Circolare 23 ottobre 2015 - Modalità di esecuzione della pena

23 ottobre 2015

circolare n.3663/6113
prot 0355603 - 23/10/2015

DIPARTIMENTO DELL'AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA
Direzione Generale dei Detenuti e del Trattamento

Ai Sigg. Provveditori Regionali
Ai Sigg. Direttori degli Istituti Penitenziari
LORO SEDI
e, p. c.
Ai Sigg. Direttori Generali
Al Sig. Direttore dell'Istituto
Superiore di Studi Penitenziari

OGGETTO: Modalità di esecuzione della pena.

§ 1. La presente circolare si inserisce nel percorso di definizione e innovazione delle modalità di esecuzione della pena e della custodia cautelare avviato tramite una serie di direttive a più riprese emanate [1].
In tal modo l'Amministrazione centrale ha fornito, deve dirsi per la prima volta, un quadro interpretativo delle nonne che delineano i concetti di trattamento penitenziario e rieducativo in relazione alle concrete modalità di svolgimento della vita penitenziaria.

Si è avviato un importante percorso innovativo che, coniugando gli obiettivi di sicurezza e trattamento, ha iniziato a definire nuovi modelli di gestione degli istituti  penitenziari e di disciplina delle modalità custodiali dei reparti detentivi, consentendo un graduale superamento del criterio di perimetrazione della vita penitenziaria  all'interno della camera di pernottamento.

Il periodo trascorso dall'emanazione delle richiamale circolari rende opportuno compiere una verifica del loro stato di attuazione, valutarne i successi e i punti critici, esaminare la tenuta dei principi, delle definizioni, delle prassi che quelle direttive hanno affermato ed, infine, fornire ulteriori indicazioni operative per rendere quanto più possibile corretta ed omogenea la concreta organizzazione dei reparti detentivi.

§ 2. Si premette innanzitutto la convinzione che il percorso intrapreso, oltre che doveroso, sia utile e proficuo. La differenziazione dei detenuti e delle modalità di svolgimento della vita detentiva è funzionale al raggiungimento degli obiettivi di sicurezza, alla responsabilizzazione dei soggetti in stato di detenzione e all'incremento delle attività trattamentali necessaire per la concreta attuazione della finalità rieducativa della pena.

D'altra parte occorre prendere atto che il nuovo impianto organizzativo e gestionale non sempre è stato attuato con la necessaria efficacia e le più opportune sinergie, determinando una eterogeneità applicativa sul territorio nazionale contraria al principio di uguaglianza.

Si è innanzitutto constatato che, in una certa paite, il nuovo modello detentivo è stato applicato con una poco approfondita valutazione delle caratteristiche dei singoli detenuti.

Tale modello detentivo è stato talvolta realizzato con l'apertura delle camere detentive e la contestuale chiusura dei cancelli delle sezioni. In questi casi i detenuti, di fatto, trascorrono la maggior parte della giornata impegnati in attività trattamentali pressoché coincidenti con la sola "socialità" in tal modo svolta.

Vanno pertanto apportati correttivi conformi allo spirito delle norme di riferimento e, più in generale, alle intenzioni riformatrici. L'esperienza insegna che la sezione detentiva con le camere di pernottamento aperte, senza un effettivo governo e carente di programmazione, rappresenta un luogo quanto mai insidioso. In tal modo, infatti, è ridotta la possibilità di osservazione dell'agente di sezione, essendo le camere detentive sottratte alla possibilità di contestuale controllo visivo.

§ 3. Varie sono state le cause di tale eterogenea applicazione delle direttive sinora emanate.

Possono sicuramente segnalarsi le difficoltà iniziali a modificare radicalmente modelli gestionali da sempre in vigore oltre che le ricordate indecisioni nella effettiva valutazione dei livelli di idoneità e responsabilità dei vari detenuti.

