XVIII LEG - ddl - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, recante ulteriori misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

aggiornamento: 3 novembre 2022

Esame definitivo - Consiglio dei ministri 21 aprile 2022

Esame preliminare - Consiglio dei ministri 13 aprile 2022

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36 recante: Ulteriori misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

 

 

Relazione illustrativa

Art. 1

1. Il decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, recante ulteriori misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), e' convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge.

2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

Relazione illustrativa

 

CAPO I - MISURE PER L’ATTUAZIONE DEL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA IN MATERIA DI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

ART. 1 (Definizione dei profili professionali specifici nell’ambito della pianificazione di fabbisogni di personale)

La misura al comma 1 novella l’articolo 6-ter del decreto legislativo n. 165 del 2001, prevedendo che con decreti adottati dal Ministro la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, siano definite, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, linee di indirizzo per orientare le amministrazioni nella predisposizione dei piani dei fabbisogni di personale, anche con riferimento a nuovi fabbisogni, prioritari o emergenti e alla definizione dei nuovi profili professionali individuati dalla contrattazione collettiva, con particolare riferimento all’insieme di conoscenze, competenze e capacità del personale da assumere anche per sostenere la transizione digitale ed ecologica delle amministrazioni.

Il comma 2 contiene una disposizione transitoria secondo cui in fase di prima applicazione le linee di indirizzo sono emanate entro il 30 giugno 2022.

La misura integra gli elementi costitutivi della milestone M1C1-56, attuando le finalità relative alla definizione dei profili professionali specifici per il settore pubblico al fine di attrarre le competenze e le capacità necessarie.

ART. 2 (Piattaforma unica di reclutamento per centralizzare le procedure di assunzione nelle pubbliche amministrazioni)

Il comma 1 inserisce l’articolo 35-ter nel decreto legislativo n. 165 del 2001, il cui comma 1 prevede che le assunzioni a tempo determinato e indeterminato nelle amministrazioni pubbliche centrali di cui all’articolo 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, ivi incluse le autorità amministrative indipendenti, avvenga mediante concorsi pubblici, ai quali si accede esclusivamente mediante il Portale unico del reclutamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica www.InPA.gov.it, che ne cura la gestione. La registrazione al portale è gratuita. All’atto della registrazione al portale l’interessato compila il proprio curriculum vitae, completo delle generalità anagrafiche, con valore di autocertificazione, indicando un indirizzo PEC a lui intestato, al quale intende ricevere ogni comunicazione.

Si stabilisce che con appositi protocolli adottati, entro il 31 ottobre 2022, d’intesa tra il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri e ciascuna amministrazione, siano definite le informazioni necessarie per l’iscrizione al portale, le modalità di accesso e di utilizzo dello stesso da parte delle amministrazioni e quelle per la pubblicazione dei bandi di concorso.

Il portale è esteso a Regioni ed enti locali per le rispettive selezioni di personale. Si dispone che con decreto del Ministro della pubblica amministrazione, previa intesa in conferenza unificata, da adottarsi entro il 31 ottobre 2022 siano definite le modalità di utilizzo del portale da parte delle Regioni e degli Enti locali. Si prevede, inoltre che i bandi delle procedure di reclutamento e di mobilità del personale pubblico siano pubblicati sul Portale secondo lo schema predisposto dal Dipartimento della Funzione pubblica. Il portale garantisce l'acquisizione della documentazione relativa a tali procedure da parte delle amministrazioni pubbliche in formato aperto e organizza la pubblicazione in modo accessibile e ricercabile secondo parametri utili ai cittadini che intendono partecipare a tali procedure.

Il comma 2 prevede che il Portale sarà operativo dal 1° luglio 2022 e dalla stessa data potrà essere utilizzato dalle amministrazioni pubbliche centrali, ivi incluse le autorità amministrative indipendenti. Dal 1° novembre 2022, le medesime amministrazioni utilizzano il portale per tutte le procedure di assunzione a tempo determinato e indeterminato. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 1, comma 4, ultimo periodo, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113 per le procedure di reclutamento a tempo determinato relative all’attuazione del PNRR.

Il comma 3 specifica che ai concorsi banditi prima della data di entrata in vigore del presente decreto continua ad applicarsi la disciplina vigente alla data di pubblicazione del bando.

Il comma 4, in un’ottica di semplificazione procedurale, consente, con riferimento alle istanze di accesso agli atti e di accesso civico generalizzato, relative agli avvisi di selezione pubblicati sul Portale di cui al comma 1, di avvisare gli eventuali controinteressati mediante pubblicazione di apposita comunicazione sul medesimo Portale e, quindi, senza invio di copia, con raccomandata con avviso di ricevimento o per via telematica, come previsto dagli articoli 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 2006, n. 184 e 5, comma 5, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.

Il comma 5 interviene, semplificandone la procedura, sulle modalità di nomina degli OIV (Organismi Indipendenti di Valutazione). Si prevede che la nomina dei componenti degli OIV avvenga mediate il Portale di cui al comma 1, che ha dato prova nelle recenti procedure assunzionali di poter garantire celerità e trasparenza nel relativo espletamento.

Il comma 6 detta ulteriori misure di semplificazione dei concorsi pubblici In particolare, vengono abrogati i commi 8 e 9 dell’articolo 247 del decreto-legge n. 34 del 2020 che prevedono, rispettivamente, che il requisito di accesso alle qualifiche e ai profili professionali del personale reclutato secondo le modalità ivi previste, sia individuato esclusivamente in base al titolo di studio definito dal contratto collettivo nazionale di lavoro, anche in deroga agli specifici titoli professionali previsti dalle singole pubbliche amministrazioni per ciascuna qualifica o profilo (comma 8) e che, nelle more dell'adozione del decreto di cui all'articolo 3, comma 15, della legge 19 giugno 2019, n. 56, il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri individui i componenti delle commissioni esaminatrici sulla base di manifestazioni di interesse pervenute a seguito di apposito avviso pubblico (comma 9).

Il comma 7 prevede che, a decorrere dal 1° novembre 2022, mediante il Portale di cui al comma 1, nel rispetto del principio della parità di genere, siano individuati i componenti delle commissioni esaminatrici dei concorsi pubblici. Fino alla predetta data, il Dipartimento della funzione pubblica, anche avvalendosi della Commissione per l’attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni, nomina i componenti delle commissioni esaminatrici dei concorsi pubblici unici di cui all’articolo 4, comma 3-quinquies, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, e delle procedure selettive di cui dell’articolo 35, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 sulla base di elenchi di nominativi scelti tra soggetti in possesso di requisiti di comprovata professionalità e competenza.

ART. 3 (Riforma delle procedure di reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni)

Il comma 1 introduce l’articolo 35-quater nel decreto legislativo n. 165 del 2001, che disciplina le modalità di svolgimento del concorso per esami del personale non dirigenziale. Detti concorsi, inclusi quelli indetti dalla Commissione per l’attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (RIPAM), prevedono: a) almeno una prova scritta, anche a contenuto teorico-pratico, e una prova orale, comprendente l'accertamento della conoscenza di almeno una lingua straniera. Le prove d’esame sono finalizzate ad accertare il possesso delle competenze intese come insieme delle conoscenze e delle capacità tecniche o manageriali che devono essere specificate nel bando e definite in maniera coerente con la natura dell’impiego per il profilo ricercato. b) l'utilizzo di strumenti informatici e digitali e, facoltativamente, lo svolgimento in videoconferenza della prova orale, garantendo comunque l'adozione di soluzioni tecniche che ne assicurino la pubblicità, l'identificazione dei partecipanti, la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità, nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali e nel limite delle pertinenti risorse disponibili a legislazione vigente; c) la possibilità di preselezione con test predisposti anche da imprese e soggetti specializzati in selezione di personale che possono riguardare l’accertamento delle conoscenze indicate o il possesso delle competenze di cui alla lettera a), indicate nel bando; d) la disciplina dei contenuti di ciascuna prova da parte dalle singole amministrazioni che adottano la tipologia selettiva più conferente alla tipologia dei posti messi a concorso e prevedono che per l’assunzione di profili specializzati, oltre alle competenze siano valutate le esperienze lavorative pregresse e pertinenti. Le predette amministrazioni possono prevedere che nella predisposizione delle prove, le commissioni siano integrate da esperti in valutazione delle competenze e selezione; e) per i profili qualificati dalle amministrazioni, in sede di bando, ad elevata specializzazione tecnica, una fase di valutazione dei titoli legalmente riconosciuti e strettamente correlati alla natura e alle caratteristiche delle posizioni bandite, ai fini dell'ammissione a successive fasi concorsuali; f) i titoli e l'eventuale esperienza professionale, inclusi i titoli di servizio, possono concorrere, in misura non superiore a un terzo, alla formazione del punteggio finale. Il comma 2 dell’articolo 35-quater stabilisce che le procedure di reclutamento devono svolgersi con modalità che ne garantiscano la imparzialità, l'efficienza, l’efficacia e la celerità di espletamento, l’integrità delle prove, la sicurezza e la tracciabilità delle comunicazioni, ricorrendo all’utilizzo di sistemi digitali diretti anche a realizzare forme di preselezione e selezioni decentrate, anche asincrone, in relazione a specifiche esigenze o per scelta organizzativa dell’amministrazione procedente. Il comma 3 reca la disciplina delle commissioni esaminatrici. La novella al decreto legislativo n. 165 del 2001 integra gli elementi costitutivi della milestone M1C1- 56, attuando le finalità relative alla creazione di una piattaforma unica di reclutamento per centralizzare le procedure di assunzione pubblica per tutte le amministrazioni pubbliche centrali, con l'impegno a estendere l'utilizzo della piattaforma anche alle amministrazioni locali.

Il comma 2 del presente articolo, in conseguenza di quanto previsto dal comma 1, provvede all’abrogazione dei commi da 1 a 7 dell’articolo 10 del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44.

Il comma 3 reca una norma di mero coordinamento.

Il comma 4 chiarisce che ai concorsi banditi prima della entrata in vigore del presente decreto continua ad applicarsi la disciplina vigente alla data di pubblicazione del bando.

Il comma 5 modifica l’articolo 3, comma 6, del decreto-legge n. 80 del 2021, prevedendo che le linee guida relative alla valorizzazione delle competenze dirigenziali, siano adottate con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, acquisite le proposte della Scuola nazionale dell'amministrazione.

Il comma 6 prevede che, con decreto del Presidente della Repubblica da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, entro il 31 dicembre 2022, si provveda all’aggiornamento delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, nel rispetto dei principi e criteri direttivi indicati.

Il comma 7 stabilisce che il Ministro della salute, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, possa aggiornare i protocolli per lo svolgimento dei concorsi in condizioni di sicurezza, con le ordinanze di cui all'articolo 10-bis del decreto-legge n. 52 del 2021

ART. 4 (Aggiornamento dei codici di comportamento e formazione in tema di etica pubblica)

La disposizione al comma 1 modifica l’articolo 54 del d.lgs. n. 165 del 2001, disponendo che il codice di comportamento preveda una sezione dedicata all’utilizzo delle tecnologie informatiche e dei social media da parte dei dipendenti pubblici, al fine di tutelare l’immagine della pubblica amministrazione. Si prevede lo svolgimento di un ciclo formativo, la cui durata e intensità sono proporzionate al grado di responsabilità, sui temi dell’etica pubblica e sul comportamento etico nelle pubbliche amministrazioni.

Il comma 2 prevede che il codice di comportamento sia aggiornato entro il 31 dicembre 2022. La misura integra gli elementi costitutivi della milestone M1C1-56, attuando le finalità relative alla definizione o all'aggiornamento dei principi etici delle pubbliche amministrazioni attraverso norme chiare, codici di condotta e moduli di formazione sull'argomento.

ART. 5 (Rafforzamento dell'impegno a favore dell'equilibrio di genere) 

Le disposizioni hanno la finalità di rafforzare il principio di parità di genere nell’organizzazione e gestione del rapporto di lavoro. A tal fine, le amministrazioni prevedono misure attributive di vantaggi specifici ovvero che evitino o compensino svantaggi nelle carriere del genere meno rappresentato. I criteri di discriminazione positiva devono essere adottati a parità di qualifica da ricoprire e di punteggio conseguito nelle prove concorsuali. La misura, la cui applicazione dovrà essere proporzionata allo scopo che si intende perseguire, si pone in linea col disposto dell’art. 157, comma 4, TFUE (che prevede che “allo scopo di assicurare l'effettiva e completa parità tra uomini e donne nella vita lavorativa, il principio della parità di trattamento non osta a che uno Stato membro mantenga o adotti misure che prevedano vantaggi specifici diretti a facilitare l'esercizio di un'attività professionale da parte del sesso sottorappresentato ovvero a evitare o compensare svantaggi nelle carriere professionali”) e si rivolge, in particolar modo, ai comparti pubblici nei quali vi sia un genere meno rappresentato. Tale scelta si pone in linea con lo spirito normativo e giurisprudenziale europeo. Invero, in alcune pronunce, benché risalenti, la Corte ha ammesso la possibilità di dare la precedenza nella promozione alle candidate (donne), a parità di qualificazioni, nei settori di attività del servizio pubblico in cui, al livello del posto considerato, le donne sono meno numerose degli uomini (« discriminazione positiva »), allorché il vantaggio non è automatico e ai candidati (uomini) è garantito un esame senza esclusione a priori della loro candidatura (sentenze dell’11 novembre 1997, Marschall, C-409/9; Abrahamsoon e Andersen del 6 luglio 2000 -C-407/98. ). Al fine di dare concreta e puntuale attuazione ai richiamati principi, il Dipartimento della Funzione Pubblica, di concerto con il Dipartimento delle pari opportunità, adotterà specifiche linee guida entro il 30 settembre 2022. Tale misura appare coerente con gli obiettivi di lungo periodo della Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026. La misura integra gli elementi costitutivi della milestone M1C1-56, attuando le finalità relative al rafforzamento dell'impegno a favore dell'equilibrio di genere.

ART. 6 (Revisione del quadro normativo sulla mobilità orizzontale)

Il comma 1 inserisce i commi 1-quater e 1-quinquies all’articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001. La disposizione di cui al comma 1-quater prevede, per un migliore incrocio della domanda e dell’offerta, che le amministrazioni pubbliche che avviano procedure di mobilità pubblichino il relativo avviso esclusivamente nel Portale del reclutamento di cui all'articolo 3, comma 7, della legge 19 giugno 2019, n. 56 (www.Inpa.gov.it), attraverso il quale il personale interessato provvederà ad inserire la propria eventuale domanda di partecipazione, allegando il relativo curriculum vitae professionale, per qualsiasi posizione disponibile. Tale nuova modalità, oltre che aumentare la trasparenza delle procedure, ne prevede l’integrale digitalizzazione. La disposizione introdotta all’articolo 30, comma 1-quinquies, prevede espressamente l'introduzione di restrizioni significative alle ipotesi di mobilità che non comportano trasferimenti (ossia "comandi" e "distacchi"), per renderli eccezionali e rigorosamente limitati nel tempo. A tal fine, per il personale non dirigenziale al di fuori dei casi in cui i comandi o distacchi, comunque denominati, sono obbligatori, previsti da disposizioni di legge, ivi inclusi quelli relativi agli uffici di diretta collaborazione, o da accordi tra amministrazioni per attività di studio e ricerca, nonché quelli relativi alla partecipazione ad organi, organismi comunque denominati, previsti da disposizioni legislative o regolamentari che prevedono la partecipazione di personale di amministrazioni diverse e ad eccezione dei comandi presso le sedi territoriali dei ministeri, o presso le Unioni di comuni, il ricorso a tali modalità di impiego del personale è consentito, per la durata massima di un anno non rinnovabile, esclusivamente nel limite del venticinque per cento dei posti non coperti, tra quelli banditi, all’esito delle procedure di mobilità di cui allo stesso articolo 30. Conseguentemente si prevede che, a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto, l’ultimo periodo del comma 1, dell’articolo 30 del d.lgs. n. 165 del 2002, è soppresso Il comma 2, prevede che i comandi o distacchi in corso, esclusi quelli di cui al comma 1, lettera a), capoverso 1-quinquies, cessano alla data del 31 dicembre 2022 o, alla naturale scadenza se successiva alla predetta data qualora le amministrazioni non abbiano già attivato procedure straordinarie di inquadramento. Il comma 3 prevede che le amministrazioni interessate possano attivare, fino al 31 dicembre 2022, a favore del personale già in servizio a tempo indeterminato che alla data del 31 gennaio 2022 si trovava in posizione di comando o distacco, nel limite del 50 per cento delle vigenti facoltà assunzionali e nell’ambito della dotazione organica, procedure straordinarie di inquadramento in ruolo per il personale non dirigenziale, in deroga alle disposizioni di cui all’articolo 30, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Per le procedure straordinarie si tiene conto della anzianità maturata in comando o distacco, del rendimento conseguito e della idoneità alla specifica posizione da ricoprire. Non è richiesto il nulla osta dell’amministrazione di provenienza Le misure introdotte dai suddetti commi integrano gli elementi costitutivi della milestone M1C1-56, attuando le finalità relative alla revisione del quadro normativo sulla mobilità orizzontale per conseguire un mercato del lavoro efficiente nelle pubbliche amministrazioni, che comprenda la creazione di un sistema di pubblicità unico trasparente per tutti i posti vacanti nelle amministrazioni centrali e locali, la possibilità di presentare domanda per qualsiasi posto disponibile ovunque, l'abolizione dell'autorizzazione alla mobilità da parte dell'amministrazione di origine e l'introduzione di restrizioni significative all'uso di mezzi alternativi di mobilità che non comportano trasferimenti (ossia "comandi" e "distacchi"), per renderli eccezionali e rigorosamente limitati nel tempo. Il comma 4 serve a chiarire le modalità di attribuzione dei compensi di natura accessoria in favore di tutto il personale proveniente dalle amministrazioni pubbliche di cui agli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 31 marzo 2001, n. 165, in ragione della partecipazione alle attività di indirizzo, coordinamento e collegamento proprie della Presidenza del Consiglio dei ministri. In particolare, è volta a definire una disciplina omogenea sul versante della retribuzione accessoria per tutto il personale di prestito della Presidenza. Il comma 5 riguarda gli Esperti Nazionali Distaccati (END). L’END è un dipendente di una pubblica amministrazione di un Paese membro dell’UE, esperto nel proprio settore professionale, che effettua un’esperienza lavorativa e professionale temporanea presso le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione europea. La decisione della Commissione C (2008) 6866 del 12 novembre 2008 “relativa al regime applicabile agli esperti nazionali distaccati e agli esperti nazionali in formazione professionale presso i servizi della Commissione” ha definito le condizioni di impiego e il regime applicabile agli esperti Nazionali Distaccati (END) presso i servizi della Commissione. Nell’ordinamento italiano la disciplina applicabile è contenuta nel DPCM 30 ottobre 2014, n. 184, recante “Regolamento di attuazione relativo ai distacchi di personale della pubblica amministrazione presso l’Unione Europea, le organizzazioni internazionali o stati esteri” che disciplina, tra l’altro, il trattamento economico degli END mediante un rinvio all’articolo 32, comma 3, del decreto legislativo n. 165/2001. Durante il distacco l'END resta alle dipendenze della propria amministrazione di origine che deve garantirne la retribuzione economica, fatto salvo quanto previsto dall’art. 32, comma 3 del D.Lgs. n. 165/2001, le prestazioni di sicurezza sociale e lo svolgimento della carriera professionale. L'END percepisce, oltre alla propria retribuzione in Italia, un'indennità giornaliera di missione (c.d. indennità di soggiorno) e una indennità mensile calcolata sulla base della distanza in chilometri tra la sede di origine e quella di distacco. Sono anche previsti distacchi END “senza spese” (ovvero senza indennità di soggiorno) come previsto dall’art. 2 della Decisione della Commissione no. 6866 del 12.11.2008. Con riferimento a questa ultima fattispecie di distacchi END “senza spese” la proposta stabilisce che le amministrazioni possono farsi carico della indennità di soggiorno per compensare le spese aggiuntive che il dipendente si trova a sostenere nel luogo del distacco. La disposizione in esame chiarisce, altresì, che tale indennità è forfettaria, omnicomprensiva e non pensionabile, nonché di entità analoga a quelle corrisposte dall’Unione Europea per le medesime posizioni. La ratio complessiva della normativa vigente in materia, volta alla valorizzazione della figura dell’END, consente infatti di sostenere che l’END non debba subire un deterioramento del proprio trattamento economico in ragione della propria condizione di distacco per questo motivo dovrebbe percepire un’indennità compensativa dei costi connessi al trasferimento all’estero. La misura di cui al comma 7 è finalizzata ad ampliare, anche in ottica PNRR, l’utilizzo da parte delle pubbliche amministrazioni, di personale proveniente da organismi internazionali o dall’Unione europea, consentendo che il conferimento di tali incarichi dirigenziali possa avvenire in deroga ai limiti percentuali previsti dall’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, in termini di posizioni disponibili. La proposta di cui al comma 8 proroga al 30 giugno 2022 le misure volte a favorire l’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori socialmente utili e di lavoratori impegnati in attività di pubblica utilità. In particolare, la presente proposta è volta a prorogare di soli tre mesi le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 495, della legge n. 160 del 2019, secondo cui al fine di semplificare le assunzioni di cui all'articolo 1, comma 446, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, le amministrazioni pubbliche utilizzatrici dei lavoratori socialmente utili di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, e all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 280, nonché dei lavoratori già rientranti nell'abrogato articolo 7 del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e dei lavoratori impegnati in attività di pubblica utilità, anche mediante contratti di lavoro a tempo determinato o contratti di collaborazione coordinata e continuativa nonché mediante altre tipologie contrattuali, possono procedere all'assunzione a tempo indeterminato, anche con contratti di lavoro a tempo parziale, anche in deroga, in qualità di lavoratori sovrannumerari, alla dotazione organica, al piano di fabbisogno del personale ed ai vincoli assunzionali previsti dalla vigente normativa limitatamente alle risorse di cui al comma 497, primo periodo del medesimo articolo 1 della legge n. 160 del 2019. Al riguardo, si evidenzia che la proroga al 31 marzo 2022 del termine per procedere con le suddette stabilizzazioni introdotta da ultimo in sede di conversione del decreto-legge n. 228 del 2021 unitamente alla disponibilità già presente di risorse finanziarie sufficienti a favorire la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili appartenenti al c.d. bacino storico LSU ha consentito l’attivazione di un ulteriore percorso di stabilizzazione successivo a quello attivato con d.P.C.M. 28 dicembre 2020, e con d.P.C.M. 15 gennaio 2022. A tal fine si è provveduto ad avviare l’iter per l’adozione di uno schema di d.P.C.M. che costituisce un’ulteriore tappa del predetto percorso di progressiva stabilizzazione sul quale in data 30 marzo 2022 è stata acquisita l’intesa della Conferenza Unificata condizionata, tuttavia, alla previsione di una proroga del termine entro il quale le amministrazioni possono avvalersi della procedura di stabilizzazione de qua così da portare ad esaurimento il c.d. bacino storico LSU.

