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XVIII LEG - Schema di D.Lgs. - Patrocinio a spese dello Stato per indagati e imputati nell'ambito di procedimenti penali e per le persone ricercate nell'ambito di procedimenti di esecuzione del mandato di arresto europeo

aggiornamento: 29 marzo 2019

Esame definitivo - Consiglio dei ministri 27 febbraio 2019

Esame preliminare - Consiglio dei ministri 21 dicembre 2018

Schema di decreto legislativo recante: “Attuazione della direttiva (UE) 2016/1919 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2016, sull’ammissione al patrocinio a spese dello stato per indagati e imputati nell’ambito di procedimenti penali e per le persone ricercate nell’ambito di procedimenti di esecuzione del mandato d’arresto europeo”.”


Relazione illustrativa

Indice


Art. 1 - Modifica dell’articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115
Art. 2 - Modifica dell’articolo 91 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115
Art. 3 – Modifica dell’articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115
Art. 4 - Disposizioni finanziarie



IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA


Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;

Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri;

Vista la legge 25 ottobre 2017, n. 163, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2016-2017 e visti, in particolare, l'articolo I di detta legge e l'allegato A, punto 20), alla stessa, riguardanti delega al Governo per l'attuazione della direttiva (UE) 2016/1919 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2016, sull'ammissione al patrocinio a spese dello Stato per indagati e imputati nell'ambito di procedimenti penali e per le persone ricercate nell'ambito di procedimenti di esecuzione del mandato d'arresto europeo;

Vista la legge 24 dicembre 2012, n, 234, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, e visti ìn particolare gli articoli 31 e 32 di detta legge;

Vista la direttiva (UE) 2016/1919 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2016, sull'ammissione al patrocinio a spese dello Stato per indagati e imputati nell'ambito di procedimenti penali e per le persone ricercate nell'ambito di procedimenti di esecuzione del mandato d'arresto europeo;

Vista la legge 22 aprile 2005, n. 69, recante disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 21 dicembre 2018;

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 27 febbraio 2019;

Sulla proposta del Ministro per gli affari europei e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dell'economia e delle finanze;


EMANA
il seguente decreto legislativo:

Art. 1
(Modifica dell'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115)

  1. All’articolo 75 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

“2-bis. La disciplina del patrocinio si applica, inoltre, nelle procedure passive di consegna, di cui alla legge 22 aprile 2005, n. 69, dal momento dell’arresto eseguito in conformità del mandato d’arresto europeo fino alla consegna o fino al momento in cui la decisione sulla mancata consegna diventi definitiva, nonché nelle procedure attive di consegna, di cui alla citata legge n. 69 del 2005, in favore della persona ricercata oggetto di un procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo ai fini dell’esercizio di un’azione penale e che ha esercitato il diritto di nominare un difensore sul territorio nazionale affinché assista il difensore nello Stato membro di esecuzione.”.
 

Art. 2
(Modifica dell'articolo 91 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115)

  1. All’articolo 91, comma 1, lettera a), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, le parole “l’indagato, l’imputato o” sono soppresse e, dopo la parola “condannato”, sono aggiunte le seguenti: “con sentenza definitiva”.
     

Art. 3
(Modifica dell'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115)

  1. All’articolo 76 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, al comma 4-bis dopo le parole “stesso articolo” sono inserite le seguenti: “, e per i reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto”.
     

Art. 4
(Disposizioni finanziarie)

  1. 1. Agli oneri derivanti dall'attuazione dell’articolo 2, valutati in 2.400.000 euro annui a decorrere dall’anno 2019 si provvede mediante riduzione del Fondo per il recepimento della normativa europea previsto dall’articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234, come richiamato dall’articolo 1, comma 3 della legge 25 ottobre 2017, n. 163.
  2. Dall’attuazione del presente decreto, ad eccezione delle disposizioni di cui all’articolo 2, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  3. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, agli adempimenti previsti dal presente decreto si provvede nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
  4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Il presente decreto, munito del sigillo di Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare.



