Circolare 10 dicembre 2009 - PEA 16/2007, Trattamento penitenziario e genitorialità - percorso e permanenza in carcere facilitati per il bambino che deve incontrare il genitore detenuto

10 dicembre 2009

L’articolo 15 della legge n. 354 del 1975 individua nei rapporti con la famiglia uno degli elementi in cui si sostanzia il trattamento rieclucativo. D’altronde è un dato di comune esperienza legami affettivi con i propri cari costituiscono per la persona detenuta un insostituibile supporto emozionale e motivazionale per intraprendere un reale processo di reinserimento sociale    Va poi rilevato come qualsiasi percorso trattamentale, se non vuole rischiare di essere un mera esercitazione burocratica, deve tenere in considerazione l’ambiente sociale di provenienza del condannato; ambiente nel quale quest’ultimo è destinato a fare rientro una volta espiata la pena.

Appare chiaro, quindi, come il contributo che la famiglia può offrire nel percorso di risocializzazione del condannato sia di primaria importanza e che, al contrario, una nettainterruzione, o anche solo un deterioramento, delle relazioni familiari possa comportare effetti desocializzanti assolutamente non auspicabili.

Per questa ragione è necessario approfondire la riflessione sulle scelte organizzative e le prass operative mediante le quali la nostra Amministrazione  può positivamente incidere su questo delicatissimo aspetto.

L’assunto di partenza è che un’istituzione penitenziaria in un ottica lungimirante debba incrementare i propri sforzi per contribuire al corretto e proficuo mantenimento delle relazioni con i familiari da parte delle persone ristrette. L’obiettivo è, quindi, quello di valorizzare tutti i momenti di contatto fra il ristretto e i suoi cari, ponendo in essere tutti gli sforzi che le risorse a disposizione e le previsioni normative consentono.

La presente lettera circolare si colloca proprio nell’ottica del perseguimento di tale importante obiettivo e mira ad individuare gli accorgimenti che realisticamente la nostra Amministrazione può porre in essere per migliorare la qualità . dei momenti di contatto fra il ristretto e  la propria famiglia.

In primo luogo occorre dunque lavorare per rendere migliori le modalità con cui i familiari del ristretto vengono ammessi ed avviati  al colloquio con il loro congiunto.

Si tratta di un aspetto non sempre, e non ovunque, tenuto nella dovuta considerazione che,però, è della massima importanza in quanto il momento del rilascio del permesso di colloquio, e il successivo svolgimento di questo, costituiscono uno dei principali momenti di contatto fra la famiglia del ristretto e la struttura penitenziaria. E’, quindi, uno dei momenti in cui si forma l’immagine del carcere agli occhi dei congiunti dei detenuti. E’ su tale momento che occorre profondere un particolare impegno.

E’ evidente, infatti, che, se si intende valorizzare l’apporto che la famiglia può fornire per il compimento della difficile opera di reinserimento sociale, non è possibile prescindere dal fornire a  questa un’immagine positiva e aperta dell’Amministrazione Penitenziaria, non meramente autoritaria. L’immagine di un’istituzione che applica le regole con fermezza ma anche con umanità, che applica una sanzione ma che cerca anche di offrire un’opportunità di risocializzazione. E’un aspetto che non deve essere trascurato.

Infatti, proprio perché l’istituzione penitenziaria è stata storicamente concepita e strutturata per esercitare una funzione amministrativa in posizione di supremazia verso il singolo, è evidente  che, per interpretare al meglio la propria funzione costituzionale, debba prestare la massima attenzione alle conseguenze psicologiche che ogni suo atto inevitabilmente comporta. Ciò vale non  solo con riguardo ai detenuti, ma anche con riferimento alle loro famiglie che, come si è già detto,

devono costituire un fondamentale supporto trattamentale.

L’importanza di offrire un’immagine positiva dell’istituzione penitenziaria vale, in particolare maniera, quando si entra in relazione con persone provenienti da ambienti collocati ai margini della nostra società; queste ultime, infatti, potrebbero essere particolarmente esposte alle suggestioni della subcultura criminale che vede nelle istituzioni dello Stato dei nemici ai quali non  offrire fiducia né collaborazione alcuna.

Con riferimento alle modalità di relazionarsi con le famiglie dei detenuti si manifesta, la necessità di adottare particolari livelli di attenzione.