ART. 7 (Ulteriori misure urgenti abilitanti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza)

La disposizione è volta a dettare ulteriori misure abilitanti per l’attuazione del PNRR. A tale fine, il comma 1(lett. a, b e c) apporta delle modifiche al decreto-legge n. 80 del 2021 con finalità di garantire la più efficace e tempestiva attuazione degli interventi previsti dal PNRR e in materia di Piano integrato di attività e organizzazione. Al fine di favorire l’attuazione delle disposizioni da parte delle pubbliche amministrazioni, anche quelle più piccole, è differito al 30 giugno 2022, il termine di cui al comma 6-bis, del citato articolo 6, previsto - in sede di prima applicazione - per l’adozione del Piano integrato di attività e organizzazione e fino al quale, non trovano applicazione le sanzioni previste dall’articolo 10, comma 5, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, dall’articolo 14, comma 1, della legge 7 agosto 2015, n. 124 e dall’articolo 6, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Inoltre, l’ulteriore modifica ha la finalità di esplicitare, anche per evitare dubbi interpretativi, che le Regioni, per quanto riguarda le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, adeguano i rispettivi ordinamenti ai principi in materia di PIAO. L’intervento è volto a superare le criticità sul punto rilevate sia dalle Regioni in sede di Conferenza Unificata sia dalle Commissioni parlamentari in occasione dell’esame dello schema di D.P.R. recante individuazione e abrogazione degli adempimenti assorbiti dal Piano integrato di attività e organizzazione. Il comma 1, inoltre, modifica l’articolo 7, comma 4, relativo al conferimento di incarichi ad esperti per il monitoraggio e la rendicontazione del PNRR (lettera b). Con la lettera c), si interviene nell’ambito del Sub- investimento 2.2.1 (“Assistenza tecnica a livello centrale e locale”) del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Al riguardo si evidenzia che il decreto del MEF sull’attuazione finanziaria del PNRR ha assegnato alla PCM - Ministro per la Pubblica Amministrazione, in qualità di soggetto titolare, 368,4 milioni di euro. In attuazione dell’articolo 9, comma 1, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, con il DPCM 12 novembre 2021 sono stati ripartiti, a valere su tale Sub-investimento, 320,3 milioni di euro per il conferimento da parte delle Regioni e Province autonome di incarichi di collaborazione a professionisti ed esperti per il supporto agli enti territoriali alla gestione delle procedure complesse. Residuano pertanto risorse per 48,1 milioni di euro. Si prevede di ripartire tali risorse con decreto del Ministro della pubblica amministrazione di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in Conferenza unificata, per la realizzazione di attività operative di governance del progetto. Tali risorse, gestite direttamente dal soggetto titolare (DFP), saranno destinate a due utilizzi: a. Sviluppo e gestione di un Portale di progetto per il supporto al coordinamento delle attività progettuali, la raccolta ed elaborazione di dati sullo stock, sui flussi e sui tempi delle procedure oggetto di intervento, la realizzazione di strumenti di collaborazione e condivisione delle conoscenze tra i soggetti coinvolti nell’attuazione del progetto. b. Creazione di una Unità centrale, composta da esperti e professionisti e dedicata al raccordo dell’attività dei pool regionali, alla misurazione dei tempi e alla verifica dei risultati, alla raccolta di input sui “colli di bottiglia” rilevati a livello regionale e nazionale, all’elaborazione di proposte di interventi di semplificazione, nonché al supporto ai lavori del Tavolo di coordinamento istituito dal DM 12 novembre 2021. Con riferimento alla ripartizione delle risorse rimanenti tra i soggetti attuatori (Regioni e Province autonome), ferma restando la clausola di riserva del 40% dei fondi al Mezzogiorno contenuta nel decreto-legge n. 80 del 2021, il riparto delle risorse tra Regioni e Province autonome dovrebbe essere effettuato sulla base degli stessi criteri adottati dal DPCM di riparto del 12 novembre 2021, ossia 30% in quota fissa e 70% delle risorse complessive in quota variabile, calcolata sui dati di popolazione. Tali risorse saranno destinate al reclutamento di professionisti ed esperti, con la funzione di: potenziamento/presidio tecnico metodologico dell’attività degli esperti sul territorio; raccolta degli input sui “colli di bottiglia” rilevati a livello locale e delle proposte di interventi di semplificazione formulate dagli esperti e dagli stakeholders locali; supporto ai lavori della Cabina di regia regionale. Il comma 2 apporta delle correzioni al comma 5, dell’articolo 31-bis, del decreto-legge n. 152 del2021 relativo al potenziamento amministrativo dei comuni. La modifica è volta a prevedere che i comuni interessati devono comunicare al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, le esigenze di personale connesse alla carenza delle professionalità strettamente necessarie all'attuazione dei progetti previsti dal PNRR entro il 30 luglio 2022 in luogo del termine previsto precedentemente.

ART. 8 (Disposizioni per Formez PA)

La norma prevede l’istituzione nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze di un Fondo con una dotazione di 60 milioni di euro per l’anno 2022 da trasferire, nel medesimo anno, su un conto corrente di tesoreria centrale intestato a FormezPA appositamente istituito. FormezPA, in base all’effettivo fabbisogno finanziario, preleva le predette risorse sino al 31 dicembre 2024, a titolo di anticipazione delle somme necessarie a fronteggiare le spese connesse allo svolgimento di procedure concorsuali oggetto di convenzioni con le pubbliche amministrazioni, con oneri a carico di queste ultime. FormezPA, provvede alla restituzione della somma, unitamente agli interessi passivi calcolati applicando il tasso dell’1 per cento su base annua in relazione alle somme prelevate dal conto corrente di tesoreria centrale di cui al medesimo comma 1, mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato, a decorrere dal 1 gennaio 2025 ed entro il 31 dicembre 2027, anche a valere sulle somme ottenute dalle pubbliche amministrazioni in relazione alle convenzioni di cui al comma 1, con conseguente chiusura del predetto conto corrente di tesoreria centrale. Al comma 3 è prevista, infine, la sottoscrizione di un apposito contratto tra il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro e FormezPA, al fine di definire le condizioni dell’anticipazione delle risorse e della restituzione di tali somme.

ART. 9 (Contratti a tempo determinato del Ministero della giustizia, proroga assunzioni presso il Ministero della transizione ecologica e attuazione della legge 22 dicembre 2021, n. 227)

Il comma 1 precisa che i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dal Ministero della giustizia a seguito del reclutamento degli addetti all’Ufficio del processo sono non rinnovabili. Detta specificazione è presente nel testo vigente del medesimo articolo con riferimento ai soli addetti all’Ufficio per il processo reclutati per la Giustizia amministrativa. La norma si rende necessaria al fine di evitare l’avvio da parte della Commissione europea di una procedura di infrazione nonché per consolidare il pieno raggiungimento della Milestone PNRR M1C1-32 in scadenza al 31/12/2021 e sulla quale è in corso il processo di valutazione comunitario.

Al comma 2 si dispone il differimento dal triennio 2019-2021 a quello 2021-2023 del termine per l’assunzione di trecentocinquanta unità di personale appartenenti all’area III posizione economica F1, previste all’articolo 1, comma 317, della legge 30 dicembre 2018 n. 145.L’art. 1, comma 317, autorizza, per il triennio 2019-2021, ad assumere, a tempo indeterminato, anche in sovrannumero con assorbimento in relazione alle cessazioni del personale di ruolo, mediante apposita procedura concorsuale pubblica per titoli ed esami, un contingente di personale di 350 unità appartenenti all'Area III, posizione economica F1, e di 50 unità appartenenti all'Area II, posizione economica F2, in possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado. Con le disposizioni di cui all’art. 24, comma 1, del decreto legge 30 dicembre 2019, n. 162 convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8, è stato disposto il differimento del termine per l’assunzione di 50 unità appartenenti all’Area II, al triennio 2020-2022. Con riferimento alle procedure di reclutamento avviate per n.ro 251 unità, rientranti nel contingente delle autorizzate n.ro 350 unità Area III, in base agli esiti delle prove del concorso pubblico pubblicato in GU n. 63 del 9 agosto 2019, sono state selezionate un numero di unità di personale notevolmente inferiore a quelle previste, pari a 80 unità, peraltro suscettibili di ulteriore revisione al ribasso in caso di rinuncia all’assunzione da parte dei soggetti vincitori. Di conseguenza l’Amministrazione ha la necessità di utilizzare le residue facoltà assunzionali non sfruttate nell’arco temporale 2019-2021 e di avere pertanto uno spostamento del termine dal 2019- 2021, come attualmente previsto, al 2021-2023. Si aggiunga che il Ministero ha subito una complessiva e profonda riorganizzazione con le disposizioni di cui al decreto legge 4 marzo 2021, n. 22 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 55 del 2021, con attribuzione di nuove competenze, che ha determinato un rallentamento delle procedure assunzionali, già aggravate dall’emergenza pandemica. L’utilizzo delle facoltà assunzionali residue è comunque subordinato al previo esperimento delle procedure di mobilità ex art. 34-bis del d.lgs 165/2001.

Il comma 3 reca una misura tesa a garantire l’attuazione della delega legislativa contenuta nella legge 22 dicembre 2021, n. 227, in materia di disabilità. L’approvazione della predetta legge n. 227 del 2021 ha comportato un incremento di compiti e funzioni in capo all’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità, istituito con DPCM del 21 ottobre 2019. In particolare, l’Ufficio che cura gli adempimenti necessari per la realizzazione degli interventi connessi all’attuazione delle politiche volte a garantire la tutela e la promozione dei diritti delle persone con disabilità e a favorire la loro piena ed effettiva partecipazione e inclusione sociale, nonché la loro autonomia, in coerenza con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, deve svolgere con immediatezza tutte le attività istruttorie connesse all'adozione degli atti, anche normativi, conseguenti all’entrata in vigore della legge delega e delle riforme, contenute nel PNRR, da adottare entro 20 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (agosto 2023) e attuare entro il 2024. L’intervento normativo in esame ha la finalità di adeguare, con effetto immediato, la struttura dell’Ufficio e renderla funzionale all’aumento delle competenze derivanti dall’approvazione della legge delega e dagli oneri relativi all’attuazione della stessa, incrementandone la dotazione organica come segue: 1 unità di dirigente di prima fascia, 2 unità di dirigenti di seconda fascia. Al contempo, si autorizza la Presidenza del Consiglio dei ministri a procedere al reclutamento di personale non dirigenziale in deroga all’articolo 4, comma 3-quinquies, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, nei limiti delle facoltà assunzionali vigenti.

Il comma 4 dispone l’abrogazione di alcune disposizioni della legge 22 dicembre 2021, n. 227, concernenti l’adeguamento della struttura dell’Ufficio, cui si provvede con il comma 3. Il comma 5 prevede la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla disposizione. In particolare, per quanto riguarda le unità di personale dirigenziale, agli oneri derivanti dall’attuazione del presente articolo, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, spesa già autorizzata dall’art 3 comma 2 della legge delega.

ART. 10 (Disposizioni in materia di conferimento di incarichi per il Piano nazionale di ripresa e resilienza)

La proposta consente alle amministrazioni titolari di progetti PNRR, incluse le regioni e gli enti locali, di conferire incarichi, ai sensi dell’articolo 7, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, a personale in quiescenza da più di due anni, fino al 31 dicembre 2026. Il comma 2 prevede che ai soggetti collocati in quiescenza possano essere conferiti gli incarichi di cui all’articolo 31, comma 8, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 nonché, in presenza di particolari esigenze alle quali non è possibile far fronte con personale servizio e per il tempo strettamente necessario all’espletamento delle procedure di reclutamento del personale dipendente, l’incarico di responsabile unico del procedimento di cui comma 1 del medesimo articolo 31. Comma 3 estende ai soggetti attuatori di interventi previsti dal PNRR procedure per il reclutamento del personale a tempo determinato da impiegare per l'attuazione del PNRR, previste dall’articolo 1 del decreto-legge n. 80 del 2021. Comma 4 la disposizione estende alle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del dlgs n. 165 del 2001 le modalità di selezione previste dal decreto-legge n. 80 del 2021 per il conferimento di incarichi professionali.

ART. 11 (Potenziamento amministrativo delle regioni e delle politiche di coesione)

Comma 1 La disposizione consente alle Regioni di assumere per l’attuazione dei progetti previsti dal PNRR personale con qualifica non dirigenziale, in possesso di specifica professionalità, in deroga ai limiti di spesa previsti dall’articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010. La disposizione di cui a comma 2 si rende necessaria in quanto le due procedure concorsuali previste dall’art. 10, comma 4 del decreto legge 1° aprile 2021, n. 44 hanno generato un numero di idonei inferiore ai posti messi a concorso (sono rimasti vacanti circa 1.321 posti su 2800 messi complessivamente a bando). Inoltre si sono registrate alcune rinunce che hanno incrementato il numero delle vacanze nonché ritardi nelle assunzioni a causa di richieste dilatorie da parte dei candidati (istanze di cambio sede, richieste di maggior tempo per decidere in ordine all’accettazione della proposta di assunzione, etc.) Le esigenze delle amministrazioni locali del Sud, tuttavia rimangono urgenti e improcrastinabili poiché i loro organici – soprattutto quelli dei piccoli comuni - sono assolutamente ridotti e carenti di professionalità tecniche, circostanze fortemente pregiudizievoli per l’attuazione degli ingenti interventi previsti in primo luogo dal PNRR. In considerazione del fatto che una nuova selezione comporterebbe ulteriore dilatazione dei tempi nonché nuovi costi non più sostenibili (sedi dislocate su tutto il territorio nazionale e Commissioni esaminatrici), con la norma si prevede che le risorse finanziarie “liberatesi” a cagione delle mancate assunzioni di cui sopra si è fatto cenno, siano comunque trasferite dall’Agenzia per la coesione territoriale alle amministrazioni beneficiarie per provvedere direttamente alla stipula di contratti di lavoro autonomo, con personale in possesso della professionalità tecnica (analoga a quella del personale non reclutato) indicata dal DPCM 31 marzo 2021 (fonte che ha individuato fabbisogni e profili professionali necessari e ripartito le risorse). Si prevede che i contratti siano stipulati, in osservanza delle procedure di cui al comma 6 e 6 bis dell’art. 7 del dlgs 165/2001, sulla base di uno schema predisposto dall’Agenzia per la coesione territoriale che definisce, in particolare, le modalità, anche temporali, della collaborazione e la soglia massima della remunerazione. In relazione a quest’ultimo aspetto la disposizione ha cura di precisare che la predetta soglia massima è quella individuata per categorie di professionisti (senior, middle, junior) dal regolamento per il conferimento degli incarichi di cui al decreto del direttore dell’Agenzia per la coesione territoriale n. 107 dell’8 giugno 2018. La norma non comporta oneri a carico del bilancio dello Stato considerato che le risorse finanziarie, che erano già state impegnate, rimangono invariate.

ART. 12 (Potenziamento della Scuola Nazionale dell’Amministrazione)

La disposizione interviene sulla Scuola nazionale dell’amministrazione al fine di rafforzarne la capacità organizzativa e amministrativa, anche alla luce della nuova governance della Scuola introdotta con il decreto-legge n. 80 del 2021 e dell’attuazione degli obiettivi connessi al PNRR. Si consideri al riguardo che negli ultimi dodici anni, gli obiettivi, i compiti e le funzioni della Scuola Nazionale dell’Amministrazione sono stati profondamente innovati e ampliati per effetto di interventi normativi, di una chiara centralità della formazione nell’ambito del PNRR, della necessità di un maggiore coinvolgimento del personale degli EE.TT. nei processi di accumulazione e valorizzazione del capitale umano delle pubbliche amministrazioni. A fronte di un evidente ampliamento dei compiti della Scuola, la dinamica del personale si è mossa in controtendenza con un più che dimezzamento delle risorse non dirigenziale e una riduzione di poco meno di un terzo del personale dirigenziale Scuola. A tal fine, si apportano modifiche al decreto legislativo 1°dicembre 2009, n. 178, recante “Riorganizzazione della Scuola superiore della pubblica amministrazione (SSPA)”. In particolare, si prevede che il Presidente nomini un Vicepresidente da scegliere tra le medesime categorie di soggetti indicate per la scelta del Presidente. L’incarico del Vicepresidente cessa contestualmente alla cessazione dell’incarico del Presidente che lo ha nominato e può essere confermato per una sola volta. Si dispone, inoltre, la possibilità, ove necessario e opportuno, i del collocamento nella posizione di fuori ruolo, di aspettativa o di comando, per l'intera durata dell'incarico, qualora la scelta dovesse ricadere su un dipendente statale o un docente universitario. Qualora sia collocato nelle predette posizioni, conserva il trattamento economico in godimento che è incrementato da un'indennità di carica stabilita con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Diversamente conserva il trattamento economico in godimento con oneri a carico dell’amministrazione di appartenenza e percepisce una indennità, comprensiva di rimborsi spese, nel limite massimo di 20.000 euro annui al lordo degli oneri fiscali e contributivi a carico dell’amministrazione, stabilita con le modalità di cui al precedente periodo. Con riferimento al potenziamento della capacità della Scuola Nazionale dell’Amministrazione vengono dettate disposizioni in materia di conferimento di incarichi e reclutamento di personale non docente. Sul territorio nazionale la struttura si arricchisce, inoltre, di poli formativi localizzati da affiancare alla sede di Roma e alla sede distaccata di Caserta. In particolare, si prevede: - l’assunzione di 28 unità di personale non dirigenziale con funzioni di tutoraggio (art. 11, comma 1, lett. c)); -la possibilità di istituire poli formativi localizzati sul territorio nazionale (art. 11, comma 1, lett. d)): -l’assunzione di 60 unità di personale non dirigenziale e di due unità dirigenziali di livello non generale (art. 11, comma 1, lett. e))

ART. 13 (Durata e disciplina del corso di formazione iniziale per i consiglieri penitenziari nominati all’esito dei concorsi banditi nell’anno 2020)

L’organico della carriera dirigenziale penitenziaria, dopo le riduzioni conseguite al riordino del Ministero, fatto col Regolamento 15 giugno 2015, n. 84, conta 300 dirigenti del ruolo di istituto penitenziario e 34 dirigenti del ruolo di esecuzione penale esterna. Si aggiungono ad esso i 7 dirigenti del ruolo di istituto penale per i minorenni, creato con la legge 30 dicembre 2018, n. 145 (art. 1, comma 311). Nei ruoli ricordati sono però presenti solo 247 dirigenti di istituto penitenziario, 9 dirigenti di esecuzione penale esterna e 2 dirigenti di istituto penale per minorenni, con un indice di scopertura che raggiunge, per due dei tre ruoli sopra indicati, percentuali superiori al 70%, e che ha pesanti ricadute sulla gestione degli istituti penitenziari e sull’esecuzione penale esterna, settore quest’ultimo che la legge 27 settembre 2021, n. 134, recante «Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari», intende ulteriormente valorizzare anche nella fase giudiziaria, avendo esplicitamente previsto all’articolo 1, comma 17, lett. g), «il coinvolgimento degli uffici per l'esecuzione penale esterna al fine di consentire l'applicazione delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi nel giudizio di cognizione». A fronte di ciò, lo svolgimento delle procedure di reclutamento del suddetto personale, indette con i decreti dirigenziali 5 maggio 2020 (DGPR-DAP), 28 agosto 2020 (DGPRAM-DGMC) e 6 ottobre 2020 (DGPRAM-DGMC), è stato condizionato e rallentato a causa della vicenda pandemica tutt’ora in corso, per cui si è inevitabilmente allontanata nel tempo la possibilità di colmare in tempi ragionevoli i considerevoli vuoti di organico sopra ricordati. Si ritiene pertanto necessario contenere, solo per i vincitori di quelle procedure e, dunque, in via eccezionale, la durata temporale del corso di prima formazione, che l’art. 5, comma 1, del decreto legislativo 15 febbraio 2006, n. 6, fissa in diciotto mesi. La disposizione citata infatti consente ai vincitori dei concorsi a consigliere penitenziario di conseguire la nomina a dirigente penitenziario e successivamente l’assegnazione, secondo il ruolo, ad un istituto penitenziario, un istituto penale per minorenni o un ufficio locale di esecuzione penale esterna, solo al termine del corso di prima formazione, durante il cui svolgimento sono inoltre previste due distinte tornate di esami: la prima, da sostenersi dopo 12 mesi di corso, è volta a consentire il superamento della prova (obbligatoria per il reclutamento del personale da parte delle pubbliche amministrazioni, a norma dell’art. 70, comma 13, del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 17, comma 1, dell’art. 17 del d.P.R. n. 487 del 1994), e la seconda da sostenersi al termine del corso, quale prova finalizzata alla formulazione del giudizio di idoneità. Nel fissare in dodici mesi la minore estensione temporale del periodo di formazione iniziale, si è comunque assicurato un arco temporale idoneo per l’acquisizione da parte dei vincitori dei concorsi di una formazione adeguata agli incarichi di responsabilità che dovranno poi ricoprire, tenendo conto anche della possibilità di un eventuale incremento delle offerte della formazione permanente da parte della Scuola superiore dell’esecuzione penale. Del resto, si tratta della medesima durata del ciclo di attività formative che l’articolo 6 del d.P.R. 24 settembre 2004, n. 272, prevede per conferire il primo incarico ai dirigenti di “diritto comune” (divenuti, più di recente, dirigenti area funzioni centrali). A fronte della riduzione temporale del corso di prima formazione, si è inoltre provveduto a ricollocare, di conseguenza, anche le due tornate di esami previste, le quali sono state anticipate rispettivamente al termine del primo e del secondo semestre di corso. L’urgenza dell’intervento, dovuta all’imminente conclusione delle procedure concorsuali indette nel 2020, è anche alla base della previsione derogatoria della norma contenuta nell’art. 5, comma 1, del decreto legislativo 15 febbraio 2006, n. 6, che vorrebbe che le materie e le modalità di svolgimento del corso di formazione iniziale e degli esami in esso previsti, nonché i criteri di determinazione della posizione in ruolo del funzionario risultato idoneo fossero individuati da un regolamento del Ministro. La tempistica dell’iter di adozione di un tale atto normativo è infatti incompatibile con l’imminente proclamazione dei vincitori di quei concorsi, i cui corsi di formazione, in assenza dell’intervento realizzato con la disposizione in commento, non potrebbero aver inizio prima dell’esaurimento delle procedure previste dal comma 4 dell’art. 17 della l. n. 400 del 1988.