Relazione illustrativa

I. La direttiva (UE) 2016/1919 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 ottobre 2016 reca norme “sull’ammissione al patrocinio a spese dello Stato per indagati e imputati nell’ambito di procedimenti penali e per le persone ricercate nell’ambito di procedimenti di esecuzione del mandato d’arresto europeo”.
La ratio del suddetto atto unionale è racchiusa nel Considerando 1) della direttiva, dove si afferma che essa <<intende garantire l’effettività del diritto di avvalersi di un difensore, previsto dalla direttiva 2013/48/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, rendendo disponibile l’assistenza di un difensore retribuito dagli Stati membri>> in favore di indagati e imputati nell’ambito di procedimenti penali, nonché in favore di persone ricercate nell’ambito di procedimenti di esecuzione di MAE; e tanto, “Stabilendo norme minime comuni riguardanti il diritto al patrocinio a spese dello Stato” (legal aid)  in pro di tali persone, mira “a rafforzare la fiducia degli Stati membri in ognuno dei sistemi di giustizia penale degli altri membri e quindi a facilitare il riconoscimento reciproco delle decisioni in materia penale” (così il Considerando 2) della direttiva).
Quindi, l’art 1 della direttiva, circa il suo “Oggetto”, al paragrafo 2, specifica che essa “integra le direttive 2013/48/UE e (UE) 2016/800”, vale a dire, la prima, relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari (direttiva che è stata già recepita in Italia giusta decreto legislativo 15 settembre 2016, n. 184), e, la seconda, sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali, che non ha richiesto la predisposizione di norme che ne recepissero il contenuto poiché quelle vigenti nell’ordinamento interno consentono, in uno con le previsioni legislative speciali dedicate ai minorenni, di far fronte alle esigenze di tutela e garantire i diritti difensivi del minore indagato o imputato, contemplate dalla direttiva. Lo stesso paragrafo 2, inoltre, specifica che: “Nessuna disposizione della presente direttiva può essere interpretata in modo da limitare i diritti conferiti da tali direttive”.
Il successivo art. 2 della direttiva ne delimita l’ “Ambito di applicazione”, specificando, al paragrafo 3, che la stessa “si applica altresì, alle stesse condizioni di cui al paragrafo 1, alle persone che non erano inizialmente indagate o imputate, ma che ne assumono la qualità nel corso di un interrogatorio da parte della polizia o di altre autorità di contrasto”. Il seguente paragrafo 4 precisa in quali ipotesi, in relazione a reati minori, si applica la direttiva, e cioè “unicamente ai procedimenti dinanzi a un giudice o tribunale avente giurisdizione in materia penale”.
L’art. 3 fornisce una definizione di “patrocinio a spese dello Stato” in termini di “finanziamento da parte di uno Stato membro dell’assistenza di un difensore che consenta l’esercizio del diritto di avvalersi di un difensore”.
L’art. 4, sotto la rubrica “Patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti penali”, detta regole puntuali circa quest’ultimo ambito, segnatamente in ordine alla valutazione delle risorse e/o del merito che gli Stati membri sono chiamati ad applicare “al fine di determinare se debba essere concesso il patrocinio a spese dello Stato a norma del paragrafo 1” (cfr. paragrafo 2).