D'altra parte occorre riconoscere che le definizioni degli elementi essenziali di questo nuovo corso, per i contorni non perfettamente tracciati e per il succedersi delle circolari in materia, non hanno aiutalo nella trasposizione concreta dei nuovi modelli operativi.
In alcuni casi hanno concorso alcuni limiti strutturali degli istituti penitenziari, la cui logistica mal si adatta a consentire una permanenza dei detenuti fuori dalle camere detentive e, soprattutto, delle sezioni, per esser impegnati nelle attività trattamentali.

Tra questi limiti, la insufficiente dotazione di strumenti idonei alla sorveglianza remota ha ostacolato un diverso impiego del personale, in particolare di polizia, ma anche  afferente alle altre professionalità.

A tal proposito si richiama la necessità di proseguire, laddove necessario, nella prospettazione alla Cassa delle Ammende di progetti di ristrutturazione, adeguamento e fornitura di beni ed attrezzature utili per definire spazi adeguati ad ospitare attività comuni in sicurezza, avendo cura di specificare le conseguenze positive per i detenuti, nei termini di maggiori possibilità di organizzazione delle offerte trattamentali al di fuori delle sezioni detentive.

§ 4. Si ritiene di dover ribadire che l'intero impianto riformatore si basa sulla corretta valutazione dei differenti livelli di pericolosità della popolazione detenuta.

Dall'efficace individuazione di gruppi a diverso potenziale di aggressività e pericolosità dipende il tipo di allocazione, la diversa gestione e offerta traltamentale. In tal senso la stessa C.E.D.U. rimanda al principio di proporzionalità tra il rischio e il livello di restrizione [2], sancito dalle raccomandazioni europee [3] e dalle norme nazionali [4].

Come noto il citato principio di proporzionalità ha già determinato l'Amministrazione a dare indicazioni e criteri operativi stringenti [5] che vengono qui integralmente ribaditi in quanto tutt'ora ritenuti utili per orientare la discrezionalità delle direzioni nella individuazione dei soggetti da avviare alla custodia aperta. Ciò indipendentemente dal criterio di classificazione in codici fissi allora impiegato e salva la discrezionalità delle direzioni nella valutazione concreta dei singoli casi sulla base del giudizio complessivo dell'equipe del trattamento.

Si allega pertanto uno schema sintetico ove sono specificali alcuni elementi di valutazione del livello di pericolosità e, in modo inversamente proporzionale, del relativo livello di idoneità presunta, per ciascun detenuto, a essere inserito in reparti c.d. aperti (allegato A).

Anche le procedure e le modalità dì valutazione sono già state oggetto di direttive specifiche che si ritiene di dover richiamare senza variazioni, sottolineandone i caratteri della proceduralizzazione, della competenza interprofessionale, della collegialità e della rivedibilità. In tal senso:

  • Il comandante del reparto formula una proposta contenente l'elenco nominativo dei detenuti inseribili alla custodia aperta.
  • L'organo preposto alla decisione finale è individuato nell'equipe presieduta dal direttore dell'istituto.

Deve esser prevista la possibilità di rivedere il giudizio di pericolosità in senso positivo o negativo e pertanto saranno programmale riunioni periodiche di rivalutazione.
Trattandosi di un'attività di selezione che opera all'interno di contesti che vedono situazioni gestionali e trattamentali già definite, si raccomanda il consueto buon senso e l'uso del giusto equilibrio al fine di non pregiudicare tali situazioni se non in palese contrasto con lo spirito delle presenti direttive.
In ogni caso si sottolinea la fondamentale utilità che, dopo l'attività istruttoria, le valutazioni vengano adeguatamente sviluppate all'interno dell'equipe e che risultino oggettivamente gli elementi salienti e quindi le motivazioni che hanno supportato le scelte adottate.

4.1. Se dal punto di vista dei detenuti già ristretti l'attività si fonderà su dati ed elementi di conoscenza già acquisiti, si pone il problema dei futuri ingressi. Rispetto a questi soggetti, di cui ovviamente non è valutabile il comportamento intramurario né il grado di adesione alle proposte trattamentali, varrà la valutazione relativa al titolo di reato, ai precedenti penali e alle eventuali conoscenza comportamentale relativa e pregresse carcerazioni.

