XIX LEG - ddl - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 marzo 2023, n. 20, recante disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all'immigrazione irregolare.

aggiornamento: 30 maggio 2023

Esame definitivo - Consiglio dei ministri 9 marzo 2023

DISEGNO DI LEGGE PER LA CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 10 MARZO 2023, N.20, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI FLUSSI DI INGRESSO LEGALE DEI LAVORATORI STRANIERI E DI PREVENZIONE E CONTRASTO ALL’IMMIGRAZIONE IRREGOLARE

 

Relazione illustrativa

 


ART. 1
(Misure per la programmazione dei flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri)


1. Il decreto-legge 10 marzo 2023, n. 20, recante disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all'immigrazione irregolare, e' convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge.
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

Relazione illustrativa

 

Il presente decreto-legge detta disposizioni in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione contrasto all’immigrazione irregolare, al fine di rafforzare gli strumenti per favorire l’immigrazione legale, semplificandone gli aspetti procedurali, potenziare i flussi regolari, intensificare i corridoi umanitari e contrastare le reti criminali degli scafisti.

 

CAPO I – Disposizioni in materia di flussi di ingresso legale e permanenza dei lavoratori stranieri

ART. 1 (Misure per la programmazione dei flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri)

Il presente articolo reca misure per la programmazione dei flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri prevedendo, per il triennio 2023 – 2025, in deroga all’ordinaria programmazione dei flussi di ingresso, l’adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ai fini della definizione delle quote massime di ingresso di lavoratori stranieri da Paesi terzi, al fine di rispondere più efficacemente alle specifiche esigenze del mercato del lavoro interno e favorire la migrazione legale per motivi di lavoro.

Si prevede che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sia approvato, sentiti i Ministri interessati, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, la Conferenza Unificata, gli enti e le associazioni nazionali maggiormente attivi nell'assistenza e nell'integrazione degli immigrati e le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale, previa delibera del Consiglio dei ministri. Successivamente il decreto è trasmesso al Parlamento per l’acquisizione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari, che sono resi nel termine di trenta giorni dalla richiesta, termine decorso il quale il decreto può essere comunque adottato.

In particolare, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri indica i criteri generali per la definizione dei flussi di ingresso, tenendo conto dell’analisi del fabbisogno del mercato effettuata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, previo confronto con le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Il medesimo decreto indica, inoltre, per ciascuno degli anni del triennio di riferimento, le quote massime di ingresso di lavoratori stranieri, per le causali stabilite dal T.U. immigrazione, di cui al decreto-legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

La disposizione prevede, altresì, che, qualora se ne ravvisi l’opportunità, ulteriori decreti possano essere adottati durante il triennio, secondo la procedura sopra descritta. Le istanze eccedenti i limiti del decreto di cui trattasi possono essere esaminate nell’ambito delle quote che si rendono successivamente disponibili con gli ulteriori decreti. Si stabilisce, altresì, che il rinnovo della domanda non necessita della documentazione richiesta se la stessa è già stata regolarmente presentata in sede di prima istanza.

Da ultimo, al fine di prevenire l’immigrazione irregolare, con i decreti di cui al presente articolo sono assegnate, in via preferenziale, quote riservate ai lavoratori di Stati che, anche in collaborazione con lo Stato italiano, promuovono per i propri cittadini campagne mediatiche aventi ad oggetto i rischi per l’incolumità personale derivanti dall’inserimento in traffici migratori irregolari.

 

ART. 2 (Misure per la semplificazione e accelerazione delle procedure di rilascio del nulla osta al lavoro)

Il presente articolo apporta, con tecnica novellistica, alcune modifiche al T.U. immigrazione di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, allo scopo di introdurre misure di semplificazione e accelerazione della procedura ordinaria di rilascio del nulla osta al lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, in relazione ai decreti flussi da adottare ai sensi dell’art. 3, comma 4, del citato decreto.

Tali misure, lasciando inalterato l’impianto complessivo così come delineato dal citato decreto legislativo, intendono facilitare e accelerare l’instaurazione del rapporto di lavoro tra il datore di lavoro, che opera in Italia, e il cittadino straniero, senza rinunciare agli accertamenti e ai controlli rispondenti alle esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e a quelli in materia di sicurezza sul lavoro e di tutela del lavoratore.

