XIX LEG - ddl - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, recante misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale.

aggiornamento: 20 dicembre 2023

Esame definitivo - Consiglio dei ministri 7 settembre 2023

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, recante misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale.

 

Art. 1

1. Il decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, recante misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale, è convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge.
 
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
 
 
Relazione Illustrativa
 

Il presente provvedimento introduce disposizioni urgenti per il contrasto alla criminalità minorile e all’elusione scolastica, nonché per la tutela dei minori vittime di reato, considerate le caratteristiche di maggiore pericolosità e lesività acquisite nei tempi recenti dalla criminalità minorile. Ciò al fine di approntare una risposta sanzionatoria ed altresì dissuasiva, che mantenga l’attenzione per la specificità della condizione dell’autore di reato minorenne, intervenendo sui presupposti di applicabilità delle misure cautelari ed altresì prevedendo un procedimento anticipato, idoneo al reinserimento e alla rieducazione del minore autore di condotte criminose. Il decreto detta altresì misure urgenti e necessarie per la tutela dei minori nello spazio cibernetico e nei servizi on-line, al fine di garantirne il benessere e il pieno sviluppo fisico e mentale.

 

Il provvedimento consta di 16 articoli suddivisi in quattro Capi.

 

Il Capo I riguarda gli interventi infrastrutturali nel territorio del Comune di Caivano.

 

Art. 1 (Interventi infrastrutturali urgenti in favore del Comune di Caivano)

L’articolo in esame è finalizzato a fronteggiare le situazioni di degrado, vulnerabilità sociale e disagio giovanile presenti nel territorio del Comune di Caivano.

Il comma 1 prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi entro quindici giorni dall’entrata in vigore del presente decreto-legge, sia nominato un Commissario straordinario con il compito di predisporre, d’intesa con il Comune di Caivano e con il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, un piano straordinario per la realizzazione di interventi infrastrutturali o di riqualificazione nell’ambito del territorio del Comune di Caivano, nonché di interventi per la riqualificazione del centro sportivo ex Delphinia di Caivano sulla base dell’attività istruttoria del Genio militare. Il piano straordinario è approvato con delibera del Consiglio dei ministri, con assegnazione delle relative risorse nel limite complessivo di 30 milioni di euro, a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione di cui all'articolo 1, comma 177, della legge n. 178 del 2020 e in coerenza con le disponibilità finanziarie dello stesso.

Al comma 2 si stabilisce che per la realizzazione dei predetti interventi si provveda in deroga a ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto dei principi generali dell’ordinamento, delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle relative misure di prevenzione del predetto codice, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea.

Si prevede, inoltre, che per detti interventi il Commissario straordinario si avvalga del supporto tecnico-operativo dell’Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa – INVITALIA S.p.A., che svolge altresì le funzioni di centrale di committenza, con oneri posti a carico dello stanziamento di cui al comma 1, come determinato nella delibera del Consiglio dei ministri, e comunque nel limite massimo del due per cento di detto stanziamento, al netto di quanto previsto dal comma 4.

Al comma 3 si prevede l’istituzione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di una struttura di supporto per lo svolgimento dei compiti del Commissario straordinario, la quale opera alle dirette dipendenze del Commissario stesso sino alla data di cessazione del suo incarico, pari a un anno, prorogabile di un ulteriore anno.

A tale struttura sono assegnate fino a cinque unità di personale di cui una di livello non generale e quattro unità di personale non dirigenziale, dipendenti di pubbliche amministrazioni centrali e di enti territoriali, previa intesa con le amministrazioni e con i predetti enti, in possesso di specifiche competenza e professionalità richiesti in materia di ricostruzione, con esclusione del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario delle istituzioni scolastiche. Si stabilisce, altresì, che il personale della struttura sia collocato fuori ruolo o in posizione di comando, distacco o altro analogo istituto o posizione previsti dai rispettivi ordinamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 14, della legge n. 127 del 1997, nonché che sia reso indisponibile nella dotazione organica dell'amministrazione di provenienza, per tutta la durata del collocamento fuori ruolo, un numero di posti equivalente dal punto di vista finanziario.

Si prevede, infine, che il DPCM istitutivo della struttura di supporto determini, nei limiti di quanto previsto dal comma 1, le dotazioni finanziarie, strumentali e di personale, anche dirigenziale, necessarie al funzionamento della medesima struttura, nonché il compenso del Commissario, in misura non superiore a quella indicata all'articolo 15, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 con oneri a carico delle risorse di cui al comma 1, il quale può avvalersi anche delle strutture delle amministrazioni locali e delle strutture periferiche delle amministrazioni centrali dello Stato.

Al comma 4 si stabilisce che con il piano straordinario siano effettuati anche interventi urgenti per il risanamento, il ripristino, il completamento, l’adeguamento, la ricostruzione e la riqualificazione del centro sportivo ex Delphinia di Caivano e per la realizzazione degli ulteriori interventi strumentali e connessi che interessino il centro sportivo ovvero pertinenze attigue.

Per la realizzazione di tali interventi, si prevede che il Commissario straordinario sia avvalga del supporto tecnico-operativo della Società Sport e Salute, che svolge altresì le funzioni di centrale di committenza, con oneri posti a carico dello stanziamento di cui al comma 1, come determinato nella delibera del Consiglio dei ministri, e comunque nel limite massimo del 2 per cento delle risorse destinate con la citata delibera alla realizzazione degli interventi di cui al primo periodo del presente comma.

Il comma 5 stabilisce che spetta al Commissario prevedere anche criteri e modalità per l’affidamento in uso degli impianti del Centro sportivo ex Delphinia di Caivano, anche in deroga alle disposizioni vigenti, individuando come prioritari i progetti presentati dai Gruppi sportivi militari e Corpi civili dello Stato.

Al comma 6 si prevede che vengano finanziati dal Ministero dell’università e della ricerca specifici progetti finalizzati alla costruzione o rigenerazione di edifici e spazi nell’area del Comune di Caivano, da destinare ad attività educative e formative. Tali interventi, identificati dal Codice Unico di Progetto (CUP), sono realizzati dalle istituzioni universitarie locali in raccordo con il Commissario straordinario e per essi operano le deroghe di cui al comma 2, primo periodo.

Il comma 7 reca la copertura degli oneri di cui al comma 6 a valere sulle risorse del Fondo integrativo speciale per la ricerca (FISR), per un importo pari a cinque milioni di euro per l’anno 2024.

Ai commi 8, 9 e 10 si autorizza il comune di Caivano ad assumere a tempo indeterminato, mediante procedure concorsuali semplificate o mediante scorrimento di graduatorie vigenti di altre amministrazioni, 15 unità di personale non dirigenziale del corpo della polizia locale, in deroga ai vincoli assunzionali, al fine di garantire l’incremento della sicurezza urbana ed il controllo del territorio.

Si quantificano, infine, gli oneri derivanti da tali assunzioni e si individua la relativa copertura finanziaria.

 

Art. 2 (Misure in favore dell’orientamento e del supporto agli studenti del Comune di Caivano) L’articolo reca misure volte ad ampliare gli strumenti di intervento dello Stato al fine di fronteggiare le situazioni di degrado, di vulnerabilità sociale e di povertà educativa nel territorio del Comune di Caivano, in coerenza con le finalità perseguite dal provvedimento, promuovendo specifiche azioni finalizzate al coinvolgimento delle istituzioni di alta formazione nel ricomporre il tessuto sociale e offrire nuove prospettive di sviluppo ai giovani del territorio.

In particolare, il comma 1 interviene a destinare specifiche ed ulteriori risorse all’attività di orientamento universitario, da sviluppare in raccordo tra le istituzioni scolastiche del territorio e gli enti di alta formazione regionale, così da mettere a sistema l’offerta di servizi educativi e di prospettive professionali per i giovani e i giovani adulti di un territorio così provato da situazioni di marginalità sociale ed economica.

Si prevede che il Ministero dell’università e della ricerca possa sottoscrivere un accordo di programma ai sensi dell’articolo 5, comma 6, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, con una o più Università statali aventi sede in Campania, al fine di finanziare introdurre specifici percorsi di orientamento per il supporto sociale, culturale e psicologico degli studenti presso le scuole secondarie di secondo grado site nel territorio comunale di Caivano e nei comuni limitrofi. Tali progetti hanno la finalità, quindi, di introdurre specifici percorsi di orientamento – da svolgersi anche in collaborazione con le Istituzioni dell’Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica (AFAM) - per il supporto sociale, culturale e psicologico degli studenti presso le scuole secondarie di secondo grado site nel territorio comunale di Caivano e nei territori limitrofi.

