XIX LEG. - Schema di D.Lgs. - recante attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del parlamento europeo e del consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali.

aggiornamento: 3 aprile 2023

Esame definitivo - Consiglio dei ministri 9 marzo 2023

Esame preliminare - Consiglio dei ministri 9 dicembre 2022

Decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del parlamento europeo e del consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali.

Relazione illustrativa

Indice

Art. 1 - Ambito di applicazione oggettivo

Art. 2 - Definizioni

Art. 3 - Ambito di applicazione soggettivo

Art. 4 - Canali di segnalazione interna

Art. 5 - Gestione del canale di segnalazione interna

Art. 6 - Condizioni per l’effettuazione della segnalazione esterna

Art. 7 - Canali di segnalazione esterna

Art. 8 - Attività svolte dall’ANAC

Art. 9 - Informazioni pubblicate sul sito istituzionale dell’ANAC

Art. 10 - Adozione di linee guida

Art. 11 - Disposizione relativa al personale dell’ANAC ed alla piattaforma informatica

Art. 12 - Obbligo di riservatezza

Art. 13 - Trattamento dei dati personali

Art. 14 - Conservazione della documentazione inerente alle segnalazioni

Art. 15 - Divulgazioni pubbliche

Art. 16 - Condizioni per la protezione della persona segnalante

Art. 17 - Divieto di ritorsione

Art. 18 - Misure di sostegno

Art. 19 - Protezione dalle ritorsioni

Art. 20 - Limitazioni della responsabilità

Art. 21 - Sanzioni

Art. 22 - Rinunce e transazioni

Art. 23 - Abrogazioni di norme

Art. 24 - Disposizioni transitorie e di coordinamento

Art. 25 - Disposizioni finanziarie

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;

Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri e, in particolare, l’articolo 14;

Vista la legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea e, in particolare, gli articoli 31 e 32;

Vista la legge 4 agosto 2022, n. 127, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti normativi dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2021, e, in particolare, l’articolo 13;

Vista la direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione;

Visto il regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, recante approvazione del testo definitivo del codice penale;

Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche;

Visto il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300;

Vista la legge 30 novembre 2017, n. 179, recante disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato;

Sentita l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) che ha rappresentato il suo favorevole avviso con nota del 2 dicembre 2022;

Vista la deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 9 dicembre 2022;

Acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali, adottato nell’adunanza dell’11 gennaio 2023;

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 9 marzo 2023;

 

 

 

Sulla proposta del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell’economia e delle finanze, del lavoro e delle politiche sociali e per la pubblica amministrazione;

 

EMANA

il seguente decreto legislativo:

 

 

Capo I

Ambito di applicazione e definizioni

 

 

ART. 1

(Ambito di applicazione oggettivo)

 

 

  1. Il presente decreto disciplina la protezione delle persone che segnalano violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o
  2. Le disposizioni del presente decreto non si applicano:

a)alle contestazioni, rivendicazioni o richieste legate ad un interesse di carattere personale della persona segnalante o della persona che ha sporto una denuncia all’autorità giudiziaria o contabile che attengono esclusivamente ai propri rapporti individuali di lavoro o di impiego pubblico, ovvero inerenti ai propri rapporti di lavoro o di impiego pubblico con le figure gerarchicamente sovraordinate;

b)alle segnalazioni di violazioni laddove già disciplinate in via obbligatoria dagli atti dell’Unione europea o nazionali indicati nella parte II dell’allegato al presente decreto ovvero da quelli nazionali che costituiscono attuazione degli atti dell’Unione europea indicati nella parte II dell’allegato alla direttiva (UE) 2019/1937, seppur non indicati nella parte II dell’allegato al presente decreto;

c)alle segnalazioni di violazioni in materia di sicurezza nazionale, nonché di appalti relativi ad aspetti di difesa o di sicurezza nazionale, a meno che tali aspetti rientrino nel diritto derivato pertinente dell’Unione

3.Resta ferma l’applicazione delle disposizioni nazionali o dell’Unione europea in materia di:

a)informazioni classificate;

 

 

 

b)segreto professionale forense e medico;

c)segretezza delle deliberazioni degli organi giurisdizionali.

4.Resta altresì ferma l’applicazione delle disposizioni di procedura penale, di quelle in materia di autonomia e indipendenza della magistratura, delle disposizioni sulle funzioni e attribuzioni del Consiglio superiore della magistratura, comprese le relative procedure, per tutto quanto attiene alla posizione giuridica degli appartenenti all’ordine giudiziario, oltre che in materia di difesa nazionale e di ordine e sicurezza pubblica di cui al regio decreto, 18 giugno 1931, n. 773, recante il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Resta altresì ferma l’applicazione delle disposizioni in materia di esercizio del diritto dei lavoratori di consultare i propri rappresentanti o i sindacati, di protezione contro le condotte o gli atti illeciti posti in essere in ragione di tali consultazioni, di autonomia delle parti sociali e del loro diritto di stipulare accordi collettivi, nonché di repressione delle condotte antisindacali di cui all’articolo 28 della legge 20 maggio 1970, 300.

ART. 2

(Definizioni)

 

 

  1. Ai fini del presente decreto, si intendono per:

a)«violazioni»: comportamenti, atti od omissioni che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato e che consistono in:

1)illeciti amministrativi, contabili, civili o penali che non rientrano nei numeri 3), 4), 5) e 6);

2)condotte illecite rilevanti ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, o violazioni dei modelli di organizzazione e gestione ivi previsti, che non rientrano nei numeri 3), 4), 5) e 6);

3)illeciti che rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione europea o nazionali indicati nell’allegato al presente decreto ovvero degli atti nazionali che costituiscono attuazione degli atti dell’Unione europea indicati nell’allegato alla direttiva (UE) 2019/1937, seppur non indicati nell’allegato al presente decreto, relativi ai seguenti settori: appalti pubblici; servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo; sicurezza e conformità dei prodotti; sicurezza dei trasporti; tutela dell’ambiente; radioprotezione e sicurezza nucleare; sicurezza degli alimenti e dei mangimi e salute e benessere degli animali; salute pubblica; protezione dei consumatori; tutela della vita privata e protezione dei dati personali e sicurezza delle reti e dei sistemi informativi;

 

 

 

4)atti od omissioni che ledono gli interessi finanziari dell’Unione di cui all’articolo 325 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea specificati nel diritto derivato pertinente dell’Unione europea;

5)atti od omissioni riguardanti il mercato interno, di cui all’articolo 26, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, comprese le violazioni delle norme dell’Unione europea in materia di concorrenza e di aiuti di Stato, nonché le violazioni riguardanti il mercato interno connesse ad atti che violano le norme in materia di imposta sulle società o i meccanismi il cui fine è ottenere un vantaggio fiscale che vanifica l’oggetto o la finalità della normativa applicabile in materia di imposta sulle società;

6)atti o comportamenti che vanificano l’oggetto o la finalità delle disposizioni di cui agli atti dell’Unione nei settori indicati nei numeri 3), 4) e 5);

b)«informazioni sulle violazioni»: informazioni, compresi i fondati sospetti, riguardanti violazioni commesse o che, sulla base di elementi concreti, potrebbero essere commesse nell’organizzazione con cui la persona segnalante o colui che sporge denuncia all’autorità giudiziaria o contabile intrattiene un rapporto giuridico ai sensi dell’articolo 3, comma 1 o 2, nonché gli elementi riguardanti condotte volte ad occultare tali violazioni;

c)«segnalazione» o «segnalare»: la comunicazione scritta od orale di informazioni sulle violazioni;

d)«segnalazione interna»: la comunicazione, scritta od orale, delle informazioni sulle violazioni, presentata tramite il canale di segnalazione interna di cui all’articolo 4;

e)«segnalazione esterna»: la comunicazione, scritta od orale, delle informazioni sulle violazioni, presentata tramite il canale di segnalazione esterna di cui all’articolo 7;

f)«divulgazione pubblica» o «divulgare pubblicamente»: rendere di pubblico dominio informazioni sulle violazioni tramite la stampa o mezzi elettronici o comunque tramite mezzi di diffusione in grado di raggiungere un numero elevato di persone;

g)«persona segnalante»: la persona fisica che effettua la segnalazione o la divulgazione pubblica di informazioni sulle violazioni acquisite nell’ambito del proprio contesto lavorativo;

h)«facilitatore»: una persona fisica che assiste una persona segnalante nel processo di segnalazione, operante all’interno del medesimo contesto lavorativo e la cui assistenza deve essere mantenuta riservata;

i)«contesto lavorativo»: le attività lavorative o professionali, presenti o passate, svolte nell’ambito dei rapporti di cui all’articolo 3, commi 3 o 4, attraverso le quali, indipendentemente dalla natura di tali attività, una persona acquisisce informazioni sulle violazioni e nel cui ambito potrebbe rischiare di subire ritorsioni in caso di segnalazione o di divulgazione pubblica o di denuncia all’autorità giudiziaria o contabile;

l)«persona coinvolta»: la persona fisica o giuridica menzionata nella segnalazione interna o esterna ovvero nella divulgazione pubblica come persona alla quale la violazione è attribuita o come persona comunque implicata nella violazione segnalata o divulgata pubblicamente;

m)«ritorsione»: qualsiasi comportamento, atto od omissione, anche solo tentato o minacciato, posto in essere in ragione della segnalazione, della denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o della divulgazione pubblica e che provoca o può provocare alla persona segnalante o alla persona che ha sporto la denuncia, in via diretta o indiretta, un danno ingiusto;

n)«seguito»: l’azione intrapresa dal soggetto cui è affidata la gestione del canale di segnalazione per valutare la sussistenza dei fatti segnalati, l’esito delle indagini e le eventuali misure adottate;

o)«riscontro»: comunicazione alla persona segnalante di informazioni relative al seguito che viene dato o che si intende dare alla segnalazione;

p)«soggetti del settore pubblico»: le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, 165, le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza o regolazione, gli enti pubblici economici, gli organismi di diritto pubblico di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, i concessionari di pubblico servizio, le società a controllo pubblico e le società in house, così come definite, rispettivamente, dall’articolo 2, comma 1, lettere m) e o), del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, anche se quotate;

q)«soggetti del settore privato»: soggetti, diversi da quelli rientranti nella definizione di soggetti del settore pubblico, i quali:

1)hanno impiegato, nell’ultimo anno, la media di almeno cinquanta lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato;

2)rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione di cui alle parti B e II dell’allegato, anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di lavoratori subordinati di cui al numero 1);

3)sono diversi dai soggetti di cui al numero 2), rientrano nell’ambito di applicazione del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e adottano modelli di organizzazione e gestione ivi previsti, anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di lavoratori subordinati di cui al numero 1).

 

ART. 3

  (Ambito di applicazione soggettivo)

 

 1.Per i soggetti del settore pubblico, le disposizioni del presente decreto si applicano alle persone di cui ai commi 3 o 4 che effettuano segnalazioni interne o esterne, divulgazioni pubbliche o denunce all’autorità giudiziaria o contabile delle informazioni sulle violazioni di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a).

2.Per i soggetti del settore privato, le disposizioni del presente decreto si applicano:

a)per i soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, lettera q), numeri 1) e 2), alle persone di cui ai commi 3 o 4, che effettuano segnalazioni interne o esterne, divulgazioni pubbliche o denunce all’autorità giudiziaria o contabile delle informazioni sulle violazioni di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), numeri 3), 4), 5) e 6);

b)per i soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, lettera q), numero 3), alle persone di cui ai commi 3 o 4 che effettuano segnalazioni interne delle informazioni sulle violazioni di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), numero 2, ovvero, se nell’ultimo anno hanno raggiunto la media di almeno cinquanta lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato, segnalazioni interne o esterne o divulgazioni pubbliche o denunce all’autorità giudiziaria o contabile anche delle informazioni delle violazioni di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), numeri 3), 4), 5) e 6).