In particolare, il comma 1 novella gli articoli 22 e introduce un nuovo articolo 24-bis (Verifiche) al

T.U. immigrazione.

Le modifiche apportate all’articolo 22, comma 5, dalle novelle di cui alla lett. a), n. 2) e n. 3), riguardano le verifiche che, sensi dei commi 5-bis e 5-ter di tale disposizione, le questure svolgono sulla sussistenza di elementi ostativi al rilascio del nulla osta al lavoro subordinato.

In primo luogo, al comma 5 si prevede che lo sportello unico per l’immigrazione rilasci il nulla osta non più “sentito il questore” ma acquisite le informazioni della questura competente.

Per effetto dell’intervento normativo in commento, inoltre, allo scopo di rendere effettivo il termine previsto per il rilascio del nulla osta, si prevede che, decorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda, lo Sportello unico per l’immigrazione rilascia in ogni caso il predetto nulla osta, anche se non sono stati acquisiti, in fase istruttoria, dalla questura competente, le informazioni sui menzionati elementi ostativi.

La modifica al comma 2 dell’articolo 24, contenuta nella novella di cui alla lett. b), prevede che, anche per il lavoro stagionale, il nulla osta è rilasciato decorsi 60 (sessanta) giorni dalla presentazione della domanda pur in assenza del parere della questura sulla sussistenza dei menzionati elementi ostativi. Tale intervento normativo persegue la finalità di assicurare il completamento, in un periodo di tempo ragionevole, della procedura di rilascio del nulla osta al lavoro stagionale e ciò in considerazione della necessità, particolarmente avvertita in relazione a tale categoria di lavoratori, di acquisire, in tempi rapidi, la manodopera necessaria per le esigenze stagionali.

Per effetto dell’introduzione del comma 6-bis nell’articolo 22, al rilascio del nulla osta consegue l’autorizzazione allo svolgimento dell’attività lavorativa sul territorio nazionale, prima, pertanto, della definizione del procedimento di cui all’articolo 22 (lavoro subordinato) e all’art. 24 (lavoro stagionale). Secondo le vigenti disposizioni, infatti, lo straniero, ottenuto il nulla osta e, successivamente, il visto presso la rappresentanza diplomatica italiana nel proprio Paese di origine, fa ingresso nel territorio nazionale e si presenta allo sportello unico per l’immigrazione ai fini della sottoscrizione del contratto di soggiorno ed il successivo avvio dell’attività lavorativa. Per effetto della modifica normativa in argomento, al nulla osta è ricondotto l’effetto dell’autorizzazione all’instaurazione del rapporto di lavoro e al conseguente inizio dell’attività lavorativa.

La novella di cui alla lett. c) introduce l’articolo 24-bis, recante misure di semplificazione delle verifiche concernenti l’osservanza delle prescrizioni del contratto collettivo e la congruità del numero delle richieste presentate. In particolare, tale verifica è demandata ai professionisti di cui all’articolo 1 della legge n. 12 del 1979 e alle organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale ai quali il datore di lavoro aderisce o conferisce mandato. Vengono, inoltre, fissati i criteri in base ai quali i professionisti e le organizzazioni datoriali saranno tenute ad effettuare le verifiche, sulla scorta della capacità patrimoniale, dell’equilibrio economico- finanziario, del fatturato, del numero dei dipendenti, ivi compresi quelli già richiesti ai sensi del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 e del tipo di attività solta dall’impresa. In caso di esito positivo di tali verifiche, è rilasciata apposita asseverazione che il datore di lavoro dovrà presentare in allegato alla richiesta di assunzione del lavoratore straniero. Tale asseverazione non è richiesta con riferimento alle istanze presentate dalle organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale che abbiano sottoscritto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un apposito protocollo d’intesa. In tali casi, il nulla osta al lavoro è sostituito dalla comunicazione di cui all’articolo 27, comma 1-ter del testo unico, secondo i termini e le modalità di cui all’articolo 22, commi 5.0.1 e 6-bis. Resta ferma, infine, la possibilità per l’Ispettorato nazionale del lavoro, in collaborazione con l’Agenzia delle entrate, di svolgere controlli a campione sul rispetto delle procedure e dei requisiti, in relazione alle verifiche di cui sopra.

