Circolare 3 febbraio 2022 - Incremento pianta organica Funzionario Giuridico Pedagogico – Valorizzazione del ruolo e della figura professionale

3 febbraio 2022

m_dg.GDAP. 03/02/2022.0040928.U

Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria

Direzione Generale del Personale e delle Risorse

Al Signor Direttore generale dei detenuti e del trattamento
SEDE

Al Signor Direttore generale della formazione
SEDE

Ai Signori Provveditori regionali
LORO SEDI

Al Signor Direttore della Scuola Superiore dell’esecuzione penale
ROMA

Ai Signori Direttori degli istituti penitenziari
LORO SEDI

Ai Signori Direttori delle Scuole di formazione e degli istituti di istruzione
LORO SEDI

E, per conoscenza,

Al Signor Vice Capo del Dipartimento
SEDE

All’Ufficio del Capo del Dipartimento
Ufficio I – Segreteria Generale
(per la trasmissione agli uffici del Capo del Dipartimento)
SEDE

 

OGGETTO: Incremento pianta organica Funzionario Giuridico Pedagogico – Valorizzazione del ruolo e della figura professionale.

1. Premessa

L’Amministrazione Penitenziaria, in questo momento storico, sta cercando di raggiungere i suoi obiettivi istituzionali anche attraverso una massiccia assunzione di personale. Sono, infatti, numerose le procedure concorsuali in atto sia sul versante del personale del Comparto Sicurezza sia su quello del Comparto Funzioni Centrali.

Rispetto alla Polizia penitenziaria i concorsi stanno riguardando tutti i ruoli: da quello agenti – assistenti a quello direttivo; dai concorsi interni per l’avanzamento al ruolo dei sovrintendenti a quelli (interni ed esterni) per l’accesso al ruolo degli ispettori. L’obiettivo – espressamente previsto nella legge di Bilancio 2020 - è quello di ripianare nell’arco di 5 anni l’attuale pianta organica del Corpo facendo così anche fronte ai numerosi pensionamenti.

Allo stesso modo le procedure di assunzione riguardano anche il personale del comparto Funzioni Centrali che sempre più, nel tempo, è andato assottigliandosi. Da qui, i concorsi per funzionari contabili, assistenti tecnici, assistenti informatici, contabili, nonché mediatori culturali e funzionari giuridico – pedagogici. A tutto ciò va aggiunto e, rimarcato per la primaria importanza che riveste, il concorso per dirigenti penitenziari l’ultimo dei quali, come noto, risale all’ormai lontano 1997. Per un più dettagliato esame dei concorsi in atto si rinvia all’allegato prospetto riepilogativo. (All.1)

E’ stato tracciato un intervento sul personale che, oltre a implementare e rinnovare la classe dirigente, investe, a 360 gradi e in una logica unitaria, tutte le figure professionali che compongono il panorama penitenziario in modo che le strutture e i servizi su cui si fonda possano espletare i propri compiti avvalendosi delle necessarie risorse umane.

E’ un’occasione storica da non perdere. L’incremento delle risorse umane va infatti, valorizzato non solo da un punto di vista quantitativo ma deve, di contro, indurre l’organizzazione dell’Amministrazione a migliorarsi su un piano qualitativo.

Deve, pertanto, essere riservata dai dirigenti penitenziari una specifica e marcata attenzione, di concerto con i responsabili delle Aree, ad una modalità d’impiego delle nuove risorse che generi un salto di qualità dei processi organizzativi e, conseguentemente, faciliti il raggiungimento degli obiettivi che annualmente l’Amministrazione si pone.

In questo quadro complessivo occorre sottolineare una delle scelte operate dal Legislatore con la Legge di Bilancio 2020 e vale a dire l’incremento della pianta organica dei funzionari giuridico – pedagogici di 100 unità. Ne è conseguito un ampliamento dei posti messi a concorso fino a 210 unità, numero che, per far fronte al turn over, è suscettibile di ulteriore incremento. E’ una scelta che coincide con un indirizzo politico che intende valorizzare i percorsi d’inclusione sociale dei detenuti attraverso un modello organizzativo degli istituti penitenziari in cui sicurezza e trattamento si bilanciano e in cui la presenza di “operatori di relazione” non può che migliorare la gestione della popolazione detenuta, ridurre gli eventi critici e produrre un beneficio sul versante del benessere lavorativo.