3.Salvo quanto previsto nei commi 1 e 2, le disposizioni del presente decreto si applicano alle seguenti persone che segnalano, denunciano all’autorità giudiziaria o contabile o divulgano pubblicamente informazioni sulle violazioni di cui sono venute a conoscenza nell’ambito del proprio contesto lavorativo:

a)i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ivi compresi i dipendenti di cui all'articolo 3 del medesimo decreto, nonché i dipendenti delle autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza o regolazione;

b)i dipendenti degli enti pubblici economici, degli enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, delle società in house, degli organismi di diritto pubblico o dei concessionari di pubblico servizio;

c)i lavoratori subordinati di soggetti del settore privato, ivi compresi i lavoratori il cui rapporto di lavoro è disciplinato dal decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, o dall’articolo 54-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, 96;

 d)i lavoratori autonomi, ivi compresi quelli indicati al capo I della legge 22 maggio 2017, 81, nonché i titolari di un rapporto di collaborazione di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile e all’articolo 2 del decreto legislativo n. 81 del 2015, che svolgono la propria attività lavorativa presso soggetti del settore pubblico o del settore privato;

e)i lavoratori o i collaboratori, che svolgono la propria attività lavorativa presso soggetti del settore pubblico o del settore privato che forniscono beni o servizi o che realizzano opere in favore di terzi;

f)i liberi professionisti e i consulenti che prestano la propria attività presso soggetti del settore pubblico o del settore privato;

g)i volontari e i tirocinanti, retribuiti e non retribuiti, che prestano la propria attività presso soggetti del settore pubblico o del settore privato;

h)gli azionisti e le persone con funzioni di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza, anche qualora tali funzioni siano esercitate in via di mero fatto, presso soggetti del settore pubblico o del settore privato;

4.La tutela delle persone segnalanti di cui al comma 3 si applica anche qualora la segnalazione, la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o la divulgazione pubblica di informazioni avvenga nei seguenti casi:

a)quando il rapporto giuridico di cui al comma 3 non è ancora iniziato, se le informazioni sulle violazioni sono state acquisite durante il processo di selezione o in altre fasi precontrattuali;

b)durante il periodo di prova;

c)successivamente allo scioglimento del rapporto giuridico se le informazioni sulle violazioni sono state acquisite nel corso del rapporto stesso.

5.Fermo quanto previsto nell’articolo 17, commi 2 e 3, le misure di protezione di cui al capo III, si applicano anche:

a)ai facilitatori;

b)alle persone del medesimo contesto lavorativo della persona segnalante, di colui che ha sporto una denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o di colui che ha effettuato una divulgazione pubblica e che sono legate ad essi da uno stabile legame affettivo o di parentela entro il quarto grado;

c)ai colleghi di lavoro della persona segnalante o della persona che ha sporto una denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o effettuato una divulgazione pubblica, che lavorano nel medesimo contesto lavorativo della stessa e che hanno con detta persona un rapporto abituale e corrente;

d)agli enti di proprietà della persona segnalante o della persona che ha sporto una denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o che ha effettuato una divulgazione pubblica o per i quali le stesse persone lavorano, nonché agli enti che operano nel medesimo contesto lavorativo delle predette

 

Capo II

Segnalazioni interne, segnalazioni esterne, obbligo di riservatezza e divulgazioni pubbliche

 

ART. 4

(Canali di segnalazione interna)

 

 

  1. I soggetti del settore pubblico e i soggetti del settore privato, sentite le rappresentanze o le organizzazioni sindacali di cui all’articolo 51 del decreto legislativo n. 81 del 2015, attivano, ai sensi del presente articolo, propri canali di segnalazione, che garantiscano, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona comunque menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione. I modelli di organizzazione e di gestione, di cui all’articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 231 del 2001, prevedono i canali di segnalazione interna di cui al presente
  2. La gestione del canale di segnalazione è affidata a una persona o a un ufficio interno autonomo dedicato e con personale specificamente formato per la gestione del canale di segnalazione, ovvero è affidata a un soggetto esterno, anch’esso autonomo e con personale specificamente
  3. Le segnalazioni sono effettuate in forma scritta, anche con modalità informatiche, oppure in forma Le segnalazioni interne in forma orale sono effettuate attraverso linee telefoniche o sistemi di messaggistica vocale ovvero, su richiesta della persona segnalante, mediante un incontro diretto fissato entro un termine ragionevole.
  4. I comuni diversi dai capoluoghi di provincia possono condividere il canale di segnalazione interna e la relativa gestione. I soggetti del settore privato che hanno impiegato, nell’ultimo anno, una media di lavoratori subordinati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato, non superiore a duecentoquarantanove, possono condividere il canale di segnalazione interna e la relativa gestione.

 

 

 

  1. I soggetti del settore pubblico cui sia fatto obbligo di prevedere la figura del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, di cui all’articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190, affidano a quest’ultimo, anche nelle ipotesi di condivisione di cui al comma 4, la gestione del canale di segnalazione
  2. La segnalazione interna presentata ad un soggetto diverso da quello indicato nei commi 2, 4 e 5 è trasmessa, entro sette giorni dal suo ricevimento, al soggetto competente, dando contestuale notizia della trasmissione alla persona segnalante.

 

ART. 5

(Gestione del canale di segnalazione interna)

 

 

  1. Nell’ambito della gestione del canale di segnalazione interna, la persona o l’ufficio interno ovvero il soggetto esterno, ai quali è affidata la gestione del canale di segnalazione interna svolgono le seguenti attività:

a)rilasciano alla persona segnalante avviso di ricevimento della segnalazione entro sette giorni dalla data di ricezione;

b)mantengono le interlocuzioni con la persona segnalante e possono richiedere a quest’ultima, se necessario, integrazioni;

c)danno diligente seguito alle segnalazioni ricevute;

d)forniscono riscontro alla segnalazione entro tre mesi dalla data dell’avviso di ricevimento o, in mancanza di tale avviso, entro tre mesi dalla scadenza del termine di sette giorni dalla presentazione della segnalazione;

e)mettono a disposizione informazioni chiare sul canale, sulle procedure e sui presupposti per effettuare le segnalazioni interne, nonché sul canale, sulle procedure e sui presupposti per effettuare le segnalazione esterne. Le suddette informazioni sono esposte e rese facilmente visibili nei luoghi di lavoro, nonché accessibili alle persone che pur non frequentando i luoghi di lavoro intrattengono un rapporto giuridico in una delle forme di cui all’articolo 3, commi 3 o 4. Se dotati di un proprio sito internet, i soggetti del settore pubblico e del settore privato pubblicano le informazioni di cui alla presente lettera anche in una sezione dedicata del suddetto sito.

 

ART. 6

(Condizioni per l’effettuazione della segnalazione esterna)

  

  1. La persona segnalante può effettuare una segnalazione esterna se, al momento della sua presentazione, ricorre una delle seguenti condizioni:

a)non è prevista, nell’ambito del suo contesto lavorativo, l’attivazione obbligatoria del canale di segnalazione interna ovvero questo, anche se obbligatorio, non è attivo o, anche se attivato, non è conforme a quanto previsto dall’articolo 4;

b)la persona segnalante ha già effettuato una segnalazione interna ai sensi dell’articolo 4 e la stessa non ha avuto seguito;

c)la persona segnalante ha fondati motivi di ritenere che, se effettuasse una segnalazione interna, alla stessa non sarebbe dato efficace seguito ovvero che la stessa segnalazione possa determinare il rischio di ritorsione;

d)la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.

 

ART. 7

(Canali di segnalazione esterna)

  

  1. L’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) attiva un canale di segnalazione esterna che garantisca, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione. La stessa riservatezza viene garantita anche quando la segnalazione viene effettuata attraverso canali diversi da quelli indicati nel primo periodo o perviene a personale diverso da quello addetto al trattamento delle segnalazioni, al quale viene in ogni caso trasmessa senza ritardo.

2.Le segnalazioni esterne sono effettuate in forma scritta tramite la piattaforma informatica oppure in forma orale attraverso linee telefoniche o sistemi di messaggistica vocale ovvero, su richiesta della persona segnalante, mediante un incontro diretto fissato entro un termine

3.La segnalazione esterna presentata ad un soggetto diverso dall’ANAC è trasmessa a quest’ultima, entro sette giorni dalla data del suo ricevimento, dando contestuale notizia della trasmissione alla persona segnalante.

 

ART. 8

(Attività svolte dall’ANAC)

  

  1. L’ANAC designa personale specificamente formato per la gestione del canale di segnalazione esterna e provvede a svolgere le seguenti attività:

a)fornire a qualsiasi persona interessata informazioni sull’uso del canale di segnalazione esterna e del canale di segnalazione interna, nonché sulle misure di protezione di cui al capo III;

b)dare avviso alla persona segnalante del ricevimento della segnalazione esterna entro sette giorni dalla data del suo ricevimento, salvo esplicita richiesta contraria della persona segnalante ovvero salvo il caso in cui l’ANAC ritenga che l’avviso pregiudicherebbe la protezione della riservatezza dell’identità della persona segnalante;

c)mantenere le interlocuzioni con la persona segnalante e richiedere a quest’ultima, se necessario, integrazioni;

d)dare diligente seguito alle segnalazioni ricevute;

e)svolgere l’istruttoria necessaria a dare seguito alla segnalazione, anche mediante audizioni e acquisizione di documenti;

f)dare riscontro alla persona segnalante entro tre mesi o, se ricorrono giustificate e motivate ragioni, sei mesi dalla data di avviso di ricevimento della segnalazione esterna o, in mancanza di detto avviso, dalla scadenza dei sette giorni dal ricevimento;

g)comunicare alla persona segnalante l’esito finale, che può consistere anche nell’archiviazione o nella trasmissione alle autorità competenti di cui al comma 2 o in una raccomandazione o in una sanzione

2.L’ANAC dispone, inoltre, l’invio delle segnalazioni aventi ad oggetto informazioni sulle violazioni che non rientrano nella propria competenza alla competente autorità amministrativa o giudiziaria, ivi comprese le istituzioni, gli organi o gli organismi dell’Unione europea, e dà contestuale avviso alla persona segnalante dell’avvenuto L’autorità amministrativa competente svolge l’attività di cui al comma 1, lettere c), d), e), f) e g) e garantisce, anche tramite ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione.

3.L’ANAC trasmette annualmente alla Commissione europea le seguenti informazioni:

a)il numero di segnalazioni esterne ricevute;

b)il numero e i tipi di procedimenti avviati a seguito delle segnalazioni esterne ricevute e relativo esito;

c)se accertati, i danni finanziari conseguenza delle violazioni oggetto di segnalazione esterna, nonché gli importi recuperati a seguito dell’esito dei procedimenti di cui alla lettera b).

  

  1. In caso di significativo afflusso di segnalazioni esterne, l’ANAC può trattare in via prioritaria le segnalazioni esterne che hanno ad oggetto informazioni sulle violazioni riguardanti una grave lesione dell’interesse pubblico ovvero la lesione di principi di rango costituzionale o di diritto dell’Unione europea.
  2. L’ANAC può non dare seguito alle segnalazioni che riportano violazioni di lieve entità e procedere alla loro archiviazione.

 

ART. 9

(Informazioni pubblicate sul sito istituzionale dell’ANAC)

 

1.L’ANAC pubblica sul proprio sito internet, in una sezione dedicata, facilmente identificabile ed accessibile, le seguenti informazioni:

a)l’illustrazione delle misure di protezione di cui al capo III;

b)i propri contatti, quali, in particolare, il numero di telefono, indicando se le conversazioni telefoniche sono o meno registrate, il recapito postale e l’indirizzo di posta elettronica, ordinaria e certificata;

c)le istruzioni sull’uso del canale di segnalazione esterna e dei canali di segnalazione interna;

d)l’illustrazione del regime di riservatezza applicabile alle segnalazioni esterne e alle segnalazioni interne previsto dal presente decreto, dagli articoli 5 e 13 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, dall’articolo 10 del decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 51, e dall’articolo 15 del regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2018;

e)le modalità con le quali può chiedere alla persona segnalante di fornire integrazioni, i termini di scadenza per il riscontro ad una segnalazione esterna, nonché i tipi di riscontro e di seguito che l’ANAC può dare ad una segnalazione esterna;

f)l’elenco degli enti del Terzo settore che hanno stipulato, ai sensi dell’articolo 18, comma 1, convenzioni con l’ANAC, nonché i loro contatti.

 

ART. 10

(Adozione di linee guida)

 

  1. L’ANAC, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, adotta, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le linee guida relative alle procedure per la presentazione e la gestione delle segnalazioni Le linee guida prevedono l’utilizzo di modalità anche informatiche e promuovono il ricorso a strumenti di crittografia per garantire la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta o menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto delle segnalazioni e della relativa documentazione.
  1. L’ANAC riesamina periodicamente, almeno una volta ogni tre anni, le proprie procedure per il ricevimento e il trattamento delle segnalazioni e le adegua, ove necessario, alla luce della propria esperienza e di quella di altre autorità competenti per le segnalazioni esterne nell’ambito dell’Unione europea.

 

ART. 11

(Disposizione relativa al personale dell’ANAC ed alla piattaforma informatica)

1. Al fine di avviare un’azione di rafforzamento delle strutture coinvolte e di assicurare un presidio costante delle procedure e delle attività delineate dal presente decreto, la dotazione organica dell’ANAC è integrata di complessive ventidue unità di personale, di cui diciotto unità del ruolo dei funzionari e quattro unità del ruolo degli operativi, da inquadrare al livello iniziale delle rispettive fasce retributive secondo quanto previsto dal regolamento sull’ordinamento giuridico ed economico del personale dell’ANAC.