L’introduzione, all’articolo 22, comma 2, della lettera d-bis) per effetto della novella di cui alla lett. a) n. 1) si rende necessaria al fine di includere la menzionata asseverazione nell’elenco dei documenti che il datore di lavoro deve presentare allo sportello unico per l’immigrazione ai fini della richiesta di nulla osta al lavoro

Con la novella di cui alla lett. a), n. 4) viene, infine, inserito, all’articolo 22 del d.lgs. n. 286 del 1998, il comma 5-quater, il quale disciplina, per il nulla osta al lavoro subordinato, gli effetti che conseguono al sopravvenuto accertamento della sussistenza di elementi ostativi o della inosservanza delle prescrizioni del contratto collettivo di lavoro o della mancanza delle condizioni di congruità economica di cui all’articolo 30-bis del d.P.R. n. 394 del 1999, all’esito delle verifiche a campione svolte dall’Ispettorato nazionale del lavoro, in collaborazione con l’Agenzia delle entrate. In tali casi, è prevista la revoca del nulla osta e del visto, la risoluzione del contratto di soggiorno, nonché la revoca del permesso di soggiorno.

ART. 3 (Ingresso e soggiorno al di fuori delle quote)

Il presente articolo, al comma 1, lettere a) e b), modifica la rubrica dell’articolo 23 del d.lgs. n. 286 del 1998, che, da “Titoli di prelazione” diventa “Corsi di istruzione e formazione professionale nei Paesi di origine”. Al comma 1 del medesimo articolo 23, le parole “e dal Ministero dell’istruzione,” sono sostituite dalle seguenti da “, dal Ministero dell’istruzione e del merito o dal Ministero” e, dopo le parole “formazione professionale”, sono aggiunte le parole “e civico-linguistica”. In tal modo, si aggiorna l’attuale denominazione del Ministero dell’istruzione e del merito e si chiarisce che accanto alle attività di istruzione e formazione professionale, sono svolte attività attinenti alla formazione civico-linguistica.

Lo stesso comma 1, alla lettera c), inserisce all’articolo 23, del decreto legislativo n. 286 del 1998, il comma 2-bis, secondo cui è consentito, al di fuori delle quote di cui all’articolo 3, comma 4, con le procedure di cui all’articolo 22, l’ingresso e il soggiorno per lavoro subordinato allo straniero residente all’estero che completa le attività di istruzione e formazione previste al comma 1 dell’articolo 23, organizzate sulla base dei fabbisogni manifestati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali dalle associazioni di categoria del settore produttivo interessato. Il nulla osta è rilasciato senza il rispetto dei limiti numerici, quantitativi e qualitativi previsti ai commi 5 e 5.1 dell’articolo 22. La domanda di visto di ingresso è presentata, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla conclusione del corso ed è corredata dalla conferma della disponibilità ad assumere da parte del datore di lavoro. Nel caso in cui vi sia il sopravvenuto accertamento degli elementi ostativi di cui all’articolo 22 o di cui all’articolo 24-bis, comma 4, consegue la revoca del visto e del nulla osta, la risoluzione di diritto del contratto di soggiorno, nonché la revoca del permesso di soggiorno. La disposizione prevede, inoltre, che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali adotti linee guida con le quali sono fissate le modalità di predisposizione dei programmi di formazione professionale e civico-linguistica e individuati i criteri per la loro valutazione. Infine, per consentire l’espletamento dei controlli, da effettuarsi nel termine indicato dall’articolo 22, comma 5, e per verificare l’assenza degli elementi ostativi di cui al medesimo articolo 22, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali comunica, entro sette giorni dall’inizio dei corsi, al Ministero dell’interno e al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale le generalità dei partecipanti ai corsi di formazione di cui trattasi.

La norma, inoltre, prevede al comma 1 lettera d) una modifica al comma 3 dell’articolo 23, facendo salva la disciplina di cui al comma 2-bis, sopra descritta. 

