XIX LEG. - Schema di D.Lgs. - Attuazione della direttiva (UE) 2019/2121 del parlamento europeo e del consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere.

aggiornamento: 3 maggio 2023

Esame definitivo - Consiglio dei ministri 23 febbraio 2023

Esame preliminare - Consiglio dei ministri 9 dicembre 2022

SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA (UE) 2019/2121 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, DEL 27 NOVEMBRE 2019, CHE MODIFICA LA DIRETTIVA (UE) 2017/1132 PER QUANTO RIGUARDA LE TRASFORMAZIONI, LE FUSIONI E LE SCISSIONI TRANSFRONTALIERE

Relazione illustrativa

Indice

Art. 1 - Definizioni comuni

Art. 2 - Ambito di applicazione

Art. 3 - Condizioni relative alle operazioni transfrontaliere o internazionali

Art. 4 - Norme applicabili

Art. 5 - Autorità competente

Art. 6 - Definizioni

Art. 7 - Norme applicabili alla trasformazione

Art. 8 - Progetto di trasformazione

Art. 9 - Recesso

Art. 10 - Opposizione dei creditori

Art. 11 - Foro facoltativo delle controversie relative alla società risultante dalla trasformazione

Art. 12 - Atto di trasformazione transfrontaliera

Art. 13 - Controllo di legalità della trasformazione transfrontaliera

Art. 14 - Pubblicità

Art. 15 - Efficacia ed effetti della trasformazione

Art. 16 - Partecipazione dei lavoratori

Art. 17 - Definizioni

Art. 18 - Norme applicabili alla fusione

Art. 19 - Progetto di fusione

Art. 20 - Pubblicità

Art. 21 - Relazione dell’organo amministrativo

Art. 22 - Relazione degli esperti

Art. 23 - Termini e deposito di atti

Art. 24 - Decisione

Art. 25 - Recesso

Art. 26 - Contestazione del rapporto di cambio

Art. 27 - Disposizioni comuni sulle controversie relative al recesso e alla contestazione del rapporto di cambio

Art. 28 - Opposizione dei creditori

Art. 29 - Certificato preliminare

Art. 30 - Certificato preliminare in caso di debiti e benefici pubblici

Art. 31 - Modalità di costituzione e disciplina delle garanzie per i debiti e benefici pubblici

Art. 32 - Atto di fusione transfrontaliera

Art. 33 - Controllo di legalità della fusione transfrontaliera

Art. 34 - Pubblicità

Art. 35 - Efficacia della fusione transfrontaliera

Art. 36 - Effetti della fusione transfrontaliera

Art. 37 - Invalidità della fusione transfrontaliera

Art. 38 - Formalità semplificate

Art. 39 - Partecipazione dei lavoratori

Art. 40 - Informazione e consultazione dei lavoratori

Art. 41 - Definizioni

Art. 42 - Norme applicabili alla scissione

Art. 43 - Progetto di scissione

Art. 44 - Recesso e diritto di vendita

Art. 45 - Contestazione dei criteri di assegnazione o del rapporto di cambio

Art. 46 - Atto di scissione transfrontaliera

Art. 47 - Controllo di legalità della scissione transfrontaliera

Art. 48 - Pubblicità

Art. 49 - Efficacia della scissione transfrontaliera

Art. 50 - Partecipazione dei lavoratori

Art. 51 - Modifiche al codice civile

Art. 52 - Modifiche alla legge 16 febbraio 1913, n. 89

Art. 53 - Abrogazioni

Art. 54 - False o omesse dichiarazioni per il rilascio del certificato preliminare

Art. 55 - Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231

Art. 56 - Disposizioni transitorie e finali

Art. 57 - Clausola di invarianza finanziaria

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;

Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, e, in particolare, l’articolo 14;

Vista la direttiva (UE) 2017/1132 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, relativa ad alcuni aspetti di diritto societario (codificazione);

Vista la direttiva (UE) 2019/2121 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere;

Visto il regolamento (UE) n. 2021/23 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2020, relativo a un quadro di risanamento e risoluzione delle controparti centrali e recante modifica dei regolamenti (UE) n. 1095/2010, (UE) n. 648/2012, (UE) n. 600/2014, (UE) n. 806/2014 e (UE) 2015/2365 e delle direttive 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2007/36/CE, 2014/59/UE e (UE) 2017/1132;

Visto il decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 108, recante attuazione della direttiva 2005/56/CE, relativa alle fusioni transfrontaliere delle società di capitali;

Vista la legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea e, in particolare, l’articolo 31;

Vista la legge 4 agosto 2022, n. 127, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti normativi dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2021;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 9 dicembre 2022;

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 23 febbraio 2023;

Sulla proposta del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'economia e delle finanze, delle imprese e del made in Italy e del lavoro e delle politiche sociali;

EMANA

il seguente decreto legislativo:

CAPO I

Disposizioni comuni

ART. 1

(Definizioni comuni)

  1. Ai fini del presente decreto si intendono per:
    1. «società di capitali»:
      1. le società disciplinate dai capi V, VI e VII del titolo V e del capo I titolo VI del libro V del codice civile, la società europea e la società cooperativa europea;
      2. le società di cui all’allegato II della direttiva (UE) 2017/1132 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017;
      3. per le operazioni di cui al capo III, qualsiasi altra società di uno Stato membro che ha personalità giuridica, è dotata di capitale sociale, risponde solo con il proprio patrimonio delle obbligazioni sociali ed è soggetta, in virtù della legislazione nazionale ad essa applicabile, alle disposizioni dettate dalla sezione 2 del capo II del titolo I e dalla sezione 1 del capo III del titolo I della direttiva 2017/1132/CE per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi;
    2. «società diverse dalle società di capitali»: le società disciplinate dai capi II, III e IV del titolo V del libro V del codice civile iscritte nel registro delle imprese e ogni altra società regolata dalla legge di uno Stato appartenente all’Unione europea che non è compresa nell’allegato II della direttiva (UE) 2017/1132 e non soddisfa le condizioni di cui alla lettera a), numero 3);
    3. «società italiana»: società regolata dalla legge italiana;
    4. «società di altro Stato membro»: società regolata dalla legge di uno Stato appartenente all’Unione europea anche non avente la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale nel territorio dell’Unione europea;
    5. «enti non societari»: qualunque ente, di natura non societaria, regolato dalla legge italiana o di uno Stato appartenente all’Unione europea, che esercita un’attività di impresa, ha la sede, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale nel territorio dell’Unione europea ed è iscritto in un registro delle imprese;
    6. «operazione transfrontaliera»: una trasformazione, fusione o scissione alla quale partecipano o dalla quale risultano una o più società regolate dalla legge italiana e almeno una società regolata dalla legge di uno Stato appartenente all’Unione europea;
    7. «operazione internazionale»: una trasformazione, fusione o scissione alla quale partecipano o dalla quale risultano una o più società regolate dalla legge italiana e almeno una società regolata dalla legge di uno Stato non appartenente all’Unione europea;
    8. «registro delle imprese»: il registro previsto dalla legge 29 dicembre 1993, n. 580, e ogni altro registro centrale istituito ai sensi dell’articolo 16 della direttiva (UE) 2017/1132;
    9. «BRIS», il sistema di interconnessione dei registri delle imprese di cui all'articolo 22 della direttiva (UE) 2017/1132;
    10. «rappresentanti dei lavoratori»: i rappresentanti dei lavoratori di cui all'articolo 2, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 188;
    11. «organo di rappresentanza»: l'organo di rappresentanza dei lavoratori di cui all'articolo 2, comma 1, lettera f), del decreto legislativo n. 188 del 2005
    12. «delegazione speciale di negoziazione»: la delegazione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera g), del decreto legislativo n. 188 del 2005;
    13. «coinvolgimento dei lavoratori»: la procedura di cui all'articolo 2, comma 1, lettera h), del decreto legislativo n. 188 del 2005
    14. «informazione»: l'informazione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 188 del 2005;
    15. «consultazione»: la consultazione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera l), del decreto legislativo n. 188 del 2005;
    16. «partecipazione»: la partecipazione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera m), del decreto legislativo n. 188 del 2005;
    17. «beneficio pubblico»: qualsiasi intervento di sostegno pubblico per lo sviluppo delle attività produttive, comunque denominato, a carico della finanza pubblica o di fondi europei, attribuito in una delle forme previste dall’articolo 7 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123, e oggetto di iscrizione obbligatoria nel registro aiuti di Stato o in altro registro previsto dalla legge;
    18. «beneficio pubblico localizzato»: qualsiasi intervento di sostegno pubblico destinato a un investimento produttivo in uno specifico ambito del territorio dello Stato o relativo a uno stabilimento, sede, filiale, ufficio o reparto autonomo, sito nel territorio dello Stato, che si trova nella disponibilità della società italiana partecipante alla trasformazione, fusione o scissione, che ne ha beneficiato, o di società controllante, controllata o collegata alla partecipante ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile.

ART. 2

(Ambito di applicazione)

  1. Il presente decreto si applica:
    1. alle operazioni transfrontaliere riguardanti una o più società di capitali italiane e una o più società di capitali di altro Stato membro che hanno la sede sociale o l’amministrazione centrale o il centro di attività principale stabilito nel territorio dell’Unione europea;
    2. alle operazioni transfrontaliere riguardanti società diverse dalle società di capitali o società di capitali che non hanno nel territorio dell’Unione europea la sede sociale né l'amministrazione centrale né il centro di attività principale, se l'applicazione della disciplina di recepimento delle direttive (UE) 2017/1132 e (UE) 2019/2121 a tali operazioni è parimenti prevista dalla legge applicabile a ciascuna delle società di altro Stato membro partecipanti o risultanti dall’operazione;
    3. alle operazioni transfrontaliere che non rientrano nei casi di cui alle lettere a) e b) e alle operazioni internazionali, nel rispetto dell’articolo 25, comma 3, della legge 31 maggio 1995, n. 218;
    4. alle operazioni transfrontaliere a cui partecipano, o da cui risultano, enti non societari, in quanto compatibile, nel rispetto dell’articolo 25, comma 3, della legge n. 218 del 1995.
  2. Il presente decreto non si applica alle operazioni transfrontaliere o internazionali cui partecipa:
    1. una società di investimento a capitale variabile di cui all’articolo 1, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, recante il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52;
    2. una società sottoposta a strumenti, poteri e meccanismi di risoluzione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, o al titolo V del regolamento (UE) 2021/23;
    3. una società sottoposta a una delle misure di prevenzione della crisi di cui all’articolo 1, comma 1, lettera mm), del decreto legislativo n. 180 del 2015 o all’articolo 2, punto 48), del regolamento (UE) 2021/23.
  3. Il presente decreto si applica, in quanto compatibile, alle operazioni transfrontaliere o internazionali riguardanti società nei cui confronti sono aperte procedure di regolazione della crisi o dell'insolvenza, fatta salva l’applicazione delle specifiche disposizioni dettate in materia di crisi d’impresa.

ART. 3

(Condizioni relative alle operazioni transfrontaliere o internazionali)

  1. La partecipazione a un’operazione transfrontaliera o internazionale non è consentita:
    1. alle società di capitali in liquidazione che hanno iniziato la distribuzione dell’attivo;
    2. alle società cooperative a mutualità prevalente di cui all’articolo 2512 del codice civile.
  2. Le operazioni di cui all’articolo 2, comma 1, lettere a) e b), attuate in conformità al presente decreto soddisfano il requisito di cui all'articolo 25, comma 3, della legge 31 maggio 1995, n. 218.

ART. 4

(Norme applicabili)

  1. Nelle operazioni cui non partecipano società di capitali:
    1. fatti salvi i termini previsti dall’articolo 40, ove applicabili, i termini di cui agli articoli 20 e 23 sono ridotti a quindici giorni;
    2. il termine per l’opposizione dei creditori di cui agli articoli 10 e 28 è di trenta giorni, decorrenti dall’iscrizione della decisione nel registro delle imprese;
    3. non si applicano gli articoli 16, 39 e 50, salvo l’obbligo della società italiana, tenuta ad applicare un regime di partecipazione dei dipendenti a seguito di un’operazione transfrontaliera effettuata in conformità alle disposizioni del presente decreto, di assicurare la tutela dei medesimi diritti di partecipazione nell’ambito di nuove operazioni di trasformazione, fusione e scissione nazionali, internazionali o transfrontaliere, effettuate nei quattro anni successivi alla data di efficacia dell’operazione.
  2. Le disposizioni di cui ai capi II, III e IV relative alle operazioni transfrontaliere, salvo che sia diversamente disposto, si applicano alle operazioni internazionali in quanto compatibili.
  3. Le disposizioni riguardanti il BRIS, quale sistema per la trasmissione di atti, dati e documenti, si applicano alle operazioni di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), e alle altre operazioni per le quali la normativa europea assicura il funzionamento del sistema di interconnessione dei registri.
  4. Alle operazioni previste dall’articolo 2, comma 1, lettere c) e d), non si applicano le norme che disciplinano il rilascio, da parte della competente autorità di altro Stato membro, del certificato preliminare e la sua efficacia, ai fini dell’attuazione dell’operazione transfrontaliera. Nelle medesime operazioni, ai fini del rilascio del certificato preliminare e del controllo di legalità di cui agli articoli 13, 33 e 47, il notaio accerta la sussistenza delle condizioni previste dall’articolo 25, comma 3, della legge n. 218 del 1995 e le disposizioni che regolano la comunicazione di dati tra il registro delle imprese italiano e il registro delle imprese di un altro Stato si applicano in quanto compatibili.
  5. Nelle operazioni transfrontaliere di cui all’articolo 2, comma 1, lettera d), a cui partecipa un ente non societario regolato dalla legge italiana, la pubblicità degli atti fino al rilascio del certificato preliminare è eseguita nel registro delle imprese. Il deposito previsto dagli articoli 14, 34 e 48 è eseguito in ciascuno dei pubblici registri in cui l’ente è iscritto o deve iscriversi come conseguenza dell’operazione transfrontaliera e l’operazione ha efficacia dall’ultima di tali iscrizioni.
  6. Restano salvi la disciplina e i poteri previsti dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, dal decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287, dal decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, e dal decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni e dalla legge 11 maggio 2012, n. 56.

 

ART. 5

(Autorità competente)

  1. Le verifiche sulle operazioni disciplinate dal presente decreto ai fini del rilascio del certificato preliminare di cui all’articolo 29 e i controlli previsti dagli articoli 13, 33 e 47 sono attribuiti al notaio quale pubblico ufficiale. Il notaio può richiedere i documenti o le informazioni ritenuti necessari, in base alle informazioni e ai documenti ricevuti, per la verifica delle condizioni per l’attuazione della singola operazione e per la verifica dell’assenza di condizioni ostative.
  1. Nel controllo di legalità di cui agli articoli 13, 33 e 47 il notaio accetta il certificato preliminare rilasciato dalla competente autorità quale atto che attesta il regolare adempimento degli atti e delle formalità preliminari alla realizzazione dell’operazione, in conformità alla legge dello Stato membro interessato. La mancanza di certificato preliminare impedisce il rilascio dell’attestazione di legalità.
  2. Nell’esercizio delle funzioni di cui al comma 1 il notaio può verificare il rispetto dell’articolo 30 mediante richiesta alle amministrazioni pubbliche competenti delle informazioni ritenute necessarie. Tali informazioni sono acquisite anche mediante accesso alle banche dati degli enti creditori e al registro nazionale degli aiuti di Stato di cui all’articolo 52 della legge 24 dicembre 2012, n. 234. Le amministrazioni e gli enti responsabili individuano i dati cui è possibile accedere e le modalità di accesso sono stabilite mediante la stipulazione di convenzioni che non determinino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica con il Consiglio nazionale del notariato.
  3. Fatto salvo quanto previsto all’articolo 30, comma 3, per la disamina della documentazione acquisita e per le verifiche di cui all’articolo 29 il notaio può richiedere l’assistenza di uno o più esperti con competenza nei settori interessati dall’operazione, in possesso dei requisiti di indipendenza previsti dall’articolo 2399 del codice civile e non legati all'impresa o ad altre parti interessate all'operazione da rapporti di natura personale o professionale. L’esperto e i soggetti con i quali è eventualmente unito in associazione professionale non devono aver prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore della società né essere stati membri degli organi di amministrazione o controllo dell'impresa né aver posseduto partecipazioni in essa.
  4. Ai fini del rilascio del certificato preliminare e dello svolgimento del controllo di legalità, la presentazione dell’istanza, con i documenti allegati, e ogni altra successiva trasmissione di atti e informazioni, può avvenire mediante documento informatico sottoscritto con la firma digitale prevista dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, o con altro tipo di firma elettronica qualificata ai sensi del regolamento (UE) 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, e trasmesso al domicilio digitale del notaio. Se dubita dell'identità del richiedente o se rileva il mancato rispetto delle norme riguardanti la capacità di agire e la capacità dei richiedenti di rappresentare la società, il notaio può chiedere la presenza fisica delle parti.

 

CAPO II

Trasformazione

ART. 6

(Definizioni)

  1. Ai fini del presente capo si intendono per:
    1. «trasformazione»: l’operazione mediante la quale una società, senza essere sciolta né sottoposta a liquidazione e pur conservando la propria personalità giuridica, muta la legge a cui è sottoposta e il suo tipo sociale, adottandone uno previsto dalla legge dello Stato di destinazione e individuando la sede sociale nel rispetto di tale legge;
    2. «Stato di partenza»: lo Stato dalla cui legge la società sottoposta a trasformazione è regolata e nel cui pubblico registro essa è iscritta prima della trasformazione transfrontaliera;
    3. «Stato di destinazione»: lo Stato dalla cui legge la società risultante dalla trasformazione è regolata e nel cui pubblico registro è iscritta, in esito alla trasformazione transfrontaliera;
    4. «società sottoposta a trasformazione»: società, regolata dalla legge dello Stato di partenza e ivi iscritta in un pubblico registro, che delibera la trasformazione transfrontaliera;
    5. «società risultante dalla trasformazione»: società regolata dalla legge dello Stato di destinazione e ivi iscritta in un pubblico registro in esito a una trasformazione transfrontaliera.

ART. 7

(Norme applicabili alla trasformazione)

  1. Alla trasformazione transfrontaliera si applicano gli articoli 20, 21, 23, 24, 29, 30, 31, 37 e 40, commi 1 e 2, e tutti i riferimenti alla fusione contenuti in detti articoli s’intendono riferiti anche alla trasformazione. Si applicano altresì gli articoli 2500-quater e 2500-sexies, terzo e quarto comma, del codice civile.
  2. Resta salvo quanto previsto dal regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell'8 ottobre 2001, in materia di trasferimento di sede di una società europea e quanto previsto dal regolamento (CE) n. 1435/2003 del Consiglio, del 22 luglio 2003, in materia di trasferimento di sede di una società cooperativa europea.

ART. 8

(Progetto di trasformazione)

  1. Il progetto di trasformazione transfrontaliera comprende le informazioni relative a:
    1. il tipo, la denominazione o ragione sociale, la sede e la legge regolatrice della società nello Stato di partenza;
    2. il tipo, la denominazione, la sede e la legge regolatrice proposte per la società nello Stato di destinazione;
    3. l’atto costitutivo della società risultante dalla trasformazione;
    4. il trattamento eventualmente riservato a particolari categorie di soci e ai possessori di titoli diversi dalle azioni e il trattamento loro riservato;
    5. eventuali garanzie o impegni offerti ai creditori;
    6. i vantaggi particolari eventualmente attribuiti a favore dei soggetti cui compete l'amministrazione o dei membri degli organi di controllo della società sottoposta a trasformazione;
    7. i contributi e i finanziamenti pubblici ricevuti, sotto qualsiasi forma, nello Stato membro di partenza, nei cinque anni anteriori alla data del deposito del progetto di trasformazione, con separata indicazione dei contributi e finanziamenti per i quali è stato adottato un provvedimento di revoca o decadenza dal beneficio oppure è in corso il relativo procedimento;
    8. i dati sulla liquidazione in denaro offerta ai soci per il caso di recesso, a norma dell’articolo 25 e il domicilio digitale presso il quale la società riceve le eventuali comunicazioni di recesso;
    9. le procedure di coinvolgimento dei lavoratori nella definizione dei loro diritti di partecipazione nella società risultante dalla trasformazione e le alternative possibili, se ne ricorrono i presupposti;
    10. le probabili ripercussioni della trasformazione transfrontaliera sull'occupazione;
    11. la data di efficacia della trasformazione transfrontaliera o i criteri per la sua determinazione;
    12. il calendario proposto a titolo indicativo per l’operazione.

ART. 9

(Recesso)

  1. I soci che non hanno concorso all’approvazione del progetto di trasformazione transfrontaliera hanno diritto di recedere dalla società italiana che procede alla trasformazione, secondo le disposizioni di cui agli articoli 25 e 27.
  2. Il parere sulla congruità del valore di liquidazione, indicato nel progetto di trasformazione, è redatto da un esperto indipendente, scelto o designato ai sensi dell’articolo 22, ha i contenuti previsti dal medesimo articolo 22, commi 4 e 5, ed è messo a disposizione, presso la sede della società e con modalità telematica, almeno trenta giorni prima dell’assemblea.
  3. L’esperto ha diritto di ottenere dalla società tutte le informazioni e i documenti utili e di procedere ad ogni necessaria verifica. L'esperto risponde dei danni causati alla società, ai loro soci e ai terzi. Si applicano le disposizioni dell'articolo 64 del codice di procedura civile.
  4. La relazione sulla congruità del valore di liquidazione non è richiesta se vi rinunciano all'unanimità i soci e i possessori di altri strumenti finanziari che attribuiscono il diritto di voto.

ART. 10

(Opposizione dei creditori)

  1. Con riguardo alla società italiana sottoposta a trasformazione, il certificato preliminare non può essere rilasciato prima di novanta giorni dal deposito per l’iscrizione nel registro delle imprese del progetto di trasformazione o della nota informativa prevista dall’articolo 20, comma 3, salvo che consti il consenso dei creditori della società o il pagamento dei creditori che non hanno dato il consenso o il deposito delle somme corrispondenti presso una banca.
  2. Se non ricorre alcuna di tali eccezioni, i creditori anteriori all’iscrizione che temono di ricevere concreto pregiudizio dalla trasformazione, anche in ragione del mutamento di legge applicabile, possono, nel termine di cui al comma 1, fare opposizione. Il tribunale, se ritiene infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori oppure se la società ha prestato idonea garanzia, dispone che l'operazione abbia luogo nonostante l'opposizione. Le garanzie prestate dalla società ai sensi del presente articolo sono subordinate all’efficacia della
  3. In ogni caso, la trasformazione transfrontaliera non libera i soci a responsabilità illimitata dalla responsabilità per le obbligazioni sociali sorte prima della data di efficacia della trasformazione, se non risulta che i creditori sociali hanno dato il loro consenso alla trasformazione.

ART. 11

(Foro facoltativo delle controversie relative alla società risultante dalla trasformazione)

  1. Per i due anni successivi alla data di efficacia della trasformazione transfrontaliera, la società risultante dalla trasformazione può essere convenuta davanti alle autorità giurisdizionali dello Stato di partenza da un creditore anteriore all’iscrizione del progetto di trasformazione transfrontaliera nel registro delle imprese. Tale facoltà non pregiudica l’applicazione di altri criteri di giurisdizione previsti dal diritto dell’Unione europea o dal diritto nazionale, né gli effetti di un accordo contrattuale di scelta del foro.
  2. La società italiana sottoposta a trasformazione internazionale può essere convenuta per i due anni successivi alla data di efficacia della trasformazione avanti all’autorità giurisdizionale italiana da un creditore anteriore all’iscrizione del progetto di trasformazione nel registro delle imprese. Tale facoltà non pregiudica l’applicazione di altri criteri di giurisdizione, né gli effetti di un accordo contrattuale di scelta del foro e non può applicarsi se incompatibile con una convenzione internazionale di cui è parte l’Italia.

ART. 12

(Atto di trasformazione transfrontaliera)

  1. Se è sottoposta a trasformazione una società italiana, la relativa decisione risulta da atto pubblico.
  2. Se dalla trasformazione risulta una società italiana, il notaio per atto pubblico riceve in deposito, o redige, la relativa decisione ed espleta il controllo di legalità di cui all’articolo 13.

ART. 13

(Controllo di legalità della trasformazione transfrontaliera)

  1. Se la società risultante dalla trasformazione transfrontaliera ha adottato la legge italiana, il notaio, entro trenta giorni dal ricevimento del certificato preliminare e della delibera di approvazione del progetto di trasformazione, espleta il controllo di legalità sulla attuazione della trasformazione rilasciandone apposita attestazione. Fatte salve altre possibili modalità di trasmissione, il notaio incaricato del controllo di legalità acquisisce senza oneri il certificato preliminare, redatto dalla competente autorità, dal registro delle imprese anche tramite il BRIS.
  2. Ai fini del controllo di cui al comma 1, il notaio verifica che:
    1. siano rispettati i requisiti per la costituzione e iscrizione nel registro delle imprese della società risultante dalla trasformazione, che ha adottato la legge italiana;
    2. sia pervenuto il certificato preliminare alla trasformazione transfrontaliera relativo alla società sottoposta a trasformazione;
    3. quando necessario, siano state stabilite le modalità di partecipazione dei lavoratori ai sensi dell'articolo 16.
  3. Se dalla trasformazione risulta una società di capitali italiana, il capitale è determinato sulla base dei valori attuali degli elementi dell'attivo e del passivo e deve risultare da una relazione di stima redatta a norma dell'articolo 2343 del codice civile o dalla documentazione di cui all'articolo 2343-ter del codice civile oppure, quando dalla trasformazione risulta una società a responsabilità limitata, da una relazione di stima redatta a norma dell'articolo 2465 del codice civile. Si applica altresì, nel caso di società per azioni o in accomandita per azioni, l'articolo 2343, secondo, terzo e, in quanto compatibile, quarto comma, del codice civile e, nelle ipotesi di cui all'articolo 2343-ter, primo e secondo comma, del codice civile, si applica il terzo comma del medesimo articolo 2343 del codice civile.
  4. Il comma 3 non si applica quando è sottoposta a trasformazione in società italiana una società di altro Stato membro soggetta alle regole di formazione del capitale di cui al titolo I capo IV della direttiva (UE) 2017/1132 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, o a regole equivalenti.
  5. Se il notaio ritiene non adempiute le condizioni stabilite dalla legge o omette il rilascio dell’attestazione, si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 29, commi 5, 6 e 7.
  6. Per la società italiana sottoposta a trasformazione transfrontaliera che ha adottato una legge diversa da quella italiana, il controllo di legalità di cui al comma 1 è espletato dall'autorità all'uopo designata da tale Stato.

ART. 14

(Pubblicità)

  1. Per la società italiana sottoposta a trasformazione transfrontaliera, la decisione di trasformazione, unitamente al certificato preliminare e all’attestazione di espletamento del controllo di legalità previsto dall’articolo 13, è depositata per l’iscrizione nel registro delle imprese dove ha sede la società, entro trenta giorni dall’attestazione.
  2. Per la società risultante dalla trasformazione che ha adottato la legge italiana, entro trenta giorni dal rilascio dell’attestazione di cui all’articolo 13, comma 1, l’atto costitutivo, unitamente all'attestazione e al certificato preliminare, è depositato per l'iscrizione nel registro delle imprese del luogo dove la società ha sede. Fatte salve altre modalità di trasmissione, l’ufficio del registro delle imprese comunica senza indugio, tramite il BRIS, l’avvenuta iscrizione al corrispondente registro delle imprese in cui è iscritta la società sottoposta a trasformazione.

ART. 15

(Efficacia ed effetti della trasformazione)

  1. La data dalla quale la trasformazione ha effetto è determinata dalla legge applicabile alla società risultante dalla trasformazione. La società italiana sottoposta a trasformazione è cancellata dal registro delle imprese quando l’ufficio competente ha provveduto all’iscrizione della società risultante dalla trasformazione, a condizione che si sia provveduto al deposito di cui all’articolo 14, comma 1. Fatte salve altre modalità di trasmissione, nelle trasformazioni transfrontaliere, la comunicazione di avvenuta iscrizione della società risultante dalla trasformazione avviene tramite il BRIS.
  2. La trasformazione transfrontaliera in una società regolata dalla legge italiana ha effetto dalla data di iscrizione dell'atto costitutivo nel registro delle imprese del luogo ove ha sede la società risultante dalla trasformazione. Il progetto può stabilire una data successiva.
  3. La società risultante dalla trasformazione conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali della società che ha effettuato la trasformazione.

ART. 16

(Partecipazione dei lavoratori)

  1. Quando la società sottoposta a trasformazione transfrontaliera applica un regime di partecipazione dei lavoratori o ha avuto nei sei mesi precedenti la pubblicazione del progetto di trasformazione un numero medio di lavoratori pari ai quattro quinti del minimo richiesto per la sua attivazione, secondo la legge dello Stato membro dalla quale è regolata, la partecipazione dei lavoratori nella società italiana risultante dalla trasformazione e il loro coinvolgimento nella definizione dei relativi diritti sono disciplinati in base a procedure, criteri e modalità stabiliti negli accordi tra le parti stipulanti i contratti collettivi nazionali di lavoro applicati nella società stessa. In mancanza degli accordi di cui al primo periodo, il regime applicato prima della trasformazione continua ad applicarsi, in tutti i suoi elementi, alla società risultante dalla trasformazione, secondo le disposizioni di riferimento previste dall’allegato I, parte terza, del decreto legislativo n. 188 del 2005. La società comunica immediatamente ai lavoratori o ai loro rappresentanti l’esito dei negoziati.
  2. Se la società, anteriormente alla trasformazione, applica un regime di partecipazione dei lavoratori, tale regime continua ad applicarsi durante i negoziati e fino alla data di entrata in vigore degli accordi o all’eventuale applicazione delle disposizioni di riferimento.
  3. I negoziati iniziano subito dopo la costituzione della delegazione speciale di negoziazione e possono proseguire nei sei mesi successivi, prorogabili dalle parti, di comune accordo, per ulteriori sei mesi. Per quanto non previsto dal presente articolo, ai negoziati si applicano i seguenti articoli del decreto legislativo n. 188 del 2005:
    1. articolo 3, commi 1, 2, lettere a), numero 1), b) e c), e commi 3, 4, primo e secondo periodo, 6 e 11;
    2. articolo 4, commi 1, 2, lettere a), g) e h), 3 e 4;
    3. articoli 6, 8, 10 e 12.
  4. A seguito dei negoziati, le disposizioni di riferimento di cui al comma 1 si applicano se le parti hanno concordato nel corso dei negoziati di avvalersi di tali disposizioni oppure non è stato raggiunto un accordo entro il termine previsto e l’organo amministrativo della società sottoposta a trasformazione accetta l’applicazione di tali disposizioni.
  5. Resta fermo il comma 2 dell’allegato I, parte terza, del decreto legislativo n. 188 del 2005. Si applica l’articolo 11 del decreto legislativo n. 188 del 2005 e l’articolo 12, paragrafi 2 e 4, del regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell’8 ottobre 2021.
  6. Quando in seguito ai negoziati preliminari si applicano le disposizioni di riferimento per la partecipazione dei lavoratori di cui al comma 1, può essere apposto un limite massimo alla quota di rappresentanti dei lavoratori nel consiglio di amministrazione o di vigilanza della società italiana risultante dalla trasformazione. La quota indicata nel primo periodo non può essere inferiore a un terzo, se nella società sottoposta a trasformazione i rappresentanti dei lavoratori costituiscono almeno un terzo dei membri dell’organo di amministrazione o di vigilanza.
  7. La società italiana risultante dalla trasformazione tenuta, ai sensi delle disposizioni di cui al comma 1, ad applicare un regime di partecipazione dei lavoratori, assume una forma giuridica che consente l’esercizio dei diritti di partecipazione.
  8. La società di cui al comma 7 garantisce la tutela dei diritti di partecipazione dei lavoratori in caso di nuove operazioni di trasformazione, fusione e scissione nazionali, internazionali o transfrontaliere effettuate nei quattro anni successivi alla data di efficacia della trasformazione transfrontaliera, in conformità alle disposizioni di cui al presente articolo ove compatibili.

CAPO III

Fusione

ART. 17

(Definizioni)

  1. Ai fini del presente capo si intendono per:
    1. «fusione»: l’operazione di cui all’articolo 2501, primo comma, del codice civile, con esclusione dei trasferimenti di parte dell’azienda;
    2. «società risultante dalla fusione»: la società incorporante o, nel caso di fusione mediante costituzione di nuova società, la società di nuova costituzione;
    3. «società partecipante alla fusione»: la società incorporante, la società incorporata o, nel caso di fusione mediante costituzione di nuova società, la società che prende parte alla fusione.

ART. 18

(Norme applicabili alla fusione)

  1. Salvo che non sia diversamente disposto dal presente decreto, alla società italiana partecipante alla fusione transfrontaliera si applica il titolo V, capo X, sezione II, del libro V del codice civile.
  1. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 32, in caso di conflitto con le norme applicabili alle società di altro Stato membro partecipanti alla fusione transfrontaliera sugli adempimenti successivi al rilascio del certificato preliminare, è data prevalenza alla legge applicabile alla società risultante dalla fusione medesima.
  2. L’articolo 2501-bis del codice civile non trova applicazione se la società partecipante alla fusione il cui controllo è oggetto di acquisizione non è una società italiana.
  3. Resta altresì salvo quanto previsto dal regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell’8 ottobre 2001, in materia di costituzione di una società europea per fusione e quanto previsto dal regolamento (CE) n. 1435/2003 del Consiglio, del 22 luglio 2003, in materia di costituzione di una società cooperativa europea per fusione.