2.Per l’attuazione delle disposizioni del presente capo è autorizzata la spesa quantificata come segue:

a)il costo per il personale: euro 1.147.004 per l’anno 2023, euro 2.177.662 per l’anno 2024, euro 2.300.718 per l’anno 2025, euro 2.398.788 per l’anno 2026, euro 2.526.719 per l’anno 2027, euro 2.629.043 per l’anno 2028, euro 2.790.224 per l’anno 2029, euro 2.967.127 per l’anno 2030, euro 3.147.128 per l’anno 2031 ed euro 3.308.866 annui a decorrere dall’anno 2032;

b)il costo per lo sviluppo della piattaforma informatica necessaria per il trattamento dei dati, nonché per i maggiori costi di funzionamento derivanti dalla gestione delle nuove competenze: euro 250.000 per l’anno 2023, euro 250.000 per l’anno 2024, euro 250.000 per l’anno 2025, euro 000 per l’anno 2026, euro 80.000 annui a decorrere dall’anno 2027.

3.Agli oneri di cui al comma 2 si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo per il recepimento della normativa europea di cui all’articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n.

4.Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

  

ART. 12

(Obbligo di riservatezza)

1. Le segnalazioni non possono essere utilizzate oltre quanto necessario per dare adeguato seguito alle stesse.

2.L’identità della persona segnalante e qualsiasi altra informazione da cui può evincersi, direttamente o indirettamente, tale identità non possono essere rivelate, senza il consenso espresso della stessa persona segnalante, a persone diverse da quelle competenti a ricevere o a dare seguito alle segnalazioni, espressamente autorizzate a trattare tali dati ai sensi degli articoli 29 e 32, paragrafo 4, del regolamento (UE) 2016/679 e dell’articolo 2-quaterdecies del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, 196.

3.Nell’ambito del procedimento penale, l'identità della persona segnalante è coperta dal segreto nei modi e nei limiti previsti dall’articolo 329 del codice di procedura

4.Nell'ambito del procedimento dinanzi alla Corte dei conti, l'identità della persona segnalante non può essere rivelata fino alla chiusura della fase

5.Nell'ambito del procedimento disciplinare, l’identità della persona segnalante non può essere rivelata, ove la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione, anche se conseguenti alla Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell'identità della persona segnalante sia indispensabile per la difesa dell'incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza del consenso espresso della persona segnalante alla rivelazione della propria identità.

6.È dato avviso alla persona segnalante mediante comunicazione scritta delle ragioni della rivelazione dei dati riservati, nella ipotesi di cui al comma 5, secondo periodo, nonché nelle procedure di segnalazione interna ed esterna di cui al presente capo quando la rivelazione della identità della persona segnalante e delle informazioni di cui al comma 2 è indispensabile anche ai fini della difesa della persona

7.I soggetti del settore pubblico e del settore privato, l’ANAC, nonché le autorità amministrative cui l’ANAC trasmette le segnalazioni esterne di loro competenza, tutelano l'identità delle persone coinvolte e delle persone menzionate nella segnalazione fino alla conclusione dei procedimenti avviati in ragione della segnalazione nel rispetto delle medesime garanzie previste in favore della persona

 8.La segnalazione è sottratta all’accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, 241, nonché dagli articoli 5 e seguenti del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.

9.Ferma la previsione dei commi da 1 a 8, nelle procedure di segnalazione interna ed esterna di cui al presente capo, la persona coinvolta può essere sentita, ovvero, su sua richiesta, è sentita, anche mediante procedimento cartolare attraverso l’acquisizione di osservazioni scritte e documenti.

 

ART. 13

(Trattamento dei dati personali)

  

1.Ogni trattamento dei dati personali, compresa la comunicazione tra le autorità competenti, previsto dal presente decreto, deve essere effettuato a norma del regolamento (UE) 2016/679, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e del decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 51. La comunicazione di dati personali da parte delle istituzioni, degli organi o degli organismi dell’Unione europea è effettuata in conformità del regolamento (UE) 2018/1725.

2.I dati personali che manifestamente non sono utili al trattamento di una specifica segnalazione non sono raccolti o, se raccolti accidentalmente, sono cancellati

3.I diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del regolamento (UE) 2016/679 possono essere esercitati nei limiti di quanto previsto dall’articolo 2-undecies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n.

4.I trattamenti di dati personali relativi al ricevimento e alla gestione delle segnalazioni sono effettuati dai soggetti di cui all’articolo 4, in qualità di titolari del trattamento, nel rispetto dei princìpi di cui agli articoli 5 e 25 del regolamento (UE) 2016/679 o agli articoli 3 e 16 del decreto legislativo n. 51 del 2018, fornendo idonee informazioni alle persone segnalanti e alle persone coinvolte ai sensi degli articoli 13 e 14 del medesimo regolamento (UE) 2016/679 o dell’articolo 11 del citato decreto legislativo 51 del 2018, nonché adottando misure appropriate a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati.

5.I soggetti del settore pubblico e i soggetti del settore privato che condividono risorse per il ricevimento e la gestione delle segnalazioni, ai sensi dell’articolo 4, comma 4, determinano in modo trasparente, mediante un accordo interno, le rispettive responsabilità in merito all’osservanza degli obblighi in materia di protezione dei dati personali, ai sensi dell’articolo 26 del regolamento (UE) 2016/679 o dell’articolo 23 del decreto legislativo 51 del 2018.

  6.I soggetti di cui all’articolo 4 definiscono il proprio modello di ricevimento e gestione delle segnalazioni interne, individuando misure tecniche e organizzative idonee a garantire un livello di sicurezza adeguato agli specifici rischi derivanti dai trattamenti effettuati, sulla base di una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati, e disciplinando il rapporto con eventuali fornitori esterni che trattano dati personali per loro conto ai sensi dell’articolo 28 del regolamento (UE) 2016/679 o dell’articolo 18 del decreto legislativo 51 del 2018.

 

ART. 14

(Conservazione della documentazione inerente alle segnalazioni)

  

  1. Le segnalazioni, interne ed esterne, e la relativa documentazione sono conservate per il tempo necessario al trattamento della segnalazione e comunque non oltre cinque anni a decorrere dalla data della comunicazione dell’esito finale della procedura di segnalazione, nel rispetto degli obblighi di riservatezza di cui all’articolo 12 del presente decreto e del principio di cui agli articoli 5, paragrafo 1, lettera e), del regolamento (UE) 2016/679 e 3, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 51 del 2018.
  2. Se per la segnalazione si utilizza una linea telefonica registrata o un altro sistema di messaggistica vocale registrato, la segnalazione, previo consenso della persona segnalante, è documentata a cura del personale addetto mediante registrazione su un dispositivo idoneo alla conservazione e all’ascolto oppure mediante trascrizione integrale. In caso di trascrizione, la persona segnalante può verificare, rettificare o confermare il contenuto della trascrizione mediante la propria
  3. Se per la segnalazione si utilizza una linea telefonica non registrata o un altro sistema di messaggistica vocale non registrato la segnalazione è documentata per iscritto mediante resoconto dettagliato della conversazione a cura del personale addetto. La persona segnalante può verificare, rettificare e confermare il contenuto della trascrizione mediante la propria
  4. Quando, su richiesta della persona segnalante, la segnalazione è effettuata oralmente nel corso di un incontro con il personale addetto, essa, previo consenso della persona segnalante, è documentata a cura del personale addetto mediante registrazione su un dispositivo idoneo alla conservazione e all’ascolto oppure mediante verbale. In caso di verbale, la persona segnalante può verificare, rettificare e confermare il verbale dell’incontro mediante la propria sottoscrizione.

   

ART. 15

(Divulgazioni pubbliche)

  

  1. La persona segnalante che effettua una divulgazione pubblica beneficia della protezione prevista dal presente decreto se, al momento della divulgazione pubblica, ricorre una delle seguenti condizioni:

a)la persona segnalante ha previamente effettuato una segnalazione interna ed esterna ovvero ha effettuato direttamente una segnalazione esterna, alle condizioni e con le modalità previste dagli articoli 4 e 7 e non è stato dato riscontro nei termini previsti dagli articoli 5 e 8 in merito alle misure previste o adottate per dare seguito alle segnalazioni;

b)la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse;

c)la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la segnalazione esterna possa comportare il rischio di ritorsioni o possa non avere efficace seguito in ragione delle specifiche circostanze del caso concreto, come quelle in cui possano essere occultate o distrutte prove oppure in cui vi sia fondato timore che chi ha ricevuto la segnalazione possa essere colluso con l'autore della violazione o coinvolto nella violazione

2.Restano ferme le norme sul segreto professionale degli esercenti la professione giornalistica, con riferimento alla fonte della notizia.

 

Capo III

Misure di protezione

 

ART. 16

(Condizioni per la protezione della persona segnalante)

  

  1. Le misure di protezione previste nel presente capo si applicano alle persone di cui all’articolo 3 quando ricorrono le seguenti condizioni:

a)al momento della segnalazione o della denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o della divulgazione pubblica, la persona segnalante o denunciante aveva fondato motivo di ritenere che le informazioni sulle violazioni segnalate, divulgate pubblicamente o denunciate fossero vere e rientrassero nell’ambito oggettivo di cui all’articolo 1;

b)la segnalazione o divulgazione pubblica è stata effettuata sulla base di quanto previsto dal capo

  

  1. I motivi che hanno indotto la persona a segnalare o denunciare o divulgare pubblicamente sono irrilevanti ai fini della sua
  2. Salvo quanto previsto dall’articolo 20, quando è accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale della persona segnalante per i reati di diffamazione o di calunnia o comunque per i medesimi reati commessi con la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave, le tutele di cui al presente capo non sono garantite e alla persona segnalante o denunciante è irrogata una sanzione
  3. La disposizione di cui al presente articolo si applica anche nei casi di segnalazione o denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o divulgazione pubblica anonime, se la persona segnalante è stata successivamente identificata e ha subito ritorsioni, nonché nei casi di segnalazione presentata alle istituzioni, agli organi e agli organismi competenti dell’Unione europea, in conformità alle condizioni di cui all’articolo 6.

 

ART. 17

(Divieto di ritorsione)

  

  1. Gli enti o le persone di cui all’articolo 3 non possono subire alcuna
  2. Nell’ambito di procedimenti giudiziari o amministrativi o comunque di controversie stragiudiziali aventi ad oggetto l’accertamento dei comportamenti, atti o omissioni vietati ai sensi del presente articolo nei confronti delle persone di cui all’articolo 3, commi 1, 2, 3 e 4, si presume che gli stessi siano stati posti in essere a causa della segnalazione, della divulgazione pubblica o della denuncia all’autorità giudiziaria o L’onere di provare che tali condotte o atti sono motivati da ragioni estranee alla segnalazione, alla divulgazione pubblica o alla denuncia è a carico di colui che li ha posti in essere.
  3. In caso di domanda risarcitoria presentata all’autorità giudiziaria dalle persone di cui all’articolo 3, commi 1, 2, 3 e 4, se tali persone dimostrano di aver effettuato, ai sensi del presente decreto, una segnalazione, una divulgazione pubblica o una denuncia all’autorità giudiziaria o contabile e di aver subito un danno, si presume, salvo prova contraria, che il danno sia conseguenza di tale segnalazione, divulgazione pubblica o denuncia all’autorità giudiziaria o
  4. Di seguito sono indicate talune fattispecie che, qualora siano riconducibili all’articolo 2, comma 1, lettera m), costituiscono ritorsioni:

a)il licenziamento, la sospensione o misure equivalenti;

 b)la retrocessione di grado o la mancata promozione;

c)il mutamento di funzioni, il cambiamento del luogo di lavoro, la riduzione dello stipendio, la modifica dell’orario di lavoro;

d)la sospensione della formazione o qualsiasi restrizione dell’accesso alla stessa;

e)le note di merito negative o le referenze negative;

f)l’adozione di misure disciplinari o di altra sanzione, anche pecuniaria;

g)la coercizione, l’intimidazione, le molestie o l’ostracismo;

h)la discriminazione o comunque il trattamento sfavorevole;

i)la mancata conversione di un contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, laddove il lavoratore avesse una legittima aspettativa a detta conversione;

l)il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata di un contratto di lavoro a termine;

m)i danni, anche alla reputazione della persona, in particolare sui social media, o i pregiudizi economici o finanziari, comprese la perdita di opportunità economiche e la perdita di redditi;

n)l’inserimento in elenchi impropri sulla base di un accordo settoriale o industriale formale o informale, che può comportare l’impossibilità per la persona di trovare un’occupazione nel settore o nell’industria in futuro;

o)la conclusione anticipata o l’annullamento del contratto di fornitura di beni o servizi;

p)l’annullamento di una licenza o di un permesso;

q)la richiesta di sottoposizione ad accertamenti psichiatrici o medici.