Salvo casi di evidente idoneità è da ritenersi che all'ingresso debba seguire un congruo periodo di osservazione propedeutico all'eventuale assegnazione in una sezione a custodia aperta, secondo la definizione di seguilo riportata.

§ 5. Occorre ora definire con maggiore chiarezza e concretezza possibile gli elementi caratterizzanti la "custodia aperta" e "custodia chiusa".
E' innanzitutto da affermarsi l'inopportunità del termine precedentemente utilizzato di "regime" aperto o chiuso, non trattandosi di applicazione di veri e propri regimi quali quelli previsti ad esempio dagli articoli 14 bis e 41 bis dell'o.p.

Si intendono invece definire le modalità di organizzazione custodiale delle sezioni detentive rimesse al delicato e attento governo del?Amministrazione penitenziaria nel suo complesso.

Deve inoltre premettersi che la possibilità di permanere al di fuori della camera di pernottamento per un minimo di otto ore, dal punto di vista delle aspettative europee, è auspicata, sebbene non vi sia disposizione normativa cogente in tal senso, né la C.E.D.U. abbia finora preso in considerazione tale fattore, se non quale elemento compensativo (peraltro senza definire in maniera espressa il limite temporale delle 8 ore) in presenza di camere detentive con spazi inferiori ai minimi richiesti [6].

E' tuttavia criterio organizzativo ormai consolidato nel nostro sistema penitenziario, che ovviamente si ispira alle raccomandazioni europee  [7], che il tempo minimo da trascorrere fuori dalle camere detentive sia pari almeno ad 8 ore giornaliere, salva l'esistenza di particolari esigenze di sicurezza che comportino necessarie restrizioni, quali l'applicazione del regime di sorveglianza particolare, deirisoiamento, in caso di sussistenza di specifici rischi di evasione o turbativa della sicurezza dell'istituto, ecc.
Questo implica che la custodia aperta debba prevedere necessariamente una permanenza all'esterno delle camere significativamente maggiore ma, soprattutto, il fatto che la quotidianità e i contenuti trattamentali dovranno svolgersi all'esterno della sezione, in luoghi comuni appositamente strutturati.

Viceversa non saranno create e percepite quelle differenti soglie che concretizzano e stimolano la progressione trattamentale.

La differenziazione delle modalità custodiali non può limitarsi alla semplice diversa allocazione in un reparto piuttosto che un altro, distinti esclusivamente per il numero di ore nelle quali è consentita la permanenza all'esterno della propria camera di pernottamento. La vera differenza deve esser creata nei contenuti dei modelli custodiali che vi vengono attuati, anche per dare il segno di un'apertura proporzionale al percorso trattamentale intrapreso.

Ciò premesso la tabella allegata (allegato B) cerca di coniugare le esigenze sin qui prospettate e raggruppa diversi elementi che dovranno costituire lo schema di massima dei modelli detentivi, da riempire di contenuti e programmi trattamentali quanto più articolati e flessibili che le SS.VV hanno l'importante compito di sviluppare.

Si rammenta sul punto che, contestualmente all'applicazione delle presenti direttive, l'apertura e la chiusura delle sezioni a custodia aperta dovranno essere tempestivamente comunicate alla Direzione generale detenuti e trattamento per i successivi adempimenti sul sistema informatico SIAP-AFIS.

§ 5.1. Nei confronti di coloro i quali sono stati valutati al di sopra della soglia di pericolosità e quindi debbono esser allocati nelle sezioni a custodia chiusa, opererà una modalità di controllo diretta da parte della Polizia penitenziaria.
In questi casi, pur prevedendo la possibilità di permanere fuori dalle camere di pernottamento per otto ore giornaliere (salvo specifiche esigenze di sicurezza), ogni sforzo dovrà essere impresso per evitare che questi gruppi rimangano all'ozio costretti a stazionare nei corridoi delle sezioni.