ART. 19

(Progetto di fusione)

  1. Il progetto comune di fusione transfrontaliera comprende le informazioni di cui all’articolo 2501-ter, primo comma, del codice civile. Da esso devono altresì risultare:
    1. il tipo, la denominazione, e la sede nonché la legge regolatrice della società risultante dalla fusione e di ciascuna delle società partecipanti;
    2. ogni modalità particolare relativa al diritto di partecipazione agli utili;
    3. i diritti accordati dalla società risultante dalla fusione ai soci titolari di diritti speciali o ai possessori di titoli diversi dalle quote rappresentative del capitale sociale o le misure proposte nei loro confronti;
    4. i vantaggi eventualmente attribuiti a favore dei membri degli organi di controllo delle società partecipanti alla fusione;
    5. quando ne ricorrono i presupposti, le informazioni sulle procedure di coinvolgimento dei lavoratori nella definizione dei loro diritti di partecipazione nella società risultante dalla fusione e le alternative possibili;
    6. le probabili ripercussioni della fusione sull’occupazione;
    7. le informazioni sulla valutazione degli elementi patrimoniali attivi e passivi che sono trasferiti alla società risultante dalla fusione;
    8. la data cui si riferisce la situazione patrimoniale o il bilancio di ciascuna delle società partecipanti alla fusione utilizzati per definire le condizioni della fusione;
    9. ove necessario, le ulteriori informazioni la cui inclusione nel progetto comune è prevista dalla legge applicabile alle società partecipanti alla fusione;
    10. la data di efficacia della fusione o i criteri per la sua determinazione;
    11. i dati sulla liquidazione in denaro offerta ai soci per il caso di recesso, a norma dell’articolo 25 e l’indicazione del domicilio digitale presso il quale la società riceve le eventuali comunicazioni di recesso;
    12. eventuali garanzie o impegni offerti ai creditori;
    13. il calendario proposto a titolo indicativo per l’operazione.
  2. Quando dalla fusione risulta una società regolata dalla legge di un altro Stato, il progetto deve altresì indicare se la società italiana ha ricevuto, nei cinque anni anteriori alla pubblicazione del progetto, benefici pubblici o benefici pubblici localizzati precisandone, in caso positivo, l’entità e i soggetti che li hanno erogati. Sono inoltre indicati i procedimenti di revoca o decadenza dai benefici avviati, o i provvedimenti di revoca o decadenza adottati entro la data di cui al primo periodo e le somme da restituire, comprendenti le garanzie escusse e le sanzioni. In caso di fusione internazionale, i benefici pubblici localizzati indicati nel progetto sono quelli ricevuti nei dieci anni anteriori alla sua pubblicazione. L’indicazione di cui al primo periodo è inserita anche se negativa.
  3. Il conguaglio in danaro di cui all’articolo 2501-ter, primo comma, numero 3), del codice civile, non può essere superiore al dieci per cento del valore nominale delle azioni o delle quote assegnate o, in mancanza di valore nominale, della loro parità contabile, salvo che la legge applicabile ad almeno una delle società partecipanti alla fusione o la legge applicabile alla società risultante dalla fusione consenta il conguaglio in danaro in misura superiore.

ART. 20

(Pubblicità)

  1. Il progetto di fusione transfrontaliera è depositato per l’iscrizione nel registro delle imprese del luogo ove hanno sede le società partecipanti alla fusione, almeno trenta giorni prima della data fissata per la decisione, insieme con un avviso ai soci, creditori e rappresentanti dei lavoratori o, in loro mancanza, ai lavoratori stessi, che li informa della facoltà e delle modalità di presentazione di osservazioni al progetto fino a cinque giorni prima della data dell’assemblea. Gli amministratori riferiscono all’assemblea delle osservazioni pervenute.
  2. In alternativa al deposito presso il registro delle imprese il progetto di fusione transfrontaliera e l’avviso sono pubblicati e messi a disposizione, senza oneri, nel sito Internet della società durante i trenta giorni che precedono l’assemblea e, nel caso di approvazione del progetto, fino a fusione avvenuta. La pubblicazione avviene con modalità atte a garantire la sicurezza del sito medesimo, l’autenticità dei documenti e la certezza della data di pubblicazione.
  3. La società che si avvale della pubblicazione sul sito Internet deposita per l’iscrizione nel registro delle imprese, nel medesimo termine di cui al comma 1, una nota informativa che indica:
    1. per ciascuna società partecipante alla fusione e per l’eventuale società di nuova costituzione, il tipo, la denominazione e la sede;
    2. il registro delle imprese presso cui sono iscritte le società partecipanti alla fusione e il relativo numero di iscrizione;
    3. per ciascuna società partecipante alla fusione, l’indicazione delle modalità di esercizio dei diritti da parte di creditori, dei lavoratori e dei soci;
    4. il sito Internet nel quale sono accessibili per via telematica gratuitamente il progetto di fusione transfrontaliera, l’avviso di cui al comma 1 e informazioni esaurienti sulle modalità previste dalla lettera c).
  4. Il registro delle imprese rende accessibili al pubblico, senza oneri, tramite il BRIS, il progetto di fusione transfrontaliera, l’avviso di cui al comma 1, la nota informativa di cui al comma 3 e ogni altro documento depositato ai sensi del presente articolo.
  5. I diritti applicati alla società per la pubblicità nel registro delle imprese, prevista dal presente articolo, non eccedono i relativi costi amministrativi, includendosi in questi i costi di sviluppo e di mantenimento del registro delle imprese.

ART. 21

(Relazione dell’organo amministrativo)   

  1. L’organo amministrativo di ciascuna delle società che partecipano alla fusione redige una relazione destinata ai soci e ai lavoratori nella quale illustra e giustifica gli aspetti giuridici ed economici della fusione transfrontaliera e illustra le implicazioni della fusione transfrontaliera per i lavoratori e per l’attività futura della società. L’organo amministrativo può redigere una relazione unica o due separate per soci e lavoratori.
  2. La relazione destinata ai soci illustra e giustifica, sotto il profilo giuridico ed economico, il progetto di fusione e, in particolare, il valore di liquidazione delle azioni o quote per il caso di recesso, il rapporto di cambio e i criteri utilizzati per determinarli nonché segnala le eventuali difficoltà di valutazione insorte. La relazione indica, altresì, i diritti e le tutele di cui i soci dispongono ai sensi degli articoli 25 e 26. La relazione non è richiesta se vi rinunciano all’unanimità i soci e i possessori di altri strumenti finanziari che attribuiscono il diritto di voto della società italiana partecipante alla fusione.
  3. Nella relazione destinata ai lavoratori sono illustrati l’impatto giuridico ed economico della fusione sui rapporti di lavoro ed eventuali modifiche sostanziali alle condizioni di lavoro o all’ubicazione delle attività e sono indicate le misure eventualmente previste per la salvaguardia dell’occupazione e le ricadute dell’operazione su eventuali società controllate.
  4. Quando dalla fusione risulta una società regolata dalla legge di altro Stato, la relazione dell’organo amministrativo destinata ai soci e ai dipendenti illustra le informazioni indicate nel progetto ai sensi dell’articolo 19, comma 2.
  5. La relazione non è necessaria quando la società partecipante alla fusione e le sue eventuali controllate hanno come unici dipendenti i membri dell’organo amministrativo.
  6. Gli amministratori riferiscono all’assemblea del parere espresso dai rappresentanti dei lavoratori o, in loro assenza, dai lavoratori stessi. Se il parere di cui al primo periodo è ricevuto almeno cinque giorni prima dell’assemblea, è allegato alla relazione e messo a disposizione nelle medesime forme.

ART. 22

(Relazione degli esperti)

  1. La relazione di cui all’articolo 2501-sexies del codice civile è redatta da uno o più esperti scelti fra i soggetti di cui all’articolo 2409-bis, primo comma, del codice civile. Se la società italiana partecipante alla fusione transfrontaliera è ammessa alla negoziazione in mercati regolamentati, l’esperto è scelto fra le società di revisione sottoposte alla vigilanza della Commissione nazionale per le società e la borsa.
  2. Se la società risultante dalla fusione transfrontaliera è una società per azioni o in accomandita per azioni, o una società di altro Stato membro di tipo equivalente, l’esperto o gli esperti di cui al comma 1 sono designati dal tribunale del luogo in cui ha sede la società italiana partecipante alla fusione transfrontaliera.
  3. La relazione di cui all’articolo 2501-sexies del codice civile può essere redatta per tutte le società partecipanti alla fusione transfrontaliera da uno o più esperti indipendenti designati, su richiesta congiunta di tali società, o abilitati, da una autorità amministrativa o giudiziaria in conformità della legge applicabile ad una delle società partecipanti alla fusione transfrontaliera o alla società risultante dalla fusione medesima. L’autorità italiana competente alla designazione è il tribunale del luogo in cui ha sede la società italiana partecipante alla fusione transfrontaliera o risultante dalla stessa. La relazione unica contiene le eventuali ulteriori informazioni richieste dalla legge applicabile alle società partecipanti alla fusione transfrontaliera.
  4. La relazione di cui all’articolo 2501-sexies del codice civile contiene anche un parere sulla congruità del valore di liquidazione, indicato nel progetto, per il caso di recesso, considerando i criteri di stima indicati nell’articolo 25, comma 5, e indicando:
    1. il metodo o i metodi seguiti per la determinazione del valore di liquidazione e i valori risultanti dall’applicazione di ciascuno di tali metodi;
    2. le eventuali difficoltà di valutazione.
  5. La relazione deve contenere, inoltre, un parere sull’adeguatezza del metodo o dei metodi seguiti per la determinazione del valore di liquidazione e sull’importanza relativa attribuita a ciascuno di essi nella determinazione del valore adottato.
  6. Se dalla fusione risulta una società di capitali italiana e alla fusione partecipa una società di altro Stato membro non soggetta alle regole di formazione del capitale di cui al titolo I capo IV della direttiva (UE) 2017/1132 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, o a regole equivalenti, si applica l’articolo 2501-sexies, settimo comma, del codice civile.

ART. 23

(Termini e deposito di atti)

  1. La relazione dell’organo amministrativo è depositata in copia presso la sede della società e messa a disposizione in forma elettronica. La stessa è a disposizione dei soci durante i quarantacinque giorni che precedono la decisione in ordine alla fusione ed è inviata almeno quarantacinque giorni prima della decisione ai rappresentanti dei lavoratori, o ai lavoratori stessi in mancanza di rappresentanti. Il progetto di fusione, una volta redatto, è reso disponibile con le stesse modalità.
  2. La relazione degli esperti e gli altri atti previsti dall’articolo 2501-septies del codice civile restano a disposizione dei soci, durante i trenta giorni che precedono la decisione in ordine alla fusione.
  3. Per le modalità di consultazione e rilascio di copia delle relazioni e degli atti si applica l’articolo 2501-septies, secondo comma, del codice civile.

ART. 24

(Decisione)

  1. Per la regolare costituzione dell’assemblea si osservano le disposizioni di legge previste per la modificazione dell’atto costitutivo. La decisione è presa con la maggioranza dei due terzi del capitale rappresentato in assemblea e, nelle società a responsabilità limitata, la decisione è presa anche con il voto favorevole di una maggioranza che rappresenti almeno la metà del capitale sociale.
  2. Lo statuto può richiedere una maggioranza più elevata, purché non superiore ai nove decimi del capitale sociale. In nessun caso la maggioranza richiesta per l’approvazione di un’operazione di trasformazione o di scissione è superiore a quella prevista per la fusione. Il primo e il secondo periodo non si applicano alle decisioni sulle fusioni transfrontaliere adottate dalle società di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b).
  3. Per l’approvazione del progetto è richiesto il consenso di ciascun socio che, con l’operazione, assume maggiori obblighi economici nei confronti di altri soci o della società o assume responsabilità illimitata nei confronti di terzi.
  1. L’efficacia della delibera di approvazione del progetto comune di fusione transfrontaliera può essere subordinata all’approvazione con successiva delibera da parte dell’assemblea delle modalità di partecipazione dei lavoratori nella società risultante dalla fusione.
  2. Si applica l’articolo 2502, secondo comma, del codice civile a condizione che tutte le società partecipanti alla fusione deliberino le medesime modifiche.
  3. L’incongruità del rapporto di cambio o del valore di liquidazione o la non correttezza delle relative informazioni contenute nelle relazioni di cui agli articoli 21 e 22 non costituisce motivo sufficiente per la sospensione dell’efficacia o l’annullamento della decisione.
  4. Per la regolare costituzione degli organi competenti e per la decisione sulla fusione adottata dagli enti di cui all’articolo 1, comma 1, lettera e), si osservano le disposizioni di legge previste per la modificazione dell’atto costitutivo.

ART. 25

(Recesso)

  1. Quando dalla fusione transfrontaliera risulta una società di altro Stato membro, i soci che non hanno concorso all’approvazione del progetto di fusione, ferme restando le altre cause di recesso previste dalla legge o dallo statuto, hanno diritto di recedere dalla società italiana che partecipa alla fusione in conformità al presente articolo. Quando la società risultante dalla fusione è italiana, i soci della società italiana che partecipa alla fusione hanno diritto di recedere in conformità a quanto previsto dal codice civile, ferma restando l’applicazione dei commi 2 e 3 e degli articoli 19, comma 1, lettera m), e 21, comma 2.
  2. I soci che hanno partecipato all’assemblea che ha adottato la delibera di cui all’articolo 24 possono esercitare il diritto di recesso entro quindici giorni dall’iscrizione della delibera nel registro delle imprese e comunque non oltre trenta giorni dalla sua adozione. I soci assenti e i soci privi del diritto di voto nell’assemblea che ha approvato il progetto di fusione possono esercitare il diritto di recesso entro quindici giorni dall’iscrizione della delibera nel registro delle imprese.
  3. La dichiarazione di recesso contiene le indicazioni di cui all’articolo 2437-bis del codice civile e, a pena di decadenza, l’eventuale contestazione del valore indicato nel progetto di fusione. Il diritto di recesso è esercitato mediante lettera raccomandata oppure mediante documento informatico sottoscritto con la firma digitale prevista dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, o con altro tipo di firma elettronica qualificata ai sensi del regolamento (UE) 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, e trasmesso al domicilio digitale indicato nel progetto ai sensi dell’articolo 19, comma 1, lettera m).
  4. Alla liquidazione delle azioni o quote dei soci recedenti si applicano gli articoli 2437-quater e 2473, quarto comma, del codice civile, con le seguenti eccezioni:
    1. l’offerta in opzione ai soci e l’eventuale collocamento presso terzi avvengono al valore fissato nel progetto di fusione;
    2. nella società per azioni, l’offerta di opzione è depositata presso il registro delle imprese entro quindici giorni dalla scadenza dei termini per il recesso;
    3. in caso di assenza di utili o riserve disponibili nel patrimonio della società incorporata, resta fermo l’obbligo della società di liquidare il socio recedente e non è pregiudicata l’attuazione della fusione, fatti salvi l’opposizione dei creditori prevista dall’articolo 2503 del codice civile e, ove applicabile, il rispetto dei requisiti di capitale da parte della società risultante dalla fusione;
    4. la liquidazione avviene non oltre sessanta giorni dalla data in cui la fusione ha avuto effetto.
  5. Il valore di liquidazione è determinato dagli amministratori, sentito il parere dell’organo di controllo o del soggetto incaricato della revisione, se presente, tenuto conto della consistenza patrimoniale della società e delle sue prospettive reddituali, nonché dell’eventuale valore di mercato delle azioni o quote. Si osservano le disposizioni di cui all’articolo 2437-ter, terzo e quarto comma, del codice civile.
  6. In caso di contestazione del valore di liquidazione da parte di uno o più soci, da effettuarsi nella dichiarazione di recesso, tale valore è determinato tramite relazione giurata di un esperto nominato dal tribunale. L’istanza di nomina dell’esperto è presentata entro trenta giorni dall’iscrizione della delibera di fusione nel registro delle imprese al tribunale ove la società partecipante ha sede. Per le società di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, è competente la sezione specializzata in materia di impresa del tribunale individuato a norma dell’articolo 4, comma 1, dello stesso decreto legislativo n. 168 del 2003. Il tribunale assegna all’esperto un termine fino a sessanta giorni dalla nomina, prorogabile per gravi motivi di ulteriori sessanta giorni, per la determinazione del valore di liquidazione. In caso di eccezionale difficoltà di valutazione, i termini di cui al quarto periodo possono essere raddoppiati. Il tribunale regola le spese di lite secondo i criteri di cui agli articoli 91 e seguenti del codice di procedura civile e, se richiesto, provvede alla liquidazione del compenso dell’esperto. La determinazione del valore ha efficacia nei confronti della società e di tutti i soci recedenti che lo hanno contestato e può essere impugnata soltanto nei casi previsti dall’articolo 1349, primo comma, del codice civile. Quando dalla determinazione dell’esperto risulta un valore superiore a quello indicato nel progetto, la differenza è corrisposta entro sessanta giorni dal deposito della relazione dell’esperto nella cancelleria del tribunale.
  7. Se non è diversamente previsto nell’atto di trasferimento delle azioni o quote, il recedente conserva la qualità di socio sino alla data in cui la fusione diviene efficace.

ART. 26

(Contestazione del rapporto di cambio)

  1. I soci che non hanno concorso alla deliberazione e sono pregiudicati dalla non congruità del rapporto di cambio, hanno diritto, subordinatamente all’efficacia della fusione e salvo che sia esercitato il diritto di recesso, al pagamento, da parte della società risultante dalla fusione, di un indennizzo pari alla differenza tra il valore che la partecipazione avrebbe avuto in base ad un rapporto di cambio congruamente determinato e il valore che la medesima partecipazione ha in base al rapporto di cambio fissato nel progetto, calcolati alla data di approvazione del progetto.
  2. La domanda di determinazione dell’indennizzo è proposta, a pena di decadenza, nei confronti della società risultante dalla fusione entro novanta giorni dalla data in cui la fusione ha acquistato efficacia. La proposizione della domanda non impedisce l’iscrizione della fusione transfrontaliera.
  3. L’esercizio dell’azione di cui al comma 2 non pregiudica l’esercizio, da parte dei soci, dell’azione risarcitoria nei confronti della società, degli amministratori o degli esperti indipendenti.

ART. 27

(Disposizioni comuni sulle controversie relative al recesso e alla contestazione del rapporto di cambio)

  1. I diritti di cui agli articoli 25 e 26 sono disciplinati dalla legge dello Stato da cui è regolata la società partecipante alla fusione e le relative controversie, se non devolute ad arbitri, sono attribuite in via esclusiva alla giurisdizione di tale Stato, anche dopo che la fusione transfrontaliera ha avuto effetto.
  2. In caso di fusione internazionale, fatte salve le convenzioni internazionali applicabili, sulle controversie di cui al comma 1 riguardanti una società italiana partecipante alla fusione, sussiste la giurisdizione italiana, anche dopo che la fusione ha avuto effetto, indipendentemente dalla sede e dalla legge regolatrice della società risultante dalla fusione.
  3. La competenza appartiene al tribunale ove la società partecipante alla fusione ha sede. Relativamente alle società di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, la competenza appartiene alla sezione specializzata in materia di impresa del tribunale, individuato a norma dell’articolo 4, comma 1, dello stesso decreto n. 168 del 2003.

ART. 28

(Opposizione dei creditori)

  1. Il certificato preliminare alla fusione non può essere rilasciato prima di novanta giorni dal deposito per l’iscrizione nel registro delle imprese del progetto di fusione o della nota informativa prevista dall’articolo 20, comma 3. Il certificato può essere rilasciato prima del termine di novanta giorni quando risulta il consenso dei creditori della società anteriori all’iscrizione del progetto di fusione o il pagamento dei creditori che non hanno dato il consenso o il deposito delle somme corrispondenti presso una banca, salvo che la relazione di cui all’articolo 2501-sexies del codice civile sia redatta, per tutte le società partecipanti alla fusione, da un’unica società di revisione che asseveri, sotto la propria responsabilità ai sensi dello stesso articolo 2501-sexies, sesto comma, che la situazione patrimoniale e finanziaria delle società partecipanti alla fusione, considerato anche il mutamento di legge applicabile, rende non necessarie garanzie a tutela dei suddetti creditori.
  2. Se non ricorre alcuna delle condizioni di cui al comma 1, i creditori anteriori all’iscrizione del progetto di fusione che temono di ricevere concreto pregiudizio dalla fusione, possono proporre opposizione nel suddetto termine di novanta giorni. Si applica l’articolo 2445, quarto comma, del codice civile.
  3. Le garanzie prestate dalla società a norma del presente articolo sono subordinate all’efficacia della fusione.

ART. 29

(Certificato preliminare)

  1. Su richiesta della società italiana partecipante alla fusione transfrontaliera, il notaio rilascia il certificato preliminare attestante il regolare adempimento, in conformità alla legge, degli atti e delle formalità preliminari alla realizzazione della fusione.
  2. Alla richiesta sono allegati:
    1. il progetto di fusione transfrontaliera;
    2. la delibera dell’assemblea di approvazione del progetto;
    3. le relazioni degli amministratori e degli esperti indipendenti, salvo che i soci vi abbiano rinunciato nei casi consentiti dalla legge, e, se pervenuto, il parere dei rappresentanti dei lavoratori;
    4. le osservazioni di soci, lavoratori e creditori, se pervenute;
    5. la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, resa dalle società partecipanti alla fusione, attestante che, nei casi previsti dalla legge, la procedura di negoziazione è iniziata;
    6. quando dalla fusione transfrontaliera risulta una società soggetta alla legge di altro Stato, le certificazioni relative ai debiti previsti dall’articolo 30, in quanto applicabile, rilasciate non oltre novanta giorni prima della richiesta, e il consenso della società ai sensi del regolamento (UE) 2016/679, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, e del Codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, per l’acquisizione delle informazioni di cui all’articolo 5, comma 3;
    7. la dichiarazione che le informazioni inserite nel progetto ai sensi dell’articolo 19, comma 2, e quelle risultanti dalle certificazioni previste dalla lettera f) non hanno subito modifiche o il relativo aggiornamento alla data di presentazione della richiesta;
    8. la prova della costituzione delle garanzie o del pagamento dei debiti risultanti dalle certificazioni di cui alla lettera f);
    9. le informazioni rilevanti, ai fini della fusione, che riguardano società controllanti, controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile.
  3. Ai fini del rilascio del certificato preliminare, sulla base della documentazione, delle informazioni e delle dichiarazioni a sua disposizione, il notaio verifica:
    1. l’avvenuta iscrizione presso il registro delle imprese della delibera di fusione transfrontaliera;
    2. il decorso del termine per l’opposizione dei creditori oppure la realizzazione dei presupposti che consentono l’attuazione della fusione prima del decorso del termine, oppure, in caso di opposizione dei creditori, che il tribunale abbia provveduto ai sensi dell’articolo 2445, quarto comma, del codice civile;
    3. se pertinente, che il progetto di fusione contenga le informazioni previste dall’articolo 19, comma 1, lettera e), e che sia stata resa la dichiarazione di cui al comma 2, lettera e), del presente articolo;
    4. quando l’assemblea ha subordinato, ai sensi dell’articolo 24, comma 4, l’efficacia della delibera di approvazione del progetto comune di fusione transfrontaliera all’approvazione delle modalità di partecipazione dei lavoratori, che queste sono state da essa approvate;
    5. l’assolvimento degli obblighi previsti dall’articolo 30, ove applicabile;
    6. l’assenza, in base alle informazioni e ai documenti ricevuti o acquisiti, di condizioni ostative all’attuazione della fusione transfrontaliera relative alla società richiedente;
    7. che, in base alle informazioni e ai documenti ricevuti o acquisiti, la fusione non sia effettuata per scopi manifestamente abusivi o fraudolenti, dai quali consegue la violazione o l’elusione di una norma imperativa del diritto dell’Unione o della legge italiana, e che non sia finalizzata alla commissione di reati secondo la legge italiana.
  4. Il certificato preliminare è rilasciato dal notaio senza indugio e salve ragioni di eccezionale complessità, specificamente motivate, non oltre trenta giorni dal ricevimento della documentazione completa.
  5. Se il notaio ritiene non adempiute le condizioni stabilite dalla legge o non osservate formalità necessarie per la realizzazione della fusione, comunica senza indugio agli amministratori della società richiedente i motivi ostativi al rilascio del certificato e assegna alla società un termine per sanare tali mancanze, se ritiene che le stesse possano essere sanate. In ogni caso, entro il termine di dieci giorni dalla comunicazione, la società può presentare per iscritto le proprie osservazioni. Se non è possibile sanare tali mancanze o la società non provvede nel termine concessole, o in quello eventualmente prorogato per gravi motivi, o rinuncia ad avvalersi del termine, il notaio comunica agli amministratori della società il rifiuto di rilascio del certificato preliminare, indicandone i motivi anche rispetto alle osservazioni ricevute.
  6. Nei trenta giorni successivi alla comunicazione del rifiuto di cui al comma 5 o alla decorrenza del termine di cui al comma 4 senza che il notaio abbia rilasciato il certificato preliminare, gli amministratori possono domandare il rilascio del certificato mediante ricorso, a norma degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile, al tribunale del luogo ove la società partecipante ha sede. Per le società di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, è competente la sezione specializzata in materia di impresa del tribunale individuato a norma dell’articolo 4, comma 1, dello stesso decreto.
  7. Il tribunale, verificato l’adempimento delle condizioni richieste dalla legge e sentito il pubblico ministero, rilascia con decreto il certificato preliminare. Se ritiene non adempiute le formalità previste dalla legge o non osservate formalità necessarie per la realizzazione della fusione, il tribunale procede ai sensi del comma 5, primo periodo.
  8. Il certificato preliminare rilasciato ai sensi del comma 4 o del comma 7 è depositato per l’iscrizione nel registro delle imprese, a cura dell’organo amministrativo della società, e reso disponibile tramite il BRIS. Fatte salve altre possibili modalità di trasmissione, l’autorità competente di cui all’articolo 33, comma 4, acquisisce senza oneri dal registro delle imprese, tramite il BRIS, il certificato preliminare.
  9. Il rifiuto del rilascio del certificato preliminare ai sensi del comma 5 e il dispositivo del provvedimento di rigetto del ricorso proposto ai sensi del comma 6 sono iscritti senza indugio a cura dell’organo amministrativo della società nel registro delle imprese.

ART. 30

(Certificato preliminare in caso di debiti e benefici pubblici)

  1. Quando dalla fusione transfrontaliera risulta una società soggetta alla legge di altro Stato, la società italiana che partecipa alla fusione, con la richiesta del certificato preliminare, è tenuta a dimostrare, mediante le pertinenti certificazioni, di non avere debiti nei confronti di amministrazioni o enti pubblici o di averli soddisfatti o garantiti in conformità all’articolo 31. Sono rilevanti, ai fini dell’applicazione del primo periodo:
    1. debiti tributari, contributi previdenziali o premi assicurativi, rispettivamente certificati dall’Agenzia delle entrate, dall’INPS e dall’INAIL e dell’agente della riscossione, anche non definitivamente accertati;
    2. sanzioni amministrative pecuniarie dipendenti da reato, applicate con sentenza o decreto irrevocabile, ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, certificate dall’Ufficio centrale presso il Ministero della Giustizia, secondo le risultanze dell’anagrafe prevista dall’articolo 2, comma 1, lettera c), del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di casellario giudiziale europeo, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313;
    3. debiti, anche nei confronti di società a controllo pubblico, come definite dall’articolo 2, comma 1, lettera m), del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, per la restituzione di benefici pubblici non localizzati quando è stato adottato il provvedimento di revoca o decadenza del beneficio o avviato il relativo procedimento o escussa la garanzia da parte del creditore;
    4. debiti per la restituzione di benefici pubblici localizzati, quando l’amministrazione o l’ente creditore ha adottato un provvedimento di decadenza dal beneficio o avviato il relativo procedimento o quando la società partecipante alla fusione, che ha ricevuto il beneficio, o altra società che sia con essa in relazione di controllo o collegata ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, ha comunicato l’intenzione di chiudere il sito beneficiato e cessare definitivamente o ridimensionare l’attività con la riduzione del personale ai sensi dell’articolo 1, commi 224 e seguenti, della legge 30 dicembre 2021, n. 234;
    5. debiti aventi a oggetto la restituzione di aiuti di Stato incompatibili con il diritto dell’Unione, dei quali la Commissione europea ha ordinato il recupero, secondo le risultanze dell’elenco previsto dall’articolo 52, comma 2, lettera d), della legge 24 dicembre 2012, n. 234.
  2. In deroga a quanto previsto dal comma 1, primo periodo, la società di capitali italiana che partecipa alla fusione è tenuta a soddisfare o garantire i debiti di cui allo stesso comma 1, secondo periodo, lettere a), b) e c), quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni:
    1. nella relazione allegata a uno dei bilanci relativi ai tre esercizi anteriori alla data di pubblicazione del progetto di fusione, e depositati nel registro delle imprese, il soggetto incaricato della revisione legale dei conti evidenzia dubbi significativi sulla capacità della società di mantenere la continuità aziendale;
    2. la società si trova in stato di liquidazione o ha revocato la liquidazione nei tre anni anteriori alla data di pubblicazione del progetto di fusione;
    3. dalla situazione patrimoniale di cui all’articolo 2501-quater del codice civile o dall’ultimo bilancio di esercizio depositato prima della pubblicazione del progetto di fusione il patrimonio netto risulta negativo o inferiore al minimo legale salvo che la società, al momento della pubblicazione del progetto di fusione, abbia adottato i provvedimenti di cui agli articoli 2447 e 2482-ter del codice civile o che la legge consenta di posticiparne l’adozione;
    4. nei tre esercizi anteriori alla pubblicazione del progetto di fusione, la società ha omesso il deposito di uno o più bilanci e, a tale fine, si considera omesso il deposito avvenuto con ritardo di oltre duecentoquaranta giorni dalla chiusura dell’esercizio.
  3. Per la disamina della documentazione acquisita e per le verifiche richieste dal presente articolo, il notaio può chiedere la relazione giurata di un revisore legale o di una società di revisione iscritta nell’apposito registro, designato dal notaio stesso, avente i requisiti di indipendenza di cui all’articolo 5, comma 4.
  4. Il presente articolo non si applica alle società regolate dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, dal decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209.

ART. 31

(Modalità di costituzione e disciplina delle garanzie per i debiti e benefici pubblici)

  1. Le garanzie di cui all’articolo 30 sono costituite per un ammontare pari al centoquindici per cento del debito residuo mediante:
    1. cauzione in denaro o titoli del debito pubblico garantiti dallo Stato al corso del giorno del deposito, costituiti in deposito o pegno a favore dell’ente creditore presso una banca;
      1. fideiussione bancaria o assicurativa o rilasciata dagli intermediari iscritti nell’albo di cui all’articolo 106 del decreto legislativo n. 385 del 1993, che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie e che sono sottoposti a revisione contabile da parte di una società di revisione iscritta nell’albo previsto dall’articolo 161 del decreto legislativo n. 58 del 1998.
  2. La fideiussione rilasciata ai sensi del comma 1, lettera b), contiene la rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale, la rinuncia all’eccezione di cui all’articolo 1957 del codice civile e l’obbligo di adempiere entro quindici giorni, a semplice richiesta scritta dell’ente creditore.
  3. La garanzia ha effetto subordinatamente all’efficacia della fusione ed è svincolata se il debito si estingue per qualsiasi causa o se l’atto o il provvedimento da cui il debito medesimo deriva è dichiarato nullo o annullato con decisione amministrativa o giurisdizionale definitiva. In caso di riduzione di almeno un quinto dell’ammontare del debito, la società debitrice o il garante ha diritto a chiedere la proporzionale riduzione dell’importo della garanzia.
  4. L’attestato di avvenuta prestazione della garanzia, che l’ente creditore rilascia, a richiesta della società debitrice, costituisce prova del soddisfacimento della condizione per il rilascio del certificato preliminare.

ART. 32

(Atto di fusione transfrontaliera)

  1. La fusione transfrontaliera risulta da atto pubblico.
  2. Se la società risultante dalla fusione transfrontaliera è una società italiana il notaio redige l’atto pubblico di fusione di cui all’articolo 2504 del codice civile ed espleta il controllo di legalità di cui all’articolo 33.
  3. Se la società risultante dalla fusione transfrontaliera è una società di altro Stato l’atto pubblico di fusione è redatto dall’autorità competente dello Stato la cui legge è applicabile alla società risultante dalla fusione ed è depositato presso il notaio ai fini di cui all’articolo 34, comma 2. Quando tale legge non prevede che la fusione transfrontaliera risulti da atto pubblico e nel caso di fusione internazionale, l’atto di fusione è redatto dal notaio.

ART. 33

(Controllo di legalità della fusione transfrontaliera)

  1. Se la società risultante dalla fusione transfrontaliera è una società italiana, il notaio, entro trenta giorni dal ricevimento dei certificati preliminari e delle delibere di approvazione del progetto comune di fusione relativi a ciascuna delle società partecipanti, espleta il controllo di legalità sulla attuazione della fusione rilasciandone apposita attestazione. Fatte salve altre possibili modalità di trasmissione, il notaio incaricato del controllo di legalità acquisisce il certificato preliminare redatto dalla competente autorità, senza oneri, dal registro delle imprese, tramite il BRIS.
  2. Ai fini del controllo di cui al comma 1, il notaio verifica che:
    1. le società partecipanti alla fusione transfrontaliera abbiano approvato un identico progetto comune;
    2. siano pervenuti i certificati preliminari alla fusione transfrontaliera relativi a ciascuna delle società partecipanti;
    3. quando necessario, siano state stabilite le modalità di partecipazione dei lavoratori ai sensi dell’articolo 39.
  3. Se il notaio ritiene non adempiute le condizioni stabilite dalla legge o omette il rilascio dell’attestazione, si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 29, commi 5, 6 e 7.
  4. Se la società risultante dalla fusione transfrontaliera è una società di altro Stato membro il controllo di legalità di cui al comma 1 è espletato dall’autorità all’uopo designata da tale Stato.

ART. 34

(Pubblicità)

  1. Se la società risultante dalla fusione transfrontaliera è italiana, entro trenta giorni, l’atto di fusione, unitamente all’attestazione di cui all’articolo 33, comma 1, e ai certificati preliminari, è depositato per l’iscrizione nel registro delle imprese dove ha sede ciascuna delle società italiane partecipanti e la società risultante dalla fusione. Il deposito relativo alla società risultante dalla fusione non può precedere quelli relativi alle altre società italiane partecipanti alla fusione.
  2. Se la società risultante dalla fusione è una società di altro Stato membro, entro quarantacinque giorni dall’espletamento del controllo di cui all’articolo 33, comma 2, l’atto pubblico di fusione, unitamente all’attestazione dell’espletamento del suddetto controllo, è depositato per l’iscrizione nel registro delle imprese dove ha sede la società italiana partecipante alla fusione.