ART. 14 (Disposizioni in materia di Università e ricerca)

L’articolo reca una serie di misure, tutte dirette alla realizzazione di diverse linee di intervento previste dall’Investimento 1.2 della Missione 4, Componente 2 del PNRR, dedicato appunto a “Progetti di finanziamento presentati da giovani ricercatori”. In particolare, lo stesso Investimento 1.2 pone diversi obiettivi quantitativi, due dei quali sono oggetto di intervento da parte dell’articolato proposto. In particolare, le disposizioni in esame sono finalizzate rispettivamente a: sostenere 900 giovani ricercatori dotati di Sigillo di Eccellenza all’interno delle azioni Marie Skłodowska-Curie nei Programmi quadro Horizon 2020 ed Horizon Europe (a questa linea di intervento contribuiscono le disposizioni di cui al comma 1); incentivare il reclutamento di 300 ricercatori vincitori di specifici grants attribuiti dall’ European Research Council (a questa linea di intervento contribuiscono le disposizioni di cui al comma 2, per le università, e al comma 3, per gli enti pubblici di ricerca). La disposizione di cui al comma 1 estende, per il periodo di attuazione del PNRR e a valere sui fondi dello stesso (in particolare, appunto, per quanto previsto per l’Investimento 1.2 della Missione 4, Componente 2), le procedure di chiamata diretta di cui all’art. 1, comma 9, della legge n. 230/2005 a coloro che sono stati insigniti del Sigillo di Eccellenza all’interno delle azioni Marie Skłodowska- Curie nei Programmi quadro Horizon 2020 ed Horizon Europe. Si tratta di giovani ricercatori che, dopo aver conseguito il dottorato di ricerca, si sono candidati a grants europei previsti dalle azioni citate. Pur essendo stati giudicati idonei avendo superato le valutazioni di qualità oltre l’85% del punteggio massimo complessivo, gli stessi non sono stati ammessi al finanziamento a causa dell’esaurimento dei fondi disponibili. Limitatamente all’arco temporale di realizzazione del PNRR, al fine di sostenere tali giovani e meritevoli ricercatori, si propone quindi di attivare una ulteriore opzione di chiamata diretta, modellata sulle procedure già esistenti, ma non inserita come novella nella legge n. 230/2005 proprio in quanto destinata a non costituire un meccanismo a regime, ma a essere percorribile solo nel limitato periodo (e nell’ambito delle risorse già individuate) del PNRR. In ragione dei vincoli di impiego delle stesse risorse, che non possono essere utilizzate su posizioni tenure, si è individuata la inedita forma di chiamata diretta come ricercatore a tempo determinato c.d. junior (RTDa), comunque omogenea ai profili di giovani studiosi che si trovano nella fase appena successiva al conseguimento del dottorato di ricerca. Alla luce dell’inquadramento in posizione da ricercatore a tempo determinato, il secondo periodo della disposizione esclude l’applicazione del terzo periodo dell’art. 1, comma 9, della legge n. 230/2005, escludendo quindi il nulla osta ministeriale e il parere della commissione di Abilitazione Scientifica Nazionale, così da agevolare la più celere conclusione delle procedure. L’ultimo periodo del comma 1 estende la misura anche agli enti di ricerca, con specifico riferimento alle procedure di chiamata, comunque a tempo determinato, di cui all’art. 20, comma 3, del decreto legislativo n. 127/2003. È opportuno sottolineare che l’applicazione della disposizione appena menzionata è estesa a tutti gli enti pubblici di ricerca (e dunque non solo a quelli vigilati dal MUR) in forza di quanto disposto dall’art. 23, comma 8 del medesimo decreto legislativo. La possibilità anche per gli EPR di reclutare per questa via coloro che sono stati insigniti del Sigillo di Eccellenza all’interno delle azioni Marie Skłodowska-Curie nei Programmi quadro Horizon 2020 ed Horizon Europe potrà concorrere al raggiungimento degli sfidanti target numerici previsti dal PNRR per questa linea di intervento dell’investimento 1.2. Le disposizioni di cui al comma 2 intervengono in attuazione del medesimo Investimento 1.2 della Missione 4, Componente 2 del PNRR, con l’obiettivo di attuare una diversa linea di azione ivi prevista, finalizzata ad incentivare una specifica fattispecie di chiamate dirette di cui allo stesso art. 1, comma 9, della legge n. 230/2005. In particolare, l’intervento si riferisce specificamente alle chiamate – in qualità di ricercatore a tempo determinato di cui all’art. 24, comma 3, lett. b), della legge n. 240/2010, nonché di professore di prima o di seconda fascia – di studiosi, italiani o stranieri, che siano risultati vincitori, in qualità di principal investigator (PI) dei bandi dello European Research Council (ERC) nelle procedure di “ERC Starting Grant”, “ERC Consolidator Grant”, “ERC Advanced Grant”, programmi che sono già inclusi nella lista di programmi di ricerca di alta qualificazione eleggibili a tal fine, in quanto indicati all’art. 4 del decreto del Ministro dell'istruzione, dell’università e della ricerca 28 dicembre 2015, attuativo della base legislativa richiamata. Si tratta quindi di studiosi aventi livelli diversi di anzianità ed avanzamento di carriera (nello specifico: per la partecipazione agli starting grants è richiesta una distanza massima dal momento di conseguimento del dottorato di ricerca di 7 anni; per i consolidator grants la distanza sale a 12 anni; per gli advanced grants non esiste limitazione temporale in tal senso), tutti comunque vincitori, all’interno di bandi competitivi, di fondi di ricerca di rilevantissima entità. Ci si riferisce, dunque, ad una platea già ricompresa nella citata disciplina delle chiamate dirette di cui alla legge n. 230 del 2005, in relazione alla quale viene ad emergere la necessità di introdurre misure meramente incentivanti per le università, anche al fine di traguardare gli sfidanti target, in termini numerici, indicati dal PNRR. La procedura per la chiamata resta, dunque, quella di cui all’art. 1, comma 9, della legge n. 230/2005. La finalità dell’intervento, agendo su procedure già vigenti e su figure che già potrebbero accedere ad esse, è perciò quella di incentivarne il ricorso, attraverso un utilizzo combinato di agevolazioni derivanti direttamente dal PNRR o da ulteriori misure adottate dal legislatore nazionale nell’ultimo periodo. In particolare, al fine di attrarre profili di così alta qualificazione, l’investimento 1.2 riconosce per ciascuna di tali chiamate, fino ad un massimo di 300 unità complessive, un contributo individuale medio di 1 milione di euro, da computare a seconda del tempo residuo previsto per la conclusione del progetto. Tali risorse potranno essere utilizzate per sostenere attività di ricerca, brevi periodi di mobilità per attività di ricerca o didattica in altre sedi in Italia o all'estero e trasferimento tecnologico. Potranno accedere a tali procedure tutte le università, pubbliche e private, nonché le scuole superiori ad ordinamento speciale. Per i soggetti pubblici, come ulteriore incentivo al ricorso a tale procedure, è prevista una deroga ai limiti derivanti dalle facoltà assunzionali, cui si potrà far fronte anche con le specifiche risorse a tal fine già appostate con l’art. 1, comma 297, lett. c), della l. 234/2021. Il comma 3 contiene misure finalizzate a conseguire gli stessi obiettivi del comma 2, ma con riguardo agli enti pubblici di ricerca. Per gli EPR non è prevista una disposizione del tutto analoga all’art. 1, comma 9, della legge n. 230/2005, ossia la possibilità di procedere alla chiamata diretta per coloro che siano risultati vincitori di specifici programmi di ricerca, con il rimando a una individuazione già effettuata dei grants ERC come fonte requisito per l’accesso alla procedura. È invece presente una procedura generale per studiosi “di altissima qualificazione scientifica negli ambiti disciplinari di riferimento, che si sono distinti per merito eccezionale ovvero che siano stati insigniti di alti riconoscimenti scientifici in ambito internazionale”, disciplinata dall’art. 16 del dlgs. 218/2016. La valutazione dei requisiti necessari ai fini di questo tipo di chiamate è rimessa a un meccanismo di valutazione, descritto al comma 3 di detta disposizione, che – ai soli fini delle chiamate di cui al presente provvedimento (ossia, da effettuarsi durante il periodo di attuazione del PNRR e al fine di beneficiare del contributo individuale di cui all’investimento 1.2 della M4C2) – è assorbita dall’avvenuto conseguimento dei grants ERC specificamente individuati dal comma 3 della presente disposizione. Si procede anche, sempre limitatamente al periodo di attuazione del PNRR e limitatamente alle assunzioni in parola, alla neutralizzazione dei vincoli quantitativi previsti in generale per la procedura di riferimento, permettendo così anche a queste assunzioni negli EPR di contribuire agli sfidanti target numerici previsti dal PNRR per questa linea di intervento dell’investimento 1.2. Le opportune specificità delle procedure di cui alla presente disposizione saranno delineate da un decreto del Ministro dell’università e della ricerca, previsto dal comma 4, che potrà dettagliare come il nulla osta ministeriale previsto dalla normativa vigente potrà fungere da raccordo tra la manifestazione di interesse delle università ad accogliere ricercatori secondo la procedura descritta e la volontà dei ricercatori di partecipare in modo da favorire l’incontro tra domanda ed offerta di tali posizioni con meccanismi procedurali innovativi, e diversi da quelli attualmente previsti. Ai sensi dell’art. 18, comma 1, del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68 il fabbisogno finanziario necessario a garantire il diritto allo studio dei capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, è assicurato dal Fondo Integrativo Statale per la concessione delle borse di studio (FIS), dal gettito derivante dall’importo della tassa regionale per il diritto allo studio e dalle risorse proprie delle regioni in misura pari ad almeno il 40 per cento dell’assegnazione relativa al fondo integrativo statale. Ciò significa che sulle regioni grava un obbligo di compartecipazione parametrato alla quota del fondo statale di cui sono rispettivamente destinatarie. Il PNRR ha previsto di destinare risorse aggiuntive al FIS e il decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, ha stabilito che queste confluiscono sul fondo di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 68 del 2012, e sono ripartite con le modalità ordinariamente previste per il fondo medesimo. La previsione di far confluire le risorse aggiuntive PNRR nel FIS determinerà un aumento del fondo di circa 1/3 e le regioni, senza modifiche dell’attuale meccanismo, saranno chiamate ad aumentare, conseguentemente, le risorse proprie che destinano al DSU. Uno sforzo finanziario di tale entità potrebbe non essere alla portata di molte regioni. Si rende necessario, dunque, prevedere che le risorse aggiuntive del PNRR pur confluendo nel FIS non siano conteggiate ai fini del calcolo delle risorse proprie delle regioni e non siano prese in considerazione al fine di individuare la quota eccedente il 40% del FIS in sede di riparto La disposizione estende di un anno il periodo temporale nell’arco del quale è consentito svolgere attività di orientamento nella transizione scuola-università, favorendo dunque una diversa programmazione delle attività di orientamento che potrà riguardare anche il terzo anno della scuola secondaria superiore, con corrispondente riduzione delle eventuali iniziative rivolte, ad oggi, nei soli due anni conclusivi del medesimo ciclo di istruzione. Il comma 6 prevede - tramite una modifica all’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 14 gennaio 2008, n. 21 - la possibilità di avviare i percorsi di orientamento già dal terzo anno di corso della scuola secondaria di secondo grado e non più dal quarto (come invece previsto dalla disposizione previgente). Ciò in quanto le iniziative di competenza del MUR nell’ambito del PNRR prevedono espressamente un ampliamento dell’offerta di orientamento a beneficio degli studenti, a partire dal terzo anno della scuola superiore, per sostenerli nella scelta dell’istruzione terziaria, facilitando una migliore corrispondenza tra preparazione e percorso professionale, nonché aiutandoli a orientarsi nella transizione scuola-università. La norma non determina maggiori oneri a carico della finanza pubblica ma solo una più efficace e flessibile organizzazione dei percorsi per l’orientamento, prevedendo che ai medesimi percorsi di orientamento possano partecipare anche gli studenti del terzo anno della scuola secondaria superiore. Tale disposizione si rende pertanto necessaria al fine di rendere più agevole il raggiungimento dei target assegnati all’Italia dalla misura M4C1, investimento 1.6 “Orientamento attivo nella transizione scuola-università” del PNRR, che prevede che almeno 1 milione di studenti frequentino i corsi di transizione dalla scuola universitaria all’università. Si sottolinea infatti che gli iscritti agli ultimi due anni della scuola superiore sono circa 1 milione di unità; questo significa che nei quattro anni scolastici di riferimento del PNRR (fino a.a. 2025/2026) occorrerebbe coinvolgere il 25% degli studenti iscritti compresi quelli degli istituti professionali. Tale obiettivo appare difficile da raggiungere tenuto anche conto della maggiore difficoltà di coinvolgere nei percorsi di orientamento gli studenti dell’ultimo anno, specie nel secondo quadrimestre, in quanto impegnati nello svolgimento degli esami di maturità. L’accesso a tali percorsi anche degli studenti del terzo anno della scuola superiore ha lo scopo di ampliare la potenziale platea degli studenti interessati fino a circa 1,5 milioni di studenti all’anno, e con studenti maggiormente interessati alla frequenza dei percorsi di orientamento.

ART. 15 (Rafforzamento della struttura organizzativa dell’ANPAL)

Con il decreto legislativo n. 150 del 2015 è stata istituita l’ANPAL, quale agenzia di coordinamento nazionale della rete dei servizi per l’impiego. La governance dell’agenzia è stata recentemente modificata dall’articolo 46, comma 2, del decreto-legge n. 73 del 2021 sopprimendo le figure del Presidente e del Direttore generale e istituendo in loro vece la figura del direttore, con il trattamento economico e normativo del capo dipartimento, di cui all’articolo 5 del decreto legislativo n. 300 del 1999. Come rilevato dall’indagine sul “Funzionamento dei centri per l’impiego nell’ottica dello sviluppo del mercato del lavoro” condotta dalla Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti e approvata con delibera n. 16/2021/G, “il ruolo di coordinamento e monitoraggio dei centri per l’impiego assegnato all’ANPAL rimane a tutt’oggi un’incognita in relazione all’attività da essa concretamente svolta”. Appare pertanto opportuno, affinché l’Agenzia sia in grado di svolgere i compiti che le sono stati affidati, anche alla luce della necessità di attuare la riforma delle politiche attive del lavoro prevista nell’ambito del PNRR, un consistente e adeguato rafforzamento della dotazione organica. In particolare, la struttura non dispone di personale di livello dirigenziale generale – fatta eccezione per il direttore con funzioni di capo dipartimento che non dispone di un ufficio di livello dirigenziale non generale, che possa coadiuvarlo nei compiti di coordinamento che gli sono assegnati. Inoltre, particolarmente carente appare la dotazione di personale appartenente alla terza area funzionale, che all’atto della costituzione dell’agenzia constava di sole 37 unità e che negli anni si è sostanzialmente ridotta. Ad oggi risultano in servizio soltanto un quarto delle predette unità. La proposta normativa modifica pertanto l’articolo 4 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150 prevedendo un rafforzamento della struttura organizzativa dell’ANPAL con l’incremento della dotazione organica pari a 43 unità, di cui due posizioni di livello dirigenziale generale, una posizione di livello dirigenziale non generale e 40 unità di personale appartenente alla terza area funzionale, posizione economica F1.

ART. 16 (Potenziamento della capacità amministrativa del Ministero dell’interno ai fini dell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza – PNRR)

La proposta si rende necessaria in quanto, a partire dal 2017, il legislatore ha affidato agli enti locali, e in particolare ai comuni, un ruolo propulsivo nello sviluppo degli investimenti e, con le leggi di bilancio del 2018 (legge 205/2017), 2019 (legge 145/2018) e soprattutto del 2020 (legge 160/2019) è stato avviato un “corposo” programma di contributi da destinare agli enti locali, finalizzato agli investimenti in opere pubbliche e progettazione. Conseguentemente, soprattutto nell’ultimo triennio, le attività del Ministero dell’interno e, in particolare, della competente articolazione costituita dal Dipartimento per gli affari interni e territoriali -Direzione centrale per la finanza locale, sono aumentate in maniera esponenziale, atteso che, in aggiunta agli ordinari compiti, gli uffici hanno dovuto gestire numerose linee di finanziamento per investimenti da destinare agli enti locali. In tale quadro, le risorse umane e strumentali disponibili per poter affrontare efficacemente tutte le attività che si rendono necessarie per una gestione ordinata e corretta dei suddetti finanziamenti appaiono, allo stato, inadeguate. Peraltro, alcune linee di finanziamento, che di seguito si riportano, sono confluite nel PNRR comportando, conseguentemente, le ulteriori e complesse attività tese a garantire la conformità della spesa rispetto a quanto richiesto dall’UE. Il quadro di esigenze che si è venuto in tal modo a delineare non è mitigato dalle previsioni di cui all’articolo 7 del decreto-legge n. 80 del 2021, relative alle misure di supporto per la realizzazione degli interventi del PNRR in quanto le stesse saranno destinate, secondo le indicazioni emerse in fase di approfondimento interministeriale, alle sole amministrazioni titolari di progetti. Nel caso di specie, infatti, la titolarità degli interventi progettuali rimane in capo ai comuni, pur essendo intestate al Ministero dell’interno le gravose attività sopra cennate. Peraltro, l’ampio ambito di operatività delle suddette linee di finanziamento, sia in termini di platea di potenziali beneficiari, sostanzialmente coincidente con la totalità dei comuni italiani, sia in termini di dimensione finanziaria degli interventi, non consentirebbe in ogni caso di ritenere sufficienti le risorse di supporto di cui al citato articolo 7 del decreto-legge n. 80 del 2021. 1. Contributi ai comuni per interventi riferiti a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio (articolo 1, commi 853 e ss., legge n. 205/2017 e art. 1, commi 139 e ss., legge n. 145/2018)

La legge di bilancio per l’anno 2018 (l. n. 205/2017) ha previsto per il triennio 2018-2020 l’assegnazione di contributi agli investimenti ai comuni nel limite complessivo di 150 milioni di euro per l’anno 2018, 300 milioni di euro per l’anno 2019 e 400 milioni di euro per l’anno 2020. Successivamente, la legge di bilancio per l’anno 2019 (l. n. 145/2018), ha previsto, per gli anni dal 2021-2030, l’assegnazione dei medesimi contributi. In particolare, per l’anno 2021 è stata prevista l’assegnazione ai comuni nel limite complessivo di 350 milioni di euro, a cui si sono aggiunti 900 milioni di euro per la stessa annualità e 1.750 milioni di euro per l’anno 2022 (art. 1, comma 139-bis, l n. 145/2018). Inoltre la legge di bilancio per il 2021 (l. n. 178/2020) ha previsto un ulteriore finanziamento di tali risorse di euro 600 milioni per l’anno 2021. Pertanto, le risorse da destinare alla graduatoria relativa all’anno 2021, già approvata con il decreto interministeriale del 23 febbraio 2021, risultano essere complessivamente 1.850 milioni di euro per l’esercizio finanziario 2021 e 1.750 milioni di euro per l’esercizio finanziario 2022. Il totale delle risorse disponibili a valere sulla graduatoria 2021, pari a 3.600 milioni di euro sono confluite nel PNRR ed in particolare sono parte della Missione 2 “rivoluzione verde e transizione ecologica – obiettivo C4: Contributi ai comuni per interventi riferiti a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio”. La responsabilità di questa misura risulta affidata al Ministero dell’interno. Attualmente, dei 3,6 miliardi previsti, sono stati già assegnati agli enti, con il citato decreto del 23 febbraio 2021, circa 1,750 milioni di euro, mentre si prevede di assegnare con la procedura di scorrimento in corso, stabilita dall’art. 1 comma 139-bis della legge 145/2018, le ulteriori risorse previste. L’attività di gestione consisterà nel monitorare, eventualmente revocare e riassegnare, rendicontare e controllare circa 6.000 opere/Cup, avendo come interlocutori 3.000 enti sparsi sull’intero territorio nazionale, con l’ulteriore complessità connessa alla circostanza che una parte dei contributi assegnati riguarda opere già in esecuzione da parte dei comuni e, pertanto, le connesse attività di gestione, monitoraggio, rendicontazione e controllo sono state avviate dalle competenti strutture del Ministero dell’interno secondo quanto disposto dalla legislazione previgente rispetto al PNRR, con modalità profondamente diverse da quanto previsto per le risorse del PNRR. Tali diverse modalità previste da quest’ultimo - con l’introduzione di termini finali, target, obiettivi intermedi - rendono indispensabile un’attività di supporto e assistenza tecnica da parte del Ministero dell’interno nei confronti degli enti locali.

2. Contributi ai comuni per efficientamento energetico e sviluppo sostenibile (articolo 1, commi 29 ss., legge n. 160/2019);

Le risorse assegnate, per le annualità 2020-2024, pari 3 miliardi di euro, rientrano nel PNRR ed in particolare nella Missione 2 “rivoluzione verde e transizione ecologica “– obiettivo C4: Contributi ai comuni per efficientamento energetico e sviluppo sostenibile. In particolare, la legge di bilancio per l’anno 2020 ha previsto l’attribuzione ai comuni di contributi per opere pubbliche finalizzate all’efficientamento energetico, alla mobilità sostenibile e alla messa in sicurezza di scuole, edifici comunali e patrimonio comunale nonché per l’abbattimento delle barriere architettoniche. Per l’anno 2020, i citati contributi sono stati assegnati, per un importo complessivo pari a 497.220.000,00 euro, in data 14 gennaio 2020. Successivamente, con decreto del 30 gennaio 2020, il medesimo importo è stato assegnato anche per le annualità dal 2021 al 2024. Inoltre, l’articolo 1, comma 29-bis della legge di bilancio 2020 ha disposto l’ulteriore incremento – nel limite massimo di 500 milioni di euro – delle risorse già assegnate ai comuni con il citato decreto del Capo del Dipartimento del 14 gennaio 2020; tali risorse sono state, quindi, attribuite con decreto ministeriale dell’11 novembre 2020. Trattasi di contributi assegnati a circa 8.000 enti ogni anno fino al 2024, per un totale di 8.929 opere/Cup realizzate nel 2020. Si presume pertanto che nell’arco del periodo di riferimento (2020- 2024) vengano realizzate circa 50.000 opere per 9.000 enti con cui interloquire per le connesse attività di gestione e monitoraggio. La responsabilità della misura, anche in questo caso risulta assegnata al Ministero dell’interno così come, parimenti, le risorse sono trasferite sul PNRR.

3. Contributi ai comuni per progetti di rigenerazione urbana (articolo 1, commi 42 e ss., legge n. 160/2019)

L’articolo 1, commi 42 e ss. della legge di bilancio 2020, ha previsto l’assegnazione ai comuni, per ciascuno degli anni dal 2021 al 2034, di contributi per investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale, nel limite complessivo di 150 milioni di euro per l’anno 2021, di 250 milioni di euro per l’anno 2022, di 550 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e di 700 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'interno e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 21 gennaio 2021, sono stati definiti, a legislazione nazionale vigente, in sede di prima applicazione e in via sperimentale per il triennio 2021-2023, i criteri e le modalità di ammissibilità delle istanze e di assegnazione dei contributi per investimenti in progetti di rigenerazione urbana. Scaduto il termine di presentazione delle istanze, (9 giugno 2021), risultano presentate richieste per circa 2.300 opere/Cup, per un totale richiesto pari a circa 4.400 milioni di euro, di cui risulta da verificare la coerenza del progetto, per il quale l’ente ha chiesto il finanziamento, con le finalità previste dalla norma e dal DPCM del 21 gennaio 2021. Questa linea di finanziamento è entrata nel PNRR con l’utilizzo di tutte le risorse attualmente stanziate a legislazione nazionale vigente per il periodo 2021-2026, pari a 2,9 miliardi di euro, nonché con risorse aggiuntive per 400 milioni di euro, per un totale di 3.300,00 milioni di euro. Le citate risorse sono confluite nella missione 5 “inclusione e coesione” – obiettivo C2: Contributi ai comuni per progetti di rigenerazione urbana e la struttura responsabile di tale misura è il Ministero dell’interno.

