Circolare 18 febbraio 2021 - Attuazione del Regolamento (UE) 2018/1805 relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca

18 febbraio 2021

prot. m_dg_DAG.18/02/2021.0035566.U

Dipartimento per gli Affari di Giustizia

Direzione Generale degli Affari Internazionali e della Cooperazione Giudiziaria

 

Al Primo Presidente della Corte di Cassazione
 Al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione
 Al Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo 
Ai Presidenti delle Corti d’Appello
LORO SEDI

Ai Procuratori Generali presso le Corti d’Appello
LORO SEDI

Ai Presidenti dei Tribunali
LORO SEDI

Ai Procuratori della Repubblica
LORO SEDI

Al Membro Nazionale di Eurojust
Al Magistrato di collegamento con la Repubblica di Francia

 

e, per conoscenza

Al Capo di Gabinetto
Al Servizio Affari Internazionali del Gabinetto
Al Capo dell’Ufficio Legislativo
Al Capo del Dipartimento per gli Affari di Giustizia
Al Capo del Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi 
Al Direttore Generale dei Servizi Informativi e Automatizzati 
Ai Magistrati di collegamento in Italia per

Repubblica di Francia
Regno dei Paesi Bassi
Regno Unito
Regno del Marocco
Stati Uniti d’America

Ai Magistrati italiani di collegamento con

Repubblica di Albania
Regno del Marocco

Circolare in tema di attuazione del Regolamento (UE) 2018/1805 relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca.

SOMMARIO 

PARTE I – OGGETTO E AMBITO DI APPLICAZIONE

  1. L’ENTRATA IN VIGORE E L’ACQUISTO DI EFFICACIA DEL REGOLAMENTO
  2. LE FINALITÀ
  3. L’UTILIZZO DELLA FONTE REGOLAMENTARE E IL MUTUO RICONOSCIMENTO
  4. LA SOSTITUZIONE DELLE PREVIGENTI NORMATIVE SOVRANAZIONALI IN AMBITO UE
  5. L’AMBITO OGGETTIVO DI APPLICAZIONE DEL REGOLAMENTO

5.1 I PROVVEDIMENTI DI CONGELAMENTO E DI CONFISCA
5.2 IL PROCEDIMENTO IN MATERIA PENALE
5.3 I REATI AI QUALI SI APPLICA IL REGOLAMENTO
5.4 I “SOGGETTI COLPITI”

  1. I PAESI CUI SI APPLICA IL REGOLAMENTO E LA DECORRENZA DELL’EFFETTO SOSTITUTIVO RISPETTO AGLI STRUMENTI PREESISTENTI
     

PARTE II – LE AUTORITA’ DI EMISSIONE E DI ESECUZIONE E IL PROCEDIMENTO

  1. AUTORITÀ DI EMISSIONE E AUTORITÀ DI ESECUZIONE DEI PROVVEDIMENTI DI CONGELAMENTO E DI CONFISCA
  2. TRASMISSIONE, RICONOSCIMENTO ED ESECUZIONE DEI PROVVEDIMENTI DI CONGELAMENTO E DEI PROVVEDIMENTI DI CONFISCA

8.1 IL CERTIFICATO
8.2 LA COMPILAZIONE DEL CERTIFICATO. INDICAZIONI OPERATIVE
8.3 IL PROCEDIMENTO
8.4 I MOTIVI DI NON RICONOSCIMENTO E NON ESECUZIONE
8.5 RICONOSCIMENTO ED ESECUZIONE DEL PROVVEDIMENTO DI CONGELAMENTO O CONFISCA
8.6 RINVIO DEL RICONOSCIMENTO O DELL’ESECUZIONE DEL PROVVEDIMENTO DI CONGELAMENTO O CONFISCA
8.7 TERMINI PER IL RICONOSCIMENTO E L’ESECUZIONE DEL PROVVEDIMENTO DI CONGELAMENTO O CONFISCA
8.8 IMPOSSIBILITÀ DI ESEGUIRE IL PROVVEDIMENTO DI CONGELAMENTO O CONFISCA
8.9 TRASMISSIONE DEL PROVVEDIMENTO DI CONGELAMENTO O CONFISCA A PIÙ STATI DI ESECUZIONE
 

PARTE III – DISPOSIZIONI GENERALI

  1. LEGGE APPLICABILE ALL’ESECUZIONE
  2. CONCORSO DI PROVVEDIMENTI
  3. GESTIONE E DESTINAZIONE DEI BENI SOTTOPOSTI A CONGELAMENTO E A CONFISCA, DESTINAZIONE DELLA SOMMA DI DENARO OTTENUTA DALLA VENDITA DEI BENI CONFISCATI E RESTITUZIONE ALLA VITTIMA DEI BENI CONGELATI
  4. OBBLIGHI DI INFORMAZIONE E MEZZI DI IMPUGNAZIONE
  5. SPESE E RIMBORSI
     

 PARTE IV – INDAGINI PATRIMONIALI ALL’ESTERO

  1. RETI CHE POSSONO FACILITARE L’INDIVIDUAZIONE DEI BENI

 

PARTE I – OGGETTO E AMBITO DI APPLICAZIONE
 

1. L’entrata in vigore e l’acquisto di efficacia del Regolamento 

Dal 19 dicembre 2020 è applicabile il Regolamento (UE) 2018/1805[1] relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca, approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio in data 14 novembre 2018 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della UE in data 28 novembre 2018.

Già nell’adozione della direttiva 2014/42/UE[2] il Parlamento europeo ed il Consiglio, nel rilevare che l’efficace recupero dei beni di origine criminosa nell’Unione è intrinsecamente legato al buon funzionamento del riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca, invitavano la Commissione a presentare, quanto prima, una proposta legislativa per istituire un sistema eurounitario per il congelamento e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato nell’Unione europea, anche al fine di riordinare l’intera materia, che nel corso degli ultimi venti anni era stata interessata da plurimi ed eterogenei interventi normativi, che avevano assunto ora la veste di decisioni quadro (2003/577/GAI e 2006/783/GAI), ora quella di direttive europee (n. 41 e n. 42 del 2014).

Il 21 dicembre 2016 la Commissione europea provvedeva dunque a presentare una proposta di Regolamento sul mutuo riconoscimento dei provvedimenti di congelamento e confisca emessi nel contesto di un “procedimento penale” (criminal proceedings), proposta che, rispetto alla versione originale, veniva poi nel corso delle negoziazioni, su iniziativa italiana, estesa fino a ricomprendervi il mutuo riconoscimento dei provvedimenti emessi nell’ambito di un “procedimento in materia penale” (proceedings in criminal matters), sì da ampliarne il perimetro applicativo anche ai provvedimenti adottati nell’ambito del procedimento di prevenzione italiano.

Nonostante non siano mancate, nel passato recente, diverse esplicazioni del principio del mutuo riconoscimento nel settore del recupero dei beni nell’Unione europea, gli strumenti in vigore fino al 19 dicembre 2020 erano tuttavia parziali, perché dedicati esclusivamente ad alcune tipologie di provvedimenti o limitati ai crimini gravi transnazionali, e richiedevano inoltre una normativa interna di recepimento, con il rischio di difformità ed asimmetrie in sede di trasposizione e applicazione delle disposizioni legislative da parte dei vari Stati membri dell’UE. 

Il Regolamento 2018/1805, per natura self-executing, costruisce allora uno strumento tendenzialmente omnicomprensivo con riferimento ai provvedimenti di congelamento e di confisca che possono essere riconosciuti a livello UE, e sul piano operativo amplia in misura significativa, sia rispetto alle decisioni quadro 2003/577/GAI e 2006/783/GAI, sia alla direttiva 2014/42/UE, l’esecuzione transfrontaliera delle misure di recupero dei beni di provenienza illecita nell’Unione europea.

 

2. Le finalità

Il Regolamento 2018/1805 muove da una duplice constatazione:

  1. la criminalità, organizzata ma non solo, mira all’accumulo di profitti e le sue attività illecite generano utili ingenti in tutti gli Stati membri dell’UE (si vedano i consideranda nn. 9 e 10);
  2. il quadro giuridico in materia di riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e dei provvedimenti di confisca è inefficace ed inidoneo a garantire un recupero effettivo dei beni provento di reato (si veda il considerando n. 6): secondo le statistiche fornite da Europol[3], i proventi della criminalità all’interno dell’UE sono attualmente pari a circa 110 miliardi di euro l’anno, ed i provvedimenti di congelamento e confisca riguardano, rispettivamente, appena il 2% e l’1% dei proventi di reato, il che consente alla criminalità di espandere le proprie attività illecite ed infiltrarsi nell’economia legale.

Nel contempo la frammentazione del quadro normativo e l’implementazione non uniforme, da parte dei singoli Stati membri, dei contenuti della decisione quadro 2003/577/GAI (implementata in Italia dal d.l.vo n. 35/2016) e della decisione quadro 2006/783/GAI (implementata in Italia dal d.l.vo n. 137/2015) hanno comportato criticità applicative, dall’esatta qualificazione della tipologia di sequestro e confisca alla puntuale individuazione della base normativa e dello strumento cui ricorrere per eseguire all’estero un provvedimento, sì da segnarne un utilizzo limitato[4].

Il Regolamento 2018/1805 ha dunque la finalità di agevolare e semplificare il riconoscimento e l’esecuzione dei provvedimenti di congelamento e confisca emessi dalle autorità di uno Stato membro diverso da quello in cui devono produrre i loro effetti, e, a tal fine, si muove lungo due linee di intervento.

Da un lato, pur tenendo conto delle differenze fra le tradizioni e i sistemi giuridici degli Stati membri, armonizza le norme nazionali che prevedono le varie tipologie di provvedimento ablativo e offre a tutti gli Stati membri un quadro generale di riferimento, atteso che “dovrebbe applicarsi a tutti i provvedimenti di congelamento e tutti i provvedimenti di confisca emessi nel quadro di un procedimento in materia penale” (vedasi il considerando n. 13 del Regolamento).

Dall’altro, utilizzando le regole tipiche del mutuo riconoscimento (ruolo dell’Autorità centrale circoscritto a funzioni di mera assistenza amministrativa, utilizzo di modelli standardizzati, motivi tipizzati di rifiuto, previsione di termini stringenti), migliora e velocizza l’esecuzione transfrontaliera dei provvedimenti di congelamento e di confisca.

Sotto questi profili, può dirsi che il Regolamento 2018/1805 costituisce un vero e proprio banco di prova per misurare il grado di efficacia della cooperazione giudiziaria internazionale nell’azione di contrasto alle varie forme di accumulazione illecita della ricchezza.

 

3. L’utilizzo della fonte regolamentare e il mutuo riconoscimento

La scelta dello strumento del Regolamento, dunque di un provvedimento legislativo vincolante e direttamente applicabile in tutti gli Stati membri, adottato con la procedura legislativa ordinaria sulla base dell’art. 82, par. 1, lett. a) del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea[5], risponde all’esigenza di elidere difformità e asimmetrie in sede di trasposizione della normativa e di garantire uniformità in sede di applicazione, atteso che non infrequenti sono stati negli ultimi anni i casi in cui decisioni quadro e direttive UE non sono state da alcuni Stati membri implementate in modo coerente[6].

Come si legge nel considerando n. 11per garantire l'efficacia del riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e dei provvedimenti di confisca è opportuno che le norme in materia di riconoscimento ed esecuzione di tali provvedimenti siano stabilite da un atto dell’Unione giuridicamente vincolante e direttamente applicabile”, e come viene ulteriormente chiarito nel considerando n. 51 l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire il riconoscimento reciproco e l’esecuzione dei provvedimenti di congelamento e dei provvedimenti di confisca, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri, ma, a motivo della sua portata e dei suoi effetti, può essere conseguito meglio a livello di Unione”.

Il Regolamento, pur inserendosi nel solco delle ormai numerose esplicazioni del principio del mutuo riconoscimento nel settore dell’assistenza giudiziaria, segna tuttavia una significativa novità, atteso che tale principio, con riferimento alla cooperazione giudiziaria in materia penale, viene ad essere ora favorito con un provvedimento legislativo direttamente applicabile. 

 

4. La sostituzione delle previgenti normative sovranazionali in ambito UE

L’intento del Regolamento 2018/1805 di ricomporre un quadro giuridico frammentario si riflette nella previsione dell’art. 39, secondo la quale la nuova fonte è destinata a sostituire i seguenti strumenti in materia di mutuo riconoscimento:

  1. la decisione quadro 2003/577/GAI per quanto riguarda il congelamento di beni, attuata dall’Italia con il d.l.vo n. 35/2016;
  2. la decisione quadro 2006/783/GAI in materia di confisca, attuata dall’Italia con il d.l.vo n. 137/2015.

La decisione quadro 2003/577/GAI, relativa all’esecuzione nell’Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio, peraltro, era già stata parzialmente sostituita dalla direttiva 2014/41/UE, istitutiva dell’ordine di indagine europeo, attuata dall’Italia con il d.l.vo n. 108/2017, limitatamente al sequestro probatorio.

L’ordine europeo di indagine, tuttavia, non si applica al sequestro esclusivamente finalizzato alla confisca, rispetto al quale, ai sensi dell’art. 39, si applicano, a decorrere dal 19 dicembre 2020, le disposizioni previste dal Regolamento in esame[7].

Ne deriva che, ad oggi, il quadro giuridico dell’Unione europea in materia di congelamento e confisca comprende i seguenti strumenti:

  1. la decisione quadro 2001/500/GAI[8], la decisione quadro 2005/212/GAI[9] e la direttiva 2014/42/EU[10], che operano in tema di armonizzazione;
  2. il Regolamento 2018/1805, che opera in materia di mutuo riconoscimento.

Coerentemente con le intenzioni del legislatore europeo, una volta adottati, con le decisioni quadro e le direttive sopra citate, interventi sul piano dell’armonizzazione delle norme, per ravvicinare “i regimi degli Stati membri in materia di congelamento e confisca dei beni, favorendo così la fiducia reciproca e un’efficace cooperazione transfrontaliera” (vedasi il considerando n. 5 della direttiva 2014/42/EU), può dirsi che il Regolamento 2018/1805 interviene ora a promuovere e realizzare, sul piano della cooperazione giudiziaria, il reciproco riconoscimento dei provvedimenti di congelamento e di confisca, senza che sia necessario richiedere allo Stato estero l’adozione di un autonomo provvedimento.

 

5. L’ambito oggettivo di applicazione del Regolamento

Come detto il Regolamento costruisce uno strumento tendenzialmente omnicomprensivo con riferimento ai provvedimenti di congelamento e ai provvedimenti di confisca emessi dagli Stati membri nel quadro di un procedimento in materia penale (art. 1 par. 1).

Restano esclusi dall’applicazione del Regolamento, ai sensi dell’art. 1 par. 4, i provvedimenti di congelamento e i provvedimenti di confisca emessi nel quadro di un procedimento in materia civile o amministrativa, categoria nella quale rientrano, ad esempio, i provvedimenti di espropriazione di beni non connessi a reati.

 

5.1 I provvedimenti di congelamento e di confisca

Per provvedimento di congelamento si intende, ai sensi dell’art. 2 n. 1, “una decisione emessa o convalidata da un’autorità di emissione al fine di impedire la distruzione, la trasformazione, la rimozione, il trasferimento o l’alienazione di beni in vista della loro confisca”.

Sebbene il termine “congelamento” (freezing o seizure), presente in diversi strumenti eurounitari ed internazionali, non sia utilizzato nel linguaggio giuridico italiano e sia sconosciuto nel nostro ordinamento, e sebbene il termine freezing si attagli anche al sequestro probatorio, non v’è dubbio, dalla formulazione della norma, che in questa sede debba essere inteso quale provvedimento ablatorio provvisorio da assumere in vista dell’eventuale successiva confisca, come tale sussumibile nella nozione di sequestro finalizzato alla confisca.

Per provvedimento di confisca si intende, invece, ai sensi dell’art. 2 n. 2, “una sanzione o misura definitiva imposta da un organo giurisdizionale a seguito di un procedimento connesso a un reato, che provoca la privazione definitiva di un bene di una persona fisica o giuridica”.

Il provvedimento di confisca, quale definito dal Regolamento, si configura dunque quale misura irrevocabile che realizza l’ablazione definitiva di un bene.

 

5.2 Il procedimento in materia penale

La proposta di Regolamento presentata dalla Commissione nel 2017 limitava il campo di applicazione ai provvedimenti di congelamento e confisca disposti “nel quadro di un procedimento penale” (criminal proceedings), ovvero di un procedimento finalizzato all’accertamento giudiziario della responsabilità penale per specifici fatti. In sede di negoziazione, dopo complesse trattative ed un parere sostanzialmente favorevole del Servizio Giuridico del Consiglio del 2.10.2017 (doc. 12708/17), l’Italia ha ottenuto una significativa estensione dell’ambito di applicazione della normativa, sì da ricomprendervi (si veda l’art. 1 par. 1) i provvedimenti di congelamento e di confisca emessi “nel quadro di un procedimento in materia penale (within the framework of proceedings in criminal matters), concetto senza dubbio più ampio e capiente dell’originario “procedimento penale” stricto sensu

Le ragioni della proposta di modifica italiana risiedono a tutta evidenza nella necessità di rimuovere gli ostacoli incontrati dalle autorità giudiziarie italiane nell’ottenere il riconoscimento e l’esecuzione delle misure di prevenzione patrimoniali in alcuni Stati membri, la cui legislazione nazionale non prevede, in tutto o in parte, tali strumenti[11].