ART. 35

(Efficacia della fusione transfrontaliera)

  1. Se la società risultante dalla fusione transfrontaliera è italiana, la fusione ha effetto dalla data di iscrizione dell’atto nel registro delle imprese del luogo ove ha sede tale società. Nella fusione mediante incorporazione può essere stabilita una data successiva.
  2. Fatte salve altre modalità di trasmissione, l ’ufficio del registro delle imprese di cui al comma 1 comunica senza indugio, tramite il BRIS, al corrispondente registro delle imprese in cui è iscritta ciascuna società partecipante alla fusione che l’operazione ha acquistato efficacia, affinché provveda alla relativa cancellazione.
  3. Quando la società risultante dalla fusione è una società di altro Stato membro, la data dalla quale la fusione ha effetto è determinata dalla legge applicabile a tale società.
  4. Fatte salve altre modalità di trasmissione, nel caso di cui al comma 3, la società italiana partecipante alla fusione transfrontaliera è cancellata dal registro delle imprese a seguito della comunicazione, tramite il BRIS, da parte del registro delle imprese in cui è iscritta la società risultante dalla fusione, che la fusione ha acquistato efficacia, a condizione che si sia provveduto all’iscrizione di cui all’articolo 34, comma 2.

ART. 36

(Effetti della fusione transfrontaliera)

  1. La fusione transfrontaliera produce gli effetti di cui all’articolo 2504-bis, primo comma, del codice civile.
  2. La società italiana risultante dalla fusione adempie le formalità particolari eventualmente prescritte dalla legislazione applicabile alla società di altro Stato membro partecipante alla fusione per l’opponibilità a terzi del trasferimento di determinati beni, diritti e obbligazioni inclusi nel patrimonio di tale società.

ART. 37

(Invalidità della fusione transfrontaliera)

  1. Non può essere pronunciata l’invalidità della fusione transfrontaliera quando ha acquistato efficacia ai sensi dell’articolo 35.
  2. Resta salvo il diritto al risarcimento del danno spettante ai soci e ai terzi danneggiati dalla fusione.

ART. 38

(Formalità semplificate)

  1. Quando una fusione transfrontaliera per incorporazione è realizzata da una società che detiene tutte le azioni, le quote o gli altri titoli che conferiscono diritti di voto nell’assemblea della società incorporata:
    1. il progetto non contiene le informazioni di cui all’articolo 19, comma 1, lettere b) e m), e di cui all’articolo 2505, primo comma, del codice civile;
    2. non è richiesta la relazione dell’organo amministrativo destinata ai soci e quella degli esperti indipendenti, salvo il caso di cui all’articolo 2501-bis del codice civile;
    3. la relazione dell’organo amministrativo destinata ai lavoratori è richiesta per la sola società incorporante e contiene anche le informazioni relative alle ricadute dell’operazione sull’occupazione nella società incorporata;
    4. il progetto di fusione può non essere approvato da parte dell'assemblea della società italiana incorporata;
    5. con riguardo alla società italiana incorporante, si applica l’articolo 2505, secondo e terzo comma, del codice civile.
  2. Il comma 1 si applica anche alla fusione transfrontaliera per incorporazione quando una sola persona detiene, direttamente o indirettamente, per il tramite di una o più società partecipanti alla fusione, tutte le azioni o quote sia della società incorporante, sia di quelle incorporate.
  3. Quando le stesse persone detengono partecipazioni, nella medesima proporzione, in ciascuna delle società partecipanti alla fusione, non è richiesta la relazione dell’organo amministrativo destinata ai soci e la relazione degli esperti indipendenti e non si applicano l’articolo 2501-ter, primo comma, numeri 3, 4 e 5 del codice civile e l’articolo 19, comma 1, lettere b) e m), del presente decreto.
  4. Quando una fusione per incorporazione è realizzata da una società che detiene almeno il novanta per cento ma non la totalità delle azioni, quote o altri titoli che conferiscono il diritto di voto nell’assemblea della società incorporata, la relazione dell’organo amministrativo destinata ai soci, la relazione degli esperti indipendenti e la situazione patrimoniale di cui all’articolo 2501-quater del codice civile sono richieste se previsto dalla legislazione nazionale cui è soggetta la società incorporante o la società incorporata.
  5. Nel caso previsto dal comma 4, se il progetto di fusione concede agli altri soci il diritto di far acquistare le loro azioni o quote dalla società incorporante, il corrispettivo per la cessione, determinato con i criteri previsti per il recesso, è indicato nel progetto di fusione ed è oggetto di parere ai sensi dell’articolo 22, comma 5. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 25 e 27.

ART. 39

(Partecipazione dei lavoratori)

  1. Quando almeno una delle società partecipanti alla fusione applica un regime di partecipazione dei lavoratori o ha avuto, nei sei mesi precedenti la pubblicazione del progetto comune di fusione, un numero medio di lavoratori pari ai quattro quinti del minimo richiesto per l’attivazione della partecipazione dei lavoratori, secondo la legislazione dello Stato membro dalla quale è regolata, la partecipazione dei lavoratori nella società italiana risultante dalla fusione transfrontaliera e il loro coinvolgimento nella definizione dei relativi diritti sono disciplinati in base a procedure, criteri e modalità stabiliti in accordi tra le parti stipulanti i contratti collettivi nazionali di lavoro applicati nella società stessa o, in mancanza di tali accordi, dalle disposizioni di riferimento previste dall’allegato I, parte terza, del decreto legislativo 188 del 2005, in quanto applicabili.
  2. Se almeno una delle società partecipanti alla fusione applica un regime di partecipazione dei lavoratori, il consiglio di amministrazione o di gestione della società italiana partecipante alla fusione transfrontaliera e i competenti organi di direzione o amministrazione delle società di altro Stato membro partecipanti alla fusione transfrontaliera possono decidere di applicare, senza negoziati preliminari, le disposizioni di riferimento di cui al comma 1, a decorrere dalla data di efficacia della fusione transfrontaliera.
  3. I negoziati iniziano subito dopo la costituzione della delegazione speciale di negoziazione e possono proseguire nei sei mesi successivi, prorogabili dalle parti, di comune accordo, per ulteriori sei mesi. Per quanto non previsto dal presente articolo, per la costituzione della delegazione speciale di negoziazione e ai negoziati si applicano i seguenti articoli del decreto legislativo n. 188 del 2005:
    1. articolo 3, commi 1, 2, 3, 4, lettera a), 5, 6 e 11;
    2. articolo 4, commi 1, 2, lettere a), g) e h), e 3;
    3. articoli 6, 8, 10 e 12.
  4. A seguito dei negoziati, le disposizioni di riferimento di cui al comma 1 si applicano:
    1. se le parti hanno concordato nel corso dei negoziati di avvalersi di tali disposizioni oppure non è stato raggiunto un accordo entro il termine previsto e i competenti organi di ciascuna delle società partecipanti alla fusione accettano l’applicazione di tali disposizioni;
    2. se una o più delle società partecipanti applica, anteriormente alla fusione, una o più forme di partecipazione che interessano, nell’insieme, almeno un terzo del numero complessivo dei lavoratori di tutte le società partecipanti;
    3. se una o più delle società partecipanti applica forme di partecipazione che interessano meno di un terzo del numero complessivo dei lavoratori, a condizione che la delegazione speciale di negoziazione decida in tal senso.
  5. Resta fermo il comma 2 dell’allegato I, parte terza, del decreto legislativo n. 188 del 2005. Si applicano l’articolo 7, comma 3, del decreto legislativo n. 188 del 2005 e l’articolo 12, paragrafi 2, 3 e 4, del regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell’8 ottobre 2021.
  6. Quando in seguito ai negoziati preliminari si applicano le disposizioni di riferimento per la partecipazione dei lavoratori di cui al comma 1, può essere apposto un limite massimo alla quota di rappresentanti dei lavoratori nel consiglio di amministrazione o di vigilanza della società italiana risultante dalla fusione transfrontaliera. La quota indicata nel primo periodo non può essere inferiore a un terzo se in una delle società partecipanti alla fusione transfrontaliera i rappresentanti dei lavoratori costituiscono almeno un terzo dei membri dell’organo di amministrazione o di vigilanza.
  7. La società italiana risultante dalla fusione transfrontaliera tenuta, ai sensi delle disposizioni di cui al comma 1, ad applicare un regime di partecipazione dei lavoratori, assume una forma giuridica che consente l’esercizio dei diritti di partecipazione.
  8. La società di cui al comma 7 garantisce la tutela dei diritti di partecipazione dei lavoratori in caso di nuove operazioni di trasformazione, fusione e scissione nazionali, internazionali o transfrontaliere, effettuate nei quattro anni successivi alla data di efficacia della fusione transfrontaliera, in conformità alle disposizioni del presente articolo, ove compatibili.
  9. Nel caso previsto dal comma 2, la società comunica ai lavoratori o ai loro rappresentanti la propria determinazione di adottare le disposizioni di riferimento di cui al comma 1 o avviare i negoziati preliminari. In ogni caso, la società comunica immediatamente ai lavoratori o ai loro rappresentanti l’esito dei negoziati.

ART. 40

(Informazione e consultazione dei lavoratori)

  1. I diritti di informazione e consultazione previsti dal decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 25, e dal decreto legislativo 22 giugno 2012, n. 113, in quanto applicabili alla società italiana partecipante alla fusione, sono esercitati secondo le modalità di cui al comma 2, ferme restando le condizioni dei contratti collettivi e degli accordi sindacali, nonché le eventuali prassi più favorevoli per i lavoratori.
  2. La relazione dell’organo amministrativo destinata ai lavoratori è messa a disposizione dei rappresentanti dei lavoratori almeno quarantacinque giorni prima della data fissata per la convocazione dell’assemblea. Su richiesta scritta, comunicata almeno trenta giorni prima della data dell’assemblea, la società avvia, nei cinque giorni successivi, l’esame congiunto dell’operazione, che si intende esaurito qualora, decorsi venti giorni dal suo inizio, non sia stato raggiunto un accordo. La società comunica ai rappresentanti dei lavoratori risposta scritta e motivata al parere redatto dai rappresentanti dei lavoratori e alle richieste e osservazioni formulate durante l’esame congiunto, prima che l’assemblea abbia luogo. Gli amministratori procedono ai sensi dell’articolo 21, comma 6.
  3. Restano fermi gli articoli 2112 del codice civile e 47 della legge 29 dicembre 1990 n. 428.

 

CAPO IV

Scissione

ART. 41

(Definizioni)

  1. Ai fini del presente capo si intendono per:
    1. «scissione»: l’operazione di cui agli articoli 2506, primo comma, e 2506.1, primo comma, del codice civile;
    2. «società partecipante alla scissione»: la società scissa e, se preesistente alla scissione, la società beneficiaria;
    3. «società risultante dalla scissione»: la società beneficiaria.

ART. 42

(Norme applicabili alla scissione)

  1. Salvo quanto espressamente disposto dal presente decreto, si applica alla società italiana partecipante alla scissione transfrontaliera il titolo V, capo X, sezione III del libro V del codice civile.
  2. Si applicano alla scissione gli articoli 20, 21, 22, 23, 24, 25, 27, 28, 29, 30, 31, 36, 37, 38 e 40. Tutti i riferimenti alla fusione s’intendono riferiti anche alla scissione.
  3. Alla scissione mediante scorporo non si applicano gli articoli 25, 27 e 45 e non sono richieste le relazioni di cui agli articoli 21 e 22.
  4. Quando la scissione avviene mediante la costituzione di una o più nuove società e i criteri di attribuzione delle azioni o quote sono proporzionali, la relazione degli esperti è richiesta per i soli contenuti di cui all’articolo 22, commi 4, 5 e 6.
  5. Nell’operazione di scissione mediante assegnazione a favore di una società preesistente in caso di conflitto con le norme applicabili alla società di altro Stato membro partecipante alla scissione rispetto gli adempimenti successivi al rilascio del certificato preliminare, fermo restando quanto disposto dall’articolo 46, si applica l’articolo 18, comma 2.
  6. Resta altresì salvo quanto previsto dal regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell’8 ottobre 2001, in materia di costituzione di una società europea e quanto previsto dal regolamento (CE) n. 1435/2003 del Consiglio, del 22 luglio 2003, in materia di costituzione di una società cooperativa europea.

ART. 43

(Progetto di scissione)

  1. Il progetto di scissione transfrontaliera comprende le informazioni di cui all’articolo 2506-bis, primo comma, del codice civile e di cui all’articolo 19 e indica i criteri di ripartizione degli elementi dell’attivo e del passivo non espressamente assegnati oppure sopravvenuti. Nella scissione mediante scorporo, il progetto non comprende le informazioni di cui all’articolo 19, comma 1, lettere b) e m), e comma 3.
  2. Quando la destinazione di un elemento dell’attivo non è desumibile dal progetto, tale elemento è ripartito, in caso di assegnazione dell’intero patrimonio della società scissa, tra le società beneficiarie e, in caso di assegnazione parziale del patrimonio della società scissa, tra quest’ultima e le società beneficiarie. La ripartizione avviene in misura proporzionale alla quota del patrimonio netto assegnato a ciascuna società, così come valutato ai fini della determinazione del rapporto di cambio.
  3. Quando la destinazione di un elemento del passivo non è desumibile dal progetto, di tale passività rispondono in solido, in caso di assegnazione dell’intero patrimonio, le società beneficiarie e, in caso di assegnazione parziale del patrimonio, la società scissa e le società beneficiarie. La responsabilità solidale è limitata al valore effettivo del patrimonio netto assegnato o mantenuto da ciascuna società.
  4. Il progetto indica i criteri di distribuzione, tra i soci della società scissa, delle azioni o quote delle società beneficiarie ed eventualmente della società scissa. Si osservano le maggioranze previste dall’articolo 24, comma 1, anche nell’ipotesi disciplinata dall’articolo 2506, secondo comma, ultimo periodo, del codice civile.
  5. Il conguaglio in danaro di cui all’articolo 2506, secondo comma, del codice civile non può essere superiore al dieci per cento del valore nominale delle azioni o delle quote assegnate o, in mancanza di valore nominale, della loro parità contabile, salvo che la legge applicabile alla società scissa o almeno a una delle società beneficiarie consenta il conguaglio in danaro in misura superiore.

ART. 44

(Recesso e diritto di vendita)

  1. Quando il progetto di scissione transfrontaliera prevede l’attribuzione proporzionale ai soci di azioni o quote di una o più società di un altro Stato membro, i soci che non hanno concorso all’approvazione della scissione hanno diritto di recedere dalla società italiana scissa.
  2. Le condizioni e le modalità di esercizio del diritto di recesso del socio da una società italiana partecipante alla scissione in qualità di beneficiaria, sono regolate dal codice civile e si applicano gli articoli 19, comma 1, lettera m), e 21, comma 2.
  3. Quando la destinazione del debito verso il socio, per il caso di recesso, non è desumibile dal progetto, dopo che la scissione ha avuto efficacia si applica l’articolo 43, comma 3.
  4. Quando il progetto prevede una attribuzione di azioni o quote ai soci non proporzionale alla partecipazione originaria, si applica l’articolo 2506-bis, quarto comma, secondo periodo, del codice civile.
  5. Al diritto di vendita previsto dal comma 4 si applica l’articolo 25, commi 2, 3, 4, lettera d), 5, 6 e 7. La proposta di acquisto, allegata al progetto di scissione, è irrevocabile e obbliga il proponente a corrispondere al socio che esercita il diritto di vendita il corrispettivo fissato nel progetto e l’eventuale maggior valore determinato ai sensi dell’articolo 25, comma 6. Ciascuna società è responsabile in solido, ai sensi dell’articolo 2506-quater, terzo comma, del codice civile, dell’obbligo assunto dal proponente, fermo restando il diritto di rivalsa.

ART. 45

(Contestazione dei criteri di assegnazione o del rapporto di cambio)

  1. Quando la scissione avviene mediante la costituzione di una o più nuove società e il progetto prevede una attribuzione delle partecipazioni ai soci non proporzionale alla loro quota di partecipazione originaria, i soci che non hanno concorso alla deliberazione e sono pregiudicati dalla non congruità del rapporto di cambio applicato hanno diritto, subordinatamente all’efficacia della scissione e salvo che sia esercitato il diritto di vendita, al pagamento di un indennizzo pari alla differenza, calcolata alla data di approvazione del progetto, tra il valore della partecipazione originaria e la somma dei valori delle partecipazioni mantenute o acquisite per effetto della scissione.
  2. Risponde solidalmente dell’obbligo di corrispondere l’indennizzo ciascuna società, scissa o beneficiaria, a cui il progetto di scissione destina una frazione di patrimonio netto di valore effettivo superiore al valore della partecipazione detenuta nella società scissa dai soci assegnatari delle relative azioni o quote. A tale fine non sono calcolati la frazione di patrimonio netto e il valore della partecipazione riferibili ai soci pregiudicati dal rapporto di cambio.
  3. La domanda di cui al comma 1 è proposta a pena di decadenza entro novanta giorni dalla data in cui la scissione ha acquistato efficacia. La proposizione della domanda non impedisce l’iscrizione della scissione. Quando beneficiaria della scissione è una società preesistente, per la contestazione del rapporto di cambio e per la liquidazione dell’indennizzo si applica l’articolo 26.
  4. L’esercizio delle azioni di cui al presente articolo non pregiudica l’esercizio, da parte dei soci, dell’azione risarcitoria nei confronti della società, degli amministratori o degli esperti indipendenti.

ART. 46

(Atto di scissione transfrontaliera)

  1. La scissione transfrontaliera risulta da atto pubblico.
  2. Quando la scissa è una società italiana, il notaio redige l’atto pubblico di scissione di cui agli articoli 2504 e 2506-ter, quinto comma, del codice civile.
  3. Quando beneficiaria della scissione è una società italiana, l’atto pubblico è redatto dall’autorità competente designata dalla legge applicabile alla società scissa ed è depositato presso il notaio ai fini di cui all’articolo 48, comma 2. Quando tale legge non prevede che la scissione transfrontaliera risulti da atto pubblico, il notaio provvede a redigerlo o riceve in deposito l’atto pubblico redatto dall’autorità competente designata dalla legge applicabile ad altra società beneficiaria. In ogni caso il notaio espleta il controllo di legalità di cui all’articolo 47.
  4. Fermo restando quanto previsto al comma 2, quando beneficiaria della scissione è una società preesistente, l’atto pubblico di scissione può essere redatto a norma dell’articolo 32, commi 2 e 3.

ART. 47

(Controllo di legalità della scissione transfrontaliera)

  1. Se beneficiaria della scissione è una società italiana, il notaio, entro trenta giorni dal ricevimento del certificato preliminare e della delibera di approvazione del progetto di scissione transfrontaliera, espleta il controllo di legalità sull’attuazione della scissione transfrontaliera, rilasciandone apposita attestazione. Fatte salve altre possibili modalità di trasmissione, il notaio incaricato del controllo di legalità acquisisce senza oneri il certificato preliminare, redatto dalla competente autorità, presso il registro delle imprese tramite il BRIS.
  1. Ai fini del controllo di cui al comma 1, il notaio verifica che:
    1. siano rispettati i requisiti per la costituzione e iscrizione nel registro delle imprese delle società di nuova costituzione regolate dalla legge italiana;
    2. tutte le società partecipanti alla scissione abbiano approvato un identico progetto di scissione transfrontaliera;
    3. sia pervenuto il certificato preliminare alla scissione transfrontaliera relativo alla società scissa e alle altre società eventualmente partecipanti alla scissione in qualità di beneficiarie;
    4. quando necessario, siano state stabilite le modalità di partecipazione dei lavoratori ai sensi dell’articolo 50.
  2. Se il notaio ritiene non adempiute le condizioni stabilite dalla legge o omette il rilascio dell’attestazione, si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 29, commi 5, 6 e 7.
  3. Se beneficiaria della scissione è una società di altro Stato membro il controllo di legalità di cui al comma 1 è espletato dall’autorità all’uopo designata da tale Stato.

ART. 48

(Pubblicità)

  1. Per la società italiana scissa, l’atto di scissione, unitamente alle attestazioni rilasciate ai sensi dell’articolo 47, è depositato per l’iscrizione nel registro delle imprese dove ha sede la società, entro trenta giorni dall’ultima attestazione. Se una o più tra le beneficiarie sono società italiane, il deposito relativo ad esse non può precedere quello relativo alla società scissa.
  2. Per la società italiana beneficiaria della scissione, entro trenta giorni dal rilascio dell’attestazione di cui all’articolo 47, comma 1, l’atto pubblico di scissione, unitamente all’attestazione e al certificato preliminare, è depositato per l’iscrizione nel registro delle imprese del luogo dove la società ha sede. Fatte salve altre modalità di trasmissione, l’ufficio del registro delle imprese comunica senza indugio, tramite il BRIS, l’avvenuta iscrizione al corrispondente registro delle imprese in cui è iscritta la società scissa.

ART. 49

(Efficacia della scissione transfrontaliera)

  1. La scissione transfrontaliera di una società italiana acquista efficacia quando l’ufficio del registro delle imprese in cui tale società è iscritta ha avuto notizia dell’iscrizione dell’atto di scissione nei registri delle imprese in cui sono iscritte le società beneficiarie, a condizione che si sia provveduto al deposito previsto dall’articolo 48, comma 1. Gli effetti della scissione decorrono dall’ultima di tali iscrizioni. Può essere stabilita una data di efficacia successiva, salvo che nel caso di scissione mediante costituzione di società nuove.
  2. Fatte salve altre modalità di trasmissione, l’ufficio di cui al comma 1 comunica senza indugio, tramite il BRIS, al corrispondente ufficio del registro delle imprese in cui è iscritta ciascuna società beneficiaria che la scissione transfrontaliera ha acquistato efficacia, indicando la data dell’ultima iscrizione.
  3. Se la scissione ha comportato l’assegnazione dell’intero patrimonio, dopo che la scissione ha acquistato efficacia, la società italiana scissa è cancellata dal registro delle imprese.
  4. Quando la scissa è una società di altro Stato membro, la data dalla quale la scissione acquista efficacia è determinata dalla legge applicabile a tale società.

ART. 50

(Partecipazione dei lavoratori)

  1. Quando la società scissa applica un regime di partecipazione dei lavoratori o ha avuto, nei sei mesi precedenti la pubblicazione del progetto di scissione, un numero medio di lavoratori pari ai quattro quinti del minimo richiesto per l’attivazione della partecipazione dei lavoratori, secondo la legislazione dello Stato membro da cui è regolata, la partecipazione dei lavoratori nella società italiana risultante dalla scissione e il loro coinvolgimento nella definizione dei relativi diritti sono disciplinati in base a procedure, criteri e modalità stabiliti in accordi tra le parti stipulanti i contratti collettivi nazionali di lavoro applicati nella società stessa. In mancanza di tali accordi, il regime applicato prima della scissione continua ad applicarsi, in tutti i suoi elementi, alla società risultante dalla scissione, secondo le disposizioni di riferimento previste dall’allegato I, parte terza del decreto legislativo n. 188 del 2005. La società comunica immediatamente ai lavoratori o ai loro rappresentanti l’esito dei negoziati.
  2. Se, anteriormente alla scissione, la società applica un regime di partecipazione dei lavoratori, tale regime continua ad applicarsi durante i negoziati e fino alla data di entrata in vigore degli accordi o all’eventuale applicazione delle disposizioni di riferimento.
  3. I negoziati iniziano subito dopo la costituzione della delegazione speciale di negoziazione e possono proseguire nei sei mesi successivi, prorogabili dalle parti, di comune accordo, per ulteriori sei mesi. Per quanto non previsto dal presente articolo, ai negoziati si applicano i seguenti articoli del decreto legislativo n. 188 del 2005:
    1. articolo 3, commi 1 e 2, lettere a), numero 1, b) e c) e commi 3, 4, primo e secondo periodo, 6 e 11;
    2. articolo 4, commi 1, 2, lettere a), g) e h), 3 e 4;
    3. articoli 6, 8, 10 e 12.
  4. A seguito dei negoziati, le disposizioni di riferimento di cui al comma 1 si applicano se le parti hanno concordato nel corso dei negoziati di avvalersi di tali disposizioni oppure non è stato raggiunto alcun accordo entro il termine previsto e l’organo amministrativo della società scissa decide di accettare l’applicazione di tali disposizioni.
  5. Resta fermo il comma 2 dell’allegato I, parte terza del decreto legislativo n. 188 del 2005 e si applica l’articolo 11 del medesimo decreto legislativo n. 188 del 2005 e l’articolo 12, paragrafi 2 e 4, del regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell’8 ottobre 2021.
  6. Quando in seguito ai negoziati preliminari si applicano le disposizioni di riferimento per la partecipazione dei lavoratori di cui al comma 1, può essere apposto un limite massimo alla quota di rappresentanti dei lavoratori nel consiglio di amministrazione o di vigilanza della società italiana risultante dalla scissione. La quota indicata nel primo periodo non può essere inferiore a un terzo, se nella società scissa i rappresentanti dei lavoratori costituiscono almeno un terzo dei membri dell'organo di amministrazione o di vigilanza.
  7. La società italiana risultante dalla scissione tenuta, ai sensi delle disposizioni di cui al comma 1, ad applicare un regime di partecipazione dei lavoratori, assume una forma giuridica che consente l'esercizio dei diritti di partecipazione.
  8. La società di cui al comma 7 garantisce la tutela dei diritti di partecipazione dei lavoratori in caso di nuove operazioni di trasformazione, fusione e scissione nazionali, internazionali o transfrontaliere effettuate nei quattro anni successivi alla data di efficacia della scissione transfrontaliera, in conformità alle disposizioni del presente articolo, ove compatibili.
  9. Quando la scissione avviene a favore di una società preesistente:
    1. ai negoziati si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni richiamate dall’articolo 39, comma 3;
    2. la decisione deve essere assunta dai competenti organi delle società partecipanti alla scissione e si applicano, in quanto compatibili, l’articolo 39, comma 4, lettera b), primo periodo, considerando nel numero complessivo i soli lavoratori della società scissa di cui il progetto prevede l’attribuzione alla società beneficiaria preesistente, e l’articolo 7, comma 3, del decreto legislativo n. 188 del 2005.

CAPO V

Modifiche e abrogazioni

ART. 51

(Modifiche al codice civile)

  1. Al Libro V, Titolo V, Capo V, Sezione X del codice civile, articolo 2437, primo comma, la lettera c) è soppressa.
  2. Al Libro V, Titolo V, Capo VII, Sezione II del codice civile, articolo 2473, primo comma, secondo periodo, le parole «al trasferimento della sede all’estero» sono soppresse.
  3. Al Libro V, Titolo V, Capo X, del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
    1. al fine di consentire alle società il trasferimento di attività e passività a una o più società di nuova costituzione regolate dal diritto interno anche avvalendosi della disciplina della scissione, dopo l’articolo 2506, è inserito il seguente:

«Art. 2506.1

(Scissione mediante scorporo)

Con la scissione mediante scorporo una società assegna parte del suo patrimonio a una o più società di nuova costituzione e a sé stessa le relative azioni o quote a sé stessa, continuando la propria attività.

La partecipazione alla scissione non è consentita alle società in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell’attivo.»;

b. all’articolo 2506-bis, quarto comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:

«Il progetto di scissione mediante scorporo non contiene i dati di cui ai numeri 3), 4), 5) e 7) dell’articolo 2501-ter, primo comma, né altro contenuto incompatibile con l’assegnazione delle azioni o quote delle società beneficiarie alla società stessa, anziché ai suoi soci.»;

c. all’articolo 2506-ter sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al terzo comma, in fine, dopo le parole «diversi da quello proporzionale» sono aggiunte le seguenti: «o quando la scissione avviene mediante scorporo»;

2) dopo il quinto comma è aggiunto il seguente:

«Alla scissione mediante scorporo non si applica il diritto di recesso previsto dagli articoli 2473 e 2502.».

  1. Al Libro V, Titolo V, dopo il Capo XI, del codice civile è inserito il seguente:

«Capo XI-bis

Del trasferimento della sede all’estero

ART. 2510-bis

(Trasferimento della sede all’estero)

Il trasferimento all’estero della sede statutaria è posto in essere mediante trasformazione in conformità alle disposizioni che regolano le operazioni di trasformazione transfrontaliera e internazionale.».

ART. 52

(Modifiche alla legge 16 febbraio 1913, n. 89)

 

  1. Alla legge 16 febbraio 1913, n. 89, sono apportate le seguenti modificazioni:
    1. all’articolo 138-bis, dopo il comma 2, è aggiunto il seguente: «2-bis. Con la stessa sanzione è punito altresì il notaio che chiede l’iscrizione nel registro delle imprese di un atto di trasformazione, fusione o scissione transfrontaliera, da lui ricevuto, e dell’attestazione di legalità prevista dalla normativa attuativa della direttiva (UE) 2019/2121, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, da lui rilasciata, quando risultano manifestamente inesistenti le condizioni richieste dalla legge.»;
    2. dopo l’articolo 138-bis, è inserito il seguente:

«Art. 138-ter

  1. Viola l'articolo 28, primo comma, numero 1), ed è punito con la sospensione di cui all'articolo 138, comma 2, e con la sanzione pecuniaria da 516 euro a 15.493 euro, il notaio che rilascia il certificato preliminare previsto dalla normativa attuativa della direttiva (UE) 2019/2121, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, quando dai documenti, dalle informazioni e dalle dichiarazioni previsti dalla medesima normativa risultano manifestamente inesistenti le condizioni richieste dalla legge.».

ART. 53

(Abrogazioni)

  1. A decorrere dalla data di cui all’articolo 56, comma 1, è abrogato il decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 108.

CAPO VI

Disposizioni penali

ART. 54

(False o omesse dichiarazioni per il rilascio del certificato preliminare)

  1. Chiunque, al fine di far apparire adempiute le condizioni per il rilascio del certificato preliminare di cui all’articolo 29, forma documenti in tutto o in parte falsi, altera documenti veri, rende dichiarazioni false oppure omette informazioni rilevanti, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
  2. In caso di condanna ad una pena non inferiore a mesi otto di reclusione segue l’applicazione della pena accessoria di cui all’articolo 32-bis del codice penale.

ART. 55

(Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231)

  1. All’articolo 25-ter, comma 1, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni:
  2. a) all’alinea, dopo le parole «dal codice civile», sono inserite le seguenti: «o da altre leggi speciali»;
  3. b) alla lettera s-bis), il segno di interpunzione «.» è sostituito con il seguente: «;»;
  4. c) dopo la lettera s-bis) è inserita la seguente: «s-ter) per il delitto di false o omesse dichiarazioni per il rilascio del certificato preliminare previsto dalla normativa attuativa della direttiva (UE) 2019/2121, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a trecento quote.».

 

CAPO VII

Disposizioni transitorie e finali

ART. 56

(Disposizioni transitorie e finali)

  1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 3 luglio 2023 e si applicano alle operazioni transfrontaliere e internazionali nelle quali nessuna delle società partecipanti, alla medesima data, ha pubblicato il progetto.
  2. L’articolo 51 si applica a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto. La società che ha trasferito la sede statutaria all’estero prima di tale data mantenendo l’iscrizione nel registro delle imprese continua a essere regolata dalla legge italiana e, ai fini della giurisdizione e della legge applicabile, la sua sede si considera ubicata presso il registro delle imprese presso il quale ha mantenuto l’iscrizione.
  3. Le fusioni transfrontaliere nelle quali, prima del 3 luglio 2023, una delle società partecipanti ha pubblicato il progetto comune di fusione continuano ad essere regolate dal decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 108.
  4. Il presente decreto si applica alla società italiana che partecipa o risulta dalla fusione transfrontaliera rientrante tra le operazioni di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), cui partecipa o da cui risulta una società di uno Stato membro che, alla data in cui è eseguita la pubblicità del progetto di fusione, non ha recepito la direttiva (UE) 2019/2121 e il certificato preliminare rilasciato dall’autorità designata dallo Stato membro è accettato dal notaio a norma dell’articolo 33.
  5. Il presente decreto si applica alla società italiana che partecipa o risulta dalla trasformazione o scissione transfrontaliera cui partecipa o da cui risulta una società di uno Stato membro che, alla data in cui è eseguita la pubblicità del progetto di scissione o trasformazione, non ha recepito la direttiva (UE) 2019/2121. Nell’ipotesi di cui al primo periodo, il notaio accerta la sussistenza delle condizioni previste dall’articolo 25, comma 3, della legge n. 218 del 1995 ai fini del controllo di legalità di cui agli articoli 13 e 47 e le disposizioni che regolano la comunicazione di dati tra il registro delle imprese italiano e il registro delle imprese dello Stato membro si applicano in quanto compatibili.

ART. 57

(Clausola di invarianza finanziaria)

  1. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione delle disposizioni di cui al presente decreto nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

 

Relazione illustrativa

 

Il presente schema di decreto legislativo recepisce la direttiva (UE) 2019/2121 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 novembre 2019, riguardante le trasformazioni, fusioni e scissioni transfrontaliere.

Le disposizioni da recepire mirano a introdurre una disciplina armonizzata e completa delle operazioni societarie aventi rilevanza transfrontaliera e cioè riguardanti società regolate dalle leggi di almeno due differenti Stati membri dell’Unione europea.

Il termine di recepimento indicato dall’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, della direttiva è il 31 gennaio 2023.

La legge 4 agosto 2022, n. 127, recante Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti normativi dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2021, ha conferito al Governo la delega legislativa per il suo recepimento fissando, all’articolo 3, ulteriori principi e criteri direttivi. La legge delega è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 199 del 26 agosto 2022 ed è entrata in vigore il 10 settembre 2022.

Pertanto, per effetto di quanto disposto dall’articolo 31, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante “Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea”, il termine per l’esercizio della delega legislativa è il 10.12.2022. Va infine sottolineato che lo schema di decreto è stato approvato, in via preliminare, dal Consiglio dei ministri il 9 dicembre 2022 e, in pari data, è stato inviato alle competenti Commissioni parlamentari per l’espressione dei necessari pareri. Il termine del 10.12.2022 è divenuto il 10.3.2022 per effetto della proroga di tre mesi prevista e disciplinata dal citato articolo 31, comma 3, ultimo periodo, della legge n. 234 del 2012.

All’esito dell’esame parlamentare sono pervenuti, per la Camera dei deputati, i pareri favorevoli delle Commissioni riunite Giustizia II e Finanze VI, della Commissione Bilancio V e della Commissione Politiche dell’Unione europea XIV ed il parere favorevole della 6° Commissione - Finanze e Tesoro  del Senato.

I pareri espressi dalle Commissioni riunite Giustizia e Finanze della Camera dei deputati e dalla Commissione Finanze del Senato contengono le osservazioni di seguito esaminate.

 

Le disposizioni dello schema di decreto contengono, in applicazione degli articoli 31 e 32 della legge n. 234 del 2012, le norme di diretto recepimento della direttiva, le disposizioni di semplificazione, di riassetto normativo e di coordinamento rese necessarie dall’intervento attuativo e, infine, le norme di esercizio delle ulteriori deleghe conferite dalla legge n. 127 del 2022.