 

ART. 18

(Misure di sostegno)

  

  1. È istituto presso l’ANAC l’elenco degli enti del Terzo settore che forniscono alle persone segnalanti misure di L’elenco, pubblicato dall’ANAC sul proprio sito, contiene gli enti del Terzo settore che esercitano, secondo le previsioni dei rispettivi statuti, le attività di cui all’articolo 5, comma 1, lettere v) e w), del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, e che hanno stipulato convenzioni con ANAC.
  2. Le misure di sostegno fornite dagli enti di cui al comma 1 consistono in informazioni, assistenza e consulenze a titolo gratuito sulle modalità di segnalazione e sulla protezione dalle ritorsioni offerta dalle disposizioni normative nazionali e da quelle dell’Unione europea, sui diritti della persona coinvolta, nonché sulle modalità e condizioni di accesso al patrocinio a spese dello Stato.

3.L’autorità giudiziaria ovvero l’autorità amministrativa cui la persona segnalante si è rivolta al fine di ottenere protezione dalle ritorsioni può richiedere all’ANAC informazioni e documenti in ordine alle segnalazioni eventualmente Nei procedimenti dinanzi all’autorità giudiziaria, si osservano le forme di cui agli articoli 210 e seguenti del codice di procedura civile, nonché di cui all’articolo 63, comma 2, del codice del processo amministrativo di cui all’allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.

 

ART. 19

(Protezione dalle ritorsioni)

  

  1. Gli enti e le persone di cui all’articolo 3 possono comunicare all’ANAC le ritorsioni che ritengono di avere subito. In caso di ritorsioni commesse nel contesto lavorativo di un soggetto del settore pubblico, l’ANAC informa immediatamente il Dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e gli eventuali organismi di garanzia o di disciplina, per i provvedimenti di loro competenza. In caso di ritorsioni commesse nel contesto lavorativo di un soggetto del settore privato l’ANAC informa l’Ispettorato nazionale del lavoro, per i provvedimenti di propria competenza.
  2. Al fine di acquisire elementi istruttori indispensabili all’accertamento delle ritorsioni, l’ANAC può avvalersi, per quanto di rispettiva competenza, della collaborazione dell’Ispettorato della funzione pubblica e dell’Ispettorato nazionale del lavoro, ferma restando l’esclusiva competenza dell’ANAC in ordine alla valutazione degli elementi acquisiti e all’eventuale applicazione delle sanzioni amministrative di cui all’articolo Al fine di regolare tale collaborazione, l’ANAC conclude specifici accordi, ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, con l’Ispettorato della funzione pubblica e con l’Ispettorato nazionale del lavoro.
  3. Gli atti assunti in violazione dell’articolo 17 sono nulli. Le persone di cui all’articolo 3 che siano state licenziate a causa della segnalazione, della divulgazione pubblica o della denuncia all’autorità giudiziaria o contabile hanno diritto a essere reintegrate nel posto di lavoro, ai sensi dell’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 o dell’articolo 2 del decreto legislativo 4 marzo 2015, 23, in ragione della specifica disciplina applicabile al lavoratore.
  4. L’autorità giudiziaria adita adotta tutte le misure, anche provvisorie, necessarie ad assicurare la tutela alla situazione giuridica soggettiva azionata, ivi compresi il risarcimento del danno, la reintegrazione nel posto di lavoro, l’ordine di cessazione della condotta posta in essere in violazione dell’articolo 17 e la dichiarazione di nullità degli atti adottati in violazione del medesimo articolo.

 

ART. 20

(Limitazioni della responsabilità)

  

  1. Non è punibile l’ente o la persona di cui all’articolo 3 che riveli o diffonda informazioni sulle violazioni coperte dall’obbligo di segreto, diverso da quello di cui all’articolo 1, comma 3, o relative alla tutela del diritto d’autore o alla protezione dei dati personali ovvero riveli o diffonda informazioni sulle violazioni che offendono la reputazione della persona coinvolta o denunciata, quando, al momento della rivelazione o diffusione, vi fossero fondati motivi per ritenere che la rivelazione o diffusione delle stesse informazioni fosse necessaria per svelare la violazione e la segnalazione, la divulgazione pubblica o la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile è stata effettuata ai sensi dell’articolo 16.
  2. Quando ricorrono le ipotesi di cui al comma 1, è esclusa altresì ogni ulteriore responsabilità, anche di natura civile o amministrativa.
  3. Salvo che il fatto costituisca reato, l’ente o la persona di cui all’articolo 3 non incorre in alcuna responsabilità, anche di natura civile o amministrativa, per l’acquisizione delle informazioni sulle violazioni o per l’accesso alle stesse.
  4. In ogni caso, la responsabilità penale e ogni altra responsabilità, anche di natura civile o amministrativa, non è esclusa per i comportamenti, gli atti o le omissioni non collegati alla segnalazione, alla denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o alla divulgazione pubblica o che non sono strettamente necessari a rivelare la violazione.

 

ART. 21

(Sanzioni)

  

  1. Fermi restando gli altri profili di responsabilità, l’ANAC applica al responsabile le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:

a)da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che sono state commesse ritorsioni o quando accerta che la segnalazione è stata ostacolata o che si è tentato di ostacolarla o che è stato violato l’obbligo di riservatezza di cui all’articolo 12;

b)da 000 a 50.000 euro quando accerta che non sono stati istituiti canali di segnalazione, che non sono state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni ovvero che l’adozione di tali procedure non è conforme a quelle di cui agli articoli 4 e 5, nonché quando accerta che non è stata svolta l’attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute;

c)da 500 a 2.500 euro, nel caso di cui all’articolo 16, comma 3, salvo che la persona segnalante sia stata condannata, anche in primo grado, per i reati di diffamazione o di calunnia o comunque per i medesimi reati commessi con la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile.

  1. I soggetti del settore privato di cui all’articolo 2, comma 1, lettera q), numero 3), prevedono nel sistema disciplinare adottato ai sensi dell’articolo 6, comma 2, lettera e), del decreto n. 231 del 2001, sanzioni nei confronti di coloro che accertano essere responsabili degli illeciti di cui al comma 1.

 

ART. 22

(Rinunce e transazioni)

  

  1. Le rinunce e le transazioni, integrali o parziali, che hanno per oggetto i diritti e le tutele previsti dal presente decreto non sono valide, salvo che siano effettuate nelle forme e nei modi di cui all’articolo 2113, quarto comma, del codice civile.

 

Capo IV

Disposizioni finali

 

ART. 23

(Abrogazioni di norme)

  

1.Sono abrogate le seguenti disposizioni:

a)l’articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001 165;

b)l’articolo 6, commi 2-ter e 2-quater, del decreto legislativo 8 giugno 2001, 231;

c)l’articolo 3 della legge 30 novembre 2017, 179.

 

ART. 24

(Disposizioni transitorie e di coordinamento)

  

  1. Le disposizioni di cui al presente decreto hanno effetto a decorrere dal 15 luglio 2023. Alle segnalazioni o alle denunce all’autorità giudiziaria o contabile effettuate precedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché a quelle effettuate fino al 14 luglio 2023, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, all’articolo 6, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto legislativo n. 231 del 2001 e all’articolo 3 della legge n. 179 del 2017.
  1. Per i soggetti del settore privato che hanno impiegato, nell’ultimo anno, una media di lavoratori subordinati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato, fino a duecentoquarantanove, l’obbligo di istituzione del canale di segnalazione interna ai sensi del presente decreto ha effetto a decorrere dal 17 dicembre 2023 e, fino ad allora, continua ad applicarsi l’articolo 6, comma 2-bis, lettere a) e b), del decreto legislativo n. 231 del 2001, nella formulazione vigente fino alla data di entrata in vigore del presente
  2. L’articolo 4 della legge 15 luglio 1966, 604 è sostituito dal seguente:

 «ART. 4 – Il licenziamento determinato da ragioni di credo politico o fede religiosa, dall’appartenenza a un sindacato, dalla partecipazione ad attività sindacali o conseguente all’esercizio di un diritto ovvero alla segnalazione, alla denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o alla divulgazione pubblica effettuate ai sensi del decreto legislativo attuativo della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, è nullo.».

  1. All’articolo 2-undecies, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, 196, la lettera f) è sostituita dalla seguente:

«f) alla riservatezza dell'identità della persona che segnala violazioni di cui sia venuta a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro o delle funzioni svolte, ai sensi del decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione, ovvero che segnala violazioni ai sensi degli articoli 52-bis e 52-ter del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, o degli articoli 4-undecies e 4-duodecies del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;».

  1. All’articolo 6, del decreto legislativo 231 del 2001, il comma 2-bis è sostituito dal seguente:

«2-bis. I modelli di cui al comma 1, lettera a), prevedono, ai sensi del decreto legislativo attuativo della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019, i canali di segnalazione interna, il divieto di ritorsione e il sistema disciplinare, adottato ai sensi del comma 2, lettera e).».

 

ART. 25

(Disposizioni finanziarie)

  

  1. Dall'attuazione del presente decreto, fatta eccezione per l'articolo 11, non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti nell'ambito delle risorse umane strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

  

 

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

 

 

Relazione illustrativa

Il presente decreto legislativo – adottato in attuazione della legge 4 agosto 2022, n. 127, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2021 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 199 del 26.08.2022) - intende trasporre nel nostro ordinamento la direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione (cd. direttiva Whistleblowing).

Come emerge dall’articolo 1 e dai “considerando”, scopo della direttiva è disciplinare la protezione dei whistleblowers (o “segnalanti” nella traduzione italiana del testo) all’interno dell’Unione, mediante norme minime di tutela, volte a uniformare le normative nazionali, tenendo conto che coloro “che segnalano minacce o pregiudizi al pubblico interesse di cui sono venuti a sapere nell’ambito delle loro attività professionali esercitano il diritto alla libertà di espressione” (considerando 31). Il legislatore europeo intende attribuire allo strumento del whistleblowing la funzione di “rafforzare i principi di trasparenza e responsabilità” (considerando nr. 2) e di prevenire la commissione dei reati.

L’ambito di operatività della direttiva è limitato, alla luce del principio di sussidiarietà che regola l'azione legislativa a livello europeo, alle violazioni della normativa comunitaria in una gamma di settori espressamente indicati nell’allegato alla direttiva (tra questi: appalti pubblici, servizi finanziari, sicurezza dei prodotti e dei trasporti, ambiente, alimenti, salute pubblica, privacy, sicurezza della rete e dei sistemi informatici, concorrenza) (articolo 2). Inoltre, la normativa ha valore residuale rispetto alle discipline speciali che regolano il whistleblowing in specifici settori (i riferimenti a tali normative sono contenuti nella parte II dell’allegato). Rimane poi esclusa dall’ambito di applicazione della direttiva la materia della sicurezza nazionale che resta di esclusiva competenza del legislatore nazionale, così come la protezione delle informazioni classificate, del segreto professionale forense e medico e delle deliberazioni degli organi giudiziari, nonché le norme di procedura penale (articolo 1). In accoglimento delle osservazioni di cui alla lett. b) e lett. c) formulate dalle Commissioni riunite II e XI della Camera, si è precisato che restano ferme altresì le disposizioni di difesa nazionale e di ordine e sicurezza pubblica di cui al Regio decreto, 18 giugno 1931, n. 773, recante il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Si è altresì esplicitato che restano ferme le disposizioni vigenti in materia di autonomia ed indipendenza della magistratura, comprese le relative procedure, nonché le disposizioni sulle funzioni ed attribuzioni del Consiglio superiore della magistratura per tutto quanto attiene alla posizione giuridica degli appartenenti all’ordine giudiziario.

 Entro l’ambito   di   operatività   così   delineato,  la   direttiva   prevede   una   tutela   per il whistleblower senza differenziazione tra settore pubblico e settore privato.

La direttiva offre una definizione estremamente ampia di whistleblower (articolo 4), che include l’insieme dei soggetti, collegati in senso ampio all’organizzazione nella quale si è verificata la violazione, che potrebbero temere ritorsioni in considerazione della situazione di vulnerabilità economica in cui si trovano (i dipendenti, i lavoratori autonomi, i collaboratori esterni, coloro che svolgono tirocini retribuiti o meno, i volontari, coloro il cui rapporto di lavoro è terminato o non è ancora incominciato e tutti i soggetti che lavorano sotto la supervisione e direzione di appaltatori, sub-appaltatori e fornitori). Le misure di protezione si estendono poi anche ai c.d. facilitatori (ossia coloro che prestano assistenza al lavoratore nel processo di segnalazione), ai colleghi e persino ai parenti dei whistleblowers, ma a questi ultimi soggetti, di cui all’art. 3 comma 5, non si applica la previsione dell’inversione dell’onere della prova di cui all’art. 17 commi 2 e 3. Dal punto di vista soggettivo, dunque, la direttiva prevede una tutela molto estesa.