Può dirsi che una corretta interpretazione del Regolamento possa oggi estenderne il perimetro applicativo alle misure di prevenzione patrimoniali italiane (che dovranno essere dunque riconosciute ed eseguite anche negli Stati membri la cui legislazione nazionale non prevede tali provvedimenti), in ossequio al principio del mutuo riconoscimento ed in base alle seguenti considerazioni:

  1. ai sensi dell’art. 67, par. 3, del TFUE, uno degli obiettivi dell’Unione è “adoperarsi per garantire un livello elevato di sicurezza attraverso misure di prevenzione e di lotta contro la criminalità, (…) nonché tramite il riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie penali...”, e il considerando n. 3 del Regolamento afferma che “il congelamento e la confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato sono tra gli strumenti più efficaci per combattere la criminalità. L’Unione si è impegnata a garantire una più efficace identificazione, confisca e riutilizzazione dei beni di origine criminosa, in conformità del «Programma di Stoccolma - Un'Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini»”;
  2. secondo il considerando n. 13, “Procedimento in materia penale” è un concetto autonomo del diritto dell’Unione interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, e contempla pertanto tutti i tipi di provvedimenti di congelamento e di provvedimenti di confisca emessi in seguito a procedimenti connessi ad un reato, e non solo i provvedimenti che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2014/42/UE, oltre ad altri tipi di provvedimenti emessi in assenza di una condanna definitiva;
  3. il titolo V del TFUE opera una distinzione tra “cooperazione giudiziaria in materia penale” (art. 82, par. 1, del TFUE) e “cooperazione giudiziaria in materia civile” (art. 81, par. 1, del TFUE). Pertanto, la nozione di materia penale può essere definita anche in modo negativo, nel senso che ne è esclusa la materia civile come interpretata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea[12];
  4. le caratteristiche sostanziali e procedurali delle misure di prevenzione ne giustificano oramai, a pieno titolo, la riconduzione all’autonomo concetto unionale di criminal matters (competenza in capo ad un’autorità giudiziaria specializzata con giurisdizione in materia penale; accertamento di pericolosità basato sul collegamento a specifiche fattispecie criminali e destinato ad esitare nell’apprezzamento “indiziario”, tipico della materia penale; operatività delle regole di esclusione probatoria proprie del procedimento penale e riconoscimento di tutte le garanzie essenziali e dei rimedi ad esso propri).

Tirando le somme, può dunque definirsi un perimetro interno di applicazione del Regolamento affermando che lo stesso potrà essere applicato a tutto il ricco ed eterogeneo strumentario di asset recovery previsto dal nostro ordinamento giuridico, ed in particolare alle seguenti misure:

  • la confisca tradizionale (misura di sicurezza) prevista dal codice penale all’art. 240 e le numerose ipotesi di confisca obbligatoria del profitto di reato inserite nel nostro ordinamento giuridico;
  • la confisca applicabile alla persona giuridica ex art. 19 d.l.vo n. 231/2001;
  • la confisca per equivalente (o di valore), nelle sue plurime declinazioni;
  • la confisca estesa o allargata, nelle sue plurime declinazioni, tra cui le ipotesi previste dall’art. 240 bisp.;
  • le misure di prevenzione patrimoniali;
  • i provvedimenti di sequestro finalizzati alla confisca.

 

5.3 I reati ai quali si applica il Regolamento

L’intento del legislatore europeo, esplicitato nel considerando n. 14, è quello di non limitare l’applicazione del Regolamento ai provvedimenti di congelamento e di confisca emessi in relazione ai reati rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 2014/42/UE, ovvero alle forme di criminalità particolarmente gravi che presentano una dimensione transnazionale, giacché l’articolo 82 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea non impone tale limitazione per le misure che definiscono norme e procedure per assicurare il riconoscimento reciproco delle decisioni in materia penale.

Conseguentemente l’art. 3 (rubricato “Figure di reato”) elenca le ipotesi di reato per le quali è attivabile la procedura prevista dal Regolamento, operando una distinzione tra:

  • le 32 categorie di reato che, laddove sanzionate nello Stato di emissione con una pena privativa della libertà non inferiore nel massimo a tre anni, obbligano lo Stato di esecuzione ad eseguire il provvedimento di congelamento o di confisca senza verifica della doppia incriminabilità dei fatti che hanno dato luogo a tale provvedimento (art. 3 par. 1).

L’elenco ricalca quello allegato, con la medesima funzione, ad altre fonti istitutive di strumenti di mutuo riconoscimento trasposte nel nostro ordinamento, quali, in primis, la decisione quadro 2002/584/GAI in tema di mandato di arresto europeo e la decisione quadro 2008/909/GAI in tema di trasferimento dei condannati verso i paesi di origine.

A tale riguardo pare utile il richiamo della giurisprudenza interna che, occupandosi della previsione dell’art. 8 della l. n. 69/2005, attuativa del mandato di arresto europeo, ha più volte enunciato il principio per il quale l’elencazione dei reati che consentono di prescindere dalla verifica della doppia incriminazione non è indicativa di una specifica qualificazione giuridica del fatto, quanto piuttosto dell’appartenenza ad una categoria di delitti, definita secondo una tecnica descrittiva che tiene conto della necessità di rendere comprensibile l’oggetto del procedimento penale nei rapporti tra ordinamenti diversi dell’Unione europea (Cass. sez. VI, n. 5368 del 5.2.2020; Cass. sez. VI, n. 43536 del 14.10.2014, che richiama la decisione C.G.UE del 3.5.2007 nella causa C-303/05);

  • i reati non ricompresi nel numerus clausus di cui al par. 1, per i quali lo Stato di esecuzione può subordinare il riconoscimento e l’esecuzione del provvedimento di congelamento o di confisca alla condizione che i fatti che hanno dato luogo al provvedimento costituiscano un reato ai sensi della legge dello Stato di esecuzione, indipendentemente dagli elementi costitutivi o dalla qualifica dello stesso ai sensi della legge dello Stato di emissione (art. 3 par. 2).

La verifica della doppia incriminabilità deve essere effettuata in senso non formalistico: come si deduce dal considerando n. 20, nel valutare la doppia incriminabilità, l’autorità competente dello Stato di esecuzione dovrebbe verificare se gli elementi di fatto alla base del reato in questione, quali risultano dal certificato di congelamento o dal certificato di confisca trasmesso dall’autorità competente dello Stato di emissione, sarebbero di per sé, nell’ipotesi in cui si fossero verificati nello Stato di esecuzione al momento della decisione sul riconoscimento, penalmente perseguibili anche nel territorio di quest’ultimo. L’autorità giudiziaria italiana, pertanto, dovrà stabilire se il fatto per il quale è stato emesso il provvedimento di congelamento o di confisca sia punito dalla legge italiana come reato, prescindendo dal nomen juris e dalla perfetta corrispondenza degli elementi costitutivi della fattispecie interna e di quella configurata dall’Autorità emittente.

Per la corretta applicazione di questo motivo di rifiuto, appare utile il richiamo della giurisprudenza interna di legittimità, più volte espressasi con riferimento alla materia estradizionale, che, confrontandosi con l’analoga condizione prevista, in tema di mandato di arresto europeo (art. 7, comma 1 l. n. 69/2005), ha avuto modo di precisare che “non è necessario che lo schema astratto della norma incriminatrice dell’ordinamento straniero trovi il suo esatto corrispondente in una norma dell’ordinamento italiano, ma è sufficiente che la concreta fattispecie sia punibile come reato in entrambi gli ordinamenti, a nulla rilevando l’eventuale diversità, oltre che del trattamento sanzionatorio, anche del titolo e di tutti gli elementi richiesti per la configurazione del reato“ (Cass. sez. VI, n. 35818 del 10.12.2020; Cass. sez. VI, n. 14511 del 28.3.2018; Cass. sez. VI, n. 22249 del 3.5.2017).

Peraltro, deve aggiungersi che, per i reati non ricompresi nella lista, il motivo di rifiuto, anche qualora la verifica della doppia incriminabilità abbia un esito negativo, deve intendersi quale facoltativo, di tal ché lo Stato di esecuzione potrà riconoscere ed eseguire un provvedimento di sequestro o di confisca anche qualora il fatto per il quale è stato applicato non costituisca reato nel proprio ordinamento giuridico.

 

5.4 I “soggetti colpiti” 

L’art. 2 n. 10, nel delineare il perimetro di applicazione del Regolamento con riferimento ai “soggetti colpiti”, ne individua tre categorie: a) la persona (fisica o giuridica) contro la quale il provvedimento ablatorio è diretto; b) la persona (fisica o giuridica) che possiede i beni oggetto del provvedimento e c) i terzi i cui diritti sui beni confiscati o congelati devono ritenersi – sulla base della legge applicabile nello Stato di esecuzione – direttamente lesi dal provvedimento ablatorio.

Si misura, anche sotto questo profilo, la distanza che corre tra il Regolamento 2018/1805 e gli strumenti normativi che lo stesso ha sostituito in forza della previsione contenuta nell’art. 39, che si limitavano a prevedere – sotto il profilo schiettamente sostanziale – la necessità di tutelare i diritti dei terzi in buona fede.

Si evidenzia in ogni caso che l’assenza di una previsione espressa sul punto non ha impedito alla Corte di giustizia di affermare, sulla base di norme di diritto UE diverse dal Regolamento 2018/1805, il principio secondo cui una normativa nazionale che consente la confisca di uno strumento utilizzato per commettere un reato di contrabbando aggravato, qualora tale strumento appartenga a un terzo in buona fede, è in contrasto con il diritto dell’Unione[13]. La Corte di giustizia, nell’affermare tale principio, ha evidenziato, da un lato, che la decisione quadro 2005/2012/GAI relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato, prevede all’art. 4 l’obbligo a carico di ciascuno Stato membro di adottare le misure necessarie ad assicurare che le persone colpite dalla confisca degli strumenti e dei proventi di reati dispongano di effettivi mezzi giuridici di tutela per preservare i propri diritti; dall’altro, che l’articolo 47 della Carta di Nizza prevede che ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice. Ne risulta che un terzo, cui è stato confiscato un bene, deve poter contestare la legittimità di tale misura al fine di recuperare tale bene qualora la confisca non sia giustificata e che, dunque, una normativa nazionale che consente la confisca, nell’ambito di un procedimento penale, di un bene appartenente a una persona diversa da quella che ha commesso il reato, senza che tale persona estranea al reato disponga di un effettivo mezzo giuridico di tutela, è in contrasto con il diritto dell’Unione.

La norma in discorso, così come costruita, sembra volta a conferire ad un’amplissima platea di soggetti sia i diritti di informativa di cui all’art. 32 sia – e soprattutto – la legittimazione processuale a contestare il contenuto del provvedimento ablatorio (art. 33) e a domandare il ristoro del danno patito (art. 34), realizzando pertanto pienamente, sotto questo profilo, la garanzia della tutela dei diritti fondamentali prevista in via generale dal considerando n. 20, in piena continuità con la giurisprudenza della Corte di giustizia sopra richiamata.

Ad una prima lettura parrebbe inoltre che le definizioni di “soggetto colpito” dettate dalle lettere a) e b), trovino la loro fonte direttamente nella normativa eurounitaria e che, pertanto, potranno in futuro essere costruite come nozioni autonome di diritto UE, oggetto di elaborazione da parte della Corte di giustizia; per contro, la definizione contenuta nella lettera c) rispecchia ancora il modello delle c.d. geometrie variabili con un rinvio mobile alla legislazione degli Stati membri, dovendo ricavarsi la qualifica in questione volta per volta sulla base della legge vigente nello Stato di esecuzione.

 

 

6. I Paesi cui si applica il Regolamento e la decorrenza dell’effetto sostitutivo rispetto agli strumenti preesistenti

A decorrere dal 19 dicembre 2020 il Regolamento (UE) 2018/1805 trova applicazione con riferimento a tutti i Paesi membri dell’Unione Europea[14], ad eccezione di:

  • Danimarca (a norma degli artt. 1 e 2 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al TUE e al TFUE);
  • Irlanda (a norma degli artt. 1 e 2 e dell’articolo 4 bis, par. 1, del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda, allegato al TUE e al TFUE).

In piena coerenza con la previsione contenuta nell’art. 39[15], il Regolamento trova dunque applicazione a tutti i certificati di congelamento e di confisca trasmessi il 19 dicembre 2020 o in data successiva; le richieste di congelamento e di confisca trasmesse prima del 19 dicembre 2020 continueranno a essere disciplinate dalle decisioni quadro 2003/577/GAI e 2006/783/GAI, sino all’esecuzione definitiva del provvedimento di congelamento o di confisca. 

PARTE II – LE AUTORITA’ DI EMISSIONE E DI ESECUZIONE E IL PROCEDIMENTO

7. Autorità di emissione e Autorità di esecuzione dei provvedimenti di congelamento e di confisca

Il legislatore italiano non ha sinora emanato norme di attuazione del Regolamento in esame, nemmeno ai fini dell’individuazione delle autorità giudiziarie competenti per l’esecuzione e l’emissione dei provvedimenti di congelamento e confisca. Sorge pertanto la necessità di verificare quali siano le norme applicabili per stabilire la competenza per l’emissione e l’esecuzione dei sopra menzionati provvedimenti.

È più in particolare necessario stabilire se tali norme vadano individuate nelle pertinenti disposizioni del codice di procedura penale o nelle analoghe disposizioni dei dd.ll.vi n. 35/2016 e n. 137/2015, con i quali è stata data attuazione nel nostro ordinamento alle decisioni quadro 2003/577/GAI e 2006/783/GAI.

Poiché tali decisioni quadro sono state sostituite dal Regolamento in virtù del relativo art. 39, appare prospettabile una soluzione interpretativa che faccia sopravvivere le disposizioni del d.l.vo n. 35/2016 e del d.l.vo n. 137/2015 in quanto compatibili con quelle del Regolamento e in quanto aventi ad oggetto materie non compiutamente disciplinate dallo stesso Regolamento con disposizioni pienamente self-executing.

Così potrebbero considerarsi tuttora vigenti – per quanto qui rileva – le disposizioni che individuano le autorità giudiziarie competenti nelle procedure attive e passive, ossia, rispettivamente, gli artt. 4, 5 e 11 del d.l.vo n. 35/2016 e gli artt. 4 e 10 del d.l.vo n. 137/2015.

Questa interpretazione avrebbe l’innegabile pregio di consentire, nell’attuale assenza di un intervento legislativo ad hoc, l’applicazione di disposizioni in materia di competenza senz’altro più rispondenti alle esigenze di semplicità ed efficienza che caratterizzano gli strumenti eurounitari di mutuo riconoscimento. Come s’è accennato, difatti, nel caso in cui tale opzione non fosse ritenuta condivisibile, sarebbe con ogni probabilità necessitata l’applicazione delle pertinenti ma non adeguate disposizioni del codice di procedura penale sia in materia di rogatorie passive e attive (artt. 723 ss. c.p.p.), sia e soprattutto in materia di esecuzione in Italia di sentenze penali (e di decisioni di confisca) straniere e di esecuzione all’estero di sentenze penali (e di decisioni di confisca) italiane (artt. 730 e ss. c.p.p.)[16].

A favore dell’interpretazione sopra proposta, peraltro, militano i seguenti argomenti.

In primo luogo si osserva che l’entrata in vigore di un atto normativo eurounitario che espressamente sostituisce precedenti atti che disciplinavano la medesima materia (art. 39 del Regolamento) non sembra determinare un’automatica abrogazione delle disposizioni interne adottate nello Stato membro per dare attuazione all’atto normativo sostituito. Da un lato perché il Regolamento è in gran parte direttamente applicabile; dall’altro e soprattutto perché l’espressione “sostituzione” impiegata nell’art. 39 (replacement) sembra effettivamente consentire l’innesto delle nuove norme nel contesto attuativo delle due precedenti decisioni quadro, anch’esse finalizzate – come il Regolamento – a realizzare il principio del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie nell’ambito eurounitario.

In secondo luogo si osserva che l’art. 39 par. 2 del Regolamento stabilisce che “i riferimenti alla decisione quadro 2003/577/GAI, per quanto riguarda il congelamento dei beni, e alla decisione quadro 2006/783/GAI si intendono fatti al presente regolamento”. Se si ritiene che tali riferimenti possano essere contenuti tanto in atti normativi eurounitari quanto in atti normativi interni degli Stati membri, i rinvii alle decisioni quadro 2003/577/GAI e 2006/783/GAI rispettivamente contenuti nel d.l.vo n. 35/2016 e nel d.l.vo n. 137/2015 potranno leggersi come riferimenti al Regolamento. Conseguentemente, le disposizioni dei sopra citati decreti legislativi potranno ritenersi attuative del Regolamento, ovviamente solo ed esclusivamente nella misura in cui siano compatibili con le disposizioni dello stesso Regolamento, la cui prevalenza, infatti, discende dalla loro diretta e generale applicabilità.

È sulla base di questa interpretazione, dunque, che sono state tempestivamente compiute le notifiche previste dall’art. 24 par. 1 del Regolamento, qui di seguito elencate:

Articolo 2 punto 8 lettera a)Autorità di emissione in relazione a un provvedimento di congelamento

Per l’emissione di un provvedimento di congelamento è competente il pubblico ministero o il giudice che nell’ambito di un procedimento in materia penale ha emesso un provvedimento di congelamento (sequestro). 

Articolo 2 punto 8 lettera b)Autorità di emissione in relazione a un provvedimento di confisca Per l’emissione di un provvedimento di confisca è competente il pubblico ministero presso il giudice dell’esecuzione o il pubblico ministero presso il tribunale o la corte d’appello che ha disposto i provvedimenti di confisca previsti dal codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione. 

Articolo 2 punto 9 – Autorità di esecuzione in relazione a un provvedimento di congelamentoPer l’esecuzione di un provvedimento di congelamento è competente il pubblico ministero presso il tribunale del luogo nel quale si trova il bene, che a tal fine presenta le proprie richieste al giudice per le indagini preliminari. Quando un provvedimento di congelamento riguarda più beni che si trovano in diversi circondari, per l’esecuzione è competente il pubblico ministero presso il tribunale del circondario nel quale si trova il maggior numero di beni. 