Si intende, in questo modo, e in coerenza con il quadro normativo delineato dal provvedimento in questione, intervenire, al fine di offrire una risposta mirata ed efficace, sulle importanti fragilità di ordine sociale e culturale che colpiscono i tanti ragazzi che vivono nel territorio del Comune di Caivano. A tal fine, si vuole ulteriormente promuovere, mediante la costruzione di progetti mirati organizzati dalle istituzioni universitarie site nella Regione campana, attività di orientamento in favore degli studenti delle scuole superiori per supportarli nel delicato percorso di crescita personale e di transizione verso l’università.

Il comma 2 disciplina la copertura finanziaria delle misure disciplinate al comma 1.

 

Il Capo II reca disposizioni in materia di sicurezza e di prevenzione della criminalità minorile.

 

Art. 3 (Disposizioni in materia di misure di prevenzione a tutela della sicurezza pubblica e della sicurezza delle città)

La disposizione reca alcune modifiche normative in materia di misure di prevenzione, accomunate dall’obiettivo di elevare ulteriormente il livello di sicurezza pubblica e di rafforzare la tutela di alcuni “luoghi-chiave” del contesto urbano e della vita comunitaria.

Viene potenziata, in particolare, la misura del divieto di accesso a determinati luoghi a tutela del decoro urbano e della sicurezza (D.A.C.U.R.), di cui al decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, al fine di ampliarne e rafforzarne il raggio di applicazione.

Ulteriore intervento preventivo viene effettuato sull’istituto del foglio di via obbligatorio, per risolverne alcune criticità applicative e adeguarlo al mutato contesto sociale.

Il comma 1, lettera a) elimina la procedura di convalida da parte dell’A.G. per l’ipotesi “aggravata” di D.A.C.U.R. prevista dall’articolo 10, commi 3 e 4, del decreto-legge n. 14/2017, atteso che la misura può risultare maggiormente incisiva con l’aumentare del suo termine di durata senza prevedere ulteriori prescrizioni che gravano sulle libertà del destinatario, come accade per il D.A.S.P.O., ai sensi dell’articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401 e per i D.A.C.U.R. di cui agli articoli 13 e 13-bis del decreto-legge 14/2017.

Sempre in un’ottica di armonizzazione con la disciplina degli altri divieti di accesso previsti dagli articoli 13 e 13-bis del medesimo decreto-legge, viene inoltre chiarita l’applicabilità della misura di prevenzione in parola anche ai minorenni ultraquattordicenni, che nell’attuale assetto normativo è deducibile solo in via indiretta dall’interpretazione dell’ultimo periodo del comma 3: “Qualora il responsabile sia soggetto minorenne, il questore ne dà notizia al procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni”, limitandosi la lettera della vigente disposizione alla mera comunicazione con carattere, quindi, esclusivamente informativo al Procuratore della Repubblica. Con il comma 1, lettera b), viene modificato l’articolo 13 del riferito decreto-legge 20 febbraio 2017, n.14, recante ulteriori misure di contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti all'interno o in prossimità di locali pubblici o aperti al pubblico e di pubblici esercizi.

In tale contesto, al fine di incrementare l’efficacia della misura del divieto di acceso, se ne estende l’ambito oggettivo di applicazione a tutti i luoghi di spaccio individuati dal comma 1 dell’articolo 13 (scuole, plessi scolastici, sedi universitarie, locali pubblici o aperti al pubblico, pubblici esercizi), anziché ai soli “locali o esercizi analoghi” menzionati dall’attuale disposizione. Sul versante dei reati- presupposto, vengono, inoltre, incluse le condotte in materia di sostanze stupefacenti contemplate dall’articolo 73 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (n. 1).

Per quanto concerne le prescrizioni aggiuntive contemplate dal comma 3 dell’articolo 13, si prevede che le stesse siano applicabili quando ricorrano specifiche ragioni di pericolosità.

Tale soluzione consente di potenziare la misura in argomento e di armonizzarla con la disciplina del D.A.C.U.R. di cui all’articolo 13-bis, che prevede l’applicabilità delle prescrizioni senza presupposti ulteriori rispetto al divieto di accesso.

Resta ferma, per entrambi i provvedimenti, la procedura di convalida da parte dell’Autorità giudiziaria, ai sensi dell’articolo 8 della legge 13 dicembre 1989, n. 401 (n. 2).

In coerenza con la richiamata logica di omogeneità delle disposizioni, la sanzione penale prevista per la violazione della misura viene aggravata, con la previsione della reclusione da uno a tre anni e della multa da 10.000 euro a 24.000 euro, in modo da garantire uniformità con le altre misure a carattere ordinativo/interdittivo volte a tutelare la sicurezza di determinati luoghi, in particolare con l’articolo 6, comma 6, della legge 13 dicembre 1989, n. 401, in materia di DASPO (n. 3).

Con il comma 1, lettera c), viene modificato, mediante cinque mirati interventi, l’articolo 13-bis del surriferito decreto-legge 14/2017, al fine di rafforzare le misure in materia di prevenzione di disordini e violenze negli esercizi pubblici e nei locali di pubblico trattenimento (cd. “DASPO Willy”).

Su questo fronte, nella prospettiva di rendere la misura ancora più incisiva, si dispone (n. 1) l’ampliamento del novero delle condotte-presupposto, aggiungendo alle fattispecie già previste dal comma 1, i reati di cui all’articolo 4 della legge 18 aprile 1975, n. 110 (porto di armi e di oggetti atti ad offendere) e agli articoli 336 e 337 del codice penale (resistenza e violenza o minaccia a pubblico ufficiale).

Viene aggiunta, inoltre, accanto all’arresto e al fermo, la sottoposizione ad una delle misure cautelari coercitive di cui agli articoli 284 (arresti domiciliari) e 285 (custodia cautelare in carcere) c.p.p., quale presupposto per l’applicazione della fattispecie aggravata di D.A.C.U.R., che consente al Questore di inibire l’accesso ai pubblici esercizi o ai locali di pubblico trattenimento presenti nel territorio dell'intera provincia (n. 2).

Tale intervento è motivato da ragioni di coerenza intrinseca e di funzionalità del sistema: sulla base dell’attuale assetto normativo, infatti, tra i destinatari della misura di prevenzione in esame potrebbero figurare, ad esempio, i soggetti arrestati in flagranza, che a seguito di convalida sono stati rimessi in libertà senza alcuna misura restrittiva, ma non i soggetti che sono stati colpiti da un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dall’A.G., in ragione dell’accertamento di gravi indizi di colpevolezza ed esigenze cautelari concrete ed attuali.

La delineata ratio di armonizzare la disciplina delle misure a carattere ordinativo/interdittivo è alla base, altresì, della rideterminazione (n. 3) della durata del divieto (“da 6 mesi a 2 anni, si estende “da 1 a 3 anni”), dell’individuazione (n. 4) di una durata specifica per le prescrizioni (fino a 2 anni, analogamente a quanto previsto per il provvedimento di cui all’articolo 13 dello stesso decreto legge), nonché di adeguare (n. 5) l’entità della sanzione penale (prevedendo la reclusione da uno a tre anni e la multa da 10.000 euro a 24.000 euro), come nella fattispecie di cui all’articolo 6, comma 6, della legge 13 dicembre 1989, n. 401.

Il comma 2 modifica la struttura e la disciplina della misura di prevenzione del foglio di via obbligatorio, di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 159/2011 (Codice antimafia e prevenzione).

Nell’attuale configurazione normativa, detta misura preventiva presenta infatti alcune criticità che rischiano ormai di comprometterne la flessibilità d’impiego e l’efficacia rispetto alle attuali dinamiche sociali e alle manifestazioni e tendenze illegali.

Ciò soprattutto con riferimento alla previsione dell’obbligo di rimpatriare il soggetto allontanato nel comune di residenza, che nella realtà odierna quasi sempre si allontana autonomamente prima dell’emissione o comunque della notifica del “foglio di via”, rischiando di pregiudicare la validità e l’efficacia del provvedimento questorile per mancanza di una delle sue due parti essenziali (rimpatrio nel comune di residenza e divieto di ritorno dal comune da cui sono state allontanate).

Su questo punto, si registra una diversità interpretativa tra la giurisprudenza ordinaria e quella amministrativa.

La prima ha più volte affermato (ex multis Cass. Sez. I, n. 40832/2019) che “le prescrizioni di fare rientro nel luogo di residenza e di non ritornare nel Comune oggetto dell’ordine di allontanamento, costituiscono condizioni imprescindibili e inscindibili per la sua legittima emissione”, tanto che la mancanza di una delle due parti darebbe luogo ad illegittimità del provvedimento per difformità dal tipo legale. Nella prassi operativa, tale circostanza crea delle difficoltà soprattutto nei casi in cui, come anticipato, al momento della notifica della misura il soggetto destinatario abbia già lasciato il territorio del Comune per rientrare nel luogo di residenza, rendendo così l’eventuale “ordine di rimpatrio” un mero formalismo, tale da metterne in discussione la ragionevolezza.