4. Contributi per i piani urbani integrati

È una misura prevista dal PNRR affidata al Ministero dell’interno nella missione 5 “inclusione e coesione” – obiettivo C2: Contributi ai comuni per progetti di rigenerazione urbana. In merito a tali contributi è stata predisposta una bozza di norma che ha la finalità di favorire una migliore inclusione sociale riducendo l’emarginazione e le situazioni di degrado sociale, promuovere la rigenerazione urbana attraverso il recupero, la ristrutturazione e la rifunzionalizzazione ecosostenibile delle strutture edilizie e delle aree pubbliche, nonché sostenere progetti legati alle smart cities, con particolare riferimento ai trasporti ed al consumo energetico, l’assegnazione di risorse alle Città Metropolitane, nell’ambito della linea progettuale “Piani Integrati”, per un ammontare pari a 2.448 milioni di euro per il periodo 2022-2026, nel limite complessivo di 48 milioni di euro per l’anno 2022, di 450 milioni di euro per l’anno 2023, di 700 milioni di euro per l’anno 2024, di 750 milioni di euro per l’anno 2025 e di 500 milioni di euro per l’anno 2026. Le risorse di cui al comma 1 sono integrate, per gli anni dal 2021 al 2024, con quelle, pari a 210 milioni di euro, di cui all’articolo 1, comma 2, lettera l), del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59. Trattasi in totale di circa 2.700 milioni a cui si aggiungono le risorse che verranno messe a disposizione dalla BEI (Banca europea degli investimenti). In tale contesto, le Città Metropolitane provvedono ad individuare, i progetti finanziabili all’interno della propria area urbana, tenendo conto delle progettualità espresse anche dai comuni ivi inclusi. Per ciascun progetto finanziato, è prevista la stipula di uno specifico “atto di adesione ed obbligo” contenente i criteri, indirizzi ed i relativi obblighi che regolano il rapporto con i soggetti attuatori. L’atto di adesione ed obbligo ed il decreto di assegnazione disciplinano altresì i termini di avvio e conclusione dei lavori (marzo 2026), le modalità di erogazione e revoca delle risorse, i contenuti essenziali della documentazione di gara per il rispetto della normativa concernente la tutela ambientale (DNSH - Do Not Significant Harm), come previsto dall’articolo 17 del Regolamento UE 2020/852 - sistema di “Tassonomia per la finanza sostenibile”, ed ogni altro elemento utile per il rispetto delle disposizioni riportate nel PNRR per la gestione, controllo e valutazione della misura, ivi inclusi obblighi in materia di comunicazione e informazione previsti dall’art.34 del Regolamento (UE) 2021/241, in base alle indicazioni riportate nell’atto di adesione ed obbligo di cui al comma 7, e l’obbligo di alimentazione del sistema di monitoraggio. Ai fini del rispetto del Regolamento (UE) 2021/241, i soggetti attuatori assicurano altresì l’alimentazione tempestiva del sistema di monitoraggio per la rilevazione puntuale dei dati di avanzamento attuativo degli interventi finanziati con particolare riferimento agli elementi anagrafici e identificativi dell’operazione, della localizzazione, dei soggetti correlati all’operazione, delle informazioni inerenti le procedure di affidamento dei lavori, dei costi previsionali e delle relative voci di spesa, degli avanzamenti fisici, procedurali e finanziari, nonché degli obiettivi intermedi (milestone) e target collegati e di ogni altro elemento necessario richiesto dalla regolamentazione attuativa del PNRR. Conservano, altresì, tutti gli atti e la relativa documentazione giustificativa su supporti informatici adeguati e li rendono disponibili per le attività di controllo e di audit, ivi inclusi quelli relativi all’individuazione delle progettualità di cui al comma 5. Complessivamente, quindi, il totale delle risorse assegnate sul PNRR alla responsabilità del Ministero dell’interno ammonta, allo stato, a circa 12,5 miliardi di euro di cui circa 12 miliardi di euro afferenti a risorse da assegnare agli enti locali. Dette risorse sono relative a circa 60.000 opere e 8.000 comuni con i quali sarà necessario rapportarsi per la gestione dei finanziamenti volti alla realizzazione delle rispettive opere. Pertanto, sarà indispensabile una costante interlocuzione con i cennati enti e, in particolare, occorrerà predisporre tutti gli atti di convenzione, monitorare lo stato di attuazione e verificare, in via documentale, che le lavorazioni, forniture e servizi, intraprese dagli enti, rispettino le specifiche normative comunitarie, con particolare riguardo alle previsioni in materia di tutela ambientale. Peraltro, nel caso in cui l’ente non rispetti i target e gli obiettivi, occorrerà procedere con la revoca del contributo in tempo utile per consentire all’ente subentrante di realizzare l’opera nei tempi previsti. Inoltre, occorrerà verificare costantemente che gli enti - soggetti attuatori, alimentino tempestivamente il sistema di monitoraggio per la rilevazione puntuale dei dati di avanzamento dei lavori relativi agli interventi finanziati, con particolare riferimento agli elementi anagrafici e identificativi dell’operazione, della localizzazione, dei soggetti correlati all’operazione, delle informazioni inerenti alle procedure di affidamento dei lavori, dei costi previsionali e delle relative voci di spesa, degli avanzamenti fisici, procedurali e finanziari, nonché degli obiettivi intermedi e dei target collegati e di ogni altro elemento necessario richiesto dalla regolamentazione attuativa del PNRR. Gli stessi enti dovranno poi conservare, tutti gli atti e la relativa documentazione giustificativa su supporti informatici adeguati e dovranno renderli disponibili per le attività di controllo e di audit, che dovranno essere svolte dal Ministero dell’interno – Dipartimento per gli affari interni e territoriali – Direzione centrale per la finanza locale. Le complesse attività sintetizzate rendono necessaria una specifica assegnazione di personale aggiuntivo al fine di garantire la piena operatività funzionale alla realizzazione dei progetti di interesse inseriti nel PNRR e, conseguentemente, il raggiungimento degli obiettivi nella tempistica richiesta. Nel dettaglio, la proposta normativa prevede, al comma 1, l’autorizzazione, per il Ministero dell’interno, ad assumere, a tempo determinato, per la durata del PNRR (2022-2026), 20 unità di personale, da inquadrare nell’Area III, posizione economica F1, nei profili professionali economico, informatico, giuridico e statistico. Il comma 2 reca la quantificazione e la copertura finanziaria degli oneri.

ART. 17 (Misure di potenziamento dell’esecuzione penale esterna e rideterminazione della dotazione organica dell’Amministrazione per la giustizia minorile e di comunità, nonché autorizzazione all’assunzione)

L’intervento normativo risponde a un impegno assunto dal Governo con l’ordine del giorno 9/3424/217, votato dal Senato in sede di approvazione del disegno di legge di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024 (Atto Senato n. 2448) e mira a consentire il conseguimento degli obiettivi di recupero di efficienza e di contrazione dei tempi del processo penale, fissati con Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il sistema dell’esecuzione penale esterna attualmente si articola, sul territorio nazionale, in 72 uffici, a cui si aggiungono alcune sezioni distaccate (11). Secondo i dati provenienti dal Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, alla data del 15 dicembre 2021 risultavano in corso di esecuzione n. 68.830 misure e sanzioni di comunità di diverse tipologie (misure alternative alla detenzione, messa alla prova, sanzioni di comunità e misure di sicurezza non detentive); in fase istruttoria n. 45.290 incarichi per indagini svolte a supporto della magistratura e degli istituti penitenziari e complessivamente in corso di esecuzione n. 114.120 procedimenti. Tali dati rivelano che il numero dei soggetti in esecuzione di misure e sanzioni di comunità ha oggi largamente superato il numero dei soggetti detenuti all’interno negli istituti penitenziari (al 30 novembre 2021 erano, infatti, ristrette 54.593 persone, secondo fonte DAP). I funzionari che curano l’esecuzione dei provvedimenti giudiziari hanno mediamente un carico di 104,2 fascicoli pro capite; inoltre, gli uffici hanno anche l’incombenza di curare le iniziative progettuali e i rapporti con la rete territoriale. Secondo i dati più recenti, aggiornati alla data del 22 dicembre 2021, i funzionari di servizio sociale che operano presso gli uffici di esecuzione penale esterna e addetti alla gestione dei procedimenti penali sono complessivamente 1.112, a fronte dei 1.211 previsti dalle piante organiche di cui al D.M. 19 novembre 2020, con un grado di scopertura medio che si aggira intorno al 5%, a cui si aggiunge una grave carenza di personale amministrativo e di supporto. Risulta del tutto evidente che, allo stato attuale, il contingente di personale assegnato all’esecuzione penale esterna non è adeguato a garantire la normale funzionalità degli uffici. La situazione è destinata ad aggravarsi in misura significativa, considerato che la legge 27 settembre 2021, n. 134, «Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari» richiede un importante coinvolgimento degli Uffici per l’Esecuzione Penale Esterna in settori cruciali per il conseguimento degli obiettivi del PNRR nel settore della giustizia penale, volti alla contrazione dei tempi dei procedimenti penali e alla riduzione della pressione sul sistema giudiziario: così, in particolare, per consentire l’accesso e l’effettiva fruibilità delle nuove sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi nel giudizio di cognizione e, per il loro tramite, la concreta appetibilità di procedimenti speciali che deflazionino il dibattimento e i gradi successivi del giudizio; per valorizzare forme alternative di definizione del procedimenti fondate sulla diversion processuale, strumenti già sperimentati con successo e destinati a un ulteriore, significativo potenziamento, a seguito dell’ampliamento dell’ambito applicativo della sospensione del procedimento con messa alla prova; per l’effettivo conseguimento degli ambiziosi obiettivi di giustizia riparativa. Non solo: per i soggetti condannati per i reati previsti dal c.d. “Codice rosso” il disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 7.12.2021 ha individuato nuovi e specifici compiti per gli uffici di esecuzione penale esterna nei casi di applicazione della sospensione condizionale della pena, in particolare individuare gli enti o le associazioni e gli specifici percorsi di recupero cui dovrà sottoporsi il condannato, verificare l’effettiva partecipazione dello stesso al percorso di recupero e comunicarne l’esito all’autorità giudiziaria competente; in sede di elaborazione di proposte per la legge di bilancio il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità aveva elaborato una proposta di adeguamento delle piante organiche che, tuttavia, non ha trovato riscontro, neppure parziale, nella legge di bilancio. Si rende pertanto necessario e non più procrastinabile l’intervento normativo proposto, che autorizza le assunzioni necessarie per la copertura della pianta organica esistente e accompagna le riforme in corso di attuazione con un incremento delle risorse di personale che consenta la corretta applicazione dei nuovi strumenti di deflazione e accelerazione del procedimento penale, pena l’ulteriore rallentamento della risposta punitiva extra moenia e la conseguente vanificazione degli obiettivi del PNRR e della ratio stessa della legge delega n. 134 del 2021.

CAPO II - MISURE PER L’ATTUAZIONE DEL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA IN MATERIA FINANZIARIA E FISCALE

ART. 18 (Disposizioni riguardanti le sanzioni per mancata accettazione dei pagamenti elettronici, la fatturazione elettronica e i pagamenti elettronici)

comma 1

L’articolo 15, comma 4, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 (di seguito “D.L. 179/2012”) prevede per i soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, l’obbligo di accettare pagamenti effettuati attraverso carte di debito e di credito. A seguito delle modifiche disposte dall'articolo 19-ter, comma 1, lettera b), del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233, recante “Sanzioni per mancata accettazione di pagamenti effettuati con carte di debito e credito”, è stata inserita un’apposita previsione sanzionatoria al comma 4-bis del citato articolo 15 del decreto-legge 179 del 2012. Infatti, al fine di superare il mancato allineamento normativo derivante dalla sussistenza di un obbligo, rispetto alla cui violazione mancava la relativa sanzione, il comma 4-bis prevede una specifica sanzione per la mancata accettazione di un pagamento, di qualsiasi importo, con carta di debito o carta di credito. Secondo l’impianto normativo vigente, la sanzione è applicabile a “decorrere dal 1° gennaio 2023”. La previsione di sanzioni per la mancata accettazione di pagamenti effettuati con carta, oltre ad iscriversi tra le misure idonee a disincentivare comportamenti cash-based, inserendosi in una più ampia strategia di riduzione del contante e di promozione di strumenti di pagamento alternativi e digitali, rientra, per il 1° semestre 2022, nella Milestone M1C1 -103 del PNRR (entrata in vigore di atti di diritto primario e derivato e delle disposizioni regolamentari e completamento delle procedure amministrative per incoraggiare il rispetto degli obblighi fiscali (tax compliance) e migliorare gli audit e i controlli) che al punto iii) prevede “l’entrata in vigore della riforma della legislazione al fine di garantire sanzioni amministrative efficaci in caso di rifiuto da parte di fornitori privati di accettare pagamenti elettronici”. Considerata la scadenza al 30 giugno 2022 per il raggiungimento degli obiettivi fissati nella citata Milestone del PNRR, il presente articolato interviene sulla decorrenza di applicazione delle sanzioni per mancata accettazione di pagamenti effettuati con carta, sostituendo il richiamo al “1° gennaio 2023” con il “1° giugno 2022”. Tanto al fine di adeguarne l’operatività alle previsioni del PNRR.

Il comma 2 estende l’ambito applicativo dell’obbligo generalizzato di fatturazione elettronica ai soggetti esonerati ai sensi dell’articolo 1, comma 3 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127. La estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica a tali categorie fa seguito alla Decisione di esecuzione (UE) 2021/2251 del Consiglio del 13 dicembre 2021, la quale, nel rinnovare la Decisione di esecuzione (UE) 2018/593 che aveva autorizzato l’Italia ad introdurre un obbligo generalizzato di fatturazione elettronica, ha esteso l’ambito applicativo della misura anche ai soggetti che si avvalgono della franchigia per le piccole imprese di cui all’articolo 282 della direttiva 2006/112/CE. Per dare attuazione alla nuova Decisione di esecuzione, il comma 1 del presente articolo modifica l’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 127 del 2015, facendo venire meno l’esonero dall’obbligo di fatturazione elettronica precedentemente previsto per i soggetti che usufruiscono del regime di vantaggio di cui all’articolo 27, commi 1 e 2 del decreto-legge n. 98 del 2011, i soggetti che applicano il regime forfettario di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge n. 190 del 2014, i soggetti che hanno esercitato l’opzione per il regime speciale della legge n. 398 del 1991 previsto, in particolare, per le associazioni sportive dilettantistiche. L’introduzione di tale obbligo non amplia le ipotesi in cui deve essere emessa fattura, ma solo le modalità di emissione del documento; restano, inoltre, fermi i principi generali che regolano l’emissione della fattura, di cui all’articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, in base ai quali il documento è emesso dal soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio o, per suo conto e sotto la sua responsabilità, dal cessionario o dal committente ovvero da un terzo. Il comma 3 del presente articolo, tenendo conto delle difficoltà operative e tecniche che i soggetti interessati potrebbero incontrare a fronte dei nuovi adempimenti posti a loro carico, prevede un termine a partire dal quale detti soggetti passivi sono tenuti all’adempimento della fatturazione elettronica, fissato alla data del 1° luglio 2022 e stabilisce che nel primo trimestre di vigenza dell’obbligo che ai soggetti ai quali il predetto obbligo di fatturazione elettronica è esteso a decorrere dal 1° luglio 2022 non si applicano sanzioni se la fattura elettronica è emessa entro il mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione. Il comma 4 sopprime il riferimento all’articolo 22, comma 5 del decreto-legge 26 ottobre 2019 n. 124.

ART. 19 (Portale nazionale del sommerso)

La disposizione sostituisce il comma 1 dell’articolo 10 del decreto legislativo n. 124 del 2004 che già prevedeva la istituzione di “una banca dati telematica che raccoglie le informazioni concernenti i datori di lavoro ispezionati” e in forza della quale l’Ispettorato nazionale del lavoro, l’INPS e l’INAIL hanno istituito la c.d. Banca Dati Aziende Ispezionate (BDAI). Nella attuale BDAI confluiscono i soli dati relativi agli accertamenti dell’Ispettorato, di INPS e INAIL e non anche della Guardia di finanza e dell’Arma dei carabinieri che pure svolgono accertamenti in materia lavoristica. Inoltre nella BDAI non confluiscono tutti gli atti successivi alla chiusura degli accertamenti, in particolare relativi al contenzioso, che possono rappresentare un elemento di assoluta utilità sia per conoscere il pregresso sanzionatorio di determinate realtà imprenditoriali, sia per condividere gli orientamenti giurisprudenziali, fra tutte le amministrazioni interessate, in ordine a determinati illeciti. L’acceso al Portale, oltre a consentire una più efficace programmazione della vigilanza, consentirà di monitorare, su tutto il territorio nazionale, il fenomeno del lavoro sommerso e irregolare.

ART. 20 (Misure per il contrasto del fenomeno infortunistico nell’esecuzione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per il miglioramento degli standard di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro)

Con la presente proposta normativa si intende promuovere la definizione di politiche partecipate di contrasto del rischio infortunistico discendente dalla realizzazione degli interventi programmati per l’implementazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) mediante ulteriore qualificazione dei compiti ascritti all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (di seguito Inail). Con Decisione di esecuzione del Consiglio dell’Unione europea del 13 luglio 2021 è stato, come noto, definitivamente approvato il PNRR, i cui fondi da destinare all’attuazione dei singoli interventi da parte delle Amministrazioni centrali titolari risultano pari a 191,5 miliardi. Tale circostanza, in uno con le misure urgenti relative al Fondo complementare (PNC) al Piano nazionale di ripresa e resilienza e alle altre misure urgenti per gli investimenti, impegnano tutte le istituzioni preposte ad adoperarsi al fine di rafforzare le politiche di prevenzione e di tutela della salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro allo scopo di scongiurare il rischio di incremento del fenomeno infortunistico e di cogliere l’occasione offerta dall’attuazione del PNRR e del PNC per accrescere la capacità di progettazione e sviluppo di soluzioni innovative tecnologiche, organizzative e regolatorie a garanzia della salute e della sicurezza dei lavoratori. In tal senso, i maggiori rischi connessi alla definizione e all’avvio in tempi ristretti di numerose iniziative nel campo delle infrastrutture, dell’ammodernamento dei processi produttivi verso le nuove frontiere energetiche, tecnologiche e di sostenibilità sociale possono essere temperati con interventi mirati - quali quelli che Inail può mettere in campo - per supportare le aziende e i grandi gruppi industriali destinatari delle risorse nella progettazione della fase operativa degli investimenti, con particolare riguardo ai temi della salute e sicurezza del lavoro. Inail, secondo quanto stabilito dal decreto legislativo n. 81 del 2008 e s.m.i., sostiene lo sviluppo della cultura della salute e sicurezza sul lavoro attraverso la promozione di programmi di interesse nazionale nel campo della prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, con attività di informazione, formazione, assistenza e consulenza, nonché di studio e ricerca scientifica, collaborando con le diverse istituzioni preposte, le parti sociali e i soggetti qualificati in ottica di rete per la condivisione e partecipazione di valori e programmi di azioni, finalizzate a realizzare sinergie di sistema, quale elemento qualificante a sostegno di una crescita sostenibile e inclusiva. Con la sottoscrizione di protocolli d’intesa da realizzare con aziende o grandi gruppi industriali pubblici o privati, l’Istituto supporta ulteriormente la diffusione della cultura della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, anche in logica di coerenza con quanto espresso nella Strategia europea in salute e sicurezza sul lavoro 2021-2027 e, in particolare, per quanto relativo alla capacità di anticipare e gestire la trasformazione del mondo del lavoro determinato dalle transizioni verde, digitale e demografica. Gli obiettivi cardine dei protocolli saranno in via principale, ma non esclusiva, la progettazione di programmi di formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, l’attivazione di iniziative congiunte di comunicazione e promozione della cultura della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, la realizzazione di ricerche e sperimentazione di soluzioni tecnologiche innovative per il miglioramento degli standard di salute e sicurezza del lavoro, nonché l’implementazione di modelli di organizzazione e gestione dei rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro.

ART. 21 (Utilizzo di economie degli Investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza)

La disposizione è volta a prevedere che eventuali economie realizzate nell’ambito dell’attuazione delle misure previste dal PNRR, e non utilizzate per la compensazione degli oneri derivanti dall’incremento dei prezzi dei materiali necessari alla realizzazione delle opere, siano utilizzate per finanziare i Progetti bandiera di cui all’articolo 33, comma 3, lett. b), del decreto-legge n. 152 del 2021, proposti dalle Regioni e delle Province Autonome, in coerenza con le misure del PNRR, nel rispetto del vincolo di destinare almeno il 40% delle risorse allocabili territorialmente alle Regioni del Mezzogiorno (art. 2, comma 6-bis, del decreto-legge n. 77 del 2021), salve le specifiche allocazioni territoriali già previste nel PNRR. Si prevede, inoltre, che al finanziamento dei progetti bandiera concorrano anche le risorse dei Piani di sviluppo e coesione, programmazione 2021/2027, di cui all’art. 1, comma 178, della legge 30 dicembre 2020, n. 178. Obiettivo della norma è quello di assicurare il completo utilizzo della dotazione finanziaria disponibile per il PNRR ottimizzandone e flessibilizzandone l’impiego.

ART. 22 (Beni confiscati alla mafia – ulteriori misure a supporto)

Nell’ambito dell’iniziativa denominata Next Generation EU è operativo il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che alla Missione 5 – Inclusione e coesione - Componente 3 - Interventi speciali per la coesione territoriale – Investimento 2 - Valorizzazione dei beni confiscati alle mafie – dispone un’assegnazione di 300 M€ per la realizzazione di almeno n. 200 progetti nelle 8 Regioni del Mezzogiorno. Il Ministro dell’economia e delle finanze ha attribuito al Ministro per il Sud e la coesione territoriale, con proprio decreto 6 agosto 2021 relativo all’assegnazione delle risorse in favore di ciascuna Amministrazione titolare degli investimenti del PNRR, un importo che ricomprende, tra gli altri, il suddetto Investimento di 300 M€. Con nota prot. 1995 P del 22 novembre 2021 il Ministro per il Sud e la coesione territoriale ha individuato, a sua volta, l’Agenzia per la coesione territoriale quale Soggetto attuatore. In attuazione dei provvedimenti citati l’Agenzia per la coesione territoriale ha pubblicato, in data 23 novembre 2021, un Avviso con lo scopo di individuare proposte progettuali finalizzate al recupero, ri-funzionalizzazione e valorizzazione di beni confiscati alla criminalità organizzata attraverso opere di demolizione e ricostruzione, di ristrutturazione e/o adeguamento per finalità istituzionali, sociali ovvero economiche, con vincolo di reimpiego per attività sociali, per le finalità previste nel decreto di destinazione, ex articolo 47, comma 2, del decreto legislativo n. 159 del 2011, al fine della restituzione alla collettività e reinserimento di tali beni nel circuito legale dei territori di appartenenza. L’Avviso, rivolto a Regioni, Province, Comuni e Città metropolitane che hanno iscritto nel loro patrimonio indisponibile beni confiscati alla criminalità organizzata, destina dette risorse ad investimenti in conto capitale ma, essendo una misura del PNRR essa non è accompagnata da risorse utili e necessarie per la successiva fase gestionale delle valorizzazioni effettuate. In considerazione del fatto che la perdita della ricchezza illecitamente accumulata indebolisce il potere ed il prestigio di qualsiasi forma di criminalità organizzata, e che la confisca dei beni e la successiva valorizzazione rappresenta uno dei principali strumenti di contrasto al fenomeno della criminalità organizzata, ma anche nell’ottica di garantire una sostenibilità economico gestionale di queste opere, soprattutto a quegli Enti locali di piccole dimensioni che hanno una scarsa capacità finanziaria, l’emendamento proposto ha lo scopo di evitare che gli Enti locali vincitori dell’Avviso, dopo aver effettuato le opere di valorizzazione con la risorse del PNRR non abbiano le risorse di spesa corrente necessaria al loro funzionamento. L’individuazione dell’Agenzia per la coesione territoriale quale amministrazione titolata al riparto delle suddette risorse risiede nel fatto che detta Amministrazione centrale è il Soggetto attuatore dell’Investimento del PNRR e quindi ha la conoscenza e la competenza per effettuare l’istruttoria ed i controlli del caso finalizzati all’assegnazione di dette risorse allo scopo di evitare che quegli Enti beneficiari utilmente collocati in graduatoria non possano affrontare le conseguenti spese di gestione, non coperte dalle risorse del PNRR.