Utilizzando i locali in genere di pertinenza alle sezioni e le aree di passeggio dovranno essere programmate attività trattamentali ma anche di intrattenimento (attività sportiva e ricreativa).
In questo modo l'apertura assumerà la connotazione di mezzo e non di fine. È ovvio che tutti coloro i quali, pur rientranti in tale fascia, potranno essere ammessi alla frequenza di attività trattamentali specifiche dovranno essere condotti nei luoghi e nelle strutture all'uopo dedicate, esterne alle sezioni detentive, riducendo in tal modo le presenze all'interno delle sezioni per una parte della giornata.

Il presidio del personale di polizia si attesterà all'interno della sezione e sarà coadiuvalo da pattuglie che provvederanno alle incombenze di verifica ordinaria o all'intervento in caso di atti pregiudizievoli l'ordine e la sicurezza.
Le sole camere detentive in uso ai soggetti ammessi alle attività dovranno esser chiuse (dunque dovranno essere incentivate le allocazioni congiunte dei detenuti che fruiscono di attività esterne alla sezione), per evitare furti e usi impropri pregiudizievoli per l'ordine e la sicurezza.

Nell'ambito di questi ultimi reparti andranno individuati quelli dedicati, ex articolo 32 d.P.R. 230/2000, ad accogliere quei detenuti dotati di una pericolosità e di una tendenza all'aggressività e alla prevaricazione tali da dover essere gestiti con maggiore attenzione custodiale [8]. Anche in questo caso valgono i termini previsti in ordine alla rivalutazione semestrale del provvedimento.

Sempre in questi ultimi settori dovranno essere allocati quei detenuti, di diretta gestione della Direzione Generale detenuti e trattamento che, seppure afferenti al circuito ordinario, siano stati classificati "comuni pericolosi" [9].

In quest'ultimo caso le Direzioni applicheranno le prescrizioni ad hoc che la Direzione Generale detenuti e tratlamento avrà cura di predisporre per ognuno di questi soggetti in modo da ridurre il rischio di comportamenti che possano arrecare nocumento all'ordine e alla sicurezza dell'istituto. Ci si riferisce, in particolare, alle modalità di movimentazione, traduzione all'esterno, partecipazione alle attività in comune, perquisizioni personali e delle camere di pernottamento, modifica periodica dell'allocazione e quanto ritenuto utile in ragione dell'esame del fascicolo personale.

§ 5.2. Per tutti coloro che si palesano come idonei alia custodia aperta, si precisa quanto segue.

Dopo aver effettuato l'apertura mattinale e aver proceduto alle ordinarie verifiche, i detenuti dovranno essere autonomamente avviati, senza onere di accompagnamento, alle zone di accoglienza esterne alle sezioni ove, nel corso di tutta la giornata verranno impegnati in attività trattamentali e di intrattenimento previamente autorizzate. E' infatti necessario che venga effettuato un programma ove risultino le attività in cui i detenuti sono impegnati giornalmente, così da conoscere in ogni momento la loro dislocazione
all'interno dello spazio di libertà nel movimento.

Tutte le camere detentive verranno chiuse durante gli orari in cui sono previste le opportunità trattamentali e riaperte all'atto del rientro, salvo esigenze di salute di uno o più dei ristretti.
Nei reparti aperti e nei luoghi dedicati alle attività tratlamentali il personale in servizio potrà attestarsi all'esterno delle sezioni e saranno attivate modalità e procedure di controllo indirette e variabili, senza la necessità di presidi stabili nei reparti e nei luoghi di pertinenza [10]. Come noto tale modalità configura la vigilanza dinamica, termine che ben rappresenta la scelta di non presidiare costantemente gruppi di persone adeguatamente selezionati. L'apprezzata responsabilità ed affidabilità e l'occupazione in attività svolte con altri operatori, sia penitenziali che di altri enti pubblici e privati olire che di volontari, consente di meglio utilizzare il personale di polizia coadiuvato da strumenti di controllo remoto.

