DDL - Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria - Relazione

Disegno di legge recante: “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria” - Relazione

Articolato

 

Il presente disegno di legge è suddiviso in tre titoli. Il titolo I, su sviluppo economico, semplificazione e competitività, è composto da nove capi. Il capo I è in materia di impresa.

Articolo 1 (Concentrazione strategica degli interventi del Fondo per le aree sottoutilizzate). Nell'ambito del vecchio ciclo di programmazione della politica regionale, sono rinvenibili risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) assegnate dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) ad amministrazioni centrali e regionali, ma non ancora utilizzate.
In proposito, il presente articolo dispone che siano revocate le assegnazioni operate dal CIPE fino al 31 dicembre 2006 (ad esclusione, quindi, di quelle operate con la delibera n. 166 del 2007 per l'attuazione del Quadro strategico nazionale (QSN) 2007-2013), in favore delle amministrazioni centrali, nei limiti delle risorse non impegnate né programmate in accordi di programma quadro, e con eccezione delle assegnazioni relative ai settori della ricerca: le risorse recuperate, stimabili in circa 700 milioni di euro, potranno quindi essere concentrate su interventi di rilevanza strategica nazionale.
La concentrazione delle risorse non utilizzate rappresenta, inoltre, norma di principio da applicare alle regioni e alle province autonome, per le risorse loro assegnate nell'ambito della vecchia programmazione: pertanto, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano si provvederà a definire i criteri e le modalità per la riprogrammazione delle risorse disponibili.

Articolo 2 (Fondo per il finanziamento di interventi finalizzati al potenziamento della rete infrastrutturale di livello nazionale). L'articolo proposto intende istituire presso il Ministero dello sviluppo economico un fondo che attivi la concentrazione delle risorse della programmazione del QSN 2007-2013 su interventi infrastrutturali di rilevanza strategica nazionale, finalizzati a favorire una maggiore competitività per lo sviluppo del Paese.
Il nuovo fondo avrà una dotazione finanziaria complessiva di circa 14 miliardi di euro, a decorrere dal 2009: allo stesso, infatti, affluiscono gli stanziamenti previsti per l'attuazione del QSN che siano stati assegnati dal CIPE (delibera n. 166 del 2007) alle amministrazioni centrali ovvero accantonati per riserve premiali e per progetti innovativi e di qualità; sono però fatte salve le assegnazioni vincolate a programmi già esaminati dal CIPE e quelle destinate alle regioni, ivi comprese le risorse relative al meccanismo premiale legato al raggiungimento degli obiettivi di servizio (delibera CIPE n. 82 del 2007, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 301 del 29 dicembre 2007).
Più in generale, l'articolo pone il principio della concentrazione delle risorse della politica di coesione su infrastrutture di interesse strategico: tale principi troverà applicazione in sede di ridefinizione dei programmi operativi finanziati dai fondi strutturali comunitari (tanto quelli nazionali, quanto quelli regionali) e nella predisposizione da parte delle regioni dei programmi finanziati dal FAS ai sensi della delibera CIPE n. 166 del 2007.

Articolo 3 (Distretti produttivi e reti di imprese). La struttura del sistema produttivo italiano ha nelle forme distrettuali, basate sulla condivisione di conoscenza e di cooperazione tecnologiche, una delle sue caratteristiche peculiari. Oggi, però, accanto a questa forma di business, assumono nuova importanza altre forme aggregative che prescindono dallo stretto legame con il territorio: reti di impresa, consorzi e gruppi aziendali. Tale evoluzione è stata in parte recepita nelle diverse leggi regionali anche in materia di distretti che prevedono forme di partnership slegate dal territorio, come i meta distretti delle regioni Lombardia e Veneto. Tutti questi tipi di aggregazione nascono dall'esigenza di affrontare in modo più competitivo le nuove sfide dell'economia globale attraverso modelli di business più flessibili anche in termini di internazionalizzazione, che garantiscano nuovi e difendibili vantaggi competitivi di lungo periodo.

Occorre passare da un sistema chiuso a un sistema di reti lunghe con catene del valore aperte e meno penalizzanti, non più concentrate solo sulla produzione e sulla competizione su costi e prezzi, e investire nei servizi a valle, verso i clienti: un orientamento, quindi, del sistema dalla produzione al mercato.
Le reti di impresa rappresentano forme di coordinamento di natura funzionale tra imprese, particolarmente destinate alle piccole e medie imprese che vogliono aumentare la loro massa critica e avere maggiore forza sul mercato senza doversi fondere o unirsi sotto il controllo di un unico soggetto.
L'articolo prevede che alle reti di impresa si applichino le disposizioni poste per i distretti produttivi dall'articolo 1, commi 366 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006).
Si dispone, inoltre, una modifica ai commi 366 e 368 dell'articolo 1 della medesima legge n. 266 del 2005, oltre all'abrogazione della disposizione introdotta dal comma 370.
Le modifiche prevedono che il decreto con cui sono individuate le caratteristiche del «distretto produttivo» e delle «reti di imprese», intese quali libere aggregazioni di imprese con l'obiettivo di accrescere lo sviluppo delle aree o delle filiere produttive e di migliorare l'efficienza nell'organizzazione e nella produzione, secondo princìpi di sussidiarietà verticale e orizzontale, sia emanato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le regioni interessate.
Sono inoltre introdotte semplificazioni contabili e procedurali, nel rispetto della normativa comunitaria.

Articolo 4 (Banca del Mezzogiorno). L'articolo, allo scopo di assicurare la presenza nelle regioni meridionali d'Italia di un istituto bancario in grado di sostenerne lo sviluppo economico e di favorirne la crescita, prevede la costituzione della società per azioni «Banca del Mezzogiorno».

Articolo 5 (Riforma degli interventi di reindustrializzazione). La disciplina relativa agli interventi di promozione e reindustrializzazione, di cui al decreto-legge n. 120 del 1989, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 181 del 1989, e successive modificazioni, promossi e attuati dall'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa richiede un aggiornamento e, in considerazione dell'efficacia sin qui dimostrata, si ritiene opportuno superare l'anacronistico riferimento alle sole aree di crisi della siderurgia pubblica per passare all'intero territorio nazionale, pur stabilendo delle priorità. Inoltre, si propone di semplificare la procedura per l'approvazione degli interventi prevedendo la possibilità che l'Agenzia e il Ministro dello sviluppo economico intervengano direttamente con accordi di programma, ai sensi della legge n. 241 del 1990, con le regioni interessate per individuare e disciplinare specifici interventi di reindustrializzazione e di attrazione di investimenti finalizzati all'attuazione di una strategia di intervento per la riqualificazione, eventualmente anche a valle di processi di bonifica, e lo sviluppo di siti industriali ritenuti strategici per la politica industriale nazionale.
Coerentemente, si ritiene indispensabile riqualificare il rapporto tra industria e territorio attraverso la focalizzazione del citato decreto-legge n. 120 del 1989 su tre obiettivi strategici per il Paese:

  1. accompagnare le azioni di bonifica delle aree industriali con rilevanti problemi ambientali;
  2. favorire interventi compensativi in favore delle aree che ospitano o su cui si prevede l'insediamento di grandi impianti industriali (rigassificatori, centrali nucleari, termovalorizzatori eccetera) con forte impatto sull'ambiente;
  3. prevedere iniziative per la riqualificazione di aree interessate da situazioni complesse di crisi con impatti significativi per la politica industriale nazionale individuate dal CIPE su proposta del Ministro dello sviluppo economico.

Sono previsti programmi complessi di intervento che saranno, di volta in volta, individuati e disciplinati con appositi accordi di programma che saranno attuati d'intesa con le regioni.
Gli interventi da realizzare in attuazione dei predetti accordi di programma potranno riguardare interventi di incentivazione per sostenere il riposizionamento competitivo delle imprese esistenti, la promozione e la creazione di nuove iniziative imprenditoriali nonché la realizzazione di interventi di riqualificazione e di ristrutturazione strettamente connessi.
L'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, nell'ambito della realizzazione degli interventi di promozione industriale, dovrà operare per la concessione degli aiuti nel rispetto delle disposizioni contenute nel regolamento (CE) n. 1628/2006 della Commissione, del 24 ottobre 2006, limitatamente alle aree comprese nella nuova Carta degli aiuti a finalità regionale 2007/2013, approvata dall'Unione europea in data 28 novembre 2007 e pubblicata, con decreto del Ministro dello sviluppo economico 7 dicembre 2007, nel supplemento ordinario n. 279 alla Gazzetta Ufficiale n. 296 del 21 dicembre 2007.
Per la concessione degli aiuti alle piccole e medie imprese consentita nelle restanti aree del territorio nazionale,

L'Agenzia opererà, invece, ai sensi del regolamento (CE) n. 70/2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001, come modificato, da ultimo, dal regolamento (CE) n. 1976/2006 della Commissione, del 20 dicembre 2006.
Le nuove tipologie di intervento non devono comportare nuovi o maggiori spese a carico del bilancio dello Stato.

Articolo 6 (Internazionalizzazione delle imprese). La norma proposta intende semplificare le procedure previste nell'ambito dell'accordo quadro con le università e degli accordi di settore in tema di internazionalizzazione.
In particolare, si snellisce la procedura per l'individuazione delle priorità e dei settori di intervento per l'effettuazione degli investimenti di cui al comma 1 dell'articolo 4 della legge 31 marzo 2005, n. 56, e per individuare le relative modalità di finanziamento.

Articolo 7 (Commercio internazionale e incentivi per l'internazionalizzazione delle imprese). Le rinnovate esigenze imposte dall'attuale quadro economico internazionale e la necessità di poter verificare le effettive attualità e incidenza delle norme poste a base delle azioni di politica commerciale giustificano l'introduzione di una delega al Governo per riordinare le disposizioni vigenti in materia di commercio con l'estero.
In tale operazione, oltre alla materia più propriamente relativa alla politica commerciale, vanno considerati anche gli investimenti in grado di promuovere l'internazionalizzazione delle produzioni italiane unitamente all'opportunità di coordinare gli interventi di competenza dello Stato con quelli delle regioni e di altri soggetti operanti nel settore.
La delega per la redazione di un «codice» in materia di internazionalizzazione ha lo scopo, poi, di rendere compatibili tra loro gli attuali interventi normativi secondo princìpi e criteri direttivi uniformi.

Articolo 8 (Fondi regionali con finalità di venture capital gestiti dalla SIMEST Spa). La modifica del comma 6-bis dell'articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, si rende opportuna per garantire le massime flessibilità ed efficacia della norma consentendo alle regioni interessate di poter gestire autonomamente i fondi e di procedere in sinergia con il fondo unico di cui all'articolo 1, comma 932, della legge n. 296 del 2006, devolvendo direttamente al Comitato di indirizzo e rendicontazione, i poteri concernenti l'utilizzo dei fondi stessi. Così come l'estensione fino al 70 per cento massimo di quote complessivamente detenute dalla SIMEST Spa per i fondi assegnati dalle regioni del Mezzogiorno potrà, nel rispetto della normativa comunitaria vigente, offrire il massimo supporto pubblico alla internazionalizzazione delle piccole e medie imprese ivi localizzate e connotate da una ridotta propensione e strutturazione societaria.

Articolo 9 (Utilizzo della quota degli utili della SIMEST Spa). La proposta di istituzione di un Fondo, che può essere realizzata solo con norma di rango primario, trova la sua motivazione nella necessità di rendere operativo il progetto - previsto in sede di utilizzo degli utili della SIMEST Spa - volto a sostenere l'internazionalizzazione di una impresa o di aggregazioni di imprese nella delicata e difficile fase di start-up.
In tale sede, pare opportuno richiamare la finalità del progetto che, in attuazione di quanto previsto dalla legge n. 296 del 2006, articolo 1, comma 934 (la quale ha disposto che gli utili conseguiti dalla SIMEST Spa di competenza del Ministero dello sviluppo economico devono essere destinati a sostenere l'internazionalizzazione del sistema produttivo italiano), è quella di supportare attraverso un investimento nel capitale di rischio - transitorio e di minoranza - lo sviluppo di società che realizzino progetti di internazionalizzazione attraverso la costituzione di un veicolo societario apposito costituito da un raggruppamento di piccole e medie imprese che, a causa della loro classe dimensionale, incontrano difficoltà nell'affrontare i mercati extra-europei.

L'affidamento in gestione alla SIMEST Spa trova la sua base giuridica nell'articolo 25 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143, che ha attribuito alla SIMEST Spa - a partire dal 1o gennaio 1999 - la gestione degli interventi di sostegno finanziario all'internazionalizzazione del sistema produttivo rinviando la disciplina delle modalità di collaborazione tra il Ministero e tale società a successive convenzioni.

Articolo 10 (Tutela penale dei diritti di proprietà industriale). La norma modifica alcuni articoli del codice penale e ne introduce di nuovi in materia di tutela dei diritti della proprietà industriale. In particolare l'intervento riguarda gli articoli 473 (sulla contraffazione e usurpazione dei marchi), 474 (sull'introduzione e commercio nello Stato di prodotti falsi o usurpativi), il nuovo 474-bis (sull'aggravante specifica), il nuovo 474-ter (sulla confisca delle cose che sono servite a commettere il reato o che ne sono il prodotto o il profitto), 517 (vendita di prodotti industriali con segni mendaci) e il nuovo 517-ter (sulla contraffazione di indicazioni dei prodotti alimentari). 

Articolo 11 (Beni contraffatti). La disposizione è stata predisposta per fornire una risposta esauriente in materia di contraffazione e di distruzione di beni contraffatti. In particolare, con tale disposizione si prevede che, fuori dai casi previsti dal comma 2 dell'articolo 392 del codice di procedura penale, il pubblico ministero, la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa possono chiedere una perizia sui corpi di reato e sulle cose pertinenti al reato sottoposte a sequestro nei procedimenti per i reati previsti dagli articoli 473 e 474 del codice penale, qualora l'entità o la natura dei prodotti sequestrati comportino costi rilevanti per la loro custodia.
Inoltre all'articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, si inserisce anche la previsione che il pubblico ministero, quando sia stato eseguito l'incidente probatorio ai sensi dell'articolo 392, comma 2-bis, del codice di procedura penale, provvede immediatamente alla distruzione della merce contraffatta sottoposta a sequestro, ferma restando la conservazione dei campioni sottoposti a perizia. Se la conservazione dei beni in sequestro sia assolutamente necessaria per il prosieguo delle indagini, dispone in tal senso con provvedimento motivato.

Articolo 12 (Contrasto della contraffazione). La norma reca misure per le indagini sulla contraffazione e modifiche alla disciplina sanzionatoria del consumatore consapevole, apportando una serie di modifiche al citato decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale.
Fra le novità si sottolinea l'introduzione del comma 8-ter. Il comma introdotto prevede che in caso di indagini per i reati di cui agli articoli 473, 474 e 517-ter del codice penale, l'autorità giudiziaria può, con decreto motivato, ritardare l'emissione o disporre che sia ritardata l'esecuzione di misure cautelari, personali e reali quando sia necessario per acquisire maggiori elementi probatori ovvero per l'individuazione dei responsabili.
L'autorità giudiziaria impartisce inoltre agli organi di polizia le disposizioni per il controllo degli sviluppi dell'attività criminosa. Nei casi di urgenza, le disposizioni possono essere richieste o impartite anche oralmente, ma il relativo provvedimento dovrà essere emesso entro le successive ventiquattro ore.