La Giurisprudenza amministrativa, invece, ha affermato la legittimità di un provvedimento di foglio di via obbligatorio privo dell’“ordine di rimpatrio” a carico di un soggetto che aveva già fatto rientro nel luogo di residenza, ritenendo che l’Amministrazione – in tale occasione – avesse correttamente utilizzato il potere di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 159/2011, modulandone l’esercizio e gli effetti in modo da farli aderire alla situazione reale, con il minor sacrificio per il soggetto passivo: in altri termini, poiché il prevenuto non si trovava “fuori dei luoghi di residenza” (questo il tenore dell’art. 2 sopra citato) al momento dell’emissione del provvedimento, l’Amministrazione si è limitata alla sola inibizione del ritorno nel comune da quale il prevenuto è stato allontanato”.

In effetti, proprio la facilità e la rapidità di movimento dei possibili destinatari del “foglio di via”, unitamente alla disponibilità di numerosi mezzi di trasporto, sia convenzionali che non convenzionali, suggerisce di rimodulare l’istituto in parola nel senso di valorizzare la componente interdittiva del ritorno nel Comune da cui si viene allontanati, rispetto a quella del rimpatrio nel luogo di residenza, e di aggravare le conseguenze a carico di chi non ottempera all’ordine di allontanamento o rientra senza autorizzazione nel territorio inibito.

Per questa via, ferma restando l’adozione di un espresso ordine di lasciare il territorio comunale entro un massimo di 48 ore, il fuoco del nuovo “foglio di via” viene accesso sul divieto di farvi ritorno, senza preventiva autorizzazione, per un termine non inferiore a sei mesi e non superiore a 4 anni (attualmente, è fino a 3 anni), in un’ottica di armonizzazione con le misure di prevenzione a carattere ordinativo-interdittivo (come il divieto di accesso alle manifestazioni sportive-DASPO e il divieto di accesso ai centri urbani-DACUR) che rende autonomamente operante il divieto di ritorno anche nei casi in cui, al momento della notifica, il soggetto abbia già abbandonato il territorio comunale (comma 2, lett. a).

Sul piano sanzionatorio, la sanzione penale prevista dall’art. 76, comma 3, del citato d.lgs. n. 159/2011, per la violazione della misura de qua, che attualmente coincide con l’arresto da 1 a 6 mesi, viene tramutata in un delitto punito con la reclusione da sei a diciotto mesi e la multa fino a 10.000 euro, e così uniformata a quella prevista per la violazione di altre misure preventive, come ad esempio il D.A.S.P.O. ex art. 6 della legge n. 401/1989 (comma 2, lett. b).

 

Art. 4 (Disposizioni per il contrasto dei reati in materia di armi od oggetti atti ad offendere, nonché di sostanze stupefacenti)

L’intervento modifica alcune disposizioni di natura sia procedurale che sostanziale penale, allo scopo di potenziare le facoltà di arresto in flagranza della polizia giudiziaria per il reato di porto d’armi od oggetti atti ad offendere, in particolare quando concorrente con altro reato commesso con violenza o minaccia, e di inasprire il sistema sanzionatorio delle medesime fattispecie di porto d’armi e dello spaccio di sostanze stupefacenti nelle ipotesi di lieve entità.

Con il comma 1 vengono “ritoccate” le sanzioni previste dall’art. 4, commi 3-5, della legge n. 110/1975 per il porto di armi od oggetti atti ad offendere.

Il comma 2, in coerenza con l’inasprimento sanzionatorio realizzato dal comma 1 sulle sanzioni penali dell’art. 4 della legge n. 110/1975, aumenta da 3 a 4 anni nel massimo la pena dell’arresto per il reato di porto abusivo di armi per cui non è ammessa licenza, ai sensi dell’art. 699, secondo comma, del codice penale.

Il comma 3 modifica il comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. n. 309/1990 (Testo unico delle sostanze stupefacenti e psicotrope), inerente ai fatti di spaccio di stupefacenti connotati da “lieve entità”, per aumentarne la forbice edittale da sei mesi a 5 anni (attualmente, è da 6 mesi a 4 anni).

 

Art. 5 (Disposizioni in materia di prevenzione della violenza giovanile)

La disposizione reca interventi urgenti volti a contrastare, sul piano della prevenzione “sociale”, il fenomeno della violenza giovanile, anche con riferimento al crescente e allarmante fenomeno delle “bande giovanili” (cd. baby-gang), ossia dei gruppi di minorenni dediti o inclini alla commissione di svariate fattispecie incriminatrici, la maggior parte delle quali connotate dall’uso della violenza fisica e/o psicologica e incidenti soprattutto su beni giuridici quali l’incolumità e la libertà individuale e il patrimonio altrui.

Il comma 1, lettera a), anche per adeguare la normativa vigente alla recente sentenza della Corte Costituzionale n. 2/2023 - con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 159/2011 (Codice antimafia e delle misure di prevenzione, da qui anche “Codice antimafia e prevenzione”), nella parte in cui consentiva al Questore, con l’avviso orale, di imporre a coloro che sono stati definitivamente condannati per delitti non colposi il divieto di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, anche i telefoni cellulari, in violazione dell’art. 15 Cost. che consente la limitazione della libertà di comunicazione soltanto con atto motivato dell’Autorità giudiziaria - modifica alcuni aspetti della misura di prevenzione personale dell’avviso orale, di cui all’art. 3 del Codice antimafia e prevenzione.

Innanzitutto, con il numero 1) della citata lett. a), la misura preventiva in discorso viene resa applicabile anche ai minori ultra-quattordicenni, conformemente a quanto previsto per gli ulteriori provvedimenti interdittivi già applicabili de iure condito ai minorenni (ammonimento per cyber- bullismo ex art. 7 della legge n. 71/2017, divieto di accesso alle manifestazioni sportive-DASPO ai sensi dell’art. 6 della legge n. 14/2017, divieto di accesso a pubblici esercizi e ai locali di pubblico spettacolo-DACUR di cui agli artt. 13 e 13-bis del decreto-legge n. 14/2017).

È bene precisare che la nuova tipologia di avviso orale si applicherebbe solo ai minorenni sussumibili nelle particolari categorie di pericolosità sociale previste dall’art. 1, comma 1, lett. b) e c), del Codice antimafia e prevenzione, ovverosia ai minori che:

  • per la condotta e il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose (lett. b);
  • per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, comprese le reiterate violazioni del foglio di via obbligatorio, nonché dei divieti di frequentazione di determinati luoghi previsti dalla vigente normativa, che siano dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale di altri minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica (lett. c).

La misura preventiva dell’avviso orale cesserebbe con il compimento della maggiore età, momento a partire dal quale potrebbero dispiegarsi, in ipotesi, ulteriori e più rigorosi strumenti preventivi (come la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza) e penalistici.

Il numero 2) della lett. a), in coerenza con la suindicata modifica del comma 3-bis, interviene sul successivo comma 4 del medesimo articolo 3, concernente le prescrizioni aggiuntive all’avviso orale, per consentire al Questore di imporre (anche) ai minorenni che abbiano compiuto i quattordici anni, siano stati destinatari di un avviso orale e risultino condannati per delitti non colposi, il divieto di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, una serie di oggetti potenzialmente strumentali alla commissioni di reati o alla messa in pericolo della sicurezza pubblica, quali armi a modesta capacità offensiva, riproduzioni di armi di qualsiasi tipo, altre armi o strumenti, in libera vendita, in grado di nebulizzare liquidi o miscele irritanti non idonei ad arrecare offesa alle persone (come lo spray al peperoncino di cui all’art. 2, comma 3, della legge n. 110/1975, e al d.m. n. 103/2011, che lo rende disponibile per i minori tra i sedici e i diciotto anni), prodotti pirotecnici di qualsiasi tipo, sostanze infiammabili e altri mezzi comunque idonei a provocare lo sprigionarsi delle fiamme.

Il numero 3) della stessa lett. a) è invece destinato ad adeguare l’avviso orale, nella parte relativa alle prescrizioni sul possesso o l’uso dei cellulari, alla richiamata pronuncia della Corte Costituzionale n. 2/2023, rendendola al contempo applicabile anche ai soggetti minori.

Con il nuovo comma 6-bis che si introduce nel citato art. 3 del Codice antimafia, infatti, viene previsto che il divieto di utilizzare, in tutto o in parte, piattaforme o servizi informatici e telematici specificamente indicati nonché il divieto di possedere telefoni cellulari, altri dispositivi per le comunicazioni dati e voce o qualsiasi altro apparato di comunicazione radio trasmittente, sia disposto, quando il suo utilizzo è servito per la realizzazione o la divulgazione delle condotte che hanno determinato l’avviso orale direttamente dall’Autorità giudiziaria, individuata (per ragioni sistematiche e di uniformità, atteso che il medesimo giudicante è già competente a decidere in merito all’opposizione all’avviso orale ai sensi dell’attuale comma 6 dell’art. 3) nel Tribunale in composizione monocratica competente per le misure di prevenzione, su proposta avanzata dal Questore, nelle ipotesi in cui il soggetto da avvisare oralmente risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, per uno o più delitti contro la persona, il patrimonio, ovvero inerenti alle armi o alle sostanze stupefacenti.

