 agosto 2017 - Proposizione quesito relativo al contributo unificato - art. 15 d.P.R. n. 115/2002 - adempimenti di cancelleria. Rif. prot. DAG n. 226847 del 22.12.2016

16 agosto 2017

Dipartimento per gli affari di giustizia
Direzione Generale degli Affari Interni - Ufficio I
Reparto I - Servizi relativi alla Giustizia Civile

(ex Direzione generale della giustizia civile - UFFICIO I)
 

Al sig. Presidente della Corte di appello di Messina

Oggetto: proposizione quesito relativo al contributo unificato- art. 15 d.P.R. n. 115/2002- adempimenti di cancelleria
Rif. prot. DAG n. 226847 del 22.12.2016

Con nota prot. n. 8878 del 22 dicembre 2016, codesta Corte di appello ha trasmesso il quesito formulato dal direttore amministrativo, responsabile del settore civile del Tribunale di Patti, volto a chiarire “la corretta quantificazione del contributo unificato nell’ipotesi in cui una parte domandi all’autorità giudiziaria la condanna di controparte sia al pagamento di una somma di denaro esattamente determinata nel suo ammontare sia <<di quella maggiore o minore che verrà ritenuta di giustizia>>”.

A fronte dell’accurata disamina svolta dal direttore amministrativo del tribunale di Patti, nessuna valutazione è pervenuta sull’argomento né dal Presidente del Tribunale di Patti né da parte di codesta Corte d’appello, contrariamente a quanto richiesto da questa Direzione generale con la circolare, in materia di quesiti, n. prot. 67455 del 14 aprile 2016.

Nella citata circolare, infatti, si evidenzia la necessità che “il Capo dell’ufficio giudiziario presso il quale è sorta la problematica dovrà sottoporre la stessa al Capo dell’ufficio sovraordinato, formulando le necessarie osservazioni e rappresentando l’impossibilità di trovare una soluzione in sede locale. Quindi, il Capo dell’ufficio sovraordinato dovrà verificare se la questione in parola sia stata già affrontata e risolta da altri uffici del medesimo distretto con una soluzione dallo stesso ritenuta condivisibile. In tal caso, appare evidente come sia del tutto superfluo investire anche questa Direzione generale. In caso contrario, ovvero qualora detta soluzione non sia condivisa dal Capo dell’ufficio sovraordinato, quest’ultimo provvederà a trasmettere il quesito a questa Direzione generale esprimendo un motivato parere utile alla risoluzione del quesito proposto sulla base della relazione dell’ufficio richiedente, in modo da fornire in maniera esaustiva l’esatta rappresentazione del caso prospettato e favorire, al contempo, la formulazione di risposte più organiche e tempestive e, ove necessario, l’adozione di determinazioni di carattere generale trasfuse in apposite circolari.”

Ciò posto, per quanto concerne il merito del quesito e tenuto conto di analoga risposta fornita da questa Direzione generale sull’argomento in esame, si rappresenta quanto segue.

A norma dell’art. 14, del d.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002, così come modificato dall’art. 28, comma 1, lettera b), della 1. 12 novembre 2011, n. 183, “1. La parte che per prima si costituisce in giudizio, che deposita il ricorso introduttivo, ovvero che, nei processi esecutivi di espropriazione forzata, fa istanza per l’assegnazione o la vendita dei beni pignorati, è tenuta al pagamento contestuale del contributo unificato. (…) 2. Il valore dei processi, determinato ai sensi del codice di procedura civile, senza tener conto degli interessi, deve risultare da apposita dichiarazione resa dalla parte nelle conclusioni dell’atto introduttivo, anche nell’ipotesi di prenotazione a debito. 3. la parte di cui al comma 1, quando modifica la domanda o propone domanda riconvenzionale o formula chiamata in causa, cui consegue l’aumento del valore della causa, è tenuta a farne espressa dichiarazione e a procedere al contestuale pagamento integrativo. Le altre parti quando modificano la domanda o propongono domanda riconvenzionale o formulano chiamata in causa o svolgono intervento autonomo, sono tenute a farne espressa dichiarazione e a procedere al contestuale pagamento di un autonomo contributo unificato, determinato in base al valore della domanda proposta”.