Proprio la prossima immissione in ruolo di un così elevato numero di FGP induce questa Direzione Generale a formulare indicazioni finalizzate a restituire alla citata figura professionale la centralità ad essa attribuita dall’Ordinamento penitenziario.

Si rileva che le presenti direttive sono state elaborate in piena condivisione con la Direzione Generale Detenuti e Trattamento.

2. Evoluzione storica della figura dell’educatore secondo le direttive dell’Amministrazione penitenziaria

Dall’istituzione della figura dell’educatore per adulti negli Istituti penitenziari (artt. 80 e 82 ord. penit) e dalla successiva immissione in ruolo di tali operatori (avvenuto nel 1979), l’Amministrazione penitenziaria ha dato indicazioni sulla gestione del ruolo, di una figura del tutto nuova, evidenziando di volta in volta il focus operativo dell’educatore.

Negli anni, oltre all’attenzione sulla figura, si è andata delineando una struttura organizzativa di tutti i profili deputati al trattamento, con la costituzione dell’area educativa.

Nelle prime circolari chiarificatrici della funzione del nuovo ruolo, n. 2598/5051 del 13 aprile 1979 (Attività di osservazione e trattamento dei condannati e degli internati) e n. 2625/5078 del 1° agosto 1979 (Competenze operative degli educatori per adulti Iniziative di coordinamento e di sostegno da parte del direttore di istituto per un efficiente impiego degli educatori) si sottolineava l’importanza di ‹‹un’autentica armonizzazione dei vari tratti dell’intervento›› e che ‹‹le attività di osservazione […] per raggiungere un risultato veramente significativo presuppongono la volontaria collaborazione del soggetto considerato›› per chiarire l’impossibilità di imposizione del trattamento educativo.

La successiva circolare n. 3196/5446 del 3 febbraio 1987 (Collaborazione fra gli istituti penitenziari ed i centri di servizio sociale negli interventi relativi ai detenuti ed agli internati. Attività del gruppo di osservazione e trattamento) disciplinava la collaborazione con i Centri di servizio sociale.

Un caposaldo nella definizione dell’assetto degli istituti penitenziari e dei relativi ruoli è costituito dalla circolare n. 3337-5787 del 7 Febbraio 1992 (Istituti penitenziari e centri di servizio sociale costituzione funzionamento delle aree) che istituisce le Aree negli istituti, segnando una svolta, in termini di cultura organizzativa e di rinnovamento dell’Amministrazione penitenziaria e, indicando con estrema esattezza ruoli e funzioni di ognuno dei settori che compongono l’Istituto penitenziario e degli operatori ad essi rispettivamente assegnati, ponendo soprattutto in evidenza l’assoluta importanza dell’unitarietà nella multidisciplinarietà dell’azione amministrativa: “…la gestione degli Istituti e dei Centri[1] e delle loro varie e complesse attività deve accogliere, nella massima misura possibile, momenti ed occasioni di discussione, di dialogo, insomma di collegialità, per modo che ciascuna professionalità, ed in particolare i responsabili delle aree, possano dare liberamente, e nel rispetto reciproco, tutto intero il loro contributo per il raggiungimento dei risultati migliori e più rispondenti alla direttive del Dipartimento ed alle esigenze delle singole situazioni concrete. In definitiva, l’idea di “gestione partecipata” è l’idea di una gestione democratica, moderna, efficiente, manageriale, capace, insieme, di esprimere la varietà e la molteplicità e di trovare la sintesi e l’unità più opportune”.[2]

La peculiarità della figura dell’educatore viene ribadita nella circolare n. 3554/6004 del 2 maggio 2001 (Costituzione, assetto organizzativo e funzionalità delle aree educative nei Provveditorati e negli Istituti) dove si legge ‹‹occorre altresì procedere ad una organizzazione interna dell’area che valorizzi le numericamente scarse risorse presenti, in modo da consentire agli educatori di rivalutare la dimensione relazionale del rapporto con l’utenza, nucleo fondamentale dell’intervento educativo, mediante l’assegnazione stabile di personale di supporto, sia esso amministrativo o di polizia penitenziaria, che non sia contemporaneamente adibito ad altri incarichi, in un numero di unità adeguato al carico di lavoro presente nell’istituto››.