Articolo 13 (Proprietà industriale). Le disposizioni in oggetto sono state preparate al fine di predisporre urgenti e mirati interventi di modifica al codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo n. 30 del 2005.

Il capo II è in materia di innovazione.

Articolo 14 (Banda larga). L'articolo reca disposizioni volte a consentire l'individuazione di un programma di interventi infrastrutturali nelle aree sottoutilizzate necessari per facilitare l'adeguamento delle reti di comunicazione elettronica pubbliche e private all'evoluzione tecnologica e alla fornitura dei servizi avanzati di informazione e comunicazione del Paese. 
Inoltre la disposizione contiene una delega al Governo volta a definire un quadro normativo finalizzato alla celere realizzazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica a banda larga. 

Il capo III è in materia di energia. 

Articolo 15 (Delega al Governo per la definizione dei criteri di localizzazione dei siti nucleari e delle misure compensative da riconoscere alle popolazioni interessate). La disposizione reca una delega al Governo per la definizione dei criteri di localizzazione degli impianti nucleari e per la determinazione delle misure compensative da riconoscersi, con oneri a carico delle imprese, alle popolazioni interessate. 
In relazione alla lettera d) del comma 2, si precisa che il nostro sistema economico e sociale - specialmente nel corso degli ultimi anni - è risultato particolarmente esposto al cosiddetto «rischio giudiziario», intendendo con tale espressione il fenomeno della incidenza dei provvedimenti giurisdizionali sulla realizzazione delle opere e degli interventi programmati in sede politica e normativa. 

Tale incidenza non è limitata al solo profilo della mancata realizzazione - nei tempi previsti - delle opere e degli interventi, ma concerne anche il profilo dei costi degli interventi stessi, i livelli di occupazione, la credibilità degli attori istituzionali del sistema e la fiducia degli operatori economici. 
Appare opportuno, pertanto, estendere al settore dell'energia modelli processuali già sperimentati dal legislatore in altri settori e ritenuti pienamente legittimi dalla Corte costituzionale. 

In particolare, con il proposto articolo si mira ad estendere le previsioni dell'articolo 246 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), alle opere, infrastrutture e insediamenti produttivi del settore energetico.
Il predetto articolo 246 - che riprende con alcune varianti formali il contenuto precettivo dell'articolo 14 (rubricato «Norme in materia processuale») del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190 («Attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale»), abrogato dall'articolo 256 del citato codice di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006 - si connota per l'applicazione delle direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE che permettono di escludere la caducazione del contratto già stipulato dai soggetti aggiudicatori nelle ipotesi di sospensione o di annullamento giurisdizionale dell'aggiudicazione di prestazioni pertinenti alle infrastrutture, limitando la riparazione degli interessi o dei diritti lesi al solo risarcimento per equivalente, con esclusione della reintegrazione in forma specifica. 

Articolo 16 (Energia nucleare). La disposizione afferma espressamente la possibilità di costruire centrali nucleari sul suolo nazionale e costituisce il presupposto per successivi interventi normativi di riforma, da adottare nei tempi e con le modalità che saranno ritenute appropriate all'esito delle analisi preliminari in corso e dei necessari accertamenti tecnici. 

Articolo 17 (Promozione dell'innovazione nel settore energetico). La proposta mira a consentire al nostro Paese di sviluppare, attraverso l'attiva partecipazione a programmi internazionali, competenze e tecnologie su alcune opzioni energetiche promettenti per il futuro: quella nucleare e quella di cattura e confinamento dell'anidride carbonica (CCS). 
Le linee di attività internazionali nel settore nucleare riguardano la ricerca e lo sviluppo tecnologico sulla generazione di energia nucleare da fissione e da fusione. 

Articolo 18 (Tutela giurisdizionale). La norma proposta mira a concentrare presso il TAR del Lazio, con sede in Roma, la giurisdizione esclusiva e la competenza funzionale di tutte le controversie (anche cautelari, risarcitorie e relative a diritti costituzionalmente tutelati) concernenti le procedure e i provvedimenti in materia di energia. 
L'esigenza di «concentrazione» presso un'unica autorità giudiziaria (competente in via esclusiva) è funzionale alle esigenze di «specializzazione» del giudicante e di celere e non frammentata tutela delle posizioni giuridiche dei privati. 

La norma prevede la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e attribuisce alla competenza del TAR del Lazio, con sede in Roma, tutte le controversie, anche in relazione alla fase cautelare e alle eventuali questioni risarcitorie, comunque attinenti alle procedure e ai provvedimenti dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati concernenti il settore dell'energia. La giurisdizione di cui sopra si intende estesa anche alle controversie relative a diritti costituzionalmente garantiti. Le predette questioni sono rilevate d'ufficio. 

La norma proposta si pone in ossequio all'orientamento espresso nelle sentenze n. 204 del 2004 e, soprattutto, n. 191 del 2006 della Corte costituzionale, secondo le quali l'articolo 103 della Costituzione, pur non avendo conferito al legislatore ordinario un'assoluta e incondizionata discrezionalità nell'attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, gli ha riconosciuto il potere di indicare «particolari materie» nelle quali la tutela nei confronti della pubblica amministrazione investe «anche» diritti soggettivi. Deve trattarsi tuttavia, di materie determinate nelle quali la pubblica amministrazione agisce nell'esercizio del suo potere. La richiamata giurisprudenza costituzionale esclude, poi, che la giurisdizione possa competere al giudice ordinario per il solo fatto che la domanda abbia ad oggetto esclusivo il risarcimento del danno (sentenza n. 191 del 2006). Il giudizio amministrativo, infatti, in questi casi assicura la tutela di ogni diritto: e ciò non soltanto per effetto dell'esigenza, coerente con i princìpi costituzionali di cui agli articoli 24 e 111 della Costituzione, di concentrare davanti a un unico giudice l'intera protezione del cittadino avverso le modalità di esercizio della funzione pubblica, ma anche perché quel giudice è idoneo a offrire piena tutela ai diritti soggettivi, anche costituzionalmente garantiti, coinvolti nell'esercizio della funzione amministrativa. 

Orbene, non osta alla validità costituzionale del «sistema» proposto la natura «fondamentale» dei diritti soggettivi coinvolti nelle controversie de quibus non essendovi alcun princìpio o norma nel nostro ordinamento che riservi esclusivamente al giudice ordinario escludendone il giudice amministrativo, la tutela dei diritti costituzionalmente protetti. Peraltro, l'orientamento - espresso dalle Sezioni unite della Corte di cassazione - circa la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario in presenza di alcuni diritti assolutamente prioritari (tra cui quello alla salute) risulta enunciato in ipotesi in cui venivano in considerazione meri comportamenti della pubblica amministrazione, e pertanto esso è coerente con la sentenza n. 191 del 2006, con la quale la Corte costituzionale ha escluso dalla giurisdizione esclusiva la cognizione del risarcimento del danno conseguente a meri comportamenti della pubblica amministrazione. 

Ed invero, secondo la giurisprudenza dominante a fronte dei diritti assoluti di libertà garantiti dalla Costituzione ai cittadini nessun potere discrezionale della pubblica amministrazione può configurarsi, non essendo gli stessi in alcun modo comprimibili o degradabili ad interessi legittimi, in guisa che le controversie concernenti atti amministrativi incidenti su tali diritti (primo tra tutti quello alla salute di cui all'articolo 32 della Costituzione, definito come una «posizione soggettiva a nucleo rigido», che, in ragione della sua dimensione costituzionale e della stretta inerenza a valori primari della persona, non può essere definitivamente sacrificato o compromesso: confronta Corte di cassazione, Sezioni unite civili, sentenza 1° agosto 2006, n. 17461) sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario (tribunale di Salerno, ordinanza n. 1189 del 28 aprile 2007); è stato affermato, inoltre, che nelle controversie che hanno per oggetto la tutela del predetto diritto alla salute la pubblica amministrazione è priva di qualunque potere di affievolimento della relativa posizione soggettiva; la domanda di risarcimento del danno proposta da privati nei confronti della pubblica amministrazione o di suoi concessionari per conseguire il risarcimento dei danni alla salute, quindi, è devoluta al giudice ordinario (Corte di cassazione, Sezioni unite civili, sentenza 8 novembre 2006, n. 23735). 
Nel caso in esame, invece, si tratta di specifici provvedimenti o procedimenti. Deve, dunque, concludersi che legittimamente la norma proposta ricon

sce esclusivamente al giudice naturale della legittimità dell'esercizio della funzione pubblica poteri idonei ad assicurare piena tutela, e quindi anche una tutela risarcitoria, per equivalente o in forma specifica, per il danno asseritamente sofferto anche in violazione di diritti fondamentali in dipendenza dell'illegittimo esercizio del potere pubblico da parte della pubblica amministrazione (sul punto confronta Corte costituzionale, 27 aprile 2007, n. 140). 

Il capo IV è in materia di casa e infrastrutture. 

Articolo 19 (Centrali di committenza). Le recenti direttive dell'Unione europea in materia di appalti (direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) sono improntate alle insopprimibili esigenze comunitarie di apertura del mercato, moltiplicazione delle occasioni di sviluppo della concorrenza, flessibilità ed economicità, e richiedono attenti adeguamenti soprattutto a livello locale. Con la proposta in esame si interviene su tali aspetti, assicurando effettivi e penetranti strumenti di controllo a tutela della trasparenza e legalità dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. 

L'intervento mira a una riduzione del numero delle stazioni appaltanti rispetto alle attuali. Gli enti territoriali di minori dimensioni, infatti, potranno avvalersi della qualificazione tecnica e dell'esperienza sviluppata da vere e proprie centrali di committenza, presso le quali potranno realizzarsi risparmi derivanti dalla concentrazione della domanda soprattutto in relazione all'acquisizione di beni e servizi standardizzati o omogenei, per i quali è possibile stimare sensibili riduzioni dei prezzi e contenimento dei costi per le amministrazioni pubbliche. 

Articolo 20 (Infrastrutture militari). L'articolo modifica l'articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, al fine di soddisfare esigenze di miglioramento di mezzi e strutture in dotazione alle Forze armate istituendo, nello stato di previsione del Ministero della difesa, un fondo in conto capitale e uno di parte corrente le cui dotazioni sono determinate dalla legge finanziaria. Il fondo in conto capitale può essere incrementato in corso d'anno anche mediante i proventi derivanti dalle attività di valorizzazione e di dismissione effettuate dall'Agenzia del demanio con riguardo alle infrastrutture militari, agli immobili e alle porzioni di più ampi compendi ancora in uso al Ministero della difesa. Viceversa, sul fondo di parte corrente non possono affluire i proventi delle dismissioni immobiliari, non destinabili a far fronte a spese di funzionamento con carattere continuativo.

Il capo V è in materia di liberalizzazioni e deregolazione. 

Articolo 21 (Delega al Governo per la riforma dei servizi pubblici locali). L'articolo reca disposizioni volte al riordino della normativa nazionale che disciplina l'affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali. A tale riguardo e al fine di favorire la più ampia diffusione dei princìpi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale di rilevanza economica in ambito locale, nonché di garantire il diritto di tutti gli utenti all'universalità ed accessibilità dei servizi pubblici locali e al livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere e) e m), della Costituzione, si prevede che il riordino della normativa debba assicurare un adeguato livello di tutela degli utenti, secondo i princìpi di sussidiarietà, proporzionalità e leale collaborazione. 

Per tale finalità il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi che tengano conto dei seguenti princìpi e criteri direttivi: 

  1. prevedere che l'affidamento delle nuove gestioni e il rinnovo delle gestioni in essere dei servizi pubblici locali di rilevanza economica debbano avvenire mediante procedure competitive ad evidenza pubblica di scelta del gestore, nel rispetto della disciplina europea in materia di appalti pubblici e di servizi pubblici, fatta salva la proprietà pubblica delle reti, degli impianti e degli altri beni strumentali all'esercizio;
  2. consentire, in deroga all'ipotesi di cui alla lettera a), nelle situazioni che, per le peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l'affidamento a società a capitale interamente pubblico, partecipata dall'ente locale, che abbia i requisiti richiesti dall'ordinamento comunitario per la gestione in house;
  3. considerare la possibilità di disporre l'affidamento diretto a società a partecipazione mista pubblica e privata, eccezionalmente, nei medesimi casi indicati alla lettera b), e se necessario per particolari situazioni di mercato, secondo modalità di selezione e di partecipazione dei soci pubblici e privati direttamente connesse alla gestione e allo sviluppo degli specifici servizi pubblici locali oggetto dell'affidamento, ferma restando la scelta dei soci privati mediante procedure competitive nelle quali siano già stabilite le condizioni e le modalità di svolgimento del servizio;
  4. prevedere, nell'ipotesi di cui alla lettera c), norme e clausole volte ad assicurare un efficace controllo pubblico della gestione del servizio e ad evitare possibili conflitti di ruolo;
  5. prevedere che l'ente locale debba motivare le ragioni che impongono di ricorrere alle modalità di affidamento di cui alle lettere b) e c), anziché a quella di cui alla lettera a). In particolare l'ente locale deve dare adeguata pubblicità a tale scelta, definire il periodo temporale entro il quale effettuare la gara e giustificare gli affidamenti diretti in base a un'analisi di mercato e a una valutazione comparativa con l'offerta privata, da trasmettere, a fini di controllo, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato e alle autorità di regolazione di settore, ove costituite. Le società di capitali cui sia attribuita la gestione ai sensi della lettera b) non possono svolgere servizi o attività per altri enti pubblici o privati, né direttamente, né tramite loro controllanti o altre società che siano da esse controllate o partecipate anche in forma indiretta, né partecipando a gare;
  6. escludere la possibilità di acquisire la gestione di servizi diversi o in ambiti territoriali diversi da quello di appartenenza, per i soggetti titolari della gestione di servizi pubblici locali non affidati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nonché per le imprese partecipate da enti locali, affidatarie della gestione di servizi pubblici locali, qualora usufruiscano di forme di finanziamento pubblico diretto o indiretto, fatta eccezione per il ristoro degli oneri connessi all'assolvimento degli obblighi di servizio pubblico derivanti dalla gestione di servizi affidati secondo procedure ad evidenza pubblica, ove evidenziati da sistemi certificati di separazione contabile e gestionale;
  7. individuare le modalità idonee a favorire la massima razionalizzazione ed economicità dei servizi pubblici locali, purché in conformità alla disciplina adottata ai sensi dell'articolo in esame, anche mediante la gestione integrata di servizi diversi e l'estensione territoriale della gestione del medesimo servizio, da determinare anche attraverso l'identificazione, in base a criteri di efficienza, di bacini ottimali di utenza;
  8. definire le modalità con le quali incentivare, con misure di natura esclusivamente regolatoria e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la gestione in forma associata dei servizi pubblici locali per gli enti locali con popolazione inferiore a 20.000 abitanti;
  9. prevedere una netta distinzione tra le funzioni di regolazione e le funzioni di gestione dei servizi pubblici locali, anche attraverso la revisione della disciplina sulle incompatibilità;
  10. armonizzare, nel rispetto delle competenze delle regioni, la nuova disciplina e quella di settore applicabile ai diversi servizi pubblici locali, individuando in modo univoco le nome applicabili in via generale per l'affidamento di tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica ed apportando le necessarie modifiche alla vigente normativa di settore in materia di rifiuti, trasporti, energia elettrica e gas, nonché in materia di acqua, fermo restando quanto previsto dalla lettera a);
  11. disciplinare la fase transitoria, ai fini del progressivo allineamento delle gestioni in essere alla normativa adottata ai sensi delle lettere precedenti, prevedendo, se necessario, tempi e modi diversi per la progressiva applicazione della normativa così risultante a ciascun settore;
  12. prevedere che gli affidamenti diretti in essere debbano cessare alla scadenza, con esclusione di ogni proroga o rinnovo;
  13. consentire ai soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali di concorrere, fino al 31 dicembre 2011, all'affidamento, mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica da svolgere entro tale termine, dello specifico servizio già affidato, fermi restando i termini più brevi previsti dalla normativa di settore;
  14. prevedere l'applicazione del princìpio di reciprocità ai fini dell'ammissione alle gare di imprese estere;
  15. limitare, secondo criteri di proporzionalità, sussidiarietà orizzontale e razionalità economica del denegato ricorso al mercato, i casi di gestione in regime di esclusiva dei servizi pubblici locali, liberalizzando le altre attività economiche di prestazione di servizi di interesse generale in ambito locale compatibili con le garanzie di universalità e accessibilità del servizio pubblico locale affidato ai sensi delle lettere precedenti;
  16. definire, sentite le competenti autorità amministrative indipendenti, garanzie di trasparenza e imparzialità nella gestione delle procedure di affidamento;
  17. prevedere nella disciplina degli affidamenti idonee forme di ammortamento degli investimenti e una durata degli affidamenti strettamente proporzionale e mai superiore ai tempi di recupero degli investimenti. 