Tali presupposti applicativi, si evidenzia, consentirebbero un adeguato campo di applicazione al provvedimento inibitorio, includendo, ad esempio, anche i condannati per determinati delitti colposi, come quelli in materia di circolazione stradale determinati dall’uso alla guida del cellulare o di altri dispositivi elettronici.

Il nuovo comma 6-ter stabilisce che sulla proposta del Questore il Tribunale debba decidere entro 30 giorni, e che il divieto di possedere od utilizzare cellulari non possa avere una durata superiore a 2 anni, con modalità applicative compatibili con le esigenze di salute, famiglia, lavoro o studio del destinatario del provvedimento ablatorio.

Il nuovo comma 6-quater prevede la ricorribilità in Cassazione del decreto giudiziario che dispone il divieto di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, cellulari o piattaforme informatiche o telematiche. Con la lettera b) del comma 1, infine, la sanzione penale prevista dall’art. 76, comma 2, del Codice antimafia e prevenzione, viene estesa alla violazione delle prescrizioni applicate al minorenne.

I commi da 2 a 4 introducono una figura di ammonimento analogo a quello previsto in materia cyber- bullismo, di cui all’art. 7 della legge n. 71/2017, al fine di intercettare alcune condotte illecite realizzate fisicamente da minorenni nei confronti di altri minori, con particolare riguardo alle fattispecie di percosse, lesioni, violenza privata e danneggiamento. Gli effetti di tale ammonimento cessano comunque al compimento della maggiore età.

I commi da 5 a 8, infine, introducono, nell’ottica della prevenzione della recrudescenza della devianza giovanile, una nuova tipologia di ammonimento del Questore per i minori di età compresa tra i 12 e i 14 anni che commettono delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni.

Per tali soggetti, che notoriamente non sono imputabili penalmente ex art. 97 del codice penale, anche prendendo spunto dall’art. 224 dello stesso codice, che contempla ipotesi restrittive adottate dall’Autorità giudiziaria nei confronti di soggetti di età inferiore ai 14 anni che abbiano commesso delitti e siano pericolosi, si prevede il Questore li convochi ai fini dell’ammonimento unitamente ad almeno un genitore o ad altra persona esercente la responsabilità genitoriale.

Gli effetti dell’ammonimento in parola terminano in ogni caso al raggiungimento della maggiore età Al fine di responsabilizzare questi ultimi nella cura e nella vigilanza sul minore, inoltre, viene prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 200 a 1.000 euro, salvo che provino di non aver potuto impedire il fatto delittuoso.

Il comma 9 dispone che l’Autorità competente a irrogare la predetta sanzione è individuata nel Prefetto, e viene fatto rinvio, per quanto compatibili, alle disposizioni di cui alla legge n. 689 del 1981 in materia di sanzioni amministrative.

 

Art. 6 (Disposizioni in materia di contrasto dei reati commessi dai minori)

La previsione apporta mirate modifiche al d.P.R. n. 448/1988, recante disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni.

Vengono modificate, in particolare, alcune disposizioni concernenti i provvedimenti in materia di libertà personale, per adeguare l’apparato normativo al crescente e allarmante fenomeno dei minori che si rendono protagonisti di delitti anche particolarmente gravi per le modalità di aggressione dei beni giuridici protetti dall’ordinamento penale.

Al comma 1, lettera a), viene rimodulato il parametro edittale contenuto nell’art. 18-bis del citato

d.P.R. n. 488/1988 per consentire l’accompagnamento presso gli uffici di polizia del minorenne colto in flagranza di un delitto non colposo, e ivi trattenerlo per il tempo strettamente necessario (non oltre 12 ore) alla sua consegna all’esercente la responsabilità genitoriale o all'affidatario o a persona da questi incaricata. Con la modifica effettuata, la pena della reclusione prevista per il delitto non colposo commesso dal minorenne scende da 5 a 3 anni nel massimo, così da rendere possibile lo strumento dell’accompagnamento a seguito di flagranza in un maggior numero di ipotesi, corrispondenti a frequenti episodi pratici.

L’accompagnamento viene, altresì, esteso anche ai delitti di lesioni, furto, danneggiamento aggravato, nonché alle contravvenzioni in materia di porto illegale di armi da punta e taglio nonché di oggetti atti ad offendere previsti dall’articolo 699 c.p. o dell’articolo 4 della legge 18 aprile 1975, n. 110.

Il comma 1, lettera b), novella l’articolo 19, comma 4, del citato decreto, al fine di ridurre da cinque a quattro anni il limite edittale previsto per l’applicazione delle misure cautelari diverse dalla custodia cautelare.

Ulteriori modifiche riguardano il comma 1, lettera c), con cui viene revisionato l’art. 23 del decreto sopra citato, che disciplina le ipotesi di applicazione di eventuali misure cautelari e, in virtù del rinvio effettuato dagli artt. 16 e 17 del medesimo decreto, anche i casi di arresto dei minori in flagranza di reato e di fermo di minorenne indiziato di delitto.

Al riguardo, si evidenzia che l’esperienza investigativa e giudiziaria ha mostrato come con l’attuale formulazione dell’art. 23, che richiede per l’arresto in flagranza e l’applicazione di misure cautelari la commissione da parte di un minorenne di un delitto non colposo per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a nove anni (oltre ad altre ipotesi tassativamente previste dal comma 1, secondo periodo, dello stesso articolo 23), sfuggano all’arresto facoltativo in flagranza di reato e alle potenziali misure cautelari una serie di delitti, perpetrati di frequente da soggetti minorenni, come i maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.), la violenza, minaccia o resistenza a un pubblico ufficiale (artt. 336 e 337 c.p.), lo spaccio di stupefacenti di lieve entità (art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990).

Con la modifica predisposta al n. 1), premesso che tanto l’arresto in flagranza e il fermo di indiziato di delitto quanto la custodia cautelare restano “facoltativi” per i minorenni, e dunque subordinati volta per volta alla valutazione delle condizioni oggettive e soggettive previste dall’art. 16, comma 3, e dall’art. 23, comma 2, la soglia edittale che consente di applicare le suddette misure pre-cautelari e cautelari scende da 9 a 6 anni, e vengono aggiunte ulteriori e specifiche ipotesi di arresto facoltativo in flagranza così da ricomprendere ipotesi quali, la violenza a pubblico ufficiale e spaccio di stupefacenti, comprese le ipotesi di lieve entità, di cui sempre più spesso si rendono responsabili soggetti minori.

Con il n. 2), invece, viene modificato il comma 3 dello stesso art. 23, concernente i termini di durata massima della custodia cautelare, che per i minorenni sono attualmente ridotti della metà per i reati commessi da minori degli anni diciotto e dei due terzi per quelli commessi da minori degli anni sedici. Anche in questo caso, nell’ottica di valorizzare i profili di responsabilità di soggetti legalmente minorenni ma sostanzialmente e tendenzialmente sempre più precoci e sviluppati sul piano psico- fisico e comportamentale-relazionale, la durata massima dei citati termini di custodia cautelare, in ossequio al principio del favor minoris, viene mantenuta “attenuata” rispetto ai maggiorenni, ma la riduzione diviene di un terzo per i reati commessi da minori degli anni diciotto e della metà per quelli commessi da minori degli anni sedici.

 

Art. 7 (Misure anticipate relative a minorenni coinvolti in reati di particolare allarme sociale). L’articolo intende approntare una tutela anticipata nei casi di delitti di particolare gravità, quali l’associazione a delinquere di stampo mafioso – articolo 416-bis del codice penale – e l’associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope – articolo 74 del

D.P.R. 309/1990 –, nelle cui indagini emerga una situazione di pregiudizio per un minorenne. Il riferimento alla “situazione di pregiudizio”, dunque non la partecipazione del minore al delitto in forma concorsuale, che di per sé darebbe luogo al coinvolgimento del procuratore della Repubblica presso il tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, ripete una dizione sperimentata nella legislazione minorile e, unitamente al dovere di segnalazione del pubblico ministero procedente, consente di contemperare le esigenze investigative con la protezione del soggetto in formazione esposto a pericolo dalla condotta genitoriale. La trasmissione selezionata degli atti di indagine al procuratore della Repubblica presso il tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, permette di adottare, eventualmente, i provvedimenti convenienti per rimediare al cattivo uso della responsabilità genitoriale, grazie alla legittimazione ad agire prevista dall’articolo 336 del Codice civile.