Si introduce, altresì, al comma 1 lettera e) , il comma 4-bis al citato articolo 23, stabilendo che per gli obiettivi formativi indicati dalla disciplina normativa in esame, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche con il concorso di proprie agenzie strumentali e società in-house, può promuovere la stipula di accordi di collaborazione e intese tecniche con soggetti pubblici e privati operanti nel campo della formazione e dei servizi per il lavoro nei Paesi terzi di interesse per la promozione di percorsi di qualificazione professionale e la selezione dei lavoratori direttamente nei Paesi di origine, che potranno fare ingresso in Italia con le procedure semplificate, sopra descritte. Da ultimo, al comma 2, che novella l‘articolo 6 del T.U. immigrazione, si prevede che il permesso di soggiorno rilasciato per motivi di studio e formazione può essere convertito al di fuori delle quote.

 

ART. 4 (Disposizioni in materia di durata del permesso di soggiorno per lavoro a tempo indeterminato, per lavoro autonomo e per ricongiungimento familiare)

La norma mira a prolungare la durata del permesso di soggiorno, rilasciato rispettivamente per lavoro a tempo indeterminato, per lavoro autonomo e per ricongiungimento familiare, di massimo tre anni per ciascun rinnovo. La ratio della disposizione è quella di alleggerire gli oneri amministrativi a carico dei beneficiari del permesso, decongestionando, nel contempo il carico di lavoro degli uffici delle questure.

 Art. 5 (Ingresso dei lavoratori nel settore agricolo e contrasto alle agromafie)

Il presente articolo, al comma 1, interviene nell’ambito della procedura di assegnazione dei lavoratori agricoli non comunitari ai datori di lavoro che ne hanno fatto richiesta. L’intervento normativo prevede la priorità di assegnazione sulla manodopera che risulterà autorizzata dai prossimi decreti sui flussi, per i datori di lavoro la cui richiesta, effettuata in base al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 dicembre 2022, non è stata soddisfatta.

Il comma 2 sostituisce il comma 4-quater dell’articolo 1 del decreto-legge 28 febbraio 2005, n. 22, convertito dalla legge 29 aprile 2005, n. 71, con l’obiettivo di aggiornarne il disposto in funzione del nuovo sistema di classificazione del personale e della conseguente attribuzione della qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria, previsto dal CCNL comparto funzioni centrali 2019/2021.

 

ART. 6 (Misure straordinarie in materia di gestione dei centri per migranti)

Il presente articolo introduce una misura di straordinaria e temporanea gestione dell’impresa aggiudicataria di un appalto di fornitura di beni e servizi, relativi al funzionamento di un centro governativo destinato all’accoglienza o al trattenimento degli stranieri, prevedendo contestualmente l’avvio delle procedure di affidamento di un nuovo contratto.

In particolare, l’ipotesi presa in considerazione dal comma 1 riguarda il caso di grave inadempimento degli obblighi previsti dal capitolato di gara adottato con decreto del Ministro dell’interno per ciascuna tipologia di centro, quando l’immediata cessazione dell’esecuzione del contratto, senza il contestuale subentro di un nuovo contraente, possa compromettere la continuità dei servizi indifferibili per la tutela dei diritti fondamentali, nonché la salvaguardia dei livelli occupazionali.

In questi casi, il prefetto, nomina uno o più commissari per la straordinaria e temporanea gestione dell’impresa, limitatamente all’esecuzione del contratto di appalto, scelti tra funzionari della prefettura o di altre amministrazioni pubbliche, in possesso di qualificate e comprovate professionalità.

Si tratta di un’ipotesi ulteriore rispetto alle misure per la straordinaria e temporanea gestione dell’impresa previste dall’articolo 32 del decreto-legge n. 90 del 2014, in materia di misure anticorruzione e di prevenzione antimafia, la cui applicazione, laddove ne ricorrano i presupposti, viene comunque fatta salva. I commissari nominati dal prefetto gestiscono l’impresa limitatamente alle prestazioni e alle forniture oggetto del contratto, non oltre la durata dello stesso, nell’ambito dei poteri e della responsabilità previsti dai commi 3 e 4 del citato articolo 32, applicabili nei limiti della compatibilità.