Articolo 2 punto 9 – Autorità di esecuzione di un provvedimento di confiscaPer l’esecuzione di un provvedimento di confisca è competente la corte d’appello del luogo nel quale si trova il bene o, qualora la decisione di confisca concerna una somma di denaro, quella del luogo dove la persona dispone di beni o di un reddito. Se tale luogo non è noto, è competente la corte d’appello del luogo dove la persona nei cui confronti è stata emessa la decisione di confisca risiede o, nel caso di persona giuridica, ha la propria sede sociale. Se più sono i beni, dislocati in più luoghi, si fa riferimento al luogo dove si trova il bene di maggior valore. Se la competenza non può essere così determinata, è competente la corte d’appello di Roma.

Cominciando la disamina dall’autorità di esecuzione dei provvedimenti di congelamento, si evidenzia come la notifica rispecchi gli artt. 4 e 5 d.l.vo n. 35/2016, il cui contenuto, peraltro, è stato lessicalmente adattato per tenere conto del fatto che la disciplina del reciproco riconoscimento dei sequestri probatori, originariamente contenuta nella decisione quadro 2003/577/GAI attuata dal sopra citato decreto legislativo, è successivamente confluita nell’ambito di applicazione della direttiva 2014/41/UE relativa all’ordine europeo d’indagine e, dunque, fuoriesce da quello del Regolamento in esame. Ciò sembra giustificare il venir meno di ogni autonomo potere decisionale del pubblico ministero, che infatti dovrebbe sempre presentare le proprie richieste al giudice per le indagini preliminari sia in positivo che in negativo (cioè sia nel senso che tali richieste siano finalizzate al riconoscimento e all’esecuzione del provvedimento di congelamento, sia nel senso che le medesime richieste siano per contro finalizzate al rifiuto o al rinvio del riconoscimento e/o dell’esecuzione dello stesso provvedimento).Non sarà sfuggita la mancata riproduzione del residuale criterio di competenza contenuto nell’ultimo periodo del comma 4 dell’art. 5 d.l.vo n. 35/2016, secondo cui, nel caso in cui i beni siano dislocati in pari numero in diversi circondari, per il relativo blocco/congelamento è competente l’autorità giudiziaria che per prima ha ricevuto il provvedimento. S’è ritenuto, difatti, che tale residuale criterio non fosse compatibile con la contestuale attribuzione al Ministero della Giustizia, quale autorità centrale, della responsabilità della trasmissione e della ricezione amministrativa dei certificati di congelamento e di confisca, così come compiuta con la notifica relativa all’art. 24 par. 2 del Regolamento. In altre parole si è voluto evitare ogni rischio d’interferenza dell’attività amministrativa in questione sull’attività giudiziaria, giacché il mantenimento del criterio di competenza in questione, benché residuale, avrebbe in ipotesi consentito all’autorità centrale di determinare la competenza territoriale dell’autorità giudiziaria mediante la tempistica d’invio del certificato di congelamento.Anche in questo campo, dunque, ogni eventuale contrasto tra uffici del pubblico ministero dovrebbe poter trovare soluzione sulla base dei criteri generali stabiliti negli artt. 54 ss. c.p.p. Non è infatti sembrata possibile un’analogica applicazione dei criteri di determinazione dell’autorità giudiziaria competente per il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni di confisca, così come delineati nell’art. 4 d.l.vo n. 137/2015, che in via residuale prevede la competenza dell’ufficio giudiziario avente sede nella capitale.Per la stessa ragione il paletto normativo costituito dalla “limitata” formulazione dei sopra citati artt. 4 e 5 d.l.vo n. 35/2016 non ha consentito di prevedere una più articolata distribuzione della competenza territoriale né in relazione alla tipologia del bene da congelare, né con riferimento alla natura – persona fisica o giuridica – del soggetto colpito.Passando all’autorità di esecuzione dei provvedimenti di confisca, si evidenzia come la notifica rispecchi fedelmente l’art. 4 d.l.vo n. 137/2015, il contenuto dei cui commi 1 e 2, difatti, è in sostanza pedissequamente riprodotto.Senz’alcuna pretesa di esaustività sembra utile osservare, per il caso in cui il bene da confiscare sia un diritto di credito del soggetto colpito, che la “localizzazione” di tale diritto dovrebbe essere compiuta sulla base dei criteri stabiliti dall’art. 1182 c.c., il cui comma 3 stabilisce, più in particolare, che “L’obbligazione avente per oggetto una somma di denaro deve essere adempiuta al domicilio che il creditore ha al tempo della scadenza”.Sembra altresì utile osservare, per il caso in cui la confisca riguardi beni dislocati in diversi distretti di corte d’appello, che il relativo valore – determinante al fine di radicare la competenza – potrà essere plausibilmente desunto dalle indicazioni al riguardo eventualmente contenute nel certificato trasmesso dall’autorità emittente dell’altro Stato membro.Proseguendo la disamina con l’autorità di emissione dei provvedimenti di congelamento, si osserva che la disposizione di riferimento è senz’altro quella contenuta nell’art. 11 d.l.vo n. 35/2016, che peraltro limita la competenza all’autorità giudiziaria italiana che ha emesso un provvedimento di sequestro preventivo “nel corso di un procedimento penale”. Ebbene, l’ambito di applicazione dell’odierno Regolamento è pacificamente più ampio, giacché ricomprende – come risulta dal suo considerando n. 13 – “tutti i provvedimenti di congelamento e tutti i provvedimenti di confisca emessi nel quadro di un procedimento in materia penale”, precisando che tale definizione costituisce un “concetto autonomo del diritto dell’Unione” che contempla tutti i tipi di provvedimenti di congelamento e confisca “emessi in seguito a procedimenti connessi ad un reato”, ivi compresi, in particolare, quelli “emessi in assenza di una condanna definitiva”.Non v’è dubbio, pertanto, che l’ambito di applicazione del Regolamento in esame sia sufficientemente ampio da ricomprendere non solo i sequestri preventivi, ma pure quelli di prevenzione. Ossia i sequestri che il presidente del tribunale, il tribunale e la corte d’appello possono rispettivamente disporre ai sensi degli artt. 20, 22, 25 e 27 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al d.l.vo n. 159/2011.Per questa ragione la notifica in esame individua l’autorità giudiziaria competente a emettere un provvedimento di congelamento facendo genericamente riferimento al pubblico ministero o al giudice “che nell’ambito di un procedimento in materia penale ha emesso un provvedimento di congelamento (sequestro)”. Sembra utile precisare che il riferimento al pubblico ministero è parso necessario solo ed esclusivamente in virtù della competenza all’emissione del decreto di sequestro preventivo che nella fase delle indagini preliminari gli è attribuita nei casi urgenti dall’art. 321 comma 3 bis c.p.p. Nulla vieta, peraltro, che negli stessi casi l’emissione del certificato sia riservata, per evidenti ragioni di opportunità pratica, alla successiva fase in cui il decreto di sequestro sia già stato convalidato con apposita ordinanza dal giudice per le indagini preliminari ai sensi del successivo comma 3-ter.

Per quanto concerne, invece, il riferimento al giudice, siffatto generico riferimento è stato ritenuto preferibile per ricomprendere tra le autorità di emissione non solo il tribunale e la corte d’appello (oltreché, ovviamente, il giudice per le indagini preliminari e il giudice dell’udienza preliminare), ma pure il presidente del tribunale per il sequestro di prevenzione d’urgenza di cui al già citato art. 22 d.l.vo n. 159/2011, nonché il giudice di pace, che peraltro è competente all’emissione dei provvedimenti di sequestro preventivo e conservativo anche nella fase delle indagini preliminari ai sensi dell’art. 19 comma 1 d.l.vo n. 74/2000.

Terminando la disamina con l’autorità di emissione dei provvedimenti di confisca, si osserva che la disposizione di riferimento è senz’altro quella contenuta nell’art. 10 d.l.vo n. 35/2016, che difatti è stata letteralmente riprodotta, peraltro tralasciando ogni puntuale riferimento normativo interno al fine di facilitare la comprensione da parte delle autorità estere di esecuzione. Al riguardo, dunque, sembra sufficiente ricordare che il pubblico ministero presso il giudice dell’esecuzione andrà individuato sulla base dell’art. 656 c.p.p., mentre per individuare “il pubblico ministero presso il tribunale o la corte d’appello che ha disposto i provvedimenti di confisca previsti dal codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione” si dovrà fare senz’altro riferimento agli artt. 24 e 25 d.l.vo n. 159/2011. Il riferimento agli artt. 24 e 34 d.l.vo cit. contenuto nell’art. 10 d.l.vo n. 35/2016, infatti, è per un verso palesemente lacunoso (per l’appunto perché non richiama l’art. 25, che prevede e disciplina la confisca di prevenzione per equivalente); per altro verso altrettanto palesemente erroneo, giacché il sopra citato art. 34 riguarda l’amministrazione giudiziaria di aziende, ossia una misura che può essere disposta, in presenza di determinati requisiti, nel caso in cui “non ricorrono i presupposti per l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali”, cioè proprio nel caso in cui non vi siano i presupposti per disporre una confisca di prevenzione.Conclusa la panoramica delle autorità italiane di emissione ed esecuzione dei provvedimenti di congelamento e confisca, rimane da osservare, invertendo la prospettiva, che il Regolamento estende la qualifica di “autorità di emissione” di un provvedimento di congelamento pure alla polizia giudiziaria o comunque all’autorità amministrativa, ponendo però la condizione che, prima della sua trasmissione all’estero, il provvedimento sia convalidato da un’autorità giudiziaria [cfr. l’art. 2 n. 8 lett. a) – ii)]. Allo stesso modo, per i provvedimenti di confisca, il Regolamento ricomprende nella definizione di “autorità di emissione” anche l’autorità amministrativa semplicemente deputata all’esecuzione del provvedimento, purché tale provvedimento sia stato emesso “da un organo giurisdizionale” [cfr. l’art. 2 n. 8 lett. b)].Si può quindi concludere nel senso che il Regolamento sembra sempre garantire, direttamente o indirettamente, il carattere giurisdizionale dell’attività di emissione ed esecuzione sia dei provvedimenti di congelamento che di quelli di confisca, sebbene sul punto la formulazione dell’art. 2 n. 9 non sia priva di qualche ambiguità.

 

8. Trasmissione, riconoscimento ed esecuzione dei provvedimenti di congelamento e dei provvedimenti di confisca

I Capi II e III del Regolamento (artt. 4 - 13 e artt. 14 - 22) disciplinano il procedimento di trasmissione, riconoscimento ed esecuzione dei provvedimenti di congelamento e confisca, contemplando disposizioni che le autorità competenti degli Stati membri sono chiamate ad applicare sia quali autorità di emissione sia quali autorità di esecuzione.

Come s’è detto, il legislatore italiano, ad oggi, non ha ritenuto di introdurre norme interne ulteriori per l’applicazione del Regolamento, quali disposizioni che individuino le autorità giudiziarie competenti per l’esecuzione e l’emissione, ovvero disposizioni che, integrando le norme dello stesso Regolamento, disciplinino nel nostro ordinamento il procedimento di riconoscimento o i mezzi di impugnazione previsti avverso il provvedimento di riconoscimento e/o esecuzione.

Poiché le decisioni quadro 2003/577/GAI e 2006/783/GAI sono state sostituite dal Regolamento in virtù del relativo art. 39, appare prospettabile – per tutte le ragioni sopra esposte – una soluzione interpretativa che faccia sopravvivere le disposizioni del d.l.vo n. 35/2016 e del d.l.vo n. 137/2015 in quanto compatibili con quelle del Regolamento e in quanto aventi ad oggetto materie non compiutamente disciplinate dallo stesso Regolamento con disposizioni pienamente auto-sufficienti.

Così potrebbero considerarsi tuttora vigenti, oltre alle disposizioni che individuano le autorità giudiziarie competenti nelle procedure attive e passive (artt. 4, 5 e 11 d.l.vo n. 35/2016 e artt. 4 e 10 d.l.vo n. 137/2015), le norme che disciplinano il procedimento di riconoscimento ed esecuzione in Italia dei provvedimenti di congelamento e confisca emessi in altri Stati membri (artt. 5 e 6 d.l.vo n. 35/2016 e art. 5 d.l.vo n.  137/2015), come pure le disposizioni che prevedono i mezzi di ricorso esperibili avverso le decisioni di riconoscimento (art. 9 d.l.vo n. 35/2016 e art. 8 d.l.vo n. 137/2015).

Sarebbero invece sostituite dalle corrispondenti previsioni del Regolamento le disposizioni del d.l.vo n. 35/2016 e del d.l.vo n. 137/2015 che regolano materie esaustivamente disciplinate dal Regolamento stesso: dalle definizioni che individuano il perimetro applicativo dei due strumenti ai motivi di non riconoscimento e di rinvio dell’esecuzione.

Passando velocemente ad esaminare le disposizioni dei Capi II e III del Regolamento, si può preliminarmente notare come i sovrapponibili procedimenti delineati negli appena menzionati Capi del Regolamento rispondano a criteri e scansioni tipici delle procedure di cooperazione fondate sul principio di mutuo riconoscimento. Tale principio implica un riconoscimento tendenzialmente incondizionato delle decisioni pronunciate dalle autorità giudiziarie nazionali degli Stati membri dell’Unione, con la conseguenza che l’autorità competente dello Stato di esecuzione è chiamata a riconoscere ed eseguire la decisione pronunciata nello Stato di emissione con minime formalità, e potrà rifiutare il riconoscimento e/o l’esecuzione soltanto ove ricorra uno dei limitati ed espressamente previsti motivi di diniego.

 

8.1 Il certificato

Come per altre procedure fondate sul principio di mutuo riconoscimento, lo strumento per l’avvio della procedura di cooperazione è, sia per il congelamento che per la confisca, l’emissione di un certificato standard (Allegati I e II del Regolamento), ossia di un formulario che, ai sensi degli artt. 6 e 17, deve essere compilato e firmato dall’autorità di emissione, con la certificazione che le informazioni in esso contenute sono esatte e corrette, per essere poi trasmesso all’autorità di esecuzione[17].

Gli artt. 4 par. 1 e 14 par. 1 prevedono che i provvedimenti di congelamento e confisca siano trasmessi mediante i corrispondenti certificati, che dovranno essere corredati da una traduzione in una delle lingue ufficiali dello Stato di esecuzione, ovvero in una o più lingue ufficiali dell’Unione che lo Stato di esecuzione abbia dichiarato di accettare (artt. 6 e 17 parr. 2 e 3)[18].

Quanto alle modalità di trasmissione del certificato, gli artt. 4 e 14 parr. 1 si limitano a richiedere l’utilizzo di “qualsiasi mezzo che consenta di conservare una traccia scritta in condizioni che permettano all’autorità di esecuzione di stabilire l’autenticità del certificato”. Poiché si tratta di disposizione mutuata da precedenti strumenti eurounitari di cooperazione giudiziaria, quali per esempio l’ordine europeo d’indagine penale, si può tranquillamente affermare, sulla scorta dell’esperienza maturata in relazione a tali strumenti, che i certificati di congelamento e confisca potranno essere semplicemente scansionati e trasmessi, in formato pdf, quale allegato a un’ordinaria e-mail.

Per assicurare celerità alla procedura di cooperazione, il certificato di congelamento o confisca standard dovrebbe contenere tutte le informazioni necessarie per consentire all’autorità di esecuzione di decidere in merito al riconoscimento ed all’esecuzione del provvedimento trasmesso. E infatti il Regolamento non richiede che, unitamente al certificato, l’autorità di emissione trasmetta anche il provvedimento interno che ha disposto la misura di blocco o ablazione. Tuttavia, a norma del par. 2 degli artt. 4 e 14, gli Stati membri possono effettuare una dichiarazione secondo cui, “quando è loro trasmesso un certificato” di congelamento o confisca, “l’autorità di emissione deve trasmettere, unitamente al certificato (…), il provvedimento (…) originale o una sua copia autenticata”.

L’Italia ha reso tale dichiarazione e, pertanto, nelle procedure passive, le autorità emittenti degli altri Stati membri dovranno trasmettere alle autorità di esecuzione italiane, insieme al certificato, anche l’originale o copia autenticata del provvedimento di congelamento o confisca. Per quanto riguarda le procedure attive, invece, occorrerà verificare se lo Stato di esecuzione di volta in volta interessato abbia o meno reso analoga dichiarazione[19]. In ogni caso, per favorire la speditezza del procedimento gli artt. 4 e 14 parr. 2 prevedono che, qualora lo Stato di esecuzione richieda la trasmissione anche dell’originale o di copia autenticata del provvedimento di congelamento o confisca, soltanto il certificato deve essere tradotto.

Avendo l’Italia indicato il Ministero della Giustizia quale autorità centrale ai sensi dell’art. 24 par. 2[20], sarà al Ministero che le autorità emittenti degli altri Stati membri dovranno trasmettere i certificati per il successivo inoltro alle competenti autorità giudiziarie italiane; nelle procedure attive le nostre autorità giudiziarie competenti per l’emissione dovranno trasmettere il certificato attraverso il Ministero della Giustizia che svolgerà, nelle procedure di cooperazione disciplinate dal Regolamento, il medesimo ruolo amministrativo e di assistenza che svolge per l’esecuzione dei mandati di arresto europei ai sensi della decisione quadro 2002/584/GAI.

È opportuno sin d’ora evidenziare che il certificato di congelamento o confisca (e la loro corretta ed accurata compilazione), oltre a rispondere alle medesime funzioni proprie degli altri certificati previsti per le diverse procedure di cooperazione, dovranno assolvere al fondamentale compito di fornire alle competenti autorità estere tutte le informazioni di rilievo in merito alla tipologia di provvedimento di sequestro o confisca di cui viene richiesta l’esecuzione.