L’articolo 5 contiene le definizioni.

Quanto all’oggetto della segnalazione, la direttiva fa riferimento, nell’articolo 2, a “violazioni del diritto dell’Unione” nei settori elencati; richiama, nel considerando n. 1, la finalità di tutela dell’interesse pubblico ed evidenzia, nel considerando numero 22, che gli Stati membri possono escludere dalle tutele le segnalazioni che riguardano “vertenze interpersonali che interessano esclusivamente la persona segnalante e vertenze riguardanti conflitti interpersonali tra la persona segnalante e un altro lavoratore”.

Secondo quanto previsto nella direttiva, le segnalazioni possono essere effettuate attraverso tre diversi canali di segnalazione: interni, esterni e pubblici.

L’articolo 6 della direttiva prevede che la protezione sussiste anche in caso di segnalazioni o divulgazioni rivelatisi poi infondate, qualora il segnalante abbia avuto “fondati motivi di ritenere che le violazioni fossero vere”. Nel caso di segnalazioni scientemente false la direttiva stabilisce l’obbligo per gli Stati membri di prevedere sanzioni adeguate, oltre al risarcimento del danno.

Il capo II della direttiva (articoli 7, 8 e 9) prevede che tutti gli enti pubblici devono dotarsi di canali di segnalazione interni, con possibilità di esonero per i comuni con meno di 10.000 abitanti e per gli enti pubblici con meno di 50 dipendenti. Devono poi dotarsi di tali canali anche gli enti privati con più di 50 dipendenti (sussistendo peraltro la possibilità per enti privati con un numero di dipendenti tra 50 e 250 di istituire sistemi di segnalazione comuni), nonché gli enti privati che operano in determinati e specifici settori (parte IB e II dell’allegato), indipendentemente dal numero di dipendenti.

Il capo III della direttiva (articoli 10-14) prevede che in questi stessi casi, sia per il settore pubblico, sia per il privato, devono essere istituiti canali di segnalazione esterni, ossia sistemi per il ricevimento e il trattamento delle informazioni affidati ad autorità con caratteri di indipendenza ed autonomia.

La direttiva non stabilisce un ordine tra i due sistemi di segnalazione, ma l’articolo 7 prevede che “gli Stati membri incoraggiano le segnalazioni mediante canali interni prima di effettuare segnalazioni mediante canali esterni, laddove la violazione possa essere affrontata efficacemente a livello interno e la persona segnalante ritenga che non sussista il rischio di ritorsioni”.

Al fine di garantire la tempestività e quindi l’effettività della tutela, si stabilisce l’obbligo per l’ente di dare un avviso di ricevimento all’interessato entro sette giorni e di dare una risposta alla segnalazione entro il termine di tre mesi (o sei in casi particolari).

L’articolo 15 della direttiva prevede che possa beneficiare delle tutele anche chi effettua la segnalazione attraverso la “divulgazione pubblica”, che è, però, subordinata a precise condizioni: che si sia previamente utilizzato il canale interno o esterno, ma non vi sia stata una risposta appropriata; o che non siano stati utilizzati i canali interni o esterni per rischio di ritorsione o per inefficacia di quei sistemi (si fa riferimento, esemplificativamente, al rischio di distruzione delle prove o di collusione tra l’autorità preposta a ricevere la segnalazione e l’autore della violazione); o che sussista un “pericolo imminente e palese per il pubblico interesse”.

Quanto al contenuto delle tutele, l’articolo 16 prevede l’obbligo di riservatezza in ordine all’identità del segnalante, salvaguardando però anche i diritti di difesa della persona coinvolta, e l’applicazione della legislazione nazionale laddove si apra un procedimento penale a seguito della segnalazione. Nel ribadire la presunzione di innocenza e il diritto di adeguata difesa, la direttiva prescrive che l’identità del segnalato sia tutelata “fintanto che sono in corso indagini” scaturite dalla segnalazione.

L’articolo 17 prevede che il trattamento di dati personali che discende dalla segnalazione deve essere effettuato nel rispetto della normativa comunitaria in materia e l’articolo 18 contempla la disciplina per la conservazione della documentazione inerente alle segnalazioni, improntata al rispetto dei requisiti di riservatezza di cui all’articolo 16.

Altra tutela è rappresentata dal divieto di qualsiasi atto ritorsivo adottato in conseguenza della segnalazione, come previsto dall’articolo 19.

 

Il legislatore comunitario definisce la nozione di “ritorsione” nell’articolo 5 paragr. 1 n. 11, e ne fornisce una lunga esemplificazione, evidentemente non tassativa nell’articolo 19.

L’articolo 21 paragr. 5 della direttiva prevede, al fine di garantire l’effettività della tutela, l’inversione dell’onere della prova, attribuendo a chi ha adottato la misura l’onere di dimostrarne il carattere non ritorsivo.

Sono poi previste all’articolo 20, alcune misure di sostegno a favore del segnalante, tra cui consulenze gratuite sui propri diritti e sulle procedure necessarie per attivare le tutele, patrocinio a spese dello Stato in relazione a procedimenti, penali e non, derivanti dalla segnalazione e, sempre in relazione a tali procedimenti, la facoltà di prevedere “misure di assistenza finanziaria e di sostegno, anche psicologico”.

Al fine di rafforzare la tutela della riservatezza e il divieto di ritorsioni la direttiva stabilisce l’obbligo per gli Stati membri di prevedere sanzioni proporzionate, dissuasive ed effettive.

Infine, l’articolo 21 paragr. 2 e 7 prevede che le segnalazioni effettuate ai sensi della direttiva escludono la responsabilità del whistleblower “per la violazione di eventuali restrizioni alla divulgazione di informazioni”. Allo stesso modo si prevede l’esclusione della responsabilità “per diffamazione, violazione del diritto d’autore, degli obblighi di segretezza, violazione delle norme in materia di protezione dei dati, divulgazione di segreti commerciali (…)”, con l’unica condizione che vi siano fondati motivi per ritenere “necessaria la segnalazione”.

L’esonero della responsabilità non riguarda solo gli illeciti connessi alla segnalazione (come, ad esempio, la diffamazione o la divulgazione di notizie coperte da segreto), ma anche le condotte poste in essere al fine di acquisire le informazioni oggetto della segnalazione. In tal caso, però, l’esonero non riguarda la responsabilità penale (che, secondo quanto previsto nell’articolo 21 co. 3, “deve continuare ad essere disciplinata dal diritto nazionale”).

L’articolo 22 prevede misure per la protezione delle persone coinvolte, assicura diritti e tutele, tra cui la protezione dell’identità (sul punto si segnala un errore di traduzione contenuto nella direttiva, laddove al paragrafo 3 rende applicabile alla tutela dell’identità delle persone coinvolte la disciplina prevista per la protezione dell’identità delle persone “segnalate”, da intendersi in realtà come persone “segnalanti”).

L’articolo 23 impone di prevedere sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive applicabili alle persone fisiche e giuridiche che ostacolano le segnalazioni, pongono in essere atti ritorsivi o violano l’obbligo di riservatezza sull’identità delle persone segnalanti, nonché alle persone segnalanti che effettuano segnalazioni o divulgazioni pubbliche false, prevedendo, altresì, misure per il risarcimento dei danni derivanti da tali segnalazioni o divulgazioni.

L’articolo 24 prevede il divieto di rinuncia ai diritti e ai mezzi di ricorso.

 

L’articolo 25 prevede la disciplina relativa al trattamento più favorevole e alla clausola di non regressione.

L’articolo 26 indica il termine per il recepimento e la disciplina per il periodo transitorio. Gli articoli 27, 28 e 29 disciplinano rispettivamente “relazioni, valutazione e revisione”,

l’”entrata in vigore” e i “destinatari” della direttiva.

 

Tanto premesso, la normativa italiana risulta, in parte, già allineata alle previsioni della direttiva, essendo la materia del cd. whistleblowing, già regolata, per il settore pubblico e per il settore privato, rispettivamente, dai decreti legislativi 20 marzo 2001, n. 165 (articolo 54-bis) e 8 giugno 2001, n. 231 (articolo 6, commi 2-bis e ss), nonché dalla legge 30 novembre 2017, n. 179 (che ha sostituito l’articolo 54-bis cit., ha introdotto i commi 2-bis, 2-ter e 2-quater nell’articolo 6 cit. e ha previsto, all’articolo 3, l’integrazione della disciplina dell’obbligo di segreto di ufficio, aziendale, professionale, scientifico ed industriale). Nel settore pubblico, la tutela viene riconosciuta al dipendente della pubblica amministrazione che segnali internamente (al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza) o esternamente (ad ANAC o, mediante denuncia, all’autorità giudiziaria, ordinaria o contabile) condotte illecite nell’interesse dell’integrità della pubblica amministrazione. Le tutele si sostanziano nella garanzia, pur se entro certi limiti, della riservatezza sull’identità del segnalante e nel divieto di atti ritorsivi (che sono da considerare nulli e che possono comportare l’applicazione di una sanzione pecuniaria da parte di ANAC). Si prevede, inoltre, che la segnalazione, qualora effettuata nel rispetto delle condizioni previste dalla legge, costituisca giusta causa di rivelazione del segreto con conseguente esonero della responsabilità civile per violazione del dovere di fedeltà e lealtà di cui all’articolo 2015 c.c. e di responsabilità penale per alcuni specifici reati (artt. 326, 622 e 623 del codice penale). La tutela del segnalante viene meno laddove sia accertata (anche solo con sentenza di primo grado) la sua responsabilità penale per calunnia, diffamazione o per altri reati commessi con la denuncia o la sua responsabilità civile per gli stessi titoli in caso di dolo o colpa grave.

Nel settore privato, la tutela del whistleblower è assai limitata, riguardando esclusivamente i lavoratori e collaboratori degli enti che abbiano adottato il modello organizzativo ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, con riferimento ai soli illeciti rilevanti ai sensi di tale normativa. Anche in questo caso la tutela implica la garanzia della riservatezza del segnalante, il divieto di atti ritorsivi (con possibile applicazione di sanzioni disciplinari) e la previsione di una giusta causa di rivelazione di segreti che può esonerare il lavoratore da responsabilità civile e penale. La tutela del lavoratore cessa in caso di segnalazioni infondate effettuate con dolo o colpa grave.

 

La disposizione di cui all’articolo 2, paragrafo 2 della direttiva 2019/1937 UE permette agli Stati membri di estendere la protezione prevista dal diritto nazionale relativamente a settori o atti non contemplati nel paragrafo 1 (che elenca le violazioni del diritto dell’Unione). Tenendo conto di tale facoltà e della normativa vigente appena illustrata (articolo 54 bis del D.Lgs. 165/2001 per il settore pubblico e articolo 6, comma 2 bis del d. lgs. 231/01 per il settore privato), si è ritenuto di raccogliere in un unico testo normativo la disciplina relativa alla tutela della persona segnalante, in un’ottica di armonizzazione e coordinamento delle previsioni legislative vigenti e di quelle da adottare per conformarsi alla direttiva, in adesione ai principi della legge di delegazione 4 agosto 2022 n. 127, ed in particolare di quello previsto alla lett. d) dell’art.13, che invita il Governo ad “operare gli opportuni adattamenti delle disposizioni vigenti al fine di conformare la normativa nazionale a quella europea, anche in relazione a violazioni di diritto interno riconducibili a reati o comportamenti impropri che compromettono la cura imparziale dell’interesse pubblico o la regolare organizzazione e gestione dell’ente”.

L’osservazione di carattere generale delle Commissioni riunite II e XI della Camera è stata bilanciata con il principio di non arretramento delle tutele contenuto nei criteri di delega di cui all’art. 13, lett. b) e c), in cui si impegna il Governo ad assicurare un alto grado di protezione e tutela degli autori delle segnalazioni e ad “esercitare l’opzione di cui all’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2019/1937, che consente l’introduzione o il mantenimento delle disposizioni più favorevoli ai diritti delle persone segnalanti e di quelle indicate dalla direttiva, al fine di assicurare comunque il massimo livello di protezione e tutela dei medesimi soggetti”.

Pertanto, anche in adesione alla terza osservazione della 2 ª Commissione del Senato, in cui si chiede di valutare l’esclusione, dall’ambito di applicazione soggettivo del presente schema di disegno di legge, dei soggetti del settore privato che non hanno raggiunto la media di cinquanta lavoratori subordinati, si è proceduto a modificare la definizione di cui all’art. 2 co. 1 lett. q) n. 3 nonché l’art. 3, comma 2, lett.b) concernente l’ambito di applicazione soggettivo.