Il comma 2 disciplina il compenso ai commissari e gli utili prodotti dalla gestione del contratto oggetto della misura straordinaria. Per quanto riguarda il compenso dei commissari, come previsto dalle disposizioni di cui al già richiamato articolo 32 del decreto-legge n. 90 del 2014, la norma in esame dispone che lo stesso sia detratto da quanto è versato come pagamento all’impresa e quantificato nel decreto prefettizio di nomina, sulla base di parametri individuati da un decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. Per quanto concerne gli utili derivanti dal contratto, la disposizione ne prevede l’accantonamento in un apposito fondo a garanzia di quanto dovuto all’Amministrazione per il risarcimento del danno conseguente al grave inadempimento.

Il comma 3 dispone che contestualmente all’adozione della misura di cui al comma 1, il prefetto avvia le procedure per l’affidamento diretto di un nuovo appalto per la gestione del centro, senza previa pubblicazione del bando per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili, non imputabili all'amministrazione aggiudicatrice, così come disposto dall’articolo 63, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

Il comma 4 prevede che con l’affidamento e il subentro del nuovo aggiudicatario, il prefetto dichiari la risoluzione per inadempimento del contratto, che opera di diritto, e i commissari nominati dal prefetto ai sensi del comma 1 cessano dalle proprie funzioni.

 

ART. 7 (Protezione speciale)

Nella prospettiva di una complessiva rivisitazione della disciplina della protezione speciale, il presente articolo, al comma 1, prevede l’abrogazione del terzo e del quarto periodo dell’articolo 19, comma 1.1, del Testo unico immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286/1998, concernente la specifica disciplina del divieto di respingimento ed espulsione di una persona in ragione del rispetto della sua vita privata e familiare. Conseguentemente, viene abrogata anche la previsione del quarto periodo del comma in esame, che, ai fini della valutazione del presupposto citato, fa riferimento alla natura e all’effettività dei vincoli familiari dell’interessato, al suo effettivo inserimento sociale in Italia, alla durata del suo soggiorno nel territorio nazionale, nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il paese di origine.

Il comma 2 prevede una norma transitoria, che estende l’efficacia della predetta normativa abrogata alle istanze presentate in data anteriore all’entrata in vigore del decreto-legge, nonché ai casi in cui lo straniero abbia già ricevuto dalla competente questura l’invito a presentare l’istanza di protezione speciale.

Il comma 3 prevede un’ulteriore disposizione intertemporale riguardante la durata dei permessi di soggiorno rilasciati ai sensi della normativa abrogata e in corso di validità, i quali sono rinnovati, per una sola volta e con durata annuale. Tale meccanismo consente ai titolari attuali di permesso di soggiorno per protezione speciale ex art. 19, comma 1.1, terzo periodo TUI, di fruire di un congruo periodo di tempo, anche ai fini della ricerca di un lavoro stabile, per accedere al titolo di soggiorno per motivi di lavoro, evitando il rischio di cadere in una posizione di irregolarità. Resta ferma, infatti, la facoltà di convertire il titolo in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, qualora ricorrano i requisiti di legge.

 

CAPO II - Disposizioni in materia di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare

ART. 8 (Disposizioni penali)

L’intervento mira ad introdurre in via d’urgenza un consistente aggravamento sanzionatorio per le condotte finalizzate alla realizzazione di reati in materia di immigrazione clandestina.

Con il comma 1, lettera a), si interviene sull’articolo 12 del T.U. Immigrazione (decreto legislativo

25 luglio 1998, n. 286), modificando le cornici edittali delle fattispecie previste dai commi 1 e 3, dei quali si innalzano di un anno i rispettivi limiti minimi e massimi di pena detentiva.

Al comma 1, lettera b), si introduce una nuova fattispecie di reato, intitolata “Morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina”, volta ad elidere il concorso del reato di cui al citato articolo 12 con la fattispecie codicistica di cui all’articolo 586 cod. pen. (Morte o lesioni come conseguenza di altro delitto).

