Circolare 7 giugno 2010 - Determinazione e modifica del termine di durata delle misure cautelari personali nei casi di concorso di ordine di esecuzione di condanna definitiva

7 giugno 2010

 
Dipartimento per gli Affari di Giustizia
Direzione Generale della Giustizia Penale

 

m_dg.DAG.07/06/2010.0080136.U

Ai Sigg. Presidenti delle Corti di Appello

Ai Sigg. Procuratori Generali presso le Corti di Appello

Loro Sedi

Oggetto: Determinazione e modifica del termine di durata delle misure cautelari personali nei casi di concorso di ordine di esecuzione di condanna definitiva

A questo Ministero è stato posto quesito sulla tematica in oggetto, al fine di chiarire se l’indicazione e l’aggiornamento delle date di estinzione delle misure cautelari personali per decorso dei termini di durata massima di cui agli artt. 303 e 308 c.p.p. competano all’Autorità Giudiziaria o alle direzioni degli istituti penitenziari ovvero al personale incaricato dell’esecuzione e della vigilanza, con particolare riguardo ai casi di concorso di provvedimenti emessi in fase di esecuzione.

L’occasione è utile per procedere ad un esame complessivo delle norme di riferimento, considerata la portata generale della questione e tenuto conto che le precedenti determinazioni ministeriali sono assai risalenti nel tempo, essendo intervenute in un’epoca immediatamente successiva all’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale.

Il quesito attiene al controllo sulla durata delle misure cautelari personali, con particolare riferimento alle connessioni con eventuali procedimenti di esecuzione per condanne definitive, in relazione ai quali gli articoli 655 segg. c.p.p. e 28 e 29 disp. reg. c.p.p. dettano disposizioni specifiche, che attribuiscono al pubblico ministero il compito di curare l’esecuzione, procedendo agli adempimenti necessari per calcolare l’entità della pena da espiare e fissando conseguentemente la data iniziale e finale dell’espiazione, con tutte le rettifiche che possono discendere da eventi successivi (quali, ad esempio, la sopravvenienza di ulteriori condanne definitive, la revoca di pene sospese condizionalmente, la concessione della liberazione anticipata, l’applicazione dell’indulto, la depenalizzazione di taluni illeciti, le decisioni del giudice dell’esecuzione sulla continuazione, ecc.).

La problematica assume rilevanza in una variegata serie di ipotesi, che abbracciano le possibili interferenze tra ordini di esecuzione di condanne irrevocabili e misure cautelari personali, con evidenti, problematici risvolti in relazione sia al momento iniziale dell’espiazione della pena definitiva sia alla decorrenza e durata del provvedimento cautelare (detentivo o non detentivo), anche con riguardo alla causa di estinzione prevista dall’art. 300, comma 4, c.p.p. nei casi in cui una pena detentiva sia stata inflitta con sentenza non definitiva nei confronti di imputato già detenuto per il fatto oggetto del procedimento.

Si tratta, peraltro, di materia di particolare delicatezza, dovendosi scongiurare il rischio di detenzioni senza titolo e di liberazioni non dovute come conseguenza di calcoli errati.

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In termini generali spetta sempre al giudice competente per il provvedimento cautelare personale (individuato a norma degli artt. 279 c.p.p. e 91 disp. att. c.p.p.) stabilire ed indicare preventivamente il termine massimo di durata dello stesso, considerando (oltre al caso di cui all’art. 292, comma 2, lett. d)) la fase in cui si versa ed il reato per il quale il titolo è stato emesso, nonché comunicare all’Amministrazione penitenziaria o alla polizia giudiziaria incaricata dell’esecuzione la data – allo stato - di scarcerazione o di perdita di efficacia della misura non detentiva per le successive annotazioni e l’aggiornamento della posizione giuridica.

Ciò detto, preme sottolineare la necessità di intervenire con attenzione e tempestività massime in tutti i casi in cui il termine finale della misura cautelare personale subisca variazioni per qualsiasi ragione.

A questo riguardo si richiamano i rapporti tra misure cautelari e sentenze definitive di condanna, disciplinati dagli artt. 297, comma 5, e 298 c.p.p. e fortemente condizionati dalla compatibilità o meno del regime esecutivo dei provvedimenti concorrenti. E, invero, la sospensione della misura cautelare non ha alcun effetto ai fini della determinazione della sua durata ogni qual volta preesista o si sovrapponga un ordine di esecuzione che sia compatibile con il regime del provvedimento cautelare, il quale, a queste condizioni ed a questi fini, mantiene piena autonomia ed indipendenza.

Ne discende che:

•    ai sensi dell’art. 297, comma 5, c.p.p., qualora una misura cautelare detentiva venga eseguita nei confronti di chi sia già detenuto in espiazione di condanna definitiva o internato per una misura di sicurezza, il termine di durata della misura cautelare - considerata la compatibilità tra le tipologie di provvedimenti restrittivi - decorrerà comunque dal momento della notifica dell’ordinanza. Qualora, invece, la misura cautelare sia di tipo non detentivo – mancando la predetta compatibilità - il termine inizierà o riprenderà a decorrere dal momento della scarcerazione.