A norma del successivo art. 15, “1. Il funzionario verifica l’esistenza della dichiarazione della parte in ordine al valore della causa oggetto della domanda e della ricevuta di versamento; verifica inoltre se l’importo risultante dalla stessa è diverso dal corrispondente scaglione di valore della causa. 2. Il funzionario procede, altresì, alla verifica di cui al comma 1 ogni volta che viene introdotta nel processo una domanda idonea a modificare il valore della causa”;

a norma dell’art. 10 c.p.c. “il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla domanda a norma delle disposizioni seguenti. A tale effetto le domande proposte nello stesso processo contro la medesima persona si sommano tra loro, e gli interessi scaduti, le spese e i danni anteriori alla proposizione si sommano col capitale”.

A norma del successivo art. 14, comma 1, “Nelle cause relative a somme di danaro o a beni mobili, il valore si determina in base alla somma indicata o al valore dichiarato dall’attore; in mancanza di indicazione o dichiarazione, la causa si presume di competenza del giudice adito”.

A norma dell’art. 9, comma 1, del citato T.U. 115/2002, “è dovuto il contributo unificato di iscrizione a ruolo, per ciascun grado di giudizio, nel processo civile, (…) secondo gli importi previsti dall’articolo 13 (…)”.

A norma del successivo art. 13, “1. Il contributo unificato è dovuto nei seguenti importi: a) euro 43 per i processi di valore fino a 1.100 euro (…); b) euro 98 per i processi di valore superiore a euro 1.100 e fino a euro 5.200 (…); c) euro 237 per i processi di valore superiore a euro 5.200 e fino a euro 26.000 (…); d) euro 518 per i processi di valore superiore a euro 26.000 e fino a euro 52.000 e per i processi civili di valore indeterminabile; e) euro 759 per i processi di valore superiore a euro 52.000 e fino a euro 260.000; f) euro 1.214 per i processi di valore superiore a euro 260.000 e fino a euro 520.000; g) euro 1.686 per i processi di valore superiore a euro 520.000. (…) 6. Se manca la dichiarazione di cui all’articolo 14, il processo si presume del valore indicato al comma 1, lettera g)”.

Orbene, tanto premesso in termini generali, si deve precisare che, non essendo ravvisabile alcuna dichiarazione di valore nella domanda di condanna della controparte al pagamento, in alternativa alla somma di denaro specificamente richiesta nelle conclusioni, della “maggior somma che verrà stabilita in corso di causa”, e non potendo il cancelliere, al momento dell’iscrizione a ruolo della causa, effettuare alcuna valutazione circa la natura “sostanziale” o “di stile” della formula stessa (trattandosi di valutazione relativa alla qualificazione del petitum, istituzionalmente riservata al giudice adito), il contributo unificato debba necessariamente essere quantificato sulla base della (come detto unica) dichiarazione di valore formulata dalla parte stessa.

A conforto di tale conclusione, giova evidenziare:

- che la S.C., nella sentenza della III sezione civile n. 9432 del 5.4.2012 (espressamente citata dalla medesima S.C. nella successiva sentenza n. 6053 dell’11.3.2013, richiamata nel quesito in oggetto), pur avendo affermato che, “in presenza di una domanda determinata nell’ammontare ... che si accompagni ad una richiesta generica di maggior somma <<conforme a giustizia>>, ... la domanda ... si presume, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 14 c.p.c., pari al limite massimo della competenza per valore del giudice adito in ragione della natura della domanda”, ha precisato che tale principio vale “salvo che quest’ultima” (ovverosia la domanda generica di maggior somma) “possa considerarsi mera clausola di stile sulla base delle risultanze di causa” (in senso analogo si vedano pure Cass. civ., sez. III, sentenza n. 7255 del 30.3.2011 e sez. 11, sentenza n. 16318 del 26.7.2011, le quali hanno ribadito che la valutazione in esame deve essere fatta tenendo conto dei fatti esposti dall’attore e delle prove dallo stesso offerte in giudizio);