La nuova disposizione, consentendo la segnalazione già durante la fase delle indagini preliminari, se da un lato anticipa la tutela al momento di emersione della situazione pregiudizievole, dall’altro andrà letta sistematicamente, in modo da salvaguardare il segreto d’indagine.

 

Art. 8 (Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, in materia di custodia cautelare e percorso di rieducazione del minore).

L’articolo interviene su aspetti puntuali del D.P.R. 448/1988, che reca una disciplina specifica per il processo a carico di minorenni o di soggetti che, pur ultra-diciottenni, abbiano commesso un reato da minori.

Attualmente, il processo penale minorile non consente di applicare la custodia cautelare in carcere per il pericolo di fuga, in ciò distinguendosi dal processo nei confronti degli adulti. Ed infatti, sebbene l’articolo 23, “Custodia cautelare”, del DPR 448/1988, alla lettera b) preveda la possibilità di disporre la misura cautelare massimamente afflittiva «se l’imputato si è dato alla fuga o sussiste concreto pericolo che egli si dia alla fuga», la Corte costituzionale, con la sentenza n. 359 del 26 luglio 2000, ne ha dichiarato la illegittimità costituzionale.

Il vuoto normativo è però emendabile, dal momento che la dichiarazione di incostituzionalità è dipesa da un cattivo uso del potere di delega legislativa e non da ragioni di contrasto inerenti alla tutela di diritti fondamentali. Ed infatti, come argomenta la Corte, «il legislatore delegato ha […] violato i criteri della delega, consentendo il ricorso alla custodia in carcere per i minori in una ipotesi nella quale la delega non lo prevedeva: la relativa disciplina è dunque illegittima per contrasto con l’art. 76 della Costituzione».

Quali possano essere state le ragioni del legislatore delegante, occorre osservare che ormai il minorenne ha, in diritto ed in fatto, maggiori possibilità di “darsi alla fuga”.

L’opinione tradizionale faceva affidamento sulla circostanza che il minorenne non avesse un diritto di allontanarsi dal domicilio stabilito per lui dai genitori. L’articolo 318 del Codice civile stabilisce, infatti, che «Il figlio, sino alla maggiore età o all'emancipazione, non può abbandonare la casa dei genitori o del genitore che esercita su di lui la responsabilità genitoriale né la dimora da essi assegnatagli. Qualora se ne allontani senza permesso, i genitori possono richiamarlo ricorrendo, se necessario, al giudice tutelare». La disposizione viene, però, generalmente interpretata ed applicata non già in senso letterale, ma coordinandola, specie dopo la riforma del diritto di famiglia del 1975, con i principi ispiratori della disciplina dei rapporti tra genitori e figli1 ed è ammissibile che, qualora il Giudice tutelare rigetti il ricorso dei genitori, il Tribunale per i minorenni autorizzi il figlio a stabilire autonomamente il proprio domicilio.

Oltre a tale considerazione, sono sempre maggiori gli spazi di autonomia giuridica riconosciuti ai minorenni, senza contare l’alto numero di quelli che, par ragioni varie (migratorie, estremo disagio economico o educativo, contiguità ad ambienti criminali), non sono, in fatto, sottoposti alla autorità di alcuno.

Una ulteriore incongruenza è rappresentata dal fatto che il minorenne può essere sottoposto a fermo di indiziato di delitto per pericolo di fuga, ma per la stessa esigenza cautelare non può essere sottoposto alla custodia in carcere.

L’intervento normativo, in continuità con quanto previsto dall’articolo 274, comma n. 1, lettera b), del codice di procedura penale, introduce la dizione “se l’imputato si è dato alla fuga o sussiste concreto e attuale pericolo che si dia alla fuga”, invece che quella originaria del D.P.R. 448/1988, per evidenti ragioni di uguaglianza (comma 1, lett. a)

Inoltre, con il comma 1, lett. b), si introduce un nuovo articolo 27-bis, rubricato “Percorso di rieducazione del minore”, posto immediatamente dopo la disciplina della messa alla prova, per il quale l’esito positivo di un percorso di reinserimento e di rieducazione, accertato dal giudice procedente in apposita udienza, implica l’estinzione del reato a fronte del quale era stata disposta la sospensione del processo. In caso di valutazione negativa, invece, l’iter processuale riprende il proprio corso, sicché il giudice «restituisce gli atti al pubblico ministero per la prosecuzione del procedimento penale», con esclusione dell’applicazione dell’istituto della messa alla prova.

La novella, dunque, introduce un ulteriore istituto di diversion che, nel caso di reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni di reclusione ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, consente il minor pregiudizio per lo sviluppo del minore a fronte di fatti di non particolare gravità.

 

Art. 9 (Disposizioni in materia di sicurezza degli istituti penali per minorenni).

L’articolo interviene sul decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121, che prevede il collocamento negli Istituti penali per i minorenni degli autori di reato in esecuzione pena fino al compimento dei 25 anni. In particolare, si introduce il nuovo comma 3-bis, il quale prevede che al ricorrere delle condizioni di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1- mutuate dall’articolo 14-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà personale” - su richiesta del direttore dell’istituto di pena per i minorenni e su decisione del magistrato di sorveglianza, il detenuto può essere trasferito in un istituto per adulti, individuato dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

La disposizione distingue tra due fasce di età:

  • per il detenuto che abbia compiuto i diciotto anni ma non ancora i ventuno, le condizioni richiamate devono ricorrere congiuntamente;
  • per il detenuto che abbia compiuto i ventuno anni e fino al compimento dei venticinque, è sufficiente il ricorrere di una tra le tre condizioni.

Il nulla osta potrà essere negato solo nel caso in cui il magistrato di sorveglianza, sussistendo le condizioni di cui al comma 1, rinvenga ragioni di sicurezza, legate anche, ma non soltanto, alla persona del detenuto.

La norma intende limitare l’esposizione dei detenuti ancora minorenni a condotte di sopraffazione o comunque gravemente lesive per la sicurezza dei ristretti e dell’istituto, oppure influenti negativamente sul percorso rieducativo, realizzate da condannati che, per una età più matura, possono instaurare nell’Istituto dinamiche violente e coagulare spinte antisociali collettive.

 

Il Capo III reca disposizioni in materia di offerta educativa.

 

Art. 10 (Interventi a supporto delle istituzioni scolastiche del Mezzogiorno – “Agenda Sud”)

La disposizione, che novella l’articolo 21 del decreto-legge n. 75 del 2023, è volta a rafforzare l’offerta educativa nelle scuole del SUD caratterizzate da alta dispersione scolastica. In particolare, al comma 1, si prevede l’attivazione di incarichi temporanei e aggiuntivi di personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) fino al 31 dicembre 2023, presso le istituzioni scolastiche del primo e del secondo ciclo di istruzione delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, necessari per lo svolgimento dei progetti previsti dal piano Agenda Sud e per l’apertura pomeridiana delle scuole. A tal fine, l’attuale fondo destinato agli incarichi aggiuntivi di personale ATA di 50 milioni viene incrementato di ulteriori 12 milioni per l’anno 2023 e viene individuata la copertura finanziaria.

Con il comma 2, si autorizza per l’A.S.2023/2024 la spesa di 3.333.000 (anno 2023) e di 10.000.000 euro (anno 2024) per potenziare l’organico dei docenti coinvolti nei progetti pilota del piano “Agenda Sud”, e viene individuata la copertura finanziaria.

Al comma 3, si autorizza la spesa di 25 milioni di euro a valere sulle risorse relative al POC per la Scuola 2014-2020, destinata alle istituzioni scolastiche statali del mezzogiorno, individuate sulla base delle rilevazioni nazionali INVALSI, per realizzare progetti destinati a rafforzare le competenze di base dei giovani, promuovere l’apprendimento attraverso modalità più flessibili dell’organizzazione scolastica, sostenere misure di mobilità studentesca per esperienze fuori contesto di origine e attivare il supporto socio-educativo.

Il comma 4, novellando l’articolo 16-ter, comma 10, lettera b), del decreto legislativo n. 59 del 2017, reca una modifica di ordine sistematico.

Il comma 5 prevede l’incremento di 6 milioni di euro sul Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa (MOF) per contenere e prevenire l’abbandono scolastico attraverso l’ampliamento dell’offerta formativa con progetti specifici, anche extracurriculari e incentivare la presenza dei docenti nelle zone più disagiate, garantendo la continuità didattica. A quest’ultimo scopo, in favore dei docenti a tempo indeterminato, si introducono misure incentivanti di ordine economico (attribuzione di una quota pari al 50% dell’incremento del Fondo, secondo criteri che tengano conto degli anni di permanenza nella stessa istituzione scolastica) nonché di ordine premiale ai fini della carriera scolastica (attribuzione di un punteggio aggiuntivo di 10 punti, a conclusione del triennio effettivamente svolto, e ulteriori 2 punti per ogni anno di permanenza dopo il triennio, ai fini delle graduatorie per la mobilità volontaria e d’ufficio, per le assegnazioni provvisorie e le utilizzazioni, nonché ai fini delle graduatorie d’istituto.).