L’art. 5 riguarda il “Patrocinio a spese dello Stato nell’ambito di procedimenti di esecuzione del mandato d’arresto europeo”. Il paragrafo 1 dispone che: “Lo Stato membro di esecuzione assicura che la persona ricercata goda del diritto al patrocinio a spese dello Stato dal momento dell’arresto eseguito in conformità del mandato d’arresto europeo fino alla consegna o fino al momento in cui la decisione sulla mancata consegna diventi definitiva”. Degna di maggior attenzione è la regola posta dal paragrafo 2 dell’articolo 5, e cioè che: “Lo Stato membro di emissione assicura che la persona ricercata oggetto di un procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo ai fini dell’esercizio di un’azione penale e che esercita il diritto di nominare un difensore sul territorio di quello Stato membro affinché assista il difensore nello Stato membro di esecuzione, in virtù dell’articolo 10, paragrafi 4 e 5, della direttiva 2013/487UE, abbia il diritto al patrocinio a spese dello Stato nello Stato membro di emissione nell’ambito di tale procedimento nello Stato membro di esecuzione, nella misura in cui il patrocinio a spese dello Stato sia necessario ad assicurare un accesso effettivo alla giustizia”. Il paragrafo 3 aggiunge che il diritto al beneficio di cui ai due paragrafi precedenti “può essere subordinato a una valutazione delle risorse a norma dell’articolo 4, paragrafo 3, che si applica mutatis mutandis”, analogamente, cioè, a quanto previsto in generale per il patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti penali.
L’art. 6, in tema di “Decisione sulla concessione del patrocinio a spese dello Stato”, specifica, al paragrafo 1, che le decisioni sul beneficio e sulla nomina dei difensori “sono adottate senza indebito ritardo da un’autorità competente”, e, al paragrafo 2, che: “Gli Stati membri adottano le misure necessarie ad assicurare che gli indagati, gli imputati e le persone ricercate siano informati per iscritto se la loro richiesta di patrocinio a spese dello Stato è respinta integralmente o in parte”.
L’art. 7 detta una serie di regole volte ad assicurare la “Qualità dei servizi di patrocinio a spese dello Stato e formazione”.
L’art. 8 concerne i “Mezzi di ricorso” effettivi che gli Stati membri devono assicurare ai soggetti interessati “ai sensi del diritto nazionale in caso di violazione dei diritti previsti dalla” stessa direttiva.  
L’art. 9, poi, dispone che: “Gli Stati membri garantiscono che, nell’attuazione della presente direttiva, si tenga conto delle particolari esigenze di indagati, imputati e persone ricercate vulnerabili”.
L’art. 10 riguarda i dati disponibili relativi al modo in cui sono stati attuati i diritti stabiliti dalla direttiva, che gli Stati membri, entro i termini ivi specificati, devono trasmettere alla Commissione, a sua volta, tenuta a relazionare in merito al Parlamento europeo e al Consiglio.
L’art. 11 detta la c.d. “Clausola di non regressione”, in forza della quale nessuna disposizione della direttiva “può essere interpretata in modo tale da limitare o derogare ai diritti e alle garanzie procedurali garantiti dalla Carta, dalla CEDU, da altre pertinenti disposizioni di diritto internazionale o dal diritto degli Stati membri che assicurano un livello di protezione più elevato”.
L’art. 12, al paragrafo 1, indica il termine per il recepimento della direttiva, che, come risulta dalla Rettifica pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea L. 348 del 29 dicembre 2017, è fissato entro la data del 5 maggio 2019 (e non del 25 maggio 2019, come inizialmente riportato all’atto della pubblicazione della direttiva de qua).