Con la circolare 3593/6043 del 9 ottobre 2003 (Le aree educative degli istituti) viene nuovamente disciplinata la competenza delle suddette aree, con un intervento che intende rilanciare il settore dell’osservazione e del trattamento, operando su tre linee fondamentali: il livello della pianificazione (Direzione dell'Istituto), il livello dell’organizzazione, gestione e del coordinamento operativo (Area educativa), il livello operativo del trattamento individualizzato (Educatore - GOT - équipe).

In merito alla figura dell’educatore la circolare evidenzia che ‹‹utilizzando le tecniche e i metodi professionali, l’educatore instaura un rapporto dialogico con ogni detenuto, teso a favorirne la motivazione ad aderire ad un progetto trattamentale, e più in generale ad un processo di risocializzazione. Va comunque sottolineata l’importanza di superare l’ottica che ha ridotto l’azione dell’educatore all’utilizzo di un solo strumento operativo ovvero del colloquio, laddove la ricchezza di informazioni e valutazioni che tale operatore può raccogliere sul condannato derivano dalla valorizzazione anche di altri strumenti quali, tra gli altri […] l’osservazione partecipata, l’attenzione rivolta cioè al comportamento tenuto dal condannato nei momenti di vita quotidiana, nel tempo destinato alla socialità, nell’impegno dello stesso nelle diverse attività di istituto, durante i colloqui con la famiglia, occasioni di incontro con il detenuto in situazioni meno strutturate del colloquio nell’ufficio educatori, incontri con gruppi di detenuti››.

Nel 2005, la circolare GDAP-0217584-2005 (L'area educativa: il documento di sintesi ed il patto trattamentale), nel tentativo di uniformare la struttura delle relazioni inviate alla magistratura di sorveglianza fornisce indicazioni specifiche sulle modalità di osservazione che, appare opportuno rammentarlo, è competenza primaria di tutti gli operatori interagenti nel contesto penitenziario. E’ infatti di estrema importanza sottolineare che i contenuti del documento, se da un lato devono restituire una sorta di "fotografia" della realtà contestuale (carcere, soggetto, reti primarie e secondarie del medesimo) e pertanto una descrizione inevitabilmente con caratteristiche di "staticità" sia rispetto al soggetto che alle caratteristiche/spazi/opportunità dell'Istituto penitenziario, dall'altro devono invece dare una lettura "dinamica" e progettuale. ‹‹Il consenso del detenuto assume infatti un valore incontrovertibile essendo l'unica via per superare la strumentalità diffusa di comportamenti "formalmente corretti" e concorre ad incentivare la capacità progettuale del detenuto medesimo all'assunzione di scelte significative in ordine alla riattivazione del circuito delle responsabilità individuali e sistemiche ed al proprio percorso di cambiamento esistenziale››.

Con la Lettera Circolare 0130240 del 13.04.2006 (Compiti Amministrativi delle aree educative) si torna sulla gestione organizzativa delle aree educative e degli uffici di segreteria tecnica.

Con la circolare 0438879 del 27.10.2010 (Operatività del Funzionario della professionalità giuridico pedagogica), si delinea l’immagine attuale della figura dell’educatore, in occasione del cambio di denominazione da contratto integrativo 2010 e gli si attribuisce la competenza di porre in relazione il detenuto con le risorse del territorio, creando collegamenti e sinergie e coordinando il volontariato, ribadendo quanto indicato nella circolare del 2003 e cioè che il colloquio non è l’unico strumento di conoscenza. La circolare definisce il funzionario giuridico pedagogico tecnico del comportamento e che ‹‹pur in presenza della nuova denominazione›› restano interamente vigenti i compiti previsti nelle norme e nelle circolari.