Articolo 22 (Razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti). Le disposizioni dell'articolo rispondono in maniera puntuale alle critiche della Commissione europea in materia di rete di distribuzione dei carburanti, relative ai vincoli con finalità commerciali su: 

  • distanze minime; 
  • contingentamenti e bacini minimi di utenza; 
  • superfici minime commerciali; 
  • obblighi o limiti a integrare attività oil ad attività non oil nel medesimo impianto. 

La norma interviene sui vincoli alla libertà dell'attività d'impresa derivanti dalla disciplina nazionale e regionale di settore, facendo salvo naturalmente il rispetto della legislazione in materia ambientale, igienico-sanitaria e di sicurezza. 

Le disposizioni, in quanto idonee a tutelare la concorrenza e definire livelli essenziali delle prestazioni, rientrano nella potestà legislativa esclusiva dello Stato e non richiedono norme di adeguamento da parte delle regioni. In tal senso, si sono espressi i rappresentanti del coordinamento regionale nel corso della riunione del gruppo di lavoro del 6 giugno scorso, su mandato del coordinamento politico degli assessori. 
Il comma 5 non è strettamente derivante dalla procedura comunitaria; tuttavia, riconosce esplicitamente il ruolo di programmazione delle regioni e il valore degli obiettivi di qualificazione e miglioramento della rete distributiva, secondo criteri generali omogenei sul territorio nazionale di efficienza, adeguatezza e qualità del servizio. In tal senso, la norma ha quasi una funzione di «bilanciamento» tra libertà d'impresa e qualità del servizio. Il comma 6, infine, ha la finalità di promuovere l'utilizzo dei carburanti eco-compatibili. 

Articolo 23 (Delega al Governo per la revisione della disciplina in tema di lavori usuranti). L'articolo delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi di riassetto normativo, al fine di regolare in maniera più corretta la concessione ai lavoratori dipendenti, impegnati in particolari lavori o attività, che maturano i requisiti per l'accesso al pensionamento a decorrere dal 1o gennaio 2008, della possibilità di conseguire, su domanda, il diritto al pensionamento anticipato con requisiti inferiori a quelli previsti per la generalità dei lavoratori dipendenti. 

Articolo 24 (Deleghe al Governo per la riorganizzazione di enti vigilati dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali). Si prevede una delega al Governo per il riassetto normativo e la riorganizzazione di numerosi enti vigilati dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali: si tratta dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, degli Istituti zooprofilattici sperimentali, della Croce rossa italiana, della Lega italiana per la lotta contro i tumori, dell'Agenzia italiana del farmaco, dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL), dell'Istituto per gli affari sociali e di Italia Lavoro Spa. Gli interventi normativi dovranno andare verso:

  1. la semplificazione e lo snellimento dell'organizzazione e della struttura amministrativa, prevedendo altresì la possibilità di trasformare Italia Lavoro Spa in ente pubblico economico con eventuale incorporazione in detto ente, in tutto o in parte, dell'ISFOL e dell'Istituto per gli affari sociali;
  2. l'adeguamento degli enti ai princìpi di efficacia, efficienza ed economicità dell'attività amministrativa;
  3. la razionalizzazione e l'ottimizzazione delle spese e dei costi di funzionamento previa riorganizzazione dei relativi centri di spesa.  

Il capo VI è in materia di semplificazioni. 

Articolo 25 (Chiarezza dei testi normativi). L'articolo, finalizzato ad una più chiara e immediata comprensione della legislazione, contiene il princìpio generale secondo cui ogni norma diretta a sostituire, modificare o abrogare norme vigenti deve indicare, in forma integrale o sintetica, il contenuto delle norme sostituite, modificate o abrogate. 

Articolo 26 (Certezza dei tempi di conclusione del procedimento). L'articolo prevede misure finalizzate alla riduzione e alla certezza dei tempi di svolgimento dell'attività amministrativa, rafforzando l'istituto del silenzio assenso. Il termine di conclusione del procedimento, in mancanza di un termine diverso, è di trenta giorni. I termini di conclusione non superiori a novanta giorni sono individuati con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988. In caso di termini superiori a novanta giorni, ma che comunque non possono superare i centottanta giorni, i decreti sono adottati anche su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa. L'articolo prevede, inoltre, che le pubbliche amministrazioni sono tenute a risarcire il danno ingiusto causato dall'inosservanza dei termini procedimentali e a corrispondere, a titolo sanzionatorio del mero ritardo, una somma di denaro in misura fissa ed eventualmente progressiva. La misura e il termine di corresponsione della suddetta somma sono stabiliti con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988. Il rispetto dei termini di conclusione dei procedimenti rappresenta, inoltre, un elemento di valutazione dei dirigenti e influisce sulla parte di retribuzione connessa al raggiungimento degli obiettivi. 

Articolo 27 (Certezza dei tempi in caso di attività consultiva e valutazioni tecniche). L'articolo interviene in materia di attività consultiva, riducendo i tempi per i pareri e dando la facoltà all'amministrazione richiedente di procedere indipendentemente dal parere e senza che il responsabile del procedimento possa essere chiamato a rispondere degli eventuali danni derivanti dalla mancata emissione del parere. 
La norma prevede altresì che per ogni singola amministrazione il servizio di controllo interno, per verificare il rispetto dei termini procedimentali, misuri i tempi medi di conclusione dei procedimenti, anche avvalendosi dei sistemi di protocollo informatico, e predisponga un apposito rapporto annuale, indicando il numero e le tipologie dei procedimenti che non si sono conclusi nei termini previsti. 

Articolo 28 (Conferenza di servizi e silenzio assenso). L'articolo prevede la possibilità che la conferenza di servizi possa svolgersi per via telematica e che alla stessa possano partecipare, senza diritto di voto, i soggetti titolari di interessi pubblici, privati, diffusi, individuali o collettivi, e i concessionari di pubblici servizi. 
È previsto altresì che, in caso di dissenso in seno alla conferenza da parte delle amministrazioni competenti in materia ambientale, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, di pubblica sicurezza, salute e difesa nazionale, la questione sia rimessa al Consiglio dei ministri con la decadenza del dissenso stesso qualora il Consiglio medesimo non si pronunci entro sessanta giorni. 
In materia di dichiarazione di inizio attività, l'articolo stabilisce che l'attività possa decorrere dalla data della presentazione, qualora la stessa abbia ad oggetto l'esercizio di attività di impianti produttivi di beni e servizi e di prestazione di servizi. 
La norma prevede infine che il ricorso giurisdizionale, esperibile da qualunque interessato, possa riguardare anche gli atti di assenso formati in virtù delle norme sul silenzio assenso. 

Articolo 29 (Ulteriori livelli di tutela previsti dalle autonomie territoriali). La norma, modificando l'articolo 29 della legge n. 241 del 1990, stabilisce che attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione le disposizioni relative alla partecipazione dell'interessato al procedimento, all'individuazione del responsabile, alla conclusione del procedimento entro il termine prefissato e all'accesso alla documentazione amministrativa, alla dichiarazione di inizio attività e al silenzio assenso. Per questi due ultimi istituti, è prevista la possibilità, in sede di Conferenza unificata, di individuare casi ulteriori in cui tali disposizioni non si applicano. 

Articolo 30 (Disposizioni concernenti i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti). A partire dal 1o gennaio 2009 è abolita la corresponsione dell'indennità annuale di residenza sinora prevista in favore dei titolari di farmacie rurali, situate in comuni con meno di 3.000 abitanti. 
Attraverso alcune modifiche del testo unico sugli enti locali, i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti sono assoggettati ad una disciplina contabile semplificata. Con un emanando regolamento saranno dettati schemi e modelli contabili sostitutivi e semplificati. 
È inoltre prevista una delega al Governo finalizzata alla razionalizzazione del ruolo del segretario comunale nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, attraverso il riordino dei suoi compiti, l'ampliamento delle sue responsabilità e l'istituzione di una segreteria comunale unificata. 

Articolo 31 (Progetti di innovazione industriale). Al fine di promuovere e sostenere la competitività del sistema produttivo, è attribuito al Ministro dello sviluppo economico il potere di individuare nuove aree tecnologiche ovvero aggiornare e modificare quelle già individuate. 
L'individuazione dovrà avvenire di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentito il Ministro per la semplificazione normativa e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. 
La norma, inoltre, modifica le procedure relative ai progetti di innovazione industriale di cui al comma 842 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006. 

Articolo 32 (Misure contro il lavoro sommerso). È previsto un intervento diretto a razionalizzare la cosiddetta «maxi-sanzione» contenuta nell'attuale articolo 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73. In particolare: 

  1. viene introdotta una sanzione differenziata per lavoro nero e lavoro nero regolarizzato;
  2. vengono previste sanzioni civili più eque;
  3. dalla sanzione sono esentati coloro che non occultano il rapporto;
  4. si stabilisce che la sanzione possa essere applicata da tutti gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro, fisco e previdenza. 

Articolo 33 (Cooperazione allo sviluppo internazionale). L'articolo reca disposizioni volte a definire le modalità semplificate di svolgimento delle procedure amministrative e contrattuali riguardanti gli interventi di cooperazione a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione nei Paesi indicati dal decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45, nonché gli interventi nelle ulteriori aree individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro degli affari esteri, finalizzati al superamento delle criticità di natura umanitaria, sociale o economica. 

Articolo 34 (Trasparenza dei flussi finanziari dei Fondi strutturali comunitari e del Fondo per le aree sottoutilizzate). L'articolo reca disposizioni volte a prevenire l'indebito utilizzo delle risorse stanziate nell'ambito della programmazione unitaria della politica regionale per il periodo 2007-2013. 
Per perseguire tali finalità, viene stabilito che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri interessati, sono definite modalità e procedure necessarie a garantire l'effettiva tracciabilità dei flussi finanziari relativi all'utilizzo, da parte dei soggetti beneficiari delle agevolazioni, delle risorse pubbliche e private impiegate per la realizzazione degli interventi oggetto di finanziamento a valere sui Fondi strutturali comunitari e sul Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289. 

Articolo 35 (Misure in tema di concorrenza e tutela degli utenti nel settore postale). Il comma 1 dell'articolo in esame mira, attraverso la modifica dell'articolo 2, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, ad inserire nell'ordinamento nazionale, in attuazione dell'analoga previsione recata dalla direttiva 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, il princìpio della funzione di coesione economica sociale e territoriale riconosciuta dal legislatore comunitario al servizio postale universale e all'infrastruttura della rete postale pubblica. 

Ciò in considerazione del carattere di strumento essenziale di comunicazione e di scambio di informazioni di tali servizi e infrastrutture, di garanzia di accesso universale a servizi locali essenziali e ai nuovi servizi di comunicazione elettronica, nonché quale veicolo di integrazione degli operatori economici delle aree rurali, montane e insulari nell'economia nazionale e globale. 

L'avvenuto riconoscimento comunitario corrisponde, a livello interno, alle istanze delle autorità locali e delle collettività operanti sul territorio, che hanno in più occasioni manifestato la necessità che sia garantita la dimensione territoriale e sociale della rete postale. In tal senso, l'anticipazione del recepimento della norma rispetto al termine naturale, fissato al 31 dicembre 2010, consente di rispondere tempestivamente ed efficacemente alle esigenze dei cittadini nonché di approntare la base giuridica per eventuali provvedimenti attuativi dell'autorità di regolamentazione del settore postale. 

La norma recata dal comma 2 attribuisce all'autorità di regolamentazione del settore postale, in attuazione di analoga previsione del legislatore comunitario, la facoltà di promuovere l'adozione di provvedimenti finalizzati a garantire l'accesso da parte del mercato ad elementi dei servizi postali, quali il sistema di codice di avviamento postale, rimuovendo gli ostacoli attuali alla diffusione dell'informazione quale elemento caratterizzante del mercato in esame. 
Tali elementi, consistenti principalmente in banche dati, sono elaborati e conservati dal fornitore del servizio universale, in considerazione della sua funzione pubblica, e rappresentano informazioni di interesse per diverse categorie di utenti e operatori, tra i quali: altri fornitori di servizi postali, consolidatori postali che offrono servizi di gestione «pacchetti clienti» conto terzi, aziende erogatrici di servizi pubblici, istituti bancari, assicurativi eccetera. 

La ratio della norma è duplice, poiché se da un lato risponde a esigenze di tutela della concorrenza e di corretto funzionamento del mercato di riferimento e dei mercati attigui che si avvalgono del servizio postale, dall'altro garantisce gli utenti del servizio postale in ordine ai propri diritti in qualità di destinatari degli invii veicolati da operatori diversi dal fornitore del servizio universale. 

Il comma 4 chiarisce che il princìpio della funzione di coesione sociale e territoriale svolta dal servizio postale universale costituisce indirizzo e vincolo per l'attivazione dei punti di accesso alla rete postale pubblica sul territorio nazionale e consente di dare concreta attuazione, in fase regolatoria, al princìpio stesso. 

I commi 6 e 7 introducono, in aderenza a quanto previsto dal legislatore comunitario, misure più stringenti di tutela dei consumatori in considerazione della natura di «contraente debole» generalmente riconosciuta a questi ultimi, dando maggiore certezza al contenuto delle procedure di reclamo degli utenti. Le norme proposte, superando i precedenti contenuti minimi in materia di procedure di reclamo, estendono a tutti gli operatori postali i medesimi obblighi in materia e mirano ad allineare le relative norme alla disciplina vigente in altri settori di servizi, ad aumentare l'efficacia delle procedure di trattamento dei reclami attraverso il ricorso ai meccanismi di risoluzione extragiudiziale delle controversie previsti dal legislatore comunitario (raccomandazioni della Commissione 98/257/CE e 2001/310/CE) e a rafforzare la protezione dei consumatori attraverso una maggiore responsabilizzazione di tutti gli operatori del settore. 

Il capo VII è in materia di piano industriale della pubblica amministrazione. 