Per la puntuale individuazione delle disposizioni attuative rispetto alle singole prescrizioni della direttiva, si rinvia alla tabella di concordanza redatta in ossequio a quanto previsto dalla legge n. 234 del 2012.

 

Il principale elemento di novità della direttiva (UE) 2019/2121 è rappresentato dall’estensione dell’ambito dell’intervento di armonizzazione. Il legislatore europeo, infatti, è passato dall’armonizzazione delle sole fusioni transfrontaliere, oggetto della direttiva (CE) 2005/56, recepita nell’ordinamento italiano con il decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 108, alla disciplina anche delle operazioni di trasformazione e scissione transfrontaliera[2] e ha arricchito la disciplina delle fusioni rendendola più articolata rispetto a quella del 2005.

La finalità della direttiva è di incentivare la libertà di stabilimento di cui agli articoli 49 e 54 TFUE, intesa come diritto per una società costituita “in conformità con la normativa di uno Stato membro di trasformarsi in una società disciplinata dal diritto di altro Stato membro, purché siano soddisfatte le condizioni stabilite dalla normativa di tale altro Stato membro e, in particolare, il criterio posto da quest'ultimo Stato membro per collegare una società all'ordinamento giuridico nazionale” (considerando 2, direttiva (UE) 2019/2121), e di assicurare, nel contempo, il perseguimento di altri obiettivi essenziali dell’integrazione europea, come la promozione sociale di cui all’articolo 3 TUE e all’articolo 9 TFUE e la promozione del dialogo sociale di cui agli articoli 151 e 152 TFUE.

In particolare, le disposizioni da recepire intendono fornire alle società operanti nel mercato interno – e nello spazio economico europeo – nuove possibilità di crescita economica, di concorrenza effettiva e di produttività senza rinunciare a garantire elevati livelli di protezione sociale e sono, dunque, volte ad agevolare l'eliminazione delle restrizioni esistenti e la libertà di stabilimento mantenendo un’adeguata tutela per i portatori di interessi come i lavoratori, i creditori ed i soci di minoranza.

Proprio l’ambito di intervento più esteso della normativa da attuare e la maggiore complessità della disciplina dettata per le fusioni transfrontaliere rispetto a quella della direttiva (CE) 2005/56, rappresentano la ragione per la quale con il presente schema di decreto è stata rivista la disciplina dettata dal decreto legislativo n. 108 del 2008 con abrogazione del medesimo decreto. La regolamentazione delle tre operazioni societarie da armonizzare è infatti contenuta in un nuovo strumento normativo che regolamenta, in maniera organica e razionale (rispettando anche l’impianto contenuto sia nella direttiva che nel codice civile), la disciplina delle trasformazioni, fusioni e scissioni transfrontaliere, secondo tale ordine.

Tale tecnica normativa rispetta quanto disposto dall’articolo 32, comma 1, lettera e) della legge n. 234 del 2012, che impone l’utilizzo della novella rispetto alle disposizioni vigenti in caso di recepimento di direttive o di attuazione di altri atti dell'Unione europea che modificano precedenti direttive o atti già attuati con legge o con decreto legislativo, sempre che le norme da attuare non comportino un ampliamento della materia regolata.

In definitiva, l’obiettivo ampliamento della materia disciplinata dal legislatore europeo, consente l’abrogazione del decreto legislativo n. 108 del 2008 che continuerà ad applicarsi secondo la disciplina transitoria prevista (e cioè a tutte le operazioni di fusione transfrontaliera per le quali, al momento dell’entrata in vigore del presente decreto, il progetto di fusione comune sarà stato approvato anche da una soltanto delle società partecipanti).

 

I principi di delega per l’estensione della disciplina armonizzata

In relazione ai principi e criteri direttivi contenuti nell’articolo 3 della legge n. 127 del 2021 occorre evidenziare che si tratta di criteri volti al recepimento delle disposizioni e dei princìpi non derogabili dettati dal legislatore europeo, ma anche orientati a consentire l’introduzione di norme che, nello stesso spirito della direttiva, siano applicabili oltre i confini in essa individuati.

Ci si riferisce, in particolare, all’estensione della disciplina dell’Unione europea alle operazioni di trasformazione, fusione o scissione alle quali partecipano o dalle quali risultano:

  1. società diverse dalle società di capitali, purché iscritte nel registro delle imprese, con l’eccezione delle società cooperative a mutualità prevalente ( 3, comma 1, lettera a) legge delega);
  2. società che non hanno la sede statutaria, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale nel territorio dell’Unione europea ma sono soggette alla legge di uno Stato membro che abbia esteso l’armonizzazione a tali enti ( 3, comma 1, lettera b) legge delega);
  3. società non comprese nelle ipotesi di cui ai punti precedenti e società che sono regolate dalla legge di uno Stato non appartenente all’Unione europea (v. 3, comma 1, lettera c) legge delega);
  4. enti che, in forme diverse da quelle societarie, esercitano un’attività di impresa e sono, a loro volta, iscritti nel registro delle imprese ( 3, comma 1, lettera d) legge delega).

La delega rispetto ai principi appena menzionati è stata esercitata con la previsione dell’estensione della disciplina dettata dallo schema di decreto nei limiti di compatibilità tra le fattispecie ulteriori previste e le norme di armonizzazione obbligatoria, pensate e strutturate in relazione alle caratteristiche proprie ed al funzionamento tipico delle società di capitali oltre che all’esistenza di una normativa armonizzata anche nello Stato che regola le altre società o gli altri enti partecipanti alla singola operazione (art. 2, lettere b), c) e d), schema di decreto legislativo).

In particolare, in linea con i principi di delega e con la scelta già operata dal decreto legislativo n. 108 del 2008, l’estensione è avvenuta innanzitutto rispetto alle operazioni transfrontaliere poste in essere da società diverse dalle società di capitali e da società soggette alla legge di un altro Stato membro ma non aventi la sede statutaria, l’amministrazione o il centro di attività nel territorio dell’Unione (art. 3, comma 1, lettere a) e b) legge delega e art. 2, comma 1, lettera b) dello schema).

Per tali operazioni l’applicabilità del decreto è condizionata al recepimento, da parte dell’altro Stato membro, della disciplina europea rispetto al tipo di società partecipante all’operazione. Fuori dal perimetro in cui la direttiva (UE) 2019/2121 richiede agli Stati membri il recepimento delle sue disposizioni, la piena operatività della disciplina armonizzata presuppone, infatti, che l'applicazione delle norme di recepimento alle operazioni di cui si è detto sia parimenti prevista dalla legge applicabile a ciascuna delle società, partecipanti o risultanti dall’operazione, regolate dalla legge degli altri Stati membri.

In ogni altro caso, e cioè per le operazioni per le quali gli Stati interessati, pur se appartenenti all’Unione europea, non hanno esteso l’armonizzazione oltre le ipotesi previste dalla direttiva e per le operazioni c. d. internazionali – vale a dire quelle realizzate da una o più società italiane con società regolate dalla legge di Stati non appartenenti all’Unione europea – il decreto si applica se sussiste la condizione posta dall’articolo 25, comma 3, della legge 31 maggio 1995, n. 218[3] (come chiarito dall’art. 2, comma 1, lettera c), schema di decreto).

Analogamente è previsto per la disciplina delle operazioni transfrontaliere poste in essere da enti che svolgono attività di impresa non in forma societaria, sempre che siano iscritti nel registro delle imprese e abbiano la sede statutaria, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale nel territorio dell’Unione europea (art. 3, comma 1, lettera d) legge delega). Il criterio di delega in questione ha la medesima finalità delle estensioni già esaminate, che è quella di fornire una disciplina unica e armonica, nei limiti della sua compatibilità rispetto alla struttura ed al funzionamento del singolo ente partecipante, per tutte le operazioni che riguardano soggetti che, svolgendo un’attività produttiva, usufruiscono della libertà di stabilimento, incidono sulla concorrenza del mercato di riferimento e vanno, pertanto, sottoposti ad idonei controlli, al pari degli altri soggetti che possiedono le medesime prerogative e facoltà. Anche per gli enti non societari l’applicazione del decreto è subordinata alla verifica della condizione posta dall’articolo 25, comma 3, della legge n. 218 del 1995 (v. art. 2, comma 1, lettera d), schema di decreto)

L’estensione alle operazioni internazionali e alle operazioni poste in essere dagli enti di cui si è appena detto deriva peraltro dalla condivisione di un’importante notazione contenuta nella relazione illustrativa allo schema del decreto legislativo n. 108 del 2008, secondo la quale possono “[..] essere estese a qualsiasi fusione transfrontaliera, comunitaria o internazionale, le disposizioni, che integrano quelle codicistiche sulla fusione domestica, relative al progetto di fusione, alla pubblicità anteriore alla deliberazione dell'assemblea, al contenuto della relazione dell'organo amministrativo e degli esperti, al recesso del socio non consenziente. Tale estensione sarebbe anzi auspicabile al fine di evitare irragionevoli discriminazioni nella disciplina delle fusioni transfrontaliere” (v. anche disposizione art. 4, comma 5 schema di decreto).

Tuttavia per le operazioni oggetto di estensione della disciplina in esame l’assenza di armonizzazione si traduce nella inapplicabilità, proprio per mancanza di una disciplina comune, degli istituti previsti dalla direttiva (UE) 2019/2121 per la verifica del regolare adempimento degli atti e delle formalità preliminari alla realizzazione dell’operazione nello Stato “di partenza” (che è lo Stato della società sottoposta a trasformazione, incorporata o scissa) e il possesso dei requisiti per la valida costituzione e iscrizione della società nello Stato “di destinazione” (vale a dire lo Stato della società risultante dalla trasformazione, incorporante o beneficiaria), consistenti rispettivamente nel certificato preliminare e nel c.d. controllo di legalità.

Pertanto, le operazioni transfrontaliere armonizzate (per l’armonizzazione obbligatoria, v. art. 2, comma 1, lettera a) dello schema e per l’armonizzazione volontaria v. lettera b) art. 2, comma 1, cit.), soddisfano di per sé il requisito di conformità alle leggi di ciascuno degli Stati membri interessati previsto dall’articolo 25, comma 3, della legge n. 218 del 1995. L’aver adottato la disciplina di recepimento della direttiva in esame garantisce il rispetto di tale presupposto. Invece per le operazioni transfrontaliere non armonizzate e per quelle internazionali (lettere c) e d) art. 2, comma 1 cit.), per le quali manca la corrispondente disciplina dei controlli “in entrata” e “in uscita”, la verifica di fattibilità dell’operazione e di compatibilità delle rispettive discipline disposta dalla citata disposizione di diritto internazionale privato va compiuta dal notaio caso per caso. Occorre sul punto precisare che, per tali operazioni, nonostante l’assenza di un obbligo dello Stato “di destinazione”, rectius dell’autorità da tale legge designata, di accettare il certificato preliminare “quale documento attestante a titolo definitivo il regolare adempimento delle procedure e formalità applicabili previste nel rispettivo Stato membro, in mancanza del quale la fusione transfrontaliera non può essere approvata” (così articoli 86 sexdecies, 128 e 160 sexdecies della direttiva (UE) 2017/1132 introdotti dalla direttiva (UE) 2019/2121), il richiamo alla disposizione sul certificato preliminare (art. 29 dello schema, comune alle tre operazioni, per il tramite dei rimandi di cui agli articoli 7 e 42) è stato mantenuto. Ciò al fine, da un lato, di concentrare in quella sede la verifica conclusiva sulla regolarità degli atti e delle formalità preliminari alla realizzazione dell’operazione, in conformità alla legge italiana, e, dall’altro, di agevolare gli eventuali controlli “in entrata” nello Stato estero “di destinazione”.

Sul piano procedurale va anche chiarito che per le operazioni non armonizzate ma anche per quelle transfrontaliere, ancorché armonizzate, che riguardano società diverse da quelle di capitali, la trasmissione via BRIS non è applicabile per la comunicazione di dati tra il registro delle imprese italiano e quelli degli altri Stati membri. Il BRIS, infatti, allo stato pensato e realizzato per le sole società di capitali, non consente uno scambio di atti e documenti al di fuori delle ipotesi di stretta armonizzazione (v. art. 4, comma 2 schema di decreto).

Continuando nell’esame dei criteri di delega contenuti nella legge n. 127 del 2022, si osserva quanto segue.

L’esigenza di dettare una disciplina completa e coerente è alla base del criterio che estende l’applicazione delle disposizioni armonizzate mediante la previsione di una disciplina per le scissioni transfrontaliere con trasferimento del patrimonio a società preesistenti e per il fenomeno della «scissione mediante scorporo» (v. art. 3, comma 1, lettere e) e p), legge delega).

Rispetto alla prima fattispecie lo schema di decreto legislativo, in attuazione del richiamato principio di delega, ha esteso la disciplina della direttiva all’ipotesi di scissione con trasferimento di patrimonio ad una società beneficiaria preesistente. Come espressamente chiarito dal considerando 8 della direttiva, il legislatore europeo non ha considerato tale fattispecie in quanto il passaggio di una parte del patrimonio ad una società già esistente rappresenta un fenomeno più complesso rispetto a quello della scissione con società beneficiaria di nuova costituzione. Le modalità attraverso le quali si svolge questa operazione (nella quale ci sono due o più società che devono accordarsi e non una sola che delibera l’attribuzione del patrimonio ad una nuova impresa) avrebbe richiesto infatti, a livello europeo, una disciplina molto articolata, in grado di tener conto delle peculiarità dei singoli ordinamenti nazionali e dei controlli da assicurare per evitare abusi.

Dal passaggio di patrimonio a società preesistente sorge, ad esempio, l’esigenza di regolamentare il c.d. rapporto di cambio, anche denominato concambio, vale a dire l’assegnazione di azioni o quote della società beneficiaria ai soci della società scissa in funzione del valore economico del patrimonio attribuito con la scissione. Dalla individuazione del concambio discende poi l’esigenza di tutelare i soci in caso di determinazioni errate o non congrue, con la previsione di una specifica disciplina informativa (nelle relazioni degli amministratori e degli esperti), della facoltà di recesso o di rimedi indennitari.  

L’estensione in esame deriva, in definitiva, dalla necessità di avere una disciplina uniforme per le scissioni nazionali e quelle transfrontaliere (o internazionali) regolando un fenomeno esistente nell’ordinamento interno mediante previsioni che ricalcano quelle dettate dal codice civile ma che sono adattate alla dimensione transnazionale dell’operazione da disciplinare (v. artt. 41, comma 1, lettera b), 42, comma 5, 45 comma 3, 46, comma 4 e 50, comma 9 schema di decreto).

Per quanto riguarda invece la seconda fattispecie menzionata, si osserva che l’istituto dello scorporo previsto nella direttiva tra le forme di scissione mentre nel diritto nazionale non rappresenta un istituto avente autonoma disciplina. L’estensione della armonizzazione è volta, in questo caso, a coordinare il diritto interno con la disciplina europea per far sì che le medesime forme di scissione siano previste sia nelle scissioni nazionali sia in quelle transfrontaliere (o internazionali). Con tali disposizioni si riconosce alle società un’ulteriore opzione, percorribile nei casi di trasferimento di attività e passività a una o più società di nuova costituzione.

Nel rispetto del principio di delega, la previsione della scissione mediante scorporo è stata tuttavia limitata al caso della costituzione di nuova società, poiché soltanto quest’ultima ipotesi rispetta la condizione, prevista dall’articolo 3, comma 1, lettera p) della legge 127 del 2022, della “omissione delle formalità dichiarate non necessarie dalla direttiva riguardante la scissione mediante scorporo”. In caso di scorporo con trasferimento di patrimonio a una società preesistente non potrebbe esservi il richiesto procedimento semplificato posto che, per le caratteristiche di cui si è detto in precedenza sulla maggiore complessità del passaggio di patrimonio in capo ad un ente non di nuova costituzione, è normalmente necessario disciplinare l’individuazione del rapporto di cambio e non potrebbe quindi prevedersi una disciplina semplificata che, ad esempio, ometta la relazione degli amministratori ad illustrazione del concambio o la relazione degli esperti indipendenti sulla congruità del medesimo.

 

La necessità di predisporre un quadro normativo completo e coerente sussiste anche per l’ipotesi di trasferimento di sede all’estero senza mutamento della legge regolatrice da parte di società soggetta alla legge italiana, fattispecie priva, allo stato, di idonea disciplina (v. art. 3, comma 1, lettera f), legge delega).

Sulla base del principio della libertà di stabilimento e dell’articolo 25, comma 3, della legge n. 218 del 1995 – che, come già detto, ammette l’efficacia dei trasferimenti di sede all’estero, “se posti in essere conformemente alle leggi di detti Stati interessati”, senza limitarne l’ambito ai soli trasferimenti dai quali segue il mutamento della lex societatis, ossia alle trasformazioni transfrontaliere - la prassi degli Uffici del registro delle imprese, in assenza di disciplina, è giunta ad ammettere la facoltà della società regolata dalla legge italiana di trasferire la sede statutaria all’estero pur mantenendo la soggezione alla legge italiana e l’iscrizione nel registro delle imprese dell’ultima sede stabilita in Italia.

Si è deciso quindi di intervenire per colmare il vuoto normativo esistente, e le conseguenti incertezze di disciplina, assoggettando il procedimento di trasferimento della sede all’estero alle disposizioni sulla trasformazione, transfrontaliera o nazionale, in coerenza peraltro con la definizione di trasformazione contenuta nella direttiva (UE) 2019/2121.

A seguito delle osservazioni pervenute dalla Camera dei deputati, Commissione Giustizia II e Finanze VI, l’articolo 2510-bis del codice civile, introdotto dall’articolo 51 dello schema di decreto è stato rivisto, come si dirà meglio di seguito, al fine di dettare una disciplina univoca che fa salve tutte le prerogative ammesse dal diritto societario nazionale e, prima ancora, la libertà di stabilimento riconosciuta dall’ordinamento europeo, ma che assoggetta ai dovuti controlli le operazioni di trasferimento all’estero della sede indicata nello statuto. E’ stato, in particolare, considerato che la registrazione è normativamente inscindibile dall’esistenza di una sede statutaria, o sociale, entro la circoscrizione di competenza del registro delle imprese (cfr. art. 2330 del codice civile; art. 3 comma 3 D.P.R. 14 dicembre 1999, n. 558) e che tale sede ha una pregnante rilevanza normativa, sia come criterio di collegamento della società all’ordinamento, generalmente valido all’interno dell’Unione europea, sia come criterio di giurisdizione ai fini delle controversie di cui all'articolo 24, n. 2 del Regolamento (UE) n. 2012/1215, “in materia di validità della costituzione, nullità o scioglimento delle società o persone giuridiche, o riguardo alla validità delle decisioni dei rispettivi organi”, e della competenza a norma dell’art. 3 del Regolamento (UE) n. 848/2015 sull’insolvenza transfrontaliera.

L’intervento mira quindi a ricondurre a coerenza il sistema esistente senza pregiudicare, come già detto, la libertà di stabilimento riconosciuta dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (art. 54) e cioè la mobilità transfrontaliera delle società regolate dalla legge italiana.

L’attuazione del criterio in esame è avvenuta, come si dirà meglio di seguito, con l’introduzione di una nuova disposizione da inserire all’interno del codice civile e con la previsione, nello schema di decreto, di un regime transitorio che fa salvi i trasferimenti verificatisi prima dell’applicabilità della nuova disposizione.

 

In attuazione del criterio di delega contenuto nella lettera g), comma 1, dell’articolo 33 della legge delega sono stati inoltre approntati specifici rimedi giurisdizionali rispetto agli atti, o anche all’inerzia, del notaio individuato quale autorità competente al rilascio del certificato preliminare o all’esecuzione del controllo di legalità (v. art. 29, commi 5, 6 e 7 schema di decreto, richiamato anche dall’art. 33).

Come richiesto dall’articolo 3, comma 1, lettera h), legge delega, ai creditori anteriori all’iscrizione del progetto di operazione transfrontaliera nel registro delle imprese sono stati garantiti strumenti di tutela non inferiori a quelli già previsti dal decreto legislativo n. 108 del 2008, le cui disposizioni sono state in gran parte riprese (v. disciplina delle opposizioni in articoli 10 e 28, e richiamo all’art. 28 nell’art. 41).

Seguendo la delega contenuta nell’articolo 3, comma 1, lettere i) e l) della legge n. 127 del 2022, particolare attenzione è stata posta alla tutela dei creditori pubblici quando dall’operazione transfrontaliera risulta una società regolata dalla legge di un altro Stato, ipotesi in cui le opposizioni previste per la generalità dei creditori possono risultare non adeguate o non efficaci.

La disciplina approntata intende garantire, in particolare, che la società italiana partecipante sia in grado di soddisfare i debiti che ha verso l’Erario, altri enti pubblici o società pubbliche, o a controllo pubblico, e che, in caso di società di capitali non versi, al momento dell’operazione, in una situazione di crisi. Ciò al fine di scoraggiare le operazioni aventi scopi elusivi rispetto ai creditori pubblici e quindi di evitare che, tramite i meccanismi facilitati di spostamento transfrontaliero o internazionale dell’attività produttiva della singola impresa debitrice, si riduca o si azzeri la possibilità per tali creditori di ottenere quanto è loro dovuto.

Una disciplina più stringente è dettata nel caso in cui l’operazione porti alla delocalizzazione di uno stabilimento o di un’unità produttiva che ha beneficiato di specifiche misure di sostegno pubblico collegate al territorio in cui la società opera.

Come si dirà più diffusamente nell’esame dell’articolo 30 dello schema di decreto, la disciplina in esame sancisce: l’obbligo di estinguere o garantire tali obbligazioni in presenza di determinati requisiti; la possibilità per il notaio, autorità competente per i controlli di legalità e per il rilascio del certificato preliminare, di utilizzare direttamente i canali informativi esistenti per verificare l’esistenza di obbligazioni della società interessata alla singola operazione nei riguardi di amministrazioni o enti pubblici; l’individuazione degli effetti del mancato adempimento o del mancato rilascio delle garanzie per il completamento dell’operazione societaria in corso (cfr. artt. 5, comma 4, 30 e 31 schema di decreto).

Di particolare rilevanza è il comma 3 dell’articolo 5 che dovrebbe garantire al notaio l’efficiente e rapido esercizio dei poteri di verifica tramite accesso diretto alle informazioni sul debito della società presso gli enti creditori.

A tali previsioni si aggiunge la disposizione generale sul concetto di operazione abusiva o fraudolenta, che la direttiva formula come clausola generale di «evasione o elusione del diritto dell’Unione o nazionale, ovvero per scopi criminali» (così articoli 86 quaterdecies, 127 e 160 quaterdecies direttiva), oggetto del criterio di delega di cui all’articolo 3, comma 1, lettera m), della legge n. 127 del 2022 e attuata con l’articolo 29, comma 3, lettera g), dello schema di decreto. Trattasi di disposizione con la quale si garantisce la regolarità e la trasparenza in generale della singola operazione, oltre che la speditezza del procedimento, e che viene rafforzata dalle disposizioni che regolano il ruolo del notaio e la sua attività di controllo e di verifica, prima tra tutte l’articolo 5 dello schema.

La medesima esigenza di evitare operazioni abusive è alla base delle disposizioni della direttiva sui certificati preliminari, che, dettando regole omogenee e comuni sui presupposti di rilascio nelle normative nazionali, ne agevolano il riconoscimento e lo scambio tra autorità competenti, tramite il BRIS (v. art. 3, comma 1, lettera n), legge delega e art. 29 schema di decreto).

L’attuazione dei criteri sui rimedi giurisdizionali e sulla tutela dei creditori, avvenuta anche attraverso il richiamo degli strumenti previsti dal codice civile, ha determinato, rispetto alle società di capitali, la modifica delle norme contenute nel decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, sulla competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa, alle quali vengono attribuiti i procedimenti giurisdizionali concernenti le operazioni transfrontaliere (v., sul punto, lo specifico criterio di delega di cui all’art. 3, comma 1, lettera o), legge delega).

I criteri di delega si chiudono con la previsione di disposizioni transitorie volte a regolare le fusioni transfrontaliere portate avanti secondo la disciplina dettata dal decreto legislativo n. 108 del 2008, che ricadranno nell’ambito applicativo del presente decreto legislativo una volta adottate le disposizioni armonizzate da parte di tutti gli Stati membri (v. art. 3, comma 1, lettera q), legge delega). Nel silenzio della direttiva sul punto, nel periodo necessario al suo recepimento in ciascun ordinamento nazionale, è stata individuata la disciplina applicabile alla fusione transfrontaliera posta in essere tra società soggette alla legge di due Stati dei quali soltanto uno ha recepito la direttiva, tenendo conto che si tratta di operazione già soggetta alla disciplina armonizzata con la direttiva 2005/56/CE (v. art. 56, comma 3, schema di decreto).

 

Il criterio di delega sulle sanzioni (articolo 3, comma 1, lettera r) della legge n. 127 del 2022) è stato attuato prevedendo, come ipotesi di reato punita con la reclusione da sei mesi a tre anni, la condotta di chi altera la documentazione sociale o omette di fornire informazioni per condizionare le verifiche che il notaio compie per il certificato preliminare e prevedendo anche la responsabilità amministrativa della società con modifica del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231. Con tale disposizione si è inteso anticipare la rilevanza penale dei comportamenti volti all’elusione degli obblighi previsti dalla legge per la regolarità dell’operazione punendo tali condotte anche prima della stipula dell’atto di trasformazione, fusione o scissione.

A seguito dell’osservazione pervenuta sul punto dalle Commissioni riunite Giustizia II e Finanze VI, la pena minima è stata elevata dai quattro mesi di reclusione previsti nel testo approvato in via preliminare a sei, nel rispetto del prinicipio di delega in esame.

Rispetto ai poteri ed agli obblighi posti a carico del notaio quale autorità competente, è stata prevista la modifica della legge notarile - legge 16 febbraio 1913, n. 89 - con l’inserimento di condotte rilevanti a livello disciplinare in caso di positiva esecuzione delle verifiche allo stesso demandate nonostante la manifesta inesistenza delle condizioni richieste dalla legge per la regolarità della singola operazione.

 

Le operazioni transfrontaliere.

Per quanto riguarda l’attuazione delle disposizioni della direttiva, rinviando alla descrizione delle singole norme per l’indicazione delle modalità di attuazione, va premesso quanto segue.

Rispetto alla fusione, le forme che tale operazione assume nella direttiva in corso di attuazione sono le medesime previste dall’articolo 88 della disciplina societaria dettata dalla direttiva (UE) 2017/1132, e dalla corrispondente previsione dell’articolo 2501 del codice civile, ossia la fusione mediante incorporazione e la fusione mediante costituzione di nuova società.

La definizione di scissione transfrontaliera accolta dalla direttiva (UE) 2019/2121 è invece, al contempo, più ristretta e più ampia di quella adottata per le scissioni domestiche dalla direttiva (UE) 2017/1132. Come già detto in relazione ai criteri di delega di cui alle lettere e) e p) dell’articolo 3, comma 1, della legge n. 127 del 2022, da un lato, l’armonizzazione è limitata dalla direttiva alla sola scissione transfrontaliera mediante costituzione di nuova società, con esclusione della “scissione mediante incorporazione” (cfr. articolo 135, par. 1, direttiva), ossia della scissione con assegnazione di patrimonio a una società beneficiaria preesistente, e, dall’altro, l’obbligo di armonizzazione è stato esteso alla “scissione transfrontaliera mediante scorporo”, operazione in precedenza descritta, non armonizzata nella disciplina dettata dalla direttiva (UE) 2017/1132 e non contemplata nella definizione di scissione di cui all’articolo 2506 del codice civile.

Per quanto riguarda infine la trasformazione transfrontaliera, va sottolineato che, malgrado elementi di generica identità con l’operazione regolata dagli articoli 2498 e ss. del codice civile – mutamento del tipo normativo e continuità giuridica dei rapporti –, quella armonizzata è un’operazione che manifesta una rilevante differenza. Essa si sostanzia infatti nella decisione di sottoporre la società alla legge regolatrice di un altro Stato (“di destinazione”) rispetto a quella alla quale è soggetta (“di partenza”) e di trasferire la sede sociale, quale elemento materiale in base al quale è determinata la legge nazionale ad essa applicabile, nel territorio dello Stato di destinazione e nel rispetto di tale nuova legge.

L’istituto della trasformazione transfrontaliera può essere quindi considerato, alla luce del diritto internazionale privato italiano, come una forma di “trasferimento all’estero della sede statutaria”, a norma del citato articolo 25, comma 3, della legge 31 maggio 1995, n. 218.

Per tale ragione, nel predisporre la normativa di recepimento delle disposizioni della direttiva, si è utilizzato un metodo parzialmente diverso per la trasformazione rispetto alla fusione ed alla scissione. Mentre infatti per le ultime due operazioni citate è stata richiamata, sin dalle definizioni, la disciplina del codice civile e, all’interno di tale cornice di fondo, sono state dettate le ulteriori disposizioni necessarie per disciplinare i passaggi del procedimento propri delle operazioni a rilevanza transfrontaliera (o internazionale) e per adattare la disciplina codicistica alle peculiarità di tali operazioni, per la trasformazione la disciplina predisposta non segue il codice civile ma contiene disposizioni autonome integrate con il richiamo delle norme della fusione o delle norme codicistiche ritenute applicabili.

 

La disciplina delle operazioni transfrontaliere contenute nello schema segue la struttura della direttiva che, a sua volta, rispecchia l’ordine seguito dal codice civile.

Il decreto legislativo, dunque, inizia con il disciplinare le trasformazioni e prosegue con fusioni e scissioni e ha come disciplina trainante quella delle fusioni le cui disposizioni sono richiamate, in molti passaggi, anche per le altre operazioni. Nonostante ogni operazione abbia infatti caratteristiche, struttura e funzioni peculiari, che impongono norme specifiche e di dettaglio, è possibile utilizzare una base normativa comune, quella appunto delle fusioni, alla quale attingere per la regolazione del procedimento (nonché per la risoluzione dei dubbi interpretativi collegati all’applicazione dei nuovi istituti).

Il procedimento delle operazioni in esame è imperniato, in linea generale e come avviene nelle fusioni e scissioni di diritto interno, sugli atti preparatori ed in particolare sulla relazione dell’organo amministrativo (prevista per i soci e per i lavoratori) e sul progetto - che contiene i termini e le condizioni della trasformazione, fusione o scissione, e che viene pubblicato in maniera tale da fornire a tutti i soggetti interessati (soci, creditori e lavoratori) le informazioni utili e necessarie per verificare la regolarità della singola operazione e per tutelare i rispettivi diritti e interessi -. Oltre a questi atti assume rilevanza, ai fini della completezza delle informazioni fornite ai soci, la relazione degli esperti indipendenti, contenente le valutazioni sul rapporto di cambio e sul valore liquidabile in caso di recesso del socio. Le relazioni sono inviate ai destinatari in vista dell’assemblea convocata per l’approvazione del progetto e sono, come detto, strumentali alle diverse tutele ad essi riconosciute (tutele che variano rispetto a ciascuna operazione).

Approvato il progetto, la società richiede al notaio, individuato, come detto, quale autorità nazionale competente all’esecuzione dei controlli sulle operazioni (v. articolo 5), il rilascio del certificato preliminare, strumento necessario per attestare la regolarità dell’operazione secondo la legge nazionale davanti all’autorità dello Stato della società risultante dall’operazione. Il certificato preliminare rappresenta infatti il documento che consente a ciascuna autorità degli Stati interessati dall’operazione che hanno recepito la normativa in esame, di accettare la validità e l’efficacia dei controlli svolti nello Stato di partenza e quindi di considerare l’operazione stessa come conforme alla legge di tale Stato.

Il controllo di legalità costituisce invece la parte del procedimento di verifica dell’operazione che si svolge nello Stato di destinazione ed è ovviamente regolato dalla legge di tale Stato (concerne dunque le operazioni “in entrata”). Il positivo esito del controllo di legalità consente il definitivo perfezionamento dell’operazione e la sua iscrizione nei registri delle imprese nazionali.

Il tutto avviene con lo scambio di documentazione tramite il BRIS, quale sistema di interconnessione dei registri delle imprese previsto e disciplinato dall'articolo 22 della direttiva (UE) 2017/1132.

Nello schema di decreto è altresì disciplinata la partecipazione dei dipendenti.

Essa, in generale, è rilevante ai fini del diritto UE, ed è definita dall’art. 2, lett. k) della direttiva 2001/86 sul coinvolgimento dei lavoratori nella società europea (di seguito SE), come “l'influenza dell'organo di rappresentanza dei lavoratori e/o dei rappresentanti dei lavoratori nelle attività di una società mediante: - il diritto di eleggere o designare alcuni dei membri dell'organo di vigilanza o di amministrazione della società, o - il diritto di raccomandare la designazione di alcuni o di tutti i membri dell'organo di vigilanza o di amministrazione della società e/o di opporvisi”. Poiché la partecipazione dei dipendenti alla governance, spesso più nell’organo di controllo (un equivalente del comitato di sorveglianza nel sistema dualistico) che in quello di gestione attiva, è prevista soltanto in una parte degli Stati membri (Germania e satelliti, Paesi Bassi), e in genere solo per le grandi imprese (ad esempio, quelle con più di 500 dipendenti in Germania), il pericolo che la normativa UE (a partire dal reg. 2001/2157 sulla Società europea (SE) e dalla dir. 2001/86) intende scongiurare è l’uso della mobilità societaria per eludere o ridurre i diritti di partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa (cfr. anche art. 11 dir. 2001/86 in tema di SE). Rientra negli obiettivi della direttiva, proprio per  rendere possibile la mobilità in uscita dagli Stati membri di società che adottano regimi di partecipazione dei lavoratori, salvaguardare il regime osservato anteriormente all’operazione transfrontaliera e gli “elementi” della partecipazione (tipo di diritti concessi, quota dei membri eleggibili ecc.) che non dovrebbero essere – salvo decisione della delegazione speciale di negoziazione (DSN) – di livello inferiore a quelli goduti anteriormente.

Rispetto alla direttiva 2005/56, ci sono due rilevanti novità, che rafforzano la tutela dei diritti di partecipazione dei lavoratori, così come la disciplina in funzione anti-elusiva. La prima, comune alle tre operazioni (trasformazione, fusione e scissione), è l’anticipazione della disciplina – in particolare alla fase del negoziato – anche per le società che, pur non essendo soggette al regime di partecipazione, per carenza del requisito numerico, occupano i 4/5 del numero minimo richiesto di lavoratori. La seconda è rappresentata dalla clausola generale anti-abuso, destinata in questa sede a svolgere un ruolo importante, in quanto colpisce potenzialmente operazioni di mobilità in uscita da Stati membri con diritto di partecipazione dei lavoratori, quando tali diritti, anche eventualmente solo futuri, appaiono pregiudicati.