Si è consapevoli che già oggi, principalmente grazie alle indubbie e riconosciute doti di umanità, professionalità e correttezza del personale penitenziario, vengono ottenuti risultati che una meccanica, e verrebbe da dire poco umana, applicazione delle norme non permetterebbe di raggiungere. Si è, inoltre, consapevoli del fatto che in alcune realtà penitenziarie sono già state poste in essere iniziative che vanno nel senso auspicato. E’ giunto, però, il momento di rendere sistematica l’adozione di queste buone prassi in tutte le strutture penitenziarie della Repubblica.

La presente lettera costituisce solo un passaggio di  un ampio percorso che dovrà essere gradualmente sviluppato nel tempo e che trova i suoi presupposti nell’esperienza sin qui maturata.

Precedenti iniziative, in qualche modo riconducibili all’argomento, sono individuabili nella circolare 9 ottobre 2003, n. 3 593/6043, “Le aree educative degli istituti “, che ha introdotto il progetto pedagogico di istituto da modulare sugli elementi del trattamento rieducativi indicati dall’art. 15 O.P.; nonché la lettera circolare 14 giugno 2005, GDAP-02 17584, “L ‘area educativa: il documento di sintesi ed il patto trattamentale” che detta le linee direttive per la stesura del documento di sintesi, atto nel quale viene riconosciuta molta importanza all’osservazione del detenuto nei suoi rapporti con la famiglia.

Inoltre, è importante ricordare che, nello specifico perseguimento degli obiettivi della presente, si sta sviluppando il PEA 16/2006, grazie al quale sono state individuate le prime risposte ai problemi segnalati, inerenti soprattutto le strutture.

Infine, è giusto ribadire che alcune strutture periferiche hanno già posto in essere sulle questioni oggetto della presente nota apprezzabili, anche se non sempre sufficienti, interventi, deiquali si è tenuto conto nella stesure delle disposizioni che seguono.

E’ convinzione della scrivente articolazione che la trattazione del tema del rapporto tra la famiglia del detenuto e l’Amministrazione Penitenziaria, e quindi del maggior coinvolgimento della prima nel trattamento penitenziario, sia destinata ad essere ulteriormente affrontata con futuri interventi. In particolare, sempre nell’ottica della uniforme diffusione delle migliori prassi operative, si ritiene indispensabile la prosecuzione del dialogo fra “centro” e “periferia” della nostra Amministrazione, in modo che le disposizioni impartite dal  primo possano essere oggetto di costante riflessione sulla base dei riscontri concreti ottenuti dalla seconda.

Per cercare di avvicinarsi a questo ambizioso obiettivo non è sufficiente limitarsi a garantire la semplice fruizione  dei diritti previsti dalla normativa penitenziaria — si pensi, in particolare ai colloqui e alle telefonate - ma è necessario che si instauri un rapporto per quanto possibile di fiducia e e di collaborazione tra la struttura penitenziaria e i familiari del detenuto. Nel perseguimento di tale fine è necessario che la nostra Amministrazione ponga in essere gesti concreti di maggiore apertura.

Si è scelto, quindi, di affrontare specificamente l’aspetto forse più complesso della questione: il rapporto fra genitore detenuto e figli minori e nella presente si è deciso di approfondire l’aspetto dell’accesso dei minori nelle strutture penitenziari..Ciò con lo scopo di configurare un vero e proprio sistema di accoglienza dei minori che accedono agli istituti per andare a incontrare i genitori privati della libertà. In tal modo si ritiene, al contempo, di fornire un segnale di apertura nella direzione del maggior coinvolgimento delle famiglie nel. trattamento penitenziario e di operare garantire il diritto del bambino al mantenimento di un san o rapporto con il genitore privato della libertà.

E’ noto a tutti coloro che abbiano esperienza del mondo penitenziario che sin dal momento dell’ingresso nella struttura penitenziaria si pone il delicato problema di garantire il rapporto della detenuta con i propri figli in tenera età. Questi ultimi, infatti, frequentemente manifestano difficoltà a comprendere ed accettare l’improvviso allontanamento da casa del genitore. Ciò comporta l’insorgere in loro di paure ed ansie, non certo attenuate dalla diffusa tendenza degli adulti a non

rivelare loro la verità sulle ragioni dell’assenza del genitore del nucleo familiare. A ciò si  devono aggiungere le difficoltà che incontra chi si trova in stato di detenzione per continuare a esercitare il ruolo di padre o di madre.