II. Tanto premesso, la citata direttiva, nell’Allegato A, punto 20), alla legge 25 ottobre 2017, n. 163, Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea-Legge di delegazione europea 2016-2017, è indicata tra quelle in ordine alle quali, ai sensi dell’art. 1, comma 1, della stessa legge, il Governo “è delegato ad adottare, secondo i termini, le procedure, i principi e i criteri direttivi di cui agli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234”, il decreto legislativo occorrente per la relativa attuazione.
Conseguentemente, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1, comma 1, L. n. 163 del 2017, 31, comma 1, L. n. 234 del 2012 e 12, paragrafo 1, della direttiva 2016/1919 (UE), quest’ultimo rettificato come sopra, il termine di quattro mesi antecedenti a quello di recepimento indicato nella direttiva veniva a scadere il 5 gennaio 2019; tuttavia, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 31, tale termine è stato prorogato di tre mesi.
Ebbene, il presidio costituzionale del patrocinio a spese dello Stato nel nostro ordinamento è contenuto nell’art. 24, comma terzo, della Costituzione, a termini del quale: “Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti a ogni giurisdizione”.
A livello di norme primarie di rango ordinario la disciplina del patrocinio a spese dello Stato è attualmente contenuta nella Parte III del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, recante “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia” (artt. 74-145).
Ciò precisato, giova ricordare che la normativa italiana non prevede ipotesi di autodifesa in materia penale e prevede dunque che è sempre obbligatoria la presenza del difensore.
Del resto, secondo quanto anticipato, l’apposita direttiva 2013/48/UE, menzionata in precedenza, è stata già attuata nel nostro ordinamento, nei pochi punti in cui tanto era invero necessario, giusta il pure cit. d.lgs. n. 184 del 2016.
In particolare, le disposizioni contenute nel richiamato d.P.R. n. 115/2002 e nel codice di procedura penale devono ritenersi in linea con la direttiva in esame (con le due eccezioni di cui si dirà tra poco).
In tal senso, è sufficiente richiamare, per quanto concerne i procedimenti penali, le ampie previsioni di cui agli artt. 74, comma 1, 75, e 90 e segg. di quel testo unico, tra le quali va posto in luce l’art. 90, il quale stabilisce che: “Il trattamento previsto per il cittadino italiano è assicurato altresì allo straniero e all’apolide residente nello Stato”.
Infatti del tutto coerenti con quanto disposto dall’art. 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva devono ritenersi le disposizioni secondo cui sin dalle prime fasi del procedimento, dunque anche in caso di arresto o fermo da parte della P.G. (cfr. art. 386 c.p.p.), viene garantito (v. art. 109 d.P.R. 115/2002) che gli indagati possano presentare istanza di ammissione al patrocinio legale o che, dal primo atto in cui interviene il difensore, l’interessato possa fare riserva di presentare istanza di patrocinio, con efficacia retroattiva - al momento cioè della presentazione o della riserva di presentazione - del provvedimento di ammissione adottato dal giudice che procede.
In relazione, poi, all’art. 2 paragrafo 1, lettera c), della direttiva, anche con riferimento ad ogni atto investigativo e/o di raccolta delle prove in ordine al quale sia prevista la presenza del difensore (cfr. art. 369 bis c.p.p.), può essere richiesta l’ammissione al patrocinio.
Quanto all’ulteriore aspetto, previsto all’art. 2, paragrafo 3, attinente la posizione del soggetto inizialmente sentito come persona informata sui fatti o come testimone che nel corso delle indagini o dell’esame assuma la qualità di indagato, occorre fare riferimento all’art. 63 c.p.p. che, oltre a prevedere l’interruzione dell’esame ogni qualvolta le dichiarazioni rese abbiano un carattere autoaccusatorio, garantisce, attraverso l’avviso della facoltà di nomina di un difensore di fiducia, o con la nomina di uno d’ufficio, di attivare il meccanismo previsto dall’art. 369 bis c.p.p. nella parte in cui prevede che all’indagato devono essere comunicate le condizioni previste per avvalersi del patrocinio a spese dello Stato.