Al riguardo si è già sottolineata l’estrema ampiezza dell’ambito applicativo del Regolamento.

Pertanto le autorità giudiziarie nazionali, comprese quelle italiane, saranno verosimilmente chiamate a riconoscere ed eseguire provvedimenti di confisca, emessi da altri Stati membri, non previsti dall’ordinamento dello Stato di esecuzione.

Per l’Italia la questione assume particolare importanza con riguardo al riconoscimento ed esecuzione negli altri Stati membri dei provvedimenti di sequestro e di confisca adottati dalle autorità giudiziarie italiane nei procedimenti di prevenzione ai sensi del d.l.vo n. 159/2011.

               Sarà quindi decisivo che le autorità giudiziarie italiane, quali autorità di emissione, compilino il certificato standard di congelamento o confisca avendo cura di fornire una sintetica ma chiara ed efficace rappresentazione della tipologia e dei presupposti del provvedimento di blocco o ablazione di cui viene chiesto il riconoscimento[21].

 

8.2 La compilazione del certificato. Indicazioni operative

Ritenendo utile in questa sede riservare una particolare attenzione alla compilazione del certificato trasmesso dalle autorità italiane in relazione ai provvedimenti di sequestro e confisca di prevenzione[22] si segnalano le seguenti sezioni dei rispettivi certificati standard.

Al punto 1 della Sezione D (Informazioni relative al bene cui si riferisce il provvedimento) del certificato standard di confisca si chiede all’autorità emittente di specificare se

L’organo giurisdizionale ha deciso che il bene in questione:

  • è il provento di un reato, o l'equivalente, in tutto o in parte, del valore di tale provento
  • è un bene strumentale rispetto a tale reato, o il valore di tale bene strumentale
  • è passibile di confisca mediante l'applicazione nello Stato di emissione di uno dei poteri di confisca previsti dalla direttiva 2014/42/UE (compresa la confisca estesa)
  • è passibile di confisca ai sensi di altre disposizioni relative ai poteri di confisca, compresa la confisca in assenza di una condanna definitiva, previste dal diritto dello Stato di emissione in seguito a un procedimento per un reato.

Evidentemente, per le confische di prevenzione dovrà essere contrassegnata la quarta opzione, trattandosi di confisca disposta in assenza di una sentenza di condanna.

Di particolare importanza sono la Sezione F (Motivi che hanno dato luogo al provvedimento di confisca) del certificato standard di confisca e la corrispondente Sezione E (Motivi dell’emissione del provvedimento di congelamento) del certificato standard di congelamento, nei cui rispettivi punti 1 si chiede di fornire da un lato “una sintesi dei fatti e indicare i motivi dell’emissione del provvedimento di confisca, comprese una descrizione del reato o dei reati e altre informazioni pertinenti” (Sezione F); dall’altro “una sintesi dei fatti, ivi inclusa una descrizione del/i reato/i”, oltre che i “motivi del congelamento” e le “altre informazioni pertinenti”, il tutto accompagnato dall’indicazione della “fase delle indagini” (Sezione E).

Rilevato che soprattutto il modulo del certificato standard di congelamento non sembra essere del tutto congruo rispetto alla postulata riconoscibilità ed eseguibilità delle confische senza condanna e dei corrispondenti sequestri, si ritiene che nelle Sezioni sopra indicate debbano essere sinteticamente esposti i presupposti fattuali e giuridici della misura e i reati in relazione ai quali il provvedimento di sequestro o confisca è stato disposto.

Le citate Sezioni E ed F potrebbero dunque costituire lo spazio dei certificati standard di congelamento e confisca in cui offrire una pur brevissima presentazione di carattere generale delle misure di prevenzione previste e regolate dal codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al d.l.vo n. 159/2011[23].

Con una formulazione che riprende il tenore letterale degli artt. 20 e 24 del sopra citato decreto legislativo, all’autorità di esecuzione potrà più in particolare essere rappresentato che “Il provvedimento di sequestro / confisca trasmesso è stato adottato ai sensi del d.l.vo n. 159/2011, che prevede il sequestro e la successiva confisca - non necessariamente basata su una sentenza di condanna - dei beni che sono ritenuti essere il provento di attività delittuose, oppure beni acquistati con il provento di tali attività delittuose[24]. In particolare, è previsto che possano essere prima sequestrati e poi confiscati i beni nella disponibilità, diretta o indiretta, di soggetti che sono indiziati di avere commesso gravi delitti, quando il valore di tali beni è sproporzionato rispetto al reddito o all’attività economica svolta, nonché quando tali beni risultino essere di provenienza illecita o costituiscano il reimpiego di profitti illeciti. Ugualmente è previsto che possano essere prima sequestrati e poi confiscati i beni nella disponibilità, diretta o indiretta, di soggetti in relazione ai quali si deve ritenere – sulla base di specifiche circostanze, tra cui l’accertata commissione di reati – che vivano abitualmente, almeno in parte, con i proventi di attività delittuose, sempre quando il valore dei beni è sproporzionato rispetto al reddito o all’attività economica svolta, nonché quando gli stessi beni risultino essere di provenienza illecita o costituiscano il reimpiego di profitti illeciti[25].

Si potrà quindi proseguire con l’esposizione dello specifico caso oggetto del provvedimento, indicando anzitutto il soggetto che è destinatario della misura di blocco o ablazione e riconducendolo a una delle categorie previste dall’art. 4 d.l.vo n. 159/2011 (che contempla le diverse fattispecie di pericolosità sociale, tradizionalmente distinte in fattispecie di pericolosità generica e fattispecie di pericolosità qualificata).

Con riguardo ai soggetti di cui all’art. 4, lett. a), b), d), e), f), g), h), i), i-bis) e i-ter), non appare particolarmente problematico individuare la (o le) fattispecie di reato che costituiscono la base giuridica di riferimento per gli indizi ed eventualmente le condanne che, unitamente agli altri presupposti di legge, consentono l’adozione della misura di prevenzione patrimoniale.

Coerentemente, in relazione a tali categorie di soggetti, nel punto 2 delle Sezioni E ed F dei certificati standard di congelamento e confisca (Natura e qualificazione giuridica del reato o dei reati connessi al provvedimento di congelamento o confisca e disposizione/i di legge applicabile/i), sarà indicato il reato (o i reati) di cui il proposto è indiziato o per il/i quale/i è stato condannato, con la specificazione dei rilevanti articoli di legge e una descrizione della/e pertinente/i fattispecie incriminatrice/i.

A titolo di esempio, nel caso in cui il sequestro o la confisca siano stati disposti nei confronti di una persona indiziata di appartenere a una delle associazioni di cui all’art. 416-bis c.p. [art. 4, lett. a), d.l.vo n. 159/2011), al punto 2 della Sezione E o F si indicherà il nomen iuris del reato di associazione a delinquere di tipo mafioso e si riporterà il testo dell’art. 416-bis c.p.. Qualora, invece, si tratti di applicazione di sequestro o confisca ai sensi del combinato disposto degli artt. 4 lett. c) e 1 lett. b) d.l.vo n. 159/2011 (cioè venga in rilievo la cosiddetta pericolosità generica) si indicherà il nomen iuris dei delitti il cui avvenuto accertamento, in via principale o incidentale, ha consentito l’applicazione della misura (avendo cura di richiamare i più gravi), e si riporterà il relativo testo.

Nei punti 3 delle stesse Sezioni E ed F, che riportano le categorie di reati per i quali non si applica la condizione della doppia incriminazione, si contrassegnerà la casella o le caselle relative al reato o ai reati pertinenti. Nel caso di soggetto indiziato di appartenere a una delle associazioni di cui all’art. 416-bis c.p. verrà dunque contrassegnata la prima casella, concernente la “partecipazione a un’organizzazione criminale”.

Sempre a titolo di esempio, se il sequestro o la confisca di prevenzione sono stati disposti nei confronti di persona indiziata del delitto di cui all’art. 416 c.p. finalizzato alla commissione di taluno dei delitti di cui agli artt. 318, 319 e 321 c.p. [art. 4, lett. i-bis), d.l.vo n. 159/2011] appare opportuno contrassegnare, ai punti 3 delle Sezioni E ed F, sia la casella relativa alla “partecipazione a un’organizzazione criminale”, sia quella relativa alla “corruzione”.

Qualora, invece, il provvedimento di prevenzione sia stato adottato nei confronti di persona riconducibile alla categoria di soggetti di cui all’art. 1, lett. b), d.l.vo n. 159/2011, sarà necessario esplicitare, nei punti 2 delle Sezioni E ed F, la o le fattispecie di reato[26] dei cui proventi si ritiene che il soggetto colpito viva abitualmente (ad esempio il delitto di traffico illecito di sostanze stupefacenti di cui all’art. 73 D.P.R. n. 309/1990) contrassegnando la pertinente casella (se presente) dei punti 3 delle stesse Sezioni E ed F.

Tornando ai punti 1 delle Sezioni E ed F, dopo avere individuato il reato o i reati che costituiscono il presupposto della misura di prevenzione, potranno essere indicati in modo molto sintetico gli indizi di colpevolezza acquisiti a carico del proposto, ovvero gli elementi di fatto sulla base dei quali si ritiene che costui viva abitualmente, anche in parte, con i proventi di determinati delitti [nel caso di cui all’art. 1, lett. b), d.l.vo n. 159/2011]. Potranno essere menzionate le fonti e gli elementi di prova su cui il provvedimento di sequestro o confisca è fondato, quali, a titolo esemplificativo, le risultanze di eventuali sentenze di condanna o provvedimenti cautelari, come pure quelle degli atti di polizia giudiziaria e, più in generale, degli atti e documenti di procedimenti penali.

Occorrerà poi esporre i motivi per i quali nei confronti della persona indiziata di uno o più specifici reati – oppure condannata o comunque ritenuta pienamente responsabile della commissione di almeno due reati produttivi d’illecito profitto – sono stati disposti il sequestro o la confisca dei beni interessati dal provvedimento. Al riguardo verranno sinteticamente illustrati gli elementi di fatto, accertati nel procedimento di prevenzione, che fanno ritenere che i beni sequestrati o confiscati costituiscano provento di reato, tra i quali, in particolare, il valore dei beni sproporzionato rispetto al reddito o all’attività economica svolta dal proposto.

Dopo l’esposizione di questi elementi, concernenti la provenienza delittuosa o il carattere sproporzionato del valore dei beni sequestrati o confiscati, sarà utile evidenziare che il soggetto colpito non ha comunque allegato diversi o ulteriori elementi che possano comunque rendere plausibile e ragionevole la legittima provenienza dei beni in questione.

Particolare importanza avrà anche una breve esposizione dei motivi per cui si ritiene che i beni sequestrati o confiscati siano nella disponibilità del proposto, nelle ipotesi in cui siffatta disponibilità sia indiretta, ovvero avvenga per interposta persona, fisica o giuridica.

 

8.3 Il procedimento 

In ossequio al principio di mutuo riconoscimento, gli artt. 7 e 18 parr. 1 prevedono che l’autorità di esecuzione riconosce il provvedimento di congelamento o confisca trasmesso con l’emissione del relativo certificato, e adotta le misure necessarie per la sua esecuzione alla stessa stregua di un provvedimento di congelamento o confisca nazionale emesso da un’autorità dello Stato di esecuzione, a meno che non venga addotto uno dei motivi di non riconoscimento e di non esecuzione previsti dagli artt. 8 e 19 o uno dei motivi di rinvio previsti dagli artt. 10 e 21.

Peraltro gli artt. 8 e 19 parr. 2, coerentemente alla impostazione dialogica che caratterizza l’applicazione di tutti gli strumenti di mutuo riconoscimento, dispongono che l’autorità di esecuzione, in tutti i casi in cui ritenga di ravvisare uno dei motivi di non riconoscimento o non esecuzione enucleati nei parr. 1, prima di assumere la relativa decisione, debba consultare l’autorità di emissione chiedendo, ove occorra, ulteriori informazioni.

 

8.4 I motivi di non riconoscimento e non esecuzione

Va preliminarmente notato che nel Regolamento, come già nella decisione quadro 2003/577/GAI (art. 7) e nella decisione quadro 2006/783/GAI (art. 8), tutti i motivi di rifiuto sono previsti come facoltativi (“l’autorità di esecuzione può decidere di non riconoscere o non dare esecuzione a un provvedimento di congelamento / confisca solo se …”).

Il primo motivo di non riconoscimento (lettera a) concerne l’ipotesi in cui l’esecuzione del provvedimento di congelamento o confisca è contraria al principio del ne bis in idem. Si tratta di motivo di non riconoscimento già previsto, con analoga formulazione, dagli artt. 7 e 8 delle decisioni quadro 2003/577 e 2006/783, e che il legislatore italiano aveva rispettivamente trasposto nella disposizione di cui all’art. 6, comma 4, lett. d) d.l.vo n. 35/2016 (“se dalle informazioni contenute nel certificato risulta evidente la violazione del divieto di un secondo giudizio, ai sensi dell’art. 649 c.p.p.”) e nella disposizione di cui all’art. 6, comma 1, lett. b) d.l.vo n. 137/2015, che contemplava tale motivo di rifiuto per i casi in cui “una decisione di confisca risulta essere già stata emessa, in via definitiva, per gli stessi fatti e nei confronti della stessa persona da uno degli Stati membri dell’Unione europea”. L’identica formulazione contenuta negli artt. 8 e 19 del Regolamento appare più felice ed idonea a ricomprendere casi ulteriori rispetto a quelli enunciati dai sopra citati artt. 6[27].

La lettera b) del par. 1 degli artt. 8 e 19 contempla quale motivo di non riconoscimento l’ipotesi in cui vi sono privilegi o immunità a norma del diritto dello Stato di esecuzione che in tale Stato impedirebbero il congelamento o la confisca dei beni interessati. A tale ipotesi, già prevista dalle decisioni quadro 2003/577 e 2006/783, si aggiunge quella in cui vi siano norme sulla determinazione o limitazione della responsabilità penale attinenti alla libertà di stampa o di espressione in altri mezzi di comunicazione, che impediscono l’esecuzione del provvedimento di congelamento o confisca.

La lettera c), con previsione di tenore analogo a quello di disposizioni presenti in altri strumenti eurounitari di mutuo riconoscimento, dispone che può rifiutarsi il riconoscimento quando il certificato di congelamento o confisca è incompleto o manifestamente inesatto, sempre che l’autorità di emissione non abbia provveduto a completare o emendare lo stesso certificato a seguito delle consultazioni che l’autorità di esecuzione è tenuta ad avviare ai sensi del citato par. 2 degli artt. 8 e 19.

La lettera d) prevede che il riconoscimento possa essere rifiutato nei casi in cui il provvedimento di congelamento o confisca si riferisce a un reato commesso in tutto o in parte al di fuori dello Stato di emissione e in tutto o in parte nello Stato di esecuzione, quando la condotta per la quale il congelamento o la confisca sono stati disposti non costituisce reato secondo il diritto dello Stato di esecuzione[28].

Il motivo di rifiuto previsto dalla lettera e) dell’art. 19 par. 1 riguarda solo ed esclusivamente il riconoscimento e l’esecuzione dei provvedimenti di confisca e concerne la tutela dei diritti di cui sono titolari i soggetti colpiti da siffatti provvedimenti. Come detto sopra, la nozione di soggetti colpiti, ai sensi dell’art. 2, n. 10, del Regolamento comprende (i) la persona fisica o giuridica contro la quale è stato emesso il provvedimento di confisca; (ii) la persona fisica o giuridica che possiede i beni oggetto di tale provvedimento; nonché (iii) i terzi i cui diritti relativi a questi beni sono direttamente lesi dal provvedimento di confisca secondo il diritto dello Stato di esecuzione. Coerentemente, la Sezione C del certificato standard di confisca (Soggetto/i colpito/i) richiede l’indicazione dei dati identificativi di tutte e tre le categorie di soggetti colpiti, al pari, peraltro, di quanto prevede la stessa Sezione del certificato standard di congelamento[29].

È quindi previsto il rifiuto del riconoscimento nei casi in cui “i diritti dei soggetti colpiti renderebbero impossibile, a norma del diritto dello Stato di esecuzione, l’esecuzione del provvedimento di confisca, anche qualora tale impossibilità sia conseguenza dell’applicazione di mezzi di impugnazione ai sensi dell’articolo 33[30] [31].

La disposizione sembra riferirsi alle ipotesi in cui l’esecuzione del provvedimento di confisca determinerebbe una lesione dei diritti dei soggetti colpiti e, in particolare, dei soggetti (diversi dalla persona contro la quale il provvedimento ablatorio è stato disposto) che sono proprietari dei beni interessati ovvero titolari di diritti relativi a tali beni, quando tale lesione non sarebbe consentita secondo l’ordinamento dello Stato di esecuzione[32].

Con diversa formulazione, può dirsi che il riconoscimento potrà essere rifiutato quando l’esecuzione del provvedimento di confisca sia incompatibile con la tutela che l’ordinamento dello Stato di esecuzione assicura ai soggetti (diversi da quello contro il quale il provvedimento ablatorio è diretto) titolari di diritti sui beni interessati.

Le ipotesi che appaiono senz’altro riconducibili al motivo di non riconoscimento in esame sono, in primo luogo, quelle in cui, per utilizzare una fraseologia familiare al nostro ordinamento, l’esecuzione del provvedimento di confisca inciderebbe sui diritti acquisiti in buona fede da soggetti terzi estranei al reato.