Insorge così il rischio che si crei, agli occhi del bambino, una cesura piuttosto netta nei rapporti  con il genitore fra il “prima” e il “durante” la detenzione di questo, con possibili e negative conseguenza anche sul “dopo”.

E’ compito della nostra Amministrazione operare perché tale rischio non si concretizzi così

garantire, quanto più possibile, il corretto sviluppo del minore.

E’ quindi giunto il momento di affrontare il problema dei rapporti con i figli minori da parte dei ristretti, tenendo presente che circa un terzo del totale di questi è interessato dalla questione’(1).

Un primo aspetto del problema è quello della mancanza di sale colloqui “a misura di bambino” negli istituti penitenziari(2) .Tale carenza comporta che nella maggior parte dei casi per il genitore detenuto, durante il colloquio, è impossibile compie re azioni del tutto naturali quali giocare con i propri figli. In tal modo, si nega quello che potrebbe configurarsi come un vero e proprio diritto del bambino.

Un ulteriore motivo di preoccupazione è legato agli elevati livelli di ansia e preoccupazione che si riscontrano nei bambini che si recano a colloquio. Tale stato d’animo, purtroppo, si accresce nei momenti immediatamente antecedenti l’incontro col genitore, anche a causa delle indispensabili procedure di controllo cui sono sottoposti i familiari dei ristretti.Inoltre, le caratteristiche delle sale colloquio (ampie dimensioni, presenza di numerosi adulti estranei, arredo freddo ed essenziale) non sono tali da agevolare la funzione di rassicurazione che pure potrebbe svolgere il genitore detenuto(3).

Con la presente lettera si intende garantire concretamente il diritto del bambino al mantenimento del rapporto con il genitore; è necessario, quinidi, da un lato, migliorare l’accoglienza  nei confronti dei minori che si recano a colloquio. Ulteriori riflessioni verranno condotte allo scopo di valorizzare il ruolo di genitore del detenuto con la sperimentazione di attività di sostegno al rientro in famiglia, eventualmente finalizzate anche alla iruizione di permessi premio e misure alternative. Gli esiti dovranno poi costituire oggetto .di seguito a questa lettera.

Si è consapevoli che le linee guida individuate dala  presente non sono esaustive, la loro attuazione, però, può costituire un significativo progresso nel perseguimento dell’obiettivo di aiutare i bambini ad affrontare in maniera più serena il monento del colloquio e, quindi, dì garantire loro la possibilità di vivere costruttivamente il rapporto con il genitore detenuto.

Al fine di attenuare le profonde tensioni che inevitabilmente il bambino prova nel momento in cui si reca a visitare il genitore è, in primo luogo, necessario, compatibilmente con gli spazi disponibili e le condizioni climatiche, incrementare l’uso delle aree verdi per i colloqui. Infatti, deve ricordarsi come la previsione dell’art. 61, comma 2, lett,ra b) del D.P.R. n. 230 del 200 non costituisce tanto un elemento premiale quanto uno strumento di cui valersi per rendere possibile il mantenimento del rapporto fra genitori e figli.

In secondo luogo, possono rivelarsi assai utili per alleviare le tensioni del minore una serie di interventi volti al miglioramento delle condizioni strutiurali dei luoghi in cui questi vengono ospitati o, comunque, si trovano a transitare.

Sarà, dunque, necessario profondere direttamente tutti gli sforzi possibili nella cura dei luoghi che vengono attraversati dalle famiglie in visita ti detenuti. In tal senso si pensi alla manutenzione di pavimenti e marciapiedi della zona d’ingresso riservata ai familiari nonché, ove necessario, al loro ampliamento al fine di rendere più agevole l’afflusso delle persone in attesa. Si valuti anche, con riferimento agli spazi aperti, la possibilità di piantare alberi o aiuole oppure di realizzare pensiline per proteggere le persone dalle intemperie.

Mediante il coinvolgimento degli Enti, competenti si potranno porre in essere iniziative volte ad alleviare i disagi delle famiglie con bambini in visita all’istituto. Si pensi, anche in questo caso, alla manutenzione e al rifacimento delle zone antistanti gli istituti in modo da renderle meno desolate. Si consideri, inoltre, la possibilità di richiedere  alla locale azienda dei trasporti la predisposizione di un’apposita fermata dell’autobus in prossimità dell’ingresso del carcere oppure un potenziamento del servizio di trasporto pubblico.