CAPO III - MISURE PER L’ATTUAZIONE DEL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA IN MATERIA DI AMBIENTE, FONTI RINNOVABILI, EFFICIENTAMENTO ENERGETICO E SALUTE

ART. 23 (Disposizioni in materia di produzione e consumo di idrogeno da fonti rinnovabili, di concessioni di derivazioni per uso irriguo, di accelerazione delle procedure di approvazione dei piani di bacino)

I commi 1, 2 e 3 mirano a promuovere la produzione e l’impiego di idrogeno rinnovabile, dando contestuale attuazione alla milestone prevista dalla misura M2C2-21 riforma 3.2 del PNRR, la quale prevede, entro giugno 2022, l’adozione di norme di semplificazione fiscale per l’idrogeno verde. Nel concreto, la norma evita una doppia imposizione parafiscale. Infatti, gli oneri generali di sistema sono pagati dai consumatori di energia nella forma finale utilizzata. La produzione di idrogeno da fonti rinnovabili non configura un consumo finale, ma una trasformazione da un vettore ad un altro, che poi sarà utilizzato nei consumi finali. Le condizioni tecnico-operative per l’applicazione del principio suddetto sono demandate a un decreto del MITE, anche tenuto conto del regolamento delegato che sta (è imminente) per essere adottato dalla Commissione in attuazione dell’articolo 27, comma 3, settimo paragrafo, della Direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili. Il comma 3 dell’articolo in illustrazione mira a delineare il trattamento fiscale da applicare all’idrogeno verde prodotto con le modalità previste dal comma 1. In tal senso è specificato che l’idrogeno ottenuto con l’impiego di fonti rinnovabili non è ricompreso nel novero dei prodotti energetici che sono elencati nell’articolo 21 del testo unico delle accise di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 e quindi non risulta, in linea generale, sottoposto ad accisa ai sensi del medesimo testo unico, se non direttamente utilizzato in motori termici come carburante. Al riguardo, si evidenzia che il citato articolo 21, al comma 5, prevede che sia sottoposto al regime dell’accisa anche ogni prodotto che, pur non essendo prodotto energetico, rientri però nella categoria degli idrocarburi e sia utilizzato come combustibile per riscaldamento. In relazione a tale previsione, si rileva che l’idrogeno, non rientrando nel gruppo degli idrocarburi in quanto non contenente carbonio, non potrebbe essere sottoposto ad accisa. Occorre rilevare altresì che il comma 9 del medesimo articolo 21 sottopone ad accisa i prodotti energetici qualora siano utilizzati per produrre elettricità: anche in tale contesto l’idrogeno, utilizzato per produrre elettricità, non risulta sottoposto a tassazione non rientrando, come già specificato, tra i prodotti energetici. Parallelamente si rileva che anche l’impiego, per finalità energetiche, dell’idrogeno nelle c.d. celle a combustibile non potrebbe rientrare tra i prodotti sottoposti alla tassazione in parola. L’unica fattispecie in cui potrebbe essere applicata l’accisa sull’idrogeno risulterebbe quella prevista dal comma 4 del menzionato articolo 21 del testo unico delle accise che prevede la sottoposizione ad accisa di qualsiasi sostanza, anche non qualificabile come prodotto energetico, che venga utilizzata come carburante per motori. In tal senso, il comma 3 dell’articolo in illustrazione prevede che l’idrogeno, solo nel caso in cui venga utilizzato direttamente come carburante in un motore termico, possa essere sottoposto ad accisa. Il comma 4 è volto alla realizzazione della Missione 2, Componente 4, Riforma 4.2 “Misure per garantire la piena capacità gestionale per i servizi idrici integrati”, entro l’orizzonte temporale stabilito del terzo trimestre 2022. Sono note le criticità ambientali e sociali dovute a carenza idrica, le cui cause sono da ricercare, tra l’altro, nelle perdite della rete idrica e l’estrazione illegale di acqua. Proprio quest’ultima fattispecie rientra nell’elenco degli eco-reati della Proposta, adottata a dicembre 2021 dalla Commissione europea, di una nuova direttiva volta a reprimere crimini ambientali. Anche il Piano nazionale di ripresa e resilienza pone particolare attenzione a tale questione. Infatti, nell’ambito della Riforma 4.2 “Misure per garantire la piena capacità gestionale per il servizi idrici integrati”, la Misura M2C4-4 “Entrata in vigore del nuovo quadro giuridico relativo agli scopi irrigui” deve introdurre, tra l’altro, un sistema di sanzioni per l’estrazione illecita di acqua. Tale Milestone, secondo una prima valutazione dell’Unità di Missione NG EU del MEF espressa in data 24 febbraio 2022., è stata parzialmente conseguita con l’articolo 16, comma 5, del decreto-legge 15 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233, con il quale vengono infatti inasprite le sanzioni pecuniarie preesistenti per chi devia o utilizza acqua pubblica senza un provvedimento autorizzativo o concessorio dell’autorità competente. In tale contesto, al fine di privilegiare la digitalizzazione per migliorare il controllo remoto e l’individuazione dell’estrazione illegale di acqua la norma modifica il quarto comma dell’art. 21 del regio decreto n. 1775 del 1933 (comma così introdotto dall’art. 96, comma 9, decreto legislativo n. 152 del 2006). Il comma 5 mira a realizzare la Missione 2, Componente 4, Riforma 2.1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) in tema di “Semplificazione e accelerazione delle procedure per l'attuazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico”, entro il termine temporale stabilito del secondo trimestre 2022. Per quanto concerne la lettera a),l’articolo 57, comma 1, lett. a), numero 2), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 prevede che il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (ora Ministero della transizione ecologica), e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, approvi, con proprio decreto, il piano di bacino di cui all’art. 65 del medesimo decreto legislativo, sentita la Conferenza Stato-regioni. Tenuto conto di esigenze di razionalizzazione procedimentale, si prevede che la Conferenza Stato-regioni si pronunci entro trenta giorni dalla richiesta di parere, decorsi i quali si procede anche in mancanza del parere. Per quanto concerne, la lettera b), l’articolo 37, comma 1, lett. g), del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, recante “Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure”, ha introdotto il comma 1-bis all’articolo 250 del decreto legislativo n. 152 del 2006, il quale dispone che “Per favorire l'accelerazione degli interventi per la messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale, le regioni, le province autonome e gli enti locali individuati quali soggetti beneficiari e/o attuatori, previa stipula di appositi accordi sottoscritti con il Ministero della transizione ecologica ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, possono avvalersi, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente sui propri bilanci e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, attraverso la stipula di apposte convenzioni, delle società in house del medesimo Ministero”. Con la disposizione in oggetto si estende anche alle Autorità di bacino distrettuali la possibilità di far ricorso alle società in house del MITE. Infatti, si consente a regioni, province autonome ed enti locali territoriali, individuati quali soggetti beneficiari o attuatori, di avvalersi, con le risorse disponibili a legislazione vigente e senza nuovi oneri a carico della finanza pubblica, di società in house del MITE, attraverso la stipula di apposite convenzioni, allo scopo di favorire l’accelerazione degli interventi per la messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale nonché di tutela del territorio e delle acque.

ART. 24 (Potenziamento del sistema di monitoraggio dell’efficientamento energetico attraverso le misure di Ecobonus e Sismabonus e governance dell’ENEA)

Comma 1

Nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), il Superbonus (Investimento 2.1 “Rafforzamento dell’Ecobonus e del Sismabonus per l’efficienza energetica e la sicurezza degli edifici”, della Missione 2, Componente 3) rappresenta una delle principali proposte progettuali dell’intero Piano e quella economicamente a maggior impatto nella missione 2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica”. In attuazione del Regolamento UE sul Recovery and Resilience Facility, l’erogazione dei contributi è subordinata al raggiungimento di specifici milestone e target. Per il Superbonus, sono stati in particolare introdotti due specifici target: la superficie riqualificata energeticamente e la superficie riqualificata dal punto di vista sismico. Il monitoraggio della misura per gli interventi energetici è già effettuato da ENEA, per il tramite del portale dedicato alla presentazione dei progetti finanziati a valere sul Superbonus; non risultano invece monitorate le informazioni concernenti gli interventi di protezione sismica degli edifici. Ai fini del rafforzamento del sistema di monitoraggio, nonché al fine di valutare nel modo più adeguato tutti i risparmi energetici connessi agli interventi di cui all’articolo 16 del decreto-legge n. 63 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 90 del 2013, la disposizione prevede che, analogamente a quanto avviene per il Bonus Casa per gli interventi di riqualificazione energetica, ENEA raccolga le informazioni utili alla quantificazione dei risparmi energetici connessi agli interventi previsti dal citato articolo, nonché al monitoraggio degli interventi di natura antisismica. Inoltre, si prevede che ENEA elabori le informazioni pervenute e trasmetta una relazione sui risultati degli interventi al Ministero della transizione ecologica, al Ministero dell'economia e delle finanze, alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito delle rispettive competenze territoriali. L’ENEA assicura l’attuazione degli indirizzi del Ministro della transizione ecologica, anche attraverso modalità organizzative volte a conseguire una ottimale organizzazione delle risorse strumentali ed umane in grado di migliorare le sinergie con il Ministero, perseguendo gli obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità delle attività tecniche ed amministrative. A tal fine, si intende operare un intervento di razionalizzazione della governance dell’ENEA che impronti la sua azione complessiva a criteri di managerialità, capacità gestionale, organizzativa e direttiva e assicuri un elevato livello di prestazione e di valutazione delle attività svolte, tecnico- scientifiche e gestionali, anche ai fini della attribuzione delle responsabilità di conduzione delle strutture, specie con riferimento alle attività che la impegnano verso l’esterno e tra queste – segnatamente – quelle che rilevano per la realizzazione del PNRR. In tale contesto, si ritiene opportuno distinguere le funzioni di indirizzo, che competono al Presidente, da quelle più direttamente attinenti alla sfera direttiva e gestionale, che saranno attribuite al Direttore Generale, figura questa che verrà prevista dallo statuto con un’apposita modifica e che può quindi concentrare la propria azione di direzione in maniera più focalizzata sugli aspetti di raggiungimento ottimale delle performance. In particolare, il comma 2 specifica le finalità della disposizione prevedendo che, nel termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, l’ENEA modifica il proprio statuto, prevedendo l’istituzione della figura del Direttore Generale. Si prevede, inoltre, che con decreto del Ministro della transizione ecologica, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sia modificata la dotazione organica dell’Agenzia, prevedendo l’inserimento di una unità dirigenziale di livello generale. Per l’istituzione del posto funzione di livello dirigenziale generale è autorizzata la spesa di 67.456 euro per l’anno 2022 e di 202.366 euro annui a decorrere dall’anno 2023. Il comma 3 sostituisce il comma 5 dell’articolo 37 della legge n. 99 del 2009, eliminando ogni riferimento ad attività direttive e gestionali in capo al Presidente.

ART. 25 (Obiettivi del Programma nazionale di gestione dei rifiuti)

La disposizione in argomento si rende necessaria al fine di superare la criticità relativa al “piano di gestione delle macerie” impropriamente inserito tra gli elementi contenuti nel Programma nazionale di gestione dei rifiuti ai sensi dell’art. 198-bis, comma 3, lettera i), del decreto legislativo n. 152 del 2006. Il piano di gestione delle macerie derivanti da eventi calamitosi ivi inserito non sembra coerente con gli ambiti di competenza statale e regionale. Tuttavia, considerata la notevole rilevanza di una pianificazione dettagliata della gestione dei rifiuti derivanti da eventi calamitosi, è fondamentale che, nell’ambito delle competenze regionali (articolo 199 del decreto legislativo n. 152 del 2006), venga introdotta una disposizione finalizzata all’inserimento tra gli elaborati del piano di gestione dei rifiuti anche quello di gestione delle macerie e dei materiali derivanti dal crollo e dalla demolizione di edifici ed infrastrutture a seguito di un evento sismico. Nello specifico, in relazione all’adozione del Programma nazionale di gestione dei rifiuti di cui all’art. 198-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 si è da poco conclusa la fase di scoping sul rapporto preliminare e si sta procedendo con la dovuta celerità alla predisposizione del programma e del rapporto definitivo, la cui adozione è fissata al 30 giugno 2022 dal PNRR.

ART. 26 (Supporto tecnico operativo per le misure attuative del Piano nazionale di ripresa e resilienza di competenza del Ministero della transizione ecologica)

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza ed i relativi accordi di finanziamento e prestito sottoscritti prevedono termini stringenti per l’efficace attuazione degli investimenti e riforme con obiettivi e traguardi da conseguire secondo un piano concordato di rendicontazioni semestrali il cui ultimo termine è previsto al 30 giugno 2026. In tale contesto, il Ministero della transizione ecologica (MITE) è l’amministrazione cui è conferita istituzionalmente una delle più rilevanti sfide strategiche del Piano ossia quella di accelerare la transizione ecologica, superando barriere che si sono dimostrate critiche in passato mediante l’attuazione di una serie di investimenti e riforme che riguardano l’economia circolare, l’energia rinnovabile, l’idrogeno, la rete e la mobilità sostenibile, l’efficienza energetica e la riqualificazione degli edifici, la tutela del territorio e della risorsa idrica nonché gli interventi per la sostenibilità ambientale dei porti. Per raggiungere gli ambiziosi traguardi ambientali del Piano, il al Ministero della transizione ecologica sono stati assegnati oltre 34,6 miliardi di euro per l’attuazione di 26 Investimenti/Sub- Investimenti estremamente complessi, con procedure attuative delle più diversificate (crediti d’imposta, avvisi per la selezione di progetti a titolarità di Enti Locali o imprese, accordi di programma, etc). L’attuazione delle predette misure richiede specifiche competenze tecniche e specialistiche aggiuntive con particolare riferimento al tema degli aiuti di stato e degli appalti (compreso lo strumento del Partenariato pubblico-privato) e per garantire il rispetto, in fase attuativa, dei principi orizzontali del Piano. Tra questi, è certamente da menzionarsi, il principio di “non arrecare danno significativo all’ambiente” (DNSH) in base al quale, per come specificato nella nota circolare del Ministero dell’economia e delle finanze del 30 dicembre 2021, n. 32, il MITE dovrà dimostrare, in sede di monitoraggio e rendicontazione dei milestone e target e, in altri casi, in sede di verifica e controllo della spesa, se la misura di pertinenza sia stata effettivamente realizzata senza arrecare un danno significativo agli obiettivi ambientali con l’applicazione di stringenti regole puntualmente dettagliate nella circolare sopra richiamata. Inoltre, in prospettiva, il ruolo del MITE potrebbe essere maggiormente rafforzato nel processo attuativo del Piano anche a causa dell’attuale scenario socio-politico ed economico europeo che ha condotto la Commissione europea a presentare il nuovo programma REPowerEU: (azione europea comune per un'energia più sicura, più sostenibile e a prezzi più accessibili) che comporterà una ulteriore accelerazione sui target climatici ed energetici europei. In questo quadro, per l’effort finanziario, la tempistica sfidante ed il profondo cambiamento delle regole rendicontative del PNRR connesse all’attuazione di un quadro di performance stringente, il tema del rafforzamento delle azioni di assistenza tecnica dedicate assume un’importanza strategica. A partire dall’esperienza delle politiche di coesione risulta infatti necessario il concretizzarsi di azioni finalizzate ad eliminare la frammentarietà, a modellizzare e fluidificare i processi ma anche a stimolare la partecipazione, la cooperazione, la trasparenza e l’inclusività e risolvere potenziali criticità attuative per la cui risoluzione sono richieste competenze tecniche altamente specializzate garantendo il conseguimento degli sfidanti obiettivi del Piano in materia ambientale, nelle tempistiche previste e l’attuazione delle connesse politiche di investimento pubblico. Si aggiunga che mentre le azioni di supporto tecnico-operativo strettamente finalizzate all’attuazione degli specifici progetti finanziati sono ammissibili nell’ambito del PNRR non lo sono, invece, le azioni di assistenza tecnica, tra cui quelle di preparazione, monitoraggio, controllo, audit e valutazione necessarie per l’attuazione del Piano e delle relative iniziative. Tali azioni possono essere, quindi, finanziate solo con risorse nazionali e ciò ha condotto il Ministero dell’economia e delle finanze ad attivare i servizi di assistenza tecnica forniti da Cassa depositi e prestiti, Invitalia e SOGEI/Eutalia. Ad oggi, le azioni di assistenza tecnica attivate, non sono comunque sufficienti a coprire i fabbisogni di supporto del MITE, per la descritta dimensione finanziaria, complessità e varietà delle azioni a titolarità e che richiedono l’attivazione di servizi strutturati e dedicati di supporto anche ai processi relazionali e di confronto tecnico nei riguardi degli altri soggetti a vario titolo interessati nel processo attuativo e dei Servizi della Commissione europea (ad esempio servizi di consulenza in materia di aiuti, appalti, PPP, DNSH, etc..). Inoltre, l’articolo 9 del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, definisce le modalità di avvalimento dei soggetti previsti dal medesimo articolo 9 da parte delle Amministrazioni titolari di misure individuate nel PNRR. In particolare, si evidenzia che per supportare l’assistenza tecnica alle misure del PNRR, che si ribadisce non è finanziabile con il Piano, oltre alle misure adottate dal Ministero dell’economia e delle finanze, è stata prevista la facoltà di avvalersi delle risorse dei Programmi Operativi Complementari (POC) per il periodo di programmazione 2014-2020. L’articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 152 del 2021, oltre a prevederne l’estensione temporale fino al 31 dicembre 2026, ha espressamente disposto che le risorse “possano essere utilizzate anche per il supporto tecnico e operativo all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)”. Tuttavia, il MITE non ha programmi operativi a propria titolarità, né POC, pertanto le previsioni di cui al citato articolo 9, comma 1, non trovano attuazione. Per consentire, quindi, anche al MITE di poter attivare servizi di assistenza tecnica dedicata e consentire altresì di poter usufruire del predetto avvalimento, con la disposizione di cui al comma 1 viene istituito un Fondo per finanziare l’attività di supporto tecnico-operativo, al fine di consentire la più efficace e tempestiva realizzazione degli interventi previsti dal PNRR con uno stanziamento di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024.

ART. 27 (Istituzione del Sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici)

L’esigenza di rafforzare l’obiettivo “salute” nelle attività di controllo dei rischi ambientali e climatici e la necessità di creare le basi per un nuovo sistema di monitoraggio, inevitabilmente interdisciplinare, capace di identificare e valutare contestualmente i rischi per la popolazione e per l’ecosistema al fine di proporre soluzioni adeguate, è da anni al centro degli strumenti di programmazione a livello internazionale, europeo e nazionale. In particolare, si menzionano, a titolo esemplificativo, l’agenda ONU 2030 e il portfolio della Sesta Conferenza interministeriale di Ostrava su ambiente e salute dei Ministri della regione europea dell’OMS. Il tema del rapporto ambiente – salute e, conseguentemente, quello dell’interazione tra le Istituzioni preposte alla tutela dei due interessi costituzionalmente protetti, è, parimenti, oggetto di attenzione da parte del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che ne fa menzione nell’ambito della missione 6, e dal Piano nazionale degli investimenti complementari (PNC), con il progetto “Salute, Ambiente, Biodiversità e Clima”. In tale contesto, la presente disposizione, istitutiva del Sistema Nazionale Prevenzione Salute dai rischi ambientali e climatici (SNPS), mira a realizzare una nuova governance del settore, allo scopo di migliorare e armonizzare le politiche e le strategie messe in atto dal Servizio sanitario nazionale per la prevenzione, il controllo e la cura delle malattie acute e croniche, trasmissibili e non trasmissibili, associate a rischi ambientali e climatici. In altri termini, con l’istituzione del SNPS e, quindi, mediante la messa a rete delle varie Istituzioni coinvolte nonché mediante l’interazione con il SNPA, si persegue l’obiettivo di rafforzare la capacità, l’efficacia, la resilienza e l’equità del Paese di fronte agli impatti sulla salute, attuali e futuri, associati ai rischi ambientali e climatici, potenziando l’attività di prevenzione sanitaria relativa a potenziali rischi connessi allo sviluppo e migliorando le risposte ai bisogni di salute, soprattutto in contesti ambientali compromessi. Le criticità riscontrate nelle politiche e nelle azioni istituzionali a livello centrale e periferico nella prevenzione e promozione della salute finora messe in atto sono state evidenziate anche in occasione del contrasto alla diffusione del Covid-19. Infatti, le dinamiche di insorgenza e propagazione in forma epidemica sono influenzate anche dal tipo di equilibrio esistente tra l’uomo e il suo ecosistema e le loro conseguenze negative per la salute possono trovare, nella presenza di inquinanti ambientali pericolosi, moltiplicatori d’effetto. È proprio per superare tali limiti, attuando le richiamate previsioni del PNRR e del PNC, che la norma proposta prevede l’istituzione del SNPS e l’interazione con il SNPA. Nel dettaglio, la norma proposta consta di 9 commi. Il comma 1 istituisce il Sistema Nazionale Prevenzione Salute dai rischi ambientali e climatici (SNPS), di seguito “SNPS”. Il comma 2 specifica l’obiettivo sotteso alla realizzazione del Sistema Nazionale Prevenzione Salute dai rischi ambientali e climatici (SNPS), che, tramite l’interazione con il Sistema Nazionale a rete per la Protezione Ambientale (SNPA), dovrà concorrere al perseguimento degli obiettivi di prevenzione primaria correlati, in particolare, alla promozione della salute, alla prevenzione dell’esposizione ai rischi ambientali e climatici e al controllo dei rischi sanitari associati direttamente e indirettamente a determinanti ambientali e climatici, con particolare attenzione alle comunità e alle persone vulnerabili o in situazioni di vulnerabilità. Viene fatto espresso richiamo al principio di “equità”, già valorizzato tra l’altro dal Piano nazionale di prevenzione (PNP) 2020-2025 approvato con intesa in Conferenza Stato-regioni (Rep. Atti n. 127 del 6 agosto 2020) (cfr. punto 2.8), e al principio di “prossimità”. A tal fine, il SNPS, ai sensi del comma tre, identifica e valuta le problematiche sanitarie associate a rischi ambientali e climatici, per contribuire alla definizione e all’implementazione di politiche di prevenzione attraverso l’integrazione con altri settori (lett. a), favorisce l’inclusione della salute nei processi decisionali che coinvolgono altri settori, anche attraverso attività di comunicazione istituzionale e formazione (lett. b), concorre, per i profili di competenza, alla definizione e all’implementazione degli atti di programmazione in materia di prevenzione e dei livelli essenziali di assistenza associati a priorità di prevenzione primaria, assicurando la coerenza con le azioni in materia di livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali (LEPTA), di cui all’articolo 9 della legge 28 giugno 2016, n. 132; d) concorre alla individuazione e allo sviluppo di criteri, metodi e sistemi di monitoraggio integrati, anche avvalendosi di sistemi informativi funzionali all’acquisizione, all’analisi, all’integrazione e all’interpretazione di modelli e dati; e) assicura il supporto alle autorità competenti nel settore ambientale per l’implementazione della Valutazione di Impatto sulla Salute (VIS) nell’ambito della Valutazione Ambientale Strategica (VAS), della Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA). Il comma 4 della previsione normativa in esame elenca, inoltre, i soggetti che, operando in coordinamento tra loro in una logica di rete, fanno parte del SNPS. Tra questi, i Dipartimenti di prevenzione di cui agli articoli 7 e 7-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, costituiscono la dorsale dell’istituendo sistema, di cui fanno parte anche le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che oltre ad esercitare i loro compiti istituzionali, assumono funzioni di coordinamento in rete tra i predetti Dipartimenti, nonché tra gli stessi, le strutture sanitarie pubbliche e private e gli altri enti del territorio di competenza che concorrono al raggiungimento degli obiettivi del SNPS. Altri fondamentali attori del Sistema sono gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali di cui al decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 270, l’Istituto superiore di sanità e il Ministero della salute. In particolare, l’Istituto superiore di sanità, in ragione delle competenze tecniche di cui dispone e del ruolo di ente di supporto degli enti del SSN, entra a far parte del SNPS con compiti di coordinamento e di supporto tecnico-scientifico. Inoltre, al Ministero della salute, in considerazione dei compiti istituzionali già attribuiti dall’articolo 47-bis del decreto legislativo n. 300 del 1999, sono deputati l’indirizzo, la programmazione, il monitoraggio e le attività di comunicazione istituzionale, anche mediante l’adozione di apposite direttive. Le previsioni in questione non incidono sulle competenze istituzionalmente attribuite ad enti diversi da quelli menzionati. Ai sensi del comma 5, è affidata a un decreto del Ministro della salute, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, la individuazione degli specifici compiti, ivi inclusi gli obblighi di comunicazione dei dati personali, anche appartenenti alle categorie particolari di cui all’articolo 9 del Regolamento UE 2016/679 del 27 aprile 2016, che tutti i soggetti di cui al comma 4 svolgono nell’ambito del SNPS, per l’espletamento delle funzioni di cui al comma 3. Il comma 6 delinea la governance del nuovo sistema SNPS-SNPA, prevedendo che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro sessanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del decreto di cui al comma 5, su proposta del Ministro della salute e del Ministro della transizione ecologica, sono definite le modalità di interazione del SNPS con il SNPA. Allo scopo di assicurare, anche mediante l’adozione di apposite direttive, la effettiva operatività, secondo criteri di efficacia, economicità e buon andamento, delle modalità di interazione del SNPS con il SNPA, con il dPCM sopra menzionato è istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri una Cabina di regia, della quale fanno parte: a) un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri, che la presiede; b) due rappresentanti del SNPS, designati dal Ministro della salute tra i dirigenti del Ministero e dell’Istituto superiore di sanità, con comprovate competenze nel settore della prevenzione sanitaria; c) due rappresentanti del SNPA, designati dal Ministro della transizione ecologica, tra i dirigenti del Ministero con comprovate competenze nel settore; d) un rappresentante delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, designato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome. Il comma 7 precisa che la partecipazione alle riunioni e alle altre attività promosse dalla Cabina di regia non comporta la corresponsione di gettoni o altri emolumenti comunque denominati, ivi inclusi rimborsi di spese, diarie e indennità, e non determina nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato e delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Il successivo comma 8 reca le disposizioni di carattere finanziario, ricognitive, chiarendo che ai fini dell’attuazione dei commi da 1 a 6, si provvede con gli interventi indicati, per il progetto “Salute, Ambiente, Biodiversità e Clima”, nell’allegato 1 al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 15 luglio 2021, nel limite delle risorse di cui all’articolo 1, comma 2, lett. e), n. 1 del decreto legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito con modificazioni dalla legge 1° luglio 2021, n. 101.