Le disposizioni attuative hanno infine tenuto conto del regolamento (UE) 2021/23 che, intervenuto sulla disciplina degli enti creditizi ed in generale delle società operanti nei mercati finanziari, ha apportato modifiche anche alla direttiva (UE) 2017/1132 al fine di circoscrivere il suo ambito operativo rispetto alle predette società, se sottoposte a misure di risanamento o di risoluzione, oppure a misure di prevenzione della crisi disciplinate dal medesimo regolamento e dalla direttiva.

 

Il provvedimento è suddiviso in sette capi e si compone di 57 articoli.

Il Capo I è intitolato “Disposizioni comuni” e contiene le norme applicabili a tutte le operazioni di trasformazione, fusione e scissione disciplinate nel successivo Capo II.

Al suo interno si trovano gli articoli da 1 a 5.

L'articolo 1 contiene le definizioni generali lasciando la descrizione delle singole operazioni nella disciplina dettata per ciascuna di esse. Si tratta di definizioni che riprendono la gran parte di quelle contenute nell’articolo 1 del decreto legislativo n. 108 del 2008, ma che, coerentemente con la maggiore complessità della normativa europea da attuare e dei criteri di delega contenuti nella legge n. 127 del 2022, sono state arricchite ed integrate con la previsione, come già detto, di una più articolata individuazione delle società di capitali e delle società diverse da quelle di capitali, delle operazioni transfrontaliere e internazionali, degli enti non societari, del sistema di interconnessione BRIS e, infine, dei benefici pubblici e dei benefici pubblici localizzati.

Non è stata accolta, sul punto, l’osservazione delle Commissioni riunite Giustizia II e Finanze VI della Camera dei deputati con la quale si è chiesto a questa amministrazione di valutare la modifica dell’articolo 1, comma 1, lettera a),numero 1), con l’inclusione, tra le società di capitali, anche di quelle disciplinate dal Capo II del Titolo Vi del codice civile. Trattasi, in particolare, delle mutue assicuratrici che, secondo le Commissioni riunite, andrebbero ricomprese nel novero delle imprese interessate dalle disposizioni sulle oeprazioni transfrontaliere, al pari delle società cooperative.

Si è ritenuto tuttavia che tale modifica non sia necessaria essendo opportuno mantenere, nell’ambito della mutualità, un maggior margine di azione all’interprete. Da un lato infatti, va considerato il disposto dell’articolo 2547 del codice civile, che prevede, in via generale, l’applicazione alle mutue assicuratrici delle norme dettate per le società cooperative, in quanto compatibili. Dall’altro lato occorre tenere presente che, in attuazione del criterio di delega contenuto nell’articolo 3, comma 1, lettera a) della legge n. 127 del 2022, le società cooperative a mutualità prevalente sono state espressamente escluse dall’applicazione della disciplina sulle operazioni transfrontaliere (v. articolo 3, comma 1, lettera b) dello schema di decreto legislativo).

E’ stato invece accolto il suggerimento delle Commissioni riunite Giustizia  e Finanze della Camera formulato in relazione allo stesso articolo 1, comma 1, lettera a), con riferimento al numero 3). L’inserimento della precisazione che tale definizione riguarda solo le operazioni di cui al capo III, e dunque le operazioni di fusione transfrontaliera, è infatti utile ad evitare possibili disallineamenti con le legislazioni degli altri Stati.

 

L’articolo 2 si occupa dell’ambito applicativo del decreto.

Al comma 1, dispone, nel rispetto dei criteri di delega di cui si è detto, che la disciplina del decreto si applica, oltre che alle operazioni transfrontaliere oggetto di armonizzazione obbligatoria (poste in essere da società di capitali aventi la sede sociale o l’amministrazione centrale o il centro di attività principale stabilito nel territorio dell’Unione europea), alle operazioni oggetto di armonizzazione volontaria (trasformazioni, fusioni e scissioni poste in essere da società diverse dalle società di capitali o da società di capitali che non hanno nel territorio dell’Unione europea la sede sociale né l'amministrazione centrale né il centro di attività principale, a condizione che gli Stati che regolano le società interessate abbiano recepito le disposizioni della direttiva), alle operazioni diverse dalle precedenti e alle operazioni internazionali (realizzate cioè da una o più società regolate dalla legge italiana e almeno una società regolata dalla legge di uno Stato non appartenente all’Unione europea) e, infine, alle operazioni realizzate da enti non societari. Va chiarito che per questi ultimi la delega di cui alla legge n. 127 del 2022 consente la disciplina delle sole operazioni di rilevanza europea, cioè tra enti soggetti alla legge di uno degli Stati membri dell’Unione e non la disciplina delle operazioni internazionali.

Il comma 2 individua le ipotesi di inapplicabilità del decreto nel rispetto di quanto previsto, sul punto, dalla direttiva ma anche dal regolamento (UE) 2021/23, intervenuto, come esposto in precedenza, a modificare la direttiva (UE) 2017/1132.

Il comma 3 sancisce l’applicabilità della disciplina dettata dal decreto rispetto alle società nei cui confronti sono aperte procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza, a condizione che la legge che regola dette procedure consenta tali operazioni e che non sia prevista una disciplina puntuale e di dettaglio sulle modalità con le quali possono essere compiute. La disposizione è stata in parte modificata secondo le indicazioni delle Commissioni riunite Giustizia II e Finanza VI della Camera dei deputati. La seconda parte del periodo contiene ora una formulazione volta a rendere più chiaro il dettato normativo.

L’articolo 3 segue la struttura delle prime disposizioni del decreto legislativo n. 108 del 2008 e detta le condizioni in presenza delle quali la disciplina dello schema di decreto è applicabile.

Al comma 1, non consente le operazioni transfrontaliere, o internazionali, alle società in liquidazione che hanno iniziato la ripartizione dell’attivo e alle società cooperative a mutualità prevalente (esercitando così l’opzione prevista dagli articoli 86-bis, par. 3, 120, par. 4, 160-bis, par 4 Direttiva).

Con il comma 2 si sancisce il principio generale in virtù del quale per le operazioni oggetto di armonizzazione, obbligatoria o volontaria, il recepimento della normativa europea soddisfa di per sé il requisito di efficacia delle operazioni posto dall’articolo 25, comma 3, della legge n. 218 del 1995, di cui si è detto in premessa, senza che siano necessarie ulteriori verifiche sul punto.

L’articolo 4 chiarisce quali sono le norme applicabili ai diversi tipi di operazioni disciplinati prevedendo quanto segue.

Il comma 1 si occupa delle società non di capitali sancendo la riduzione dei termini previsti per la pubblicazione del progetto, per il deposito delle relazioni e per l’opposizione dei creditori con salvezza dei termini di consultazione e informazione dei lavoratori previsti dall’articolo 40. Il comma 1 esclude inoltre, alla lettera c), l’applicazione delle norme sulla partecipazione dei lavoratori ma mantiene fermo l’obbligo di assicurare la tutela di tale diritto in caso di società che ha in precedenza partecipato ad un’operazione seguendo le norme sul diritto di partecipazione e che, nei quattro anni successivi a tale operazione, partecipa ad un’altra trasformazione, fusione o scissione.

Il comma 2 sancisce l’applicabilità alle operazioni internazionali delle norme dettate per le operazioni transfrontaliere di cui ai capi II, III e IV, facendo salve le specifiche disposizioni, presenti nel decreto, che dettano una disciplina specifica per le prime. In accoglimento delle osservazioni formulate nel parere delle Commissioni riunite Giustizia II e Finanza VI della Camera dei deputati, è stata inserita nella disposizione in esame la clausola di compatibilità al fine di consentire un’applicazione flessibile del richiamo alla disciplina delle operazioni transforntaliere in ragione della diversa natura di quelle internazionali.

Il comma 3 prevede l'applicabilità delle norme sul BRIS alle sole operazioni armonizzate.

Nel comma 4 si dispone la non applicabilità alle operazioni internazionali ed a quelle poste in essere da enti non societari delle norme sul rilascio del certificato preliminare e sulla sua efficacia (che presuppongono, come detto, l’esistenza di una normativa armonizzata tra i due Stati interessati) e prevede dunque che i controlli avvengano tramite l’accertamento sulla sussistenza delle condizioni previste dall’articolo 25, comma 3, della legge n. 218 del 1995. Dispone inoltre che le disposizioni che regolano la comunicazione di dati tra il registro delle imprese italiano e il registro delle imprese di un altro Stato si applicano in quanto compatibili.

Il comma 5 detta, innanzitutto, la disciplina della pubblicità degli atti propedeutici all’operazione effettuata da enti non societari, che possono essere iscritti in più registri (come, ad esempio, il registro delle persone giuridiche e quello degli enti del terzo settore) oltre al registro delle imprese, prevedendo, per ragioni di speditezza, la pubblicazione degli atti del procedimento nel solo registro delle imprese. La registrazione degli atti finali, e dunque degli atti di trasformazione, fusione o scissione è invece disposta rispetto anche agli altri registri in cui l’ente è iscritto e l’efficacia della singola operazione è fissata al momento del completamento dell’ultima di tali iscrizioni.

Con il comma 6 si afferma la vigenza e prevalenza delle disposizioni previste dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, dal decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287, dal decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, e dal decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni e dalla legge 11 maggio 2012, n. 56.

L’articolo 5 individua il notaio come autorità competente all'esecuzione delle verifiche finalizzate al rilascio del certificato preliminare, per le operazioni c.d. in partenza, ed al controllo di legalità, per le operazioni c.d. in entrata da altro Paese (comma 1), prevedendo il generale potere della stessa autorità di chiedere le informazioni, i dati o i documenti ritenuti necessari per la verifica di sussistenza delle condizioni per l’attuazione della singola operazione e dell’assenza di condizioni ostative.

Il comma 2 contiene il principio secondo il quale il certificato preliminare rilasciato dalla competente autorità di un altro Stato membro è accettato dal notaio chiamato a compiere i controlli di legalità in entratat, quale atto che attesta il regolare adempimento degli atti e delle formalità preliminari alla realizzazione dell’operazione in conformità alla legge dello Stato membro interessato, ai fini del controllo di legalità. La norma precisa anche che il controllo di legalità è impedito dall’assenza del certificato.

Con il comma 3 si consente l’esercizio efficiente e rapido dei controlli e delle verifiche affidate al notaio per il rispetto delle norme dettate sulla presenza di debiti pubblici in caso di operazione che porti la società al di fuori del territorio dello Stato. La norma consente, in particolare, al notaio di verificare il rispetto dell’articolo 30 del decreto mediante richiesta alle amministrazioni pubbliche o agli enti creditori delle informazioni ritenute necessarie. A tal fine, la norma prevede l’acquisizione delle informazioni anche mediante accesso alle banche dati degli stessi enti creditori e al registro nazionale di cui all’articolo 52 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, e affida alle amministrazioni ed agli enti responsabili l’individuazione dei dati cui è possibile accedere e le modalità di accesso mediante la stipula di una convenzione con il Consiglio nazionale del notariato.

Il comma 4 fornisce al notaio un ulteriore strumento di ausilio allo svolgimento delle verifiche affidategli ed all’esame della documentazione ricevuta dalla società, consentendogli di chiedere l’ausilio di un esperto.

In particolare, la disposizione è stata modificata rispetto al testo approvato dal Consiglio dei ministri in sede preliminare seguendo le indicazioni delle Commissioni riunite Giustizia II e Finanza VI della Camera dei deputati alle lettere e) e n). Dopo il richiamo al disposto dell’articolo 30, comma 3, per le verifiche sulla sussistenza dei debiti pubblici, è stato consentito, in via generale, al notaio di avvalersi di uno o più esperti per lo svolgimento delle verifiche prodromiche al rilascio del certificato preliminare (vale a dire l’attività prevista dall’articolo 29 dello schema). In accoglimento dell’osservazione formulata nel parere della 6° Commissione – Finanze e tesoro – del Senato, sono stati inoltre espressamente previsti i requisiti di indipendenza che l’esperto incaricato dal notaio deve possedere rispetto alla società sottoposta a controllo.

Con il comma 5 si garantisce che lo scambio di atti e documenti con il notaio avvenga anche a distanza, con l’utilizzo di documenti informatici sottoscritti con la firma digitale prevista dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, o con altro tipo di firma elettronica qualificata ai sensi del regolamento (UE) 910/2014 del 23 luglio 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio e trasmesso al domicilio digitale del notaio. E’ infine fatta salva la facoltà del notaio di chiedere la presenza fisica delle parti ogni qual volta dubiti dell'identità del richiedente o rilevi il mancato rispetto delle norme riguardanti la capacità di agire e la capacità dei richiedenti di rappresentare la società.

 

Il Capo II contiene la disciplina delle trasformazioni, che è dettata negli articoli dal 6 al 16.

L’articolo 6 contiene le definizioni rilevanti nella disciplina della trasformazione.

Il comma 1, lettera a) definisce la trasformazione come quella operazione con cui una società, senza sciogliersi o sottoporsi a liquidazione e conservando la personalità giuridica, muta la legge alla quale è sottoposta, trasformandosi in un tipo sociale previsto dalla legge dello “Stato di destinazione” e individuando la sede sociale in conformità a  quanto prevede la legge di tale Stato per quel tipo di società.

Il comma 1, lettera b) contiene la definizione di “Stato di partenza”, che è quello la cui legge regola la società prima della trasformazione e presso il quale è iscritta la società prima dell’operazione.

Il comma 1, lettera c) contiene la definizione di “Stato di destinazione”, che è quello la cui legge regola il tipo sociale nel quale la società ha deciso di trasformarsi e nel quale la società è iscritta all’esito dell’operazione. La modifica apportata in questa lettera, è avvenuta a seguito delle indicazioni contenute sul punto nel parere delle Commissioni riunite Giustizia II e Finanza VI della Camera dei deputati pur se in modo non conforme a quanto suggerito. Il parere parlamentare consiglia la sostituzione della parola “trasformata” con la definizione “sottoposta a trasformazione” mentre la sostituzione deve essere eseguita rispetto appunto alla società risultante dalla trasformazione, coerentemente con la definizione contenuta nella successiva lettera d).

Il comma 1, lettera d) contiene la definizione di “Società sottoposta a trasformazione” che è quella che, regolata dalla legge dello Stato di partenza, ed ivi iscritta in un pubblico registro, delibera la trasformazione transfrontaliera, ossia pone in essere l’operazione come definita dal comma 1, lettera a).

Il comma 1, lettera e) contiene la definizione di “società risultante dalla trasformazione”, quale società regolata dalla legge dello Stato di destinazione e ivi iscritta in un pubblico registro in esito a una trasformazione transfrontaliera.

Tali definizioni rispettano la direttiva che, per le operazioni societarie transfrontaliere, in generale prescrive un procedimento in virtù del quale la società iscritta in un pubblico registro nello Stato di partenza, in esito all’operazione, è iscritta in un pubblico registro dello Stato di destinazione e, solo dopo tale adempimento, può essere cancellata dal pubblico registro dello Stato di partenza, così evitando possibili fenomeni di occultamento o irrintracciabilità delle società interessate dalle operazioni.

L’articolo 7, al comma 1, indica le norme dello schema di decreto legislativo, dettate per l’operazione di fusione, che si applicano anche alle operazioni di trasformazione, senza pregiudizio, come prevede il comma 2, della operatività del regolamento (CE) 1435/2003 in materia di trasferimento di sede di una società cooperativa europea.

Le norme dettate per l’operazione di fusione transfrontaliera e applicabili anche alla  trasformazione sono: l’articolo 20 in tema  di pubblicità del progetto; l’articolo 21 in tema di relazione dell’organo amministrativo; l’articolo 23 che regola i termini e le modalità di deposito degli atti dell’operazione; l’articolo 24 in tema di disciplina delle formalità e maggioranze necessarie per l’adozione della decisione di trasformazione (sul punto si evidenzia che, in conformità a quanto prescrive l’art. 86 nonies della direttiva, è richiesto, anche nell’operazione di trasformazione, che l’efficacia della delibera che approva il progetto possa essere subordinata all’approvazione, con successiva delibera assembleare, delle modalità di partecipazione dei lavoratori nella società risultante dalla trasformazione); l’articolo 29 in tema di rilascio del certificato preliminare; gli articoli 30 e 31 in tema di verifica della sussistenza di obbligazioni pubbliche ed eventuale rilascio di garanzie da parte della società che procede alla trasformazione; l’art. 37 sui limiti entro i quali può essere pronunciata l’invalidità della trasformazione transfrontaliera quando essa ha acquistato efficacia; l’articolo 40, commi 1 e 2, in tema di informazione e consultazione dei lavoratori.

Non sono stati, invece, richiamati, in quanto non pertinenti alla peculiarità dell’operazione di trasformazione, rispetto alla scissione, gli articoli: 22 sulla relazione degli esperti indipendenti, in quanto nell’operazione di trasformazione la società mantiene la sua unitarietà, non vi è fusione di patrimoni e, quindi, non vi è necessità di rispettare la parità delle partecipazioni dei soci; gli articoli da 25 a 28 dedicati alla disciplina del recesso del socio pregiudicato dalla fusione e alla contestazione del rapporto di cambio e  al procedimento di opposizione da parte dei creditori, ai sensi dell’art. 2503 c.c. per le medesime ragioni appena indicate e gli articoli da 32 a 36 relativi all’atto finale, al controllo di legalità, alla pubblicità, all’efficacia e agli effetti della fusione in quanto, appunto, nell’operazione di trasformazione vi è mutamento di legge regolatrice della società e tutti gli effetti dell’operazione si producono e si perfezionano con la delibera che decide sulla trasformazione e con l’iscrizione della società trasformata nel registro delle imprese dello Stato di destinazione.

La disciplina è completata con il richiamo agli articoli 2500 quater e 2500 sexies, terzo e quarto comma, del codice civile contenenti, rispettivamente, la disciplina dell’assegnazione di quote o azioni in caso di trasformazione di società di persone in società di capitali e la disciplina dell’assegnazione di quote o azioni in caso di trasformazione di società di capitali in società di persone.

 L’articolo 8, in conformità a quanto prevede l’articolo 124 della direttiva, disciplina il contenuto del progetto di trasformazione la cui finalità è fornire una completa e trasparente informazione ai soci e ai lavoratori del contenuto e delle conseguenze dell’operazione. In accoglimento dell’osservazione contenuta nel parere delle Commissioni riunite Giustizia II e Finanza VI della Camera dei deputati, la lettera h) del comma 1, è stata modificata con l’inserimento dell’indicazione del domicilio digitale indicato per le comunicazioni di recesso (come già previsto dal successivo articolo 19, comma 1, lettera m), sul progetto di fusione transfrontaliera).

L’articolo 9 disciplina il diritto di recesso del socio che non ha concorso all’approvazione del progetto di trasformazione transfrontaliera.

Sul punto si evidenzia che, sebbene non sussistano le condizioni per esercitare il recesso per contestazione del rapporto di cambio, come previsto invece per la fusione, nondimeno deve essere tutelato il diritto di recedere da una società che, per effetto della trasformazione, non sarà più regolata dalla legge italiana e avrà la propria sede all’estero.

Il progetto deve, per questo, come indica l’art. 8, comma 1, lettera h), contenere i dati sulla liquidazione in denaro offerta ai soci che intendono recedere e, secondo quanto prevede l’art. 9, comma 2, il valore indicato in progetto deve essere corredato da un parere sulla sua congruità redatto da esperto indipendente, parere che va messo a disposizione dei soci almeno trenta giorni prima dell’assemblea.

Tale adempimento non è necessario solo in caso di rinuncia unanime dei soci o dei possessori di altri strumenti finanziari che attribuiscono il diritto di voto

Possono quindi recedere i soli soci che non hanno concorso all’approvazione del progetto di trasformazione e si osservano, in tal caso, gli articoli 25 e 27 dettati in tema di fusione.

L’articolo 10 disciplina le modalità di esercizio, da parte dei creditori anteriori all’iscrizione del progetto di trasformazione nel registro delle imprese, del diritto di opposizione all’operazione.

Il comma 1 precisa che alla società italiana sottoposta a trasformazione non può essere rilasciato il certificato preliminare prima che sia decorso il termine di 90 giorni dal deposito del progetto della nota informativa. Tale termine può essere derogato solo in caso di consenso dei creditori della società con il pagamento dei creditori non consenzienti oppure, ancora, con il deposito delle somme ad essi dovute presso una banca.

Il comma 2 prevede che, se non risultano le eccezioni che consentono la deroga del termine previsto dal comma 1, i creditori anteriori all’iscrizione del progetto, che temono di essere concretamente pregiudicati dalla trasformazione, anche eventualmente per effetto del mutamento di legge applicabile alla società trasformata, possono presentare opposizione entro il termine previsto per il rilascio del certificato preliminare. Sull’opposizione giudica il tribunale che, se ritiene infondato il pericolo di pregiudizio o se sono state prestate garanzie valutate come sufficienti, può disporre che l’operazione abbia comunque luogo. Viene altresì precisato che le eventuali garanzie prestate dalla società siano subordinate all’acquisto di efficacia della trasformazione.

Il comma 3 prevede che la trasformazione non libera i soci a responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali sorte prima della data di efficacia della trasformazione, salvo che i creditori sociali abbiano dato il consenso all’operazione stessa.

L’articolo 11 prevede, a tutela dei creditori anteriori all’iscrizione del progetto di trasformazione, che la società trasformata, entro due anni dalla data di efficacia dell’operazione, possa essere convenuta in giudizio davanti all’autorità giurisdizionale dello Stato di partenza, senza pregiudizio dell’applicazione di altri criteri di collegamento previsti dal diritto dell’Unione o dal diritto nazionale, e senza pregiudizio di eventuali accordi tra le parti in ordine alla scelta del foro (comma 1).

Il comma 2 prevede che la società italiana sottoposta a trasformazione internazionale, ossia a un’operazione non armonizzata in quanto lo Stato di destinazione non è uno Stato membro, possa essere assoggettata, nel medesimo termine biennale, alla giurisdizione italiana nelle controversie instaurate dal creditore anteriore all’iscrizione del progetto di trasformazione, con le stesse clausole di compatibilità rispetto all’applicazione del diritto dell’Unione e di eventuali patti derogatori della giurisdizione.

L’articolo 12 prevede le regole formali richieste per l’atto di trasformazione.

Il comma 1 stabilisce che se la società sottoposta a trasformazione è italiana, è richiesto l’atto pubblico per adottare la relativa decisione.

Il comma 2 prevede che se è la società trasformata ad essere soggetta alla legge italiana, il notaio riceve l’atto di trasformazione in deposito, nella forma dell’atto pubblico, oppure redige la decisione di trasformazione (se non prevista dalla legge regolatrice della società che ha adottato la decisione di trasformazione), ed espleta il controllo di legalità previsto dall’articolo 13.

 

L’articolo 13 regola le modalità con cui è condotto il controllo di legalità nella trasformazione transfrontaliera.

Il comma 1 disciplina il controllo dell’operazione “in entrata”, nella quale la società risultante dalla trasformazione è regolata dalla legge italiana. In tal caso il notaio espleta tale controllo sull’attuazione dell’operazione e ne rilascia apposita attestazione nel termine di 30 giorni decorrenti dal ricevimento del certificato preliminare e della delibera di approvazione del progetto di trasformazione. Il notaio in tal caso acquisisce, senza oneri, il certificato preliminare redatto dall’autorità competente dello Stato di provenienza dal registro delle imprese anche mediante il BRIS.

Il comma 2 indica il contenuto delle verifiche richieste per il controllo di legalità che sono: ai sensi della lettera a), il rispetto dei requisiti per la costituzione e iscrizione nel registro delle imprese della società risultante dalla trasformazione, che ha adottato la legge italiana; ai sensi della lettera b), la consegna del certificato preliminare alla trasformazione transfrontaliera relativo alla società sottoposta alla trasformazione; ai sensi della lettera c), nei casi in cui ciò è previsto, l’aver stabilito le modalità di partecipazione dei lavoratori, in conformità alle prescrizioni dell’articolo 16.

Il comma 3 prevede, nel caso in cui dalla trasformazione risulti una società di capitali regolata dalla legge italiana, che sia rispettata la regola dell’integrità del capitale e, a tal fine, è richiesto che il capitale della società risultante dall’operazione, sia determinato, ai valori attuali degli elementi dell’attivo e del passivo, in base a una relazione di stima redatta nel rispetto dell’art. 2343 c.c. o in base alla documentazione prevista dall’art. 2343 ter c.c.. Se dalla trasformazione risulta una società a responsabilità limitata, il valore del capitale deve risultare da una relazione di stima redatta ai sensi dell’art. 2465 c.c.. Se dalla trasformazione risultano una società per azioni o una società in accomandita per azioni, al fine di rispettare la regola dell’integrità del capitale, trova applicazione l’art. 2343, secondo, terzo e quarto comma (quest’ultimo solo se compatibile). Quando, rispetto a tali società, ricorrono le ipotesi previste dall’articolo 2343 ter, commi primo e secondo, del codice civile, trova applicazione il terzo comma dell’art, 2343 c.c..

Il comma 4 prevede un’eccezione all’applicazione del comma 1, nel caso in cui è sottoposta a trasformazione in società italiana la società di un altro Stato membro soggetta alle regole di formazione del capitale previste dal Titolo I, capo IV della direttiva (UE) 2017/1132. Si evidenzia che l’eccezione in esame si applica alle sole società di capitali di cui all’allegato I e quindi essa non si applica alle società a responsabilità limitata, contenute nell’allegato II della citata direttiva. Per dare alla disciplina una pari estensione rispetto alle operazioni interne, non si possono infatti considerare solo le società dell’allegato I e la regola va precisata rispetto alle società che, come le nostre società a responsabilità limitata, hanno regole equivalenti a quelle delle società per azioni e delle società in accomandita per azioni. Per tutte queste società, dunque, non serve il comma 3 perché sono soggette alle regole di formazione e tutela dell’integrità del capitale sociale.

Il comma 5 prevede che se il notaio ritiene non adempiute le condizioni previste dalla legge oppure se omette di rilasciare l’attestazione, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’art. 29, commi 5, 6 e 7, sul procedimento innanzi al notaio e sull’impugnazione dell’eventuale rifiuto o dell’omissione.

Il comma 6 prevede che quando è sottoposta a trasformazione transfrontaliera una società italiana che, a seguito della trasformazione, ha adottato una legge diversa da quella italiana, il controllo di legalità previsto dal comma 1 è espletato dall’autorità competente secondo la legge che regola la società risultante dalla trasformazione.

L’articolo 14 disciplina le modalità con cui deve essere data pubblicità alla decisione di trasformazione transfrontaliera.

Il comma 1 prevede che quando è sottoposta a trasformazione una società italiana, la relativa decisione, insieme al certificato preliminare e alla attestazione di espletamento del controllo di legalità, è depositata a fini di iscrizione nel registro delle imprese del luogo dove la società a sede, nel termine di 30 giorni dal rilascio dell’attestazione.

Il comma 2 prevede che quando la società risultante dalla trasformazione ha adottato la  legge italiana, entro 30 giorni dal rilascio dell’attestazione di cui all’art. 13, comma 1, l’atto costitutivo, insieme all’attestazione e al certificato preliminare, sono depositati a fini di iscrizione nel registro delle imprese del luogo dove la società ha sede. Fatte salve altre modalità di trasmissione, l’ufficio delle imprese comunica senza indugio, tramite BRIS, l’avvenuta iscrizione al corrispondente registro nel quale è iscritta la società sottoposta a trasformazione.

L’articolo 15 disciplina le modalità di acquisto di efficacia e gli effetti della trasformazione.

Il comma 1 stabilisce che la data di efficacia dell’operazione è determinata dalla legge applicabile alla società risultante dalla trasformazione. Quando la società italiana è sottoposta a trasformazione, la sua cancellazione dal registro delle imprese deve avvenire dopo che la società risultante dalla trasformazione è stata iscritta, secondo le regole dell’ordinamento dello Stato di destinazione. La cancellazione dal registro delle imprese è inoltre condizionata alla regolare esecuzione degli adempimenti previsti dall’art. 14, comma 1, che impone, alla società italiana sottoposta a trasformazione, di depositare (a fini di iscrizione) presso il registro delle imprese dove la società ha sede la decisione di trasformazione, il certificato preliminare e l’attestazione dell’avvenuto espletamento del controllo di legalità previsto dall’art. 13. Anche in questo caso si prevede che la comunicazione di avvenuta iscrizione della società risultante dalla trasformazione avvenga tramite BRIS facendo salve altre possibili modalità di trasmissione.

Il comma 2 disciplina le condizioni di efficacia dell’operazione di trasformazione transfrontaliera dalla quale risulta una società regolata dalla legge italiana. In questo caso l’operazione acquista efficacia dalla data di iscrizione dell'atto costitutivo nel registro delle imprese del luogo ove ha sede la società risultante dalla trasformazione, ferma la possibilità per il progetto di stabilire una data successiva. La disposizione è stata modificata inserendo la formulazione, più puntuale, suggerita dalle Commissioni riunite Giustizia II e Finanza VI della Camera dei deputati nel parere reso.

Il comma 3 precisa che, all’esito della trasformazione, la società risultante dalla trasformazione conserva i diritti e gli obblighi e prosegue ogni rapporto, anche processuale, anche della società che deciso la trasformazione. La parola “trasformata” è stata sostituita con le parole “risultante dalla trasformazione” con intervento ritenuto necessario a seguito di quanto osservato dalle Commissioni riunite Giustizia II e Finanza VI della Camera dei deputati in relazione all’articolo 6, sulla coerenza delle norme rispetto alle definizioni.

L’articolo 16 disciplina la partecipazione dei lavoratori.

In generale si evidenzia che la partecipazione dei dipendenti, rilevante ai fini del diritto UE, è definita dall’art. 2, lett. k) della direttiva 2001/86 sul coinvolgimento dei lavoratori nella società europea (di seguito SE), come “l'influenza dell'organo di rappresentanza dei lavoratori e/o dei rappresentanti dei lavoratori nelle attività di una società mediante: - il diritto di eleggere o designare alcuni dei membri dell'organo di vigilanza o di amministrazione della società, o - il diritto di raccomandare la designazione di alcuni o di tutti i membri dell'organo di vigilanza o di amministrazione della società e/o di opporvisi”. Poiché la partecipazione dei dipendenti alla governance, più spesso nell’organo di controllo (un equivalente del comitato di sorveglianza nel sistema dualistico) che in quello di gestione attiva, è prevista soltanto in una parte degli Stati membri (Germania e satelliti, Paesi Bassi), e in genere per le grandi imprese (ad esempio, quelle con più di 500 dipendenti in Germania) il pericolo che  la normativa UE (a partire dal reg. 2001/2157 sulla Società europea (SE) e dalla dir. 2001/86) intende scongiurare è l’uso della mobilità societaria per eludere o ridurre i diritti di partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa (cfr. anche art. 11 dir. 2001/86 in tema di SE). Rientra negli obiettivi della direttiva (come della 2005/56) al fine di rendere possibile la mobilità in uscita dagli Stati membri che adottano regimi di partecipazione dei lavoratori di una società soggetta a un tale regime, salvaguardando la partecipazione applicata anteriormente all’operazione transfrontaliera e gli “elementi” di questa partecipazione (tipo di diritti concessi, quota dei membri eleggibili ecc.) che non dovrebbero essere – salvo decisione della delegazione speciale di negoziazione (DSN) – di livello inferiore a quelli goduto anteriormente, secondo il criterio “prima/dopo”.

Rispetto alla direttiva 2005/56, ci sono due rilevanti novità, che rafforzano la tutela dei diritti di partecipazione dei lavoratori, così come la disciplina in funzione anti-elusiva. La prima, comune alle tre operazioni (trasformazione, fusione e scissione) è l’anticipazione della disciplina – in particolare, la fase del negoziato – anche per le società che, pur non essendo soggette al regime di partecipazione, per carenza del requisito numerico, occupano i 4/5 del numero minimo richiesto di lavoratori. La seconda è rappresentata dalla clausola generale anti-abuso, destinata in questa sede a svolgere un ruolo importante, colpendo potenzialmente operazioni di mobilità in uscita da Stati membri con diritto di partecipazione, quando appaiono pregiudicati i diritti (anche solo futuri) di partecipazione.

In particolare, l’articolo 16 disciplina le garanzie che devono essere assicurate ai lavoratori quando viene posta in essere un’operazione di trasformazione transfrontaliera e riprende, nella sostanza, i principi dettati dall’articolo 19 del d.lgs. n.108 del 2008 in tema di partecipazione dei lavoratori in caso di fusione transfrontaliera.

In conformità a quanto prevede l’articolo 86-terdecies della direttiva oggetto di trasposizione, nell’operazione di trasformazione il negoziato non può essere evitato, in quanto la delegazione speciale di negoziazione, DSN, non può affidarsi alle norme di partecipazione vigenti nello Stato di destinazione e  la direttiva ha negato all’organo amministrativo della società sottoposta a trasformazione il potere di non aprire il negoziato e affidarsi alle regole standard previste in generale per queste operazioni. La regola imposta dalla direttiva è che se la società sottoposta a trasformazione, secondo le norme dello Stato membro ad essa applicabili prevedevano la partecipazione dei lavoratori (all’organo di amministrazione o di vigilanza), tali regole continuano ad applicarsi durante i negoziati fino all’entrata in vigore degli accordi o all’eventuale applicazione delle norme di riferimento.

Il comma 1 indica quali sono le condizioni per l’applicazione delle disposizioni che tutelano la partecipazione dei lavoratori in questo tipo di operazione transfrontaliera.

La procedura disciplinata dall’articolo 16 trova applicazione quando la società sottoposta a trasformazione adotta un regime di partecipazione dei lavoratori come regolato dalla citata normativa europea e alla società che nei sei mesi anteriori alla pubblicazione del progetto di trasformazione ha avuto, secondo la legge dello Stato membro dalla quale è regolata,  un numero medio di lavoratori pari ai quattro quinti del minimo richiesto per l’attivazione della procedura di partecipazione dei lavoratori, secondo quanto previsto dalla legge dello Stato membro che regola la società sottoposta a trasformazione. La partecipazione dei lavoratori nella società italiana risultante dalla trasformazione è regolata in via principale dagli accordi tra le parti che hanno stipulato i contratti collettivi nazionali applicati alla società stessa. Se tali accordi non sono presenti, il regime applicato prima della trasformazione continua ad applicarsi alla società risultante dalla trasformazione, secondo quanto prevede l’allegato I, parte terza, del d.lgs. n.188 del 2005. Il comma sancisce l’obbligo della società di dare immediata comunicazione dell’esito dei negoziati.