Al comma 6 si prevede che per l’anno scolastico 2023/2024, le risorse di cui al comma 5 sono oggetto, in via eccezionale, di una specifica e separata sessione negoziale della Contrattazione Collettiva Nazionale Integrativa per l’individuazione dei criteri di riparto. Si individua infine la copertura finanziaria.

All’uopo, con il comma 7 si abroga l’articolo 49-bis (Misure per favorire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro) del decreto-legge n. 34 del 2019, che riconosce un parziale esonero contributivo in favore di determinati datori di lavoro, con copertura dei relativi oneri a carico del predetto fondo MEF.

 

Art. 11 (Potenziamento del Piano asili nido fascia di età 0-2 anni)

L’articolo interviene al fine di rafforzare e assicurare il raggiungimento dei traguardi e degli obiettivi previsti dall’investimento 1.1 “Piano per asili nido e scuole dell’infanzia e servizi di educazione e cura per la prima infanzia” della Missione 4 – Componente 1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). L’intervento, in particolare, è fondamentale per colmare il divario tra nord e sud, per rimuovere gli ostacoli al lavoro femminile e sostenere le famiglie con azioni concrete.

A tal fine, con il comma 1, si autorizza un nuovo piano per asili nido per l’incremento dei posti per la prima infanzia nella fascia di età 0-2 anni, i cui interventi saranno definiti con uno o più decreti del Ministro dell’istruzione e del merito di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Il comma 2 provvede ad individuare le risorse a sostegno della misura.

 

Art. 12 (Disposizioni per il rafforzamento del rispetto dell’obbligo scolastico).

L’articolo è volto a rafforzare il rispetto dell’obbligo scolastico mediante l’abrogazione dell’articolo 731 del codice penale, meramente contravvenzionale e la cui tutela era limitata all’istruzione elementare, con la contestuale introduzione dell’articolo 570-ter nel codice penale, inserito, in maniera più appropriata da un punto di vista sistematico, tra i delitti contro l’assistenza familiare.

La disciplina penale è costruita facendo riferimento, anche mediante incorporazione, all’art. 114, “Vigilanza sull'adempimento dell'obbligo scolastico”, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, “Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado”, secondo il quale: «1. Il sindaco ha l'obbligo di trasmettere ogni anno, prima della riapertura delle scuole, ai direttori didattici l'elenco dei fanciulli che per ragioni di età sono    soggetti    all'obbligo scolastico, con l'indicazione del nome dei genitori o di chi ne fa le veci.

  1. Iniziato l’anno scolastico, l'elenco degli obbligati è confrontato con i registri dei fanciulli iscritti nelle scuole al fine di accertare chi siano gli adempimenti
  2. L'elenco degli inadempienti viene, su richiesta dell’autorità scolastica, affisso nell'albo pretorio per la durata di un mese.
  3. Trascorso il mese dell'affissione di cui al comma 3, il sindaco ammonisce la persona responsabile dell'adempimento invitandola ad ottemperare alla legge.
  4. Ove essa non provi di procurare altrimenti l'istruzione degli obbligati o non giustifichi con motivi di salute, o con altri impedimenti gravi, l'assenza dei fanciulli dalla scuola pubblica,   o non ve li presenti entro una settimana dall'ammonizione, il   sindaco procede ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura Analoga procedura è adottata in caso di assenze ingiustificate durante il corso dell'anno scolastico tali da costituire elusione dell'obbligo scolastico.
  5. Si considerano giustificate le assenze dalla scuola di cui all'articolo 17, comma 4, della legge 22 novembre 1988, n. 516 e all'articolo 4, comma 4, della legge 8 marzo 1989 n. 101».

Il comma 1 introduce l’articolo 570-ter codice penale, rubricato “Inosservanza dell’obbligo dell’istruzione dei minori” con il quale è disciplinata, al primo comma, l’ipotesi di dispersione assoluta - quella del minore mai iscritto a scuola nonostante l’ammonimento - punita con una pena fino a due anni di reclusione. Nel secondo comma della medesima disposizione si disciplina l’ipotesi dell’abbandono scolastico, ossia la condotta del minore che, pur iscritto, faccia un elevato numero di assenze tali da eludere, di fatto, l’obbligo scolastico, che è punita con una pena fino ad un anno di reclusione.

Il soggetto attivo non è solo il titolare della responsabilità genitoriale ma anche il responsabile dell’adempimento dell’obbligo scolastico: si è mutuata la dizione della disciplina settoriale, anche per i minori affidati a comunità o i cui genitori siano limitati o privati del munus genitoriale.

Il riferimento alla disciplina del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, permette di giungere alla sanzione penale solo laddove non abbia funzionato il meccanismo amministrativo dell’ammonimento di cui all’art. 114, comma 4, ed entro una settimana dallo stesso, volto a garantire l’adempimento dell’obbligo scolastico, dunque con gradualità.

Il comma 2 prevede che l’esercizio dell’azione penale per il reato di cui all’articolo 570-ter c.p. è accompagnato dalla segnalazione al procuratore della Repubblica presso il Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, per le eventuali iniziative di competenza ai sensi dell’articolo 336 del codice civile, dunque per l’intervento sulla responsabilità genitoriale.

Con il comma 3 viene abrogato l’art. 731 del codice penale.

Il rinnovato bene giuridico consente di intervenire appropriatamente sul decreto-legge 4 maggio 2023,

  1. 48, convertito con modificazioni dalla legge 3 luglio 2023, n. 85, mediante l’introduzione di due nuove misure (comma 4):
  • l’esclusione dal diritto all’Assegno di inclusione per il nucleo familiare derivante dalla omessa documentazione sulla regolare frequenza della scuola dell’obbligo dei componenti minorenni del medesimo nucleo.
  • la sospensione dell’Assegno di inclusione fino alla ripresa della regolare frequenza scolastica del minore documentata con certificazione rilasciata dal dirigente scolastico, ovvero, in mancanza di tale certificazione, per un periodo di due anni.

 

Il Capo IV reca disposizioni per la sicurezza dei minori in ambito digitale

L’esposizione dei minori a contenuti inadeguati, violenti e/o pornografici mina il rispetto della loro dignità e della loro privacy potendo compromettere in concreto il loro benessere e pieno sviluppo psico-fisico.

Un’adeguata protezione dei minori, costituzionalmente garantita dall’articolo 31 della Costituzione, finalisticamente orientata ad uno sviluppo armonioso e completo della loro personalità così come previsto dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 a New York e ratificata dall’Italia il 27 maggio 1991 con la legge n. 176, costituisce il fulcro di plurimi interventi a tutela dei minori, tra cui: la Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, c.d. Convenzione di Lanzarote, del 25 ottobre 2007, e la sua ratifica del Parlamento Italiano con legge 1 ottobre 2012, n. 172; la Risoluzione 1835 (2011) e la Raccomandazione 1981 (2001) del Consiglio d’Europa sulla “Pornografia violenta ed estrema”; la Risoluzione 2119 (2016) e la Raccomandazione 2092 (2016) del Consiglio d’Europa per “Combattere l’eccessiva sessualizzazione dei bambini”; la Risoluzione 2929 (2022) e la Raccomandazione 2225 (2022) del Consiglio d’Europa “Per una valutazione dei mezzi e delle disposizioni per combattere l’esposizione dei bambini ai contenuti pornografici”; la dir. 2018/1808/UE, attuata dal legislatore nazionale con il d.lgs. 8 novembre 2021, n. 208, tesa ad estendere le tutele previste per i minori nell’ambito delle comunicazioni audiovisive alle piattaforme di condivisione video e ai contenuti audiovisivi condivisi sui social media (artt. 37, 38, 41 e 42); l’articolo 7-bis del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 in materia di “Sistemi di protezione dei minori dai rischi del cyberspazio”, convertito con modificazioni dalla legge di conversione 25 giugno 2020, n. 70, come attuato dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con delibera 9/23/CONS del 25 gennaio 2023 e allegate linee guida, che ne limita l’applicazione ai soli pacchetti di offerte destinate ai minori.

L’articolato quadro normativo, come comprovato dai plurimi, anche recenti, episodi di cronaca, agevolati da una sovraesposizione dei minori a modelli comportamentali diseducativi per il tramite di un accesso indiscriminato ai contenuti presenti in rete, mostra la necessità di un rafforzamento, rendendo dunque necessaria ed urgente l’adozione di misure più efficaci per assicurare la fruibilità di uno spazio digitale nel quale siano minimizzati i rischi impattanti sulle personalità più vulnerabili. In quest’ottica, è urgente l’introduzione di un sistema di protezione integrato che coinvolga, a diverso titolo, istituzioni, famiglie e operatori economici del mondo digitale, per un’operazione congiunta e sistemica che miri a rafforzare le misure volte all’alfabetizzazione digitale e a garantire ai minori la fruibilità di ambienti e contenuti digitali sicuri e non pregiudizievoli delle loro esigenze educative. 