Saranno la prassi applicativa del Regolamento e l’elaborazione giurisprudenziale della Corte di giustizia dell’Unione a fornire indicazioni più chiare sullo spazio applicativo del motivo di rifiuto, ma appare dubbio che lo stesso consenta in ogni caso all’autorità di esecuzione di decidere nel merito questioni già definite dall’autorità che ha pronunciato il provvedimento di confisca. Si pensi alle ipotesi in cui l’autorità di emissione abbia accertato che la titolarità del bene è meramente fittizia e che la disponibilità effettiva del bene sia in capo alla persona fisica (o giuridica) contro la quale è stata ordinata la confisca. Ove il soggetto formalmente titolare del bene abbia già dedotto le sue ragioni avanti all’autorità che ha adottato il provvedimento di confisca, è dubbio che lo stesso soggetto colpito possa riproporre le medesime ragioni nel procedimento di riconoscimento al fine di sostenere la sussistenza del motivo di rifiuto previsto dalla lett. e). In questo senso sembra deporre anche l’art. 33 par. 2 del Regolamento, che infatti stabilisce che “I motivi di merito su cui si basa il provvedimento di congelamento o il provvedimento di confisca non possono essere contestati dinanzi a un organo giurisdizionale dello Stato di esecuzione”.

Per quanto concerne, infine, la mancata previsione di analogo motivo di rifiuto in relazione ai provvedimenti di congelamento, la ratio di questa esclusione sembra essere quella di rimandare la soluzione di ogni questione relativa ai diritti dei terzi sui beni congelati al successivo giudizio sulla relativa confisca.

La lettera f) dell’art. 19 par. 1, perfettamente corrispondente alla lettera e) dell’art. 8 par. 1, contempla il motivo di non riconoscimento basato sulla condizione della doppia incriminazione. L’art. 3 par. 2 del Regolamento dispone che, per i reati diversi da quelli previsti dal par. 1 (i cosiddetti eurocrimes), ciascuno Stato possa subordinare il riconoscimento del provvedimento di congelamento o confisca alla condizione che i fatti che hanno dato luogo allo stesso provvedimento costituiscano reato anche ai sensi della legge dello Stato di esecuzione. L’Italia si è avvalsa di tale facoltà rendendo la relativa dichiarazione, con la conseguenza che, per i reati diversi dai cosiddetti eurocrimes, il competente Gip o la competente Corte d’appello, quale autorità di esecuzione, dovranno verificare se i fatti posti alla base del provvedimento di congelamento o confisca costituiscano reato anche ai sensi della legge italiana.

Anche il motivo di rifiuto previsto dalla lettera g) dell’art. 19 par. 1 riguarda solo ed esclusivamente il riconoscimento e l’esecuzione dei provvedimenti di confisca. Tale motivo riproduce, con qualche marginale differenza, la causa di rifiuto prevista in tema di mandato di arresto europeo dall’art. 4-bis della decisione quadro 2002/584/GAI[33], concernente l’esecuzione delle decisioni rese in absentia.

Da evidenziare che il motivo di non riconoscimento in questione, per espressa previsione del Regolamento, è applicabile esclusivamente ai provvedimenti di confisca basati su una sentenza di condanna[34]. In particolare si prevede che il riconoscimento possa essere negato quando “in base al certificato di confisca, il soggetto contro il quale è stato emesso il provvedimento di confisca non è comparso personalmente al processo che ha dato luogo al provvedimento di confisca legato a una condanna definitiva, a meno che il certificato di confisca attesti, conformemente agli ulteriori requisiti procedurali definiti nel diritto dello Stato di emissione, che il soggetto interessato:

  1. è stato citato personalmente in tempo utile ed è quindi stato informato della data e del luogo fissati per il processo terminato con il provvedimento di confisca, o è stato di fatto informato ufficialmente con altri mezzi della data e del luogo fissati per il processo, in modo tale che si è stabilito inequivocabilmente che era al corrente del processo fissato, ed è stato informato in tempo utile del fatto che un tale provvedimento di confisca poteva essere emesso in caso di sua mancata comparizione in giudizio;
  2. essendo al corrente del processo fissato, aveva conferito un mandato a un difensore, nominato personalmente o dallo Stato, per patrocinarlo in giudizio ed è stato effettivamente patrocinato in giudizio da tale difensore;

oppure,

  • dopo aver ricevuto la notifica del provvedimento di confisca ed essere stato espressamente informato del diritto ad un nuovo processo o a un ricorso in appello cui egli avrebbe il diritto di partecipare e che consentirebbe di riesaminare il merito della causa, comprese nuove prove, e potrebbe condurre alla riforma dell’ordine di confisca originario, ha dichiarato espressamente di non opporsi al provvedimento di confisca; oppure non ha richiesto un nuovo processo o presentato ricorso in appello entro i termini stabiliti”.

Il motivo di rifiuto appena riportato trova puntuale corrispondenza nel contenuto del certificato standard di confisca, nel quale, infatti, la Sezione H (Procedimento che ha dato luogo al provvedimento di confisca) richiede di fornire informazioni sulla partecipazione al procedimento del soggetto contro il quale la confisca è ordinata, riproducendo le diverse alternative contemplate nella formulazione del motivo di rifiuto.

Trattandosi di motivo di non riconoscimento mutuato dalla disciplina del mandato di arresto europeo, risulteranno applicabili i principi al riguardo elaborati sia dalla Corte di Giustizia che dalla nostra giurisprudenza.

È interessante notare che la previsione sub i) richiede che il soggetto interessato sia informato in tempo utile del fatto che un tale provvedimento di confisca poteva essere emesso in caso di sua mancata comparizione in giudizio[35]. Tale informazione non compare nel contenuto degli atti introduttivi del processo penale (cfr. gli artt. 419, 429, 552 c.p.p.). V’è pertanto da chiedersi se nella prassi giudiziaria non possa essere utile integrare gli atti in questione con l’espresso avvertimento che, in caso di mancata comparizione in giudizio, potrà essere emesso un provvedimento di confisca. Ciò al fine di adempiere alle prescrizioni del Regolamento, quanto meno nei casi in cui sia già ipotizzabile all’inizio del giudizio che un provvedimento di confisca dovrà o potrà essere eseguito in altro Stato membro[36].

Pur essendo il motivo di non riconoscimento di cui alla lettera g) applicabile ai soli provvedimenti di confisca basati su una sentenza di condanna, ciò non vuole ovviamente dire che, nei procedimenti in esito ai quali vengono assunti provvedimenti ablatori in assenza di una sentenza di condanna (si pensi, ancora una volta, ai procedimenti applicativi di misure di prevenzione patrimoniali previsti dal nostro ordinamento), il soggetto contro il quale la confisca è disposta non abbia diritto ad un equo processo e non debbano esserne rispettati i diritti di difesa. Gravi violazioni di tali diritti avrebbero rilievo, come si dirà, quale motivo di non riconoscimento ai sensi della lettera h) dell’art. 19 par. 1, che per i provvedimenti di congelamento trova perfetta corrispondenza nella lettera f) dell’art. 8 par. 1.

Al riguardo, è utile soffermarsi sul considerando n. 18 del Regolamento, che richiama i diritti e le garanzie procedurali che dovrebbero essere assicurati nei procedimenti contemplati dal Regolamento.

In particolare, vengono richiamati i diritti procedurali di cui alle direttive 2010/64/UE, 2012/13/UE, 2013/48/UE, (UE) 2016/343, (UE) 2016/800 e (UE) 2016/1919 del Parlamento europeo e del Consiglio che “dovrebbero applicarsi ai procedimenti penali rientranti nell’ambito di applicazione del presente regolamento per quanto riguarda gli Stati membri vincolati da tali direttive”. Il considerando n. 18 prosegue richiamando le garanzie previste dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che “dovrebbero applicarsi a tutti i procedimenti rientranti nell’ambito di applicazione del presente regolamento”, con l’ulteriore importante precisazione che “le garanzie essenziali applicabili ai procedimenti penali previste dalla Carta dovrebbero applicarsi ai procedimenti in materia penale ma che sono contemplati dal presente regolamento”.

La traduzione in lingua italiana dell’ultima parte del considerando non è purtroppo particolarmente perspicua né fedele, ed è pertanto opportuno riportarne il testo in lingua inglese, in cui si legge: “in particular, the essential safeguards for criminal proceedings set out in the Charter should apply to proceedings in criminal matters that are not criminal proceedings but which are covered by this regulation”.

Emerge quindi, anche con riguardo ai diritti e alle garanzie processuali, una chiara distinzione tra i procedimenti penali che conducono ad un provvedimento di confisca basato su una decisione di condanna, ai quali saranno applicabili i diritti procedurali previsti dalle menzionate direttive e le garanzie sancite dalla Carta per i procedimenti penali, e i procedimenti in materia penale, che non sono procedimenti penali in senso stretto ma che rientrano nell’ambito di applicazione del Regolamento, ai quali saranno applicabili solo le garanzie essenziali previste dalla Carta per i procedimenti penali.

È probabile che la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione avrà modo di elaborare uno statuto processuale dei procedimenti in materia penale contemplati dal Regolamento compatibile con le garanzie essenziali previste dalla Carta (e, più in particolare, dai suoi artt. 47 – 50). Nel frattempo può in via generale affermarsi che dovranno essere assicurati sia il diritto ad un processo equo che quello ad un giudice indipendente ed imparziale, nonché il rispetto dei diritti della difesa.

Tornando al tema della partecipazione al procedimento terminato con il provvedimento di confisca, appare utile notare che, se per i provvedimenti di confisca basati su una sentenza di condanna è presente nel certificato la Sezione H sopra menzionata, per i provvedimenti di confisca non basati su una sentenza di condanna non è contemplata alcuna sezione di analogo contenuto informativo (così come non è contemplata, molto più comprensibilmente, per i provvedimenti di congelamento).

Tuttavia – al fine di favorire una più celere definizione della procedura di riconoscimento ed evitare richieste interlocutorie delle autorità di esecuzione – potrebbe essere opportuno inserire nel certificato sintetiche informazioni anche in merito alla partecipazione al procedimento dei soggetti colpiti da provvedimenti di confisca non basati su una sentenza di condanna.

Con riferimento alla confisca di prevenzione, appare utile indicare nel certificato che il proposto, così come le altre persone interessate (terzi proprietari dei beni e terzi titolari di diritti reali o personali di godimento, nonché di diritti reali di garanzia), sono stati citati a comparire per partecipare al procedimento nelle forme previste dall’art. 23 d.l.vo n. 159/2011, e specificare se vi abbiano partecipato, se siano stati assistiti da un difensore e se abbiano proposto o avuto la possibilità di proporre impugnazione avverso il provvedimento di confisca, eventualmente anche promuovendo un procedimento di esecuzione (in argomento cfr. Cass. sez. I, n. 13035/2015 del 3.12.2014).

Queste informazioni potrebbero essere inserite nella Sezione C (Soggetto/i colpito/i) al punto 4 (Fornire eventuali altre informazioni utili all’esecuzione del provvedimento di confisca) che infatti è sufficientemente ampio da poter comprendere anche notizie sulla partecipazione al procedimento dei soggetti colpiti.

Tornando più propriamente all’esame del motivo di non riconoscimento di cui alla lettera h) dell’art. 19 par. 1 e alla lettera f) dell’art. 8 par. 1, come s’è visto concernente la violazione dei diritti fondamentali,  si richiamano il considerando n. 16 del Regolamento, che enuncia il principio per cui l’applicazione del Regolamento “non ha come effetto di modificare l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i principi giuridici enunciati all’art. 6 del trattato sull’Unione europea”; e il considerando n. 17, secondo cui il Regolamento deve essere applicato nel rispetto dei diritti fondamentali e dei principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. 

Coerentemente con tali premesse le richiamate lettere h) ed f) degli artt. 19 par. 1 e 8 par. 1 prevedono che il riconoscimento e l’esecuzione possano essere rifiutati nei casi in cui “in situazioni eccezionali sussistono seri motivi per ritenere, sulla base di elementi specifici e oggettivi, che l’esecuzione del provvedimento di congelamento / confisca comporti, nelle particolari circostanze del caso, una palese violazione di un pertinente diritto fondamentale della Carta, in particolare il diritto a un ricorso effettivo, il diritto a un giudice imparziale e i diritti della difesa”.

Il riferimento a “situazioni eccezionali”, così come la necessità di elementi specifici e oggettivi che indichino, nelle particolari circostanze del caso, una palese violazione di un diritto fondamentale sancito dalla Carta, appaiono coerenti con i principi del mutuo riconoscimento e della reciproca fiducia di cui al considerando n. 15, che presuppongono che “le decisioni da riconoscere ed eseguire siano presumibilmente sempre prese in conformità dei principi di legalità, sussidiarietà e proporzionalità”, oltre che nel rispetto dei diritti fondamentali sanciti dalla Carta.

Peraltro, nelle procedure attive di riconoscimento ed esecuzione in altri Stati membri di provvedimenti di congelamento o confisca di prevenzione emessi ai sensi del d.l.vo n. 159/2011, le autorità di emissione italiane – a fronte di eventuali dubbi sollevati dalle autorità di esecuzione straniere sulla compatibilità delle misure di prevenzione patrimoniali con i diritti fondamentali (in particolare, il diritto di proprietà  e il diritto a un equo processo) – potranno utilmente richiamare le diverse decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) che hanno già affermato la compatibilità di tali misure con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

Esaminati i motivi di non riconoscimento tassativamente previsti dagli artt. 8 e 19, va evidenziato che è sottratta all’autorità di esecuzione ogni valutazione in merito alla necessità e proporzionalità del provvedimento di congelamento o confisca. L’eventuale difetto del requisito della proporzionalità della misura non è invero contemplato quale motivo di rifiuto. Il considerando n. 21 sottolinea che dovrebbe essere l’autorità di emissione ad assicurare il rispetto dei principi di necessità e proporzionalità, dal momento che il riconoscimento e l’esecuzione dei provvedimenti di congelamento o confisca non dovrebbero essere rifiutati per motivi diversi da quelli previsti dal Regolamento. E l’art. 1 par. 3 del Regolamento dispone espressamente che nell’emettere un provvedimento di congelamento o confisca, le autorità di emissione assicurano sempre il rispetto dei suddetti principi di necessità e proporzionalità.

 

8.5 Riconoscimento ed esecuzione del provvedimento di congelamento o confisca

In assenza di uno dei motivi di rifiuto previsti dagli artt. 8 e 19, l’autorità di esecuzione è chiamata a riconoscere ed eseguire il provvedimento di congelamento o confisca. Il par. 6 dell’art. 18 prevede che, non appena l’esecuzione del provvedimento di confisca è conclusa, l’autorità di esecuzione informa l’autorità di emissione dei risultati dell’esecuzione con qualsiasi mezzo che consenta di conservare una traccia scritta. Sul significato di quest’ultima previsione si richiama quanto già osservato a proposito degli artt. 4 e 14 parr. 1, mentre si evidenzia che una disposizione analoga a quella dell’art. 18 par. 6 è contenuta, per i provvedimenti di congelamento, nell’art. 7 par. 2, che, in aggiunta, specificamente prevede che l’obbligo informativo riguardi anche la “descrizione dei beni congelati e, se disponibile, una stima del loro valore”.

Da segnalare la disposizione contenuta nell’art. 18 par. 5 del Regolamento, ai sensi della quale, nei casi in cui il provvedimento di confisca non è stato preceduto o accompagnato da un provvedimento di congelamento dei beni[37], l’autorità di esecuzione può di propria iniziativa decidere di congelare (nelle more della procedura di riconoscimento ed esecuzione) i beni interessati al fine di assicurare la fruttuosità della relativa ma successiva confisca.

Alla disposizione di cui sopra fa da pendant, per il provvedimento di congelamento, quella dell’art. 4 par. 6, secondo la quale il relativo certificato è accompagnato da un certificato di confisca contestualmente trasmesso ai sensi dell’art. 14, oppure “contiene l’istruzione secondo cui i beni devono rimanere congelati nello Stato di esecuzione in attesa della trasmissione e dell’esecuzione del provvedimento di confisca a norma dell’art. 14, nel qual caso l’autorità di emissione indica la data prevista per la trasmissione del certificato di congelamento“ (rectius di confisca). Al riguardo si raccomanda di compilare con accuratezza la Sezione I (Confisca) del certificato standard di congelamento, al fine di evitare ogni possibile disguido o fraintendimento sui tempi plausibilmente necessari in Italia (quale Stato di emissione) per il “passaggio” da un provvedimento di congelamento a un provvedimento di confisca. È importante sottolineare che la durata del relativo procedimento interno dello Stato di emissione, in linea di principio, non può mai portare ad una caducazione del congelamento, ma sul punto l’autorità di emissione e quella di esecuzione devono se del caso informarsi e consultarsi reciprocamente e, nel caso in cui l’autorità di emissione non assolva tale obbligo d’informazione e consultazione, viene meno l’obbligo di riconoscimento ed esecuzione dell’autorità di esecuzione (art. 12 del Regolamento, con particolare riferimento al par. 2).

 

8.6 Rinvio del riconoscimento o dell’esecuzione del provvedimento di congelamento o confisca

Gli artt. 10 e 21 prevedono entrambi le seguenti ipotesi in cui l’autorità di esecuzione può decidere di rinviare il riconoscimento o l’esecuzione del provvedimento di congelamento o confisca:

  • qualora l’esecuzione del provvedimento possa pregiudicare un’indagine penale in corso [lettera a) del par. 1 di entrambi gli articoli];
  • nei casi in cui il bene sia già oggetto di un provvedimento di congelamento o confisca in atto nello Stato di esecuzione, con la peculiarità, per il provvedimento di congelamento, che in base al diritto dello Stato di esecuzione il provvedimento interno abbia la precedenza anche sui successivi provvedimenti interni [lettere b) e c) del par. 1 dell’art. 10 e lettera c) del par. 1 dell’art. 21].