L'Articolo 36 (Efficienza dell'azione amministrativa). L'articolo individua gli obiettivi che il capo VII del presente disegno di legge intende perseguire, prevedendo, in particolare, che esso è diretto a restituire efficienza all'azione amministrativa, a ridurre le spese di funzionamento delle amministrazioni pubbliche nonché ad incrementare le garanzie per i cittadini, nel rispetto dell'articolo 97 della Costituzione, dell'articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dell'articolo 197 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. 
Al fine di realizzare tale obiettivo si individuano misure concernenti il riordino e la razionalizzazione delle funzioni amministrative, la semplificazione e la riduzione degli oneri burocratici, la trasparenza e la tempestività nei procedimenti amministrativi e nell'erogazione dei servizi pubblici, la diffusione delle nuove tecnologie nel settore pubblico. 

Articolo 37 (Territorializzazione delle procedure concorsuali). L'articolo, recante misure per la territorializzazione delle procedure concorsuali, novella l'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante disposizioni in materia di reclutamento del personale del settore pubblico. Con il comma 1 si sostituisce il comma 1 del citato articolo 35, precisando che le pubbliche amministrazioni coprono il proprio fabbisogno di personale ricorrendo, prevalentemente, a procedure di accesso dall'esterno tramite procedure concorsuali, previo esperimento delle procedure di mobilità, con le modalità stabilite dai propri regolamenti di organizzazione. Con il comma 2, che modifica il comma 4 del medesimo articolo 35, si dispone che le determinazioni relative all'avvio delle procedure di reclutamento, da adottarsi sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale, tengano conto dell'articolazione delle singole aree o categorie, nonchè del profilo professionale e della posizione economica. 

Il comma 3 dispone che le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici sono tenuti, nell'ambito delle procedure di reclutamento dall'esterno e di progressione economica interna, ad individuare i posti da ricoprire con riferimento alle sedi di servizio ovvero all'ambito regionale. 

Con il comma 4, infine, si dispone, novellando il comma 5-bis del citato articolo 35, che anche i vincitori delle procedure di progressione verticale devono permanere nella sede di prima destinazione per almeno cinque anni. 

Articolo 38 (Mobilità del personale delle amministrazioni pubbliche). L'articolo in esame introduce nuove disposizioni in materia di mobilità collettiva del personale dipendente delle amministrazioni pubbliche, di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. A tale fine, si prevede che in caso di conferimento di funzioni statali alle regioni e alle autonomie locali, nonché in caso di conferimento di funzioni ad altri soggetti pubblici o a seguito di processi di esternalizzazione, trovino applicazione le disposizioni di cui al predetto articolo 33. In caso di reiterato rifiuto da parte del personale interessato si applicano le disposizioni di collocamento in disponibilità di cui al citato articolo 33. 
Il medesimo articolo, infine, al comma 3, provvede a modificare le disposizioni in materia di passaggio diretto del personale tra diverse amministrazioni pubbliche. Al riguardo, si prevede che, ferma restando la possibilità di ricoprire posti vacanti in organico mediante cessione del contratto di lavoro, le pubbliche amministrazioni, per motivate esigenze organizzative, possono utilizzare mediante assegnazione temporanea, per un periodo non superiore a tre anni, il personale proveniente da altre amministrazioni con le modalità previste dai rispettivi ordinamenti. 

Articolo 39 (Aspettativa). L'articolo, recante norme in materia di aspettativa del personale delle amministrazioni pubbliche, dispone che i dipendenti del settore pubblico, tenuto conto delle esigenze organizzative delle singole amministrazioni, possano essere collocati in aspettativa non retribuita per un periodo massimo di dodici mesi, anche per avviare attività professionali e imprenditoriali. Restano ferme le disposizioni già previste all'articolo 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di collocamento in aspettativa senza assegni del personale con qualifica dirigenziale, nonché degli appartenenti alla carriera diplomatica e prefettizia, dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili e degli avvocati e procuratori dello Stato. 

Articolo 40 (Trasparenza sulle retribuzioni e sulle collaborazioni autonome). L'articolo, al fine di rendere più trasparenti le pubbliche amministrazioni, pone a carico di queste ultime l'obbligo di pubblicare nel proprio sito internet le retribuzioni annuali, i curricula vitae, nonchè gli indirizzi di posta elettronica e i numeri telefonici dei dirigenti in servizio presso di esse. La disposizione in esame prevede, inoltre, l'obbligo di rendere pubblici, con il predetto mezzo di comunicazione, le percentuali di assenza del personale sulla base di una distinzione per uffici di livello dirigenziale di appartenenza. 

Articolo 41 (Spese di funzionamento). L'articolo, concernente misure in materia di organizzazione e razionalizzazione della spesa di funzionamento, introduce il nuovo articolo 6-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, stabilendo che le pubbliche amministrazioni, nonché gli enti finanziati direttamente o indirettamente a carico del bilancio dello Stato, sono autorizzati ad acquistare sul mercato i servizi, originariamente prodotti al proprio interno, a condizione di ottenere conseguenti economie di gestione e di adottare le necessarie misure in materia di personale e di dotazione organica (comma 1). 

Il comma 2 fissa la regola per cui, relativamente alla spesa per il personale e alle dotazioni organiche, le amministrazioni interessate provvedono al congelamento dei posti e alla temporanea riduzione dei fondi della contrattazione, fermi restando i conseguenti processi di riduzione e rideterminazione delle dotazioni organiche nel rispetto dell'articolo 6 del citato decreto legislativo n. 165 del 2001, nonché i conseguenti processi di riallocazione e di mobilità del personale. 

Al comma 3, infine, è stabilito che i collegi dei revisori dei conti e gli organi di controllo interno delle amministrazioni che attivano i processi di cui al comma 1 del nuovo articolo 6-bis del citato decreto legislativo n. 165 del 2001 asseverano i risparmi derivanti dall'adozione dei provvedimenti in materia di organizzazione e di personale e che l'effettiva realizzazione dei predetti risparmi costituisce oggetto di valutazione del personale con incarico dirigenziale ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 286 del 1999. 

Articolo 42 (Trasferimento delle risorse e delle funzioni agli enti territoriali). L'articolo, ai fini del conferimento delle funzioni amministrative alle regioni e agli enti locali da parte dello Stato, secondo i princìpi di sussidiarietà e adeguatezza, di cui all'articolo 118 della Costituzione e all'articolo 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), prevede un articolato sistema di interventi provvisori, in attesa dell'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione. 

Una prima fase consiste nel trasferimento di beni e risorse, mediante decreti del Presidente del Consiglio, sulla base di accordi con le regioni e le autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata. Tali decreti devono essere sottoposti all'esame delle Commissioni parlamentari competenti per le conseguenze di carattere finanziario. A seguito della loro entrata in vigore è previsto che le regioni e gli enti locali «provvedono all'esercizio delle funzioni relative ai beni e alle risorse trasferiti». La seconda fase passa attraverso l'approvazione di leggi statali con le quali sono formalmente recepiti i suddetti accordi con le regioni e le autonomie locali, per il definitivo conferimento delle funzioni e delle risorse.

Al momento dell'entrata in vigore delle leggi cessa l'applicazione dei precedenti decreti del Presidente del Consiglio. A sua volta, la disciplina dettata con le leggi cessa di essere applicata quando entra in vigore la normativa di attuazione dell'articolo 119 della Costituzione. 

Il comma 1 dell'articolo intende semplificare questo sistema, per favorire il passaggio di risorse e di funzioni dallo Stato agli enti territoriali. L'intervento consiste nelle seguenti modifiche, apportate attraverso l'abrogazione del comma 2 e una nuova formulazione dei commi 3 e 5 del predetto articolo 7 della legge n. 131 del 2003:

  1. eliminazione della fase legislativa, con concentrazione della disciplina nei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri;
  2. eliminazione della previsione di cedevolezza rispetto all'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione;
  3. snellimento della procedura di approvazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, in particolare mediante la delimitazione del parere delle Commissioni parlamentari ai soli profili finanziari;
  4. previsione esplicita della contestuale soppressione degli uffici statali che cedono risorse e funzioni agli enti territoriali. 

Il comma 2 intende promuovere la cosiddetta «sussidiarietà orizzontale», con particolare riguardo allo svolgimento di servizi da parte dei privati, anche in ambiti territoriali ampi e mediante forme di collaborazione per l'erogazione dei servizi. 

Il comma 3 stabilisce che le funzioni relative ai servizi pubblici locali debbano essere svolte in forma associata dai comuni con popolazione inferiore a 20.000 abitanti, in modo che sia raggiunta tale soglia di popolazione di riferimento. 

Articolo 43 (Mobilità delle funzioni amministrative e uso ottimale degli immobili pubblici). L'articolo attribuisce alle amministrazioni pubbliche la facoltà di cedere l'esercizio temporaneo di funzioni ad altri soggetti pubblici o privati quando ciò consenta l'esercizio delle funzioni stesse in modo più efficace o più economico. Si intende, in altre parole, incoraggiare l'esternalizzazione di funzioni qualora tale soluzione organizzativa consenta il recupero di margini di efficienza per l'azione amministrativa. 

Il comma 1 prevede che le pubbliche amministrazioni, tenendo conto della missione principale loro affidata - escludendo cioè le attribuzioni senza le quali non potrebbe ipotizzarsi l'esercizio della missione stessa - individuino le funzioni che possono essere cedute ad altri soggetti pubblici o privati garantendosi, per questa via, nei confronti degli utenti l'esercizio più efficace o più economico delle stesse funzioni. 

Con la disposizione di cui al comma 2 si impone alle pubbliche amministrazioni che intendono cedere l'esercizio delle funzioni di specificare le conseguenze della proposta di esternalizzazione sotto il profilo economico ed organizzativo. La norma prevede, altresì, che dall'operazione in nessun caso possa derivare un aumento della spesa pubblica complessiva necessaria all'esercizio della funzione ceduta. 

Il comma 3 disciplina l'istituzione di un comitato interministeriale che valuta la proposta in via preliminare e la sottopone, eventualmente, al Consiglio dei ministri, previa indicazione dello strumento giuridico, di diritto pubblico o di diritto privato, più idoneo a realizzarla. 

I commi 4 e 5 tendono a favorire la piena utilizzazione degli edifici assegnati alle pubbliche amministrazioni attraverso una loro fruizione anche da parte dei cittadini. Quali limiti di carattere generale la norma prevede la compatibilità delle ulteriori modalità di fruizione con le finalità istituzionali perseguite dalle pubbliche amministrazioni nonché la necessità di provvedervi con gli ordinari stanziamenti di bilancio. Al personale impiegato nelle attività ulteriori sono attribuiti incentivi economici da definirsi in sede di contrattazione collettiva. 

Articolo 44 (Diffusione delle buone prassi nelle pubbliche amministrazioni e tempi per l'adozione dei provvedimenti o per l'erogazione dei servizi al pubblico). Il comma 1 dell'articolo incentiva le amministrazioni pubbliche ad individuare le migliori prassi già utilizzate presso taluni degli uffici di ciascuna e, di seguito, a diffonderle agli altri uffici, ottenendo così un miglioramento in termini di efficacia della complessiva azione amministrativa. 
Il comma 2 impone la pubblicazione delle buone prassi sui siti telematici istituzionali di ciascuna amministrazione. 
Il comma 3 stabilisce che l'elaborazione e la diffusione delle stesse prassi sono considerate ai fini della valutazione professionale dei dirigenti e del personale della pubblica amministrazione. 
Il comma 4 prevede, infine, che, per garantire la diffusione delle buone prassi anche a livello locale, in sede di Conferenza unificata sono conclusi accordi tra lo Stato, le regioni e gli enti locali. 

Nella prospettiva di aumentare la trasparenza nei rapporti tra le amministrazioni pubbliche e gli utenti, il comma 5 impone a ciascuna amministrazione, a partire dal 1o gennaio 2009, la pubblicazione con cadenza annuale, sul proprio sito internet o con altre forme idonee, di un indicatore dei tempi medi di pagamento dei beni, dei servizi e delle forniture acquistate nonché dei tempi medi di definizione dei procedimenti e di erogazione dei servizi resi all'utenza. Con riguardo alla pubblicazione dei tempi di pagamento, le modalità attuative dell'obbligo imposto alle pubbliche amministrazioni sono rimesse, in ragione del comma 6, ad un decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. 

Articolo 45 (Modifica all'articolo 2470 del codice civile, in materia di cessione di quote di società a responsabilità limitata). L'articolo, attraverso la sostituzione dell'articolo 2470 del codice civile, prevede che l'atto di trasferimento, sottoscritto digitalmente nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione dei documenti informatici, ovvero con sottoscrizione autenticata dal notaio, deve essere depositato entro trenta giorni, a cura di un intermediario abilitato al deposito degli atti al registro delle imprese di cui all'articolo 31, comma 2-quater, della legge 24 novembre 2000, n. 340, ovvero a cura del notaio autenticante, presso l'ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale. 

Viene altresì previsto che l'iscrizione del trasferimento nel libro dei soci ha luogo, su richiesta dell'alienante o dell'acquirente, verso esibizione del titolo da cui risultano il trasferimento e l'avvenuto deposito, rilasciato dal professionista che vi ha provveduto ai sensi del precedente periodo. In caso di trasferimento a causa di morte il deposito e l'iscrizione sono effettuati a richiesta dell'erede o del legatario verso presentazione della documentazione richiesta per l'annotazione nel libro dei soci dei corrispondenti trasferimenti in materia di società per azioni. 

Articolo 46 (Riorganizzazione del Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione, del Centro di formazione studi e della Scuola superiore della pubblica amministrazione). L'articolo, al fine di assicurare un insieme di interventi tesi alla riqualificazione del lavoro pubblico, ivi compreso il ricorso alla formazione, in funzione di un più elevato livello di produttività delle amministrazioni pubbliche, nonché della qualità dei servizi erogati in favore delle imprese e dei cittadini, reca una delega al Governo, da esercitarsi entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge, per l'emanazione di uno o più decreti legislativi volti al riordino del Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA), del Centro di formazione studi e della Scuola superiore della pubblica amministrazione. 
Nell'adozione dei predetti decreti il Governo dovrà attenersi, in particolare, ai seguenti princìpi e criteri direttivi: 

  1. la ridefinizione delle competenze, delle missioni e degli organi dei predetti organismi, anche al fine di assicurare il necessario coordinamento;
  2. il raccordo con altre strutture analoghe o similari operanti nel settore della formazione e dell'innovazione tecnologica;
  3. la ricollocazione del personale in relazione ai processi di riorganizzazione in atto. 

Articolo 47 (Tutela non giurisdizionale dell'utente dei servizi pubblici). L'articolo stabilisce che le carte dei servizi, tanto dei soggetti pubblici quanto di quelli privati che erogano servizi di pubblica utilità, devono prevedere la possibilità di garantire procedure celeri (entro trenta giorni) di risoluzione del contenzioso in forma non giurisdizionale per le controversie sorte in ordine alla violazione di un diritto o di un interesse giuridico degli utenti o delle associazioni dei consumatori. 
Entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, le autorità amministrative competenti in materia, nell'ambito della propria autonomia, o il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione - per i servizi pubblici o di pubblica utilità non regolati dalle predette autorità - sono autorizzati ad emanare specifiche determinazioni volte a individuare lo schema tipo delle indicate procedure conciliative, che dovranno essere recepite dalle singole carte dei servizi. 

Articolo 48 (Eliminazione degli sprechi relativi al mantenimento di documenti in forma cartacea). L'articolo, al fine di eliminare gli sprechi relativi al mantenimento di documenti in forma cartacea, prevede che gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione da parte delle amministrazioni e dei soggetti obbligati sui propri siti internet. 
Tali adempimenti possono essere attuati mediante l'utilizzo di siti informatici di altri soggetti obbligati, ovvero di loro associazioni, prevedendo altresì che al fine di garantire e facilitare l'accesso alle suddette pubblicazioni il CNIPA realizza e gestisce un Portale di accesso ai suddetti siti. 