In tali termini, l’intervento normativo prevede - nelle more che i produttori assicurino, all’atto dell’immissione sul mercato dei dispositivi di comunicazione elettronica, entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto, che i sistemi operativi ivi installati consentano l’utilizzo e includano la disponibilità di applicazioni di controllo parentale -   specifici obblighi in capo ai fornitori dei servizi di comunicazione elettronica per assicurare la disponibilità dei predetti sistemi nell’ambito dei contratti di fornitura dei servizi, nonché una robusta campagna di divulgazione, da parte delle istituzioni anche territoriali (come i centri per la famiglia) e degli stessi produttori, sull’importanza dell’uso di sistemi di controllo parentale per garantire, con immediatezza, alle famiglie un consapevole ed informato affiancamento dei minori nell’utilizzo della rete globale e dei suoi contenuti.

 

L’articolo 13 (Applicazioni di controllo parentale nei dispositivi di comunicazione elettronica) mira a garantire un ambiente digitale sicuro per i minori, attraverso l’introduzione di specifiche misure relative alle applicazioni di controllo parentale, anche di carattere informativo, nel rispetto dei dati personali raccolti.

Il comma 1 reca le definizioni dei termini principali che trovano applicazione nel Capo IV. In particolare, vengono definiti: alla lettera a) il controllo parentale, consistente nella possibilità di limitare e controllare, da parte dei genitori o di coloro che esercitano la responsabilità genitoriale, l’accesso ai contenuti e/o alla rete da parte dei minori, mediante la scelta degli spazi digitali e dei tempi di utilizzo; alla lettera b) i dispositivi di comunicazione elettronica, comprendenti gli smartphones, i computers, i tablets e, ove compatibili, le consolles di videogames e altri possibili oggetti connessi come televisioni, orologi, assistenti vocali, sistemi di domotica e di “Internet delle cose”; alla lettera c) le applicazioni di controllo parentale, consistenti in elementi esterni a dispositivi di comunicazione elettronica, soluzioni a livello di rete o applicazioni o software per dispositivi di comunicazione elettronica, facilmente comprensibili e accessibili agli utenti, che consentano il controllo parentale.

Al comma 2 è previsto, nelle more che i produttori assicurino, all’atto dell’immissione sul mercato dei dispositivi di comunicazione elettronica, entro un anno dall’entrata in vigore del presente decreto, che i sistemi operativi ivi installati consentano l’utilizzo e includano la disponibilità di applicazioni di parental control, l’obbligo, in capo ai fornitori di servizi di comunicazione elettronica, di assicurare la disponibilità di applicazioni di controllo parentale nell’ambito dei contratti di fornitura nei servizi di comunicazione elettronica disciplinati dal codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259).

Il comma 3 stabilisce che i produttori di dispositivi di comunicazione elettronica, anche per il tramite dei distributori operanti in Italia, informino l’utente circa la possibilità e l’importanza di installare le applicazioni di controllo parentale. Tale informativa può essere fornita anche mediante uno specifico foglio illustrativo da inserire nelle confezioni di vendita ovvero di uno specifico supporto adesivo da applicare sulla confezione. Si precisa, al riguardo, che il foglio illustrativo o il supporto adesivo devono contenere, mediante apposita evidenziazione grafica, chiara e semplice indicazione della presenza delle applicazioni di controllo parentale potenzialmente attivabili, nonché il rinvio, per un maggiore approfondimento sui contenuti informativi, ai siti istituzionali della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche della famiglia e dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. L’adempimento deve essere assicurato entro 3 mesi dall’entrata in vigore del decreto.

Al comma 4 si prevede che sia consentito, su richiesta dell’utente, senza alcun costo aggiuntivo, il servizio di attivazione delle applicazioni di controllo parentale, nell’ambito dei contratti di fornitura del servizio principale, tramite un dispositivo di comunicazione elettronica.

In sede di prima applicazione, per la definizione dei contenuti da filtrare e/o bloccare e delle modalità di realizzazione della tecnica del filtro o del blocco, è prevista l’applicazione delle disposizioni adottate dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (delibera AGCOM n. 9/23/CONS, contenente indicazioni per l’implementazione di sistemi di protezione dei minori dai rischi del cyberspazio) ai sensi dell’articolo 7-bis del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito con modificazioni dalla legge di conversione 25 giugno 2020, n. 70. Tale disciplina prevede, infatti, per i pacchetti di offerte dedicate ai minori (vedi comma 5), l’applicazione, tra i servizi preattivati, di sistemi di controllo parentale ovvero di filtro di contenuti inappropriati, nell’ambito dei contratti di fornitura nei servizi di comunicazione elettronica disciplinati dal codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259). Tali servizi preattivati sono gratuiti e disattivabili solo su richiesta del consumatore, titolare del contratto. Si prevedono, inoltre, obblighi informativi a carico degli operatori, nonché l’intervento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in caso di violazione degli obblighi previsti dalle predette disposizioni.

Al comma 5 viene confermata, per i pacchetti di offerte dedicate ai minori, l’applicazione delle disposizioni AGCOM adottate alla luce dell’articolo 7-bis del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito con modificazioni dalla legge di conversione 25 giugno 2020, n. 70 (cfr. comma 4).

Il comma 6 stabilisce il divieto di utilizzo, per scopi commerciali e di profilazione, dei dati personali raccolti o generati durante l’attivazione delle applicazioni.

Al comma 7 viene introdotta una previsione di raccordo con riguardo ai dispositivi già in uso. Nel dettaglio, viene previsto l’obbligo, in capo ai fornitori di servizi di comunicazione elettronica, di inviare una comunicazione ai propri clienti riguardo alla possibilità e all’importanza di installare le applicazioni di controllo parentale sui dispositivi di comunicazione elettronica già in uso, o comunque di richiederne l’attivazione. La comunicazione deve essere inviata nel termine di 30 giorni dalla data di entrata ini vigore del decreto.

Il comma 8 dispone che l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni vigili sulla corretta applicazione del presente articolo e, previa diffida ai soggetti obbligati, applichi le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 31, del decreto legislativo 31 luglio 1997, n. 249, ai sensi del quale: “I soggetti che non ottemperano agli ordini e alle diffide dell'Autorità, impartiti ai sensi della presente legge, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.329 (lire venti milioni) a euro 258.228 (lire cinquecento milioni). Se l’inottemperanza riguarda provvedimenti adottati in ordine alla violazione delle norme sulle posizioni dominanti o in applicazione del regolamento (UE) 2019/1150 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, si applica a ciascun soggetto interessato una sanzione amministrativa pecuniaria non inferiore al 2 per cento e non superiore al 5 per cento del fatturato realizzato dallo stesso soggetto nell'ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della contestazione. Se l'inottemperanza riguarda ordini impartiti dall'Autorità nell'esercizio delle sue funzioni di tutela del diritto d'autore e dei diritti connessi, si applica a ciascun soggetto interessato una sanzione amministrativa pecuniaria da euro diecimila fino al 2 per cento del fatturato realizzato nell'ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notifica della contestazione. Le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente comma sono irrogate dall'Autorità”.

 

L’articolo 14 (Alfabetizzazione digitale e mediatica a tutela dei minori e campagne informative) introduce misure di informazione e sensibilizzazione per un uso consapevole dei servizi di comunicazione elettronica e della rete.

Il comma 1 prevede, ad opera del Dipartimento per le politiche della Famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri, la promozione di studi e l’elaborazione di linee guida destinate ai fruitori di dispositivi di comunicazione elettronica e di applicazioni di controllo parentale, e in particolare agli educatori, alle famiglie e ai minori stessi.

Il comma 2 prevede l’offerta, da parte dei Centri per la Famiglia, di servizi di consulenza e di alfabetizzazione mediatica e digitale dei minori, con particolare attenzione alla tutela dei minori rispetto all’esposizione a contenuti pornografici e violenti. A tal riguardo, è prevista la realizzazione di un’intesa in sede di Conferenza Unificata per la fissazione dei criteri e delle modalità di attuazione di tali servizi.

Il comma 3 introduce l’avvio di campagne informative annuali, a cura del Dipartimento per le politiche della Famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, relative all’uso consapevole della rete e ai rischi connessi, con particolare focus sui mezzi di prevenzione dall’accesso a contenuti potenzialmente nocivi per lo sviluppo armonioso dei minori.

Il comma 4 prevede la predisposizione, a cura dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, di una relazione destinata all’Autorità politica con delega alle politiche per la famiglia. Tale relazione, che va predisposta entro il 31 gennaio di ogni anno, concerne l’impatto dell’attuazione dell’articolo 13, con particolare riguardo all’uso dell’applicazione del controllo parentale.