Il comma 2 precisa che se la società prima della trasformazione applicava un regime di partecipazione dei lavoratori, esso è mantenuto durante i negoziati e fino alla data di entrata in vigore egli accordi o della data a partire dalla quale devono applicarsi le disposizioni di riferimento contenute nel citato d.lgs. n.188 del 2005.

Il comma 3 regola l’avvio e la durata dei negoziati, che hanno inizio immediatamente dopo la costituzione della delegazione speciale di negoziazione e che hanno durata di sei mesi prorogabili di altri sei mesi su accordo delle parti. Si applicano al negoziato, per quanto non diversamente previsto, gli articoli indicati nel comma.

Il comma 4 individua il regime applicabile a seguito dei negoziati e prevede che le disposizioni di riferimento (di cui al d.lgs. n.188 del 2005) si applicano se le parti si accordano in tal senso o nel caso in cui in negoziati non portano al raggiungimento di un accordo nel termine di cui al comma 3, e l’organo amministrativo della società sottoposta a trasformazione accetta l’applicazione di tali disposizioni.

Il comma 5 indica le norme non derogate e applicabili alla materia disciplinata dall’articolo, tale intervento appare necessario in considerazione della complessità dell’intreccio normativo che regola la materia.

Il comma 6 riprende il comma 3 dell’articolo 19 del d.lgs. n.108/2008 e fissa il limite che può essere posto alla quota di rappresentanti dei lavoratori nel consiglio di amministrazione in caso di applicazione, dopo i negoziati preliminari, delle disposizioni di riferimento citate nel comma 1, con una quota di salvaguardia nel caso in cui, nella società sottoposta a trasformazione, i rappresentati dei lavoratori costituiscano almeno un terzo dei membri dell’organo di amministrazione o di vigilanza.

Il comma 7 riprende il comma 4 dell’articolo 19 del d.lgs n.108/2008 e stabilisce che la società italiana risultante dalla trasformazione, rientrante nel campo di applicazione del comma 1, è tenuta ad assumere una forma giuridica che consente l’esercizio dei diritti di partecipazione dei lavoratori.

Il comma 8 riprende il comma 5 del citato articolo 19 del d.lgs. n.108/2008 e contiene una clausola di salvaguardia dei diritti di partecipazione dei lavoratori nel caso in cui vengano effettuate nuove operazioni di trasformazione (anche scissione e fusione) internazionali o transfrontaliere nei quattro anni successivi alla data della trasformazione transfrontaliera.

In tali ipotesi, la società risultante dalla trasformazione è tenuta a garantire la tutela dei diritti di partecipazione dei lavoratori in conformità a quanto prevede l’articolo 16.

 

Il Capo III disciplina le fusioni e contiene gli articoli dal 17 al 40.

L'articolo 17, contiene le definizioni specifiche delle fusioni, che si aggiungono a quelle dell’articolo 1, che già dà la nozione di operazione transfrontaliera. La definizione che viene qui data quindi riguarda l’operazione societaria e non la sua dimensione transnazionale.

Per la definizione generale di fusione si richiama dunque l’articolo 2501, primo comma del codice civile, in continuità con la disciplina nazionale, e si fornisce invece specifica definizione per la società risultante dalla fusione e per la società partecipante alla fusione.

L'articolo 18, contenente le norme applicabili alle fusioni, al comma 1, richiama in via generale la disciplina del codice civile (secondo l’impostazione esposta in premessa utilizzata in continuità rispetto alla disciplina vigente dettata dal decreto legislativo n. 108 del 2008).

Il comma 2 interviene per dettare le necessarie disposizioni sugli adempimenti successivi al rilascio del certificato preliminare e, in particolare, tenendo fermo quanto disposto dall’articolo 32 sull’atto di fusione, regola l’ipotesi in cui si configuri un contrasto con le norme applicabili alle società di altro Stato membro partecipanti alla fusione, stabilendo la prevalenza della legge che regola la società risultante dalla fusione medesima.

Il comma 3 sancisce l'inapplicabilità dell'articolo 2501 bis del codice civile, che disciplina l'ipotesi di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento, nei casi in cui la società partecipante alla fusione il cui controllo è oggetto di acquisizione non sia una società italiana (riproducendo in maniera sostanzialmente identica la disposizione dell'articolo 4, comma 3, del decreto legislativo n. 108 del 2008).

Con il comma 4 sono fatte salve le disposizioni del regolamento (CE) n. 2157/2001 in materia di costituzione di società europea per fusione e del regolamento (CE) n. 1435/2003 in materia di costituzione di una società cooperativa europea per fusione.

L’articolo 19 contiene la disciplina del progetto di fusione.

Il comma 1 richiama l'articolo 2501 ter, primo comma, del codice civile e indica in maniera puntuale le informazioni da inserire necessariamente nel progetto riprendendo quelle richieste dall’articolo 122 della direttiva (UE) 2017/1132, come modificato dalla direttiva in attuazione.

Il comma 2 si occupa dell'ipotesi in cui dalla fusione risulti una società regolata dalla legge di un altro Stato, ipotesi che può comportare il rischio del mancato pagamento dei debiti pubblici maturati dalla società italiana che partecipa a tale operazione (come si dirà meglio in relazione all’articolo 30). E’ dunque previsto che il progetto indichi: i benefici pubblici o i benefici pubblici localizzati ricevuti dalla società nei cinque anni precedenti rispetto alla pubblicazione del progetto, i procedimenti avviati per la revoca o decadenza dai benefici, i provvedimenti di revoca o decadenza già adottati e, infine, le somme da restituire, comprendenti le garanzie escusse e le sanzioni. La norma precisa anche che i benefici pubblici rilevanti sono, per il caso di fusione internazionale, quelli ricevuti nei dieci anni anteriori alla pubblicazione del progetto.

Il comma 3 attua le disposizioni della direttiva (articolo 120, par. 2, previsto anche per le scissioni dall’articolo 160 bis, par. 2) che ammettono un conguaglio in denaro previsto dal progetto di fusione in relazione al rapporto di cambio superiore al 10% del valore nominale delle azioni o delle quote assegnate, a condizione che il superamento sia ammesso dalla legge applicabile ad almeno una delle società partecipanti o dalla legge applicabile alla società risultante dalla fusione.

L’articolo 20 regolamenta la pubblicità del progetto di fusione prevedendo, al comma 1, che il progetto è depositato per l'iscrizione nel registro delle imprese nel luogo dove le società partecipanti hanno la propria sede almeno trenta giorni prima della data fissata per l'assemblea, unitamente ad un avviso per soci, creditori e rappresentanti dei lavoratori sulla facoltà e modalità di presentazione di osservazioni al progetto fino a cinque giorni prima della data fissata per l'assemblea. Stabilisce inoltre che gli amministratori sono tenuti a riferire all'assemblea delle osservazioni pervenute.

Il comma 2 prevede una modalità alternativa al deposito presso il registro delle imprese, consentita dalla direttiva, vale a dire la possibilità di pubblicare sul sito Internet della società il progetto di fusione e l'avviso, sempre nel termine di trenta giorni prima dell'assemblea e, in caso di approvazione del progetto, fino al completamento dell'operazione di fusione. La norma richiede altresì che la pubblicazione avvenga con modalità tali a garantire la sicurezza del sito l'autenticità dei documenti e la certezza della data di pubblicazione.

Nel comma 3 si chiarisce che la società che si avvale della forma di pubblicità alternativa utilizzando il sito Internet della società deve depositare per l'iscrizione nel registro delle imprese, nello stesso termine di trenta giorni prima dell'assemblea, una nota informativa contenente le seguenti informazioni: per ogni società partecipante alla fusione il tipo, la denominazione, la sede, il registro delle imprese di iscrizione delle diverse società partecipanti, con l'indicazione del numero di iscrizione, l'indicazione delle modalità di esercizio dei diritti da parte dei creditori dei lavoratori e dei soci e, infine, l'indicazione del sito Internet tramite il quale sono disponibili il progetto di fusione, l'avviso previsto dal comma 1 e tutte le informazioni necessarie per l'esercizio dei diritti dei soggetti interessati.

Con il comma 4 si sancisce la regola per cui il registro delle imprese rende accessibili al pubblico gratuitamente, tramite il BRIS, il progetto di fusione, l'avviso previsto dal comma 1, la nota informativa di cui al comma 3 e ogni altro documento depositato ai sensi dello stesso articolo 20 dello schema di decreto.

Il comma 5 chiarisce che l'onere sostenuto dalla società, sotto forma di diritti, per eseguire la pubblicità nel registro delle imprese non può superare i costi amministrativi, nei quali sono inclusi i costi di sviluppo e di mantenimento del registro stesso.

L’articolo 21 si occupa della relazione dell'organo amministrativo che rappresenta, come già detto, un fondamentale strumento informativo destinato ai soci e ai dipendenti, necessario per consentire loro di compiere ogni più opportuna valutazione sui termini dell'operazione e sulle sue conseguenze.

Il comma 1 pone l'onere di redigere la relazione in capo all'organo amministrativo di ciascuna delle società partecipanti e disciplina il contenuto della relazione, nella quale devono essere illustrati e giustificati gli aspetti giuridici ed economici della fusione e devono essere illustrate le implicazioni della stessa operazione per i lavoratori e per la futura attività della società. La relazione può essere unica, per soci e dipendenti, oppure possono esserne redatte due separate.

Nel comma 2 è disciplinata con maggiore dettaglio la relazione destinata ai soci, rispetto alla quale si ribadisce che illustra e giustifica il progetto di fusione dal punto di vista giuridico ed economico e il valore di liquidazione delle azioni o quote in caso di recesso dei soci, il rapporto di cambio e i criteri utilizzati per determinarli segnalando le eventuali difficoltà di valutazione incontrate. La relazione deve altresì indicare i diritti e le tutele di cui dispongono i soci in caso di esercizio del diritto di recesso o di contestazione del rapporto di cambio. Il comma si chiude sancendo il principio secondo il quale se i soci e i possessori di altri strumenti finanziari aventi diritto di voto della società italiana partecipante alla fusione vi hanno rinunciato all'unanimità, la relazione non è necessaria.

Il comma 3 si occupa della relazione destinata ai lavoratori nella quale sono illustrati l'impatto giuridico ed economico della fusione sui rapporti di lavoro e le eventuali modifiche sostanziali delle condizioni di lavoro, dell'ubicazione delle attività con l'indicazione delle misure eventualmente previste per la salvaguardia dell'occupazione e delle eventuali ricadute dell'operazione su società controllate, se esistenti.

Il comma 4 si applica all'ipotesi in cui dalla fusione risulta una società regolata dalla legge di altro Stato e, in coerenza con la disciplina dettata per il caso di debiti pubblici maturati dall'impresa italiana che partecipa ad una tale operazione, di cui si dirà, prevede che la relazione degli amministratori destinata ai soci ed ai dipendenti illustri le informazioni indicate nel progetto sull'esistenza, appunto, di benefici pubblici o benefici pubblici localizzati ricevuti dalla stessa società prima del compimento dell'operazione.

Nel comma 5 si dice che la relazione non è necessaria quando la società partecipante alla fusione e le sue eventuali controllate hanno come unici dipendenti membri dell'organo amministrativo, disposizione evidentemente giustificata dal fatto che in questo caso la relazione sarebbe destinata unicamente a coloro che la redigono e non avrebbe dunque la funzione informativa che le è propria

Il comma 6 dispone che gli amministratori devono riferire all'assemblea dell'eventuale parere espresso dei rappresentanti dei lavoratori, o dei lavoratori stessi in assenza delle rappresentanze sindacali, precisando che se tale parere è stato ricevuto almeno cinque giorni prima dell'assemblea va allegato alla relazione e messo a disposizione nelle medesime forme della relazione stessa.

Con l’articolo 22 è stato disciplinato l'altro strumento informativo fondamentale nell'operazione di fusione : la relazione degli esperti.

Dopo il richiamo all'articolo 2501 sexies del codice civile, il comma 1 individua gli esperti che devono redigere tale relazione, anche in questo caso ancorandosi alle disposizioni del diritto nazionale societario e precisando che, se la società italiana partecipante alla fusione è ammessa alla negoziazione nei mercati regolamentari, l'esperto va scelto tra le società di revisione sottoposte alla vigilanza della Commissione nazionale per le società e la borsa, con disposizione analoga a quella contenuta nell'articolo 2501 sexies, terzo comma, del codice civile. L’individuazione di tali società di revisione è stata modificata rispetto al testo inviato alle Camere per correggere un errore testuale che la avrebbe resa in parte divergente da quella prevista nella citata disposizione dell’articolo 2501sexies del codice civile.

Il comma 2 chiarisce che se la società risultante della fusione transfrontaliera è una società per azioni o in accomandita per azioni oppure una società di altro Stato membro di tipo equivalente l'esperto è designato dal tribunale del luogo in cui ha sede la società italiana partecipante all'operazione.

Nel terzo comma si prevede che la relazione può essere redatta per tutte le società partecipanti alla fusione da uno o più esperti indipendenti designati su richiesta congiunta delle stesse società partecipanti oppure abilitati da un'autorità amministrativa o giudiziaria in conformità della legge applicabile ad una delle società partecipanti o anche in conformità della legge applicabile alla società risultante dalla fusione. Nel secondo periodo è chiarito che l'autorità italiana competente alla designazione è il tribunale del luogo in cui ha sede la società italiana partecipante alla fusione o risultante da essa e, nel terzo periodo, si specifica che la relazione unica per tutte le società contiene, oltre a quanto previsto dal presente schema di decreto, le eventuali ulteriori informazioni richieste dalla legge applicabile alle società partecipanti.

Il comma 4 prevede che la relazione in esame indichi anche il valore di liquidazione della partecipazione in caso di recesso secondo i criteri di stima precisati dall’articolo 25, comma 5, sull’esercizio del diritto di recesso e comunque indicando il metodo o i metodi seguiti per la determinazione del valore e le eventuali difficoltà incontrate in tale quantificazione.

Il comma 5 richiede agli esperti di esprimere un parere anche sull’adeguatezza del metodo seguito dagli amministratori nella determinazione del vaore di liquidazione e sui vari metodi seguiti.

Infine nel comma 6 si richiama integralmente la disciplina dell’articolo 2501 sexies, settimo comma, del codice civile, - sulla necessità della stima del patrimonio sociale nel caso di fusione di società di persone con società di capitali – nei casi in cui dalla fusione risulta una società di capitali italiana e alla fusione partecipa una società di altro Stato membro non soggetta alle regole di formazione del capitale di cui al titolo I capo IV della direttiva (UE) 2017/1132 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2017 o a regole equivalenti.

Nell’articolo 23, sono stati inseriti i termini e le modalità di deposito delle due relazioni disciplinate dagli articoli 21 e 22 dello schema di decreto.

Il comma 1 si occupa della relazione dell'organo amministrativo prevedendo che sia depositata presso la sede della società e resa disponibile, ai fini di una sua più agevole trasmissione e consultazione, in formato elettronico. La relazione è messa a disposizione dei soci ed è inviata ai rappresentanti dei lavoratori, o ai lavoratori stessi in mancanza dei rappresentanti, almeno quarantacinque giorni prima dell'assemblea. Lo stesso comma prevede che anche il progetto di fusione, una volta redatto, è reso disponibile a soci e lavoratori oppure ai rappresentanti dei lavoratori con le stesse modalità previste per la relazione degli amministratori.

Nel comma 2 si disciplina il deposito della relazione degli esperti e degli altri atti previsti dall'articolo 2501 septies del codice civile, norma che riguarda gli atti rilevanti che devono restare a disposizione dei soci, fissando il termine di trenta giorni prima dell'assemblea per la loro messa a disposizione dei soci.

Il comma 3 chiarisce l'applicabilità dell'articolo 2501 septies, secondo comma, del codice civile per le modalità di consultazione e per il rilascio di copia delle relazioni e degli atti previsti nei commi precedenti.

L’articolo 24 disciplina la decisione dell'assemblea sul progetto comune di fusione.

Il comma 1 richiama le norme previste per le modificazioni dell'atto costitutivo, per la regolare costituzione dell'assemblea e, nel secondo periodo, fissa le maggioranze necessarie per l'approvazione prevedendo i due terzi del capitale rappresentato in assemblea e, per le società responsabilità limitata, il voto favorevole di una maggioranza che rappresenti almeno la metà del capitale sociale. La precisazione rispetto alle società a responsabilità limitata, che riprende la disposizione dell'articolo 2479, ultimo comma, del codice civile, ha la finalità di rendere uniformi le regole di approvazione rispetto al diritto nazionale e di non stravolgere il sistema esistente se non nei casi in cui ciò sia necessario in quanto imposto dal recepimento di specifiche disposizioni della direttiva.

Il comma 2 chiarisce che le maggioranze previste dal comma 1 possono essere più elevate ma non superiori ai nove decimi del capitale sociale e sancisce il generale principio per cui in nessun caso la maggioranza richiesta per l'approvazione di un'operazione di trasformazione o scissione è superiore a quella prevista per la fusione. Il comma si chiude con la disposizione con cui si stabilisce la non applicabilità del comma 2 alle decisioni sulle fusioni transfrontaliere adottate dalle società diverse da quelle di capitali, come le società di persone, per le quali vengono mantenute le regole di funzionamento dell'assemblea e le maggioranze previste dal codice civile. Trattasi infatti di società non rientranti nel perimetro applicativo della direttiva per le quali è necessario mantenere le regole vigenti per le operazioni nazionali.

Il comma 3 richiede, per l’approvazione, il consenso di ciascun socio che con l'operazione assume maggiori obblighi economici nei confronti di altri soci o della società oppure assume responsabilità illimitata nei confronti di terzi.

Nel comma 4 si consente che l'efficacia della delibera di approvazione del progetto sia subordinata all'approvazione, con successiva delibera assembleare, delle modalità di partecipazione dei lavoratori nella società risultante della fusione.

Il comma 5 sancisce l'applicabilità dell'articolo 2502, secondo comma, del codice civile che consente che in sede di decisione sulla fusione siano apportate al progetto le modifiche che non incidono sui diritti dei soci e dei terzi, a condizione che tutte le società partecipanti alla fusione deliberino le medesime modifiche.

Nel comma 6 si prevede che l’incongruità del rapporto di cambio o del valore di liquidazione o la non correttezza delle informazioni concernenti il medesimo rapporto di cambio contenute nelle relazioni dell’organo amministrativo e degli esperti non costituisce motivo sufficiente per la sospensione dell’efficacia o l’annullamento della decisione.

L’articolo si chiude con il comma 7 nel quale è previsto che per la regolare costituzione degli organi competenti e per la decisione sulla fusione adottata dagli enti non societari si osservano le disposizioni previste dalla legge in relazione ai medesimi enti per la modificazione dell'atto costitutivo. Trattasi infatti, anche in questo caso, come per le società di persone, di soggetti non rientranti nel perimetro applicativo della direttiva rispetto ai quali sono state mantenute le regole vigenti.

L’articolo 25 disciplina il diritto di recesso dei soci rispetto alle conseguenze dell’operazione di fusione transfrontaliera.

Il comma 1, dopo aver fatte salve le altre cause di recesso previste dalla legge o dallo statuto, sancisce il diritto di recesso dei soci della società partecipante alla fusione che non hanno concorso all'approvazione del progetto nei casi in cui dalla fusione risulti una società di un altro Stato membro. Prevede inoltre che se la società risultante della fusione è italiana, i soci della società italiana partecipante hanno diritto di recedere in conformità a quanto previsto dal codice civile (vale a dire alle ipotesi di recesso previste per i diversi tipi societari) lasciando ferme le disposizioni del decreto che si discostano dalla disciplina codicistica in ragione della natura transfrontaliera dell’operazione; si tratta, in particolare, delle disposizioni dello stesso articolo 25, commi 2 e 3, sui tempi e modalità di esercizio del diritto di recesso e delle informazioni che vanno fornite ai soci sulla liquidazione loro offerta in caso di recesso (e cioè il valore indicato nel progetto e la illustrazione delle modalità di determinazione contenuta della relazione degli amministratori destinata ai soci medesimi).

Il comma 2 fissa i termini per l'esercizio del diritto di recesso in 15 giorni dall'iscrizione della delibera del registro delle imprese stabilendo comunque il termine massimo di 30 giorni dalla sua adozione, oltre il quale non si può andare anche in caso di iscrizione successiva, per evitare un allungamento del procedimento dipendente dalla non tempestiva pubblicazione della delibera. Per i soci assenti e per quelli privi del diritto di voto nell’assemblea di approvazione del progetto l'esercizio e diritto di recesso è consentito nell’unico termine di quindici giorni dall'iscrizione della delibera del registro delle imprese. Rispetto a tali soci non è previsto il termine massimo dei trenta giorni dall’assemblea posto che essi non avranno conoscenza legale del contenuto della delibera fino alla sua pubblicazione.

Nel comma 3 si chiarisce che la dichiarazione di recesso deve contenere le indicazioni previste dall'articolo 2437 bis nel codice civile e, a pena di decadenza, anche la contestazione del valore di liquidazione indicato nel progetto di fusione. E’ inoltre stabilito che il diritto si esercita mediante lettera raccomandata oppure mediante documento informatico inviato al domicilio digitale indicato dalla società nel progetto e sottoscritto con la firma digitale disciplinata dal Codice dell'amministrazione digitale o con altro tipo di firma elettronica qualificata ai sensi del regolamento (UE) 910/2014.

Il comma 4 individua la disciplina applicabile alla liquidazione delle azioni o quote dei soci che recedono e, in particolare, richiama le disposizioni degli articoli 2437 quater del codice civile, sul procedimento di liquidazione, e l'articolo 2473, quarto comma, del codice civile sul termine e sulle modalità di rimborso. A completamento della disciplina codicistica richiamata, vengono puntualizzate le seguenti eccezioni: che l'offerta in opzione ai soci e il collocamento presso terzi devono avvenire al valore fissato nel progetto di fusione; che nella società per azioni l'offerta di opzione deve essere depositata presso il registro delle imprese entro quindici giorni dalla scadenza dei termini per il recesso; che in caso di assenza di utili o riserve disponibili nel patrimonio della società incorporata resta fermo l'obbligo della società di liquidare il socio recedente senza che sia pregiudicata l'attuazione della fusione; che la liquidazione deve avvenire non oltre sessanta giorni dalla data in cui la fusione ha avuto effetto.

Il comma 5 sancisce che il valore di liquidazione è determinato dagli amministratori, sentito il parere dell'organo di controllo o del soggetto incaricato della revisione, se presente, tenuto conto della consistenza patrimoniale della società e delle sue prospettive reddituali nonché dell'eventuale valore di mercato delle azioni o quote. Il comma si chiude con il richiamo alle disposizioni di cui all'articolo 2437 ter, terzo e quarto comma, del codice civile, concernenti i criteri di determinazione del valore di liquidazione delle azioni quotate in mercati regolamentati e la possibilità che lo statuto stabilisca criteri diversi di determinazione del valore di liquidazione.

Nel comma 6 viene disciplinata l'ipotesi della contestazione del valore di liquidazione da parte di uno più soci, contestazione che deve effettuarsi nella dichiarazione di recesso. In questo caso la norma prevede che tale valore sia determinato con relazione giurata di un esperto nominato dal tribunale e, nei periodi successivi, descrive il procedimento di presentazione dell'istanza di nomina al tribunale individuando il tribunale competente, il termine di presentazione dell'istanza ed i termini assegnati dal tribunale all’esperto e prevedendo espressamente, per evitare problemi interpretativi nell'applicazione della norma, che sia il tribunale a regolare le spese di lite secondo le regole della soccombenza e a liquidare, previa apposita istanza, i compensi dell'esperto. La norma si chiude con disposizioni che precisano l'efficacia del valore di liquidazione così determinato nei confronti della società e di tutti i soci recedenti che lo hanno contestato e prevedono la facoltà di impugnarlo con il richiamo nelle ipotesi previste all'articolo 1349, primo comma, del codice civile e la necessità che la differenza eventualmente emersa dalla determinazione dell'esperto, se superiore al valore indicato nel progetto, sia corrisposta al socio entro sessanta giorni dal deposito della relazione dell’esperto presso la cancelleria del tribunale. La disposizione è stata integrata con l’inserimento del comma 1, dell’articolo 4 del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, al fine di individuare con maggiore puntualità la sezione specializzata in materia di imprese quale autorità giurisdizionale competente, in accoglimento di quanto suggerito dalle Commissioni riunite Giustizia II e Finanza VI della Camera dei deputati.

Il comma 7 intende evitare i problemi applicativi che riguardano l’esercizio dei diritti del socio nel periodo necessario definire le contestazioni sul valore di liquidazione della quota o della partecipazione, sancendo il principio per il quale, in mancanza di diversa previsione nell'atto di trasferimento delle azioni o delle quote, il recedente conserva la qualità di socio, e dunque esercita tutti i diritti connessi, sino alla data in cui la fusione diviene efficace mancanza di diversa previsione nell'atto di trasferimento delle azioni o delle quote.

L’articolo 26 si occupa della contestazione del rapporto di cambio.

Il comma 1 prevede che i soci che non hanno concorso alla deliberazione e sono pregiudicati da un rapporto di cambio non congruo hanno diritto, dopo che la fusione abbia acquistato efficacia e se non hanno esercitato il diritto di recesso, al pagamento da parte della società risultante della fusione di un indennizzo. L'indennizzo è pari alla differenza tra il valore che la partecipazione avrebbe avuto in base ad un rapporto di cambio congruo e il valore che la partecipazione ha rispetto al rapporto di cambio fissato nel progetto. Entrambi i valori sono calcolati alla data di approvazione del progetto stesso.

Il comma 2 regola i termini di proposizione della domanda di determinazione dell'indennizzo, fissati a pena di decadenza, in novanta giorni dalla data in cui la fusione ha acquistato efficacia, precisando che la proposizione di tale domanda non impedisce l'iscrizione della fusione transfrontaliera nel registro delle imprese e quindi la sua efficacia.

Il comma 3 chiarisce, infine, che la contestazione del rapporto di cambio non pregiudica l'esercizio da parte dei soci dell'azione risarcitoria nei confronti della società, degli amministratori o degli esperti indipendenti.

L’articolo 27 detta disposizioni comuni sulle controversie relative al recesso e alla contestazione del rapporto di cambio.

Il comma 1 stabilisce il principio per cui i diritti di recesso e di contestazione del rapporto di cambio sono disciplinati dalla legge dello Stato che regola la società partecipante alla fusione e che le relative controversie, se non sono devolute ad arbitri, vengono attribuite in via esclusiva alla giurisdizione di questo Stato anche dopo che la fusione ha avuto effetto.

Il comma 2 precisa che nell'ipotesi di fusione internazionale, e quindi di fusione alla quale partecipa o dalla quale risulta una società regolata dalla legge di uno Stato non appartenente all'Unione Europea, fatte salve le convenzioni internazionali applicabili alle controversie relative al diritto di recesso ed alla contestazione del rapporto di cambio riguardanti una società italiana partecipante alla fusione, sussiste la giurisdizione del giudice italiano anche dopo che la fusione ha avuto effetto indipendentemente dalla sede e dalla legge regolatrice della società risultante della fusione.

Il comma 3 individua invece la competenza interna attribuendola al tribunale del luogo in cui la società partecipante alla fusione ha sede e, per le società di capitali, richiamando la competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa. La disposizione è stata integrata con l’inserimento del comma 1, dell’articolo 4 del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, al fine di individuare con maggiore puntualità la sezione specializzata in materia di imprese quale autorità giurisdizionale competente, in accoglimento di quanto suggerito dalle Commissioni riunite Giustizia II e Finanza VI della Camera dei deputati.

L’articolo 28 disciplina l'opposizione dei creditori partendo dall’affermazione del principio secondo il quale il rilascio del certificato preliminare presuppone il decorso del termine per l’opposizione.

Il comma 1 prevede, dunque, come anticipato, che il certificato preliminare non può essere rilasciato prima di novanta giorni dal deposito per l'iscrizione registro delle imprese del progetto di fusione e della nota informativa prevista dall'articolo 20 dello schema di decreto, consentendo il rilascio del certificato prima di tale termine nei casi in cui risulta il consenso dei creditori della società anteriori all'iscrizione del progetto di fusione o il pagamento di quei creditori che non hanno dato il consenso oppure il deposito delle somme dovute presso una banca. Il deposito non è necessario quando la relazione degli esperti è redatta per tutte le società partecipanti alla fusione da un'unica società di revisione che assevera, sotto la propria responsabilità, che la situazione patrimoniale finanziaria delle società partecipanti alla fusione, considerato anche il cambiamento di legge applicabile, rende non necessarie garanzie a tutela dei creditori. Seguendo la poca chiarezza che emerge da quanto suggerito dalle Commissioni riunite Giustizia II e Finanza VI della Camera dei deputati, il testo della disposizione è stato marginalmente rivisto al fine di renderlo uniforme a quello, del tutto analogo, dell’articolo 2503, primo comma, del codice civile.

Il comma 2 chiarisce che se non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 i creditori anteriori all'iscrizione al progetto di fusione che temono di ricevere concreto pregiudizio della fusione possono proporre opposizione nel termine di novanta giorni di cui si è detto. Si prevede inoltre l'applicabilità del quarto comma dell'articolo 2445 del codice civile sui poteri del tribunale che, adito in sede di opposizione, può disporre che l'operazione abbia comunque luogo se ritiene infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori opponenti.

Con il comma 3 si subordina l’operatività delle garanzie prestate dalla società alla effettività dell’operazione di fusione.

L'articolo 29 disciplina il rilascio del certificato preliminare, che rappresenta, come già detto, il passaggio nel quale il notaio verifica il regolare adempimento delle formalità previste dalla legge per la realizzazione della fusione.

Il certificato è rilasciato su richiesta della società italiana partecipante alla fusione, come chiarisce il comma 1.

Il comma 2 elenca i documenti da allegare alla richiesta di rilascio del certificato preliminare, documenti che servono a dimostrare l’avvenuto rispetto dei passaggi procedimentali in precedenza esaminati e la sussistenza delle condizioni richieste dalla legge per la fattibilità dell'operazione. In accoglimento di quanto osservato dalle Commissioni riunite Giustizia II e Finanze VI della Camera dei deputati, alla lettera f) è stato precisato che le certificazioni sui debiti pubblici di cui all’articolo 30 sono necessarie solo se lo stesso articolo 30 è applicabile alla singola operazione (cioè se ne ricorrono i presupposti).

Nel comma 3 sono descritte le verifiche che svolge il notaio sulla base della documentazione, delle informazioni e delle dichiarazioni a sua disposizione, attinenti appunto alla regolarità formale del procedimento ed all'assenza di cause ostative all'attuazione della fusione rispetto alla società richiedente. Alla lettera g) del comma 3 è stata inserita la c.d. “clausola anti-abuso” vale a dire una previsione generale che attribuisce al notaio la verifica sul fatto che la fusione non sia stata effettuata per scopi manifestamente abusivi o fraudolenti dai quali consegue la violazione o l’elusione di una norma imperativa del diritto dell'Unione o della legge italiana e che non sia finalizzata alla commissione di reati secondo la stessa legge italiana.

Il comma 4 ha la funzione di garantire la celerità della procedura di rilascio del certificato e dispone che il notaio lo rilasci senza indugio, fatte salve ragioni di eccezionale complessità che dovrà specificamente motivare, e comunque non oltre trenta giorni dal ricevimento della documentazione completa. La norma chiarisce che i trenta giorni decorrono non dal ricevimento dell'istanza ma dal momento in cui ogni atto e documento necessario per l'esecuzione dei controlli sia stato trasmesso al notaio, anche a seguito di sua richiesta di integrazione inviata alla società ai sensi dell'articolo 5, comma 1, dello schema di decreto.

I commi 5, 6 e 7 dettano la disciplina del rilascio del certificato ed i rimedi giurisdizionali contro le determinazioni del notaio. In particolare, il comma 5 prevede la comunicazione da parte del notaio nel caso in cui egli ritenga non adempiute le condizioni stabilite dalla legge o non osservate le formalità necessarie per la realizzazione della fusione, con assegnazione alla società di un termine per sanare tali mancanze, laddove sanabili. La norma prosegue prevedendo la possibilità per la società di presentare osservazioni scritte, entro dieci giorni dalla comunicazione del notaio, e termina prevedendo la comunicazione del rifiuto di rilascio del certificato con indicazione dei motivi, anche rispetto alle osservazioni presentate, laddove il notaio ritenga non sanabili le mancanze. Il comma 6 si occupa del ricorso al tribunale in caso di rifiuto di rilascio del certificato o in caso di omesso rilascio nei termini previsti dalla legge stabilendo il rito applicabile e la competenza del tribunale che può essere adito. La disposizione è stata integrata con l’inserimento del comma 1, dell’articolo 4 del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, al fine di individuare con maggiore puntualità la sezione specializzata in materia di imprese quale autorità giurisdizionale competente, in accoglimento di quanto suggerito dalle Commissioni riunite Giustizia II e Finanza VI della Camera dei deputati.

Nel comma 7 è indicato il possibile esito del procedimento instaurato innanzi al tribunale che, se ritiene adempiute le condizioni richieste dalla legge, rilascia il certificato in luogo del notaio e in caso contrario rifiuta il suo la sua emissione.

Il comma 8 si occupa della pubblicità del certificato prevedendone l'iscrizione nel registro delle imprese a cura degli amministratori, affinché sia disponibile alle altre autorità degli Stati membri interessati dall’operazione, tramite il BRIS, e stabilendo che l'acquisizione del certificato da parte di tali autorità competente al controllo di legalità è senza oneri.

Il comma 9 si occupa invece della pubblicità del rifiuto del rilascio del certificato preliminare da parte del notaio o del dispositivo del provvedimento di rigetto di ricorso proposto innanzi al tribunale, entrambi da pubblicare nel registro delle imprese senza indugio a cura dell'organo amministrativo.

Il suggerimento contenuto nelle predette osservazioni delle Commissioni riunite della Camera, alla lettera n), che coincide sostanzialmente con l’osservazione di cui alla lettera e), è stato accolto con la modifica delll’articolo 5, comma 4, sopra descritta.