Infine, con riferimento alla problematica delle “minor offences” di cui all’art. 2, paragrafo 4, della direttiva, nel nostro ordinamento non è prevista alcuna esclusione di tutela, atteso che la normativa italiana prevede il patrocinio legale in relazione alla commissione di qualsiasi reato, dunque anche per quelli <<bagatellari>>.
Considerazioni a parte, come si vedrà tra poco, devono essere svolte in relazione ai reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, la cui espressa esclusione dall’applicazione del patrocinio a spese dello Stato, prevista dall’art. 91 lett. a) del d.P.R. 115/2002, potrebbe comportare profili di parziale non conformità alla direttiva in esame. Quest’ultima, infatti, non contempla reati che, per la loro natura, siano ostativi alla concessione del beneficio, benché l’art. 4, paragrafo 4, della direttiva preveda la gravità del reato tra gli elementi da considerare, ma ai fini di una valutazione di merito.
Con riferimento all’art. 4 della direttiva, il nostro sistema di ammissione al patrocinio legale è basato, quanto ai procedimenti di natura penale (esclusivo oggetto della direttiva in esame), solo su di una valutazione del reddito dell’istante, che non deve superare il tetto massimo previsto dalla legge e che viene aggiornato ogni due anni sulla base degli indici ISTAT. In relazione poi all’adeguamento della normativa nazionale alla previsione contenuta al paragrafo 5 dell’art. 4, attualmente in Italia il patrocinio legale gratuito viene concesso senza ritardo, entro 10 giorni dalla richiesta (cfr. art. 96 d.P.R.), e comunque gli effetti dell’ammissione retroagiscono al momento in cui la stessa richiesta viene depositata o a quello in cui interviene il difensore se l’interessato fa riserva di depositarla, con la conseguenza che nessun atto tra quelli indicati specificatamente (interrogatorio e/o atti di investigazione) rischia di rimanere senza <<tutela>> (cfr. art. 109 d.P.R.).
Invece, in relazione all’art. 5, va ritenuta la necessità di adeguare la normativa attualmente in vigore alle prescrizioni contenute nella direttiva, non essendo specificatamente previsto il patrocinio legale gratuito in caso di procedimenti di esecuzione di mandato d’arresto europeo.
Sebbene, infatti, le Corti di Appello competenti sull’esecuzione del MAE in oltre 12 anni di applicazione della relativa normativa abbiano in modo lungimirante optato per un’interpretazione estensiva della normativa sul patrocinio a spese dello Stato, tuttavia si ritiene necessario colmare la carenza esistente a livello normativo introducendo una previsione specifica che possa garantire senza incertezze il patrocinio legale sia nel caso di MAE <<attivo>> che <<passivo>>.   
Più nello specifico, sul piano di un’interpretazione sistematica e coordinata delle disposizioni in subjecta materia già parrebbe consentito concludere che i soggetti interessati da procedure attive o passive di consegna in ambito MAE possano essere equiparati, a legislazione vigente, a indagati o imputati in favore dei quali già opera il beneficio (ed in tal senso è la cennata giurisprudenza delle nostre Corti d’appello); vero è, tuttavia, che l’art. 75, comma 2, d.P.R. n. 115/2002, che contiene una sorta di elencazione dei procedimenti cui si applica la disciplina del beneficio, non menziona espressamente le procedure (attive e passive) di consegna in tema di mandato d’arresto europeo.