La condotta del reato riproduce quella ricavabile dal combinato disposto dei commi 1 e 3, lettere b) e c), dell’articolo 12, prevedendosi dunque il fatto di chi «in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, quando il trasporto o l’ingresso sono attuati con modalità tali da esporre le persone a pericolo per la loro vita o per la loro incolumità o sottoponendole a trattamento inumano o degradante».

A fronte di tale nucleo comune di condotta, si prevede, quale elemento aggiuntivo specializzante della fattispecie, la causazione non voluta di un evento in danno delle persone trasportate, o comunque oggetto dell’attività di immigrazione clandestina, prevedendosi le seguenti cornici sanzionatorie:

  • reclusione da venti a trenta anni, se dal fatto deriva, quale conseguenza non voluta, la morte di più persone, oppure la morte di una o più persone e lesioni gravi o gravissime a una o più persone;
  • reclusione da quindici a ventiquattro, se dal fatto deriva – sempre quale conseguenza non voluta – la morte di una singola persona;
  • reclusione da dieci a venti anni, quando si verifichino lesioni gravi o gravissime a carico di una o di più

Trattandosi, all’evidenza, di una fattispecie autonoma di reato, si è reso necessario operare una serie di richiami – variamente modulati – alla disciplina dei reati già previsti dall’articolo 12.

Così, il comma 3 della nuova disposizione richiama le (residue) aggravanti di cui all’articolo 12, comma 3, lettere a), d) ed e) e la disciplina del relativo concorso (comma 3-bis), nonché le ulteriori ipotesi circostanziali – ad effetto speciale – di cui all’articolo 12, comma 3-ter. Anche il successivo comma 4 ricalca, mutatis mutandis, il regime derogatorio del bilanciamento tra circostanze eterogenee già previsto dall’articolo 12, comma 3-quater. Con il comma 5 si completa la riproposizione delle ulteriori disposizioni sostanziali contenute nell’articolo 12.

Di particolare rilievo, per l’interprete, la norma sulla giurisdizione inserita al comma 6 della nuova disposizione, con cui si è previsto che «[f]ermo quanto disposto dall’articolo 6 del codice penale, se la condotta è diretta a procurare l’ingresso illegale nel territorio dello Stato, il reato è punito secondo la legge italiana anche quando la morte o le lesioni si verificano al di fuori di tale territorio».

Si tratta di indicazione con cui si è inteso fugare ogni dubbio sul fatto che, ai fini della sussistenza della giurisdizione italiana, non assume rilievo la circostanza che l’evento della nuova fattispecie delittuosa si sia verificato al di fuori del territorio dello Stato italiano: ciò purché si tratti di condotte finalizzate a procurare l’ingresso illegale nel territorio italiano.

In tale prospettiva, la previsione convalida altresì l’orientamento estensivo costantemente seguito in materia dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui «[i]n tema di immigrazione clandestina, la giurisdizione nazionale è configurabile anche nel caso in cui il trasporto dei migranti, avvenuto in violazione dell'art. 12 del d.lgs. n. 286 del 1998 a bordo di una imbarcazione (nella specie, un gommone con oltre cento persone a bordo) priva di bandiera e, quindi, non appartenente ad alcuno Stato, secondo la previsione dell'art. 110 della Convenzione di Montego Bay delle Nazioni Unite sul diritto del mare, sia stato accertato in acque extraterritoriali ma, successivamente, nelle acque interne e sul territorio nazionale si siano verificati quale evento del reato l'ingresso e lo sbarco dei cittadini extracomunitari per l'intervento dei soccorritori, quale esito previsto e voluto a causa delle condizioni del natante, dell'eccessivo carico e delle condizioni del mare» (sez. I, n. 18354 del 11/03/2014, P.M. in proc. Hamada, Rv. 262542, e n. 11165 del 22/12/2015, dep. 16/03/2016, Almagasbi, Rv. 266430, da ultimo richiamate da sez. 1, n. 31652 del 02/07/2021, dep. 13/08/2021, Jomaa Laamami Tarek, rv. 281623 - 02).