Per i provvedimenti di confisca si aggiungono, nell’art. 21, le due seguenti ulteriori ipotesi di rinvio del riconoscimento o dell’esecuzione:

  • qualora si ritenga, nel caso di una confisca concernente una somma di danaro, che vi sia il rischio che l’importo totale risultante dall’esecuzione del provvedimento ablatorio possa superare notevolmente l’importo ivi specificato a causa della sua esecuzione simultanea in più di uno Stato membro [lettera b) del par. 1 dell’art. 21];
  • nel caso in cui sia stato esperito un mezzo di impugnazione ai sensi dell’art. 33 del Regolamento [lettera d) del par. 1 dell’art. 21].

In ogni caso l’autorità di esecuzione informerà senza ritardo l’autorità di emissione del rinvio del riconoscimento o dell’esecuzione, specificando il motivo del rinvio e, non appena cessato lo stesso, adotterà le misure necessarie all’esecuzione del provvedimento di congelamento o confisca.

Si evidenzia che l’art. 21 par. 2 stabilisce – con disposizione ovviamente non presente nell’art. 10 – che nel periodo di rinvio dell’esecuzione, l’autorità di esecuzione deve adottare tutte le misure che adotterebbe in un caso interno analogo per evitare che all’esito del rinvio il bene non sia più disponibile ai fini dell’esecuzione del provvedimento di confisca[38].

 

8.7 Termini per il riconoscimento e l’esecuzione del provvedimento di congelamento o confisca 

Per garantire una sollecita definizione del procedimento di cooperazione, l’art. 9 del Regolamento prevede che l’autorità di esecuzione prende una decisione sul riconoscimento e sull’esecuzione del provvedimento di congelamento ed esegue tale decisione senza indugio e, comunque, “con la stessa velocità e la stessa priorità usate in casi interni analoghi”. Lo stesso articolo attribuisce all’autorità di emissione sia la facoltà di chiedere che l’esecuzione del congelamento avvenga in una data specifica; sia quella di chiedere, in ogni caso, un coordinamento tra i due Stati al fine di concordare la data di esecuzione. Ciò con la previsione che, nel caso di mancato accordo, l’autorità di esecuzione deve comunque procedere tenendo nel massimo conto possibile l’interesse dell’autorità di emissione.

Di assoluto rilievo è la disposizione contenuta nell’art. 9 par. 3, secondo la quale nel caso in cui l’autorità di emissione abbia evidenziato nel certificato di congelamento un rischio di rimozione, distruzione o dispersione dei beni, oppure eventuali esigenze investigative o procedurali, l’autorità di esecuzione deve prendere una decisione sul riconoscimento entro 48 ore dal ricevimento del certificato di congelamento e, nel caso in cui tale decisione sia positiva, nelle successive 48 ore deve adottare tutte le misure in concreto necessarie per l’esecuzione del provvedimento.

Di uguale importanza è la disposizione contenuta nell’art. 9 par. 6, secondo cui l’eventuale scadenza dei termini previsti per il riconoscimento e l’esecuzione non dispensa l’autorità di esecuzione né dall’obbligo di prendere al riguardo una decisione né da quello di eseguire senza indugio il provvedimento di congelamento. A corredo, vi sono, infine, gli obblighi d’informazione dettagliatamente previsti e regolati dai parr. 4 e 5 dello stesso art. 9.

Per garantire una sollecita definizione del procedimento di cooperazione, l’art. 20 prevede, analogamente, che l’autorità di esecuzione prende la decisione sul riconoscimento e l’esecuzione del provvedimento di confisca senza indugio e, comunque, entro 45 giorni dal ricevimento del certificato di confisca, provvedendo senza ritardo a comunicare all’autorità di emissione la propria decisione. Anche in questo caso la scadenza del sopra menzionato termine, ai sensi del par. 5 dello stesso art. 20, non dispensa l’autorità di esecuzione dall’adottare una decisione sul riconoscimento e l’esecuzione del provvedimento di confisca ricevuto dall’autorità di emissione.

In merito alle forme del procedimento di riconoscimento ed esecuzione nel nostro ordinamento, qualora fosse ritenuta percorribile l’opzione interpretativa sopra illustrata in merito alla perdurante vigenza delle disposizioni di cui ai dd.ll.vi n. 35/2016 e n. 137/2015 (in quanto compatibili col Regolamento), si rimanda alle snelle e flessibili modalità procedurali previste da un lato dagli artt. 5 e 6 d.l.vo n. 35/2016 (richiesta del Pm al Gip, che provvede de plano) e dall’altro all’art. 5 d.l.vo n. 137/2015 (procedimento in camera di consiglio ai sensi dell’art. 127 c.p.p. davanti alla Corte d’appello territorialmente competente, che decide quindi con sentenza, che in caso di riconoscimento sarà trasmessa per l’esecuzione al locale Procuratore generale).

 

8.8 Impossibilità di eseguire il provvedimento di congelamento o confisca 

Gli artt. 13 e 22 disciplinano le ipotesi in cui l’autorità di esecuzione ritenga impossibile dare esecuzione al provvedimento di congelamento o confisca. In tali casi, l’autorità di esecuzione dovrà darne pronta notizia all’autorità di emissione. Tuttavia, ai sensi degli artt. 13 e 22 parr. 3, la mancata esecuzione per impossibilità può giustificarsi soltanto nei casi in cui il bene:

  1. sia già stato confiscato;
  2. sia scomparso;
  3. sia stato distrutto;
  4. non si trovi nel luogo indicato nel certificato di congelamento o confisca, oppure non sia rinvenuto in quanto la sua ubicazione non sia stata indicata con sufficiente precisione.

Prima di comunicare l’impossibilità di eseguire il congelamento o la confisca, l’autorità di esecuzione consulterà quella di emissione, tenendo conto, per il provvedimento di confisca, anche delle possibilità previste dall’art. 18 parr. 2 e 3. In particolare, se il provvedimento di confisca concerne un bene specifico, l’autorità di emissione e quella di esecuzione possono convenire, se il diritto dello Stato di emissione lo consente, che la confisca sia eseguita su una somma di denaro corrispondente al valore del bene che avrebbe dovuto essere confiscato. Se invece la confisca riguarda una somma di denaro e l’autorità di esecuzione non può ottenere il pagamento di tale somma, essa esegue il provvedimento su qualsiasi bene disponibile a tal fine.

 

8.9 Trasmissione del provvedimento di congelamento o confisca a più Stati di esecuzione 

Ai sensi delle disposizioni di cui ai parr. 2 e 3 degli artt. 5 e 15, nel caso di provvedimenti di congelamento o confisca riguardanti beni specifici il relativo certificato può essere contemporaneamente trasmesso a più di uno Stato di esecuzione quando:

  1. vi siano fondati motivi per ritenere che distinti beni siano ubicati in Stati differenti; oppure,
  2. il congelamento o la confisca di un singolo e specifico bene richieda il compimento di azioni coordinate in più di uno Stato.

Nel caso di provvedimenti di congelamento o confisca concernenti una somma di danaro, invece, la necessità di trasmettere il certificato a più Stati è fatta salva quando il valore stimato dei beni che possono essere congelati o confiscati nello Stato di emissione e in qualsiasi Stato di esecuzione non sia probabilmente sufficiente ad acquisire l’intero importo che costituisce l’oggetto del provvedimento.

Le Sezioni G dei certificati standard di congelamento e confisca riguardano proprio i casi nei quali il certificato sia stato trasmesso a più di uno Stato di esecuzione. In tali Sezioni si chiede d’indicare a quali Stati il certificato sia stato trasmesso e per quali motivi, nonché il valore dei beni ubicati in ciascuno Stato di esecuzione. 

PARTE III – DISPOSIZIONI GENERALI 

Il Capo IV del Regolamento contiene alcune disposizioni generali, relative tanto ai provvedimenti di congelamento, quanto ai provvedimenti di confisca.

Tra esse, meritano di essere segnalate quelle relative alla legge applicabile (art. 23), al concorso di provvedimenti (art. 26), alla gestione e destinazione dei beni (art. 28), alla restituzione alla vittima dei beni congelati (art. 29) e alla destinazione dei beni o del denaro ottenuto dalla vendita dei beni medesimi (art. 30). Inoltre, il mentovato Capo contiene ulteriori disposizioni in materia di notifiche e comunicazioni, obblighi informativi e mezzi di impugnazione, spese e rimborsi.

 

9. Legge applicabile all’esecuzione

In primo luogo, può evidenziarsi che, in termini generali, l’art. 23 prevede, con riferimento all’esecuzione dei provvedimenti di confisca e congelamento, l’applicabilità della normativa interna dello Stato di esecuzione, nonché la competenza esclusiva delle autorità dello Stato medesimo.

Invero, ai sensi del par. 1 dell’art. 23, l'esecuzione del provvedimento di congelamento o del provvedimento di confisca è disciplinata dalla legge dello Stato di esecuzione, le cui sole autorità sono competenti a decidere in merito alle modalità della sua esecuzione e a determinare tutte le misure ad essa relative.

Al primato riconosciuto in parte qua alla legge e alle autorità dello Stato di esecuzione, tuttavia, lo stesso art. 23, ai successivi parr. 2 e 3, pone alcuni correttivi.

Da un lato, infatti, è stato espressamente previsto, al par. 2, che il provvedimento di congelamento o il provvedimento di confisca relativo a una persona giuridica deve essere eseguito anche se lo Stato di esecuzione non riconosce il principio della responsabilità penale delle persone giuridiche, ciò che, peraltro, non appare particolarmente problematico, per il nostro ordinamento giuridico, data la piena compatibilità delle misure de quibus con il sistema delineato dal d.l.vo n. 231/2001.

Analogamente, dall’altro lato, con riferimento alle modalità esecutive e alle misure da adottare, va segnalato che, a fronte della richiamata competenza esclusiva delle autorità interne, lo Stato di esecuzione, in ossequio al par. 3 del citato art. 23, non può, in assenza del consenso dello Stato di emissione, imporre misure alternative al provvedimento di congelamento trasmesso a norma dell'art. 4 o al provvedimento di confisca trasmesso a norma dell'art. 14.

In ogni caso, però, rimangono ferme, con riferimento ai provvedimenti di confisca, le facoltà riconosciute allo Stato di esecuzione dai parr. 2 e 3 dell’art. 18, vale a dire, la confisca, in luogo di un bene specifico, di una somma di denaro corrispondente al valore del bene medesimo (ove così convengano l'autorità di emissione e l'autorità di esecuzione e sempreché il diritto dello Stato di emissione lo preveda) ovvero la confisca, in luogo di una somma di denaro di cui l'autorità di esecuzione non possa ottenere il pagamento, di un qualsiasi bene disponibile a tal fine.

 

10. Concorso di provvedimenti

Una specifica tipologia di situazioni di conflitto è espressamente regolata dall’art. 26, che fa riferimento alle ipotesi di concorso di due o più provvedimenti di congelamento o confisca.

In particolare, il par. 1 dell’art. 26 prevede due differenti ipotesi di concorso di provvedimenti:

  • il caso in cui l’autorità di esecuzione riceva due o più provvedimenti di congelamento o di confisca emessi da diversi Stati membri contro lo stesso soggetto e tale soggetto non disponga nello Stato di esecuzione di beni sufficienti per ottemperare a tutti i provvedimenti;
  • il caso in cui l’autorità di esecuzione riceva due o più provvedimenti di congelamento o provvedimenti di confisca dello stesso bene specifico.

In entrambi i casi sopraindicati, l’autorità di esecuzione decide quale dei provvedimenti eseguire conformemente al diritto dello Stato di esecuzione, fatta salva la possibilità di rinvio dell’esecuzione di un provvedimento di confisca a norma dell'art. 21. Può, a tale ultimo riguardo, notarsi che si tratta di ipotesi di rinvio di provvedimento di confisca che si aggiungono a quelle espressamente contemplate nel richiamato art. 21, pur risultando la seconda di esse sovrapponibile, parzialmente, a quella indicata sub lett. c) del par. 1 dell’art. 21 medesimo.

I parametri sulla scorta dei quali l’autorità di esecuzione deve prendere tale decisione sono indicati dal par. 2 dell’art. 26, il quale, in primo luogo – conformemente al favor per i diritti delle vittime che informa il Regolamento, in relazione, in particolare, alla destinazione dei beni sottoposti a congelamento o confisca (si veda anche, al riguardo, il considerando n. 45) – prevede espressamente che l’autorità de qua, ove possibile, dia priorità agli interessi delle vittime; in secondo luogo, con una elencazione non tassativa, tale paragrafo evidenzia la necessità di valutare anche l’eventuale presenza di beni già sottoposti a congelamento, le date dei rispettivi provvedimenti e le date di trasmissione degli stessi, nonché la gravità e il luogo di commissione del reato in questione e, poi, richiama, in generale, l’utilità, all’uopo, di ogni altra circostanza da ritenersi pertinente.

 

11. Gestione e destinazione dei beni sottoposti a congelamento e a confisca, destinazione della somma di denaro ottenuta dalla vendita dei beni confiscati e restituzione alla vittima dei beni congelati.

Negli artt. 28-30 sono affrontate le delicate questioni della gestione dei beni sottoposti a congelamento e a confisca, della restituzione dei beni congelati alla vittima e, più in generale, della destinazione dei beni sottoposti a congelamento e a confisca ovvero della somma di denaro ottenuta dalla vendita dei beni confiscati.

Innanzitutto, merita di essere evidenziato che, nel Preambolo, al considerando n. 47, gli Stati membri sono invitati a valutare la possibilità di istituire un ufficio nazionale centralizzato responsabile della gestione dei beni sottoposti a congelamento in vista di un’eventuale successiva confisca, nonché della gestione dei beni confiscati; al riguardo, si prevede, quale opzione preferibile, l’assegnazione dei beni de quibus a progetti di contrasto e di prevenzione della criminalità organizzata, nonché ad altri progetti di interesse pubblico e di utilità sociale.

A tale riguardo, ovviamente, non si può fare a meno di rilevare che in Italia opera l’Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, istituita con d.l. n. 4/2010, convertito, con modificazioni, in l. n. 50/2010, successivamente recepita nel d.l.vo n. 159/2011 (cosiddetto Codice Antimafia). L’Agenzia è un ente con personalità giuridica di diritto pubblico, dotato di autonomia organizzativa e contabile, ed è posta sotto la vigilanza del Ministro dell'Interno. La struttura ha sede principale a Roma e sedi secondarie a Reggio Calabria, Palermo, Milano e Napoli.

Scopo principale dell’Agenzia è quello di provvedere all'amministrazione e alla destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, a seguito della confisca definitiva, nonché quello di coadiuvare l'amministratore giudiziario, sotto la direzione dell’autorità giudiziaria, in fase di sequestro fino alla confisca di secondo grado (sia nei procedimenti di prevenzione che nei procedimenti penali ai sensi dell’art. 104 bis disp. att. c.p.p. e degli artt. 38 e 110 d.l.vo n. 159/2011), dopo la quale essa assume la gestione diretta degli stessi beni. L’Agenzia è in grado di assicurare un’amministrazione dinamica dei patrimoni confiscati atta a snellire e velocizzare la fase di destinazione degli stessi, superando le carenze e le inefficienze della precedente metodologia di gestione. Invero, attraverso una stretta collaborazione con l’autorità giudiziaria, l’Agenzia fornisce un valido supporto alla programmazione della destinazione dei beni, già durante la fase giudiziaria; vengono, infatti, acquisite tutte quelle informazioni potenzialmente utili al procedimento e, nel contempo, vengono indicate le attività necessarie al superamento delle criticità che spesso ostacolano o rallentano la restituzione alla collettività dei patrimoni mafiosi e, quindi, il loro riutilizzo a fini sociali. Naturalmente, all’attività di amministrazione e destinazione dei beni, si affianca il costante monitoraggio posto a garanzia del loro effettivo riutilizzo sociale.

Ciò detto, va rilevato che l’art. 28, dopo aver rimesso la disciplina della gestione dei beni sottoposti a congelamento e a confisca alla legge dello Stato di esecuzione, fornisce alcune regole generali a cui gli Stati membri devono attenersi.

Invero, a seguito dell’affermazione del principio secondo cui lo Stato di esecuzione deve gestire i beni congelati o confiscati per evitarne la diminuzione di valore, viene espressamente specificato che, all’uopo, lo Stato di esecuzione – anche in conformità all’art. 10 della direttiva 2014/42/UE[39] – può vendere o trasferire i beni congelati e che i beni congelati e le somme di denaro derivanti dalla eventuale vendita di tali beni rimangono nello Stato di esecuzione fino alla presentazione di un certificato di confisca e alla sua esecuzione, fatta salva la possibilità di restituzione alla vittima dei beni congelati prevista all’art. 29 (v. infra).

Peraltro, in deroga a quanto sopra esposto, il par. 4 dell’art. 28 detta alcune regole specifiche in relazione ai beni culturali quali definiti all’art. 2, par. 1, della direttiva 2014/60/UE[40]; invero, da un lato, lo Stato di esecuzione viene esonerato dall’obbligo di vendere o restituire beni culturali specifici che costituiscano oggetto di un provvedimento di confisca e, dall’altro lato, viene fatto salvo l’obbligo di restituire beni culturali in virtù della menzionata direttiva.

Come accennato, una disciplina speciale è dettata, poi, dall’art. 29 con specifico riferimento alla restituzione alla vittima dei beni congelati, per il caso in cui l’autorità di emissione o un’altra autorità competente dello Stato di emissione abbia emesso, in conformità al proprio diritto nazionale, una decisione di restituzione alla vittima dei beni medesimi.

Invero, in tale caso, l’autorità di emissione inserisce informazioni su tale decisione nel certificato di congelamento ovvero comunica informazioni su tale decisione all’autorità di esecuzione in una fase successiva.