In conclusione, si ritiene che la normativa sul patrocino legale gratuito attualmente in vigore già contenga tutte le prescrizioni di cui alla direttiva in esame, fatta eccezione per quel che concerne i procedimenti di esecuzione del mandato di arresto europeo, sia nella previsione del paragrafo 1 dell’art. 5 della direttiva. quando l’Italia è Stato di esecuzione (fattispecie questa in cui le Corti di Appello hanno comunque sino ad ora garantito attraverso la surriferita interpretazione estensiva il patrocinio a spese dello Stato), sia nella previsione del paragrafo 2 dello stesso articolo, quando l’Italia è Stato di emissione di un MAE finalizzato all’esercizio dell’azione penale; in tale ultima ipotesi infatti la direttiva prevede che debba essere garantito il patrocinio legale anche attraverso la nomina di un difensore nello stato di emissione che possa collaborare con il difensore che si trova nello stato di esecuzione. 
Anche, infine, l’espressa esclusione dei reati indicati all’art. 91 lett. a) d.P.R. 115/2002 dal patrocinio a spese dello Stato non si ritiene del tutto in linea con le previsioni di cui alla direttiva.
Si è già posto in luce che da nessuna delle previsioni di quest’ultima, anche complessivamente considerate, sembra lecito arguire che per determinati reati sia consentita ab imis l’esclusione dal beneficio.
A riguardo, peraltro, soprattutto per completezza di disamina, occorre ricordare che, secondo un ormai consolidato orientamento interpretativo, l’art. 91 cit., disponendo l’esclusione dal patrocinio a spese dello Stato nel caso di soggetti imputati o condannati per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, si riferisce ai soli reati oggetto del medesimo procedimento per il quale è chiesta l’ammissione al patrocinio, dovendo escludersi che precedenti condanne riportate dal richiedente in diverso procedimento per reati in tema di evasione possano legittimare l’esclusione dal patrocinio richiesto (così, ex plurimis, Cass. pen., sez. IV, 12 aprile 2012, n. 22065; id., sez. IV, 12 giugno 2009, n. 40589; id., sez. IV, 12 giugno 2009, n. 32940; id., sez. IV, 2 aprile 2008, n. 20379; id., sez. I, 11 giugno 2004, n. 31177; id., sez. IV, 30 marzo 2004, n. 26976).
A sua volta, tale risultato ermeneutico pare risalire a Corte cost., 12 marzo 2004, n. 94, che, pur dichiarando inammissibili talune questioni di legittimità costituzionale dell’art. 91, comma 1, lett. a), d.P.R. n. 115/2002, in riferimento agli art. 3, 24, commi 1 e 2, e 27, comma 2, Cost., aveva avuto modo di sancire che la disposizione censurata deve essere interpretata nel senso che l’esclusione opera solo in relazione ai procedimenti direttamente concernenti la commissione di uno dei reati specificamente indicati, e non con riferimento alla condizione soggettiva di chi, indagato, imputato o condannato in altri procedimenti per uno di tali reati, assuma la qualità di indagato, imputato o condannato per reati diversi.
Mette conto aggiungere, soprattutto per scrupolo di disamina, che sempre il Giudice delle leggi successivamente non è mai entrato nel merito degli invero plurimi incidenti di legittimità costituzionale intentati nel tempo contro la ridetta previsione, avendo sempre reputato inammissibili tali questioni (cfr. Corte cost., 18 aprile 2012, n. 95; id., 19 aprile 2007, n. 136; id., 29 dicembre 2005, n. 482; id., 1 luglio 2005, n. 251).
Va, ancora, segnalato che la Corte costituzionale aveva, comunque, osservato “che, come riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità, la norma impugnata, nell’escludere il beneficio del patrocinio dello Stato limitatamente ad una particolare categoria di reati, presume, non irragionevolmente, l’impossibilità di verifica delle condizioni economiche dell’autore sulla sola base documentale (Cass. n. 31177 del 2004 e n. 2023 del 2000)” (in tal senso, nella motivazione, Corte cost. n. 136/2007 cit.). 
Nondimeno, anche a livello dottrinale erano stati espressi rilievi critici e riserve circa la conformità alla Costituzione della disposizione più volte censurata (cfr., ad es., V. Cardone e F. Pontieri, Ancora sul gratuito patrocinio per i reati tributari, nota a margine di Corte Cost. n. 136/2007 cit., in Riv. Dir. Trib., 2007, 11, 107).
 