Con gli articoli 30 e 31 è stata dettata una disciplina volta ad affrontare e risolvere la problematica del possibile abuso che può sorgere dalle operazioni transfrontaliere oggetto del presente intervento normativo quando la società risultante dall’operazione è soggetta alla legge di un altro Stato e una delle società italiane partecipanti ha debiti nei confronti dell'Erario o di altri enti pubblici o società pubbliche. Questo tipo di operazione infatti genera il rischio che la società italiana che cessa la propria attività sul territorio dello Stato, in tutto in parte, porti il proprio patrimonio e il proprio valore produttivo all'estero senza preventivamente estinguere i debiti che ha nei confronti di soggetti pubblici. Il rischio è ancor più grave quando si tratta di debiti per benefici connessi allo svolgimento dell’attività in uno specifico territorio (benefici localizzati). Per evitare un tale risvolto dell'operazione, l'esistenza di debiti verso l'orario, enti pubblici e società pubbliche è considerata una causa ostativa al rilascio del certificato preliminare da parte del notaio, e quindi una causa ostativa alla conclusione dell’operazione, a meno che la società italiana non provveda al pagamento di tali debiti o alla costituzione di idonee garanzie.

Va quindi evidenziato che si tratta di disciplina applicabile non a qualsiasi operazione di fusione (e di trasformazione o scissione, che richiamano gli articoli 30 e 31) ma solo a quelle dalle quali risulta una società soggetta alla legge di un altro Stato.

In particolare, l’articolo 30 prevede, al comma 1, che la società italiana che partecipa alla fusione al momento di presentazione della richiesta del certificato preliminare deve dimostrare, producendo le relative certificazioni, di non avere debiti nei confronti di amministrazioni o enti pubblici oppure di avere soddisfatto tali debiti o di averli garantiti secondo quanto prevede il successivo articolo 31. Il comma prosegue elencando i debiti rilevanti e quindi menzionando: i debiti tributari, contributivi previdenziali o per premi assicurativi; le sanzioni amministrative pecuniarie dipendenti da reato; i debiti, anche nei confronti di società a controllo pubblico, per la restituzione di benefici pubblici non localizzati e localizzati (se, per tali benefici, è stato adottato il provvedimento di revoca o decadenza dal beneficio oppure è stato avviato il relativo procedimento o escussa la garanzia da parte del creditore); i debiti aventi ad oggetto la restituzione di aiuti di Stato incompatibili col diritto dell'Unione dei quali la commissione europea ha disposto il recupero. Particolare attenzione è stata posta, in coerenza con la disciplina vigente sulle delocalizzazioni, ai debiti per benefici derivanti da qualsiasi intervento di sostegno pubblico ricevuti dalla società che con l'operazione di fusione trasferisce all'estero il proprio valore produttivo in relazione ad uno stabilimento, sede, filiale, ufficio o reparto autonomo sito nel territorio dello Stato.

Il comma 2 chiarisce che i debiti tributari previdenziali e assicurativi, quelli da sanzioni amministrative pecuniarie dipendenti da reato e quelli per la restituzione di benefici pubblici non localizzati, pur se sussistenti, non impediscono il rilascio del certificato preliminare rispetto alle società di capitali che non si trovano in una delle condizioni elencate nello stesso comma, che evidenziano un potenziale stato di crisi. La norma quindi prevede che il pagamento o il rilascio nelle garanzie rappresenti il presupposto per l'ottenimento del certificato preliminare solo per le società di capitali per le quali ricorre una delle seguenti condizioni: l'esistenza di dubbi significativi sulla capacità della società di mantenere la continuità aziendale, evidenziata nella relazione del revisore legale dei conti allegata a uno dei bilanci, pubblicati nel registro delle imprese, relativi ai tre esercizi anteriori alla data di pubblicazione del progetto di fusione; il fatto che la società si trovi in stato di liquidazione o abbia revocato tale stato nei tre anni che precedono la data di pubblicazione del progetto; l'avere un patrimonio netto negativo o inferiore al minimo legale, secondo l'ultimo bilancio di esercizio depositato prima della pubblicazione del progetto, salvo che la società abbia adottato i provvedimenti previsti dalla legge in tali ipotesi; l’avere omesso il deposito di uno o più bilanci nei tre esercizi anteriori alla pubblicazione del progetto di fusione.

Il comma 3 consente al notaio di chiedere la relazione giurata di un revisore legale o di una società di revisione iscritta nell'apposito registro, designato dalla società o dallo stesso notaio, al fine di esaminare la documentazione acquisita, con particolare riferimento a quella contabile, e compiere così le verifiche richieste dallo stesso articolo 30. In considerazione dell’osservazione formulata dalla 6° Commissione del Senato - Finanze e Tesoro –, sono stati richiamati i requisiti di indipendenza dell’esperto esplicitati nell’articolo 5, comma 4, rispetto alle attività di verifica volte al rilascio del certificato preliminare.

Il comma 4 precisa che le disposizioni del presente articolo non si applicano alle società regolate dal testo unico in materia bancaria e creditizia e dal testo unico in materia di intermediazione finanziaria.

L’articolo 31 disciplina le modalità di costituzione delle garanzie per i debiti di cui all'articolo 30.

Il comma 1 dispone che, la garanzia da costituire rispetto ai debiti indicati nell'articolo precedente, deve essere pari al 115% del debito residuo, al fine di coprire l'importo del debito ed i suoi accessori (eventuali sanzioni ed interessi). La norma poi indica le modalità di costituzione delle garanzie prevedendo la cauzione in denaro o in titoli del debito pubblico garantiti dallo Stato al corso del giorno del deposito, costituiti in deposito impegno a favore dell'ente creditore presso una banca, oppure la fideiussione bancaria o assicurativa.

Il comma 2 chiarisce che la fideiussione rilasciata ai sensi del comma 1 deve contenere la rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale, la rinuncia all'eccezione di cui all’articolo 1957 del codice civile (norma che condiziona la persistenza dell'obbligo del fideiussore anche dopo la scadenza dell'obbligazione principale al fatto che il creditore abbia proposto le sue istanze contro il debitore entro sei mesi e che abbia con diligenza coltivato dette istanze) e l'obbligo di adempiere entro quindici giorni a semplice richiesta scritta dell'ente creditore.

Nel comma 3 si chiarisce che l'effetto della garanzia è subordinato all'efficacia della fusione e che la stessa viene svincolata nel caso in cui il debito garantito si estingue per qualsiasi causa oppure se l'atto o il provvedimento da cui scaturisce il debito è dichiarato nullo o annullato con decisione definitiva dell'autorità giurisdizionale o amministrativa; è altresì prevista la riduzione proporzionale della garanzia nel caso di riduzione di almeno un quinto dell'ammontare del debito.

Il comma 4 dispone che l'attestato di avvenuta prestazione della garanzia rilasciato dall'ente creditore su richiesta della società debitrice rappresenta la prova del soddisfacimento della condizione posta dall'articolo 30 per il rilascio del certificato preliminare. La disposizione intende così subordinare il realizzarsi della condizione in esame alla verifica della garanzia compiuta dall'ente creditore.

L’articolo 32, con disposizione evidentemente applicabile nel solo caso in cui la società risultante dalla fusione sia regolata dalla legge italiana, ribadisce, al comma 1, che l'atto di fusione è redatto a mezzo di atto pubblico.

Il comma 2 ulteriormente chiarisce che se la società risultante dalla fusione transfrontaliera è una società italiana, l'atto pubblico di fusione è redatto secondo quanto previsto dall'articolo 2504 del codice civile dal notaio il quale svolge anche il controllo di legalità previsto dall'articolo 33.

Il comma 3 precisa che se la società risultante della fusione transfrontaliera è una società di altro Stato l'atto pubblico di fusione è rilasciato dall'autorità competente dello Stato interessato ma è altresì depositato presso il notaio che, per la società italiana partecipante alla fusione, deve provvedere a depositare il medesimo atto pubblico di fusione per l'iscrizione nel registro delle imprese ove ha sede tale società.

L’articolo 33 disciplina il controllo di legalità che, come già detto, rappresenta la verifica delle condizioni di realizzazione e di regolarità dell'operazione transfrontaliera nel caso in cui la società risultante dalla fusione sia regolata dalla legge italiana. Si tratta dunque del controllo cosiddetto in entrata.

Il comma 1 prevede che se la società risultante dalla fusione è una società italiana, il notaio, entro trenta giorni dal ricevimento dei certificati preliminari e delle delibere di approvazione del progetto comune di fusione da parte di ciascuna delle società partecipanti, espleta il controllo di legalità sull'attuazione della fusione e ne rilascia apposita attestazione. La norma chiarisce anche che il notaio incaricato del controllo di legalità acquisisce i certificati preliminari rilasciati dalle autorità degli altri Stati senza alcun onere dal registro delle imprese, per il tramite del BRIS.

Il comma 2 indica le verifiche che il notaio compie ai fini del controllo di legalità ed in particolare: che le società partecipanti abbiano approvato il medesimo progetto comune; l'esistenza dei certificati preliminari rilasciati per ciascuna delle società partecipanti; nei casi in cui sia necessario, che siano state stabilite le modalità di partecipazione dei lavoratori ai sensi dell'articolo 39.

Il comma 3 disciplina l'ipotesi in cui il notaio ritenga non adempiute le condizioni stabilite dalla legge oppure ometta, senza motivo, il rilascio dell'attestazione richiamando, in quanto compatibili, le disposizioni dettate per il caso di rilascio del certificato preliminare dall'articolo 29, commi 5,6 e 7.

Il comma 4 chiarisce che se la società risultante trasfusione è una società di altro Stato membro il controllo di legalità previsto dal comma uno è espletato dall'autorità designata da tale Stato.

L’articolo 34 disciplina la pubblicità dell'atto di fusione.

Il comma 1 prevede che se la società risultante dalla fusione è una italiana, l'atto di fusione unitamente all'attestazione sul controllo di legalità e ai certificati preliminari, deve essere depositato per l'iscrizione al registro delle imprese entro trenta giorni; la norma chiarisce anche che la pubblicità eseguita in relazione alla società risultante dalla funzione non può precedere quella relativa alle altre società italiane partecipanti alla fusione.

Nel comma 2 è chiarito che se la società risultante della fusione è una società di altro Stato membro, e quindi una società non soggetta alla legge italiana, entro quarantacinque giorni dall'espletamento del controllo di legalità compiuto dall'autorità di tale Stato, l'atto pubblico di fusione deve essere depositato, unitamente all'attestazione sul controllo di illegalità, per l'iscrizione nel registro delle imprese dove ha sede la società italiana partecipante alla fusione.

Con l’articolo 35 si disciplina l'efficacia della fusione transfrontaliera.

Il comma 1 prevede che se la società è risultante della fusione transfrontaliera è italiana, la fusione ha effetto dalla data di iscrizione dell'atto di fusione nel registro delle imprese del luogo ove ha sede tale società; precisa, inoltre, che nella fusione mediante incorporazione può essere stabilita una data successiva, precisazione necessaria in considerazione del fatto che si tratta di ipotesi nella quale la società che incorpora è una società esistente e non di nuova costituzione.

Il comma 2 prevede che, fatte salve altre possibili modalità di trasmissione, l'ufficio del registro delle imprese nel quale è avvenuta l'iscrizione prevista dal comma 1 debba comunicare senza indugio tramite il BRIS al corrispondente registro delle imprese in cui è iscritta ciascuna società partecipante che l'operazione ha acquistato efficacia, così da consentire la relativa cancellazione.

Nel comma 3 si specifica che quando la società risultante dalla fusione è una società di altro Stato membro, la data dalla quale la funzione ha effetto è determinata dalla legge ad essa applicabile.

Il comma 4 chiarisce che nell'ipotesi di cui al comma 3 e fatte salve altre possibili modalità di trasmissione, la società italiana partecipante alla fusione è cancellata dal registro delle imprese dopo la comunicazione da parte del registro delle imprese della società risultante della fusione che l’operazione ha acquistato efficacia, sempre che vi sia stata l'iscrizione prevista dall'articolo 34, comma 2, vale a dire l'iscrizione dell'atto pubblico di fusione redatto dall'autorità dello Stato membro della società risultante e dell'attestazione sul controllo di legalità.

L’articolo 36 disciplina gli effetti della fusione transfrontaliera con un richiamo, al comma 1, a quanto previsto dall'articolo 2504 bis del codice civile sul passaggio dei diritti e degli obblighi delle società partecipanti alla società che risulta dalla fusione, o a quella incorporante, che prosegue in tutti i rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione. Nel comma 2 l'articolo stabilisce che la società italiana risultante dalla fusione adempie le formalità eventualmente prescritte dalla legislazione applicabile alla società di altro Stato membro partecipante all’operazione per rendere opponibile a terzi il trasferimento di determinati beni diritti e obbligazioni inclusi nel patrimonio di tale società, così rendendo effettivo e immediatamente operativo il passaggio di diritti e rapporti che si crea con l'operazione di fusione.

L’articolo 37, nell'occuparsi dell'invalidità la fusione prevede, al comma 1, che non può essere pronunciata tale invalidità se la fusione ha acquistato efficacia secondo quanto previsto dall'articolo 35 e, al comma 2, fa salvo il diritto al risarcimento del danno per i soci e per i terzi danneggiati dalla fusione. In tal modo la disposizione, pur non pregiudicando i diritti di chi è stato danneggiato dall'operazione, sancisce la stabilità ed effettività di quest’ultima.

L’articolo 38 prevede la possibilità di un procedimento di fusione semplificato in presenza di determinate condizioni.

Il comma 1 descrive tali condizioni prevedendo che se una fusione per incorporazione è realizzata da una società che detiene tutte le azioni, quote o titoli che conferiscono diritti di voto all'assemblea della società incorporata, il procedimento si svolge come segue: il progetto non contiene le informazioni sulle modalità del diritto di partecipazione agli utili e sul valore di liquidazione attribuito ai soci in caso di recesso e si applica quanto previsto dall'articolo 2505, primo comma, del codice civile; non è necessaria la relazione dell'organo amministrativo destinato ai soci e quella degli esperti indipendenti, a meno che non ci si trovi nell'ipotesi della fusione a seguito di acquisizione con indebitamento disciplinata dall'articolo 2501 bis del codice civile; la relazione dell'organo amministrativo destinata ai lavoratori è richiesta per la sola società incorporante e contiene le informazioni relative alle ricadute dell'operazione all'occupazione della società incorporata; non è necessariamente richiesta l'approvazione del progetto di fusione da parte dell'assemblea della società italiana incorporata; rispetto alla società italiana incorporante si applicano le disposizioni dell'articolo 2505, secondo e terzo comma, del codice civile (norma che si occupa proprio dell'incorporazione di società interamente possedute e che prevede che l'atto costitutivo e lo statuto possono prevedere che in tale ipotesi la fusione sia decisa con deliberazione risultante da atto pubblico dei rispettivi organi amministrativi e che i soci della società incorporante che rappresentano almeno il 5% del capitale possono comunque chiedere che la decisione di approvazione della fusione avvenga da parte dell'assemblea di tutte le società interessate).

Il comma 2 dell'articolo 38 estende la disciplina del comma 1 anche alla fusione per incorporazione nel caso in cui una sola persona detiene direttamente o indirettamente, per il tramite di uno o più società partecipanti alla fusione, tutte le azioni o quote della società incorporante e di quelle incorporate.

Il comma 3 prevede che quando le stesse persone detengono partecipazioni nella stessa proporzione in ciascuna delle società partecipanti alla fusione non è richiesta la relazione dell'organo amministrativo destinata ai soci né la relazione degli esperti indipendenti e non si applicano le disposizioni sul contenuto del progetto di fusione previsto dall'articolo 2501 ter, primo comma, numeri 3, 4 e 5 del codice civile e dall'articolo 19, comma 1, lettere b) e m) dello schema di decreto, vale a dire tutte le informazioni del progetto di fusione che attengono al rapporto di cambio, alle modalità di assegnazione delle azioni o quote della società che risulta dalla fusione, la data dalla quale tali partecipazioni prendono parte agli utili e le informazioni sul diritto di partecipazione agli utili e sul valore di liquidazione in caso di recesso. Trattasi, in definitiva, di disposizione che, per la peculiarità dei rapporti esistenti tra le società che partecipano all'operazione, esclude l'applicazione della disciplina posta a tutela dei diritti dei soci, necessaria in condizioni ordinarie, dove cioè la compagine sociale è eterogenea e i soci di minoranza possono subire le decisioni dei soci di maggioranza.

Nel comma 4 si disciplina l'ipotesi in cui una fusione per incorporazione è realizzata da una società che detiene almeno il 90% ma non la totalità di azioni quote altri titoli che ha diritto di voto in assemblea della società incorporata. In questa ipotesi la relazione dell'organo amministrativo destinata ai soci, le relazioni dell'organo amministrativo e la relazione degli esperti indipendenti nonché la situazione patrimoniale prevista all'articolo 2501 quater del codice civile sono richieste se previsto dalla legislazione nazionale cui è soggetta alla società incorporante o la società incorporata.

Il comma 5 si occupa ancora della fattispecie indicata nel comma 4 prevedendo che se il progetto di fusione concede agli altri soci il diritto di far acquistare le loro azioni o quote dalla società incorporante, il corrispettivo della cessione che è determinato con i criteri previsti per la liquidazione della partecipazione in caso di recesso, è indicato nel progetto di fusione ed è fatto oggetto del parere reso dagli esperti indipendenti ai sensi dell'articolo 22, comma 5, dello schema di decreto. Sono inoltre richiamate, in quanto compatibili, le disposizioni sul diritto di recesso e sulle controversie relative a tale diritto al fine di disciplinare le modalità e i tempi con i quali il socio può avvalersi del diritto di far acquistare le sue opzioni o quote dalla società incorporante e tutelare le proprie ragioni.

L’articolo 39 disciplina la partecipazione dei lavoratori.

Se il diritto dello Stato membro dell’incorporante (o della società risultante) prevede una delle possibili forme di partecipazione dei dipendenti alla amministrazione della società, si applica in linea di principio la disciplina del medesimo Stato. L’Italia non ha una disciplina di diritto interno né possono valere le “disposizioni di riferimento” di cui all’articolo 19 del decreto legislativo n. 108 del 2008, previste dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 188, che ha recepito la direttiva 2001/86/CE, in quanto trattasi di disposizioni che non hanno un contenuto proprio ma rinviano ai diritti di partecipazione esistenti secondo lo Stato membro che regola la società incorporata (così come quella soggetta a trasformazione o scissa). E’ stato dunque previsto, al comma 1, che la partecipazione dei lavoratori nella società italiana risultante dalla fusione e il loro coinvolgimento nella definizione dei diritti dei lavoratori sono disciplinati in base al procedure criteri e modalità stabiliti in accordi raggiunti tra le parti stipulanti contratti collettivi nazionali di lavoro applicati nella società stessa; tale disposizione è subordinata alle condizioni indicate nel medesimo comma, in virtù delle quali almeno una delle società partecipanti applica un regime di partecipazione dei lavoratori oppure ha avuto nei sei mesi precedenti la pubblicazione del progetto comune di fusione un numero medio di lavoratori pari ai 4/5 del minimo richiesto per l'attivazione della partecipazione dei lavoratori secondo la legislazione dello stesso Stato dalla quale la società è regolata. In presenza di tali presupposti è stato previsto l'obbligo delle società partecipanti alla fusione di avviare il negoziato per la definizione dei diritti di partecipazione dei dipendenti.

Il comma 2 prevede che se almeno una delle società partecipanti alla fusione applica un regime di partecipazione del lavoratori, il consiglio di amministrazione o di gestione della società italiana partecipante alla fusione transfrontaliera e i competenti organi di direzione o amministrazione della società di altro Stato membro partecipanti alla fusione, possono decidere di applicare, senza negoziati preliminari, le disposizioni di riferimento previste dal comma 1, a decorrere dalla data di efficacia della fusione transfrontaliera. Dunque, si stabilisce che i negoziati possono non svolgersi se gli organi competenti di tutte le società partecipanti alla fusione (in Italia, il consiglio di amministrazione o di gestione) decidono di non aprirli e di attenersi alla standard rule della “più alta quota applicabile nelle società partecipanti” prima dell’operazione (v. decreto legislativo n. 188 del 2005, allegato I, parte terza, lett. b).

Nel comma 3 si chiariscono le modalità di svolgimento dei negoziati e la loro durata e si richiama la disciplina del decreto legislativo n. 188 del 2005 per quanto non espressamente previsto dall'articolo 39 in esame. Si stabilisce quindi, innanzitutto, che il negoziato deve iniziare immediatamente dopo la nomina della delegazione speciale di negoziazione (DSN) e può durare fino a sei mesi, prorogabili dalle parti sociali fino a un anno dalla nomina (art. 5 d.lgs. 188 del 2005). Il richiamo alle disposizioni del decreto legislativo n. 188 del 2005 riguarda, ad esempio, norme quali quelle sulla disciplina per l’istituzione e il funzionamento della DSN e sui meccanismi deliberativi, sul contenuto dell’accordo, ecc., disposizioni alle quali rinvia anche la direttiva (UE) 2019/2121.

Il comma 4 prevede che le disposizioni di riferimento richiamate nel comma 1 si applicano, terminati i negoziati, se: le parti concordano sul fatto di avvalersi di tali disposizioni oppure non è stato raggiunto un accordo nel termine previsto e gli organi competenti di ciascuna società accettano l'applicazione di queste disposizioni; una o più delle società partecipanti applica prima della fusione una o più forme di partecipazione che interessano almeno 1/3 del numero complessivo dei lavoratori di tutte le società partecipanti; una o più delle società partecipanti applica forme di partecipazione che interessano meno di 1/3 del numero complessivo dei lavoratori, a condizione che la delegazione speciale di negoziazione decida in tal senso.

Il comma 5 sancisce l'applicabilità della normativa vigente non derogabile.

Il comma 6 prevede che, se in seguito ai negoziati si applicano le disposizioni di riferimento di cui al comma 1, può essere fissato un limite massimo alla quota di rappresentanti dei lavoratori nel consiglio di amministrazione o di vigilanza della società italiana risultante dalla fusione; si precisa altresì che la quota prevista dal primo periodo non può essere comunque inferiore a 1/3 se in una delle società partecipanti alla fusione i rappresentanti dei lavoratori costituiscono almeno 1/3 dei membri dell'organo di amministrazione o di vigilanza.

Nel comma 7 si chiarisce, a completamento della disciplina dettata, che la società italiana risultante dalla fusione, tenuta ai sensi del presente articolo  ad applicare un regime di partecipazione dei lavoratori, deve assumere una forma giuridica che consenta l'esercizio dei diritti di partecipazione.

Il comma 8 sancisce come principio generale che la società tenuta ad applicare un regime di partecipazione dei lavoratori è obbligata a garantire la tutela dei diritti di partecipazione in caso di nuove operazioni nazionali, internazionali o transfrontaliere effettuate nei quattro anni successivi rispetto alla data di efficacia della fusione, secondo le disposizioni dello stesso articolo 39.

Infine, il comma 9, precisa che nelle ipotesi in cui l'applicazione delle disposizioni di riferimento avviene senza negoziati preliminari, la società deve comunicare ai lavoratori e ai loro rappresentanti la sua determinazione di adottare le disposizioni di riferimento o di avviare immedesimi negoziati. La stessa norma chiarisce che la società è obbligata in ogni caso a comunicare ai lavoratori o ai loro rappresentanti l'esito dei negoziati immediatamente.

L’articolo 40 disciplina le procedure di informazione e consultazione dei lavoratori.

Nel comma 1 si dice che i diritti di informazione e consultazione previsti dalla normativa vigente, e quindi dal decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 25, e dal decreto legislativo 22 giugno 2012, n. 113, se applicabile alle società italiana partecipante alla fusione, sono esercitati secondo le modalità previste nel successivo comma 2, fatte salve le condizioni previste nei contratti collettivi e negli accordi sindacali e le eventuali prassi più favorevoli per i lavoratori.

Il comma 2 richiede che la relazione dell’organo amministrativo destinata ai lavoratori sia messa a disposizione dei rappresentanti dei lavoratori almeno 45 giorni prima della data fissata per la convocazione dell'assemblea e che, su richiesta scritta comunicata almeno trenta giorni prima dell'assemblea stessa, la società avvii entro cinque giorni, l'esame congiunto dell’operazione, che si intende esaurito se decorsi venti giorni dal suo inizio non sia stato raggiunto un accordo. E’ anche disposto che la società debba, prima dell'assemblea, comunicare ai rappresentanti dei lavoratori una risposta scritta e motivata al parere redatto dai rappresentanti medesimi e alle richieste osservazioni formulate durante l'esame congiunto. Si dispone infine che gli amministratori procedono ai sensi dell'articolo 21, comma 6.

Il comma 3 infine richiama le disposizioni dell'articolo 2112 del codice civile e dell'articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428, vale a dire delle norme sulla tutela dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda.

 

Il Capo IV si occupa delle scissioni e lo fa con gli articoli dal 41 al 50.

 

L’articolo 41 contiene le definizioni rilevanti nella disciplina della scissione.

Il comma 1, lettera a) definisce la scissione richiamando la definizione di tale operazione contenuta nell’articolo 2506, primo comma e nell’articolo 2506.1, primo comma del codice civile.

Rientrano dunque nella definizione di scissione, ai sensi dell’art. 2506, primo comma del codice civile, l’operazione con cui una società assegna l’intero suo patrimonio o una parte di esso, a una o più società preesistenti o di nuova costituzione. Nel caso in cui vi sia assegnazione di parte del patrimonio l’operazione rientra nella scissione anche quando l’attribuzione di azioni o quote è effettuata a favore di una sola società e ai suoi soci, e la scissione per scorporo, definita dall’articolo 2506.1, primo comma, del codice civile,

L’articolo 2506.1 viene introdotto con lo schema di decreto legislativo in esame, in attuazione del principio di delega di cui all’articolo 3, comma 1, lettera p), della legge n. 127 del 2022 che chiede al legislatore delegato di “prevedere che la società, ai fini del trasferimento di attività e passività in una o più società di nuova costituzione regolate dal diritto interno, possa avvalersi della disciplina prevista per la scissione, con le semplificazioni previste dall’articolo 160 vicies della direttiva (UE) 2017/1132, e stabilire che le partecipazioni siano assegnate alla società scorporante”.

La norma introduce la definizione della scissione mediante scorporo, che consiste nella assegnazione, da parte di una società, di parte del suo patrimonio a una o più società di nuova costituzione e a sé stessa le relative azioni o quote, con continuazione della propria attività.

Il comma 1, lettera b) definisce “società partecipante alla scissione” la società scissa e, qualora essa sia preesistente alla scissione “società beneficiaria”.

Il comma 1, lettera c) definisce “società beneficiaria” la società risultante dalla scissione.

L’articolo 42 individua le norme applicabili alla scissione transfrontaliera.

Il comma 1 richiama in generale e salvo specifica eccezione, il titolo V, capo X, sezione III del Libro V del codice civile, quali norme applicabili alla società italiana partecipante alla scissione.

Il comma 2 opera un richiamo generale e specifico alle norme dello schema di decreto legislativo che regolano la fusione transfrontaliera, considerata la comunanza di disciplina derivante dalla direttiva su molti aspetti di tale operazione. Con specifico riferimento al richiamo all’articolo 38, nella scissione con assegnazione a favore di una società preesistente, si intende per “incorporata” la società scissa e per “incorporante” la società benefciaria.

Il comma 3 individua le norme dello schema di decreto legislativo che non trovano applicazione alla scissione mediante scorporo.

Si tratta dell’articolo 25 in materia di recesso, e del connesso articolo 27 che disciplina le relative controversie e la contestazione del rapporto di cambio, dettati per le fusioni transfrontaliere, oltre all’articolo 45 inerente la contestazione dei criteri di assegnazione o del rapporto di cambio nelle scissioni che non sono effettuate mediante scorporo. La ragione dell’eccezione risiede nella natura dell’operazione che non comporta la creazione di nuove società o di nuovi soggetti, ma una redistribuzione, mediante assegnazione, di tutto o parte del patrimonio della società scissa.

Il comma 4 prevede che quando la scissione avviene mediante costituzione di una o più nuove società con criteri di attribuzione proporzionali di azioni o quote, la relazione degli esperti è richiesta per i soli contenuti previsti dall’articolo 22, commi 4, 5 e 6 dello schema di decreto.

Il comma 5 detta i criteri in base ai quali risolvere, quando necessario, il conflitto le norme applicabili alla società di altro Stato membro partecipante alla scissione, nell’operazione di scissione mediante assegnazione di patrimonio a una società preesistente. Si richiama il criterio dettato al medesimo fine dall’articolo 18, comma 2, nelle operazioni di fusione secondo il quale, in tale ipotesi, è data prevalenza alla legge applicabile alla società risultante dalla fusione.

L’adozione di tale criterio appare necessaria in quanto consente di risolvere un conflitto rispetto agli adempimenti successivi al rilascio del certificato preliminare, che potrebbe rendere impossibile l’operazione, come nei casi in cui i due ordinamenti hanno regole radicalmente diverse in ordine alla fattibilità di una operazione transfrontaliera da parte di alcune tipologie di società.

Nel comma 6 si fa salva l’applicazione della normativa dettata in materia di costituzione di società europea e di società cooperativa europea.

L’articolo 43 riguarda il progetto di scissione.

Il comma 1 stabilisce, in generale, che detto progetto comprende le informazioni di cui all’articolo 2506-bis primo comma del codice civile, e quelle indicate dall’articolo 19 dello schema di decreto legislativo per le fusioni transfrontaliere. In caso di scissione, inoltre, il progetto deve indicare i criteri di ripartizione degli elementi dell’attivo e del passivo non espressamente assegnati o sopravvenuti. Tale disposizione è finalizzata a evitare il rischio che, per effetto della scissione, risultino elementi dell’attivo, preesistenti o sopravvenuti, privi di un titolare e di un soggetto responsabile. Infine, viene stabilito che nella scissione mediante scorporo il progetto non comprende le informazioni di cui all’articolo 19, comma 1, lettera b), ossia ogni modalità particolare relativa al diritto di partecipazione agli utili, e m), ossia i dati sulla liquidazione in denaro offerta ai soci per il caso di recesso, e quelle di cui al comma 3, relative al conguaglio di denaro. Anche questa eccezione si giustifica in base alle particolari caratteristiche della scissione mediante scorporo in cui, in sostanza, vi è una diversa distribuzione del patrimonio e la disposizione è coerente con il principio di delega di cui all’art. 3, comma 1, lettera p) in ordine alla necessità di prevedere che in presenza di scissione mediante scorporo la società possa avvalersi, nell’operazione transfrontaliera, delle agevolazioni e semplificazioni della direttiva 2017/1132.

Il comma 2 regola l’ipotesi in cui la destinazione di un elemento dell’attivo non sia desumibile dal progetto e prevede che, in tal caso, questo elemento è ripartito, in caso di assegnazione dell’intero patrimonio della società scissa, tre le società beneficiarie. In caso di assegnazione parziale del patrimonio della società scissa, la ripartizione dell’elemento dell’attivo non espressamente assegnato dal progetto avviene tra la scissa e le beneficiarie. L’ultimo periodo chiarisce che la responsabilità solidale connessa all’elemento dell’attivo così ripartito è limitata al valore effettivo del patrimonio netto assegnato o mantenuto da ciascuna società. Si evidenzia che tale criterio suppletivo di distribuzione di un elemento dell’attivo e il conseguente regime di responsabilità non è contenuto nell’attuale disciplina della scissione del codice civile, ma la sua adozione appare opportuna anche alla luce del contenuto dell’art. 137, paragrafo 3, della direttiva n. 1132/2017. Nell’ipotesi regolata dal comma 2 la ripartizione avviene in misura proporzionale alla quota del patrimonio netto assegnato a ciascuna società, come valutato ai fini della determinazione del rapporto di cambio.

Il comma 3 contiene una regolamentazione speculare a quella contenuta nel comma 2, per il caso in cui è la destinazione di un elemento del passivo a non essere desumibile dal progetto di scissione. In tale ipotesi della passività non assegnata dal progetto rispondono in solido le società beneficiarie se è stato assegnato l’intero patrimonio della scissa, oppure la scissa e le beneficiarie in caso di assegnazione parziale del patrimonio della prima. Come previsto nel comma 2, anche in questo caso il limite della responsabilità solidale è costituito dal valore effettivo del patrimonio netto assegnato o mantenuto da ciascuna società.

Il comma 4 stabilisce che il progetto deve indicare i criteri di distribuzione, tra i soci della scissa, delle azioni o quote delle beneficiarie ed eventualmente della scissa. Trovano in questo caso applicazione le maggioranze previste dall’articolo 24, comma 1 (in tema di adozione della decisione nelle fusioni) anche nell’ipotesi regolata dall’articolo 2506, secondo comma, ultimo periodo, del codice civile, ossia quando, per consenso unanime, non siano state attribuite ad alcuni soci, azioni o quote di una delle società beneficiarie, ma azioni o quote della società scissa.

Il comma 5 dispone che il conguaglio in denaro previsto dall’articolo 2506, secondo comma, codice civile, non può superare il 10% del valore nominale delle azioni o delle quote assegnate o, quando manca il valore nominale, della loro parità contabile, a meno che la legge applicabile alla società scissa o ad almeno una delle società beneficiarie consenta il conguaglio in misura superiore, con regolamentazione coerente con quanto prevede l’articolo 2506 ter c.c..

L’articolo 44 disciplina gli strumenti di tutela di cui dispone il socio della società scissa che non ha partecipato all’approvazione della scissione.

Il comma 1 prevede che, in caso di scissione con attribuzione proporzionale ai soci di azioni o quote di una o più società di un altro Stato membro, i soci che non hanno partecipato all’approvazione della scissione, hanno diritto di recedere dalla società italiana sottoposta a scissione. Tale previsione mantiene in capo al socio della società italiana partecipante il diritto di non mantenere la qualità di socio quando, per effetto dell’operazione, si troverebbe una partecipazione in una società che non ha sede in Italia.

Il comma 2 prevede che le modalità di esercizio del diritto di recesso del socio di una società italiana partecipante alla scissione quale beneficiaria sono quelle previste dal codice civile e si applicano inoltre gli articoli 19, comma 1, lettera m), e 21, comma 2 dello schema di decreto legislativo.

