DDL - Abolizione dei tribunali regionali e del Tribunale superiore delle acque pubbliche - Relazione

Disegno di legge recante: "Abolizione dei tribunali regionali e del Tribunale superiore delle acque pubbliche"

Articolato

II regio decreto 11dicembre 1933, n. 1775, recante testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici regola, al titolo IV, il funzionamento del contenzioso, distribuito in otto tribunali regionali delle acque pubbliche (t.r.a.p.), che giudicano in materia di diritti, nonché di un unico Tribunale superiore delle acque pubbliche (T.s.a.p.) con una duplice funzione e una differenziata composizione:

  1. come organo di appello, rispetto alle decisione dei t.r.a.p., opera con 5 componenti (3 giudici ordinari, 1 giudice amministrativo ed 1 tecnico);
  2. quale giudice amministrativo, sulle impugnazioni dirette degli atti amministrativi in materia di acque, opera con 7 componenti (3 giudici ordinari, 3 giudici amministrativi ed un tecnico).

Il funzionamento di questi ormai datati organi giurisdizionali, strutturati ed operanti con norme ancorate al codice processuale del 1865, si presenta assai dispendioso, perché prevede delle strutture ormai non più congrue rispetto al numero di controversie, da giudicarsi del tutto irrisorio rispetto al normale carico degli altri organi giurisdizionali (negli ultimi cinque anni le cause iscritte sono state, rispettivamente, 169, 193, 191, 198, 207), sicché il "servizio giustizia" si presenta nella materia assai dispendioso.

La struttura giudiziaria, storicamente datata, si comprende e giustifica solo in un contesto storico superato, tant'è che è stata più volte oggetto di tentativi di revisione e di adeguamento rimasti senza esito, anche in funzione dell'obbligo costituzionale di riesaminare gli organi speciali di giurisdizione di cui al comma 1 della VI disposizione transitoria e finale della Carta costituzionale (progetto di riforma presentato al Ministero dei LL.PP. dalla commissione Ferrati, nominata nel 1966 che terminò i lavori nel 1973; progetto di riforma presentato al Ministero dei LL.PP. dalla commissione Palazzolo, nominata nel 1989 che terminò i lavori con una relazione stralcio sul contenzioso nell'aprile del 1990); da ultimo, la necessità di un intervento è divenuto assolutamente indispensabile all'esito di alcune recenti sentenze della Corte costituzionale.

Con la decisione 20 giugno/3 luglio 2002, n. 305 la Corte si è pronunciata in merito agli articoli 139 e 143, comma 3 del testo unico, giudicandoli incostituzionali nella parte in cui non prevedono la nomina di uno o più supplenti, nell'ipotesi di astensione di uno dei componenti titolari.

Con la decisione 10/17 luglio 2002, n. 353 la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della composizione dei tribunali regionali relativamente alla partecipazione al collegio giudicante di uno dei tre tecnici, già funzionari del genio civile.

Tali pronunce di incostituzionalità, unitamente alla considerazione di scarsa compatibilità tra i principi che reggono il giudizio in materia di acque e quelli in materia processuale sanciti dalla Costituzione (si pensi a mo' di esempio che l'impugnativa davanti al T.s.a.p. come giudice amministrativo è limitata ad un unico grado e che l'impugnativa innanzi alla Sezioni unite della Cassazione delle sentenze emesse dal T.s.a.p. quale giudice amministrativo è ammessa con ricorso straordinario, fuori dal sistema vigente) suggeriscono il presente intervento normativo che si propone di sopprimere i citati organi giurisdizionali e di attribuire al giudice ordinario (Tribunali e Corti d'appello) le cause relative a diritti ed al giudice amministrativo (t.a.r. e Consiglio di Stato) dei ricorsi avverso i provvedimenti amministrativi in tema di acque.

Tenuto conto del numero molto basso di controversie (l'ultima rilevazione riferisce una pendenza di appena 556 processi), nonché di una regolamentazione del testo unico superata ed in contrasto con l'intervenuta normativa costituzionale, si presenta la avvertita esigenza di riportare l'attuale contenzioso davanti al giudice naturalmente competente e cioè al giudice ordinario per le questioni relative a diritti e al giudice amministrativo per quelle concernenti lesioni di interessi legittimi, fatto salvo, per quest'ultimo, la competenza, introdotta dalle recenti modifiche legislative, a conoscere del risarcimento del danno nelle materie devolute alla sua giurisdizione.

La soluzione proposta distribuisce, dunque, le competenze dei tribunali delle acque pubbliche tra giudice ordinario ed amministrativo, prevedendo un generale doppio grado di giudizio con possibilità di ricorso per cassazione relativamente alla giurisdizione nei casi di decisione di secondo grado del Consiglio di Stato ed ordinario (art. 360 e ss. C.p.c.) negli altri casi.

Il posto di presidente del T.s.a.p. viene soppresso e questa soppressione è utilizzata per istituire un nuovo posto di presidente aggiunto della Corte suprema di cassazione, permettendo la razionalizzazione della distribuzione delle competenze degli aggiunti tra il ramo civile e quello penale.

L'organico amministrativo del T.s.a.p. viene aggregato a quello della Corte di cassazione, con salvezza dei diritti del personale impiegato.

La disciplina transitoria e di attuazione è concepita per un graduale passaggio al nuovo sistema, che rispetti le aspettative ed i diritti delle parti nei procedimenti pendenti (art. 5 comma 4), garantendo l'appello e l'impugnazione dei provvedimenti, secondo un termine (90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge) che tiene conto delle novità introdotte.

Il medesimo criterio di riparto della giurisdizione è esteso anche alle ipotesi di revocazione, opposizione di terzo e di correzione delle ordinanze e delle sentenze, previste attualmente dal codice di procedura civile.

L'attuazione delle previsioni contenute nella presente legge non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.