III. Tutto ciò premesso e considerato, e passando all’illustrazione dell’articolato proposto, l’art. 1 reca una modifica dell’articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, nel senso di aggiungervi il seguente comma:“2-bis. La disciplina del patrocinio si applica, inoltre, nelle procedure passive di consegna, di cui alla legge 22 aprile 2005, n. 69, dal momento dell’arresto eseguito in conformità del mandato d’arresto europeo fino alla consegna o fino al momento in cui la decisione sulla mancata consegna diventi definitiva, nonché nelle procedure attive di consegna, di cui alla citata legge n. 69 del 2005, in favore della persona ricercata oggetto di un procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo ai fini dell’esercizio di un’azione penale e che ha esercitato il diritto di nominare un difensore sul territorio nazionale affinché assista il difensore nello Stato membro di esecuzione.”.
Alla luce di quanto già espresso, tale modifica è volta ad allineare espressamente l’ambito di applicazione del beneficio anche alle procedure MAE, così colmando una lacuna (verosimilmente più apparente che reale) riscontrabile nella lettera del vigente art. 75 cit..
Di maggior momento è l’art. 2 dello schema che detta una modifica dell’articolo 91 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, allo scopo di eliminare una regola interna il cui mantenimento, nei termini attuali, sarebbe risultato confliggente con la direttiva.
Più in particolare, va posto in luce che quest’ultima riguarda esclusivamente indagati ed imputati, e non anche condannati in via definitiva.
Per conseguenza, la modifica disposta in primo luogo elimina dalla lett. a) le parole “l’indagato, l’imputato o”, così espungendo dal testo la parte di esso che, riferendosi a indagati e imputati (ossia, gli unici soggetti considerati nella direttiva, giova ripetersi) per i reati di evasione fiscale, sarebbe in contrasto con le previsioni eurounitarie; nella stessa lettera, inoltre, dopo la parola “condannato” sono state aggiunte le parole “con sentenza definitiva” (adottando la medesima locuzione contenuta nel comma 4-bis dell’art. 76 del medesimo Testo unico). Invero, il dettato attuale della lett. a) in questione, laddove parla di “condannato”, stanti i riferimenti immediatamente precedenti a “indagato” e “imputato”, era inequivocabilmente da intendere nel senso di riferirsi a un “condannato” (non in primo grado o in secondo grado, ma) appunto in via definitiva. Per effetto di una mera soppressione dei riferimenti a “indagato” e “imputato”, quindi, il testo risultante poteva essere meno chiaro (in quanto la parola “condannato” da sola, e in assenza di specificazioni, ben potrebbe intendersi come condannato in forza di sentenza non ancora irrevocabile). Onde evitare qualsiasi dubbio esegetico, pertanto, si è introdotta l’aggiunta suddetta “con sentenza definitiva”.
All’esito della modifica il testo della lett. a) dell’art. 91 sarà il seguente: “per il condannato con sentenza definitiva di reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto”.
Pertanto, la regola di esclusione de qua, così delimitata, sarà destinata ad operare per il futuro solo nei procedimenti che seguono il giudicato di condanna per quei reati di evasione fiscale (tra i quali quelli di esecuzione e dinanzi alla magistratura di sorveglianza).
Per altro verso, in tal modo ristretta la regola risulta conforme alla direttiva, che, come dianzi sottolineato, riguarda solo indagati e imputati in procedimenti penali e MAE (che pure sono, ovviamente, di natura penale), e non condannati in forza di cosa giudicata.
Inoltre, l’art. 3 dispone una contestuale modifica dell’articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115), nel senso di aggiungere, al comma 4-bis dopo le parole “stesso articolo”, le seguenti parole: “, e per i reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto”.
Come è noto, il comma 4-bis del cit. art. 76 fu ivi aggiunto dall’art. 12-ter, comma 1, lett. a), d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 luglio 2008, n. 125.
Esso recita: “Per i soggetti già condannati con sentenza definitiva per i reati di cui agli articoli 416-bis del codice penale, 291-quater del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell’articolo 80, e 74, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché per i reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, ai soli fini del presente decreto, il reddito si ritiene superiore ai limiti previsti”.
Si tratta di previsione, quindi, che non detta una rigida e inderogabile esclusione a priori dall’accesso al beneficio per le persone che siano indagate o imputate in procedimenti per i reati suddetti.