Alla modifica della denominazione si affianca dunque una più chiara definizione delle competenze del ruolo dei funzionari giuridico pedagogici, che, oltre alla formale presa in carico dei casi, assumono il compito – in ragione delle particolari competenze possedute – di programmazione, congiuntamente alle altre aree concorrenti alla definizione multidisciplinare del Progetto di Istituto, di coordinamento della rete interna ed esterna possibile, tanto rispetto al caso individuale quanto rispetto alla più ampia attività di relazione con il territorio.

3. La situazione attuale

Dalla circolare del 9 ottobre 2003 si evince che gli educatori effettivamente presenti in Istituto erano 474 rispetto ai 55.682 detenuti presenti e quindi con una proporzione di 1 a 117 (evidentemente inadeguata se si pensa che la previsione dell’organico nazionale prevedeva il numero di 1376 unità).

Al primo novembre 2021 erano presenti sull’intero territorio nazionale 789 funzionari giuridico pedagogici; tenuto conto di quanti in servizio presso sedi dell’Amministrazione diverse dagli Istituti (Dap, Prap, Scuole di Formazione) il rapporto rispetto alla presenza media dei detenuti nell’ultimo quinquennio è di 1 funzionario ogni 84 detenuti. Tale rapporto è tuttavia calcolato in termini nazionali ed occorre considerare che vi sono situazioni locali con forte diversificazione.

Con l’immissione in ruolo di nr. 210 funzionari, tenuto conto della medesima presenza media dei detenuti sopra calcolata, il rapporto si attesterà sulla proporzione di circa 1 funzionario ogni 65 detenuti.

L’incremento dei funzionari giuridico pedagogici appare, pertanto, un importante messaggio da parte di questa Amministrazione finalizzato ad attribuire maggior slancio, alla funzione rieducativa della pena.

4. Il perimetro dell’intervento

Le complesse e diversificate mansioni del Funzionario Giuridico Pedagogico, come si può evincere dalle fonti normative nazionali e interne, si possono schematizzare all’interno delle seguenti macroaree:

4.1. Accoglienza

Come è noto, l’ingresso in istituto (e con questo si intende il primo periodo di permanenza), per coloro che non abbiano trascorso altre detenzioni, è un momento traumatico per la persona che lo sperimenta e deve adattarsi a un contesto ignoto, cui si aggiunge la privazione dei propri legami affettivi e più in generale della propria identità sociale.

Per tali motivi l’attenzione all’accoglienza delle persone che entrano in istituto è ed è stata oggetto di grande attenzione da parte di questa Amministrazione (si citano come mero esempio le circolari 30 dicembre 1987 “Tutela della vita e della incolumità fisica e psichica dei detenuti e degli internati. Istituzione e organizzazione del Servizio nuovi giunti” e del 6 giugno 2007 “I detenuti provenienti dalla libertà: regole di accoglienza. Linee di indirizzo”) oltre che espressamente prevista dal regolamento di esecuzione O.P. all’art. 23 (Modalità dell’ingresso in istituto).

Ancor più significativo appare il Piano Nazionale di Prevenzione del rischio suicidario sottoscritto nel luglio 2017 dalla Conferenza Stato Regioni che, a seguito del passaggio della sanità penitenziaria al Servizio Sanitario Nazionale, sottolinea la rilevanza, anche in questo caso, di un’attività di accoglienza fondata su un modello multiprofessionale strutturato.

Intervento multiprofessionale nel cui ambito il funzionario giuridico pedagogico, insieme alle altre figure professionali coinvolte nell’accoglienza, è chiamato ad orientare il detenuto nel contesto e ad attivare le opportune azioni per contribuire a prevenire rischi per la salute psicofisica della persona detenuta.

4.2. Conoscenza

Il processo di conoscenza viene avviato sin dal primo ingresso e attiene al concetto di osservazione scientifica della personalità, che rientra nel trattamento individualizzato di cui all’art 13 ord. penit. A tale proposito si rammenta quanto il testo dell’articolo, come modificato dal D.Lgs. 123/2018, chiarisce sin dal primo comma, ossia che esso deve ‹‹incoraggiare le attitudini e valorizzare le competenze che possono essere di sostegno per il reinserimento sociale››, oltre che ‹‹rilevare le carenze psicofisiche o le altre cause che hanno condotto al reato››, quindi riconoscendo, in primis, al condannato delle potenzialità da mettere a frutto al di là degli aspetti patologici che lo hanno condotto alla devianza.