Sempre in conseguenza della natura di fattispecie autonoma della nuova disposizione, il comma 2 della nuova norma provvede a farne menzione ai commi 1 e 1-bis dell’articolo 4-bis della legge di ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354).

Ad analoga finalità rispondono i commi 3 e 4, che attengono alle disposizioni di carattere processuale e intervengono, quindi, sugli articoli 51, comma 3-bis, e – rispettivamente – 407, comma 2, lettera a), n. 7-bis, del codice di procedura penale.

 

ART. 9 (Disposizioni in materia di espulsione e ricorsi sul riconoscimento della protezione internazionale)

Con la disposizione di cui al comma 1, che novella l’art. 35-bis, comma 2, del d.lgs. n. 25/2008, si vuole superare l’incertezza applicativa determinata dalla norma vigente in tema di presentazione del ricorso, laddove il richiedente “risieda all’estero”. A tale proposito, si è voluto circoscrivere l’ipotesi ai casi in cui la persona “si trovi in altro paese terzo al momento della proposizione del ricorso”. Si riporta a un dato fattuale e non “anagrafico”, peraltro molto spesso di difficile verifica, una previsione che, in tal caso, comporta l’allungamento dei termini di proposizione del ricorso da trenta a sessanta giorni.

Il comma 2 modifica l’articolo 13, comma 5-bis, del T.U. immigrazione, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, al fine di evitare di sottoporre a convalida del giudice di pace l’esecuzione del decreto di espulsione disposta da un’altra autorità giudiziaria, in forza degli articoli 15 e 16 dello stesso decreto legislativo. Si tratta di un alleggerimento dell’attuale procedura che non incide sulle garanzie di tutela giurisdizionale dello straniero.

Il comma 3 sopprime il meccanismo di intimazione a lasciare il territorio nazionale entro il termine di quindici giorni, previsto in occasione della notificazione allo straniero del rifiuto del permesso di soggiorno, in quanto superato dalle norme unionali. La novella in esame, infatti, costituisce la puntuale attuazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115/CE, in materia di rimpatri. L’invito del questore previsto all’articolo 12 del d.P.R. 394/1999 confligge proprio con la predetta direttiva. È nell’ambito dell’adozione del provvedimento di rimpatrio che può essere conferito un termine per la partenza volontaria. Valutazione, questa, a cura del prefetto (ai sensi dell’articolo 13 TUI) e non del questore. L’invito previsto dal citato articolo 12 allunga irragionevolmente (disallineando l’ordinamento interno dalla disciplina unionale) i tempi dell’avvio del procedimento di rimpatrio che potrà prevedere, comunque, ai sensi dell’articolo 13 del TUI, la partenza volontaria o coattiva.

Tale modifica recepisce le indicazioni della Commissione, rese note di seguito con raccomandazione SCHEVAL 57 MIGR 142 COMIX 237, del 16 maggio 2022, punti 1 e 2.

 

ART. 10 (Disposizioni per il potenziamento dei centri di permanenza per i rimpatri)

Il presente articolo prevede la facoltà, in sede di individuazione, acquisizione o ampliamento dei centri di permanenza per i rimpatri di cui all’articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (CPR), di derogare a talune disposizioni di legge. Ciò per esigenza di celerità connesse all’eccezionale afflusso di migranti che caratterizza l’attuale congiuntura.

In particolare, il comma 1, attraverso la novella apportata all’articolo 19 del decreto-legge n. 13 del 2017 (c.d. “Decreto Minniti”), consente una maggiore speditezza nello svolgimento delle procedure relative all’ampliamento della rete dei centri di permanenza per i rimpatri, attraverso la riconosciuta facoltà di derogare alle disposizioni del codice dei contratti pubblici. L’efficacia della deroga è limitata fino al 31 dicembre 2025. È fatto, comunque, salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea.

Si prevede, inoltre, che per le procedure relative all’ampliamento della rete nazionale dei CPR il Ministero dell’interno possa avvalersi della vigilanza collaborativa dell’ANAC di cui all’articolo 213, comma 3, lett. h), del codice dei contratti pubblici.

 

Gli articoli 11 e 12 recano la clausola di invarianza finanziaria e l’entrata in vigore del provvedimento.