In particolare, per quanto concerne i soggetti del settore privato, si è ritenuto in recepimento delle suddette osservazioni, relativamente agli enti di cui al d.lgs 231/01, che adottano i modelli ivi previsti e che non hanno raggiunto la media di almeno cinquanta lavoratori subordinati, di cui all’art. 2 co. 1 lett. q) n. 3, di circoscrivere l’applicazione della disciplina del presente decreto, consentendo solo la segnalazione interna delle condotte illecite rilevanti ai sensi del d.lgs 231/01 o delle violazioni dei modelli di organizzazione e gestione ivi previsti, escludendo sia la possibilità di ricorrere al canale esterno ed alla divulgazione pubblica, sia quella di effettuare segnalazioni di violazioni derivanti dal diritto dell’Unione (fatta salva la previsione all’art. 8 para. 4 della direttiva, attuata all’art. 2 co. 1 lett. q) n. 2). Tale scelta si pone in linea di continuità normativa con la disciplina recata dall’art. 6 del d.lgs. 231/01.

Per quanto concerne le segnalazioni relative al diritto dell’Unione, in ossequio all’art. 8 para. 4 della direttiva 2019/1937 UE che richiama le parti I B e II dell’allegato, anche gli enti che non hanno raggiunto la media di almeno cinquanta lavoratori subordinati sono soggetti al regime ordinario sia quanto a modalità di segnalazione, dovendo prevedere il canale di segnalazione interno ed esterno, sia quanto a garanzie di riservatezza e tutela dalle ritorsioni per le persone segnalanti e denuncianti. Ne discende l’impossibilità, nella trasposizione di tale norma, di derogare al regime ordinario dettato dalla direttiva in recepimento, qualora si rientri nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione di cui all’allegato parti I.B e II.

In ossequio al già richiamato principio di delega di cui all’art. 13, lett. d), si è scelto di dettare all’interno del presente schema di decreto legislativo l’intera disciplina dei canali di segnalazione e delle tutele per i soggetti segnalanti per gli enti del settore privato, anche se impieghino una media di dipendenti inferiore a cinquanta unità. Ciò al fine di agevolare le piccole e medie imprese nel consentire l’utilizzo di un medesimo canale di segnalazione delle violazioni, sia che esse abbiano ad oggetto disposizioni normative nazionali, sia che riguardino il diritto dell’Unione. Diversamente operando, ove si fosse ristretto l’ambito di applicazione della direttiva “alle sole violazioni del diritto dell’Unione, rimettendo al diritto nazionale vigente la protezione relativa a settori e atti non contemplati dalla direttiva”, come suggerito nell’osservazione di carattere generale delle Commissioni riunite II e XI della Camera, gli enti con meno di cinquanta dipendenti sarebbero stati tenuti ad istituire separati canali di segnalazione, uno per le violazioni del diritto dell’Unione ed uno per le segnalazioni di violazioni del diritto nazionale, ciascuno soggetto a diversa disciplina, e ad applicare regimi diversi di tutela delle persone segnalanti a seconda dell’oggetto della segnalazione. Si è preferito evitare di esporre le aziende al rischio di errata individuazione della normativa da applicare nelle diverse ipotesi, con possibile irrogazione di sanzioni pecuniarie da parte dell’ANAC. Per gli altri enti privati (diversi da quelli di cui al D.Lgs. 231/2001), l’applicazione del presente decreto è prevista, sia per le segnalazioni interne che per quelle esterne, limitatamente alle violazioni delle disposizioni europee.

Quale Autorità competente per le segnalazioni esterne è stata indicata l’Autorità Nazionale Anticorruzione, già prevista dall’art. 54 bis del D.Lgs. 165/2001. Nel presente decreto, detta Autorità è indicata quale autorità competente anche per il settore privato.

Si può passare ora all’esame dei contenuti del decreto legislativo.

Il presente decreto è suddiviso in quattro capi: il primo contiene “Ambito di applicazione e definizioni”, il secondo “Segnalazioni interne, segnalazioni esterne, obbligo di riservatezza e divulgazioni pubbliche”, il terzo “Misure di protezione” e il quarto le “Disposizioni finali”.

L’articolo 1 individua l’ambito di applicazione oggettiva, ossia le violazioni oggetto di possibile segnalazione. Esso ha una portata più ampia rispetto all’ambito di applicazione della direttiva, in quanto non è limitato alle violazioni di cui all’articolo 2, comma 1, lett. a), b) e c), della direttiva e delle relative norme nazionali di attuazione (tenuto conto altresì della modifica all’allegato, parte I.B, apportata dall’art. 47 del regolamento 2020/1937, che ha aggiunto il punto xxi) relativo al regolamento (UE) 2020/1503 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 ottobre 2020, relativo ai fornitori europei di servizi di crowdfunding per le imprese e che modifica il regolamento (UE) 2017/1129 e la direttiva (UE) 2019/1937), ma anche alle violazioni del diritto nazionale, come sopra precisato.

Le segnalazioni delle violazioni, per rientrare nell’ambito di applicazione del presente decreto, devono avere ad oggetto disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato. In relazione a tale ultima previsione, si precisa che non si è ritenuto di accogliere l’osservazione della 2ª, della 4 ª e della 10 ª Commissione del Senato, laddove si propone di espungere il riferimento all’interesse pubblico o all’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato sull’assunto che la direttiva 2019/1937 non contemplerebbe tale elemento, poiché invero in numerosi considerando della direttiva vi è esplicito riferimento all’interesse pubblico (si veda ad es. il considerando 1 che testualmente così prevede: “Chi lavora per un’organizzazione pubblica o privata o è in contatto con essa nello svolgimento della propria attività professionale è spesso la prima persona a venire a conoscenza di minacce o pregiudizi al pubblico interesse sorti in tale ambito”, nonché i considerando 3, 5, 31 e numerosi altri).Sono comunque escluse dall’applicazione della nuova disciplina:

  1. contestazioni, rivendicazioni o richieste di carattere personale che attengono esclusivamente ai rapporti individuali di lavoro ovvero ai rapporti con le figure gerarchicamente sovraordinate o con i colleghi;
  2. le segnalazioni delle violazioni già disciplinate in via obbligatoria dagli atti di cui all’allegato, Parte II, vale a dire i regolamenti, che trovano diretta applicazione nell’ordinamento interno, e le direttive UE elencate nella parte II dell’allegato che sono state recepite nella legislazione interna e prevedono discipline specifiche in tema di segnalazioni di illeciti;
  3. la materia della sicurezza e difesa nazionale che resta di esclusiva competenza del legislatore nazionale, così come la protezione delle informazioni classificate, del segreto professionale forense e medico e delle deliberazioni degli organi giudiziari.

Resta, inoltre, ferma l’applicazione delle disposizioni di procedura penale. Pertanto, nel caso di segnalazioni (trasmesse all’autorità giudiziaria ove contenenti notizie di reato) o denunce contenente notizie di reato, le disposizioni applicabili restano quelle del codice di procedura penale; in particolare, si fa riferimento alla fase delle indagini relativamente all’obbligo di segreto; nell’articolo 12 (“Obbligo di riservatezza”) viene richiamato (ribadendo l’assunto dell’articolo 1) l’articolo 329 del c.p.p.. Al denunciante sono applicate le disposizioni riguardanti le misure di protezione. In accoglimento delle osservazioni di cui alla lett. b) e lett. c) formulate dalle Commissioni riunite II e XI della Camera, si è precisato che restano ferme altresì le disposizioni di difesa nazionale e di ordine e sicurezza pubblica di cui al Regio decreto, 18 giugno 1931, n. 773, recante il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Si è altresì esplicitato che restano ferme le disposizioni vigenti in materia di autonomia ed indipendenza della magistratura nonché le disposizioni sulle funzioni ed attribuzioni del Consiglio superiore della magistratura per tutto quanto attiene la posizione giuridica degli appartenenti all’ordine giudiziario. Quanto alla seconda osservazione della 2ª Commissione del Senato relativa all’amministrazione militare, si osserva che la DIR.UE 2019/1937 non consente di escludere dalla sua applicazione il predetto settore, né motivi di tale esclusione si rinvengono nella legge di delegazione o nella Costituzione italiana. Infatti, la direttiva consente di escludere dall’ambito di applicazione oggettivo unicamente quanto afferisce specificamente alla sicurezza nazionale (art. 3, par. 2) e, in adesione a tale previsione, l’art. 1, comma 2 lett. c) dello schema di decreto legislativo eccettua le segnalazioni di violazioni in materia di sicurezza nazionale, nonché quelle di appalti relativi ad aspetti di difesa o di sicurezza nazionale, a meno che tali aspetti rientrino nel diritto derivato pertinente dell’Unione europea. Si rappresenta, ulteriormente, che l’articolo 54 bis (“Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti”) del decreto legislativo 30 marzo 2001 – come sostituito dalla legge 30.11.2017 n. 179 – prevede già l’applicazione della normativa “whistleblowing” ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2 e 3, del d.lgs. n. 165 del 2001, riferiti, rispettivamente, al rapporto di lavoro di diritto privato o al rapporto di lavoro assoggettato a regime pubblicistico. In conclusione, l’accoglimento dell’osservazione comporterebbe l’inesatto recepimento della direttiva ed una violazione del principio di non arretramento delle tutele.

Resta infine ferma anche l’applicazione delle disposizioni in materia di esercizio del diritto dei lavoratori di consultare i propri rappresentanti o i sindacati, di protezione contro le condotte o gli atti illeciti posti in essere in ragione di tali consultazioni, di autonomia delle parti sociali e del loro diritto di stipulare accordi collettivi, nonché di repressione delle condotte antisindacali di cui all’articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (articolo 3 della direttiva).

L’articolo 2 contiene le definizioni rilevanti ai fini del decreto medesimo, riproducendo quelle della direttiva (articolo 5 della direttiva), fatta eccezione per la definizione di “autorità competente”, menzionata nel decreto all’articolo 7 e prevedendone di nuove (lett. p), q)). In accoglimento dell’osservazione di cui alla lett. e) formulata dalle Commissioni riunite II e XI della Camera, si è eliminata la definizione di “soggetti diversi”, contenuta all’art. 2, comma 1, lett. r), in quanto poco chiara e non utile nel testo, con conseguente allineamento dell’art. 3, in cui si è sostituita la dicitura “soggetti diversi” con quella di “soggetti del settore privato”. Si è altresì riformulata la definizione di cui alla lett. q), n. 3 precisando, nell’ottica di adesione alla terza osservazione della 2 ª e della 4 ª Commissione del Senato, i profili soggettivi della norma.

L’articolo 3 individua i lavoratori, ai quali è riconosciuta la facoltà di segnalazione (tra i quali quelli indicati nell’articolo 4, paragr. 1, 2, e 3, della direttiva), nonché i soggetti che godono delle misure di protezione (articolo 4 paragr. 4 della direttiva).

Aderendo alla terza osservazione della 2 ª Commissione del Senato ed a quella di cui alla lett. d) delle Commissioni riunite II e XI della Camera, con riferimento agli enti che rientrano nell’applicazione del d.lgs 231/01 e adottano i modelli di organizzazione e gestione ivi previsti, si è ristretto l’ambito di applicazione dell’art. 3 all’ipotesi di segnalazioni interne delle condotte illecite rilevanti ai sensi del d.lgs 231/01 o delle violazioni dei modelli di organizzazione e gestione ivi Si è tenuto fermo il regime ordinario di segnalazioni interne ed esterne di violazioni del diritto dell’Unione, previsto dalla direttiva in recepimento per gli enti del settore privato che hanno raggiunto la media di almeno cinquanta lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato. Quanto alla richiesta limitazione per i comuni con meno di 10.000 abitanti, essa andrebbe contro il principio di non regressione richiamato nella stessa osservazione delle Commissioni riunite.

In accoglimento della quarta osservazione della 2ª e della 10 ª Commissione del Senato, all’art. 3, comma 4, lett. c) l’espressione “rapporto di lavoro” è stata sostituita da quella “rapporto giuridico”. L’articolo 4 disciplina le modalità di presentazione delle segnalazioni interne, volte a garantire la riservatezza dell’identità del segnalante, e indica i soggetti che necessariamente devono istituire i canali di segnalazione interna, ossia, secondo le definizioni di cui all’articolo 2, comma 2, lett. p) e q), i «soggetti del settore pubblico» - le Amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le Autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza o regolazione, gli enti pubblici economici, gli organismi di diritto pubblico di cui all’articolo 3, lettera d), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, i concessionari di pubblico servizio, le società a controllo pubblico e le società in house, così come definite, rispettivamente, dall’art. 2, comma 1, lettere m) e o), del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, anche se quotate - e i «soggetti del settore privato» - soggetti diversi da quelli rientranti nella definizione di soggetti del settore pubblico, i quali: 1) hanno impiegato, nell’ultimo anno, la media di almeno cinquanta lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato; 2) rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione di cui alle parti I.B e II dell’allegato, anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di lavoratori subordinati di cui al numero 1); 3) sono diversi dai soggetti di cui al numero 2), rientrano nell’ambito di applicazione del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 e adottano modelli di organizzazione e gestione ivi previsti, anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di lavoratori subordinati di cui al numero 1)-. Questi ultimi soggetti (n. 3) saranno tenuti ad istituire i canali di segnalazione interni, anche se impiegano meno di cinquanta dipendenti, solo se adottano i modelli di organizzazione e gestione già previsti dall’articolo 6 del decreto legislativo n. 231/2001. Ciò al fine di non pregiudicare le tutele in materia di whistleblowing previste da tale normativa, allo stato assicurate anche agli enti con meno di cinquanta dipendenti. Il comma 2 bis del d.lgs. 231/2001 (che viene modificato dall’articolo 24 per coordinare la disciplina del presente decreto con quella con quella del D.Lgs. 231/2001) dispone, infatti, che nei modelli di organizzazione e gestione (che gli enti non sono obbligati ad adottare) dovessero debbano essere previsti canali di segnalazione interna.