Corrispondentemente, l’autorità di esecuzione, una volta informata in merito a siffatta decisione, adotta le misure necessarie per garantire che, nel caso in cui siano congelati, i beni interessati siano restituiti al più presto alla vittima, conformemente alle norme procedurali del proprio Stato (anche, ove necessario, tramite lo Stato di emissione), sempreché ricorrano le seguenti condizioni:

  1. il titolo della vittima sui beni non sia contestato;
  2. i beni non costituiscano elementi di prova in un procedimento penale nello Stato di esecuzione;
  3. non siano pregiudicati i diritti dei soggetti colpiti.

In caso di trasferimento diretto di beni alla vittima, l’autorità di esecuzione informa l’autorità di emissione; qualora, invece, non sia convinta che le condizioni sopra elencate siano soddisfatte, l’autorità di esecuzione consulta l'autorità di emissione senza indugio e con qualsiasi mezzo appropriato al fine di trovare una soluzione; se non si trova una soluzione, però, l’autorità di esecuzione può decidere di non restituire i beni congelati alla vittima.

Sempre in materia di tutela delle vittime, vanno qui richiamati i consideranda nn. 45 e 48.

Il primo, dopo aver evidenziato che i diritti delle vittime al risarcimento e alla restituzione non dovrebbero essere pregiudicati nei casi transfrontalieri, sottolinea l’opportunità che le norme relative alla destinazione dei beni sottoposti a congelamento e a confisca diano priorità al risarcimento e alla restituzione dei beni medesimi alle vittime, nonché l’opportunità che restino impregiudicate le norme in materia di risarcimento e restituzione dei beni alle vittime nei procedimenti nazionali.

Il secondo impegna ciascuno Stato membro a valutare la possibilità di istituire un fondo nazionale per garantire un adeguato risarcimento alle vittime di reato (quali famiglie di agenti di polizia e di funzionari pubblici, che siano stati uccisi o abbiano subito un’invalidità permanente nel compimento del proprio dovere), anche destinando a tal fine una parte dei beni confiscati.

Infine, l’art. 30 contiene un’articolata e minuziosa disciplina – complessivamente ispirata alla salvaguardia degli interessi delle vittime dei reati – relativa alla destinazione dei beni confiscati o della somma di denaro ottenuta dalla vendita di tali beni.

In primo luogo – analogamente a quanto previsto all’art. 29 – viene regolato il caso in cui l'autorità di emissione o un’altra autorità competente dello Stato di emissione abbia emesso, in conformità al proprio diritto nazionale, una decisione di restituzione alla vittima dei beni confiscati o una decisione di risarcimento della vittima.

In tal caso, l’autorità di emissione inserisce informazioni su tale decisione nel certificato di confisca oppure comunica tali informazioni all'autorità di esecuzione in una fase successiva.

Corrispondentemente, da un lato, ove trattasi di una decisione di restituzione alla vittima dei beni confiscati, l’autorità di esecuzione, una volta che abbia ricevuto informazioni su siffatta decisione, adotta le misure necessarie per garantire che, nel caso in cui siano confiscati, i beni interessati siano restituiti al più presto alla vittima, se necessario tramite lo Stato di emissione; in caso di trasferimento diretto di beni alla vittima, l’autorità di esecuzione informa l’autorità di emissione.

Qualora, invece, l’autorità di esecuzione ritenga che non sia possibile restituire il bene alla vittima, ma è stata ottenuta una somma di denaro in conseguenza dell’esecuzione di un provvedimento di confisca relativo al bene in questione, l’importo corrispondente deve essere trasferito alla vittima a fini di restituzione, se necessario tramite lo Stato di emissione; in caso di trasferimento diretto di somme di denaro alla vittima, l’autorità di esecuzione informa l'autorità di emissione. La destinazione dell'eventuale restante è stabilita alla stregua dei criteri indicati nel par. 7 dell’art. 29 (v. infra).

Dall’altro lato, ove trattasi di una decisione di risarcimento della vittima ed è stata ottenuta una somma di denaro in conseguenza dell'esecuzione di un provvedimento di confisca, l'importo corrispondente, nella misura in cui non supera quello indicato nel certificato, deve essere trasferito alla vittima ai fini del risarcimento, se necessario tramite lo Stato di emissione; in caso di trasferimento diretto di somme di denaro alla vittima, l'autorità di esecuzione informa l’autorità di emissione. La destinazione dell’eventuale restante è stabilita alla stregua dei criteri indicati nel citato par. 7 dell’art. 29.

In termini generali, viene, poi, previsto che, qualora nello Stato di emissione sia in corso una procedura di restituzione di beni o di risarcimento alla vittima, l’autorità di emissione ne informa l'autorità di esecuzione; in tal caso, lo Stato di esecuzione si astiene dal destinare il bene confiscato fino alla comunicazione all’autorità di esecuzione delle informazioni sulla decisione di restituzione di beni o di risarcimento alla vittima, anche qualora il provvedimento di confisca sia già stato eseguito.

Inoltre, vengono dettate alcune regole aggiuntive con riferimento alla destinazione di un bene diverso da una somma di denaro, ottenuto in conseguenza dell’esecuzione del provvedimento di confisca; invero, tale destinazione viene stabilita secondo le seguenti regole:

  1. il bene può essere venduto, nel qual caso la destinazione dei proventi della vendita è stabilita alla stregua dei criteri indicati nel citato par. 7;
  2. il bene può essere trasferito allo Stato di emissione, a condizione che, se il provvedimento di confisca riguarda una somma di denaro, l'autorità di emissione abbia acconsentito al trasferimento del bene allo Stato di emissione;
  3. fatta salva la lettera d), qualora non sia possibile applicare le lettere a) o b), il bene può avere altra destinazione conformemente al diritto dello Stato di esecuzione;
  4. il bene può essere usato per scopi di interesse pubblico o sociali nello Stato di esecuzione conformemente al diritto di tale Stato, previo consenso dello Stato di emissione.

Da ultimo, è previsto che – salvo se il provvedimento di confisca è accompagnato dalle sopra richiamate decisioni di restituzione di beni alla vittima o di risarcimento di quest’ultima ovvero salvo se diversamente concordato dagli Stati membri interessati – lo Stato di esecuzione stabilisce la destinazione della somma di denaro ottenuta in conseguenza dell'esecuzione del provvedimento di confisca come segue:

  1. se l’importo ottenuto con l'esecuzione del provvedimento di confisca è pari o inferiore a 10.000 EURO, esso spetta allo Stato di esecuzione;
  2. se l’importo ottenuto con l'esecuzione del provvedimento di confisca è superiore a 10.000 EURO, il 50 % di tale importo deve essere trasferito dallo Stato di esecuzione allo Stato di emissione.

 

12. Obblighi di informazione e mezzi di impugnazione

Gli artt. 32 e 33 rispondono all’esigenza di assicurare la piena ed effettiva tutela, anche giurisdizionale, dei soggetti colpiti dai provvedimenti di congelamento o confisca.

A tal proposito, va rilevato, in primo luogo, che l’art. 32 pone a carico dell’autorità di esecuzione uno specifico obbligo informativo, in seguito all’esecuzione del provvedimento di congelamento o alla decisione di riconoscere ed eseguire il provvedimento di confisca; invero, la predetta autorità di esecuzione deve, per quanto possibile, informare senza indugio i soggetti colpiti, di cui abbia conoscenza, di tale esecuzione o tale decisione, in conformità alle procedure previste dal proprio diritto nazionale.

Nell’adempimento dell’obbligo informativo de quo l’autorità di esecuzione – la quale, se del caso, può chiedere l’assistenza dell'autorità di emissione per l'espletamento dei compiti in questione – specifica l'autorità che ha emesso il provvedimento e i mezzi di impugnazione disponibili alla stregua del proprio diritto interno; specifica, inoltre, almeno in forma succinta, i motivi di tale provvedimento.

Ovviamente, comunque, sono fatte salve le esigenze connesse al principio di riservatezza sancito dall’art. 11, a mente del quale, invero, al fine di tutelare indagini in corso, l’autorità di emissione può chiedere all’autorità di esecuzione di rinviare il momento in cui i soggetti colpiti siano informati dell'esecuzione del provvedimento di congelamento; in tal caso, quando viene meno la necessità di rinvio, l’autorità di emissione ne informa l'autorità di esecuzione, affinché quest’ultima possa informare i soggetti colpiti dell’esecuzione del provvedimento de quo. Inoltre, è previsto che, qualora l’autorità di esecuzione non possa rispettare gli obblighi di riservatezza, essa ne informa l’autorità di emissione immediatamente e, ove possibile, prima dell’esecuzione del provvedimento di congelamento.

Con riferimento ai mezzi di impugnazione da esperire nello Stato di esecuzione contro il riconoscimento e l'esecuzione del provvedimento di congelamento o del provvedimento di confisca, va evidenziato che l’articolo 33, dopo aver sancito il principio del diritto dei soggetti colpiti ad avvalersi di mezzi di impugnazione effettivi, da un lato, stabilisce, in generale, che questi devono essere esercitati – salva l’applicazione nello Stato di emissione di garanzie e mezzi di ricorso in conformità all’art. 8 della sopra citata direttiva 2014/42/UE – dinanzi a un organo giurisdizionale dello Stato di esecuzione in conformità al diritto di tale Stato; dall’altro lato, specifica, in relazione ai provvedimenti di confisca, che – qualora il diritto dello Stato di esecuzione lo preveda (dunque, sempre conformemente al diritto interno di tale Stato) – la proposizione di un mezzo di impugnazione può avere effetto sospensivo. Per contro – in ossequio al principio del mutual trust – lo stesso articolo esclude che i motivi di merito su cui si basa il provvedimento di congelamento o il provvedimento di confisca possano essere contestati dinanzi all’organo giurisdizionale dello Stato di esecuzione.

Infine, nel quadro della collaborazione tra le autorità coinvolte, è espressamente previsto che l’autorità competente dello Stato di emissione sia informata della proposizione dei mezzi di impugnazione de quibus.

 

13. Spese e rimborsi

In materia di spese (vedasi l’art. 31) vige il principio generale secondo cui – fatte salve le disposizioni relative alla destinazione dei beni confiscati di cui all’art. 28 – ciascuno Stato membro si fa carico delle proprie spese derivanti dall'applicazione del Regolamento.

Peraltro – conformemente a quanto previsto anche nel considerando n. 49 – se appare, prima o dopo l’esecuzione di un provvedimento di congelamento o di un provvedimento di confisca, che l’esecuzione del provvedimento comporti spese ingenti o eccezionali – ad esempio, perché i beni sono stati sottoposti a congelamento per un lungo periodo di tempo – l’autorità di esecuzione può presentare all’autorità di emissione una proposta di ripartizione delle spese, accompagnata da una distinta delle spese da essa sostenute. A seguito di tale proposta l’autorità di emissione e l'autorità di esecuzione procedono – se del caso, con la collaborazione di Eurojust – a reciproche consultazioni, le quali (interamente o per estratto) sono registrate con qualsiasi mezzo che consenta di conservare una traccia scritta.

Una diversa disciplina è dettata, invece, dall’art. 34 con riferimento al rimborso di somme eventualmente pagate dallo Stato di esecuzione a titolo di risarcimento danni. In particolare, infatti, è previsto – facendo salve le norme nazionali degli Stati membri relative ad azioni di risarcimento di danni promosse da persone fisiche o giuridiche – che se lo Stato di esecuzione è responsabile, alla stregua del proprio diritto interno, del danno subito dal soggetto colpito, che risulti dall'esecuzione del provvedimento di congelamento o del provvedimento di confisca, a esso trasmesso a norma, rispettivamente, dell’articolo 4 o dell’art. 14, lo Stato di emissione rimborsa allo Stato di esecuzione i risarcimenti versati al soggetto colpito; se, però, lo Stato di emissione può dimostrare allo Stato di esecuzione che il danno, o parte di esso, è dipeso esclusivamente dalla condotta dello Stato di esecuzione, lo Stato di emissione e lo Stato di esecuzione concordano tra loro l’importo da rimborsare.

PARTE IV – INDAGINI PATRIMONIALI ALL’ESTERO

14. Reti che possono facilitare l’individuazione dei beni

In riferimento agli istituti finalizzati al sequestro e alla confisca dei beni ubicati all’estero, ed al loro preventivo reperimento e identificazione, svolge un ruolo fondamentale la decisione quadro 2007/845/GAI, la quale ha previsto l’obbligo di ciascuno Stato membro di istituire uffici nazionali (Asset Recovery Office – A.R.O.) deputati all’identificazione ed al recupero di beni oggetto di provvedimenti di congelamento e confisca emessi dall’autorità giudiziaria competente.

Con decreto a firma del Direttore generale della Pubblica Sicurezza del 18.5.2011 l’Ufficio Nazionale italiano per il Recupero dei Beni (A.R.O. Italia) è stato istituito presso il Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia[41], strutturalmente incardinato presso il Ministero dell’Interno – Direzione Centrale della Polizia Criminale (D.C.P.C.), e, più in particolare, presso la terza divisione, che si occupa di reati contro il patrimonio, riciclaggio e reati finanziari in genere.

A tale organismo, quindi, devono essere rivolte eventuali richieste di attivazione del network europeo di asset recovery, secondo le modalità previste dalla decisione quadro 2006/960/GAI, attuata nel nostro ordinamento con il d.l.vo n. 54/2015, ed espressamente richiamata dalla decisione istitutiva degli A.R.O..

In particolare:

- ogni richiesta finalizzata allo scambio di informazioni tra le autorità di polizia deve essere trasmessa, sia in via ordinaria che di urgenza, tramite il Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia;

- le richieste, sia attive che passive, devono essere predisposte secondo i formulari previsti agli Annex A e B della decisione quadro;

- i formulari devono essere compilati riportando le informazioni specificamente richieste all’art. 4[42];

- le richieste possono essere presentate attraverso qualsiasi canale di comunicazione (art. 4);

- le risposte alle richieste devono essere fornite in un arco temporale ricompreso tra le otto ore fino ai sette giorni per i casi di urgenza ed entro i 14 giorni per le questioni ordinarie.

Nella prassi le richieste vengono direttamente evase dall’A.R.O. quando ciò implica l’accesso alle banche dati nella sua disponibilità (S.D.I., Punto fisco, Telemaco, Aci); diversamente le stesse sono smistate ai referenti nazionali delle tre principali forze di polizia.

Con particolare riferimento allo scambio di informazioni di natura finanziaria tra Stati membri si evidenzia che la decisione del Consiglio 2000/642/GAI è stata sostituita dalla direttiva 2019/1153 che prevede che gli A.R.O. siano ricompresi tra le Autorità di ciascuno Stato membro legittimate ad accedere al registro nazionale centralizzato dei conti bancari e a chiedere informazioni alle unità di informazione finanziaria (UIF)[43].

Si segnala che per le necessarie informazioni e/o comunicazioni l’ufficio nazionale per il recupero dei beni è raggiungibile al seguente indirizzo di posta elettronica: aroitalia@dcpc.interno.it.

Accanto agli A.R.O. operano inoltre alcuni networks informali dedicati all’Asset Recovery, tra i quali:

  1. la rete C.A.R.I.N. (Camden Asset Recovery Interagency Network), piattaforma internazionale info-operativa istituita nel 2004 su iniziativa di alcuni Stati europei, della quale fanno parte 54 Paesi, tra cui tutti gli Stati membri dell’UE, e 9 organizzazioni internazionali, con la finalità di scambiare informazioni tra gli uffici per il recupero dei beni[44];
  2. la R.A.G. (Red de recuperacion de activos del G.A.FI.LAT.), rete gestita dal GAFILAT (Grupo de Acción Financiera de Latinoamérica), la cui attivazione avviene sempre attraverso lo S.C.I.P;
  3. la A.R. (Stolen Asset Recovery), rete informale gestita da UNODC, INTERPOL e World Bank.
  4. il Global Focal Point Network on Asset Recovery, istituito dall’INTERPOL, che fornisce un sicuro circuito di scambio di informazioni per il recupero di beni di natura illecita.

Il Direttore Generale
Stefano Opilio

La presente circolare è stata redatta con il fondamentale contributo dei colleghi dell’Ufficio di Cooperazione Giudiziaria Cecilia Cavaceppi, Raffaella Calò, Gianfranco Criscione, Michele Fini e Antonio Pastore

 

ALLEGATI

  1. Regolamento (UE) 2018/1805 con annessi certificati di congelamento e di confisca
  2. Notifiche e dichiarazioni relative al Regolamento (UE) 2018/1805 rese al Segretariato Generale del Consiglio e alla Commissione dell’Unione europea.

 

NOTE

[1] Il Regolamento è entrato in vigore il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, avvenuta il 28 novembre 2018, ma produce effetti ed è applicabile dal 19 dicembre 2020.

[2] Direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea (GU L 127 del 29.4.2014), attuata con il d.l.vo n. 202/2016.

[3] "Does crime still pay? Criminal Asset Recovery in the EU – Survey of statistical information 2010-2014" (I reati continuano a rendere? Il recupero dei beni della criminalità nell'UE – Inchiesta sulle informazioni statistiche 2010-2014), Europol, 2016, consultabile al seguente indirizzo: https://www.europol.europa.eu/publications-documents/does-crime-still-pay.

[4] Si vedano al riguardo i rapporti – rispettivamente del 2008 e del 2010 – sullo stato di attuazione di tali decisioni quadro, il rapporto “2012 Impact Assessment” che ha accompagnato la proposta di direttiva 2014/42/UE, e le relazioni di Eurojust (Hague Conference 2014; ERA Seminar on Freezing, Confiscation and Recovery of Assets, Maggio 2016).

