Circolare 18 marzo 2010 - Competenza ad espletare il servizio di traduzione nei confronti di soggetti internandi

18 marzo 2010

Dipartimento per gli Affari di Giustizia
Direzione Generale della Giustizia Penale


Prot. m_dg.DAG.18/03/2010.0041155.U

Ai Signori Procuratori Generali
presso le Corti di Appello
Loro Sedi

e, p.c.,    Al Signor Capo del Dipartimento
dell’Amministrazione Penitenziaria
Sede


Oggetto:  Competenza ad espletare il servizio di traduzione nei confronti di soggetti internandi.


È stato recentemente portato all’attenzione di questa Direzione Generale un contrasto interpretativo in ordine alla competenza ad eseguire la consegna presso la struttura designata di persone libere nei cui confronti sia stato emesso un provvedimento di applicazione di misura di sicurezza detentiva.
Si è, infatti, dubitato che l’incombente rientri tra i compiti del Nucleo traduzioni e piantonamenti della Polizia Penitenziaria, avanzandosi la tesi che esso rientri, invece, tra le competenze dell’Autorità di pubblica sicurezza.
Al riguardo, si reputa opportuno richiamare il quadro normativo che regola la procedura in oggetto:

  • L’art. 42 bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975 n. 354 definisce in termini generali le traduzioni come “attività di accompagnamento coattivo, da un luogo ad un altro, di soggetti detenuti, internati, fermati, arrestati o comunque in condizione di restrizione della libertà personale”. Il successivo comma 2 attribuisce al Corpo di Polizia Penitenziaria la competenza ad eseguire la traduzione dei detenuti e degli internati adulti.
  • L’art. 1 del decreto del Ministro della Giustizia dell’11 aprile 1997 disciplina la cessione del servizio di traduzione dei detenuti e degli internati dall’Arma dei Carabinieri e dalla Polizia di Stato al Corpo di Polizia Penitenziaria. Il successivo art. 2 detta disposizioni specifiche relative a situazioni particolari, attribuendo espressamente al Corpo di Polizia Penitenziaria un’ampia gamma di competenze ulteriori (piantonamento in luoghi di ricovero o cura esterni alle strutture penitenziarie ed eventuale trasferimento in carcere; traduzioni da e per i luoghi di arresti domiciliari o di detenzione domiciliare). Sono state espressamente sottratte alla Polizia Penitenziaria le attività di piantonamento e traduzione che si effettuino nei casi di giudizio direttissimo da tenersi a norma dell’art. 558 c.p.p..
  • L’art. 659, comma 2, c.p.p., dettando le disposizioni relative all’esecuzione delle misure di sicurezza diverse dalla confisca, prescrive che “il pubblico ministero comunica in copia il provvedimento [del giudice di sorveglianza] all’autorità di pubblica sicurezza e, quando ne è il caso, emette ordine di esecuzione, con il quale dispone la consegna o la liberazione dell’interessato”.


L’art. 659, comma 2, c.p.p. non stabilisce, pertanto, alcuna competenza in ordine agli incombenti necessari per effettuare l’internamento.
La disposizione in parola si limita a prescrivere che il pubblico ministero comunichi il provvedimento all’autorità di pubblica sicurezza, senza distinguere tra misure detentive e non detentive, provvedimenti impositivi di un obbligo ovvero di revoca o di attenuazione di misure preesistenti. Nella parte finale del testo viene previsto, quando è il caso, che debba essere emesso ordine di esecuzione per la consegna o la liberazione dell’interessato.
Appare chiaro che la disciplina codicistica è diretta unicamente ad enunciare i compiti e gli incombenti del pubblico ministero, senza offrire alcuna indicazione per la determinazione di quale organismo di polizia giudiziaria debba procedere alla consegna della persona sottoposta alla misura di sicurezza detentiva all’istituto designato, previa traduzione.
Al riguardo risulta decisivo il citato art. 42 bis, comma 2, della legge 26 luglio 1975 n. 354, il quale definisce “traduzione” qualsiasi attività di accompagnamento coattivo da un luogo ad un altro di soggetti “… comunque in condizione di restrizione della libertà personale”.
Non vi è dubbio che il destinatario di un ordine di consegna emesso dal pubblico ministero, a norma dell’art. 659, comma 2, c.p.p., per dare esecuzione ad una misura di sicurezza detentiva applicata dalla magistratura di sorveglianza, sia privato della libertà personale dal momento stesso in cui viene sottoposto al fermo volto al successivo internamento.
Nel caso, quindi, che la struttura designata per l’esecuzione della misura di sicurezza si trovi in località diversa da quella dove l’interessato è stato catturato in esecuzione dell’ordine del pubblico ministero, il successivo trasferimento non può che essere qualificato come “traduzione”, spettante alla Polizia Penitenziaria a norma dell’art. 1 del decreto 11 aprile 1997, a nulla rilevando – per le ragioni esposte – che nel corpo del testo si faccia riferimento agli “internati” e non anche espressamente agli “internandi”.

Si prega di voler di portare la presente nota a conoscenza degli uffici requirenti dei rispettivi distretti.


IL Direttore  Generale
Luigi Frunzio