La progettazione che viene richiesta in tali casi dovrà prendere in esame la possibilità di sostituire i tradizionali presidi fissi, che verranno mantenuti in quei posti di servizio strategici in quanto considerati snodi di comunicazione e di controllo ineliminabili, o in fasce orarie più delicate, con pattuglie itineranti con il compito di svolgere le perquisizioni, l'immissione ai passeggi, le operazioni di conta, le ispezioni.

Si ribadisce pertanto quanto già disposto [11] in ordine alla necessità di attivare una commissione interprofessionale, coordinata dal Direttore dell'istituto e composta dal Funzionario responsabile dell'Area educativa e dal Comandante del Reparto, che, sulla base delle presenti direttive, configuri i vari presidi di sicurezza ritenuti necessari.

Sì sottolinea inoltre l'importanza di trasporre tale progetto in disposizioni di servizio e tabelle di consegna aggiornate e coerenti con il nuovo disegno operativo per le evidenti responsabilità che ne discendono [12] ma ancor prima per renderne perfettamente a conoscenza il personale penitenziario e rendere chiari gli obiettivi della presente lettera circolare.

§ 6. Definiti gli indici di massima su cui operare la differenziazione e il conseguente modello detentivo di riferimento, cui consegue l'allocazione nelle sezioni detentive, si forniscono alcune ulteriori specificazioni concrete.
Come noto deve essere posta attenzione nel differenziare i condannati da coloro i quali non lo sono in via definitiva. Tale prescrizione normativa pone tuttavia una serie di questioni che necessitano di indicazioni precise.
In primis chi si debba considerare condannato, soprattutto in ragione della possibile e non infrequente coesistenza di posizioni giuridiche miste. Si ritiene la prevalenza della definitività anche di una sola delle posizioni in capo al detenuto per consentirne l'allocazione in una sezione per condannati.

Dubbi possono sussistere sulla ripartizione (fra soggetti condannati e in custodia cautelare) in alcuni specifici casi, in particolare nei confronti delle persone assegnate in reparti destinati allo svolgimento di cure sanitarie (es. C.D.T., reparti di osservazioni psichiatrica, minorati fisici e psichici, ecc.) o di programmi trattamenlali specifici (poli universitari, scolastici, sportivi, custodie attenuate per madri o tossicodipendenti, protetti, ecc).

Anche in questo caso si ritiene di dover risolvere la questione pragmaticamente. Premesso che si debba tentare in ogni modo, anche in questi casi, di rispettare il precetto normativo, se i reparti sanitari non consentono separazioni o, nel secondo caso, i criteri di accesso alle attività trattamentali non la prevedono, non possono che prevalere i motivi che hanno determinato tale allocazione rispetto allo status giuridico.

§ 7. L'Amministrazione è già intervenuta sulla necessità che la vita detentiva assuma la connotazione di stimolo all'assunzione di responsabilità [13] da parte dei detenuti, come del resto lo stesso regolamento di esecuzione cita la responsabilità della persona in carcere in più punti [14], laddove prevede la possibilità di affidare, a coloro i quali ne hanno le capacità compiti di animazione nelle attività di gruppo di carattere culturale, ricreativo e sportivo, nonché di assistenza nelle attività di lavoro in comune.

L'impegno delle Direzioni sarà nel ricercare, implementare e gestire, risorse ed iniziative da proporre alla popolazione detenuta al fine di coinvolgerla positivamente. In tal modo sarà anche possibile progettare e realizzare attività autorganizzate sotto il coordinamento del personale penitenziario e del volontariato in modo da riempire di contenuti, anche semplici, la quotidianità all'interno dei reparti, viceversa, preda dell'ozio.

Questo implica anche, come più volte indicato [15], che debba essere redatto un patto di responsabilità tra l'Amministrazione e il detenuto che chiarisca i termini che i modelli custodiali prevedono e il comportamento richiesto per potervi accedere o che può determinarne la modifica.