[5] Art. 82 par. 1: “La cooperazione giudiziaria in materia penale nell'Unione è fondata sul principio di riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie e include il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri nei settori di cui al paragrafo 2 e all'articolo 83. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano le misure intese a: a) definire norme e procedure per assicurare il riconoscimento in tutta l'Unione di qualsiasi tipo di sentenza e di decisione giudiziaria; b) prevenire e risolvere i conflitti di giurisdizione tra gli Stati membri; c) sostenere la formazione dei magistrati e degli operatori giudiziari; d) facilitare la cooperazione tra le autorità giudiziarie o autorità omologhe degli Stati membri in relazione all'azione penale e all'esecuzione delle decisioni”.

[6] Il ricorso al Regolamento quale strumento legislativo di immediata applicazione delle norme europee è stato trattato quale uno dei principali topics di approfondimento in seno all'Action Plan pubblicato dalla Commissione il 7 maggio 2020, attese le difficoltà e le dissonanze nei diversi Stati membri a recepire in modo coerente ed omogeneo le direttive UE.

[7] A sostegno di questa esclusione si richiama il considerando n. 34 della direttiva 2014/41/UE per il quale “in virtù del suo ambito di applicazione, la presente Direttiva contempla unicamente i provvedimenti provvisori al fine di raccogliere le prove”.

[8] La decisione quadro 2001/500/GAI raccomanda il ravvicinamento delle normative e delle procedure penali relative al riciclaggio dei capitali (in particolare in materia di confisca dei beni), precisa che la sfera delle attività criminose che si configurano come reati principali nel settore del riciclaggio di denaro deve essere uniforme e sufficientemente ampia in tutti gli Stati membri e prevede che ciascuno Stato membro introduca la confisca per equivalente per i casi in cui i proventi di reato non possano essere rintracciati.

[9] La decisione quadro 2005/212/GAI, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato, prevede che gli Stati membri introducano nei loro ordinamenti, accanto alle figure classiche della confisca diretta e per equivalente, anche la confisca “estesa”, che riguarda i beni detenuti da una persona che sia stata condannata per aver commesso, nell’ambito di un’organizzazione criminale, reati quali falsificazione di monete, riciclaggio di denaro, tratta di esseri umani, favoreggiamento dell’immigrazione illegale, sfruttamento sessuale di minori e pornografia infantile e traffico illecito di stupefacenti, oppure per reati in materia di terrorismo, e può essere applicata ove un’autorità giudiziaria nazionale, sulla base di fatti circostanziati, sia pienamente convinta che il bene in questione sia il provento di attività criminose o che il valore del bene sia sproporzionato rispetto al reddito legittimo della persona condannata.

[10] La direttiva 2014/42/UE, implementata in Italia con il d.l.vo n. 202/2016, nello stabilire norme minime per il congelamento, la gestione e la confisca dei beni di origine criminosa, ha previsto l’obbligo per gli Stati membri di introdurre, tra le altre: a) disposizioni relative alla confisca non basata sulla condanna (almeno in caso di malattia o di fuga dell’imputato o dell’indagato); b) disposizioni relative alla confisca estesa per un elenco specifico di reati gravi; c) disposizioni relative alla confisca nei confronti di terzi. In attuazione della direttiva, il legislatore italiano, con riferimento a singole fattispecie criminose, ovvero reati gravi definiti da una serie di strumenti menzionati dalla direttiva stessa, ha introdotto nuovi casi di confisca obbligatoria diretta e per equivalente modificando il codice penale, il codice civile, il D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, la l. n. 356/1992 e il d.l.vo n. 231/2007.

[11] Nel Report on Eurojust's Casework in Asset Recovery, pubblicato nel febbraio 2019, sono state rilevate “difficulties caused due to different styles of preventive measures utilised in some national legislation in the pursuit of criminal assets, such as unexplained wealth, non-conviction-based orders or civil confiscation orders. The difficulty becomes acute if national legislation in the requesting/issuing State is not reflected in the requested/executing State”.

[12] A tale riguardo ci si può orientare ricorrendo alla giurisprudenza relativa all’articolo 1 del regolamento Bruxelles I (Convenzione del 27.9.1968), che si applica “in materia civile e commerciale e indipendentemente dalla natura dell'organo giurisdizionale”. In tale contesto la Corte ha statuito che la nozione di “materia civile e commerciale” di cui al regolamento Bruxelles I è una nozione autonoma da interpretare facendo riferimento, da un lato, agli obiettivi e al sistema della convenzione e, dall'altro, ai principi generali desumibili dal complesso degli ordinamenti nazionali. La Corte ha precisato che il campo di applicazione della convenzione dovrebbe essere determinato essenzialmente sulla base degli elementi che caratterizzano i rapporti giuridici fra le parti in causa o l’oggetto della lite (Causa 29/76, LTU/Eurocontrol).

[13] Sentenza CGUE del 14.1.2021 nella causa C‑393/19 (Okrazhna prokuratura – Haskovo e Apelativna prokuratura).

[14] Con riferimento al Regno Unito il Regolamento ha trovato applicazione soltanto nel periodo temporale decorrente dal 19 dicembre al 31 dicembre 2020, ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 62 dell’Accordo di recesso UE/Regno Unito e di cui all’art. 39 del Regolamento.

[15] Art. 39. Sostituzione. “Il presente regolamento sostituisce la decisione quadro 2003/577/GAI per quanto riguarda il congelamento di beni tra gli Stati membri vincolati dal presente regolamento a decorrere dal 19 dicembre 2020. Il presente regolamento sostituisce la decisione quadro 2006/783/GAI tra gli Stati membri vincolati dal presente regolamento a decorrere dal 19 dicembre 2020”.

[16] L’accennata inadeguatezza emerge in modo manifesto dal raffronto tra l’art. 731 comma 1 c.p.p. e l’art. 4 d.l.vo n. 137/2015 in punto d’individuazione della Corte d’appello competente a riconoscere il provvedimento di confisca emesso all’estero: applicando la prima norma, infatti, sarebbe competente la Corte d’appello nel cui distretto ha sede l’ufficio del casellario del luogo di nascita della persona cui è riferito il provvedimento giudiziario straniero; mentre con la seconda tale competenza spetterebbe, molto più funzionalmente, alla Corte d’appello del luogo di ubicazione dei beni oggetto del provvedimento ablatorio.

[17] I parr. 4 e 5 degli artt. 4 e 14 del Regolamento individuano le condizioni richieste perché il provvedimento di congelamento o confisca sia trasmesso alle autorità competenti di altro Stato membro: per i provvedimenti di congelamento o confisca concernenti una somma di danaro, quando l’autorità di emissione abbia motivi di ritenere che il soggetto nei confronti del quale è stato emesso il provvedimento di congelamento o confisca disponga di beni o di un reddito in altro Stato membro; per i provvedimenti di congelamento o confisca concernenti beni specifici, qualora l’autorità di emissione abbia fondati motivi di ritenere che tali beni siano ubicati in altro Stato membro.

[18] L’Italia non ha reso alcuna dichiarazione in merito a lingue, diverse da quella ufficiale dello Stato, accettate per la traduzione dei certificati di congelamento e confisca che, pertanto, dovranno essere sempre corredati da una traduzione in lingua italiana. Altri Stati membri hanno dichiarato di accettare anche traduzioni in lingue diverse da quelle ufficiali. A titolo di esempio, la Finlandia ha dichiarato di accettare la traduzione del certificato anche in lingua inglese. Tutte le dichiarazioni rese dagli Stati membri vincolati dal Regolamento possono essere agevolmente consultate sul sito web della Rete Giudiziaria Europea (RGE), in inglese European Judicial Network (EJN) (https://www.ejn-crimjust.europa.eu/ejn/libcategories/EN/163/-1/-1/-1).

[19] A mero titolo esemplificativo, la Germania ha dichiarato di non richiedere la trasmissione del provvedimento di congelamento o confisca. La Spagna, come l’Italia, ha dichiarato invece di richiedere il provvedimento originale o copia autenticata del provvedimento di congelamento o della decisione di confisca.

[20] L’Italia ha indicato il Ministero della Giustizia – Direzione Generale degli Affari Internazionali e della Cooperazione Giudiziaria – Ufficio I (Cooperazione Giudiziaria Internazionale) quale autorità centrale responsabile per la ricezione e trasmissione amministrativa dei certificati di congelamento e confisca e per la relativa corrispondenza, nonché per l’assistenza da fornire alle autorità giudiziarie nazionali.

[21] Tanto più considerando che, come detto sopra nel testo, le autorità di esecuzione potrebbero non richiedere la trasmissione dell’originale o di copia autenticata del provvedimento di congelamento o confisca.

[22] Nel prosieguo dell’esposizione si avrà riguardo alle più frequenti ipotesi di applicazione degli istituti del sequestro e della confisca di prevenzione concernenti gli indiziati dei delitti tassativamente indicati dall’art. 4 d.l.vo n. 159/2011 e i soggetti di cui all’art. 1 lett. b) dello stesso d.l.vo.

[23] Invero, il punto 1 della Sezione D del certificato di confisca, diversamente dal corrispondente punto della Sezione E del certificato di congelamento, richiede solo di contrassegnare la pertinente casella concernente il rapporto del bene con il reato, senza che vi sia spazio per informazioni ulteriori.

[24] Al riguardo è utile richiamare un passaggio della motivazione della recente sentenza della Corte costituzionale (n. 24/2019) in cui si sottolinea che “Il presupposto giustificativo della confisca di prevenzione … è «la ragionevole presunzione che il bene sia stato acquistato con i proventi di attività illecite» … La circostanza che la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o all’attività economica svolta, da mero indicatore dell’origine illecita dei beni (come era nella disciplina originaria del 1982), sia stato elevato, a partire dal 1993, a requisito alternativo e autonomo rispetto alla dimostrazione dell’origine illecita stessa, non modifica la ratio delle misure in parola: la verifica giudiziale della sproporzione, infatti, continua ad avere senso in quanto idonea a fondare una ragionevole presunzione relativa all’origine illecita del bene, allorché contestualmente risulti la pregressa attività criminosa di colui il quale abbia la disponibilità del bene e (costui) – in sede di valutazione dei presupposti della confisca – non riesca a giustificarne la legittima provenienza”. È proprio questa ratio dell’istituto, chiaramente espressa nel passaggio riportato, che è opportuno rappresentare nella presentazione della misura patrimoniale di prevenzione da offrire alle autorità degli altri Stati membri.

[25] La breve presentazione riportata nel testo potrà essere integrata da specifiche informazioni pertinenti al caso di specie. In particolare, si pensi all’ipotesi in cui il provvedimento di sequestro o confisca sia adottato nei confronti degli eredi del proposto (art. 18 d.l.vo n. 159/2011), ovvero al caso del sequestro o confisca per equivalente (art. 25 d.l.vo n. 159/2011). In tali ipotesi, alla breve introduzione proposta, potrà aggiungersi il riferimento alle disposizioni che consentono di adottare il provvedimento ablatorio anche in caso di morte del proposto, ovvero su beni di valore equivalente a quelli che costituiscono il profitto dei delitti di cui il proposto è indiziato.

[26] Nella già citata sentenza n. 24/2019 la Corte costituzionale, con riferimento alla fattispecie di cui all’art. 1, lett. b), d.l.vo n. 159/2011, ha affermato che “la locuzione «coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose» è oggi suscettibile … di essere interpretata come espressiva della necessità di predeterminazione non tanto di singoli “titoli” di reato, quanto di specifiche “categorie” di reato”. In ogni caso, nella prospettiva della circolazione europea dei provvedimenti di sequestro e confisca, appare utile, ove possibile e consentito dal contenuto del provvedimento, specificare i titoli dei reati che hanno generato i profitti o le categorie di reato interessate dal caso concreto, quali enumerate dall’art. 3 par. 1 del Regolamento.

[27] Sembrano invero ipotizzabili casi di violazione del principio del ne bis idem, idonei a fondare una decisione di non riconoscimento, ulteriori rispetto all’ipotesi che veniva esplicitata dall’art. 6, comma 1, lett. b), d.l.vo n. 137/2015. Si pensi ad una confisca basata su una condanna pronunciata per reati rispetto ai quali il medesimo soggetto è stato già processato e assolto dalle autorità di altro Stato membro dell’Unione.

[28] In ragione della formulazione del motivo di non riconoscimento di cui alla lettera d), che non contiene alcun riferimento ai cosiddetti eurocrimes, per i quali è esclusa la condizione della doppia incriminazione (art. 3 par. 1 del Regolamento), detto motivo di rifiuto sembra trovare applicazione quale che sia il reato al quale si riferisca il provvedimento di congelamento o confisca, e, dunque, anche per i reati previsti dall’art. 3 par. 1.

[29] In particolare, la Sezione C, punto 1, dei due certificati chiede di indicare le generalità dei soggetti colpiti e di specificare, per ciascuno di essi, la rispettiva posizione nell’ambito del procedimento: se si tratta del soggetto contro il quale il provvedimento di congelamento o confisca è diretto ovvero del soggetto i cui beni sono oggetto del provvedimento di congelamento o confisca (nel testo inglese del certificato di confisca si legge: person that owns the property that is covered by the confiscation order). Il punto 3 della medesima Sezione C chiede poi di indicare i soggetti terzi i cui diritti in relazione ai beni oggetto di congelamento o confisca sono pregiudicati dal provvedimento.

[30] L’art. 33 del Regolamento prevede che, nello Stato di esecuzione, i soggetti colpiti hanno diritto di avvalersi di mezzi di impugnazione effettivi, dinanzi ad un organo giurisdizionale, contro la decisione sul riconoscimento e sull’esecuzione dei provvedimenti di confisca.

[31] Il corrispondente motivo di rifiuto previsto dalla decisione quadro 2006/783/GAI faceva riferimento ai diritti delle parti interessate, compresi i terzi di buona fede.

[32] Il riferimento al diritto dello Stato di esecuzione è coerente con il principio sancito dall’art. 23 del Regolamento secondo cui l’esecuzione del provvedimento di confisca è disciplinata dalla legge dello Stato di esecuzione.

[33] Norma trasposta nel nostro ordinamento dall’art. 19, lett. a), l. n. 69/2005.

[34] Al riguardo anche il considerando n. 32 sottolinea con chiarezza come il motivo di non riconoscimento in esame possa “essere invocato solo nei processi che terminano con un provvedimento di confisca legato ad una condanna definitiva e non nei procedimenti che terminano con un provvedimento di confisca non basato su una condanna”.

[35] Il corrispondente motivo di rifiuto previsto dall’art. 4-bis della decisione quadro 2002/584/GAI sul mandato di arresto europeo richiede, come noto, che l’interessato sia stato informato del fatto che una decisione (di condanna) poteva essere emessa in caso di sua mancata comparizione in giudizio.

[36] Si pensi al caso in cui, già nella fase delle indagini preliminari, è stato eseguito in altro Stato membro un provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca.

[37] La Sezione E del certificato richiede di specificare se unitamente al certificato di confisca è stato emesso un certificato di congelamento ovvero se, prima del certificato di confisca, il bene è stato già congelato nello Stato di esecuzione.

[38] Meritevole di segnalazione è la circostanza che il par. 2 dell’art. 21 esordisce prevedendo che “In deroga all’articolo 18, paragrafo 5, nel periodo del rinvio” l’autorità di esecuzione adotta le misure necessarie ad evitare che all’esito del rinvio il bene non sia più disponibile per l’esecuzione della confisca. Poiché il par. 5 dell’art. 18 prevede una facoltà dell’autorità di esecuzione di adottare tali misure, sembra doversi ritenere che, quando ricorre un motivo di rinvio, l’adozione delle misure in questione sia obbligatoria. Nel nostro ordinamento sarà la Corte d’appello territorialmente competente a disporre il rinvio. Ai sensi dell’art. 7 d.l.vo n. 137/2015 la Corte d’appello con decreto motivato “può disporre il rinvio dell’esecuzione, contestualmente imponendo le necessarie misure, secondo la legge italiana, per assicurare che i beni e le somme di denaro restino disponibili per l’esecuzione della decisione di confisca”.

[39] Direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3.4.2014, relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea, attuata con il d.l.vo n. 202/2016.

[40] Direttiva 2014/60/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15.5.2014, relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro e che modifica il Regolamento (UE) n. 1024/2012, attuata con il d.l.vo n. 2/2016.

[41] Indicato più sinteticamente con l’acronimo S.C.I.P., il servizio è stato istituito il 25 ottobre 2000 con decreto del Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro del Tesoro, del Ministro del Bilancio ed il Ministro della Programmazione economica, ed è deputato a curare ed agevolare lo scambio informativo e operativo in materia di cooperazione internazionale di polizia.

[42] In particolare vanno indicati: le informazioni o le analisi richieste; i motivi e le finalità per le  quali  le  informazioni  o  le analisi sono richiesti; il nesso tra le finalità della richiesta e la persona cui  si riferiscono le informazioni o le analisi; i motivi, per i quali si ritiene  che  le  informazioni  o  le analisi  siano  disponibili  nel  Paese  dell'autorità   cui   viene inoltrata la richiesta; il termine entro cui la autorità richiesta è tenuta a rispondere tenuto conto delle effettive esigenze  per le quali l’autorità richiedente abbia chiesto le informazioni o le analisi. La lingua in cui vanno redatti i formulari è l’inglese.

[43] Cfr. art. 3 par. 1 direttiva 2019/1153 che prevede “Ciascuno Stato membro designa, tra le sue autorità competenti a fini di prevenzione, accertamento, indagine o perseguimento di reati, le autorità competenti abilitate ad accedere al suo registro nazionale centralizzato dei conti bancari. Tali autorità competenti comprendono almeno gli uffici per il recupero dei beni.

[44] Per assicurare uno scambio informativo capillare la rete è affiancata da reti regionali denominate A.R.I.N (Asset Recovery Interagency Networks).

 

Roma, 18 febbraio 2021