- che, per altro verso, la stessa S.C. aveva in precedenza chiarito che la dichiarazione del valore della causa fatta agli effetti del cd. contributo unificato, essendo indirizzata al cancelliere, non assume rilievo ai fini della determinazione della competenza del giudice adito (per tutte si veda, al riguardo, l’ordinanza n. 15714 del 2007, secondo cui “la circostanza che il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 14, comma 2, esclude la rilevanza degli interessi per la individuazione del valore ai fini del contributo unificato, mentre essi sono considerati dall’art. 10 cod. proc. civ., comma 2, rilevanti ai fini dell’individuazione del valore della domanda ed il fatto che la dichiarazione della parte in funzione della determinazione del contributo unificato è indirizzata al funzionario di cancelleria, cui compete il relativo controllo, escludono decisamente ogni possibile partecipazione di tale dichiarazione di valore alle conclusioni della citazione, cui allude il n. 4 dell’art. 163 c.p. c. e, quindi, la possibilità di considerare la dichiarazione come parte della “domanda “, nel senso cui vi allude il primo comma dell’art. 10 citato, quando dice che “il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla domanda a norma delle disposizioni seguenti” e fra queste dell’art.. 14 cod. proc. civ.”; in senso analogo si veda pure Cass. civ., sez. III, sentenza n. 4994 del 26.02.2008).

- che la sentenza emanata dalla Corte di Cassazione, n. 3894 del 29 febbraio 2016, richiamata anch’essa dal direttore amministrativo del tribunale di Patti, non muta quanto fino ad ora sostenuto, in quanto l’affermazione secondo cui “la formula somma maggiore o minore ritenuta dovuta" o altra equivalente, che accompagna le conclusioni con cui una parte chiede la condanna al pagamento di un certo importo, non può essere considerata, di per sé, come una clausola meramente di stile quando vi sia una ragionevole incertezza sull'ammontare del danno effettivamente da liquidarsi (cfr. Cass. n. 4727/1984), è riferita alla possibilità, per il giudice, di poter decidere al di fuori di quanto richiesto nella domanda (“extra petitum”).

- che tale principio viene ulteriormente chiarito dalla Suprema Corte con la sentenza n.12724 del 21 giugno 2016, nella quale si evidenzia che "la formula con cui una parte domanda al giudice di condannare la controparte al pagamento di un importo indicato in una determinata somma " o in quella somma maggiore o minore che risulterà di giustizia " non può essere considerata - agli effetti dell'art. 112 cod. proc. civ. - come meramente di stile, in quanto essa (come altre consimili), lungi dall'avere un contenuto meramente formale, manifesta la ragionevole incertezza della parte sull'ammontare del danno effettivamente da liquidarsi e ha lo scopo di consentire al giudice di provvedere alla giusta liquidazione del danno senza essere vincolato all'ammontare della somma determinata che venga indicata, in via esclusiva, nelle conclusioni specifiche”.

Dalla lettura delle pronunce sopra richiamate si ricava che occorre distinguere tra la “domanda giudiziale”, rivolta al magistrato, e la dichiarazione di valore a cui è tenuto l’avvocato, ai sensi dell’articolo 14, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002, per la determinazione del contributo unificato; se l’avvocato omette di rendere la dichiarazione di valore di cui all’art. 14, comma 2, del testo unico sopra richiamato, si applicherà il contributo unificato di cui all’articolo 13, comma 1, lettera g), del medesimo testo unico (art. 13, comma 6, del d.P.R. n. 115 del 2002)

Roma, 16 agosto 2017

Il Direttore generale
Michele Forziati