Dovrà esser oggetto di specifica clausola Paccettazione da parte dei detenuti delle modalità di governo delle diverse modalità di custodia, anche con riferimento alla revisione della chiusura delle camere detentive durante le attività trattamentali, al fine di evitare incomprensioni o contenzioso con la magistratura di sorveglianza sul punto.

Dovrà anche esser inserito uno specifico richiamo all'onere, in capo ai detenuti, di non lasciare luci e televisori accesi o addirittura l'acqua scorrere nei lavandini in assenza di occupanti la cella. Analogo richiamo dovrà esser fatto ai detenuti assegnati alla custodia chiusa e che tuttavia partecipano ad attività trattamentali esterne alla sezione.

§ 8. Le circolari citate in premessa, hanno espressamente escluso la possibilità di adottare la custodia aperta presso le sezioni dedicate al circuito dell'alta sicurezza.

Ciò sia per la necessità di un'adeguata e approfondita valutatone del modello in questione dopo un congrue periodo di tempo, sia in considerazione della particolare tipologia dei detenuti ascritti al circuito AS. I titoli detentivi degli stessi, che attestano l'appartenenza ad associazioni per delinquere di stampo mafioso, la commissione di delitti al fine di agevolare tali associazioni, ovvero il ruolo di primo piano rivestito nelle associazioni dedite al traffico di sostanze stupefacenti, si pongono intatti in pregiudiziale antilesi all'ammissione a modalità custodiali che consentano ampie possibilità di aggregazione, ove le dinamiche di sopraffazione, proselitismo o consolidamento di accordi a fini illeciti possono più facilmente riprodursi.

Deve inoltre tenersi in considerazione che l'assegnazione agli istituti penitenziari dei detenuti AS, la cui competenza è avocata alla Direzione generale detenuti, è frutto di mirata distribuzione sul territorio nazionale dei detenuti appartenenti alla diverse associazioni di stampo mafioso operanti nel territorio dello Stato, evitando pericolose concentrazioni di soggetti appartenenti alla medesima associazione, o contrapposti fra loro.

Ciò ovviamente non deve tradursi in una necessaria compressione degli spazi di permanenza di tali soggetti al di fuori della camera di pernottamento, facendo riferimento alle indicazioni fomite per la definizione della "custodia chiusa".
Deve comunque esser chiaro che l'osservazione e la vigilanza della polizia penitenziaria per i soggetti ascritti al circuito AS deve essere costante e attenta, e non può esser consentita quella libertà di movimento e aggregazione che invece, con tutte le cautele del caso, può esser realizzata con il modello custodiale aperto.

D'altra parte obiettivo della attenta vigilanza dispiegata nel circuito AS non deve limitarsi al - pur fondamentale - controllo con finalità antievasione, o al mero rispetto dell'ordine e sicurezza intema agli istituti penitenziari, ma tendere a sviluppare le capacità di analisi e osservazione della polizia penitenziaria. Ciò al fine di conoscere le attuali dinamiche fra i clan (che spesso in ambito intramurario superano le tradizionali contrapposizioni esterne), gli assetti di potere, i rapporti tra detenuti che si traducano in contrasti e/o leadership all'interno delle sezioni, la forza economica delle associazioni (evidenziata anche dal flusso di denaro che perviene dall'esterno) e ogni altra attenta valutazone di fatti suscettibili anche di ulteriore sviluppo investigativo, ovviamente da portare immediatamente all'attenzione dell'Autorità giudiziaria inquirente per quanto di competenza.

Eventuali eccezioni per prevedere l'attuazione della custodia aperta anche in alcune sezioni istituite presso le Case di reclusione dotate di circuito AS, dovranno essere portate all'attenzione della competente Direzione generale detenuti e trattamento, corredate da un progetto dettagliato che dia conto dell'osservazione preliminare effettuata per ciascun detenuto e dei contenuti e modalità concrete che si intendono adottare per successive valutazioni.