Il comma 3 disciplina in questa sede, per coerenza sistematica, l’ipotesi in cui la destinazione del debito della società verso il socio per il caso di recesso, non sia desumibile dal progetto. In tal caso, dopo che la scissione ha avuto efficacia, si applica l’art. 43, comma 3. La disposizione è necessaria in quanto l’eventuale contenzioso tra la società e il socio con riferimento alla liquidazione che gli spetta in base al recesso, non è idonea a bloccare l’esecuzione dell’operazione ed è necessario pertanto individuare in modo inequivoco il soggetto che, all’esito dell’operazione, deve rispondere di tale passività, nei soli casi in cui essa non sia assegnata dal progetto.

Il comma 4 disciplina l’ipotesi di scissione con attribuzione di azioni o quote non proporzionale alla partecipazione originaria e in tal caso si prevede l’applicazione dell’articolo 2506 bis, quarto comma, del codice civile, a mente del quale il progetto, in tale ipotesi, deve prevedere il diritto dei soci che non approvano la scissione, di far acquistare le proprie partecipazioni, a un corrispettivo determinato alla stregua dei criteri previsti per l’ipotesi di recesso e deve inoltre individuare i soggetti in capo ai quali viene posto l’obbligo di acquisto verso il socio  dissenziente.

Si deve rilevare che l’articolo 2506, secondo comma, del codice civile consente che con il consenso unanime, ad alcuni soci non vengano distribuite azioni o quote di una delle beneficiarie, ma azioni o quote della scissa. Tale regola dell’unanimità non appare tuttavia coerente con la direttiva, per cui si è ritenuto opportuno richiamare in questa sede, e non nell’articolo che individua le norme applicabili alla scissione transfrontaliera, le regole sulle maggioranze in tal caso necessarie per l’adozione di tale decisione.

Il comma 5 disciplina il diritto di vendita spettante al socio dissenziente in forza del comma 4, mediante richiamo all’articolo 25, commi 2, 3, 4, lettera d), 5, 6 e 7 dello schema di decreto legislativo. Si prevede che al progetto di scissione, in tale ipotesi, sia allegata una proposta di acquisto irrevocabile con obbligo del proponente di corrispondere al socio che esercita il diritto di vendita il corrispettivo indicato in progetto e l’eventuale maggior valore determinato con il procedimento previsto dall’articolo 25, comma 6, dello schema di decreto legislativo. L’ultimo periodo del comma 5 individua il regime di responsabilità per tale obbligazione, disponendo che ciascuna società partecipante alla scissione, ne risponde solidalmente, ai sensi dell’articolo 2506 quater, terzo comma c.c., fermo restando il diritto di rivalsa.

L’articolo 45 disciplina le modalità di contestazione dei criteri di assegnazione o del rapporto di cambio nell’ambito dell’operazione di scissione.

Il comma 1 stabilisce che quando il progetto di scissione prevede la costituzione di una o più nuove società con attribuzione ai soci delle partecipazioni non proporzionale alla quota di partecipazione originaria, i soci che non hanno concorso alla delibera di approvazione e che sono pregiudicati dalla non congruità del rapporto di cambio applicato, hanno diritto al pagamento di un indennizzo commisurato alla differenza, calcolata alla data di approvazione del progetto, tra il valore della partecipazione originaria e la somma dei valori delle partecipazioni mantenute o acquisite  per effetto della scissione. Tale diritto è esercitabile solo quando la scissione ha acquisito efficacia e sempre che, in tali ipotesi, i soci legittimati non si siano avvalsi del diritto di vendita delle loro partecipazioni.

Il comma 2 disciplina la responsabilità dell’obbligo di corrispondere l’indennizzo di cui al comma 1, stabilendo il principio della responsabilità solidale di ciascuna delle società partecipanti (scissa o beneficiaria) alle quali il progetto destina una frazione di patrimonio netto di valore effettivo superiore al valore della partecipazione che il socio deteneva nella società scissa. Viene altresì chiarito che per determinare il valore della frazione di patrimonio attribuita non sono calcolati la frazione di patrimonio netto e il valore della partecipazione riferibili ai soci pregiudicati dal rapporto di cambio ai quali spetta l’indennizzo.

Il comma 3 disciplina le modalità di proposizione della domanda di indennizzo, che deve essere proposta, a pena di decadenza, nel termine di novanta giorni dalla data di acquisto di efficacia della scissione che, inoltre, può essere iscritta anche in pendenza della domanda. La disposizione chiarisce inoltre che, quando beneficiaria della scissione è una società preesistente, per la contestazione del rapporto di cambio e per la liquidazione dell’indennizzo si applica l’articolo 26 dello schema di decreto. Si evidenzia che in questo caso le regole di contestazione e liquidazione presentano differenze rispetto all’ipotesi generale di indennizzo in caso di scissione, in quanto, le caratteristiche dell’operazione oggetto del comma, la assimilano maggiormente alla omologa previsione in tema di fusione. Infatti in caso di fusione la determinazione del concambio avviene, di regola, all’esito di un negoziato tra le società, mentre nella scissione con costituzione di una nuova società tale determinazione costituisce il risultato di una decisione di maggioranza che, pur ampia, prevale nondimeno sulla diversa volontà della minoranza.

Il comma 4 afferma il principio secondo cui l’esercizio delle azioni previste dall’articolo 45 non pregiudica la possibilità di esercitare, da parte dei soci, dell’azione risarcitoria nei confronti della società, degli amministratori o degli esperti indipendenti.

L’articolo 46 disciplina le regole di forma che devono essere rispettate per la redazione dell’atto di scissione transfrontaliera.

Il comma 1 ribadisce il principio, contenuto nel codice civile, secondo cui la scissione transfrontaliera è redatta con atto pubblico.

Il comma 2 prevede che quando la società scissa è italiana, il notaio redige l’atto pubblico di scissione previsto dagli articoli 2504 e 2506 ter, quinto comma, del codice civile.

Il comma 3 prevede che, quando beneficiaria della scissione è una società italiana, l’atto pubblico di scissione è redatto dall’autorità competente individuata in conformità alla legge applicabile alla scissa, ed è depositato presso il notaio ai fini di cui all’articolo 48, comma 2, dello schema di decreto. Si prevede inoltre, nel caso in cui la legge applicabile alla scissa non preveda che la scissione transfrontaliera risulti da atto pubblico, che tale atto venga redatto dal notaio o che, se redatto dall’autorità competente in forma di atto pubblico, sia ricevuto dal notaio che, in ogni caso, è tenuto ad espletare il controllo di legalità previsto dall’articolo 47 dello schema di decreto.

Il comma 4 prevede, fermo restando il comma 2, che, quando beneficiaria della scissione è una società preesistente, l’atto pubblico di scissione possa essere redatto in conformità all’articolo 32, commi 2 e 3 dello schema di decreto.

L’articolo 47 riguarda il controllo di legalità nella scissione transfrontaliera

Il comma 1 prevede che, se la beneficiaria della scissione è una società italiana, il notaio debba espletare il controllo di legalità sull’attuazione della scissione, nel termine di 30 giorni decorrenti dal ricevimento del certificato preliminare o della delibera di approvazione del progetto. Si prevede inoltre che il notaio proceda all’acquisizione tramite BRIS, e senza oneri, il certificato preliminare.

Il comma 2 indica le verifiche che il notaio è tenuto a espletare ai fini del regolare controllo di legalità.

Tali verifiche ineriscono: a) il rispetto dei requisiti per costituzione e iscrizione nel registro delle imprese delle società di nuova costituzione regolate dalla legge italiana; b) l’approvazione, da parte di tutte le società partecipanti all’operazione, di un identico progetto comune di scissione; c) l’acquisizione del certificato preliminare alla scissione transfrontaliera relativo alla società scissa e alle altre società eventualmente partecipanti alla scissione in qualità di beneficiarie; d) quando necessario, che siano state stabilite le modalità di partecipazione dei lavoratori.

Il comma 3 regola l’ipotesi in cui il notaio ritenga non adempiute le condizioni di modalità o semplicemente ometta il rilascio dell’attestazione. In tal caso trovano applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 29, commi 5, 6 e 7 dello schema di decreto.

Il comma 4 stabilisce che, quando beneficiaria della scissione è una società di altro Stato membro, il controllo di legalità è espletato dall’autorità appositamente designata da tale Stato.

L’articolo 48 disciplina gli adempimenti relativi alla pubblicità dell’operazione.

Il comma 1 prevede, per la società italiana scissa, che l’atto  di scissione, completo di tutte le attestazioni previste dall’articolo 47, sia depositato per l’iscrizione nel registro delle imprese del luogo dove la società ha sede, entro il termine di trenta giorni, decorrenti dalla data di rilascio dell’ultima attestazione. Se le società beneficiarie italiane sono più di una, il deposito dell’atto di scissione non può precedere il deposito relativo alla società scissa.

Il comma 2 prevede, per la società italiana beneficiaria della scissione, il deposito per l’iscrizione nel registro delle imprese dove la società ha sede, dell’atto pubblico di scissione, completo di attestazioni e certificato preliminare, entro trenta giorni decorrenti dal rilascio dell’attestazione di cui all’articolo 47. E’ inoltre previsto che, fatte salve le altre possibili modalità di trasmissione, l’ufficio del registro delle imprese debba comunicare appena possibile, tramite BRIS, l’avvenuta iscrizione al corrispondente registro delle imprese in cui è iscritta la società scissa.

L’articolo 49 disciplina l’acquisto di efficacia della scissione transfrontaliera. Anche rispetto a questa operazione il principio è che l’efficacia dell’operazione è condizionata alla regolare iscrizione delle beneficiarie, così da evitare che l’operazione possa avere effetto prima che risultino rintracciabili, attraverso la regolare iscrizione, tutte le società che derivano dall’operazione stessa.

Il comma 1 prevede che la scissione di una società italiana acquista efficacia quando l’ufficio del registro delle imprese dove essa  è iscritta ha avuto notizia dell’iscrizione dell’atto di scissione nei registri delle imprese in cui sono iscritte le beneficiarie, ma a condizione che siano anche regolarmente adempiuti i depositi previsti dall’articolo 48, comma 1. Gli effetti dell’operazione decorrono dall’ultima iscrizione. E’ prevista la possibilità di differire la data di acquisto di efficacia dell’operazione, ma limitatamente all’ipotesi in cui la scissione preveda esclusivamente la costituzione di società nuove.

Il comma 2 individua gli oneri dell’ufficio del registro delle imprese che, fatte salve le altre possibili modalità di trasmissione, deve, appena possibile, comunicare tramite BRIS al corrispondente registro delle imprese in cui è iscritta ciascuna società beneficiaria, che la scissione ha acquistato efficacia indicando la data dell’ultima iscrizione.

Il comma 3 regola l’ipotesi in cui, a seguito della scissione, si procede alla cancellazione. Si tratta del caso di scissione con assegnazione dell’intero patrimonio della scissa italiana, con onere di cancellazione di tale società dal registro delle imprese dopo che l’operazione ha acquistato efficacia.

Il comma 4 regola la data di acquisto di efficacia dell’operazione nel caso in cui, la società scissa non sia italiana, ma regolata dalla legge di altro Stato membro. In tal caso la data di acquisto di efficacia è determinata in base alla legge applicabile alla società scissa.

L’articolo 50 contiene la disciplina della partecipazione dei lavoratori propria delle operazioni di scissione.

Sui principi generali in tema di tutela dei diritti di partecipazione dei lavoratori si rimanda a quanto indicato nella parte della relazione dedicata all’operazione di trasformazione. L’articolo 160 terdecies della direttiva detta la cornice della disciplina in modo sostanzialmente analogo all’articolo 86-terdecies per le operazioni di trasformazione. L’elemento comune che trasformazione e scissione presentano e che le distingue dalla fusione, è che la società procedente è soltanto una, avendo la direttiva armonizzato soltanto la scissione a favore di società di nuova costituzione. La direttiva ha scelto di disciplinare, quale operazione transfrontaliera armonizzata, la sola scissione in favore di società di nuova costituzione. Il principio contenuto nell’articolo 3, comma 1, lettera e) chiede tuttavia al legislatore delegato di “disciplinare le scissioni transfrontaliere, totali o parziali, che comportano il trasferimento del patrimonio attivo e passivo a una o più società preesistenti”. L’attuazione di questo principio di delega impone di regolare in modo appropriato alla particolarità della fattispecie i diritti di partecipazione dei lavoratori ed nel comma 9 dell’articolo 50 che richiama, in quanto compatibili, le corrispondenti disposizioni dettate per l’operazione di fusione transfrontaliera, che sotto questo profilo ha la comune caratteristica di avere ad oggetto società preesistenti.

La norma disciplina, dunque, le garanzie che devono essere assicurate ai lavoratori quando viene posta in essere un’operazione di scissione transfrontaliera e riprende, nella sostanza, i principi dettati dall’articolo 19 del Dlgs. N.108/2008 in tema di partecipazione dei lavoratori in caso di fusione transfrontaliera.

In conformità a quanto prevede l’articolo 160-terdecies della direttiva oggetto di trasposizione, e analogamente a quanto si prevede per la trasformazione,  nell’operazione di scissione il negoziato non può essere evitato. La regola imposta dalla direttiva è che se la società sottoposta a scissione, secondo le norme dello Stato membro ad essa applicabili prevedevano la partecipazione dei lavoratori (all’organo di amministrazione o di vigilanza), tali regole continuano ad applicarsi durante i negoziati fino all’entrata in vigore degli accordi o all’eventuale applicazione delle norme di riferimento.

Il comma 1 indica quali sono le condizioni per l’applicazione delle disposizioni che tutelano la partecipazione dei lavoratori in questo tipo di operazione transfrontaliera.

La procedura disciplinata dall’articolo 50 trova applicazione quando la società scissa adotta un regime di partecipazione dei lavoratori come regolato dalla citata normativa europea e alla società che nei sei mesi anteriori alla pubblicazione del progetto di scissione ha avuto, secondo la legge dello Stato membro dalla quale è regolata,  un numero medio di lavoratori pari ai quattro quinti del minimo richiesto per l’attivazione della procedura di partecipazione dei lavoratori, secondo quanto previsto dalla legge dello Stato membro che regola la società scissa. La partecipazione dei lavoratori nella società italiana risultante dalla scissione è regolata in via principale dagli accordi tra le parti che hanno stipulato i contratti collettivi nazionali applicati alla società stessa. Se tali accordi non sono presenti, il regime applicato prima della scissione continua ad applicarsi alla società risultante dalla scissione, secondo quanto prevede l’allegato I, parte terza, del Dlgs. n.188 del 2005. Il comma sancisce l’obbligo della società di dare immediata comunicazione dell’esito dei negoziati

Il comma 2 precisa che se la società prima della scissione applicava un regime di partecipazione dei lavoratori, esso è mantenuto durante i negoziati e fino alla data di entrata in vigore degli accordi o della data a partire dalla quale devono applicarsi le disposizioni di riferimento contenute nel citato D.lgs. n.188 del 2005.

Il comma 3 regola l’avvio e la durata dei negoziati, che hanno inizio immediatamente dopo la costituzione della delegazione speciale di negoziazione e che hanno durata di sei mesi prorogabili di altri sei mesi su accordo delle parti. Si applicano al negoziato, per quanto non diversamente previsto, gli articoli indicati nel comma.

Il comma 4 individua il regime applicabile a seguito dei negoziati e prevede che le disposizioni di riferimento (di cui al D.lgs. n.188 del 2005) se le parti si accordano in  tal senso, o nel caso in cui in negoziati non portano al raggiungimento di un accordo nel termine di cui al comma 3, e l’organo amministrativo della società scissa accetta l’applicazione di tali disposizioni.

Il comma 5 indica le norme non derogate e applicabili alla materia disciplinata dall’articolo, tale intervento appare necessario in considerazione della complessità del complesso intreccio normativo che regola la materia.

Il comma 6 riprende il comma 3 dell’articolo 19 del D.lgs. n.108/2008 e fissa il limite che può essere posto alla quota di rappresentanti dei lavoratori nel consiglio di amministrazione in caso di applicazione, dopo i negoziati preliminari delle disposizioni di riferimento citate nel comma 1, con una quota di salvaguardia nel caso in cui, nella società scissa, i rappresentati dei lavoratori costituiscano almeno un terzo dei membri dell’organo di amministrazione o di vigilanza.

Il comma 7  riprende il comma 4 dell’articolo 19, D.lgs n.108/2008 e stabilisce che la società italiana risultante dalla scissione, rientrante nel campo di applicazione del comma 1, è tenuta ad assumere una forma giuridica che consente l’esercizio dei diritti di partecipazione dei lavoratori.

Il comma 8 riprende il comma 5 del citato articolo 19 del d.lgs. n.108/2008 e contiene una clausola di salvaguardia dei diritti di partecipazione del lavoratori nel caso in cui vengano effettuate nuove operazioni di scissione (anche trasformazione e fusione) internazionali o transfrontaliere nei quattro anni successivi alla data della scissione transfrontaliera. In tali ipotesi, la società risultante dalla scissione è tenuta a garantire la tutela dei diritti di partecipazione dei lavoratori in conformità a quanto prevede l’articolo 16.

Il comma 9 il comma individua le tutele applicabili ai diritti di partecipazione dei lavoratori nel caso in cui la scissione avviene a favore di una società preesistente.

In tal caso ai negoziati si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 39, comma 3, dettate in materia di fusione. La decisione deve essere assunta dagli organi competenti della società sottoposta a scissione e della società beneficiaria e si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 39, comma 4, lettera b), considerando nel numero complessivo i soli lavoratori della società scissa dei quali il progetto di scissione prevede l’attribuzione alla società beneficiaria preesistente, e si applica anche l’articolo 7, comma 3 del D.lgs. n.188/2005.

 

Il Capo V contiene le norme che modificano disposizioni vigenti e l’abrogazione del decreto legislativo n. 108 del 2008. Gli articoli al suo interno sono il 51, il 52 ed il 53.

L’articolo 51  costituisce principalmente attuazione del principio di delega di cui all’articolo 3, comma 1, lettera p) della legge n. 127 del 2022 che chiede al legislatore delegato di “prevedere che la società, ai finii del trasferimento di attività e passività in una o più società di nuova costituzione regolate dal diritto interno, possa avvalersi della disciplina prevista per la scissione, con le semplificazioni previste dall’articolo 160 vicies della direttiva (UE) 2017/1132, e stabilire che le partecipazioni siano assegnate alla società scorporante”.

Vengono, dunque, apportate modifiche al codice civile.

Rispetto al testo approvato in sede preliminare dal Consiglio dei ministri la norma è stata modificata, innanzitutto con l’aggiunta di due commi di modifica delle disposizioni sul recesso contenute agli articoli 2437 e 2473 del codice civile, per coordinarne le disposizioni con la nuova disciplina dettata per il trasferimento di sede all’estero che, essendo assoggettata al procedimento dettato per le trasformazioni transfrontaliere, contiene specifiche disposizioni a tutela dei diritti dei soci. La modifica deriva dal recepimento dell’osservazione formulata, sul punto, dalle Commissioni riunite Giustizia II e Finanze VI della Camera dei deputati, sia pure rispetto all’articolo 53. L’inserimento nell’articolo 51 è necessario per coerenza dell’intervento normativo posto che tale norma contiene al suo interno tutte le modifiche apportate al codice civile.

Ulteriore modifica apportata riguarda il comma 3. L’incipit della lettera a) esplicita le ragioni e la finalità della disciplina della scissione mediante scoroporo in risposta a quanto osservato nello stesso parere delle citate Commissioni riunite le quali hanno chiesto di valutare l’opportunità di rendere chiaro che permane “per le società la possibilità di costituire nuove società controllate medianti conferimenti in natura secondo le esistenti disposizioni del codice civile” (così lettera a) del parere) e dunque non solo tramite l’istituto di cui al nuovo articolo 2506.1 del codice civile.

Il comma 1, lettera a) primo prevede che Al Libro V, Titolo V, Capo X, del codice civile, dopo l’articolo 2506 è aggiunto l’articolo 2506.1, il cui comma primo contiene la definizione di scissione mediante scorporo che consiste nella assegnazione di una parte del patrimonio della società sottoposta a scissione a una (o più) società di nuova costituzione e alla stessa scissa, delle relative azioni o quote, con continuazione dell’attività. Il comma secondo dell’articolo 2506.1 individua le società alle quali non è consentito porre in essere questo tipo di operazione, che sono quelle in liquidazione o che hanno iniziato la distribuzione dell’attivo. Tale condizione è infatti incompatibile col requisito della prosecuzione dell’attività della società scissa, dopo l’operazione.

Il comma 1, lettera b) prevede le semplificazioni che possono essere adottate dalla società che attua una scissione mediante scorporo. A tal fine, il quarto comma dell’articolo 2506 bis, “Progetto di scissione” viene modificato al fine di prevedere che il progetto di scissione mediante scorporo è semplificato in quanto non deve contenere alcuni dei dati previsti dall’articolo 2501 ter (che disciplina il progetto di fusione), non necessari alla luce della natura stessa dell’operazione e prevede una generale clausola di compatibilità secondo cui nel progetto non devono esservi contenuti incompatibili con l’assegnazione delle azioni o quote delle società beneficiarie alla società scissa, anziché ai suoi soci.  Tale semplificazione attua il citato principio di delega.

Il comma 1, lettera c) apporta modifiche al comma terzo dell’articolo 2506 ter del codice civile, che individua le norme applicabili alla scissione. Anche questo intervento costituisce una semplificazione dell’operazione di scissione mediante scorporo in quanto si prevede che in tale tipo di scissione, non è richiesta la situazione patrimoniale prevista dall’articolo 2501 quater e neppure le relazioni previste dagli articoli 2051 quinquies (relazione dell’organo amministrativo) e 2501 sexies (relazione degli esperti), con disciplina identica a quella attualmente prevista per la scissione mediante costituzione di una o più nuove società.

Il comma 2 apporta modifiche al Libro V, Titolo V del codice civile, introducendo il Capo XI bis dedicato al trasferimento di sede all’estero e l’articolo 2510 bis recante la disciplina del trasferimento della sede sociale all’estero.

Tale intervento costituisce attuazione del principio di delega di cui all’articolo 3, comma 1, lettera f) della legge n. 127 del 2022  che demanda al legislatore delegato di “disciplinare il trasferimento della sede sociale all’estero da parte di una società regolata dalla legge italiana senza mutamento della legge regolatrice, con integrazione delle relative disposizioni del codice civile e dell’articolo 25 della legge 31 maggio 1995, n.218, precisando se e a quali condizioni l’operazione sia ammissibile e prevedendo, ove ritenuto ammissibile, opportuni controlli di legalità e tutele equivalenti a quelle previste dalla direttiva (UE) 2019/2121 e stabilendo, infine, un regime transitorio applicabile prima della data di entrata in vigore delle nuove disposizioni, per le società che alla medesima data hanno trasferito la sede all’estero mantenendo la legge italiana”.

Tale intervento ha lo scopo di colmare una lacuna normativa, potenzialmente idonea ad essere strumento di abusi, relativa al trasferimento di sede all’estero, senza mutamento della legge regolatrice.

Viene pertanto introdotto l’articolo 2510 bis che, come anticipato nella parte generale, dispone che il trasferimento della sede statutaria all’estero può avvenire solo mediante il procedimento dettato per le trasformazioni transfrontaliere, in tal modo non consentendo il trasferimento di sede statutaria se non previa sottoposizione di tali operazioni ai controlli ed alle verifiche richieste dal trasferimento stesso, in coerenza con la nozione di trasformazione adottata nella direttiva.

Il tenore ed il contenuto delle osservazioni pervenute dalle Commissioni riunite Giustizia II e Finanze VI della Camera dei deputati, hanno evidenziato un possibile problema di chiarezza della disposizione che, con la nuova formulazione della norma, si intende risolevere. Le modifiche apportate intendono, innanzitutto, riaffermare senza equivoci il principio contenuto nella versione approvata in sede preliminare, e cioè il fatto che il trasferimento di sede statutaria all’estero è consentito soltanto se posto in essere tramite trasformazione, nazionale o internazionale. Tale previsione, di contenuto identico a quello del testo precedente, è stata inserita in maniera diretta invece che con disposizioni che, nel precedente testo, affermavano lo stesso principio a contrario.

La formulazione dell’attuale primo comma coincide con la proposta prevenuta dalle Commissioni parlamentari a differenza del riferimento alla disicplina applicabile, riferimento che sembra più corretto se fatto alle disposizioni sulle trasformazioni invece che a quelle attuative della direttiva (UE) 2019/2121 (al fine di inserire, nel corpo del codice civile, un richiamo più stabile e certo rispetto a quello precedente che, riferito alle norme attuative di una specifica direttiva, si presta ad essere superato nel tempo e quindi potrebbe creare problemi applicativi).

In secondo luogo, va chiarito che, a fronte dell’inserimento dell’espresso divieto di trasferimento della sede statutaria senza mantenimento dell’iscrizione nel registro delle imprese, sono state eliminate le ulteriori disposizioni con le quali si disciplinavano le ipotesi in cui lo stabilimento di sede all’estero è consentito. Tali previsioni, infatti, non necessarie ai fini dell’attuazione della delega, avrebbero creato rilevanti dubbi interpretativi e problemi applicativi poiché intervenivano su facoltà già riconosciute dal codice civile e, prima ancora, su prerogative che sono diretta espressione della libertà di stabilimento. In altre parole, una normativa dettagliata come quella inizialmente predisposta, volta semplicemente a riaffermare facoltà già consentite e riconosciute alle imprese, avrebbe potuto paradossalmente creare ostacoli alla libertà di operare all’estero tramite sedi secondarie o di svolgere all’estero alcune delle attività sociali.

L’espunzione di tali previsioni rende non più necessari gli ulteriori commi ad esse collegati, contenenti gli effetti della individuazione all’estero di sedi non statutarie senza mutamento della legge applicabile, le modalità di inserimento nel registro delle imprese della pubblicità relativa alla sede secondaria stabilita, e la clausola che manteneva ferma la disciplina speciale dettata per le imprese bancarie e di intermediazione finanziaria sulle sedi secondarie e sul deposito della documentazione sociale.

La scelta di non consentire il cambio di sede statutaria al di fuori del procedimento di trasformazione è la ragione per la quale non è stato accolto il rilievo delle Camere di mantenere ferma la possibilità per le imprese di mantenere l’iscrizione nel registro delle imprese nonostante il trasferimento di sede all’estero. Si tratta infatti di previsione contraria alla ratio dell’intervento normativo posto in essere considerando che, come già detto, l’iscrizione nel registro delle imprese presuppone l’applicabilità della legge italiana e non può essere previsto per la società che trasferisce la sede statutaria all’estero.

L’articolo 52 apporta modifiche alla legge n.89 del 1913 (c.d. Legge notarile) al fine di dare attuazione al principio di delega di cui all’articolo 3, comma 1, lettera r) della legge n. 127 del 2022 che demanda al legislatore delegato di “prevedere, per le violazioni delle disposizioni di recepimento della direttiva, l’applicazione di sanzioni penali e amministrative, efficaci, dissuasive e proporzionali alla gravità delle violazioni delle disposizioni stesse, nel limite, per le sanzioni penali, della pena detentiva non inferiore nel minimo a sei mesi e non superiore nel massimo a cinque anni, ferma restando la disciplina vigente per le fattispecie penali già previste.”.

L’articolo 52, comma 1, lettera a) modifica l’articolo 138-bis della legge notarile il cui vigente comma 1 prevede che il comportamento del notaio che chiede l’iscrizione nel registro delle imprese di società di capitali (dallo stesso verbalizzate) quando risultano manifestamente inesistenti le condizioni richieste dalla legge, costituisce violazione dell’articolo 28, primo comma n.1 della stessa legge (divieto di ricevere o autenticare  atti espressamente proibiti dalla legge, o manifestamente contrari al buon costume o all’ordine pubblico) e in tal caso si applica la sospensione (art. 138 coma 2, legge notarile) e una sanzione pecuniaria da 516 a 15.493 euro.

Il vigente comma 2 sanziona nello stesso modo il comportamento del notaio che chiede l’iscrizione nel registro delle imprese di un atto costitutivo di società di capitali quando risultano manifestamente inesistenti le condizioni richieste dalla legge.

Viene dunque aggiunto a tale articolo il comma 2-bis, al fine di prevedere che la sanzione prevista dal comma 1 si applica anche al notaio che chiede l’iscrizione nel registro delle imprese di un atto di trasformazione, fusione o scissione transfrontaliera, da lui ricevuto e che emette l’attestazione di legalità prevista dalla normativa di recepimento della direttiva 2019/2121 quando risultano manifestamente inesistenti le condizioni richieste dalla legge.

E’ evidente l’omogeneità della nuova fattispecie con quella regolata dal comma 1 che impone di adottare il medesimo trattamento sanzionatorio.

Il comma 1, lettera b) prevede un’ulteriore modifica alla legge notarile, con l’inserimento dell’articolo 138-ter al fine di prevedere che le sanzioni (disciplinare e pecuniaria) previste dall’articolo 138-bis, comma 1, si applichino anche al notaio che rilascia il certificato preliminare previsto dalla normativa di recepimento della direttiva 2019/2121, quando dai documenti, informazioni e dichiarazioni previste da tale normativa, risultino manifestamente inesistenti le condizioni previste dalla legge.

Anche in questo caso la fattispecie è riconducibile alla medesima ratio e per questo si giustifica la previsione del medesimo trattamento sanzionatorio.

L’articolo 53 è costituito da un unico comma che dispone l’abrogazione del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 108 a decorrere dalla data di applicabilità delle disposizioni del presente decreto legislativo. Si rimanda alla parte generale della presente relazione per l’illustrazione delle ragioni che sono alla base dell’adozione di un nuovo testo normativo.

Il Capo VI contiene le disposizioni penali.

L‘articolo 54 introduce una fattispecie di reato che, al comma 1, punisce chi, per la società partecipante all’operazione, forma documenti in tutto o in parte falsi, altera documenti veri, rende dichiarazioni false oppure omette informazioni rilevanti al fine di ottenere il certificato preliminare di cui all’articolo 29. Tale fattispecie è accompagnata dalla pena accessoria dell’interdizione temporanea dagli uffici delle persone giuridiche e delle imprese contenuta nel comma 2.

Rispetto alle pene comminate con il comma 1 ed al limite di pena indicato per l’operatività delle disposizioni del comma 2, sono state recepite le indicazioni delle Commissioni riunite Giustizia II e Finanze VI della Camera dei deputati e quindi, come esposto anche nella parte generale, la sanzione minima della reclusione è stata portata a sei mesi come previsto dal relativo criterio di delega e la sanzione accessoria è stata prevista in caso di condanna a pena non inferiore ad otto mesi di reclusione.

L’articolo 55 modifica il decreto legislativo n. 231 del 2001 al fine di prevedere, in caso di delitto compiuto ai sensi dell’articolo 54, anche una sanzione pecuniaria a carico della società che va da centocinquanta a trecento quote nell’ipotesi di cui al comma 1 dell’articolo 54.

 

Infine, il Capo VII è dedicato alle disposizioni transitorie e finali e contiene gli articoli dal 56 al 58.

L’articolo 56 detta le disposizioni transitorie e finali.

Il comma 1 prevede che, in generale, le disposizioni del decreto hanno effetto dal 3 luglio 2023 e si applicano alle operazioni transfrontaliere e internazionali in corso alla medesima data per le quali nessuna delle società partecipanti ha pubblicato il progetto, salvo che non sia diversamente disposto. Il differimento dell’efficacia si giustifica con la natura innovativa della disciplina e dei controlli che essa prevede, natura che impone la concessione di un congruo arco temporale per consentire alle autorità designate come competenti sul rilascio del certificato preliminare e sul controllo di legalità, di munirsi degli strumenti previsti dal decreto per l’esecuzione dei controlli loro demandati.

Il comma 2, in attuazione di specifico criterio di delega, prevede che l’articolo 51 sulla disciplina del trasferimento di sede all’estero, si applica a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e che le società che hanno trasferito la sede statutaria all’estero prima di tale data, mantenendo l’iscrizione nel registro delle imprese, continuano a essere regolate dalla legge italiana e, ai fini della giurisdizione e della legge applicabile, la loro sede si considera ubicata presso il registro delle imprese presso il quale ha mantenuto l’iscrizione. La norma è stata modificata a seguito delle osservazioni delle Commissioni riunite Giustizia II e Finanze VI della Camera dei deputati, tramite le quali si è chiesto anche di valutare l’opportunità di continuare a consentire il cambio di sede statutaria all’estero mantenendo l’iscrizione nel registro delle imprese del luogo di ultima sede nel territorio dello Stato.

Come già precisato rispetto all’articolo 51, tale osservazione non è stata accolta per le medesime ragioni che hanno spinto ad esercitare la delega sulla disciplina del cambio di sede all’estero, come precedentemente esposte. Essa tuttavia consiglia l’adozione di disposizioni transitorie meno rigide rispetto a quelle originariamente inserite nel testo normativo, con le quali sono fatte salve le operazioni concluse, prima dell’entrata in vigore del presente decreto, dalle imprese che hanno spostato la sede all’estero pur restando soggette alla legge italiana.

Il comma 3 si occupa della disciplina transitoria delle fusioni transfrontaliere soggette al decreto legislativo n. 108 del 2008, prevedendo che le fusioni per le quali, prima del 3 luglio 2023 è stato pubblicato il progetto comune da almeno una delle società partecipanti continuano ad essere regolate dal citato decreto legislativo.

Il comma 4 è dedicato alla disciplina transitoria delle fusioni transfrontaliere oggetto di armonizzazione obbligatoria e prevede che alla società italiana che partecipa o risulta da tali operazioni insieme a società di Stati membri che non hanno ancora recepito la direttiva (UE) 2019/2121 si applicano le disposizioni del presente decreto e il certificato preliminare rilasciato dall’autorità designata dallo Stato membro deve essere accettato dal notaio a norma dell’articolo 33.

Il comma 5 si occupa della medesima ipotesi del comma 4 ma è riferito alle operazioni di trasformazione o scissione e prevede che se a tali operazioni partecipa o da tali operazioni risulta una società di uno Stato membro che, alla data in cui è eseguita la pubblicità del progetto di scissione o trasformazione, non ha recepito la direttiva (UE) 2019/2121, si applica il presente decreto. Ai fini del rilascio del certificato preliminare, in tal caso, in assenza di una precedente disciplina armonizzata, il notaio deve compiere la verifica sulla sussistenza della condizione di cui all’articolo 25, comma 3, della legge n. 218 del 1995. Rispetto al controllo di legalità, si applicano gli articoli 13 e 47 del presente decreto e si prevede una clausola di compatibilità in relazione alle disposizioni che regolano la comunicazione di dati tra il registro delle imprese italiano e i registri degli Stati membri interessati.

L’articolo 57 contiene la clausola di invarianza finanziaria.