Come più volte sottolineato nelle circolari, la conoscenza non ha come unico strumento il colloquio individuale ma tutte quelle occasioni, che vanno comunque e certamente incrementate, di osservazione partecipata, in contesti meno formali e dinamici, ad esempio durante le attività, nella vita di sezione, durante i colloqui con i familiari.

L’utilizzo di metodi/strumenti di osservazione diversificati caratterizza sempre più in senso dinamico la figura del funzionario giuridico pedagogico che deve muoversi all’interno delle sezioni, incontrare i detenuti, presenziare alle loro attività alla stregua di quanto avviene per l’operatore di Polizia Penitenziaria nell’ambito della c.d. sorveglianza dinamica.

 Per lo svolgimento di colloqui non deve essere ritenuta necessaria una richiesta formale, tenuto conto che il servizio educativo è un servizio di base che l’Amministrazione offre.

Tutti gli elementi di conoscenza, acquisiti direttamente o tramite gli altri operatori, dell’amministrazione e non, sono essenziali per fornire alla magistratura di sorveglianza un quadro completo della storia familiare, personale, penale e penitenziaria del detenuto. Allo stesso modo la conoscenza dei detenuti risulta quanto mai indispensabile nella prevenzione degli eventi critici e, se oggetto di fluido e reciproco interscambio con il personale della Polizia penitenziaria, può avere importanti riverberi anche sul piano della sicurezza.

4.3. Coprogettazione individuale

Quello che l’ordinamento penitenziario chiama trattamento e i relativi elementi che lo compongono (artt 13 e 15 della Legge) sono il fondamento dell’intervento che vede la figura del funzionario giuridico pedagogico quale promotore, coordinatore e co-progettatore. Infatti, le attività che devono essere offerte alle persone condannate devono essere il più possibile coerenti con le loro potenzialità; in quanto soggetto adulto, del detenuto deve essere sostenuto il processo di autodeterminazione e la libera adesione alla proposta trattamentale dovrà essere coinvolta sin dalla fase di progettazione delle attività. In tal senso, si ritiene opportuno rilanciare il ruolo e l’importanza, da un punto di vista trattamentale, delle rappresentanze già previste nell’ordinamento penitenziario finalizzate alla rilevazione dei bisogni e alla valutazione delle proposte progettuali provenienti dagli stessi detenuti.

Nell’intervento pedagogico sarà essenziale la chiarezza nella comunicazione sui tempi e gli esiti dell’osservazione così come la condivisione del programma di trattamento che l’équipe formula per la singola persona e ciò al fine di evitare fraintendimenti e recriminazioni.

Nel percorso del detenuto sarà essenziale altresì accompagnarlo nell’accesso alle misure premiali e nell’ammissione al lavoro all’esterno, con azioni di monitoraggio e supporto, in una fase che, se può sembrare il raggiungimento di un obiettivo, in realtà è molto delicata e complessa per chi si trova a confrontarsi nuovamente con il mondo esterno, spesso idealizzato, che lo pone in una difficile condizione di duplicità (sensazione di libertà/status di detenuto).

Di tali opportunità andrà tenuto conto anche, ove possibile, nell’ambito dell’intervento di sostegno eventualmente proposto anche alle persone in attesa di giudizio come prevede la normativa.

4.4. Lavoro di rete

Un compito trasversale, quanto essenziale, cui deve attendere il funzionario giuridico pedagogico è la capacità di lavorare in rete su più fronti: interno ed esterno.

In merito all’interno, come già indicato sopra, fondamentale è la collaborazione con il personale di Polizia penitenziaria, in particolare nei confronti di quei detenuti che, per fragilità o problemi di adattamento al contesto, rischiano di essere coinvolti in eventi critici, talvolta prevenibili con un intervento multidisciplinare.