I soggetti del settore privato che hanno impiegato nell’ultimo anno una media di non più di duecento quarantanove dipendenti a tempo indeterminato o a termine possono condividere le risorse per il ricevimento delle segnalazioni interne e per l’eventuale istruttoria da svolgere, fermi restando l’obbligo di riservatezza e gli altri obblighi previsti, in capo alle persone o ai servizi interni, dal presente articolo (rispetto alla previsione di cui al paragrafo 6 dell’art. 8 della direttiva, che fa riferimento ai “soggetti giuridici del settore privato che hanno da 50 a 249 lavoratori”, non è stato introdotto tale limite minimo, in quanto il decreto si applica, tra gli altri, ai soggetti di cui all’art. 1 comma 2 lett. q), anche qualora abbiano meno di cinquanta dipendenti). I Comuni diversi dai Capoluoghi di Provincia possono prevedere canali e procedure di segnalazione interna condivisi, anche nell’ambito delle Unioni di Comuni e delle altre forme associative.

L’articolo individua i destinatari delle segnalazioni interne sulla base di quanto previsto, per il settore pubblico, dall’articolo 54-bis, comma 1, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e, per il settore privato, dall’articolo 6, commi 1, lett. b), 4 o 4-bis del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231; gli altri soggetti del settore pubblico e privato, diversi da quelli sopra indicati, devono individuare la persona o il servizio, anche esterni alla struttura, alla quale le segnalazioni devono essere rivolte.

 

In accoglimento dell’osservazione di cui alla lett. f) delle Commissioni riunite II e XI della Camera dei deputati, si è corretto il refuso di cui all’art. 4, comma 1, e al comma 6 si è aggiunto il richiamo al comma 5 per esigenze di omogeneità della disciplina con riferimento ai già richiamati commi 2 e 4.

L’articolo 5 disciplina l’iter procedurale successivo alla segnalazione. In particolare, in attuazione della direttiva, sono stati introdotti i termini volti a dare riscontro al segnalante del ricevimento della segnalazione, nonché dell’attività di verifica e analisi della stessa (articoli 7, 8 e 9 della direttiva).

I soggetti del settore pubblico e del settore privato sopra indicati sono tenuti a fornire informazioni chiare e facilmente accessibili anche dall’esterno su tali canali e procedure, nonché sui canali e procedure per le segnalazioni esterne (articolo 7 paragr. 2 e 3 della direttiva e articolo 10 della direttiva).

Colui che ha effettuato la segnalazione anonima ed è stato successivamente identificato possa beneficiare della protezione, come previsto nella disposizione dell’articolo 6, paragr. 3 della direttiva, attuata nel presente decreto all’articolo 16, comma 4.

L’articolo 6 prevede le condizioni per effettuare le segnalazioni esterne, sia per il settore pubblico che per il settore privato. E’ possibile procedere a dette segnalazioni solo laddove ricorrano determinate condizioni, specificamente indicate (articoli 10, 11, 12 e 13 della direttiva), con ciò intendendosi rispettare la direttiva che mira ad incoraggiare le segnalazioni interne. In accoglimento dell’osservazione di cui alla lett. g) delle Commissioni riunite II e XI della Camera dei deputati, all’art. 6, comma 1, lett. b), è stato eliminato l’inciso “o si è conclusa con un provvedimento finale negativo”, espressione ridondante rispetto all’ampia definizione di seguito contenuta nell’art. 2.

L’articolo 7, alla luce di quanto già previsto, per il settore pubblico, dall’articolo 54 bis cit., indica quale autorità competente per le segnalazioni esterne, anche per il settore privato, l’ANAC e prevede le modalità di presentazione delle segnalazioni, attraverso canali idonei a garantire la riservatezza, canali che vanno necessariamente istituiti (articolo 12, paragr. 1, lett. a) della direttiva). Non si può dare seguito all’osservazione della 2ª e della 4 ª Commissione del Senato con riferimento alla proposta di rendere assolutamente residuali le segnalazioni in forma orale, poiché la direttiva 2019/1937 UE non contempla restrizioni di tale natura né una gerarchia tra le forme di

segnalazione (si vedano il Considerando 53, l’art. 5, l’art. 9 par. 2).

Si è provveduto ad emendare il lapsus calami segnalato dalla 2ª Commissione del Senato e dalle Commissioni riunite II e XI della Camera, nel corpo dell’art. 7, comma 3.

 

È prevista, inoltre, la trasmissione all’ANAC della segnalazione presentata ad un’autorità incompetente, trasmissione di cui va dato contestuale avviso alla persona segnalante (articolo 11, paragr. 6).

L’articolo 8 indica i compiti del personale, specificatamente formato, addetto a ricevere la segnalazione (articolo 12, paragr. 4 della direttiva) e introduce i termini volti a dare riscontro al segnalante del ricevimento della segnalazione, nonché dell’attività di verifica e analisi della stessa. È inoltre previsto che sia data comunicazione al segnalante dell’esito dell’istruttoria e che le informazioni relative alle segnalazioni siano trasmesse alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione competenti. (articolo 11, paragr. 2 della direttiva).

E’ stata prevista la trasmissione, da parte di ANAC, alle Autorità, amministrative o giurisdizionali, ivi compresi gli organi ed organismi dell’Unione europea, delle informazioni sulle violazioni rientranti nelle ordinarie competenze di queste, affinché siano svolti gli accertamenti e siano intraprese le azioni necessarie. L’ANAC dà prontamente avviso dell’avvenuta trasmissione delle informazioni alla persona segnalante.

E’ prevista inoltre la trasmissione da parte di ANAC alla Commissione europea di informazioni (art. 27, paragr. 2, della direttiva), nonché che l’ANAC, in caso di significativo afflusso di segnalazioni esterne, possa trattare in via prioritaria le segnalazioni esterne che hanno ad oggetto informazioni sulle violazioni riguardanti una grave lesione dell’interesse pubblico ovvero la lesione di principi di rango costituzionale o di diritto dell’Unione europea.

L’articolo 9 prevede una serie informazioni relative alle procedure di segnalazione sia interna che esterna, nonché alle misure di protezione che ANAC deve pubblicare sul proprio sito web (articolo 7, paragr. 2 e 3, articolo 10 e articolo 13 della direttiva). E’ stata recepita la quinta osservazione della 2ª Commissione del Senato così modificando la rubrica dell’art. 9 (Informazioni pubblicate sul sito istituzionale dell’ANAC).

L’articolo 10 prevede l’adozione di apposite linee guida da parte dell’ANAC – sentito il Garante per la protezione dei dati personali - per le procedure di presentazione e gestione delle segnalazioni, sì da garantire la riservatezza dell’identità del segnalante, del contenuto delle segnalazioni e della relativa documentazione. Le linee guida devono essere riesaminate periodicamente, almeno una volta ogni tre anni (articolo 14 della direttiva).

L’articolo 11 prevede, per permettere all’ANAC di poter ottemperare alle ulteriori competenze che le vengono assegnate con il presente decreto l’aumento del personale. Per gli oneri economici di ANAC derivanti da tale disposizione (come precisati nella relazione tecnica) si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all’articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234. Si ritiene non necessaria la riformulazione dell’art. 11, comma 2, lett. a), proposta dalla 5ª Commissione del Senato.

L’articolo 12 prevede come principio generale che le informazioni sulle violazioni non possano essere utilizzate o divulgate, se non per dare seguito alle stesse, ove necessario (principio previsto dall’art. 16 par. 4 della direttiva solo con riferimento al segreto commerciale) e disciplina il contenuto dell’obbligo di riservatezza in ordine all’identità del segnalante, che non può essere rivelata o divulgata, senza il suo consenso espresso, a persone diverse rispetto a quelle competenti a ricevere o a dare seguito alla segnalazione. Nella disposizione vengono richiamate le previsioni di cui all’articolo 54 bis, comma 3, cit., che già disciplinano l’obbligo di riservatezza nei procedimenti penali, contabili e disciplinari; con riferimento a questi ultimi è stato precisato che il consenso debba essere espresso, come richiesto dalla direttiva.

È, altresì, prevista, nel caso di rivelazione dell’identità del segnalante (nei procedimenti instaurati in seguito a segnalazioni interne o esterne o nel procedimento disciplinare), la previa comunicazione scritta delle ragioni della rivelazione dei dati riservati (art. 16 della direttiva).

E’ garantita anche la tutela dell’identità delle persone coinvolte e delle persone menzionate nella segnalazione, tra cui il segnalato, nel rispetto delle medesime garanzie previste in favore della persona segnalante.

Le persone coinvolte godono del diritto a un ricorso effettivo, a un giudice imparziale, della presunzione di innocenza, nonché del diritto di difesa sulla base delle disposizioni della normativa nazionale previste in materia (articolo 22 della direttiva). Si è dato seguito alla tredicesima osservazione della 2ª e della 4 ª Commissione del Senato specificando le prerogative di difesa della persona coinvolta, aggiungendo all’art. 12 il comma 9, secondo il quale “Ferma la previsione dei commi da 1 a 8, nelle procedure di segnalazione interna ed esterna di cui al capo II, la persona coinvolta può essere sentita, ovvero su sua richiesta è sentita, anche mediante procedimento cartolare attraverso l’acquisizione di osservazioni scritte e documenti”.

Si prevede, infine, che la segnalazione è sottratta all’accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, nonché dagli articoli 5 e seguenti del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, e successive modificazioni.

L’articolo 13 disciplina il trattamento dei dati personali (articolo 17 della direttiva) e l’articolo 14 disciplina le modalità di conservazione delle segnalazioni, interne ed esterne, e della relativa documentazione, differenziando a seconda che la segnalazione sia stata presentata mediante linea telefonica registrata o sistema di messaggistica vocale registrato oppure mediante linea telefonica non registrata o altro sistema di messaggistica vocale non registrato o, infine, oralmente nel corso di un incontro con il personale addetto. Deve essere garantita la riservatezza del segnalante (articolo 18 della direttiva).

L’articolo 15 disciplina la divulgazione pubblica quale ulteriore modalità di segnalazione, prevedendo che debba essere effettuata a determinate condizioni, perché il segnalante possa beneficiare della protezione prevista dal decreto: che sia stata effettuata una precedente segnalazione interna ed esterna o direttamente esterna, alle condizioni e con le modalità previste dagli articoli 4 e 7, e non è stato dato adeguato seguito nei termini ivi previsti; oppure che la segnalazione non sia stata effettuata poiché il segnalante ha fondati motivi di ritenere che la violazione possa rappresentare un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse (ad esempio: situazione di emergenza o rischio di danno irreversibile); o ancora che la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la segnalazione esterna possa comportare il rischio di ritorsioni o possa essere inefficace considerate le circostanze del caso concreto (ad esempio, il rischio che vengano occultate o distrutte prove; che un'autorità sia collusa con l'autore della violazione o coinvolta nella violazione). In linea con la quarta osservazione della 4ª Commissione del Senato si è introdotta all’art. 15, comma 1, lett. c) l’esemplificazione contenuta nell’art. 15, par. 1 lett. b), punto ii), della direttiva 2019/1937 UE inserendo nel testo il seguente inciso “come quelle in cui possano essere occultate o distrutte prove oppure in cui vi sia fondato timore che chi ha ricevuto la segnalazione possa essere colluso con l'autore della violazione o coinvolto nella violazione stessa”. Restano ferme le norme sul segreto professionale degli esercenti la professione giornalistica, con riferimento alla fonte della notizia (articolo 15 della direttiva).