Preliminare e essenziale in materia è comunque la necessità di un 'attivazione solerte e costante dell'iniziativa d'ufficio delle direzioni all'avvio della procedura di declassiiìcazione oggetto di recente nota dipartimentale [16].

§ 9. Come altre volte raccomandato, si richiama il necessario coinvolgimento delle OO.SS. oltre che di tutte le componenti interne ed esterne di cui è auspicabile la condivisione per l'effettiva realizzazione della riforma in atto.

Le azioni indicate, infatti, costituiscono parti di un processo in itinere che necessita dell'acuta, pregnante e motivata interpretazione di tutti gli attori coinvolti e, in particolare, dei Direttori degli istituti e dei Provveditori regionali. Da tutti ci si attendono pareri, consigli, idee, integrazioni ed iniziative utili per il continuo ed incisivo miglioramento ed affinamento del processo stesso.

§ 10. In conclusione, al fine di riassumere e rendere più chiari i delicati compiti cui le SS.LL sono chiamate a ottemperare con il consueto spirito collaborativo e l'alto senso di responsabilità istituzionale che ne ha sempre caratterizzato l'operato, si chiede che le SS.LL:

  • effettuino le valutazioni di tutti i detenuti in ingresso nel corso del periodo di osservazione e quelle periodiche di quei detenuti già destinatari di allocazione;
  • elaborino i piani di offerta trattamentale da proporre ai detenuti al fine di conoscere in anticipo la programmazione giornaliera degli stessi - elaborino i contenuti dei patti di responsabilità da sottoporre per adesione a coloro che risultano idonei a fruire della custodia aperta;
  • elaborino, analogamente, una puntuale informativa circa i contenuti dei modelli cusotodiali e dei criteri di valulazione da divulgare ai detenuti in osservazione;
  • individuino le sezioni da destinarsi ai due diversi modelli custodiali e ne diano comunicazione tempestiva alla direzione generale detenuti e trattamento, competente per l'aggiornamento del sistema informatico SFAP-AFIS;
  • individuino gli spazi necessari per collocare le attività trattamentali destinate ai detenuti idonei ad essere inseriti nei reparti a custodia aperta;
  • progettino l'adeguamento dei suddetti spazi, con particolare riguardo alla dotazione di strumenti di controllo remoto e di tutti i beni strumentali allo svolgimento delle  citate attività, richiedendone il finanziamento alla Cassa delle Ammende nel rispetto delle spese ammissibili a norma del suo regolamento;
  • progettino analogamente quanto ritenuto necessario per adeguare gli spazi destinati alle attività programmabili nei reparti a custodia chiusa facendo in seguito richiesta di finanziamento alla suddetta Cassa:
  • riuniscano la Commissione interprofessionale prevista per lo sviluppo integrato dell'organizzazione dei posti di servizio in ragione dei modelli custodiali attuati, delle attività trattamentali e delle movimentazioni Decessane;
  • coinvolgano ed organizzino tutte le risorse istituzionali, private e volontarie rispetto al modello trattamentale descritto in modo da rendere possibile la riduzione dell'ozio e, conscguentemente, una organizzazione custodiale che non veda la mera apertura quale esclusivo intervento innovatore:
  • redigano ed aggiornino le disposizioni e le labelle di consegna in modo coerente rispetto agli obiettivi qui descritti;
  • divulghino e rendano partecipi il personale di ogni ordine, funzione e grado le presenti linee guida, raccogliendone commenti, impressioni, critiche e suggerimenti in modo da affinare modalità, azioni e disposizioni;
  • coinvolgano analogamente le Organizzazioni sindacali;
  • trasmettano le presenti linee guida a tutti gli Enti pubblici e privati locali che già collaborano con gli istituti e a quelli che potenzialmente potrebbero farlo, chiedendo loro di poterle illustrare in ragione della ricerca di nuove e più ampie modalità di collaborazione;

Anche i Provveditorati svilupperanno quanto più opportuno. In particolare:

  • E' responsabilità dei Sigg.ri Provveditori perfezionare costantemente i Programmi Territoriali Unitari [17] con l'obiettivo di rendere concreta la differenziazione degli  istituti, ed anche delle sezioni, per graduarli in relazione alla posizione giuridica e alla concreta pericolosità dei soggetti;
  • Raccoglieranno tutte le informazioni ritenute utili ai fini dello sviluppo del programma di rinnovamento, sia in termini di risultati raggiunti che di difficoltà incontrate  oltre che, ovviamente di soluzioni adottate, avendo cura di inviarlo alla Direzione Generale detenuti in modo che il materiale possa essere rielaborato e discusso in una riunione di servizio che sarà successivamente programmata.

La presente circolare sostituisce, nelle parti divergenti, le precedenti disposizioni ed indicazioni impartite.

Roma, 23 ottobre 2015

IL CAPO DEL DIPARTIMENTO
Santi Consolo


NOTE

nota 1 - Percorso iniziato con la circolare n. 3594/6044 del 25.11.2011 e proseguite con le circolari n. 206745 del 30.05.2012, n. 36997 del 29.01.2013 e n. 3649/6099 del 22.7.2013.
nota 2 - C.E.D.U. Sulejmanovic vs Italia n. 22635/03
nota 3 - Raccomandazione R(2006)2 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulle Regole penitenziarie europee, art. 18.10
nota 4 - Art. 1, 3 comma o.p.
nota 5 - Si veda la lettera circolare 3594/6064 del 25.11.2011
nota 6 - Cfr sentenza C.E.D.U. del 12 marzo 2015, Mursic e. Croazia e del 24 luglio 2001. "Valasinas e Lituania". Cfr anche la recente circolare del 16.10.2015, GDAP 0347128
nota 7 - Cfr 2° rapporto generale del C.P.T.
nota 8 - Cfr. circolare del Sig. Capo del Dipartimento n. 186697 del 26.6.2015.
nota 9 - Lettera circolare n. (57 del 15.03.2013 della Direzione Generale Detenuti e Trattamento.
nota 10 - Si rimanda ancora alla citata Circolare n. 3649/6099. "Realizzazione circuito regionale ex art. 115 d.p.r. 30 giugno 2000, n. 230: linee guida sulla sorveglianza dinamica.
nota 11 - Si veda in proposilo la circolare n. 206745 datata 30 05.12 del Sig. Capo del Dipartimento - Realizzazione circuito regionale ex art. 115 d.p.r. 30 giugno 2000 n. 230: linee programmatiche e la successiva lettera circolare n. 144378 datata 17.04.14 - Posti di servizio del personale di Polizia penitenziaria, della Direzione Generale del Personale e della Formazione.
nota 12 - A tal proposito si sottolinea che questo nuovo modo di procedere non è in contrasto con i compiti riportati e descritti nel Regolamento di servizio del Corpo della Polizia penitenziaria agli artt. 42 e segg. Alla possibilità di deroga, infatti soccorrono, per le ed. "custodie attenuate" l'art. I 15, 3° comma del D.P.R. 230/2000 e per gli istituti ordinari l'art. 34,3° comma del Capo ! (nonne generali) che precede la disciplina dei servizi e che prevede che gli stessi siano disciplinati dalle disposizioni contenute nel Capo II "salvo specifiche diverse disposizioni adottate dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria".
nota 13 - Circ. D.A.P. - Ufficio Capo de! Dipartimento n. 0445330 del 24.1 1.2011 : Modalità di esecuzione della pena. Un nuovo modello di trattamento che comprenda sicurezza, accoglienza e rieducazione.
nota 14 - In particolare gli artt. 71 e 76 r.e.
nota 15 - Cfr. circolare della direzione generale detenuti e trattamento n. 0024103 del 20.1.2011.
nota 16 - Cfr circolare del Capo del Dipartimento n. 157181 del 5.5.2015.
nota 17 - Già oggetto della circolare 36997 del 29.1.2013 e n. 260212 del 22.7.2013.


Allegati