Articolo 49 (Delega al Governo per la modifica del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82). L'articolo contiene una delega al Governo, da esercitarsi entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del della legge, volta ad emanare uno o più decreti legislativi tesi a modificare il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (codice dell'amministrazione digitale). Tra i princìpi e criteri direttivi cui dovrà attenersi il Governo si segnalano, in particolare, i seguenti:

  1. l'introduzione di forme sanzionatorie per le amministrazioni pubbliche che non ottemperano alle prescrizioni del suindicato codice;
  2. la modificazione delle norme in materia di «firma digitale», al fine di semplificarne l'utilizzo tanto per la pubblica amministrazione quanto per le imprese e i cittadini;
  3. l'utilizzazione del web nelle comunicazioni tra amministrazioni pubbliche e i propri dipendenti;
  4. il censimento e la diffusione degli applicativi informatici realizzati dalle amministrazioni pubbliche, nonché dei servizi erogati con modalità digitali. 

Articolo 50 (VOIP e Sistema pubblico di connettività). Nell'articolo si prevede che il CNIPA realizzi un nodo di interconnessione per i servizi VOIP per il triennio 2009-2011, individuando a tale fine le risorse necessarie. Parimenti sono individuate le risorse necessarie per attuare un programma triennale che il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione deve predisporre al fine di accelerare la diffusione del Sistema pubblico di connettività presso le pubbliche amministrazioni entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della legge. Tale programma è inteso ad assicurare, entro il 31 dicembre 2011, l'adesione al predetto Sistema delle pubbliche amministrazioni, la realizzazione di progetti di cooperazione tra i rispettivi sistemi informativi e la piena interoperabilità delle banche dati, registri e anagrafi, al fine di migliorare la qualità e ampliare la tipologia dei servizi, anche on line, erogati a cittadini e imprese, nonché aumentare l'efficacia ed efficienza dell'amministrazione pubblica. 

Articolo 51 (Riallocazione di fondi). L'articolo prevede, al comma 1, che le somme destinate all'erogazione di un contributo per l'acquisto di personal computer da parte degli studenti che usufruiscono dell'esenzione dalle tasse e dai contributi universitari, ai sensi dell'articolo 2-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 agosto 2005, n. 168, e non impegnate, sono destinate al cofinanziamento di progetti per lo sviluppo e la realizzazione di reti di connettività senza fili, nonché alla fornitura alle università di strumenti didattici e amministrativi innovativi. 
Con il comma 2 si prevede, poi, che il Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri definisca un programma di incentivi e di agevolazioni, al fine di favorire progetti e piani di azione per lo sviluppo d'impresa nei settori dell'innovazione e delle tecnologie, volti, in particolare, al miglioramento qualitativo e alla razionalizzazione dei servizi offerti dalla pubblica amministrazione. Agli oneri connessi all'attuazione di tali progetti si provvede mediante l'utilizzo delle risorse finanziarie assegnate, ai sensi dell'articolo 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, al progetto «Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese» e non impegnate alla data di entrata in vigore della legge. 

Il capo VIII è in materia di giustizia. 

Articolo 52 (Modifiche al libro primo del codice di procedura civile). L'articolo in esame apporta alcune modifiche alle disposizioni contenute nel libro primo del codice di procedura civile. 
Al fine di riequilibrare il carico di lavoro tra tribunale e giudice di pace è stato parzialmente modificato l'articolo 7 del codice di procedura civile, elevando a 7.500 euro la competenza per valore del giudice di pace nelle cause relative a beni mobili ed a 25.000 euro quella nelle cause di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e di natanti. 
Una serie di modifiche apportate agli articoli 38, 39, 40, 44 e 45 del codice di procedura civile realizzano - unitamente all'abrogazione degli articoli 42, 43 e 46 e alla sostituzione del terzo comma dell'articolo 187 del medesimo codice - un intervento di notevole rilievo in materia di competenza, consistente in una generale attenuazione del peso delle questioni sulla competenza, che devono essere eccepite immediatamente e decise tempestivamente nella fase iniziale della causa. Tutto ciò, al fine di evitare che sia possibile rimettere in discussione la questione dell'individuazione del giudice competente a decidere la controversia quando la causa è ormai matura per la decisione. 

A tale fine sono equiparati tra loro tutti i criteri di competenza, e il nuovo primo comma dell'articolo 38 del codice di procedura civile stabilisce che l'incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio vanno tutte eccepite, a pena di decadenza, con la comparsa di risposta tempestivamente depositata entro il termine previsto per la costituzione del convenuto dall'articolo 166 del codice di procedura civile. 

A sua volta il terzo comma del novellato articolo 38 del codice di procedura civile riprende il contenuto dell'attuale primo comma dell'articolo 38 e dispone che l'incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio nei casi previsti dall'articolo 28 sono rilevate d'ufficio non oltre l'udienza di cui all'articolo 183. 
Per i casi non previsti dall'articolo 28 è, invece, riproposta la regola secondo la quale rimane ferma la competenza per territorio del giudice indicato competente se le parti costituite aderiscono a tale indicazione e la causa viene riassunta entro tre mesi dalla cancellazione dal ruolo. 

Inoltre, quando una questione di competenza viene sollevata dalle parti o rilevata d'ufficio essa non può più essere decisa unitamente al merito (come prevede attualmente l'articolo 187, terzo comma, del codice di procedura civile per l'ipotesi in cui il giudice ritenga che la decisione su di essa non sia idonea a definire il giudizio), essendo necessario che il giudice pronunci immediatamente sulla questione di competenza, coerentemente con il nuovo sistema di impugnazione della decisione sulla relativa questione (in tal senso all'articolo 53 del presente disegno di legge è sostituito il terzo comma dell'articolo 187 del codice di procedura civile). 
La modifica apportata al primo comma dell'articolo 44 del codice di procedura civile prevede che la pronuncia sulle questioni di competenza sia resa sempre con ordinanza (e non più con sentenza, come prevede l'attuale articolo 44 del codice di procedura civile per l'ipotesi in cui il giudice adito dichiari la propria incompetenza). 
Il regime di stabilità dell'ordinanza che pronuncia sulle questioni di competenza risulta strettamente connesso al nuovo sistema di impugnazione, il quale, nell'ottica acceleratoria e di economia processuale innanzi detta, non contempla più né il regolamento di competenza necessario o facoltativo previsto dai vigenti articoli 42 e 43 (i quali vengono opportunamente abrogati dal presente disegno di legge), né l'appello, ma un unico nuovo strumento di impugnazione, e cioè il reclamo deciso in camera di consiglio con ordinanza non impugnabile. 

Ciò, al fine di evitare che il regolamento di competenza, nato come mezzo d'impugnazione in grado di pervenire anticipatamente a una pronuncia definitiva sulla questione pregiudiziale di competenza, possa contribuire, come di fatto avviene, a ritardare ingiustificatamente la decisione di merito. 
Il secondo, il terzo e il quarto comma del nuovo articolo 44 del codice di procedura civile individuano il giudice competente a decidere il reclamo avverso le ordinanze che pronunciano in materia di competenza, stabilendo in particolare che il reclamo avverso l'ordinanza del giudice di pace si propone dinanzi al tribunale della stessa circoscrizione, in composizione monocratica; quello avverso l'ordinanza del tribunale in composizione monocratica si propone dinanzi al collegio, del quale non può fare parte il giudice che ha emanato il provvedimento reclamato; il reclamo contro l'ordinanza del tribunale in composizione collegiale e quello contro l'ordinanza della corte d'appello quando pronuncia in unico grado si propone dinanzi ad altro collegio dello stesso giudice. 

L'abolizione del regolamento necessario e facoltativo di competenza e la conservazione del solo regolamento di competenza d'ufficio hanno reso necessarie alcune modifiche agli articoli 47, 48 e 49 del codice di procedura civile. 
Le modifiche recate all'articolo 50 del codice di procedura civile rappresentano un mero coordinamento con quelle apportate dal presente disegno di legge all'articolo 44 e all'articolo 307 del codice di procedura civile. 

In particolare, il termine «sentenza» è sostituito con quello di «ordinanza», mentre, per le già esposte finalità acceleratorie, è ridotto da sei a tre mesi il termine per la riassunzione della causa dinanzi al giudice dichiarato competente, rendendo così omogeneo tale termine con quello previsto per la riassunzione della causa cancellata dal ruolo dal nuovo articolo 307, primo comma, del codice di procedura civile. 
Tra le più significative innovazioni proposte vi è la valorizzazione del comportamento processuale delle parti, alle quali si chiede - nell'ottica dei princìpi costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata dello stesso - di consentire che l'accertamento dei fatti di causa sia compiuto senza inutili dilazioni e senza ricorrere all'abuso degli strumenti processuali messi a disposizione dall'ordinamento. 

In quest'ottica si è ritenuto opportuno aggiungere, all'articolo 88 del codice di procedura civile, una norma di princìpio che obbliga le parti - non solo a prendere posizione sui fatti allegati dall'altra parte, come già previsto, ad esempio dall'articolo 167, primo comma, del codice di procedura civile - ma a chiarire le circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione in modo leale e veritiero. 

La disposizione non è destinata a rimanere una mera norma di princìpio, in quanto il giudice terrà conto dell'inosservanza del dovere di lealtà e correttezza non solo ai fini della condanna alle spese (già prevista dall'articolo 92, primo comma, del codice di procedura civile), ma anche ai fini dell'accertamento della responsabilità processuale aggravata (articolo 96 del codice di procedura civile) ed eventualmente anche ai fini dell'accertamento dei fatti (secondo il princìpio, contenuto nell'articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile, per cui il giudice può desumere argomenti di prova dal contegno tenuto dalle parti durante il processo). 
In ogni caso, questa disposizione (tratta dal codice di procedura civile tedesco) è sommamente importante perché costituisce specificazione e rafforzamento dell'obbligo di leale collaborazione. 

Le modifiche in materia di pronuncia sulle questioni di competenza hanno reso necessario modificare l'articolo 91, primo comma, del codice di procedura civile, prevedendo che il giudice provveda sulle spese processuali tutte le volte che emana un provvedimento che definisce il processo davanti a lui, qualunque sia la forma del provvedimento adottato. 
All'articolo 91, primo comma, inoltre, si introduce una significativa innovazione nella disciplina delle spese processuali. Per indurre le parti ad avviare una trattativa seria per la definizione conciliativa della controversia - ed evitare, come accade nella pratica, che si svolga un lungo processo al cui esito la parte ottenga ciò che fin dall'inizio l'altra si è dichiarata disposta ad offrire - si è ritenuto utile prevedere una vera e propria sanzione processuale a carico dell'attore (o del convenuto che abbia proposto domanda riconvenzionale) il quale abbia rifiutato una proposta conciliativa seria avanzata dall'altra parte. 

Si osserva al riguardo che la parte contro cui è rivolta la domanda ha senz'altro un interesse specifico a formulare una proposta conciliativa, dal momento che il giudice può tenere conto di tale comportamento processuale in sede di liquidazione delle spese di lite (ad esempio compensando le spese processuali). 
I medesimi princìpi (rafforzamento delle cosiddette sanzioni processuali, in funzione della più incisiva valutazione del comportamento delle parti durante il processo) sono alla base della modifica dell'articolo 96 del codice di procedura civile, che disciplina la cosiddetta responsabilità processuale aggravata. 

Lo strumento in questione trova, nella pratica, una scarsa applicazione, essenzialmente dovuta al fatto che nell'attuale formulazione della norma la pronuncia di condanna a carico della parte soccombente che ha agito con dolo o colpa grave presuppone la prova che l'altra parte abbia sofferto un danno in conseguenza della condotta processuale scorretta. 
La modifica che si propone introduce invece uno strumento sanzionatorio a carico del soccombente, laddove è previsto che la condanna di quest'ultimo al pagamento di una somma di denaro ulteriore rispetto alle spese di lite consegua ipso facto all'accertamento della condotta illecita. 

Resta ferma la possibilità, per la parte danneggiata dal comportamento processuale scorretto del suo avversario, di domandare la liquidazione del danno subìto. 
È stato poi riformulato l'articolo 115 del codice di procedura civile, prevedendo, al primo comma, che il giudice ponga a fondamento della propria decisione anche «i fatti contestati in modo generico», esonerando così la parte che ha allegato quei fatti dal relativo onere probatorio. 

Alla luce di questa modifica - che ben si coordina con il tenore dell'articolo 167, primo comma, del codice di procedura civile, che impone al convenuto l'onere di prendere posizione sui fatti costitutivi della domanda, la non contestazione è considerata un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell'oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, posto che in questo caso l'atteggiamento difensivo delle parti sottrae il fatto medesimo dall'ambito degli accertamenti richiesti. 

La modifica al numero 4) del secondo comma dell'articolo 132 del codice di procedura civile è finalizzata a ridurre il contenuto espositivo e motivazionale delle sentenze, il quale, nel rispetto dell'articolo 111, sesto comma, della Costituzione, deve contenere unicamente l'esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. 
Con la modifica dell'articolo 153 del codice di procedura civile si è voluto generalizzare la previsione della rimessione in termini, attualmente disciplinata dall'articolo 184-bis del codice di procedura civile, allargandone l'ambito oggettivo di applicazione (così come più volte sollecitato dalla dottrina). Stante la generalizzazione del rimedio della rimessione in termini, si è proceduto all'abrogazione del citato articolo 184-bis (articolo 60 del disegno di legge). 

Articolo 53 (Modifiche al libro secondo del codice di procedura civile). L'articolo in esame contiene modifiche alle disposizioni contenute nel libro secondo del codice di procedura civile. 
Si è in primo luogo aggiunto un periodo al secondo comma dell'articolo 170 del codice di procedura civile, precisando che si applica anche agli atti di impugnazione la disposizione in virtù della quale, nelle comunicazioni o notificazioni fatte dopo la costituzione in giudizio, è sufficiente la consegna di una sola copia dell'atto anche se il procuratore è costituito per più parti. 

La modifica dell'articolo 182 del codice di procedura civile estende i meccanismi di regolarizzazione ivi previsti, consentendo di sanare, nel termine perentorio stabilito dal giudice, anche i vizi che determinano la nullità della procura al difensore, attraverso la rinnovazione della medesima. 
Inoltre, con una radicale innovazione rispetto all'attuale previsione del citato articolo 182, è stabilito che l'osservanza del termine perentorio assegnato dal giudice per la regolarizzazione sia idonea a sanare i vizi con efficacia ex tunc (essendo espressamente previsto che gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio). 

La modifica dell'articolo 183 del codice di procedura civile si rende necessaria per dare concreta attuazione ad alcuni dei princìpi ispiratori del presente disegno di legge (concretezza, lealtà e speditezza). Si prevede al riguardo che la concessione di ulteriori termini per il deposito delle memorie, per le indicazioni di prova contraria e per replicare alle nuove domande o eccezioni, prevista dall'attuale sesto comma dell'articolo 183 del codice di procedura civile, non conseguirà più in modo automatico alla richiesta delle parti, rientrando nei poteri del giudice di valutare, sentite le parti, se il deposito di memorie risponda effettivamente alle necessità difensive delle parti stesse. Anche le modifiche apportate agli articoli 191 e 195 del codice di procedura civile in materia di consulenza tecnica di ufficio perseguono la finalità di accelerare il processo. 