•    a norma dell’art. 298, commi 1 e 2, c.p.p., ove una persona sia sottoposta alla custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari (stante il disposto dell’art. 284, comma 5, c.p.p.), l’eventuale sopravvenienza di un ordine di carcerazione, che - previa dichiarazione di fungibilità (art. 657 c.p.p.) - imputi all’esecuzione anche la custodia cautelare in corso, comporterà la sospensione della misura soltanto nel senso di attribuire prevalenza al titolo definitivo quale causa di privazione della libertà personale e di impedire che lo stesso periodo di detenzione possa essere imputato anche ad altro titolo, senza però sortire alcun effetto sul computo del periodo di durata massima della misura cautelare, da calcolarsi sempre e soltanto ai sensi dell’art. 303 c.p.p.  con riferimento al reato attribuito  ed alla fase della procedura. Ove, invece, l’espiazione della pena debba avvenire in regime di misure alternative alla detenzione, la misura cautelare detentiva, tenuto conto della non compatibilità tra i provvedimenti concorrenti, proseguirà il suo corso e sarà l’esecuzione della pena a decorrere successivamente (salvi gli sviluppi indotti da eventuali determinazioni della magistratura di sorveglianza).

Discorso in parte diverso vale, invece, per l’indicazione del termine di esecuzione della pena inflitta con sentenza non definitiva emessa nei confronti di persona detenuta per il fatto oggetto del processo. In tal caso, infatti, l’esistenza (preesistente o sopravvenuta) di un ordine di esecuzione, se non è idonea – come detto – a dilatare il termine massimo della misura cautelare compatibile con esso, ha, tuttavia, l’effetto di impedire che la detenzione in corso venga attribuita cumulativamente sia al titolo provvisorio sia a quello definitivo. Ne consegue che la data di estinzione della misura, a norma dell’art. 300, comma 4, c.p.p., dovrà essere calcolata scorporando il periodo imputato all’esecuzione della condanna passata in giudicato risultante dalla posizione giuridica e dallo stato di esecuzione e fatto salvo soltanto lo spirare del termine di fase in un momento anteriore, secondo i principi già enunciati.

Dopo il passaggio in giudicato della condanna, spetterà all’Ufficio del pubblico ministero competente ai sensi dell’art. 655 c.p.p. determinare la pena complessiva da espiare, provvedendosi – ove ne ricorrano le condizioni – ad emettere provvedimento di cumulo a norma dell’art. 663 c.p.p..

Quanto sin qui osservato, peraltro, riflette pienamente l’interpretazione elaborata dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento alle norme di legge in questione:

Sez. I, sent. n.6066 del 4.11.1999: “Ai fini di cui all'art.300, comma 4, c.p.p., secondo cui la custodia cautelare perde efficacia quando, essendo stata pronunciata sentenza di condanna, la sua durata risulti non inferiore all'entità della pena inflitta, non può tenersi conto, nel computo di detta durata, del periodo in cui il soggetto sia stato detenuto anche in forza di un sopravvenuto titolo di espiazione di una pena a lui inflitta per altri fatti, atteso che il regime della compatibilità fra custodia cautelare ed espiazione opera soltanto nei limiti di cui all'art.297, comma 5, c.p.p. e cioè ai fini del computo dei termini di durata massima della custodia cautelare.”.

Sez. V, sentenza n. 4941 del 7.11.1997: “In tema di compatibilità tra custodia cautelare e detenzione, il criterio stabilito dall'art. 297 comma 5 cod. proc. pen., ai fini della decorrenza dei termini di custodia cautelare in costanza di detenzione per altro titolo, è richiamato dall'art. 298 comma 1 cod. proc. pen. per escludere la sospensione della misura cautelare in atto, quando sopravvenga un ordine di carcerazione. La compatibilità è determinata dalla natura della misura cautelare e deve perciò ritenersi che la misura degli arresti domiciliari sia compatibile con l'espiazione della pena, infatti sia l'esecuzione di un ordine di carcerazione che il provvedimento di arresti domiciliari privano la persona della libertà di locomozione, indipendentemente dal luogo in cui è ristretta. Né l'incompatibilità può derivare da prescrizioni collaterali alla misura cautelare, che ne segnano esclusivamente le modalità esecutive, quali il permesso di recarsi in determinate ore del giorno per terapia riabilitativa presso il SERT, dal momento che esse non ne mutano la natura e gli effetti. Difatti la persona agli arresti, nel tempo limitato in cui deve trovarsi presso il centro riabilitativo, incluso quello necessario per gli spostamenti, si ritiene agli arresti anche se in diverso luogo mentre, ove non vi si rechi, si sottrae alla misura.”.

Deve quindi concludersi che, fino al passaggio in giudicato della sentenza, è compito del giudice che procede, in relazione alla concreta situazione, determinare il termine massimo di efficacia della misura cautelare e provvedere ai successivi aggiornamenti.

Nessuna determinazione, infatti, può competere in questo ambito all’Amministrazione penitenziaria o all’autorità competente per l’esecuzione delle misure cautelari non detentive o delle condanne definitive da espiare in ambiente non carcerario, le quali hanno il diverso compito di annotare i provvedimenti adottati e di aggiornare le relative posizioni giuridiche, comunicando all’Autorità Giudiziaria le eventuali situazioni sopravvenute che comportino la modifica dei termini in precedenza stabiliti.

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Si pregano le SS.LL. di portare la presente nota a conoscenza degli uffici giudicanti e requirenti dei rispettivi distretti.

Roma, 7 giugno 2010

Il Direttore Generale
  Luigi Frunzio