Non si intende qui riferirsi unicamente alle persone portatrici di disagio psicologico e psichico ma anche alle persone che non hanno piena contezza di alcune procedure o presentino particolari stato di ansia ed emotività. 

Sempre all’interno, è bene ribadire che tutti gli operatori che a vario titolo si occupano del detenuto (quindi anche operatori del privato sociale, del volontariato, della scuola, oltre alle figure istituzionali) devono essere coinvolti in quanto preziosa fonte di elementi di osservazione e incoraggiati ad operare in una rete virtuosa e multiprofessionale.

 Si coglie l’occasione per evidenziare che questa Direzione Generale ha destinato ingenti risorse finanziarie alla realizzazione ex novo, o alla riutilizzazione di spazi trattamentali. E’ stato avviato a livello nazionale, un programma teso a creare spazi per lo svolgimento di attività istruttive, formative, lavorative, ricreative e sportive. Va da sé che questi spazi devono essere pienamente e proficuamente utilizzati dai detenuti e, in questo senso, l’opera del FGP in funzione di regìa delle attività è tanto preziosa quanto necessaria. Non deve accadere che i nuovi spazi siano inutilizzati con la conseguenza che, oltre ad essere sperperate risorse economiche, si vanifichino gli obiettivi trattamentali perseguiti. In tal senso ci si rimette naturalmente alla stessa capacità di programmazione e pianificazione delle attività dei direttori che dovranno trovare la giusta mediazione tra le esigenze di sicurezza e quelle di trattamento, coordinando e presiedendo la stesura del Progetto di Istituto, nel cui ambito tali esigenze andranno contestualmente contemplate.

In merito all’esterno, il funzionario giuridico pedagogico dovrà farsi promotore di reti progettuali e di collaborazione con i funzionari degli UEPE, con gli enti locali, con le università (buona prassi è l’organizzazione di incontri studenti/detenuti, di tirocini, di attività di tutoring per i detenuti studenti), con il mondo dell’imprenditoria e della cooperazione sociale (sia per il lavoro interno sia, soprattutto, per il lavoro all’esterno), con il volontariato e il mondo della scuola, nonché con agenzie promotrici di attività di giustizia riparativa.

E’ importante ribadire che se il coordinamento delle attività e degli interventi afferenti al trattamento è in capo al funzionario giuridico pedagogico, il mondo esterno ha un ruolo comunque formalizzato dall’ordinamento penitenziario (si pensi al fatto che il legislatore del 1975 ha inserito i contatti con il mondo esterno tra i principali elementi del trattamento) e quindi vanta un ruolo decisivo nel contesto penitenziario che deve essere promosso (e non solo per le funzioni spesso sussidiarie che ricopre).

5. Il piano dell’organizzazione

Per conferire il giusto ruolo alla figura del funzionario giuridico pedagogico, in occasione dell’immissione in servizio di un cospicuo numero degli stessi, e per poter mettere in atto le indicazioni riportate nella presente circolare, si devono creare delle condizioni favorevoli e necessarie in termini organizzativi.

Il principio che deve informare l’assetto organizzativo attorno alla figura è quello della deburocratizzazione e per poter perseguire questo obiettivo è necessario che nell’ambito dell’area educativa venga strutturato un ufficio di segreteria tecnica, avvalendosi del prezioso contributo del personale amministrativo o di quello appartenente al Corpo di polizia penitenziaria per l’espletamento degli atti relativi all’esecuzione della pena (invio delle istanze, pareri, rapporti informativi, ecc).

Il funzionario giuridico pedagogico deve essere messo nelle condizioni di privilegiare la relazione con l’utenza presso i luoghi di vita del detenuto (sezioni detentive, spazi attività, spazi socialità, ecc.).

Per questo motivo è opportuno che nelle sezioni detentive – come in più occasioni ribadito – siano allestiti appositi uffici dotati di strumentazione informatica e collegamento AFIS.