CAPO IV TRANSIZIONE DIGITALE

ART. 28 (Costituzione e disciplina della società 3-I S.p.A. per lo sviluppo, la manutenzione e la gestione di soluzioni software e di servizi informatici a favore degli enti previdenziali e delle pubbliche amministrazioni centrali)

L’intervento legislativo in esame risponde alla necessità di realizzare gli obiettivi indicati nella Missione “M1C1 - Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA”, del Piano Nazionale di ripresa e resilienza (di seguito: PNRR) di cui al regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021. In particolare, si tratta di dare attuazione, nell’ambito della Missione 1, alla Riforma “R.1.2.: Supporto alla trasformazione della PA locale”, che prevede la creazione di una nuova società (“NewCo”) dedicata a Software development & operations management, incaricata dello svolgimento delle attività di sviluppo, manutenzione e gestione di soluzioni software e di servizi informatici, con l’obiettivo di sostenere lo sviluppo e la gestione delle applicazioni che supportano i processi delle amministrazioni centrali nonché di consolidare, nella NewCo, le competenze tecnologiche oggi frammentate tra una pluralità di attori istituzionali. Con l’intervento legislativo in commento è quindi istituita la società “3-I S.p.A” a capitale interamente pubblico per lo svolgimento di attività di sviluppo, manutenzione e gestione di soluzioni software e di servizi informatici in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e delle altre pubbliche amministrazioni centrali, nonchè dell’Istituto Nazionale Previdenza Sociale (INPS), dell’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL) e dell’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT). Al comma 1, richiamata la predetta finalità di costituzione della società e la natura pubblica della stessa, viene individuata la sede in Roma e sono identificati i soggetti pubblici in favore dei quali vengono resi i servizi. Nei successivi commi, conformemente al modello di società a partecipazione pubblica delineato nel decreto legislativo n. 175 del 2016, sono definiti gli elementi essenziali della neo costituita società, quali la composizione del Consiglio di amministrazione, il capitale sociale, lo statuto, le modalità di esercizio del controllo analogo svolto dai tre Istituti, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il contratto di servizio e l’attribuzione delle risorse umane e strumentali. Si prevede, altresì, che il capitale sociale della società 3-I S.p.A., pari a 45 milioni di euro, è interamente sottoscritto e versato dall’INPS, dall’INAIL e dall’ISTAT, nella misura di un terzo per ciascun ente, o nella diversa misura indicata nello statuto di cui al comma 2 Il comma 2 prevede che lo statuto è adottato con deliberazione congiunta dei presidenti degli Istituti di cui al medesimo comma 1 che partecipano al capitale sociale, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, e approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Lo statuto definisce ruoli e responsabilità degli organi della società, nonché le regole di funzionamento della società. Lo statuto definisce altresì le modalità di esercizio del controllo analogo, esercitato dai tre Istituti, dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al fine di assicurare il coordinamento con gli obiettivi istituzionali e la coerenza con le finalità della transizione digitale nazionale. Il comma 3 stabilisce che il Consiglio di amministrazione della società è composto da cinque membri, di cui uno nominato dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, con funzioni di Presidente, uno nominato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali e i restanti nominati, uno ciascuno, dall’INPS, dall’INAIL e dall’ISTAT. Il comma 4 definisce la composizione del collegio sindacale. Il comma 5 conformemente alle disposizioni in tema di esercizio di controllo analogo congiunto sulle società a partecipazione pubblica - individua gli atti di amministrazione che la società è tenuta a sottoporre alla preventiva approvazione dei soggetti pubblici che esercitano il predetto controllo. Il comma 6 disciplina il rapporto tra la NewCO e gli Istituti che la compongono nonché con la Presidenza del Consiglio dei Ministri e con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, tramite un contratto di servizio, in cui sono definiti: 1) la data di avvio dei servizi; 2) i livelli minimi inderogabili delle prestazioni; 3) le relative compensazioni economiche, conformemente agli atti di indirizzo strategico approvati dal da comitato di indirizzo di cui al comma 2. È prevista, inoltre, la possibilità per la società di stipulare contratti di lavoro e provvedere all’affidamento di contratti di lavori, servizi e forniture di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nel rispetto delle vigenti previsioni di legge, al fine di garantire il perseguimento degli obiettivi fissati nel contratto di servizio. Il comma 7 individua le risorse strumentali e finanziarie della società, con previsione della facoltà, per gli Istituti partecipanti, di conferire dotazione strumentale, incluse le infrastrutture informatiche e beni immobili di proprietà. Le modalità di conferimento delle predette risorse sono definite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, d’intesa con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali entro novanta giorni dall’approvazione dello statuto. Al comma 8 si dispone che la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale assolve gli adempimenti in materia di costituzione di società per azioni previsti dalla normativa vigente. Il comma 9, infine, prevede che si provveda agli oneri derivanti dall’attuazione della norma con le risorse annualmente appostate, per tale finalità, dagli Istituti partecipanti.

ART. 29 (Acquisizione dei servizi cloud infrastrutturali)

La previsione reca una disciplina relativa alla regolazione delle spese per l’acquisto di servizi cloud da parte delle amministrazioni centrali e locali, necessaria al fine di agevolare la realizzazione del Polo strategico nazionale di cui all’articolo 33-septies del decreto-legge n. 179 del 2012 e, più in generale, permettere di raggiungere l’obiettivo PNRR di migrare le P.A. verso infrastrutture cloud sicure e rispondenti alla strategia cloud italia e alle previsioni del Regolamento cloud e degli atti ad esso successivi dettate dall’AgID e dall’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (corrispondente alla Missione M1. C1. 1.1 e 1.2. del PNRR). Per realizzare tali obiettivi, infatti, le amministrazioni dovranno prevedibilmente spostare i sistemi informativi della pubblica amministrazione sul cloud, trasformando gli investimenti in conto capitale, storicamente effettuati per i CED, in spese in conto corrente annuali per pagare i canoni relativi ai servizi cloud. Ciò crea enormi criticità applicative in termini di vincoli di spending review per la spesa corrente e, in particolare, per gli enti locali. A tal fine, l’articolo estende a regime le deroghe ai limiti di spesa per acquisti di beni e servizi informatici, necessari a realizzare il modello PSN e, nello specifico, per acquisizione di servizi cloud infrastrutturali.

ART. 30 (Riordino dell’Agenzia spaziale italiana (A.S.I.) e del settore spaziale e aerospaziale)

Al fine di garantire semplificazione, maggiore efficienza e celerità d'azione nella realizzazione degli obiettivi di transizione digitale fissati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e in particolare dalla M1.C2. investimento 4, la presente disposizione interviene in materia di organizzazione e funzionamento dell’Agenzia spaziale italiana previsti dal decreto legislativo 4 giugno 2003, n. 128, recante “Riordino dell’Agenzia spaziale italiana (A.S.I.). Le novelle proposte al decreto legislativo 4 giugno 2003, n. 128 hanno l’obiettivo di rendere coerente l’organizzazione dell’ASI con quanto stabilito dalla legge 11 gennaio 2018, n. 7 che ha attribuito al Presidente del Consiglio dei Ministri l'alta direzione, la responsabilità politica generale e il coordinamento delle politiche dei Ministeri relative ai programmi spaziali e aerospaziali, nell'interesse dello Stato. In particolare, al comma 1, si novella il decreto legislativo 4 giugno 2003, n. 128 attribuendo i poteri di indirizzo, coordinamento, programmazione e vigilanza - attualmente in capo al Ministro dell’Università e della Ricerca - al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro o al sottosegretario delegato, ferme restando le competenze del Ministro dell’Università e della ricerca in ordine all’attività di ricerca svolte dall’ASI. Si stabilisce, inoltre, che la nomina del direttore generale dell’ASI spetti al Presidente del Consiglio ovvero del Ministro o del Sottosegretario delegato Coerentemente, il finanziamento viene garantito a valere sul bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio. Al comma 2 si prevede il trasferimento, a titolo gratuito, delle azioni possedute dall’A.S.I. nella società CIRA al CNR. Il comma 3 fissa il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto entro cui ASI deve procedere all’adeguamento dello Statuto. Il comma 4 stabilisce che, decorso inutilmente il termine di cui al comma 3, l’adeguamento sia curato da una commissione nominata dal Presidente del Consiglio dei Ministri e composta da tre membri, compreso il presidente, in possesso di adeguata professionalità. Il comma 5 stabilisce che gli organi dell’ASI restino in carica sino alla naturale scadenza dei rispettivi mandati. I commi 6, 7 e 8 recano la norma di copertura e norme di coordinamento e transitorie.

ART. 31 (Struttura per le politiche spaziali e aerospaziali della Presidenza del Consiglio dei ministri)

La presente disposizione incrementa la dotazione organica dirigenziale della Presidenza del Consiglio dei ministri, al fine di dotare la medesima Presidenza del Consiglio dei ministri di un’adeguata struttura di supporto nell’esercizio delle funzioni di direzione e coordinamento delle politiche dei ministeri relative ai programmi spaziali e aerospaziali, anche in virtù delle nuove attività attribuite alla Presidenza del Consiglio dei ministri connesse alla vigilanza sull’ASI introdotte da una disposizione contenuta i altro articolo del medesimo DL. Il comma 2 definisce prevede l’assunzione di 5 unità di personale non dirigenziale, unitamente ad un contingente di 5 esperti, di cui 2 designati d’intesa con il Ministro della difesa e uno designato d’intesa con il Ministro dello sviluppo economico. Il comma 3, infine, quantifica l’onere e individua la relativa copertura finanziaria.

ART. 32 (Misure per la realizzazione degli obiettivi di transizione digitale fissati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e per il rafforzamento dei servizi digitali)

Gli interventi normativi, coerenti con l’azione di Governo, si pongono l’obiettivo di contribuire alla realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), di cui al regolamento (UE) 2021/240 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 febbraio 2021, e al regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021, in particolare nell’ambito della Missione 1, componente 1.1 – Digitalizzazione della PA, con riferimento all’investimento 1.4 – Servizi digitali e cittadinanza digitale, nonché dei progetti del Piano nazionale per gli investimenti complementari “Servizi digitali e cittadinanza digitale” di cui all’art. 1, comma 2, lettera a), punto 1, del decreto- legge 6 maggio 2021, n. 59. In particolare, il comma 1, lettera a), prevede l’estensione dell’ambito di intervento del Fondo innovazione, al fine di ricomprendere ulteriori campi coerenti con le progettualità PNRR (banda ultra larga, intelligenza artificiale, competenze digitali). Il comma 1, alle lettere b) e c), reca previsioni di coordinamento per garantire, in norma primaria, il rinvio ad un manuale operativo con le regole tecniche di attuazione del Sistema gestione deleghe e della piattaforma notifiche digitali.

CAPO V - MISURE PER L’ATTUAZIONE DEL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA IN MATERIA DI INFRASTRUTTURE, BENI CULTURALI, ZONE ECONOMICHE SPECIALI E ZONE LOGISTICHE SEMPLIFICATE

ART. 33 (Disposizioni urgenti per la realizzazione degli impianti di elettrificazione dei porti)

La norma reca disposizioni urgenti per la realizzazione degli impianti di elettrificazione dei porti al fine di ridurne, in attuazione delle previsioni del PNRR, i tempi di realizzazione degli interventi, i progetti destinati alla realizzazione di opere ed impianti di elettrificazione dei porti nonché le opere e le infrastrutture connesse, necessarie o comunque indispensabili alla costruzione, alla elettrificazione e all'esercizio degli stessi impianti, finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR e dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell'Unione europea. La disposizione è, pertanto, finalizzata al raggiungimento degli obiettivi definiti dalla Missione M3C2-4 Riforma 1.3 del PNRR che prevede la semplificazione delle procedure di autorizzazione per gli impianti di cold ironing con lo scopo precipuo di “semplificare e ridurre la procedura di autorizzazione relativa alla costruzione degli impianti della rete nazionale di trasmissione dell'energia elettrica per alimentare i sistemi di distribuzione per la fornitura di elettricità alle navi (cold ironing).”. In particolare, al comma 1 si prevede che detti interventi sono da considerarsi di pubblica utilità, anche ai sensi dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e caratterizzati da indifferibilità ed urgenza. Ai fini della definizione del procedimento autorizzativo degli interventi di cui al comma 1, al comma 2 si prevede che, fatti salvi i provvedimenti di competenza del Ministero dell'interno in materia di prevenzione incendi, la costruzione e l'esercizio degli impianti di elettrificazione dei porti, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione di detti impianti, nonché le opere e le infrastrutture connesse, necessarie o indispensabili alla costruzione, alla elettrificazione e all'esercizio degli impianti stessi, ivi inclusi gli interventi, anche consistenti in demolizione di manufatti o in interventi di ripristino ambientale, occorrenti per la riqualificazione delle aree di insediamento degli impianti, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla Regione nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. Il comma 3 stabilisce che l'autorizzazione di cui al comma 2 è rilasciata all’esito di una conferenza di servizi, promossa dall’Autorità di sistema portuale o dalla Regione competente, e svolta secondo le modalità di cui all’articolo 14-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, alla quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, ivi comprese l’autorità competente al rilascio ai sensi dell’articolo 36 del codice della navigazione di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 di apposita concessione di durata non inferiore a quindici anni e con canone determinato ai sensi dell’articolo 39, comma 2, del medesimo codice della navigazione. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire gli impianti, in conformità al progetto approvato. Il termine massimo per la conclusione del procedimento unico non può essere superiore a centoventi giorni, ovvero a centottanta nel caso in cui sia necessario il procedimento di valutazione di impatto ambientale o la verifica di assoggettabilità sul progetto di fattibilità tecnico-economica. In relazione a eventuali procedure di valutazione di impatto ambientale necessarie ai fini della realizzazione degli interventi, il comma 4 stabilisce che ogni eventuale procedimento di valutazione di impatto ambientale o della verifica di assoggettabilità da svolgersi sul progetto di fattibilità tecnico - economica, ivi incluse le opere connesse e le infrastrutture indispensabili, è di competenza della Regione. A tal fine, tutti i termini previsti ai sensi dell’articolo 27-bis, commi da 1 a 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono dimezzati. Infine, il comma 5 prevede che le amministrazioni pubbliche interessate provvedono all'attuazione delle disposizioni del presente articolo nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

ART. 34 (Rafforzamento del sistema di certificazione della parità di genere)

La disposizione si rende necessaria per armonizzare la disciplina contenuta nel Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) all’introduzione del sistema della certificazione della parità di genere, conferendo allo stesso effettività, in coerenza con lo specifico obiettivo di PNRR. La lettera a), in particolare va a modificare il comma 7 dell’art. 93, concernente le garanzie per la partecipazione alle procedure di gara, inserendo quale ulteriore ipotesi di riduzione della cd. “garanzia provvisoria” (cauzione o fideiussione, a scelta dell’offerente, nella misura del 2 % del prezzo base indicato nel bando o nell’avviso) il possesso della certificazione della parità di genere. In tal modo si conferisce operatività alla documentazione in questione, disciplinata a livello generale nell’art. 46- bis inserito nel d.lgs. 11 aprile 2006, n. 198 (Codice delle pari opportunità) dalla l. 5 novembre 2021, n. 162, valorizzandone altresì la finalità “certificativa”, appunto, dell’avvenuta adozione da parte dell’impresa di politiche tese al raggiungimento della parità di genere. In pratica, nei contratti relativi a servizi e forniture è riconosciuta la riduzione del 30 % della garanzia provvisoria anche agli operatori economici in possesso di tale certificazione della parità di genere, che vengono pertanto equiparati alle altre categorie già ivi contemplate dalla norma, ovvero quelli in possesso del rating di legalità e del rating di impresa o della attestazione del modello organizzativo, ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001. La lettera b) impatta invece sulla disciplina dei criteri di aggiudicazione degli appalti, declinati all’art. 95 del medesimo Codice dei contratti pubblici. Il comma 13, sostituito dall’art. 49, comma 1 bis, lett. b), introdotto in sede di conversione del d.l. 26 ottobre 2019, n. 124, ad opera della l. 19 dicembre 2019, n. 157, prevede la possibilità di introdurre nei bandi di gara, negli avvisi o negli inviti criteri premiali applicabili alla valutazione delle offerte. La modifica va ad incidere sull’ultimo periodo della norma, relativo ai casi in cui tale vantaggio si traduce in un maggior punteggio per l’offerta concernente beni, lavori o servizi che presentano un minore impatto sulla salute e sull’ambiente, ivi compresi i beni o i prodotti da filiera corta o a chilometro zero. Con essa si estende tale premialità anche ai casi di offerte di operatori economici che dimostrino l’adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere, comprovata dal possesso della già ricordata certificazione di cui all’art. 46-bis del d.lgs. n. 198/2006.

ART. 35 (Procedure attuative e ai tempi di realizzazione degli interventi finanziati con risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza)

La norma proposta specifica che le previsioni dell’articolo 48, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, si applicano anche agli investimenti articolati per lotti funzionali. L’intervento normativo è finalizzato a garantire l’unicità delle procedure attuative e la coerenza dei tempi di realizzazione nel caso in cui un’opera complessiva sia articolata in più lotti funzionali (come nel caso della realizzazione di opere in cui un lotto è finanziato con risorse PNRR ed uno, immediatamente contiguo e funzionale al precedente, con risorse nazionali).

ART. 36 (Interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza di competenza del Ministero della cultura)

Comma 1

L’articolo 1, comma 4, lett. o) del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021 n. 108, indica che i soggetti attuatori degli interventi realizzati a valere sulle risorse del PNRR sono: “i soggetti pubblici o privati che provvedono alla realizzazione degli interventi previsti dal PNRR”. L’art 9, comma 1, del medesimo decreto specifica che “alla realizzazione operativa degli interventi previsti dal PNRR provvedono le Amministrazioni centrali, le Regioni, le provincie autonome di Trento e Bolzano e gli Enti locali (sulla base delle specifiche competenze istituzionali ovvero della diversa titolarità degli interventi definita nel PNRR) attraverso le proprie strutture ovvero avvalendosi di soggetti attuatori esterni individuati nel PNRR ovvero con le modalità previste dalla normativa nazionale ed europea vigente”. La proposta in esame ha finalità acceleratorie e di semplificazione in materia di interventi su beni ecclesiastici. È a tal fine specificato che gli enti ecclesiastici e le diocesi titolari dei beni interessati da interventi di recupero finanziati con risorse del PNRR possono essere indentificati quali soggetti attuatori esterni, fermo restando il rispetto della normativa vigente in materia di contratti pubblici. Gli interventi saranno altresì realizzati secondo modalità stabilite con apposito atto adottato dal soggetto pubblico titolare dell’intervento e a seguito dell’assunzione di specifici obblighi nei confronti del medesimo ivi previsti. La norma proposta è stata elaborata in analogia a quanto disposto dall’art. 15, comma 3-bis del decreto-legge 189 del 2016, come modificato dall’art. 11, comma 3, del decreto-legge n. 76 del 2020, convertito con legge n. 120 del 2022, e dalla successiva ordinanza del Commissario straordinario per il sisma n. 105 del 17 settembre 2020. In base alle predette disposizioni, le Diocesi sono state riconosciute soggetti attuatori dei lavori relativi a riparazione, ripristino con miglioramento sismico o di ricostruzione delle opere pubbliche e dei beni culturali di proprietà delle stesse e degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti. Gli interventi in questione rientrano nell’ambito dell’Investimento 2.4 - Sicurezza sismica nei luoghi di culto, restauro del patrimonio FEC e siti di ricovero per le opere d’arte (Recovery Act) del PNRR, a titolarità MiC, e riguarda la messa in sicurezza antisismica dei luoghi di culto, torri e campanili. Per tali interventi sono state ultimate le ricognizioni per l’individuazione dei luoghi di culto e del patrimonio culturale da sottoporre a interventi di adeguamento sismico (MiC – Direzione Generale Sicurezza). Comma 2 La proposta normativa in esame mira a estendere l’esercizio delle funzioni di tutela dei beni culturali e paesaggistici esercitate dalla Soprintendenza speciale per il PNRR di cui all’articolo 29 del decreto legge 31 maggio n. 77 del 2021 ai casi in cui tali beni siano interessati dagli interventi previsti dal Piano di investimenti strategici su siti del patrimonio culturale, edifici e aree naturali, nell’ambito del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR di cui all'articolo 1 del decreto legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, anche per il caso in cui gli stessi non siano sottoposti a VIA statale. La finalità della disposizione è assicurare la più efficace e tempestiva attuazione con riferimento agli interventi previsti dal Piano di investimenti strategici su siti del patrimonio culturale, edifici e aree naturali, nell’ambito del PNC, non sottoposti a VIA statale. Da qui, la modifica dell’articolo 14 del decreto-legge n. 77 del 2021 oggetto della proposta in esame.

ART. 37 (Disposizioni in materia di ZES e ZLS)

La disposizione si occupa di quattro temi: 1) la revisione delle aree ZES; 2) le agevolazioni fiscali applicabili e la disciplina di contratti di sviluppo specificatamente destinati agli investimenti nelle aree ZES; 3) la revisione della normativa applicabile alle ZLS. Quanto alla prima disposizione, l’art. 4, comma 3, del decreto legge 20 giugno 2017, n. 91 ha, a suo tempo, previsto che le disposizioni attuative delle ZES e, in particolare, la sua durata, i criteri generali per l'identificazione e la delimitazione dell'area, i criteri che ne disciplinano l'accesso e le condizioni speciali di cui all'articolo 5, nonché il coordinamento generale degli obiettivi di sviluppo sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata. La disposizione ha trovato attuazione con il DPCM del 25 gennaio 2018 (GURI Serie Generale n. 47 del 26 febbraio 2018) che ha anche fissato il limite massimo dell’estensione territoriale delle ZES per ciascuna Regione. Le ZES sono così nate sulla base di un Piano strategico focalizzato su una area preventivamente definita e perimetrata. È tuttavia sorta l’esigenza, anche a seguito delle prime attività ricognitive svolte dai Commissari, di piccole revisioni territoriali che non trovano però disciplina procedimentale, né nella legge, né, conseguentemente, nel DPCM citato. Il comma 1 della disposizione in commento colma la lacuna profilando un procedimento semplificato di revisione in cui il Commissario ZES ha un ruolo d’impulso. È prevista, quale condizione di procedibilità del potere di revisione, che la superficie massima fissata per Regione sia, comunque, rispettata. Quanto alla seconda disposizione (comma 2) riguarda il credito d’imposta ZES previsto dall’art. 5 comma 2 del decreto legge 2 giugno 2017, n. 91. Scopo della norma è quello di chiarire i dubbi che sono emersi in fase applicativa in ordine agli investimenti aventi a oggetto gli “immobili”. È stato, pertanto, incluso anche l’acquisto di “terreni” e si è precisato che nel concetto di acquisto di immobili sono ricompresi “l’acquisizione, l’ampliamento e la realizzazione degli immobili strumentali agli investimenti” eseguiti anche non cumulativamente. La disposizione, dunque, concerne modifiche al credito di imposta ZES - previsto dall’art. 5 comma 2 del decreto legge 2 giugno 2017, n. 91. Inoltre, la seconda parte prevede di rafforzare la struttura produttiva delle aree ZES mediante lo strumento agevolativo “Contratti di sviluppo” di cui all’art. 43 del decreto legge 25 Giugno 2008, n. 112. A tal fine è stanziata – con delibera CIPESS - in favore del MISE la somma complessiva di 250 milioni di euro, a valere sul FSC 2021-2027 (di cui 50 milioni per il 2022, 100 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024). È previsto che la valutazione delle singole iniziative imprenditoriali da finanziare, segue criteri di massima semplificazione e riduzione dei tempi, secondo quanto già indicato dai DM attuativi dell’art. 43 del DL 25 Giugno 2008, n. 112. Inoltre, si stabilisce che il Ministro dello sviluppo economico, di intesa con il Ministro per il Sud e la coesione territoriale, definisce con apposite direttive le aree tematiche e gli indirizzi operativi per la gestione degli interventi, nonché le modalità di vigilanza e monitoraggio sull’attuazione degli interventi finanziati e sui risultati conseguiti. Con riferimento, infine, alla terza disposizione si introduce una integrazione all’art. 1, comma 65, della legge n. 205/2017 che prevede - così come disposto per le ZES dall’art. 4, comma 3, del decreto- legge 20 giugno 2017, n. 91 - un DPCM con il quale é dettata la disciplina delle procedure di istituzione, le modalità di funzionamento e la governance, nonché definite le condizioni per l’applicazione delle misure di semplificazione previste dalla legge. Tale fonte concorrerà a chiarire il quadro normativo relativo alle ZLS, il quale risulta, invero, ad oggi confuso in ragione del generico rinvio “in quanto compatibili” alle procedure istitutive delle ZES. Con riferimento alle semplificazioni, l’obiettivo è di rispondere a esigenze di chiarimenti in merito alle misure che effettivamente possono trovare applicazione in ambito ZLS. Si tratta, in particolare, delle disposizioni di cui all’art. 5, comma 1 lett. a) e a bis) e al comma 1 bis del predetto articolo del decreto legge n. 91 del 2017.