Quanto al primo articolo, viene precisato che la nomina del consulente tecnico d'ufficio può essere effettuata già con l'ordinanza di ammissione dei mezzi di prova. Con la medesima ordinanza, inoltre, il giudice deve indicare i quesiti da sottoporre al consulente nominato. 
Con il nuovo terzo comma dell'articolo 195, invece, viene precisato che il giudice, oltre al termine entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, deve contestualmente fissare anche quello, comunque anteriore alla successiva udienza, entro il quale le parti possono formulare osservazioni alla relazione del consulente giudiziale. 
Finalità di semplificazione e di economia processuale sono alla base dell'introduzione dell'articolo 257-bis, che si ispirano a un istituto di generale applicazione nel processo civile francese per l'assunzione della prova testimoniale. 

Si tratta della facoltà per il giudice di assumere per iscritto la prova testimoniale, in considerazione della natura della causa, della qualità del testimone e di ogni altra circostanza. Il giudice deciderà per tale modalità di assunzione, una volta sollecitato, sul punto, il contraddittorio tra le parti. La facoltà è generale, e quindi estesa all'ipotesi di prova delegata. 
In tale caso, il giudice richiederà al testimone di fornire per iscritto e nel termine assegnatogli le risposte agli articoli di prova sui quali deve essere interrogato. 
Il testimone sottoscrive la propria deposizione (che deve contenere anche le informazioni previste dall'articolo 252, primo comma, del codice di procedura civile), apponendo la propria firma su ogni foglio, e la spedisce in busta chiusa alla cancelleria del giudice. 
Il testimone che non fornisce le risposte scritte nel termine stabilito può essere condannato alla pena pecuniaria prevista dall'articolo 255, primo comma, del codice di procedura civile. 

È in ogni caso fatta salva la facoltà, per il giudice che non ritenga chiare o attendibili le risposte fornite per iscritto, di disporre che il testimone sia chiamato a deporre davanti a lui o davanti al giudice delegato. 
Le modifiche apportate all'articolo 279 del codice di procedura civile risultano di mero coordinamento con il novellato articolo 44 dello stesso codice, secondo il quale tutte le pronunce sulle questioni di competenza sono rese con ordinanza, anziché con sentenza. 

Il regime di impugnazione delle ordinanze che dichiarano la sospensione del processo, ai sensi dell'articolo 295 del codice di procedura civile, continua ad essere modellato su quello previsto per le pronunce sulle questioni di competenza. Cosicché, una volta abolito, per queste ultime, il regolamento necessario di competenza, anche per le ordinanze di sospensione è previsto, quale unico strumento di impugnazione, il reclamo nei termini e nei modi di cui all'articolo 44. 

Le modifiche agli articoli 296 e 297 del codice di procedura civile portano a una riduzione dei termini per i casi di sospensione del processo. 
La modifica dell'articolo 305 del codice di procedura civile riduce i termini riferiti alle ipotesi di interruzione processuale. 
La prima modifica dell'articolo 307 del codice di procedura civile riduce da un anno a tre mesi il termine perentorio di riassunzione delle cause cancellate dal ruolo. Oltre all'evidente abbreviazione del termine che, in mancanza di tempestiva riassunzione, determina l'estinzione della causa, la norma va letta in stretta correlazione con quella prevista dal novellato quarto comma dello stesso articolo 307, secondo la quale l'estinzione della causa, per qualsiasi ragione prevista dalla legge, opera di diritto e va dichiarata d'ufficio, senza più la necessità che sia eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa. 

 Queste disposizioni - unitamente alla riduzione del termine massimo che il giudice può concedere per la rinnovazione della citazione, per la prosecuzione del giudizio, per la sua riassunzione o integrazione ai sensi del terzo comma dell'articolo 307 del codice di procedura civile - hanno un'evidente finalità acceleratoria, in perfetto accordo con gli obiettivi perseguiti dal presente disegno di legge. 

Le modifiche apportate all'articolo 310 del codice di procedura civile risultano di mero coordinamento con il novellato articolo 44 dello stesso codice, secondo il quale tutte le pronunce sulle questioni di competenza sono rese con ordinanza, anziché con sentenza. 
Le modifiche apportate agli articoli 323, 324, 360, primo comma, numero 2), 382 e 385 del codice di procedura civile e 187 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, risultano di mero coordinamento con l'abolizione del regolamento di competenza ad istanza di parte, con la sua sostituzione con il reclamo ai sensi del novellato articolo 44 dello stesso codice e con l'esclusione dell'impugnazione per cassazione per motivi di competenza. 

Al fine di attuare il princìpio della ragionevole durata del processo viene ridotto il cosiddetto termine lungo per l'impugnazione, prevedendo la decadenza dall'impugnazione decorsi otto mesi dalla pubblicazione della sentenza (anziché un anno, come attualmente previsto). 
Si è deciso di stabilire in otto mesi il termine per l'impugnazione al fine di coordinare la disposizione contenuta nell'articolo 327 del codice di procedura civile con quella di cui all'articolo 23-bis, comma 2, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034. 

Con la modifica apportata al terzo comma dell'articolo 345 del codice di procedura civile viene precisato, conformemente all'orientamento espresso dal giudice di legittimità, che nel giudizio di appello, oltre a non essere ammessi nuovi mezzi di prova, neppure possono essere prodotti nuovi documenti. 
Peraltro, anche per la produzione dei documenti vale la regola, prevista dal medesimo comma, che fa salvi i casi in cui il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa o la parte dimostri di non aver potuto proporli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile. Circostanza, quest'ultima, che, ad esempio, si verifica ogni qualvolta il giudice di primo grado non abbia ammesso la produzione documentale riproposta in appello. 
Coerente con i princìpi della ragionevole durata del processo appare anche la modifica dell'articolo 353 del codice di procedura civile.

Sempre al fine di attuare il princìpio della ragionevole durata del processo è ridotto il termine, stabilito dall'articolo 392 del codice di procedura civile, per la riassunzione della causa davanti al giudice del rinvio, prevedendo che la causa debba essere riassunta non oltre tre mesi dalla pubblicazione della sentenza della Corte di cassazione (anziché un anno, come attualmente previsto). 

Articolo 54 (Modifiche al libro terzo del codice di procedura civile). La norma introduce uno strumento di coercizione indiretta per l'adempimento degli obblighi di fare infungibile e per gli obblighi di non fare, prevedendo che la sentenza che accoglie la domanda di condanna all'adempimento di tali obblighi contenga anche la determinazione di una somma di denaro spettante al creditore per ogni violazione o inosservanza successiva alla pronuncia. 
Si prevede, al riguardo, che il creditore di un'obbligazione di fare infungibile o di non fare non sia tenuto a promuovere un autonomo giudizio per l'accertamento della violazione, in quanto la sentenza che ha accertato l'esistenza dell'obbligazione (condannando il debitore all'adempimento) costituirà titolo esecutivo anche per la riscossione delle somme (già liquidate dal giudice) dovute per ogni violazione successiva alla pronuncia. 
Tale meccanismo non limita in alcun modo la difesa del debitore al quale sia notificato precetto per il pagamento della somma di denaro, in quanto egli potrà esperire il rimedio dell'opposizione all'esecuzione di cui all'articolo 615 del codice di procedura civile per fare accertare di non essere inadempiente, o che il mancato adempimento di quanto statuito nella sentenza di condanna è dipeso da causa a lui non imputabile, ovvero che l'adempimento è divenuto impossibile. 

Articolo 55 (Modifiche al libro quarto del codice di procedura civile). La prima modifica all'articolo 669-octies del codice di procedura civile riafferma il princìpio generale secondo il quale il giudice che pronuncia un provvedimento cautelare ante causam deve provvedere anche sulle spese del procedimento cautelare. 
La seconda modifica è puramente formale e di coordinamento, essendo errato il rinvio al primo comma, anziché al sesto comma, contenuto nell'attuale settimo comma (ottavo nel testo novellato). 
La modifica all'articolo 819-ter del codice di procedura civile ribadisce, in coerenza con il nuovo sistema impugnatorio delle ordinanze che pronunciano sulla competenza, che è reclamabile a norma dell'articolo 44 dello stesso codice anche l'ordinanza con la quale il giudice afferma o nega la propria competenza in relazione ad una convenzione di arbitrato. 

Articolo 56 (Procedimento sommario non cautelare). L'articolo prevede l'inserimento nel codice di procedura civile del capo III-bis riguardante il procedimento sommario di cognizione. In particolare, le disposizioni aggiungono l'articolo 702-bis del codice di procedura civile relativo alla forma della domanda e alla costituzione delle parti. Tale articolo introduce un procedimento sommario di cognizione finalizzato all'emanazione di un provvedimento immediatamente esecutivo, suscettibile di passare in cosa giudicata qualora non appellato, e stabilisce che nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica, la domanda di condanna al pagamento di somme di denaro, anche se non liquide, ovvero alla consegna o al rilascio di cose può essere proposta con ricorso al tribunale competente. Il ricorso, sottoscritto a norma dell'articolo 125, deve contenere le indicazioni di cui ai numeri 1), 2), 3), 4), 5) e 6) e l'avviso di cui al numero 7), del terzo comma dell'articolo 163.      

A seguito della presentazione del ricorso il cancelliere forma il fascicolo d'ufficio e lo presenta senza ritardo al presidente del tribunale, il quale designa il magistrato cui è affidata la trattazione del procedimento. 
Il giudice designato fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti, assegnando un termine perentorio per la notificazione del ricorso. 
Il convenuto deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell'udienza, mediante deposito in cancelleria della comparsa di
risposta, nella quale deve proporre le sue difese e prendere posizione sui fatti posti dal ricorrente a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende avvalersi e i documenti che offre in comunicazione, formulare le conclusioni. A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non sono rilevabili d'ufficio. 

Se il convenuto intende chiamare un terzo in garanzia deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella comparsa di costituzione e chiedere al giudice designato lo spostamento dell'udienza. Il giudice, con decreto comunicato dal cancelliere alle parti costituite, provvede a fissare la data della nuova udienza assegnando un termine perentorio per la citazione del terzo. Allo stesso modo avviene la costituzione del terzo in giudizio. 
Inoltre viene inserito l'articolo 702-ter del codice di procedura civile, riguardante il procedimento. Tale disposizione prevede che il giudice, se ritiene di essere incompetente, pronuncia ordinanza reclamabile ai sensi dell'articolo 44; si applica l'articolo 50. Se rileva che la domanda non rientra tra quelle indicate nell'articolo 702-bis, il giudice, con ordinanza non impugnabile, la dichiara inammissibile. Nello stesso modo provvede sulla domanda riconvenzionale. 

Se ritiene che le difese svolte dalle parti richiedono una istruzione non sommaria, il giudice, con ordinanza non impugnabile, fissa l'udienza di cui all'articolo 183 e si applicano le disposizioni del libro II. 
Quando la causa relativa alla domanda riconvenzionale richiede una istruzione non sommaria, il giudice ne dispone la separazione. 
Se non provvede nei modi di cui sopra, il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione all'oggetto del provvedimento richiesto e provvede con ordinanza all'accoglimento o al rigetto delle domande. 

L'ordinanza è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. Il giudice provvede in ogni caso sulle spese del procedimento ai sensi degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura civile. 
Infine viene introdotto l'articolo 702-quater del codice di procedura civile relativo all'appello. Sulla base di tale norma, l'ordinanza emessa ai sensi del sesto comma dell'articolo 702-ter del codice di procedura civile produce gli effetti di cui all'articolo 2909 del codice civile se non è appellata entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione. Sono ammessi nuovi mezzi di prova e nuovi documenti quando il collegio li ritiene indispensabili ai fini della decisione, ovvero la parte dimostra di non aver potuto proporli nel corso del procedimento sommario per causa ad essa non imputabile. Il presidente del collegio può delegare l'assunzione dei mezzi istruttori ad uno dei componenti del collegio. 

Articolo 57 (Modifiche alle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368). L'articolo in esame prevede l'inserimento dell'articolo 103-bis nelle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile riguardante il modello di testimonianza. Tale norma prevede che la testimonianza scritta è resa su di un modulo conforme al modello approvato con decreto del Ministro della giustizia che individua anche le istruzioni per la sua compilazione, da notificare unitamente al modello. Il modello, sottoscritto in ogni suo foglio dalla parte che ne ha curato la compilazione, deve contenere, oltre alla indicazione del procedimento e dell'ordinanza di ammissione da parte del giudice procedente, idonei spazi per l'inserimento delle complete generalità del testimone, dell'indicazione della sua residenza, del suo domicilio e, ove possibile, di un suo recapito telefonico. Deve altresì contenere l'ammonimento del testimone ai sensi dell'articolo 251 e la formula del giuramento di cui al medesimo articolo, oltre all'avviso in ordine alla facoltà di astenersi ai sensi degli articoli 351 e 352 del codice di procedura penale, con lo spazio per la sottoscrizione obbligatoria del testimone, nonché le richieste di cui all'articolo 252, primo comma, delle citate disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e la trascrizione dei quesiti ammessi, con l'avvertenza che il testimone deve rendere risposte circostanziate a ciascuna domanda. 

 Al termine di ogni risposta è apposta, di seguito e senza lasciare spazi vuoti, la sottoscrizione da parte del testimone. 
Le sottoscrizioni devono essere autenticate da un notaio o da un segretario comunale o dal cancelliere di un ufficio giudiziario. L'autentica delle sottoscrizioni è in ogni caso gratuita. 
Il comma 2 dell'articolo in esame prevede che all'articolo 104, primo comma, delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, dopo le parole: «questi la dichiara» sono inserite le seguenti: «, anche d'ufficio,». In questo modo in caso di mancata intimazione dei testimoni, il giudice, anche d'ufficio, dichiara la decadenza dalla prova della parte non diligente; ciò al fine di contrastare quelle interpretazioni meno rigorose della norma che finiscono per favorire un indebito allungamento della fase istruttoria anche in presenza di un comportamento inattivo delle parti. 

Il comma 3 dell'articolo in esame prevede che il primo comma dell'articolo 118 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile è sostituito dal seguente: «La motivazione della sentenza di cui all'articolo 132, secondo comma, numero 4), del codice consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi». Tale sostituzione si rende necessaria per ragioni di coordinamento con la modifica della disciplina della motivazione della sentenza (articolo 132, secondo comma, numero 4), del codice). 

Articolo 58 (Abrogazione dell'articolo 3 della legge 21 febbraio 2006, n. 102). La norma abroga l'articolo 3 della legge 21 febbraio 2006, n. 102 (che ha assoggettato alle norme del processo del lavoro le controversie relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni «conseguenti ad incidenti stradali»), essendosi ritenuto che il rito del lavoro non si adatti alle peculiarità delle controversie in questione, anche tenuto conto della maggiore snellezza del procedimento davanti al giudice di pace (davanti al quale si celebrerà un numero sempre maggiore di controversie con tale oggetto, a seguito dell'aumento della competenza per valore previsto dall'articolo 52 del presente disegno di legge). 

Articolo 59 (Notificazione a cura dell'Avvocatura dello Stato). La norma detta disposizioni relative alla notificazione di atti civili, amministrativi e stragiudiziali da parte degli avvocati e procuratori dello Stato, i quali potranno avvalersi della facoltà già prevista dalla legge 21 gennaio 1994, n. 53, per gli avvocati del libero foro. 