In terzo luogo si rende necessario porre particolare attenzione all’arredamento degli  ambenti chiusi in cui i bambini si trovano a sostare o a transitare.

Ciò vale, innanzitutto, per le sale colloquio, il cui allestimento non potrà prescindere dalla

considerazione e dal rispetto per il rapporto genitore — figlio. Esse dovranno essere curate nell’arredamento in modo da renderle più adatte ad accogliere dei bambini. Si suggerisce di utilizzare oggetti che possono avere un significato ludico e di rasserenamento dell’ambiente:superfici colorate, tubi metallici e prismi di legno(4.)

Gli stessi materiali vanno utilizzati negli ambienti che il bambino attraversa per giungere alla sala colloquio, in modo da indicare, in maniera allegra e facilmente comprensibile per il minore, il percorso che conduce al genitore.

In ultimo luogo, ma non perché si tratti di un aspetto meno importante, si invitano tutti i direttori degli istituti a non trascurare mai l’opera di sensibilizzazione del personale preposto al rilascio colloqui e alle operazioni di controllo dei familiari che accedono all’istituto. Tale personale va motivato ad operare con la massima cortesia e professionsalità nei confronti del pubblico, in particolare quando si tratti di famiglie con bambini, mostrando che il carcere è un ufficio dello Stato  ove educazione, decoro e gentilezza degli operatori sono finalizzati all’accoglienza. In particolare, rivolgendosi a minori in tenera età non sarà necessario qui ricordare a tutti gli operatori l’indispensabilità di ricorrere al sorriso.

Si confida nella collaborazione delle SS. LL. per la partecipazione della presente agli istituti penitenziari dipendenti e per la costante opera di valutazione dei risultati della sua attuazione. In particolare si rappresenta la necessità, allo scadere del termine di sei mesi dall’adozione della presente nota, di far pervenire alla scrivente articolazione una  relazione illustrativa delle iniziative concretamente realizzate, accompagnata dalle considcrazioni delle SS. LL. sui risultati complessivamente raggiunti nel distretto di competenza.

IL DIRETTORE GENERALE 
dott.. Sebastiano Ardita

(1) Nella rilevazione effettuata dall’Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato — sezione statistica – al al 30 giugno 2008 risultano 19.091 detenuti e 1304 detenute che hanno dichiarato di avere figli.

(2)  In  proposito — in base alla nota di questa articolazione n. 0255127 del 31 luglio 2006 - è stato effettuato un monitoraggio con la collaborazione dei Provveditorati Regionali.

(3)   Si ricordano sinteticamente gli atti che ispirano la presenti linee della politica penitenziaria: a) la Convenzione O.N.U.diritti del fanciullo (articoli 5, 7 e 9); b) i rapporti al Comitato sui diritti dell’infanzia (organo deputato a vigilare sull’applicazione della Convenzione e i relativi Protocolli); e) la proposta di risoluzione del Parlamento Europeo, formulata sulla base della relazione della Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza in genere (A6-3/2008) “sulla particolare situazione delle detenute e I ‘impatto deL ‘incarcerazione dei genitori sulla vita sociale e familiare” che alla voce “Mantenimento di legami familiari e relazioni sociali” invita gli Stati membri a facilitare il riavvicinamento familiare e, in particolare, le relazioni dei genitori incarcerati con i loro figli - meno che ciò sia in contrasto con l’interesse del bambino — predisponendo strutture di acc oglienza la cui atmosfera sia diversa da quella dell’universo carcerario in modo da permettere contatti affettivi adeguati; d) le ricerche svolte dall’istituto degli Innocenti di Firenze - organo al quale il Governo ha affidato le attività del Centro Nazionale di Documentazione e Analisi sull’infanzia e l’Adolescenza (istituito dalla legge n. 451 del 1997) — che svolge un ruolo di riferimento, a livello non solo nazionale ma anche europeo, nell’attività di ricerca sull infanzia:

(4) Come è già avvenuto in tutti gli istituti penitenziari della Calabria ovvero ella casa circondariale di Monza con il supporto della Provincia di Milano.