CAPO VI MISURE PER L’ATTUAZIONE DEL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA IN MATERIA DI TURISMO

ART. 38 (Digitalizzazione agenzie “Tour Operator”)

La misura del PNRR M1 C3 investimento 4.2 contiene il sub investimento 4.2.1 relativo al “Miglioramento delle infrastrutture di ricettività” attraverso lo strumento del tax credit e contributo a fondo perduto, di cui all’articolo 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 152/2021, convertito in legge 233/2021, e il sub investimento 4.2.2 relativo alla “Digitalizzazione delle agenzie di viaggio e tour operator” attraverso lo strumento del tax credit di cui all’articolo 4 del medesimo decreto n. 152 del 2021. Vista la necessità di garantire, nell’ambito della misura 4.2, il pieno utilizzo delle risorse finanziarie stanziate dal PNRR, si rende necessario riformulare l’attribuzione della dotazione finanziaria dei due sub investimenti, prevedendo la rimodulazione degli stanziamenti del sub investimento 4.2.2 “Digitalizzazione delle agenzie viaggio e tour operator” affinché le risorse, di cui al comma 4 dell’articolo 4 del DL 152/2021, siano destinate ad incrementare la dotazione finanziaria del sub investimento 4.2.1 relativo al “Miglioramento delle infrastrutture di recettività”, destinando, al contempo, l’importo di 100 milioni di euro di cui all’articolo 1, comma 13, del decreto legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233, anche alle agevolazioni per le agenzie di viaggio e tour operator, ai sensi dell’articolo 4 del predetto decreto- legge n. 152 del 2021

ART. 39 (Garanzie per i finanziamenti nel settore turistico)

Prevede la modifica dell’articolo 2, comma 3-bis, del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233, secondo cui, ai fini delle attività inerenti alla concessione delle garanzie per i finanziamenti nel settore turistico, la composizione del consiglio di gestione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, di cui all’articolo 2, comma 100, lett. a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, è integrata con un membro designato dal Ministero del turismo e con un rappresentante delle organizzazioni nazionali maggiormente rappresentative delle imprese turistiche. Attraverso il richiamo al primo periodo dell’articolo 2, comma 3-bis, del decreto legge n. 152 del 2021, si prevede che il consiglio di gestione del Fondo può operare anche in attesa della designazione del rappresentante delle organizzazioni nazionali maggiormente rappresentative delle imprese turistiche, al fine di rendere immediatamente operative le misure, evitando che nelle more della citata designazione sia impedito al Fondo di erogare le garanzie previste per le imprese del settore turistico.

ART. 40 (Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025 e misure per l’attuazione di Caput Mundi- Next Generation EU per grandi eventi turistici)

Il progetto Caput Mundi prevede la realizzazione degli interventi in un arco temporale legato all’evento giubilare del 2025, il quale impone che i cantieri siano terminati in anticipo per rendere i nuovi siti valorizzati e disponibili. A tal fine, per accelerare la realizzazione dei predetti investimenti, è necessario apportare delle modifiche alle disposizioni in materia di interventi per il giubileo 2025, introdotte dall’articolo 1, commi da 420 a 443, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024”, che prevedono la nomina di un Commissario straordinario del Governo e la costituzione della società Giubileo 2025 per la pianificazione e la realizzazione delle opere e degli interventi funzionali alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025. Nel dettaglio, considerando che anche il progetto Caput Mundi – New generation UE ha ad oggetto interventi che interessano la Capitale in relazione al Giubileo del 2025, e ferma restando in capo al Ministero del Turismo la titolarità della Misura PNRR M1C3 Investimento 4.3 ed i relativi compiti di controllo e di rendicontazione alla Commissione europea, si prevede che il Commissario straordinario del Governo si occupi, su delega del Ministro del turismo, della realizzazione di tali interventi, dovendo già curare le medesime attività in relazione la realizzazione delle opere e degli interventi funzionali alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025, di cui all’articolo 1, commi 420 e seguenti, della legge n. 234/2021. Ciò comporta lo snellimento delle procedure e la semplificazione delle attività, concentrando in un unico soggetto tutte le funzioni relative alla realizzazione degli interventi previsti ai medesimi fini inerenti alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025. Le modifiche normative proposte tendono, quindi, ad includere gli interventi previsti dalla Misura M1C3-Investimento 4.3 (Caput Mundi) del Piano nazionale di ripresa e resilienza tra quelli di cui dovrà occuparsi il citato Commissario straordinario del Governo nello svolgimento delle proprie attività di realizzazione delle opere rilevanti per il Giubileo del 2025.

CAPO VII DISPOSIZIONI IN MATERIA DI GIUSTIZIA

ART. 41 (Misure per il funzionamento del Comitato tecnico-scientifico per il monitoraggio sull'efficienza della giustizia civile, sulla ragionevole durata del processo e sulla statistica giudiziaria e del Comitato tecnico - scientifico per il monitoraggio sull’efficienza della giustizia penale, sulla ragionevole durata del procedimento e sulla statistica giudiziaria)

Al comma 1 dell’articolo in esame si inseriscono dopo il comma 37 dell’articolo 1 della legge 26 novembre 2021, n. 206, i commi 37-bis, 37-ter e 37-quater, con i quali si prevede di istituire, con decreto del Ministro della giustizia, un Comitato tecnico-scientifico per il monitoraggio sull’efficienza della giustizia civile, sulla ragionevole durata del processo e sulla statistica giudiziaria e di stabilire che lo stesso Comitato riferisca al Ministero della giustizia con cadenza annuale sull’evoluzione dei dati sullo smaltimento dell’arretrato pendente e sui tempo di definizione dei processi . Si tratta di un organo di consulenza e supporto per la valutazione periodica del raggiungimento degli obiettivi di accelerazione e semplificazione dei procedimenti civili, di analisi dell’effettiva funzionalità degli istituti finalizzati all’alleggerimento dei carichi giudiziari, nel rispetto dei canoni del giusto processo. Esso è presieduto dal Ministro della giustizia o da un suo delegato ed è composto da un numero di componenti non superiore a quindici che durano in carica tre anni. Ai componenti del Comitato non spettano compensi, gettoni di presenza o altri emolumenti comunque denominati. Nella propria attività il Comitato tecnico- scientifico per il monitoraggio sull’efficienza della giustizia civile si avvale della Direzione generale di statistica e analisi organizzativa del Ministero della giustizia, dell’Istituto italiano di statistica e di soggetti appartenenti al SISTAN. Utilizza i dati messi a disposizione dalla suddetta Direzione e dagli istituti sopra richiamati, nonché quelli disponibili in materia di altre banche dati. Ha anche il compito di promuovere la riorganizzazione e l’aggiornamento del sistema di rilevazione dei dati inerenti alla giustizia civile, al fine di assicurare trasparenza delle statistiche in materia civile mediante la pubblicazione periodica anche sui siti istituzionali dei dati raccolti. L’intervento mira a rafforzare l’attenzione alle informazioni e ai dati statistici che costituiscono un supporto ineludibile per lo sviluppo della valutazione delle politiche pubbliche e al suo interno anche dell’analisi di impatto, predisponendo un sistema statistico di dati accurato, puntuale, tempestivo, chiaro e accessibile con il quale monitorare l’efficienza e i tempi della giustizia civile, nonché realizzare una statistica giudiziaria che risulti in linea con le dimensioni qualitative indicate nel codice delle statistiche europee.

Il comma 3 dell’articolo in esame intende garantire la piena operatività del Comitato tecnico - scientifico per il monitoraggio sull’efficienza della giustizia penale, sulla ragionevole durata del procedimento e sulla statistica giudiziaria, prevedendo il numero massimo dei suoi componenti e il rimborso delle spese per i medesimi qualora risiedano in località diverse dalla sede del Comitato dove vengono svolte le sedute, fatta salva la possibilità di partecipare alle suddette sedute mediante collegamenti telematici al fine predisposti.

I commi 2 e 4 recano, infine, le disposizioni finanziarie.

ART. 42 (Modifiche all’articolo 389 del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)

L’attuale disciplina dell’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, contenuta ai commi 1 e 1-bis dell’articolo 389 del medesimo decreto legislativo, prevede che il Codice entri in vigore il 16 maggio 2022, fatta eccezione per il titolo II della Parte prima, per la cui entrata in vigore è stata fissata la data del 31 dicembre 2023 (nonché fatta eccezione per le disposizioni elencate al comma 2 dell’articolo 389, non oggetto del presente articolo, già entrate in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). È in corso di definizione uno schema di decreto legislativo recante “Modifiche al Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, in attuazione della direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza)”, già approvato in esame preliminare dal Consiglio dei ministri il 17 marzo 2022. Il termine di scadenza del recepimento della direttiva è fissato al 17 luglio 2022 e, nelle more dell’approvazione definitiva dello schema di decreto legislativo, per il quale è richiesto, oltre che il parere delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, anche il parere del Consiglio di Stato, con conseguente prevedibile dilatarsi dei tempi oltre la data del 16 maggio 2022, si rende pertanto necessario prevedere una data di entrata in vigore dell’intero Codice della crisi che ne renda possibile la previa armonizzazione rispetto alle previsioni della direttiva (UE) n. 2019/1023 (attraverso le modifiche che saranno apportate dallo schema di decreto legislativo attuativo della direttiva stessa). Ciò al fine di evitare problematiche di diritto intertemporale per gli operatori, che, in caso di previa entrata in vigore del Codice della crisi nel testo attuale, si troverebbero ad applicare, in rapidissima successione temporale, istituti, quali quello del concordato in continuità aziendale, già profondamente modificati nel Codice della crisi rispetto alla disciplina della legge fallimentare e nuovamente modificati dallo schema di decreto legislativo attuativo della direttiva (UE) n. 2019/1023. La data del 15 luglio 2022, indicata per l’entrata in vigore del Codice, in luogo di quella del 16 maggio 2022, assicura il rispetto del termine di recepimento del 17 luglio 2022 (cadente nella giornata di domenica). Al contempo, attraverso la soppressione del comma 1-bis dell’articolo 389, l’articolo in esame si propone di anticipare l’entrata in vigore del titolo II della Parte prima del Codice della crisi, allineandola a quella delle restanti parti del medesimo Codice, al fine di consentire l’entrata in vigore del titolo II, come modificato nello schema di decreto legislativo in attuazione della direttiva (UE) 2019/1023, contestualmente alle restanti parti del corpo normativo.

ART. 43 (Istituzione del Fondo per il ristoro dei danni subìti dalle vittime di crimini di guerra e contro l’umanità per la lesione di diritti inviolabili della persona, compiuti sul territorio italiano o comunque in danno di cittadini italiani dalle forze del Terzo Reich nel periodo tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945)

Il presente articolo è volto ad assicurare continuità all’accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica Federale di Germania per il regolamento di alcune questioni di carattere patrimoniale, economico e finanziario, concluso a Bonn il 2 giugno 1961, del quale è stata data esecuzione con d.P.R. 14 aprile 1962, n. 1263, e, in particolare, alla definizione del tema del ristoro dei danni subìti dalle vittime di crimini di guerra e contro l’umanità per la lesione di diritti inviolabili della persona, compiuti sul territorio italiano o comunque in danno di cittadini italiani, dalle forze del Terzo Reich nel periodo tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945. A tale riguardo, occorre ricordare che la Corte internazionale di giustizia, con la sentenza emessa il 3 febbraio 2012 nel caso Immunità giurisdizionali dello Stato (Germania c. Italia: Grecia interveniente), ha accolto l’interpretazione della norma consuetudinaria sull’immunità fornita dallo Stato tedesco e ha condannato l’Italia per la violazione della norma predetta, stabilendo il difetto di giurisdizione dei giudici italiani rispetto a qualsiasi azione risarcitoria promossa nei confronti della Germania per danni derivanti da delicta imperii. Con la stessa sentenza, tra l’altro, la Corte ha intimato all’Italia di adottare le misure necessarie per garantire che le decisioni dei suoi tribunali, rese in violazione della norma sull’immunità, cessassero di produrre effetti. In ottemperanza a quanto statuito dai giudici dell’Aja l’Italia ha provveduto a emanare la legge 14 gennaio 2013, n. 5 (recante Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, fatta a New York il 2 dicembre 2004, nonché norme di adeguamento all'ordinamento interno), che all’articolo 3, comma 1, sanciva l’obbligo per il giudice di dichiarare il proprio difetto di giurisdizione in ogni stato e grado del processo per quelle condotte proprie di uno Stato straniero per cui la Corte internazionale di giustizia avesse escluso l’assoggettamento a giurisdizione civile; il comma 2 della norma prevedeva poi una nuova ipotesi di revocazione per difetto di giurisdizione civile nei confronti di quelle sentenze passate in giudicato in contrasto con la decisione dell’Aja. Sul tema è peraltro intervenuta anche la Corte costituzionale che, con la sentenza 22 ottobre 2014, n. 238, ha ritenuto l’illegittimità costituzionale di tale norma per contrarietà ai principi supremi espressi dagli artt. 2 e 24 Cost., nella misura in cui l’interpretazione offerta della norma consuetudinaria di diritto internazionale sull’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile straniera fornita dalla Corte internazionale di giustizia potesse risultare totalmente preclusiva dell’accertamento giurisdizionale di qualsiasi condotta di uno Stato straniero. Alla luce del composito quadro sopra evidenziato, e nel rispetto dell’obbligo internazionalmente assunto di tenere indenne la Repubblica Federale di Germania dagli effetti di eventuali provvedimenti emessi nei suoi confronti dai giudici italiani, appare quindi opportuno garantire adeguato soddisfacimento alle ragioni creditorie di coloro che abbiano ottenuto un provvedimento definitivo (sentenza passata in giudicato) avente ad oggetto l’accertamento e la liquidazione dei danni per la lesione di diritti inviolabili della persona, compiuti sul territorio italiano o comunque in danno di cittadini italiani dalle forze del Terzo Reich nel periodo tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945. L’articolo si compone di otto commi.

Il comma 1 si colloca come disposizione generale e programmatica, finalizzata a comporre le differenti istanze sopra descritte, e prevede a tal fine l’istituzione presso il Ministero dell’economia e delle finanze di un Fondo destinato al ristoro dei danni subiti dalle vittime di crimini di guerra e contro l’umanità per la lesione di diritti inviolabili della persona, compiuti sul territorio italiano o comunque in danno di cittadini italiani, dalle forze del Terzo Reich nel periodo tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945.

Il comma 2 individua i soggetti legittimati ad accedere alle prestazioni del Fondo; per motivi di efficiente funzionamento dello stesso e allo scopo di evitare incertezze e problematiche legate alla potenziale necessità di recuperare le somme erogate (nell’ipotesi, ad esempio, in cui un provvedimento giurisdizionale di condanna dovesse essere riformato in tutto o in parte in un superiore grado del giudizio), si è ritenuto necessario prevedere quale regola l’accesso al Fondo ai soli soggetti che abbiano ottenuto un titolo costituito da sentenza passata in giudicato, a seguito di azioni giudiziarie avviate alla data di entrata in vigore del presente decreto, ovvero entro il termine di cui al comma 8. È naturalmente precisato che resta altresì a carico del Fondo il pagamento delle spese processuali liquidate nelle sentenze che danno diritto all’accesso al Fondo. È inoltre mantenuta ferma la possibilità, in relazione ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della norma e a quelli instaurati successivamente, sentita l’Avvocatura dello Stato, di definizione del giudizio mediante transazione, con ulteriore titolo per l’accesso al Fondo. Sempre ai predetti fini e per disciplinare coerentemente i rapporti pendenti, il comma 3 prevede una deroga alla regola della provvisoria esecutorietà delle sentenze civili non ancora passate in giudicato, come disciplinata dall’articolo 282 del codice di procedura civile, stabilendo che anche nei procedimenti pendenti alla data della entrata in vigore della norma le sentenze aventi ad oggetto i danni indennizzabili dal Fondo acquistano efficacia esecutiva al momento del passaggio in giudicato. Si prevede altresì che le procedure esecutive basate sui titoli aventi ad oggetto la liquidazione dei suddetti danni non possono essere iniziate o proseguite e i giudizi di esecuzione eventualmente intrapresi sono estinti.

Il comma 4 rimette a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministro della giustizia, da emanare non oltre centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la disciplina di dettaglio circa la procedura di accesso al Fondo, le modalità di erogazione degli importi agli aventi diritto e le ulteriori necessarie disposizioni di attuazione della norma.

Il comma 5 stabilisce che il pagamento effettuato con le dotazioni del Fondo estingue ogni diritto o ragione di credito correlata a eventuali pretese risarcitorie rientranti nell’ambito di applicazione della norma. Infine, per assicurare la definitiva composizione delle pretese basate su fatti risalenti agli anni del secondo conflitto bellico, il comma 6 prevede un termine decadenziale di trenta giorni per la proposizione delle eventuali azioni risarcitorie non ancora iniziate alla data di entrata in vigore del presente decreto e la rilevabilità anche d’ufficio di tale termine. Si prevede altresì che gli atti introduttivi relativi a tali eventuali futuri giudizi debbano essere notificati presso gli uffici dell’Avvocatura dello Stato, nel rispetto dell’articolo 144 del codice di procedura civile. Se tale notifica è omessa, il giudice assegna alla parte attrice un termine perentorio per effettuare tale incombente.

Il comma 7 provvede alla copertura finanziaria.

CAPO VIII ISTRUZIONE ART. 44 (Formazione iniziale e continua dei docenti delle scuole secondarie)

L’articolo 44 novella il decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59.

In particolare, al comma 1, la lettera a) sostituisce la rubrica del Capo I con la seguente: “Articolazione e obiettivi della formazione dei docenti e selezione per concorso”.

La lettera b) sostituisce l’articolo 1 del citato decreto legislativo n. 59 del 2017. Nello specifico, al comma 1, in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per elevare la qualificazione professionale dei docenti delle scuole secondarie, introduce un modello unitario di formazione, abilitazione e accesso in ruolo dei docenti, compresi gli insegnanti tecnico-pratici, delle scuole secondarie di primo e secondo grado. Il comma 2 precisa l’obiettivo, vale a dire sviluppare e di accertare nei futuri docenti non solo le competenze culturali, disciplinari, pedagogiche, didattiche e metodologiche dei nuclei basilari dei saperi, ma anche quelle proprie della professione docente, la capacità di progettare percorsi didattici flessibili e adeguati alle capacità e ai talenti degli studenti, la capacità di svolgere con consapevolezza i compiti connessi alla funzione docente e con l’organizzazione scolastica e la deontologia professionale. Il comma 3 stabilisce che la formazione continua obbligatoria, come la formazione continua incentivata, prosegue e completa la formazione iniziale secondo un sistema integrato, coerente con le finalità di innovazione del lavoro pubblico e coesione sociale, volto a metodologie didattiche innovative e a competenze linguistiche e digitali. A tale scopo, la Scuola di alta formazione dell’istruzione, oltre ad indirizzare lo sviluppo delle attività formative del personale scolastico, indica e aggiorna le esigenze della formazione iniziale dei docenti. Le iniziative formative di cui al presente comma si svolgono fuori dell’orario di insegnamento. La lettera c), con la quale si sostituisce l’articolo 2 del decreto legislativo, al comma 1, si occupa dell’articolazione del sistema di formazione iniziale e accesso ai ruoli. Nello specifico, tale sistema prevede un percorso universitario di formazione iniziale con prova finale corrispondente a non meno di 60 crediti formativi universitari o accademici, nel quale sono acquisite dagli aspiranti docenti competenze teorico-pratiche, un concorso pubblico nazionale con cadenza annuale per la copertura dei posti vacanti e disponibili dell’organico dell’autonomia, indetto, su base regionale o interregionale, un periodo di prova in servizio di durata annuale con test finale e valutazione conclusiva. Il comma 2 precisa che la formazione iniziale è progettata e realizzata in coordinamento con il Piano nazionale di formazione di cui all’articolo 1, comma 124, della legge 13 luglio 2015, n. 107, nonché con la formazione continua incentivata. La formazione iniziale dei docenti è costituita, nello specifico, da un percorso universitario e accademico specifico finalizzato all’acquisizione di elevate competenze linguistiche e digitali, nonché di conoscenze e competenze teoriche e pratiche inerenti allo sviluppo e alla valorizzazione della professione del docente negli ambiti delle metodologie e tecnologie didattiche applicate alle discipline di riferimento e delle discipline volte a costruire una scuola di qualità e improntata ai principi dell’inclusione e dell’eguaglianza. Tali percorsi si concludono con prova finale comprendente una prova scritta ed una lezione simulata. La lettera d) inserisce il Capo I-bis, “Percorsi universitari e accademico di formazione iniziale e abilitazione alla docenza per le scuole secondarie”, composto dagli articoli 2-bis e 2-ter. L’articolo 2-bis “Percorsi universitari e accademici di formazione iniziale” disciplina la formazione universitaria iniziale. In particolare, il comma 1 prevede che tale percorso sia organizzato e impartito dalle università ovvero dalle istituzioni AFAM attraverso centri individuati dalle istituzioni della formazione superiore, anche in forma aggregata, nell’ambito della rispettiva autonomia statutaria e regolamentare. Affinché il sistema di formazione iniziale dei docenti generi un numero di abilitati sufficiente a garantire la selettività delle procedure concorsuali e impedisca, in generale o su specifiche classi di concorso, il determinarsi di una consistenza numerica di abilitati non assorbibile dal sistema nazionale di istruzione, il comma 2 prevede che il Ministero dell’istruzione stimi e comunichi al Ministero dell’università e della ricerca il fabbisogno per il sistema nazionale di istruzione di docenti per tipologia di posto e per classe di concorso nel triennio successivo. L’accesso all’offerta formativa dei centri universitari e accademici di formazione iniziale dei docenti può essere anticipato durante il percorso di laurea triennale, magistrale o magistrale a ciclo unico (comma 3). Il comma 4 rimette ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri dell’istruzione e dell’università e della ricerca, da adottare entro il 31 luglio 2022, la definizione dei contenuti e della strutturazione dell’offerta formativa corrispondente a 60 crediti formativi universitari o accademici necessari per la formazione iniziale universitaria, comprendente un periodo di tirocinio diretto presso le scuole ed uno indiretto, non inferiore a 20 crediti formativi universitari o accademici. Si specifica, altresì, che i tirocini non sono retribuiti. Il comma 5 dispone che le competenze professionali che devono essere possedute dal docente abilitato, nonché le modalità di svolgimento della prova finale del percorso universitario e accademico, comprendente la prova scritta e la lezione simulata, gli standard necessari ad assicurare una valutazione omogenea degli interessati e la composizione della relativa commissione giudicatrice sono definite con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 4. È, altresì, precisato che La nomina di personale scolastico nella commissione giudicatrice non deve determinare oneri di sostituzione a carico del bilancio dello Stato. Per quanto attiene alle attività di tutoraggio del percorso di formazione iniziale, il comma 6 stabilisce che alle stesse sono preposti docenti delle scuole secondarie di primo e di secondo grado, il cui contingente, la relativa ripartizione e i criteri di selezione dei docenti che aspirano alla funzione di tutor tra le università e le istituzioni AFAM sono stabiliti con decreto del Ministro dell’istruzione, di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca e del Ministro dell’economia e delle finanze.