Articolo 60 (Abrogazioni). La norma contiene l'indicazione delle disposizioni del codice di procedura civile e di quella delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile che sono abrogate. 

Articolo 61 (Disposizioni transitorie). Il comma 1 dell'articolo contiene una disposizione transitoria di carattere generale, in base alla quale le disposizioni contenute nella legge trovano applicazione ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore. 
Al comma 2 è previsto, tuttavia, che trovi immediata applicazione la norma relativa alla produzione dei nuovi documenti in appello, per i giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della legge. 
Al comma 3 è previsto che alle controversie di cui all'articolo 3 della legge 21 febbraio 2006, n. 102, pendenti alla data di entrata in vigore della legge, si applicano le disposizioni che attualmente ne regolano il rito. 
È infine previsto che le disposizioni di cui al quinto e al sesto comma dell'articolo 155 del codice di procedura civile (aggiunti dal comma 1 dell'articolo 2 della legge 28 dicembre 2005, n. 263) si applichino anche ai giudizi pendenti alla data del 1o marzo 2006. 

Articolo 62 (Sospensione dei termini processuali nel periodo feriale). In ossequio alla finalità acceleratoria del processo, si è ritenuto di modificare l'articolo 1, primo comma, della legge 7 ottobre 1969, n. 742, riducendo da quarantasei a trentuno giorni la sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale. La norma avrà opportunamente effetto dall'anno 2009. 

Articolo 63 (Misure urgenti per il recupero di somme afferenti al bilancio della giustizia e per il contenimento e la razionalizzazione delle spese di giustizia). Le misure contenute nell'articolo in esame sono complessivamente finalizzate a realizzare un contenimento delle spese di giustizia e una razionalizzazione nella loro riscossione, attraverso strumenti che incidono sia direttamente sul testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, sia su altri testi normativi (codici e leggi speciali), al fine di assicurare coerenza al disegno complessivo di riforma. 
I commi 1 e 3 intendono modificare le modalità di pubblicazione delle sentenze di condanna nel processo penale (articolo 36 del codice penale) e nella corrispondente disposizione contenuta nella normativa sul diritto d'autore. 
Il giudice non disporrà più la pubblicazione delle sentenze di condanna su uno o più giornali, bensì sul sito internet ufficiale del Ministero della giustizia, in apposita sezione dedicata, avvalendosi dunque delle nuove forme di pubblicità telematica sperimentate in altri settori dell'ordinamento. 

La pubblicazione sui giornali è infatti molto costosa e, in un contesto nel quale la percentuale di recupero delle spese nei confronti degli imputati condannati è molto bassa, finisce con il gravare pesantemente sull'erario, senza apprezzabili ritorni. 
D'altronde, anche l'efficacia di deterrenza e sanzionatoria della pubblicità data sui giornali alla pronuncia della condanna, si è rivelata assai limitata, anche per il fatto che la sentenza resta pubblicata solitamente per una sola giornata. 
Attraverso la pubblicazione nel sito internet del Ministero della giustizia, per un tempo tra i quindici e i trenta giorni, si realizza invece una diffusione della notizia molto più ampia e duratura, a un costo assai ridotto.

 La pubblicazione nel sito internet non necessariamente sarebbe attuata gratuitamente, ma sulla base di un costo convenzionale più basso. Resterebbe dunque ferma la possibilità di recuperare tale costo per intero dal condannato, ma senza anticipazioni troppo onerose da parte dell'erario. 
Gli interventi di cui al comma 2 sono finalizzati a coordinare le altre disposizioni introdotte con l'attuale disciplina del codice di procedura penale. 
In particolare, le soppressioni di alcune parti dell'articolo 262 e dell'articolo 676 dello stesso codice di procedura penale hanno l'obiettivo di rendere coerente il codice con le nuove modalità di devoluzione allo Stato delle somme giacenti in sequestro non confiscate e non restituite, quali delineate dai nuovi commi dell'articolo 205 del testo unico, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002. 

 L'abrogazione parziale delle disposizioni attualmente vigenti dell'articolo 535 si collega ai diversi criteri di quantificazione e liquidazione dei crediti erariali, presenti in altre parti del disegno di legge. In particolare, per quanto attiene l'abrogazione parziale del primo comma, la forfetizzazione integrale delle spese processuali impone l'abbandono del precedente criterio di accollo differenziato delle spese processuali ai condannati in ragione del reato per cui le stesse erano state sostenute, criterio che nella prassi, peraltro, risultava, come noto, spesso di critica applicazione. 

La soppressione relativa all'articolo 536 mira a coordinare le disposizioni del codice di procedura penale con i già menzionati
interventi sulla pubblicazione delle sentenze di condanna. 
Il comma 4 interviene sulle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile nel quadro del più complessivo intervento diretto ad assicurare all'erario tutte quelle somme, di importo anche minimo, giacenti sui depositi giudiziari o sui libretti intestati all'autorità giudiziaria, che, per l'esiguità della somma stessa o per la mancanza di un legittimo titolare, non vengono ritirate. 
Un simile intervento nell'ambito della procedura civile era stato già compiuto dal decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, che aveva modificato l'articolo 117 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Tale norma oggi prevede che, per i creditori che non si presentano o che sono irreperibili, le somme loro spettanti sono depositate presso l'ufficio postale o la banca e, trascorsi cinque anni, sono versate allo Stato. 

L'introduzione dell'articolo 187-ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile ha lo stesso obiettivo e colma la lacuna relativa al processo esecutivo civile, mobiliare e immobiliare, dove pure si possono verificare fenomeni di giacenza prolungata, a causa dell'irrisorietà della somma. 
Il comma 5 disciplina tutti gli interventi sul testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002. 
La norma contenuta nella lettera a), con la finalità di semplificare la tassazione delle sentenze penali di condanna al risarcimento del danno nei confronti della parte civile, soggette all'imposta di registro (prenotata a debito e recuperata dagli uffici giudiziari ai sensi dell'articolo 59, comma 1, lettera d), del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986) sia nelle ipotesi di condanna generica che di condanna provvisionale, posticipa la tassazione al passaggio in giudicato. Non si incide pertanto sulla liquidazione ma sul momento dell'adempimento, evitando che la sentenza sia inviata agli uffici finanziari in ogni grado di giudizio ed evitando pertanto le disfunzioni verificatesi per la carenza della normativa vigente nei casi in cui le sentenze successive al primo grado modifichino le statuizioni civili.

La norma mira anche ad evitare l'inutile trasmissione di atti per la registrazione, in particolare le sentenze emesse dal giudice di primo grado, considerato che nulla è dovuto dall'imputato condannato in sede di giudizio di primo grado, assolto dal giudice dell'impugnazione, come pure ad evitare inutili annotazioni nel registro delle spese prenotate a debito e nel foglio delle notizie. 

Quanto poi al funzionario che deve richiedere la formalità, la norma prevede che l'adempimento sia curato da quello addetto all'ufficio del giudice, diverso dalla Corte di cassazione, il cui provvedimento è passato in giudicato o presso il quale è divenuto definitivo, in coerenza con l'attuale disciplina sui compiti dei funzionari. 
Nel processo penale, secondo la normativa vigente, pur beneficiando degli effetti del patrocinio a spese dello Stato (articolo 107 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002), l'imputato è tenuto al pagamento delle eventuali spese straordinarie e delle spese di demolizione delle opere abusive e per la rimessione in pristino dello stato dei luoghi nonché, nel caso in cui vi sia anche condanna al risarcimento del danno, al pagamento del contributo unificato e dell'imposta di registro. 

La lettera b) del comma 5 mira, quindi, attraverso la modifica dell'articolo 111 (L) del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, ad eliminare tale aporia normativa che sta creando non poche difficoltà nella riscossione di spese che l'ammesso al patrocinio ritiene di non dover pagare. 
Il nuovo comma 2 dell'articolo 111 (L) consegue alla modifica del sistema di determinazione delle spese processuali penali e quindi, nella specifica ipotesi di revoca del beneficio, prevede non solo la riscossione delle spese dovute in via ordinaria, ma anche il recupero di quelle sostenute dall'erario per la difesa.

La lettera c) modifica l'articolo 154 (L) del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002. Tale modifica prende atto delle difficoltà applicative registratesi a proposito delle norme, similari, introdotte dalla legge n. 244 del 2007 (finanziaria per il 2008), che, allo scopo di devolvere allo Stato le somme giacenti sui depositi giudiziari nel processo penale, era intervenuta direttamente sul codice di procedura penale, modificando i già citati articoli 262 e 676. 
Dette norme avevano creato difficoltà agli uffici, sia per la non chiara e incompleta formulazione dell'articolo 262, comma 3-bis, del codice di procedura penale, in cui non erano inclusi alcuni valori e somme e che non si estendeva alle somme giacenti dopo i provvedimenti di archiviazione, sia perché inseriva la procedura devolutiva nell'ambito del processo esecutivo penale: ciò comportava l'apertura di un incidente di esecuzione, l'adozione di un provvedimento del giudice, la comunicazione di detto provvedimento alle parti. 

Il testo proposto allarga l'ambito di applicazione ai titoli al portatore, ai valori di bollo e ai crediti pecuniari; permette la devoluzione allo Stato anche dei depositi giacenti a seguito di provvedimento di archiviazione; svincola la devoluzione dal procedimento esecutivo e dal provvedimento giudiziario, affidandola alla cancelleria del giudice in forme semplificate. 
Sarà infatti la cancelleria a comunicare al depositario o al debitor debitoris l'avvenuta devoluzione, indicandogli le modalità con cui versare le somme o i titoli o i valori direttamente sul bilancio dello Stato. 
L'intervento di cui alla lettera d) incide profondamente sul sistema di recupero delle spese di giustizia. 

Come noto, la normativa attualmente vigente stabilisce che le spese anticipate dall'erario sono recuperate per intero tranne i diritti e le indennità di trasferta spettanti all'ufficiale giudiziario nonché le spese di spedizione per la notificazione degli atti a richiesta di ufficio, che sono, invece, recuperati in misura fissa. 
La quantificazione del credito viene effettuata dal funzionario addetto all'ufficio sulla base degli atti, ma in particolare sulle risultanze del foglio delle notizie, nel quale vengono annotate le spese pagate ripetibili. Tuttavia, l'attuale gestione cartacea del foglio delle notizie rende quasi certa la incompletezza delle spese annotate, anche per i farraginosi e numerosi adempimenti connessi alla fase di liquidazione e di pagamento della spesa (presentazione della domanda di pagamento, liquidazione della spesa, comunicazione alle parti del decreto di pagamento, determinazione della definitività del decreto, iscrizione del provvedimento definitivo nel registro delle spese pagate, che, spesso, è tenuto da un ufficio diverso da quello che ha liquidato la spesa, trasmissione degli atti al funzionario delegato, comunicazione all'ufficio dell'avvenuta emissione dell'ordinativo di pagamento, annotazione della spesa nel foglio delle notizie da parte del funzionario addetto all'ufficio che ha disposto il pagamento, che, spesso, non ha più la disponibilità del fascicolo). 

Si ravvisa dunque la necessità di prevedere una procedura di riscossione ad hoc per i crediti erariali dell'ente creditore «Giustizia», differenziata dal resto delle procedure di riscossione dei crediti, che tenga conto della peculiarità della loro natura e della necessità che i tempi del loro recupero garantiscano l'effettivo rispetto delle norme del codice penale e di procedura penale che li riguardano. L'attuale procedura di recupero si è infatti rivelata incompatibile con i tempi di estinzione per decorso del tempo delle pene pecuniarie costituite dalle ammende (5 anni dal passaggio in giudicato della sentenza), e spesso, per l' enorme arretrato di lavoro delle cancellerie, anche delle multe (10 anni). La notifica della cartella di pagamento deve intervenire in modo da consentire il pagamento oppure la comunicazione dell'inesigibilità del credito e la conversione ai sensi dell'articolo 660 del codice di procedura penale prima dei tempi di estinzione delle pene pecuniarie.

 La modifica in oggetto consentirà invece di recuperare in misura fissa tutte le spese processuali penali, semplificando così ulteriormente la procedura di quantificazione del credito attraverso un sistema di forfetizzazione per gradi di giudizio, a seconda del tipo di procedimento, senza vincolo solidale fra le parti. 
Per quanto riguarda le spese inerenti le intercettazioni telefoniche, per le quali il vigente articolo 205 (L), comma 2-bis, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 già disciplina una determinazione in misura fissa, si propone una riscossione pro quota al fine di evitare che residuino spese per le quali si debba procedere nei confronti di più debitori solidali. 

Analogamente si è scelto di riscuotere pro quota anche le spese escluse dalla forfetizzazione ovvero spese di pubblicazione e spese per la demolizione di opere abusive e riduzione in pristino dei luoghi e le spese di natura tributaria. 
La forfetizzazione ovviamente ricomprende anche le spese, peraltro già anticipate dall'erario agli ufficiali giudiziari, inerenti le spese di notifica. 
La lettera e) e f) contengono interventi di carattere meramente formale, finalizzati a coordinare le nuove disposizioni con le modificazioni apportate dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, al citato testo unico. 

La lettera g) introduce gli articoli da 227-quater (L) a 227-novies (L) nel testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002. 
Il nuovo articolo 227-quater (L) introduce i ruoli informatizzati, al fine di rendere ancor più celere e certa la procedura di riscossione e consentire l'eventuale conversione della pena pecuniaria entro i termini di estinzione disciplinati dagli articoli 172 e 173 del codice penale. 

Nello stesso disegno di accelerazione si inserisce il nuovo articolo 227-quinquies (L), che prevede la generalizzata riduzione dei termini per la riscossione. 
Gli articoli da 227-sexies (L) a 227-octies (L) muovono dall'esigenza di regolare la fase che precede la fissazione della vendita dei beni mobili ed immobili con riguardo ai casi in cui, nell'ambito del processo penale, sia stato disposto il sequestro conservativo dei beni stessi che, con la sentenza di condanna alla pena pecuniaria, si converte in pignoramento nonché la procedura di riscossione qualora la sentenza di condanna non preveda il pagamento di pena pecuniaria. 
La modifica trae origine dall'esperienza diretta della riscossione curata dagli uffici giudiziari e dall'esperienza dei funzionari che pur avendo tentato, con la normativa vigente, di attivare la riscossione entro i termini di efficacia dei provvedimenti, si sono visti opporre da alcuni agenti della riscossione l'eccezione di improcedibilità stante la mancanza di disposizioni normative di coordinamento tra la disciplina specifica in materia di sequestri e le vigenti disposizioni in tema di redazione dei ruoli, notifica della cartella esattoriale e termini di attivazione della procedura coattiva, con inevitabile perdita per l'erario della garanzia creata mediante i sequestri. 

Il comma 6 apporta alcune modifiche alla legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria per il 2008), che ha affidato a una società convenzionata la riscossione dei crediti erariali relativi al processo penale. Tali modifiche si rendono necessarie al fine di coordinare i compiti di tale società con le nuove modalità di riscossione introdotte in altre parti dell'articolato del presente disegno di legge.