Si è in presenza, piuttosto, di una “regola di giudizio” rivolta, cioè, anzitutto al giudice che deve valutare le “Condizioni per l’ammissione” (così la rubrica dell’art. 76) al beneficio, in primo luogo sotto il profilo del requisito reddituale.
Va, peraltro, sottolineato che la Corte costituzionale, con sentenza 14-16 aprile 2010, n. 139, aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale di quel comma, in quanto violava gli art. 3 e 24 Cost., nella parte in cui stabilendo che per i soggetti già condannati con sentenza definitiva per i reati indicati nella stessa norma il reddito si ritiene superiore ai limiti previsti per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, non ammette prova contraria.
In sostanza, il Giudice delle leggi, come ben risulta dalla parte motiva di tale sentenza, aveva ritenuto che la norma censurata, come costruita, ponesse una presunzione juris et de jure, cioè, legale e assoluta, in forza della quale per i soggetti in essa indicati il reddito si ritiene superiore a quello-limite sancito per legge, e che, per questo, ne fosse necessaria la “correzione” in senso additivo, mediante “L’introduzione, costituzionalmente obbligata, della prova contraria”. Per tal modo, quindi, la presunzione è divenuta solo relativa (juris tantum), anche se i Giudici di legittimità, sulla scia di quanto osservato dalla Corte costituzionale, hanno insegnato che spetta al soggetto che richiede l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato l’onere di fornire la prova contraria, idonea a vincere la presunzione relativa di superamento del limite di reddito ostativo, nei casi previsti dall’art. 76, comma 4-bis, d.P.R. cit.; né sussiste l’obbligo per il giudice di valutare lo stato di indigenza del richiedente o di svolgere accertamenti in tal senso (così, ad es., di recente, Cass. pen., sez. IV, 27 febbraio 2018, n. 18684).
In precedenza, peraltro, la Corte costituzionale aveva giudicato che l’assetto dell’art. 76, comma 4-bis, cit, determinato dalla propria cit. sentenza del 2010, fosse immune dalle censure formulate dal giudice a quo in un nuovo incidente di legittimità costituzionale relativo alla norma (così Corte cost., 21 giugno 2012, n. 155).
Alla luce di questo excursus, si ritiene, da un lato, conforme alle previsioni eurounitarie sul punto e, dall’altro, compatibile con la Costituzione e con la giurisprudenza costituzionale a riguardo, un’integrazione del dettato del comma 4-bis dell’art. 76 volta ad incrementare l’elenco dei reati ivi previsti con quelli, già contemplati ora dalla lett. a) dell’art. 91, “commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto”, salva sempre la prova contraria a carico del richiedente. Si tratta, infatti, di reati che ben possono presumersi, di regola, lucrativi, se non altro sotto il profilo del risparmio di esborsi che comportano per il reo, che tale deve ritenersi appunto perché la regola, come per gli altri reati già indicati nel comma 4-bis, vale in presenza di sentenze di condanna già passate in cosa giudicata.
L’intervento di cui all’art. 3 deve ritenersi inoltre originato da un’esigenza di coordinamento con il principio introdotto con l’art. 2 che, come detto, limita l’esclusione dell’ammissione al patrocinio prevista dall’art. 91 D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 al solo condannato con sentenza definitiva per i reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto.
La limitazione dell’esclusione dal patrocinio gratuito, in quanto ora consentita per la sola fase esecutiva del procedimento penale in cui sia intervenuta una condanna definitiva (e non più per la fase delle indagini e per quella processuale) ha indotto, per ragioni di riequilibrio e di coordinamento del complessivo sistema normativo, all’inserimento dei reati di evasione fiscale nel novero di quelli per cui il reddito si debba presumere superiore ai limiti previsti, disposizione quest’ultima riferibile all’intero spettro dei giudizi potenzialmente riferibili al soggetto che abbia subito la condanna penale definitiva per i reati in discorso.    
L’art. 4 del testo lo completa con le occorrenti “Disposizioni finanziarie”, nei termini meglio illustrati nell’apposita Relazione tecnica, cui si fa rinvio a riguardo.
Il provvedimento, approvato in esame preliminare dal Consiglio dei ministri del 21 dicembre 2019, è stato sottoposto all’esame delle Commissioni 2ª (Giustizia), 5ª (Bilancio) e 14ª (Politiche dell'Unione europea) del Senato della Repubblica e II Giustizia, V Bilancio e XIV Politiche dell'Unione Europea della Camera dei deputati.
Tutte le predette Commissioni parlamentari hanno reso pareri favorevoli senza osservazioni.
 


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