Si raccomanda alle Direzioni di riorganizzare (ove necessario) in generale i procedimenti amministrativi in capo all’area educativa (in alcune realtà, infatti, sono in uso prassi che sovraccaricano di mansioni burocratiche addirittura non strettamente connesse con l’area educativa) e di intraprendere, laddove possibile, interlocuzioni con la magistratura di sorveglianza per adottare procedure che possano incidere positivamente, snellendo il lavoro degli uffici coinvolti, sulle istanze volte all’ottenimento dei benefici, anche con adeguata modulistica, come già avviene in alcune realtà.

Il capo area dovrà suddividere i carichi di lavoro tenendo conto delle presenti indicazioni e in accordo con la Direzione, agevolare la presenza dei funzionari giuridico pedagogici nelle sezioni detentive sia per lo svolgimento dei colloqui sia, soprattutto, in collaborazione con il personale di Polizia Penitenziaria, per poter cogliere il clima e le dinamiche tra detenuti che sono fonti preziose di conoscenza,

Più in generale, auspicando il superamento del sistema delle richieste di cui al modello 393, il funzionario giuridico pedagogico dovrà essere facilmente contattabile e raggiungibile anche da quei detenuti che, per carattere o scarsa dimestichezza con il sistema penitenziario, rischiano di non poter avere contatti col professionista e quindi di non accedere a un servizio essenziale dell’Amministrazione.

Per poter addivenire a un’organizzazione più dinamica del ruolo, si evidenzia l’importanza di prevedere la presenza del funzionario in un’ampia fascia oraria, organizzando anche turnazioni pomeridiane o preserali, dato che, come ampiamente evidenziato, il ruolo non si deve relegare a mansioni di back office che giustificherebbero orari unicamente mattutini, ma deve piuttosto essere incentivato a vivere appieno la vita dell’istituto.

Fermo restando che modifiche dell’organizzazione del lavoro devono essere oggetto di preventiva informativa alle Organizzazioni sindacali di settore si rileva che i contratti vigenti non impediscono l’impiego dei FGP in turni serali.

Vanno superate le prassi, ormai consolidate, che vedono la presenza del funzionario giuridico pedagogico soltanto in alcune fasce orarie (addirittura in orari in cui le camere di pernottamento sono ancora chiuse) e che lo escludono dalla vita penitenziaria o che ne limitino gli accessi presso i reparti detentivi.

Un ultimo cenno si intende riservare ai funzionari giuridico pedagogici assegnati presso gli Uffici dei provveditorati regionali e della Amministrazione centrale di cui va rimarcata l’importanza per le funzioni di sostegno e coordinamento della programmazione rispetto a quanto operato presso le sedi territoriali.

6. Conclusioni

Le presenti direttive devono inquadrarsi in quella logica di programmazione integrata ben descritta nella circolare del Capo Dipartimento del 14 gennaio, n. 013679 recante ”Indirizzi per un metodo di lavoro proprio di un’Amministrazione sempre più moderna ed efficiente. Gli strumenti di programmazione”.

Il funzionario giuridico pedagogico, pertanto, vedrà collocare il suo operato nell’ambito di chiare linee programmatiche che, discendendo dalla Amministrazione centrale, trovano la loro espressione regionale nel Piano Territoriale Unitario e quella locale nel Progetto d’Istituto.

L’attività del funzionario giuridico pedagogico dovrà, pertanto, muoversi sempre in quest’ottica progettuale il cui fulcro è costituito dalla circolarità d’informazioni tra gli operatori delle varie Aree, da un agire sinergico e multidisciplinare che rappresenta una delle risorse più preziose dei nostri assetti organizzativi.

La prospettiva è quella di una figura professionale che, in questa logica multidisciplinare, sappia coniugare le attività di coordinamento con quelle, essenziali, di “prossimità” ai detenuti, contribuendo così a migliorare la qualità di quei contesti lavorativi all’interno dei quali, a breve, dovrà essere accompagnata l’immissione delle nuove risorse lavorative.

Il Direttore Generale
Massimo Parisi

Il Capo del Dipartimento
Bernardo Petralia

[1] Centri di Servizio Sociale – oggi Uepe

[2] N. Amato, Messaggio a tutto il personale – Introduzione alla CM 3337-5787 del 7.2.1992 “Istituti penitenziari e centri di servizio sociale: Costituzione e funzionamento delle aree”.