Così, sia la modifica alle lettere a) e c) del comma 367 dell'articolo 1 della legge n. 244 del 2007, sia l'introduzione della lettera b-bis) dello stesso comma sono coerenti con le nuove modalità di quantificazione del credito dell'erario per spese di giustizia e con l'abolizione dell'invito al pagamento nella procedura di riscossione. 
La nuova lettera c) del comma 367 dell'articolo 1 della legge n. 244 del 2007, infine, mira ad estendere la facoltà per gli agenti della riscossione di rateizzare le spese di giustizia, anche alla fase antecedente al ruolo. Il decreto-legge n. 248 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 31 del 2008, ha introdotto tale
facoltà ma limitatamente alla fase della riscossione coattiva. Si ritiene coerente con la riforma introdotta dalla legge finanziaria, che delega l'intera riscossione delle spese di giustizia e delle pene pecuniarie alla società di proprietà di Equitalia Spa, consentire alla società la rateizzazione del credito anche nella fase cosiddetta «spontanea». Viene espressamente esclusa la rateizzazione delle pene pecuniarie, stante la specificità della materia, come peraltro previsto anche dal decreto-legge n. 248 del 2007. 

Articolo 64 (Abrogazioni e modificazione di norme). L'articolo prevede l'abrogazione delle seguenti disposizioni: 

  1. l'articolo 25 (L) del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115;
  2. gli articoli 1, comma 372, e 2, commi da 612 a 614, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Conseguentemente, gli articoli 211 (R), 212 (R) e 213 (R) del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 si applicano nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della legge n. 244 del 2007. 

Articolo 65 (Clausole generali e certificazione). La più recente legislazione ha fatto spesso rinvio a norme contenenti «clausole generali», che cioè legittimano il ricorso a particolari tipologie di lavoro o a decisioni delle parti non in presenza di specifici causali tipizzate, ma in presenza di requisiti riscontrabili ed effettivi, ma flessibili. 
È necessario che, nel rispetto del princìpio costituzionale di libertà di impresa, il controllo sul riscontro dei presupposti che la legge pone con le clausole generali sia vincolato alla verifica (ex ante in sede di certificazione dei contratti di lavoro o ex post in sede giudiziale) dell'esistenza concreta di tali condizioni, senza tuttavia che possa essere sindacato il merito o la opportunità della scelta datoriale, compito questo che appartiene semmai, sempre in funzione della tutela di princìpi di rilevanza costituzionale, alla contrattazione collettiva e alla autotutela collettiva. 

Un ulteriore ambito di intervento è quello costituito dalla promozione e incentivazione dell'istituto della certificazione dei contratti di lavoro, introdotto dalla riforma Biagi, allo scopo di ridurre il contenzioso in materia di rapporti di lavoro garantendo assistenza alle parti nel momento formativo della volontà e maggiore certezza alle qualificazioni convenzionali. 
A tale riguardo si prevede che, nel valutare le motivazioni a base del licenziamento, il giudice faccia riferimento alle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti (non solo nei contratti collettivi, bensì anche) nei contratti di lavoro individuali, ove stipulati con l'assistenza e consulenza delle commissioni di certificazione. 

Articolo 66 (Conciliazione e arbitrato). L'articolo in esame sostituisce gli articoli 410, 411, 412, 412-ter e 412-quater del codice di procedura civile.

Articolo 67 (Decadenze). Con l'articolo in esame si vuole intervenire sui termini di decadenza e sulle modalità di impugnazione del licenziamento ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 604 del 1966; viene infatti stabilito che il licenziamento deve essere impugnato entro centoventi giorni a pena di decadenza dalla comunicazione o dalla comunicazione dei motivi ove non contestuale con ricorso depositato nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro. Viene concesso quindi un termine più lungo, ma l'unico atto con cui è possibile l'impugnazione è rappresentato dal ricorso al giudice del lavoro. Tale modifica riguarderà la maggior parte dei licenziamenti. 

Articolo 68 (Rimedi giustiziali contro la pubblica amministrazione). L'articolo interviene in materia di parere sui ricorsi straordinari nell'ambito della normativa sulla semplificazione dei procedimenti relativi ai ricorsi amministrativi, prevedendo che l'organo al quale è assegnato il ricorso, se ritiene che il ricorso non possa essere deciso indipendentemente dalla risoluzione di una questione di legittimità costituzionale che non risulti manifestamente infondata, sospende l'espressione del parere e, riferendo i termini e i motivi
della questione, ordina alla segreteria l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87, nonché la notifica del provvedimento ai soggetti ivi indicati. 
Infine l'articolo elimina la possibilità che il Ministero competente si discosti dal parere del Consiglio di Stato sottoponendo l'affare alla deliberazione del Consiglio dei ministri.

Il capo IX è in materia di privatizzazioni.

Articolo 69 (Patrimonio dello Stato Spa). Tenuto conto della vigente normativa che disciplina le attività della Patrimonio dello Stato Spa, la modifica trae origine dalla finalità di consentire il trasferimento e il collocamento sul mercato di assets pubblici inseriti nel conto generale del patrimonio dello Stato, con conseguenti riflessi positivi sui saldi e sulle disponibilità finanziarie dello Stato. 

Articolo 70 (SACE Spa). L'articolo in esame, al fine di ottimizzare l'efficienza dell'attività della SACE Spa a sostegno della internazionalizzazione dell'economia italiana e della sua competitività rispetto agli altri organismi che operano con le stesse finalità sui mercati internazionali, delega il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi che prevedano:

  1. la separazione tra l'attività che la SACE Spa svolge a condizioni di mercato e l'attività che, avente ad oggetto rischi non di mercato, beneficia della garanzia dello Stato secondo la normativa vigente;
  2. la possibilità che le due attività siano esercitate da organismi diversi, determinandone la costituzione e i rapporti;
  3. la possibilità che all'organismo destinato a svolgere l'attività a condizioni di mercato partecipino anche soggetti interessati all'attività o all'investimento. 

Inoltre, la proposta normativa è volta a sopprimere - nell'ottica di un'eventuale privatizzazione della SACE Spa - il secondo periodo del comma 2 dell'articolo 6 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003 (normativa di trasformazione dell'ex ente pubblico economico SACE in società per azioni), che disciplina la composizione degli organi sociali della società, rinviando implicitamente alle disposizioni statutarie la composizione del consiglio di amministrazione della SACE Spa. 

Articolo 71 (Società pubbliche). La norma, proseguendo nelle finalità di contenimento della spesa pubblica consente alle società direttamente o indirettamente controllate dallo Stato, di dotarsi di una gestione più efficiente dovuta alla maggiore snellezza dei processi decisionali afferenti all'operatività aziendale, prevedendosi l'amministratore delegato quale figura centrale nella gestione della società, seppur nei limiti delle deleghe espressamente attribuitegli dal consiglio di amministrazione. Si provvede, quindi, sul contenimento del numero dei componenti dei consigli di amministrazione delle società non quotate nei mercati regolamentati controllate dallo Stato, nonché sul conferimento di deleghe e compensi. 

Le proposte di modifica dei commi 27 e seguenti dell'articolo 3 della legge n. 244 del 2007 sono dirette a chiarire le modalità di applicazione della disciplina dettata dalla legge finanziaria alle partecipazioni gestite dal Ministero dell'economia e delle finanze che già sono oggetto di disposizioni di legge speciale (in particolare, il riferimento è ai commi 27-bis, 28-bis e 29). Per quanto attiene alla soppressione delle parole «o indirettamente», nel comma 27, essa è necessaria al fine di chiarire che il vincolo alla realizzazione degli scopi istituzionali dell'amministrazione pubblica è relativo alle finalità delle partecipate di primo livello. L'introduzione del comma 32-ter è, infine, diretta a precisare che l'intervento normativo non riguarda le società quotate nei mercati regolamentati. 

La proposta relativa all'introduzione del comma 32-bis è volta a chiarire il concetto di perdita contenuto all'articolo 1, comma 734, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Ciò nell'intento di limitare le perdite che gravano sul bilancio dello Stato, ponendo al centro della norma non il senso ragioneristico del concetto di perdita, ma l'aspetto dell'attività gestoria rispetto alla situazione di partenza. Infatti, se nel triennio le perdite
risultassero progressivamente ridotte rispetto alla situazione iniziale, ancorché non del tutto eliminate, l'opera dell'amministratore andrebbe valutata positivamente. Per converso, meriterebbe un giudizio negativo l'amministratore che, avendo rilevato una società in forte utile, l'avesse portata, nel triennio, in una condizione di perdurante ma molto più esiguo utile. Per questo la norma deve distinguere tra perdite effettivamente riferibili a scelte gestionali, e pertanto imputabili all'amministratore, e perdite dovute invece alla struttura stessa, oggettivamente predeterminata, dei conti aziendali. 

Il titolo II è in materia di stabilizzazione della finanza pubblica. 

Articolo 72 (Copertura finanziaria delle leggi e legge finanziaria). L'articolo in esame apporta modifiche agli articoli 11 e 11-ter della legge 5 agosto 1978, n. 468. 
In particolare, con riferimento all'articolo 11 (legge finanziaria), esso specifica che la legge finanziaria può contenere esclusivamente norme volte a realizzare effetti finanziari con particolare riferimento agli enti inseriti nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni, individuati dall'ISTAT; in relazione al «saldo netto da finanziare in termini di competenza», specifica «del fabbisogno del settore statale e dell'indebitamento netto della pubblica amministrazione, articolato pro quota per livelli di governo» e prevede che le eventuali regolazioni pregresse debbano essere «analiticamente indicate in apposita tabella»; conferma l'esclusione dal contenuto della legge finanziaria delle norme di carattere ordinamentale od organizzatorio, eliminando il riferimento ad ogni eccezione [in particolare, si tratta delle norme che si caratterizzino per un rilevante contenuto di miglioramento dei saldi di cui alla lettera a) del comma 3 dell'articolo 11]; abroga, infine, la lettera i-ter) del comma 3. Pertanto, il contenuto esclusivo della legge in esame non prevede più le norme comportanti aumenti o riduzioni di entrata, il cui contenuto sia finalizzato direttamente al sostegno o al rilancio dell'economia, con esclusione di interventi di carattere localistico o microsettoriale.      

In relazione all'articolo 11-ter (Copertura finanziaria delle leggi), l'articolo in parola, in conformità alle modifiche apportate all'articolo 11, prevede che la copertura finanziaria delle leggi che importino nuove o maggiori spese, ovvero minori entrate, è determinata secondo le modalità indicate dall'articolo medesimo, con riferimento al saldo netto da finanziare, al fabbisogno del settore statale e all'indebitamento netto del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni; introduce, inoltre, tra le modalità di determinazione della copertura finanziaria delle leggi che importino nuove o maggiori spese, ovvero minori entrate, le compensazioni finanziarie, anche in termini di sola cassa, per far fronte agli effetti sul fabbisogno e sull'indebitamento netto; infine, introduce il comma 5-bis, che prevede l'aggiornamento, all'atto del passaggio dell'esame tra i due rami del Parlamento, delle relazioni tecniche relative ai disegni di legge, agli schemi di decreto legislativo e agli emendamenti di iniziativa governativa che comportino conseguenze finanziarie e delle relazioni tecniche eventualmente richieste al Governo dalle Commissioni parlamentari per le proposte legislative e gli emendamenti al loro esame. 

Articolo 73 (Attuazione del federalismo). L'articolo alloca risorse per realizzare lo studio delle problematiche connesse alla effettiva attuazione della riforma federalista, assicurando un contesto di stabilità e piena compatibilità finanziaria con gli impegni europei e internazionali assunti. 

Articolo 74 (Corte dei conti). L'articolo in esame prevede che, avverso le deliberazioni conclusive di controlli su gestioni che abbiano accertato il mancato raggiungimento degli obiettivi stabiliti o l'inefficienza dell'attività amministrativa svolta, l'amministrazione competente, nel termine perentorio di sessanta giorni dalla formale comunicazione, può, anche mediante strumenti telematici idonei allo scopo, proporre ricorso ad un apposito collegio delle sezioni riunite della Corte dei conti, composto da undici magistrati con qualifica non inferiore a consigliere e presieduto dal Presidente della Corte, che giudica in via esclusiva, con sentenza di mero accertamento, sulla fondatezza degli esiti istruttori e delle risultanze del controllo. Analogamente è dato ricorso ad ogni ente, istituto o amministrazione che avrebbe tratto diretto beneficio dalla gestione sottoposta a controllo, nonché ad ogni contribuente che dimostri, quale ulteriore condizione di procedibilità, di avere adempiuto negli ultimi tre anni ai propri obblighi fiscali. 

La decisione delle sezioni riunite che accerti violazione di norme o regole comunitarie inerenti ai bilanci può essere altresì comunicata, su conforme proposta del Presidente della Corte, ai competenti organi dell'Unione europea. 
Resta fermo il disposto del comma 3-bis dell'articolo 2 della legge n. 468 del 1978, introdotto dall'articolo 1, comma 171, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. 
Le sezioni riunite in sede di controllo, ferme restando le attribuzioni ad esse demandate da norme di legge o di regolamento, contemporaneamente al giudizio di parifica del rendiconto generale dello Stato, a norma degli articoli 40 e 41 del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, di cui al regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, rendono altresì al Parlamento il referto, ai fini del coordinamento del sistema complessivo di finanza pubblica, previsto dall'articolo 3, comma 4, della legge n. 20 del 1994, come da ultimo modificato dall'articolo 3, comma 65, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. 

Le sezioni riunite procedono, altresì, all'analisi delle entrate, verificandone lo scostamento rispetto alle previsioni e le cause di esso, evidenziando anche la distribuzione territoriale e funzionale delle stesse entrate. 
Fermo restando il parere obbligatorio di cui al regio decreto-legge 9 febbraio 1939, n. 273, convertito dalla legge 2 giugno 1939, n. 739, il Presidente del Consiglio dei ministri può avvalersi della facoltà prevista per i Presidenti delle Camere dall'articolo 16, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e può altresì chiedere alla Corte dei conti pareri su questioni relative alla finanza pubblica. Il Presidente della Corte dei conti stabilisce se sottoporre tali richieste di parere alle sezioni riunite in sede consultiva ovvero, per ragioni di urgenza, ad un collegio di sette magistrati da lui nominato. 

Il Presidente del Consiglio dei ministri chiede altresì il parere della Corte dei conti in ordine all'attuazione annuale dell'obbligo di cui al comma 3-bis dell'articolo 2 della legge n. 468 del 1978, introdotto dall'articolo 1, comma 171, della legge n. 266 del 2005. 
Il Presidente del Consiglio dei ministri può invitare il Presidente della Corte dei conti, o un magistrato da lui delegato, ad assistere a riunioni tecniche del Governo per essere sentito su questioni relative alla finanza pubblica. 
Al fine di assicurare la trasparenza e l'affidabilità dei conti pubblici il Presidente del Consiglio dei ministri o le competenti Commissioni parlamentari possono chiedere alla Corte dei conti la verifica e la certificazione delle risultanze dei conti pubblici. La Corte vi procede di concerto con il dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze, previa stipulazione di uno specifico protocollo d'intesa, relativo alle modalità di lavoro, tra il Ragioniere generale dello Stato e il Segretario generale della Corte dei conti, nel rispetto delle direttive allo stesso impartite dal Presidente della Corte medesima. 
Le sezioni della Corte dei conti, per l'esercizio delle proprie funzioni, hanno accesso diretto in via telematica alle banche dati di ogni pubblica amministrazione. 

Il titolo III reca le disposizioni finanziarie e finali. Esso si compone del solo articolo 75 (Disposizioni finanziarie), il quale prevede che per la realizzazione degli interventi di cui ai capi I, II e III del titolo I, effettuati per il tramite dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, si provvede a valere sulle risorse finanziarie, disponibili presso l'Agenzia medesima, ferme restando le modalità di utilizzo già previste dalla normativa vigente per le disponibilità giacenti sui conti di tesoreria intestati all'Agenzia.