L’articolo 16 detta le condizioni per la protezione del segnalante, valorizzando a tal fine la sua buona fede al momento della segnalazione e precisando, altresì, che i motivi che lo hanno indotto a segnalare sono irrilevanti ai fini della sua protezione. La tutela è assicurata, in caso di segnalazione, denuncia o divulgazione anonima anche al segnalante che sia stato successivamente identificato e che abbia subito ritorsioni; nonché nei casi di segnalazione presentata alle istituzioni, agli organi e agli organismi competenti dell’Unione. (articolo 6 della direttiva). Per dare seguito al rilievo della 2ª e della 10 ª Commissione del Senato si è estesa l’applicabilità delle garanzie di cui all’art. 16 anche al caso di denuncia anonima all’autorità giudiziaria o contabile se la persona segnalante è stata successivamente identificata e ha subito ritorsioni, mediante l’interpolazione del comma 4.

L’articolo 17 prevede il divieto di ritorsione ed è fornita una esemplificazione delle stesse fattispecie ritorsive (di cui all’articolo 2, comma 1, lett. a)), sia pur non esaustiva, sulla base di quanto previsto dall’articolo 19 della direttiva (articolo 19 della direttiva).

È prevista l’inversione dell’onere della prova in merito alla natura ritorsiva delle misure adottate ed al danno subito, spettando al soggetto che ha posto in essere le condotte o gli atti vietati di cui alla stessa disposizione dimostrare che gli stessi sono estranei alla segnalazione o alla divulgazione pubblica o alla denuncia e che il danno subito è derivato dalla segnalazione, dalla divulgazione pubblica o dalla denuncia, tranne con riguardo ai soggetti di cui all’articolo 3 comma 5 (articolo 21, paragr. 5 della direttiva), sui quali incombe dunque l’onere probatorio qualora lamentino di aver subito ritorsioni o di avere subito un danno a seguito delle stesse. Per dare seguito al rilievo della 2ª e della 10 ª Commissione del Senato si è provveduto ad allineare la menzione della denuncia anche nell’ultima parte del comma 3.

L’articolo 18 prevede misure di sostegno in favore della persona segnalante; tali misure sono assicurate dagli enti del Terzo settore ivi indicati, che sono inseriti in elenchi tenuti dall’ANAC e che forniscono, sulla base di convenzioni stipulate con la stessa autorità, alle persone segnalanti, misure di sostegno. Tali misure consistono in informazioni, assistenza e consulenze a titolo gratuito sulle modalità di segnalazione e sulla protezione dalle ritorsioni offerta dall'ordinamento interno e da quello dell'Unione europea, sui diritti della persona coinvolta, nonché sulle modalità e condizioni di accesso al patrocinio a spese dello Stato previsto dal diritto interno e dal diritto dell'Unione europea. (articolo 20 della direttiva). Non si è ritenuto di dare corso al rilievo della 2ª e della 10 ª Commissione del Senato laddove si richiede di estendere le misure di sostegno anche ai denuncianti, potendone derivare nocumento al segreto istruttorio ed una sicura disparità di trattamento con quanto accade nella generalità dei casi. Peraltro, si sottolinea che, ricorrendone le condizioni di legge, al denunciante è garantito accesso al patrocinio a spese dello Stato.

Non si è prevista una specifica disciplina per il patrocinio a spese dello Stato, trovando applicazione il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. Al riguardo si precisa, quanto alle direttive 2016/1919 e 2008/52/CE, richiamate dall’art. 20, parag. 1 lett. c della direttiva, che la prima, relativa all’ammissione al patrocinio a spese dello Stato per indagati e imputati nell’ambito di procedimenti penali e per le persone ricercate nell’ambito di procedimenti di esecuzione del mandato di arresto europeo, è stata recepita con D.Lgs. 7 marzo 2019, n. 24, che ha integrato il citato d.P.R. 115/2002; mentre, in relazione alla seconda, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale, il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, in attuazione della delega prevista dall’articolo 60 (Delega al Governo in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali) della legge 69/2009, ha previsto all’articolo 17 comma 5 bis che “Quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda ai sensi dell'articolo 5, comma 1-bis, ovvero è disposta dal giudice ai sensi dell'articolo 5, comma 2, del presente decreto, all'organismo non è dovuta alcuna indennità dalla parte che si trova nelle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell'articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni. [...]”.

È inoltre previsto che l’Autorità giudiziaria ovvero l’autorità amministrativa cui la persona segnalante si sia rivolta al fine di ottenere protezione dalle ritorsioni può richiedere all’ANAC informazioni e documenti in ordine alle segnalazioni eventualmente presentate. Nei procedimenti dinanzi all’autorità giudiziaria, si osservano le forme di cui agli articoli 210 e seguenti del codice di procedura civile nonché di cui all’articolo 63, comma 2, del codice del processo amministrativo.

L’articolo 19 disciplina le misure di protezione dalle ritorsioni, prevedendo, sia nel settore pubblico che nel settore privato, la comunicazione all’ANAC delle misure ritorsive adottate. È stata eliminata la possibilità, prevista dall’articolo 6 del decreto legislativo 231/2001, di comunicare le misure ritorsive all’Ispettorato del lavoro, essendo stata prevista la sola competenza dell’ANAC anche nel settore privato. È prevista comunque la possibilità per l’ANAC di delegare la sola attività istruttoria ai competenti Ispettorati.

È prevista la nullità degli atti ritorsivi e la reintegrazione nel posto di lavoro in caso di licenziamento. Sul punto si è dato corso all’undicesimo rilievo della 2ª Commissione del Senato, inserendo nel comma 3 il riferimento anche alla divulgazione pubblica.

L’articolo 20 prevede la limitazione di responsabilità del segnalante e degli altri soggetti indicati nell’articolo 3, introducendo una scriminante in materia penale più ampia di quella contenuta nell’articolo 3, della legge 30 novembre 2017, n. 179. E’, infatti, previsto che il soggetto che effettua la segnalazione o denuncia o divulgazione pubblica non sia punibile, non solo in caso di violazione del segreto di cui agli articoli 326, 622 e 623 del codice penale e 2015 del codice civile, , ma anche nel caso di violazione delle disposizioni relative alla tutela del diritto d’autore o alla protezione dei dati personali, nonché nell’ipotesi in cui la stessa persona riveli o diffonda informazioni sulle violazioni che offendono la reputazione della persona coinvolta. La condizione posta ai fini dell’operatività della scriminante è che al momento della rivelazione o diffusione, vi fossero fondati motivi per ritenere che la rivelazione o diffusione delle stesse informazioni fosse necessaria per svelare la violazione e quando la segnalazione o la divulgazione pubblica o la denuncia è stata effettuata ai sensi dell’articolo 16. In tal caso, viene esclusa altresì ogni ulteriore responsabilità, anche di natura civile o amministrativa.

Per l’acquisizione o l’accesso alle informazioni sulle violazioni è fatta salva l’ipotesi in cui la condotta costituisca reato; viene, invece, esclusa altra responsabilità, anche di natura civile o amministrativa (articolo 21 paragr. 3 della direttiva).

 

E’ prevista, infine, una clausola di chiusura nella quale è fatta salva la responsabilità penale e ogni altra responsabilità, anche di natura civile o amministrativa, per i comportamenti, gli atti o le omissioni non collegati alla segnalazione o alla denuncia o alla divulgazione pubblica o che non sono strettamente necessari a rivelare la violazione (articolo 21, paragr. 4 della direttiva).

E’ stato previsto che i soggetti ai quali si applica il decreto legislativo 231/2001 debbano introdurre, nel sistema disciplinare adottato ai sensi dell’articolo 6, comma 2, lettera e) del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sanzioni nei confronti di coloro che accertano essere responsabili degli illeciti indicati nello stesso articolo 20. Ciò è stato previsto in quanto già stabilito dall’art. 6, comma 2 bis, lett. d) del predetto decreto e considerato che detta disposizione viene modificata.

L’articolo 21 disciplina le sanzioni amministrative applicabili, sia nel settore pubblico che nel settore privato, dall’ANAC, all’esito della sua istruttoria, tenuto conto dell’articolo 54 bis comma 6 del decreto legislativo n. 165/2001 e delle previsioni della direttiva (articolo 23 della direttiva). Sono state inoltre previste sanzioni amministrative anche per la mancata istituzione di canali di segnalazione, ovvero qualora non siano state adottate procedure per l'inoltro e la gestione delle segnalazioni. In accoglimento dell’osservazione di cui alla lett. i) delle Commissioni riunite II e XI della Camera, all’art. 21, comma 1, è stata inserita alla lett.c) la previsione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 500,00 a 2.500,00 euro nel caso di cui all’art. 16 comma 3, salvo che la persona segnalante sia stata condannata, anche in primo grado, per i reati di diffamazione o di calunnia o comunque per i medesimi reati commessi con la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile. Infatti, il concorrere della condanna penale con l’imposizione della sanzione amministrativa potrebbe comportare una duplicazione di sanzioni per il medesimo fatto. Si è, inoltre, dato corso al rilievo della 2ª e della 4 ª Commissione del Senato equiparando il trattamento sanzionatorio delle ipotesi di cui alle lett. a) e b) del comma 1.

L’articolo 22 prevede che le rinunce e le transazioni, integrali o parziali, che hanno per oggetto i diritti e le tutele previsti dal presente decreto non sono valide, salvo che salvo che siano effettuate nelle forme e nei modi di cui all’articolo 2113, quarto comma, del codice civile (articolo 24 della direttiva).

L’articolo 23 prevede l’abrogazione delle vigenti disposizioni di cui l’articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, all’articolo 3 della legge 30 novembre 2017, n. 179 e all’articolo 6, commi 2-ter e 2-quater, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di whistleblowing. Tale abrogazione si giustifica alla luce del fatto che le medesime sono state trasposte nel presente decreto, previo adattamento alle previsioni della direttiva.

 

L’articolo 24 detta la disciplina transitoria e di coordinamento. Prevede che le disposizioni del decreto hanno effetto a decorrere dal 15 luglio 2023; fino ad allora si continua ad applicare la disciplina di cui alla legge 179/2019, disciplina che deve essere applicata anche per le segnalazioni, denunce e divulgazioni effettuate prima all’entrata in vigore del presente decreto legislativo. In particolare, per i soggetti del settore privato che hanno impiegato, nell’ultimo anno, una media di lavoratori subordinati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato, non superiore a 249, l’obbligo di istituzione del canale di segnalazione interna ai sensi del presente decreto ha effetto a decorrere dal 17 dicembre 2023 e, fino ad allora, continua ad applicarsi l’articolo 6, comma 2-bis, lettere a) e b), del decreto legislativo n. 231 del 2001, nella formulazione vigente fino alla data di entrata in vigore del presente decreto. La correzione, priva di carattere innovativo, si è resa necessaria a fini di coordinamento tra il primo ed il secondo periodo del comma 1 dell’art. 24, al fine di fugare possibili dubbi interpretativi sulla disciplina applicabile per le segnalazioni effettuate tra la data di entrata in vigore del presente decreto (con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale) e la data in cui le sue disposizioni acquisteranno efficacia, individuata nel 15 luglio 2023 (corrispondente ai quattro mesi di cui alla precedente formulazione); tale disciplina è la stessa che si applica alle segnalazioni effettuate sino alla data di entrata in vigore del decreto, in un’ottica di coordinamento. Al secondo comma si è precisato, correggendo un errore di drafting, che lo slittamento dell’efficacia al 17 dicembre 2023 riguarda unicamente l’obbligo di istituzione del canale di segnalazione interna ai sensi del presente decreto e che tale differimento si applica a tutti i soggetti del settore privato che hanno impiegato, nell’ultimo anno, una media di lavoratori subordinati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato, non superiore a duecentoquarantanove (mentre nella precedente formulazione, per errore materiale, l’eccezione lasciava fuori i soggetti del settore privato con meno di cinquanta lavoratori subordinati).

Al fine di coordinamento tra le norme, sono stati modificati i seguenti articoli: l’articolo 4 della legge 15 luglio 1966, n. 604 e articolo 2-undecies, comma 1, lettera f) del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, nonché l’articolo 6, comma 2 bis del decreto legislativo 231 del 2001. Non è possibile accogliere l’ultimo rilievo delle Commissioni riunite II e XI della Camera in cui si auspica l’abrogazione del riferimento al superiore gerarchico come possibile destinatario della segnalazione, previsto dall’art. 8 del DPR n.62 del 2013, poiché tale correzione andrà operata con successivo intervento normativo di carattere secondario. Cionondimeno la lettura sistematica delle norme sembra consentire il superamento del rischio paventato di incongruenza con la normativa primaria introdotta con il presente decreto, anche in virtù di una interpretazione conforme alla direttiva in recepimento.

L’articolo 25 (“Disposizioni finanziarie”) prevede che dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, eccetto quanto previsto dall’articolo 11. Agli adempimenti connessi alle attività istituzionali previste per l’ANAC si farà fronte con le risorse umane, che andranno ad implementare la dotazione organica dell’ANAC così come quantificate e stimate nel precedente articolo 11, come specificato nella relazione tecnica.

Le amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti nell'ambito delle risorse umane strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.