Il comma 5 prevede poi che l’Autorità politica con delega alle politiche per la famiglia, entro il 31 maggio di ciascun anno, presenti una relazione al Parlamento sulla base dei dati contenuti nella relazione di cui al comma 4 e degli ulteriori elementi acquisiti nell’ambito dell’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, operanti presso il Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri, e dell’Osservatorio sul fenomeno della violenza contro le donne e sulla violenza domestica, operante presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

All’articolo 15 (Designazione del coordinatore dei servizi digitali in attuazione del Regolamento (UE) 2022/2065 sui servizi digitali)

Con l’articolo in esame si provvede alla designazione del Coordinatore dei Servizi Digitali (Digital Service Act Coordinator) richiesta dal Regolamento (UE) 2022/2065 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022 relativo a un mercato unico dei servizi digitali che modifica la direttiva 2000/31/CE.

Si tratta del provvedimento europeo meglio noto come “legge sui servizi digitali” (Digital Services Act) che rappresenta una delle misure chiave nell'ambito della Strategia europea per il digitale.

In linea con quanto preannunciato dalla Commissione europea nella Comunicazione "Plasmare il futuro digitale dell'Europa", la legge sui servizi digitali, unitamente alla “legge sui mercati digitali” (Digital Market Act), nell'ottica di una revisione complessiva del corpus regolativo di matrice europea, mira, da un lato, ad accrescere e armonizzare le responsabilità delle piattaforme online e dei fornitori di servizi d'informazione, rafforzando anche il controllo sulle politiche di contenuto delle piattaforme nell'UE e, dall'altro, a introdurre regole per assicurare l'equità e la contendibilità dei mercati digitali.

Nello specifico, la legge sui servizi digitali integra e sostituisce parzialmente le norme di armonizzazione dell'attività di prestazione transfrontaliera di servizi digitali nel mercato unico europeo attualmente contenute nella direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico (direttiva e- commerce).

In particolare, la legge sui servizi digitali intende garantire il corretto funzionamento del mercato unico per quanto riguarda la fornitura di servizi intermediari a livello transfrontaliero. Essa stabilisce una serie di obiettivi specifici quali: il mantenimento di un ambiente online sicuro in ispecie in relazione ai rischi incombenti sui minori; il miglioramento delle condizioni per i servizi digitali transfrontalieri innovativi; il conferimento di maggiore potere agli utenti e la protezione dei loro diritti fondamentali online; l'istituzione di una vigilanza efficace sui servizi digitali e di una collaborazione tra le autorità.

La nuova disciplina introduce, tra l'altro, nuove procedure armonizzate per una rimozione più rapida di contenuti/prodotti/servizi illegali; una protezione più efficace dei diritti degli utenti online e sistemi interni di gestione dei reclami (tra l'altro meccanismi per le segnalazioni da parte degli utenti e nuovi obblighi in materia di tracciabilità dei venditori); un quadro generale di enforcement della normativa attraverso la designazione della nuova figura del coordinatore dei servizi digitali (digital services coordinator), che attuerà il necessario coordinamento con le autorità competenti (nazionali ed europee). Pertanto, il coordinatore dei servizi digitali svolge un ruolo fondamentale nel garantire l'efficacia dei diritti e degli obblighi stabiliti dal regolamento e il conseguimento dei suoi obiettivi. L’articolo in esame, al comma 1, designa quale coordinatore dei servizi digitali l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (di seguito, anche AGCom o semplicemente l’Autorità) in considerazione delle competenze e delle funzioni dalla stessa già svolte nei settori delle comunicazioni elettroniche, dei media e dei servizi digitali.

Come noto, l’AGCom nasce, nel 1997, come autorità convergente, titolare di competenze regolatorie, di vigilanza e sanzionatorie nei settori dell’audiovisivo e delle telecomunicazioni, successivamente estese al settore dei servizi postali e, più recentemente, al settore dei servizi digitali (diritto d’autore online, secondary ticketing, platform to business e motori di ricerca, etc.). Detta attitudine convergente ha assunto ancor maggiore rilievo in questi ultimi anni, a seguito dell’evoluzione della tecnologia, che ha portato alla digitalizzazione delle reti di comunicazioni elettroniche e dei servizi da esse veicolati. Pertanto, l’Autorità è senz’altro l’autorità di regolazione più idonea a svolgere le funzioni di coordinatore dei servizi digitali.

In questo senso, peraltro, si era già espressa la IX Commissione della Camera dei deputati (Trasporti, Poste e Telecomunicazioni), nel parere reso il 23 giugno 2021 in occasione dell’esame della proposta legislativa europea. Ciò assume maggior rilievo ove si considerino le specifiche competenze in capo al Coordinatore dei servizi digitali, tra le quali il monitoraggio dei mercati e la raccolta di dati e informazioni; la gestione delle segnalazioni e dei reclami degli utenti commerciali, anche di piccole dimensioni; il contributo alla specificazione degli obblighi regolamentari sulla base dell’analisi di mercato. Attività rispetto alle quali l’AGCom ha già una consolidata esperienza nei settori di interesse.

Al comma 2 è stabilita una collaborazione tra l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni nella sua qualità di Coordinatore dei Servizi Digitali e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, il Garante per la protezione dei dati personali e le eventuali altre autorità che potrebbero esser competenti sull’applicazione nazionale di taluni profili del regolamento.

Ai sensi dell’articolo 49 del citato Regolamento UE 2022/2065, il Coordinatore dei Servizi Digitali garantisce, infatti, il coordinamento dell’azione amministrativa nazionale al fine di assicurare l’efficace e corretta applicazione del Regolamento medesimo e ne è responsabile. In ragione dei poteri attribuiti al Coordinatore dei Servizi Digitali, in conformità ai considerando 111, 112 e 114 che fanno espresso riferimento alla necessaria indipendenza del coordinatore, al comma 3 si prevede che l’AGCom eserciti i propri poteri in modo imparziale, trasparente, tempestivo. A tal fine è previsto che l’AGCom, con successivo provvedimento, definisca in modo chiaro e trasparente le procedure e le modalità operative per l'esercizio dei poteri assegnati dal Regolamento (UE) 2022/2065.

Al comma 4 si provvede ad adeguare la legge istitutiva dell’Autorità (la legge 31 luglio 1997, n. 249) alle nuove funzioni attribuite alla stessa e quindi si disciplinano le sanzioni per il caso di violazione degli obblighi previsti dal Regolamento (UE) 2022/2065 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022. All’applicazione delle sanzioni l'Autorità provvede, secondo le procedure già stabilite dal proprio regolamento, in base a principi di proporzionalità, adeguatezza e rispetto del contraddittorio. Le sanzioni sono calcolate da Agcom facendo riferimento al “fatturato mondiale annuo”, criterio individuato anche nelle relative norme del DSA, e non già al “reddito” in quanto il fatturato è una nozione in uso nella pertinente normativa di settore nazionale. Si prevede un analogo tetto al 1% alle sanzioni comminate in caso di comunicazione o rettifica di informazioni inesatte, incomplete o fuorvianti, di mancata risposta e di inosservanza dell’obbligo di sottoporsi a un’ispezione. Si prevede che la penalità di mora massima che l’autorità può applicare è pari al 5% del fatturato annuo mondiale e che nella comminazione delle predette sanzioni l’Autorità tiene conto della gravità del fatto e delle conseguenze che ne sono derivate.

Al comma 5 si prevede l’incremento della pianta organica dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in misura di 23 unità, di cui 1 dirigente, 20 funzionari e 2 operativi, oltre a provvedere alla copertura dei conseguenti oneri.

Come evidenziato dal Regolamento all’art. 50, infatti, una sufficiente dotazione finanziaria, tecnica e di risorse umane è ritenuta una condizione necessaria per garantire la tempestività, l’imparzialità e la trasparenza dell’azione del coordinatore, oltre che per assicurarne la piena indipendenza. Le molteplici responsabilità in capo al Coordinatore previste dal Regolamento e le attività, che esso è chiamato a svolgere, si accompagnano inevitabilmente alla necessità di prevedere l’acquisizione di risorse umane e tecniche, con un conseguente onere economico.

Al comma 6 è prevista in fase transitoria l’utilizzazione di personale posto in posizione di comando, distacco, fuori ruolo, aspettativa o in analoghe posizioni secondo i rispettivi ordinamenti, nel limite di un contingente massimo di 10 unità, ai sensi dell'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127, con trattamento economico fondamentale a carico dell’amministrazione di provenienza e con imputazione all’Autorità del solo trattamento accessorio spettante.

Tale personale, non rientrante nella pianta organica dell’Autorità, è individuato a seguito di apposito interpello, in cui sono specificati i profili professionali richiesti, cui possono aderire i dipendenti appartenenti ai ruoli delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, con esclusione del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario delle istituzioni scolastiche.

Art. 16 (Entrata in vigore): disciplina l’entrata in vigore del provvedimento.