L’articolo 2-ter disciplina l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole secondarie di primo e secondo grado. Come previsto dal comma 1, quest’ultima si consegue a seguito dello svolgimento del percorso universitario e accademico di formazione iniziale di almeno 60 crediti formativi universitari o accademici e del superamento di una prova finale. Il comma 2 chiarisce che il conseguimento dell'abilitazione non costituisce titolo di idoneità né dà diritti relativamente al reclutamento in ruolo al di fuori delle procedure concorsuali per l’accesso ai ruoli a tempo indeterminato. Il comma 3 indica che l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole secondarie di primo e secondo grado ha durata illimitata. Il comma 4 indica le modalità di conseguimento dell’abilitazione in altre classi di concorsi o gradi di istruzione da parte di chi è già in possesso di abilitazione su una classe di concorso o su altro grado di istruzione e per chi possiede la specializzazione sul sostegno. Il comma 5, infine, precisa che gli oneri dei percorsi universitari e accademici di formazione iniziale nonché dello svolgimento delle prove finali che portano al conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento sono a carico dei partecipanti. La lettera e) sostituisce l’articolo 5 e indica i requisiti che devono essere posseduti al fine di partecipare al concorso relativamente ai posti comuni di docente di scuola secondaria di primo e secondo grado (comma 1), ai posti di insegnante tecnico-pratico (comma 2) e ai posti di sostegno (comma 3). Il comma 4 consente la partecipazione diretta al concorso a coloro che abbiano svolto, entro il termine di presentazione delle istanze di partecipazione al concorso stesso, un servizio presso le istituzioni scolastiche statali di almeno tre anni scolastici, anche non continuativi, nei cinque anni precedenti, valutati ai sensi dell’articolo 11, comma 14, della legge 3 maggio 1999, n. 124. La lettera f) modifica la rubrica del Capo III denominandola “Periodo di prova e immissione in ruolo”. La lettera g) sostituisce l’articolo 13 del decreto legislativo n. 59 del 2017, prevedendo la disciplina dell’anno di prova e immissione in ruolo. In particolare, la norma distingue tra gli aspiranti docenti già abilitati all’insegnamento (che abbiano, cioè, già conseguito i 60 CFU) e quelli che non hanno completato la formazione iniziale. Relativamente ai primi, il comma 1 prevede che, qualora risultino vincitori del concorso su posto comune, sono sottoposti a un periodo annuale di prova in servizio, il cui positivo superamento determina l’effettiva immissione in ruolo. In particolare, si prevede che il personale docente in periodo di prova sia sottoposto a un test finale, che accerti come si siano tradotte nell’esperienza pratica del docente le conoscenze teoriche, e ad una valutazione da parte del dirigente scolastico, sentito il comitato per la valutazione di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sulla base dell’istruttoria di un docente al quale sono affidate dal dirigente scolastico le funzioni di tutor. In caso di mancato superamento del test o di valutazione negativa, il personale è sottoposto ad un secondo periodo annuale di prova in servizio, non ulteriormente rinnovabile. Per quanto attiene ai vincitori del concorso su posto comune che non abbiano ancora conseguito l’abilitazione all’insegnamento, il comma 2 dispone che gli stessi sottoscrivano un contratto annuale di supplenza con l’ufficio scolastico regionale dell’istituzione scolastica scelta e completino il percorso universitario di formazione iniziale. I docenti tirocinanti conseguono l’abilitazione all’insegnamento a seguito del superamento della prova finale del percorso universitario di formazione iniziale. Conseguita l’abilitazione, i docenti sono assunti a tempo indeterminato e sono sottoposti al periodo annuale di prova in servizio, il cui positivo superamento determina la definitiva immissione in ruolo. Il comma 3 prevede, inoltre, che i contenuti dell’offerta formativa corrispondente a 30 crediti formativi universitari o accademici necessari per la formazione iniziale universitaria, le modalità di svolgimento della prova finale del percorso universitario e accademico di formazione iniziale, comprendente una lezione simulata, e la composizione della relativa commissione con riferimento ai docenti che non abbiano ancora conseguito l’abilitazione siano definiti con il d.P.C.M. sopra richiamato (v. art. 2-bis, comma 4). Il comma 4 disciplina l’anno di prova dei vincitori del concorso su posto di sostegno, in linea con quanto previsto per i docenti su posto comune. Il comma 5 regola le conseguenze del superamento del test finale o della valutazione positiva al termine del percorso annuale di prova. Nello specifico, il docente viene cancellato da ogni altra graduatoria nella quale sia iscritto e viene confermato in ruolo presso la stessa istituzione scolastica nella quale ha svolto il periodo di prova, dove è tenuto a rimanere, nel medesimo tipo di posto e classe di concorso, per non meno di tre anni, comprensivi del periodo di prova, al quale si aggiunge il periodo necessario per completare la formazione iniziale e acquisire l’abilitazione per i soggetti di cui al comma 2 e all’articolo 18-bis. Tuttavia, c’è sempre la possibilità per il docente di presentare domanda di assegnazione provvisoria e utilizzazione nell’ambito della provincia di appartenenza, oltre a quella di accettare il conferimento di supplenza per l’intero anno scolastico per altra tipologia o classe di concorso per le quali abbia titolo. La lettera h) aggiunge il Capo IV-bis, relativo alla “Scuola di alta formazione dell’istruzione e sistema di formazione continua incentivata” composto dagli articoli 16-bis, afferente alla Scuola di alta formazione dell’istruzione, e 16-ter relativo alla formazione in servizio incentivata e valutazione dei docenti. L’articolo 16-bis istituisce, al comma 1, la Scuola di Alta Formazione del sistema nazionale pubblico di istruzione posta sotto la vigilanza del Ministero dell’istruzione, la quale promuove e coordina la formazione in servizio dei docenti di ruolo, in coerenza e continuità con la formazione iniziale, nel rispetto dei principi del pluralismo e dell’autonomia didattica del docente, dirige e indirizza le attività formative dei dirigenti scolastici, dei DSGA, del personale ATA, nonché assolve alle funzioni correlate al sistema di incentivo alla formazione continua degli insegnanti. Pertanto, la Scuola, svolgendo le funzioni sopra evidenziate, in particolare, con riferimento alla correlazione della sua attività al sistema incentivante della formazione continua degli insegnanti, eserciterà funzioni proprie che non collidono con l’attività gestionale in capo al Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione ed, in particolare, alla Direzione generale per il personale scolastico. La nuova prospettiva, infatti, nell’ambito della quale la Scuola dovrà operare, comporterà, da un lato un maggiore e aggiuntivo carico di lavoro rispetto a quanto svolto ordinariamente dalla struttura ministeriale, dall’altro una specificità dell’azione di promozione e coordinamento della formazione del personale docente, in relazione al sistema di incentivo alla formazione continua. Per lo svolgimento di tali attività, il comma 2 prevede che la Scuola si avvalga dell’INDIRE e dell’INVALSI; per quanto attiene alle funzioni amministrative, la Scuola si raccorda con gli uffici del Ministero dell’istruzione competenti in materia e stipula convenzioni con le università, con le istituzioni AFAM e con soggetti pubblici e privati, fornitori di servizi certificati di formazione. Come previsto dal comma 3, gli organi della Scuola di Alta Formazione sono il Presidente, il Comitato d’indirizzo, il Comitato scientifico internazionale e il Direttore generale. Il comma 4 chiarisce il ruolo e la figura del Presidente. In particolare, se ne prevede la nomina con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’istruzione, la durata in carica per quattro anni e una unica possibilità di conferma nel ruolo. Il Presidente è responsabile dell’attività didattica e scientifica della Scuola ed elabora le strategie di sviluppo dell’attività di formazione, d'intesa con il Direttore generale e sentito il Comitato d’indirizzo. Il Comitato d’indirizzo della Scuola di Alta Formazione, di cui al comma 5, presieduto dal Presidente della Scuola, rimane in carica per tre anni ed è composto da cinque membri, tra i quali i Presidenti di INDIRE e di INVALSI, e due componenti nominati dal Ministro dell’istruzione tra personalità di alta qualificazione professionale. Il Comitato opera attraverso il Direttore generale, tenuto alla cura dell’esecuzione degli atti, alle attività di coordinamento istituzionale della Scuola e alla predisposizione delle convenzioni. Relativamente a quest’ultimo, il comma 6 istituisce una Direzione Generale e stabilisce che il Direttore generale è nominato dal Ministro dell’istruzione tra i dirigenti di prima fascia del Ministero o tra professionalità esterne all’amministrazione con qualificata esperienza manageriale. La durata dell’incarico è triennale ed è rinnovabile una sola volta. Il comma 7 prevede la costituzione di un Comitato scientifico internazionale, che rimane in carica quattro anni, composto da un massimo di sette membri, nominati con decreto del Ministro dell’istruzione, finalizzato ad adeguare lo sviluppo delle attività formative del personale scolastico alle migliori esperienze internazionali e alle esigenze proprie del sistema nazionale di istruzione e formazione. Il comma 8 specifica che la dotazione organica della Scuola è definita nella Tabella A (1 direttore generale, 1 dirigente non generale, 12 unità di personale area III F1).

L’articolo 16-ter introduce, al comma 1, ferma restando la formazione obbligatoria che ricomprende le competenze digitali e l’uso critico e responsabile degli strumenti digitali (per le quali ci si potrà avvalere delle risorse del PNRR relative alle misure di investimento inerenti alla didattica digitale integrata e formazione sulla transizione digitale del personale scolastico, nonché alle nuove competenze e nuovi linguaggi), un sistema di formazione e aggiornamento permanente dei docenti di ruolo articolato in percorsi di durata almeno triennale a decorrere dall’anno scolastico 2023/2024. Il sistema di nuova introduzione si basa anche su una concezione di formazione “attiva”, in cui il docente non è il mero destinatario di corsi di formazione ma svolge, in prima persona, attività di progettazione, mentoring, tutoring e coaching a supporto degli studenti nel raggiungimento di obiettivi scolastici specifici e attività di sperimentazione di nuove modalità didattiche. Il comma 2 rimette alla Scuola di alta formazione dell’istruzione la definizione dei contenuti e della struttura di tali percorsi con il supporto dell’INVALSI e dell’INDIRE nello svolgimento delle funzioni relative all’accreditamento e alla verifica delle istituzioni deputate ad erogare la formazione continua, l’adozione delle linee di indirizzo sui contenuti della formazione articolata in gradi del personale scolastico in linea con gli standard europei e il raccordo della formazione iniziale abilitante degli insegnanti alla formazione in servizio. Il comma 3, inoltre, prevede che la Scuola di alta formazione, per promuovere e sostenere processi di innovazione didattica e organizzativa della scuola e rafforzare l’autonomia scolastica, definisca, altresì, i programmi per le attività formative inerenti alle figure professionali responsabili nell’ambito dell’organizzazione della scuola delle attività di progettazione e sperimentazione di nuove modalità didattiche. Il comma 4 si occupa dell’accesso ai percorsi di formazione stabilendo che esso avviene dall’anno scolastico 2023/2024 su base volontaria e diviene obbligatorio per i docenti immessi in ruolo in seguito all’adeguamento del contratto collettivo ai sensi del comma 8. Si prevede un elemento retributivo una tantum di carattere accessorio riconosciuto all’esito positivo del percorso formativo per tutti i docenti di ruolo di ogni grado del sistema scolastico. L’elemento di cui al periodo precedente, stabilito dalla contrattazione collettiva nazionale nei limiti e nelle modalità previste dal comma 5, si consegue attraverso il superamento di ogni percorso di formazione. Sono previste verifiche intermedie annuali, svolte sulla base di una relazione presentata dal docente sull’insieme delle attività realizzate nel corso del periodo oggetto di valutazione, nonché una verifica finale nella quale il docente dà dimostrazione di avere raggiunto un adeguato livello di formazione rispetto agli obiettivi. Si prevede, inoltre, che la Scuola di alta formazione, sulla base di un modello di valutazione approvato con decreto del Ministro dell’istruzione, sentito l’INVALSI, avvii un programma di monitoraggio e valutazione degli obiettivi formativi specifici per ciascun percorso di formazione a partire dall’anno scolastico 2023/2024. Resta, comunque, ferma la progressione salariale di anzianità. Il comma 5 istituisce, a tal fine, il Fondo per l’incentivo alla formazione e disciplina le modalità per il riconoscimento dell’elemento retributivo e chiarisce che esso è riconosciuto, nel limite di spesa ivi previsto, ai docenti che hanno svolto ore aggiuntive non remunerate con le risorse del fondo per il miglioramento dell’offerta formativa e che abbiano conseguito una valutazione individuale positiva secondo gli indicatori di performance, in base ai criteri stabiliti in sede di aggiornamento contrattuale e con l’obiettivo di riconoscere tale incentivo in maniera selettiva e non generalizzata. L’indennità una tantum è corrisposta nel limite di spesa di cui al primo periodo, nell’anno di conseguimento della valutazione individuale positiva. Il comma 6 chiarisce quali enti non necessitano di accreditamento per l’erogazione della formazione continua, mentre il comma 7 individua i requisiti minimi di accreditamento per gli altri soggetti determinati in apposita direttiva del Ministro dell’istruzione. Il comma 8 dispone che i contenuti della formazione continua sia delineato con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 1988, n. 400, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e sentite le organizzazioni sindacali rappresentative di categoria. La definizione del carico orario aggiuntivo e dei criteri per il riconoscimento dell’elemento retributivo è rimessa, invece, alla contrattazione collettiva. In sede di prima applicazione, nelle more dell’adozione del regolamento e dell’aggiornamento contrattuale, i contenuti minimi e i vincoli a cui si uniforma la formazione continua e il sistema di riconoscimento dell’elemento retributivo finalizzato a promuovere l’accesso ai relativi percorsi presenta sono individuati dall’Allegato B, introdotto nel provvedimento novellato dall’Allegato 3 allo schema. La lettera i) aggiunge l’articolo 18-bis, che, al comma 1, delinea un sistema transitorio, valido fino al 31 dicembre 2024, per l’accesso al concorso e per l’immissione in ruolo per i posti comuni di docente di scuola secondaria di primo e secondo grado e per i posti di insegnante tecnico-pratico per coloro che abbiano conseguito almeno 30 crediti formativi universitari o accademici del percorso universitario e accademico di formazione iniziale, a condizione che parte dei crediti formativi universitari o accademici siano di tirocinio diretto. Come previsto dal comma 2, i contenuti dell’offerta formativa corrispondente a 30 crediti formativi universitari o accademici condizionanti, la partecipazione al concorso e gli ulteriori 30 crediti formativi universitari o accademici necessari per il completamento della formazione iniziale universitaria e accademica, nonché le modalità di svolgimento della prova finale del percorso universitario e accademico e la composizione della commissione giudicatrice sono definiti con il decreto di cui al comma 4 dell’articolo 2-bis. La nomina di personale scolastico nella commissione di cui al precedente periodo non deve determinare oneri di sostituzione a carico del bilancio dello Stato. Il comma 3 prevede che anche questi soggetti – se vincitori del concorso – sottoscrivano un contratto annuale di supplenza con l’ufficio scolastico regionale a cui afferisce l’istituzione scolastica scelta e completino il percorso universitario e accademico di formazione iniziale con oneri a proprio carico. Conseguita l’abilitazione, svolgono il periodo di prova e sono immessi in ruolo secondo quanto già previsto dall’articolo 13, comma 1. Il comma 4 consente, infine, di integrare, con decreto del Ministro dell’istruzione, di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca, da adottare entro il 30 giugno 2022, i requisiti di accesso alle classi di concorso A-26 Matematica e A-28 Matematica e Scienze per garantirne la massima copertura. La lettera l) interviene, innanzitutto, sul comma 3 dell’articolo 19 specificando che è fatto salvo quanto previsto dall’art. 19-bis. La lettera l) aggiunge, inoltre, l’articolo 19-bis che reca la norma di copertura. Il comma 1, infatti, è relativo alla copertura degli oneri per la Scuola di alta formazione dell’istruzione (art. 16-bis), mentre il comma 2 è relativo alle spese derivanti dalla formazione in servizio incentivata e valutazione degli insegnanti (art. 16-ter) nel limite degli importi stabiliti nel medesimo comma. Il comma 3 riguarda le modalità di costituzione del fondo di cui all’articolo 16- ter. Il comma 4 dispone l’autorizzazione di spesa per l’attuazione dell’articolo 2-bis, comma 6, concernente le attività di tutoraggio del percorso di formazione iniziale. La lettera m) aggiunge, quali allegati, la tabella 1, di cui all’allegato A, relativa alla dotazione organica della Scuola di alta formazione e l’allegato B afferente ai vincoli e ai contenuti della formazione in servizio incentivata nelle more dell’aggiornamento contrattuale con cui, a regime, saranno disciplinati il carico orario aggiuntivo e i criteri del sistema di riconoscimento dell’elemento retributivo a carattere accessorio una tantum.

ART. 45 (Valorizzazione del personale docente)

L’articolo apporta modifiche alla legge 27 dicembre 2017, n. 205. In particolare, la lettera a) aggiungendo la lettera b-bis) al comma 593 interviene sui criteri che devono essere rispettati per l'utilizzo delle risorse del fondo per la valorizzazione del personale docente in sede di contrattazione, anche mediante eventuali integrazioni al contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento. In particolare, oltre alla valorizzazione dell'impegno in attività di formazione, ricerca e sperimentazione didattica e del contributo alla diffusione nelle istituzioni scolastiche di modelli per una didattica per lo sviluppo delle competenze, si prevedono quali ulteriori criteri da seguire la valorizzazione del personale docente che garantisca l’interesse dei propri alunni e studenti alla continuità didattica. Con la lettera b) si prevede, in sede di prima applicazione e nelle more dell’aggiornamento contrattuale, che una quota pari al 10% dello stanziamento previsto al comma 592 è riservato alla valorizzazione del personale docente che garantisca l’interesse dei propri alunni e studenti alla continuità didattica ai sensi del comma 593, lettera b-bis), e che con decreto del Ministro dell’istruzione, da adottare entro il 30 giugno 2022, sono stabiliti i criteri per l’attribuzione delle suddette risorse, che tengono conto almeno degli anni di permanenza del docente nella stessa istituzione scolastica e della residenza o domicilio abituale distinti da quello dell’istituzione scolastica.

ART. 46 (Perfezionamento della procedura di reclutamento degli insegnanti)

La disposizione introduce modifiche relativamente alle modalità semplificate necessarie ad assicurare la cadenza annuale dei concorsi ordinari per il personale docente di cui al comma 10 dell’articolo 59 del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106. In particolare, al comma 1, la lettera a), al numero 1) prevede che i quesiti a risposta multipla o la prova strutturata fino al 31 dicembre 2014 a risposta aperta dal 1° gennaio 2025 in poi, oggetto dell’unica prova scritta, siano volti all’accertamento delle conoscenze e delle competenze dei candidati sulle metodologie e le tecniche della didattica generale e disciplinare. Inoltre, al numero 2) si specifica che con la prova orale si accertano, oltre alle conoscenze disciplinari, le competenze didattiche e l’attitudine all’insegnamento anche attraverso un test specifico. Il numero 3) introduce, al comma 10 dell’articolo 59, la lettera d-bis), con cui si prevede la formazione della graduatoria dei soggetti, che devono ancora conseguire l’abilitazione all’insegnamento specifica sulla classe di concorso, sulla base delle valutazioni della prova scritta, orale e della valutazione dei titoli. La lettera b) aggiunge il comma 10.1, che prevede l’assegnazione della redazione dei quesiti della prova scritta ad una o più università. Viene, inoltre, istituita con decreto del Ministero dell’istruzione, da adottare entro il 10 giugno 2022, una commissione di elevata qualificazione scientifica e professionale volta a proporre al Ministero, anche sulla base delle evidenze risultanti dalla prima applicazione della riforma delle procedure di reclutamento, l’adozione di linee guida sulla metodologia di redazione dei quesiti. Si precisa, inoltre, che ai componenti della Commissione non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati. La lettera c) introduce il comma 10-ter, disponendo che i vincitori del concorso già abilitati siano immessi in ruolo con precedenza rispetto ai vincitori che devono ancora conseguire l’abilitazione all’insegnamento specifica sulla classe di concorso. Questi ultimi, infatti, sono immessi in servizio ove, nel limite delle assunzioni annuali autorizzate, residuano posti vacanti e disponibili. Rimane ferma la riserva di posti pari al 30 per cento per coloro che abbiano svolto un servizio pari ad almeno tre anni scolastici anche non continuativi presso le istituzioni scolastiche statali nei dieci anni precedenti già prevista dal comma 10-bis. Con la lettera d) viene abrogato il comma 12 dell’articolo 59 del D.L. n. 73 del 2021, secondo il quale le attività formative, le procedure e i criteri di verifica degli standard professionali, le modalità di verifica in itinere e finale sono disciplinati con decreto del Ministero dell’istruzione. La lettera e), aggiungendo il comma 21-bis, stabilisce che la disposizione relativa alla graduatoria di cui al comma 10, lettera d-bis) ha efficacia sino al 31 dicembre 2024 per coloro che accedono al concorso secondo la disciplina transitoria di cui all’art. 18-bis del d.lgs n. 59/2017.

ART.47 (Misure per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza di cui è titolare il Ministero dell’istruzione)

La disposizione prevede per ciascuno degli anni scolastici dal 2022-2023 al 2025-2026 l’individuazione di 85 tra docenti e assistenti amministrativi da porre in posizione di comando, di cui una parte da destinare agli Uffici scolastici regionali e gli altri presso l’Unità di missione del PNRR e presso l’amministrazione centrale per garantire il supporto necessario alle istituzioni scolastiche per l’attuazione delle misure del PNRR relative alla digitalizzazione. Tale personale costituirà il Gruppo di supporto alle scuole per il PNRR. Tali docenti saranno individuati dal Ministero dell’istruzione – Unità di missione del PNRR con una procedura selettiva a livello nazionale e con la possibilità di costituire più Commissioni a livello regionale. Sempre per potenziare il supporto alle scuole per l’attuazione degli interventi relativi alla digitalizzazione, il comma 1 prevede che sia il Gruppo di supporto alle scuole per il PNRR sia anche le équipe formative territoriali, già costituite ai sensi dell’art. 1, comma 725, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, assicurino il supporto alle istituzioni scolastiche con il coordinamento funzionale dell’Unità di missione del PNRR. Il comma 2 prevede, poi, al fine di accelerare gli interventi del PNRR, la possibilità di estendere la previsione già esistente di cui all’art. 55, comma 1, lett. b), del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108. La citata norma, attualmente vigente, consente già la possibilità per le istituzioni scolastiche beneficiarie dei fondi PNRR di procedere agli acquisti anche in deroga all’articolo 1, commi 449 e 450, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 – ricorso alle convenzioni-quadro Consip e al MePA – al fine di rispettare le tempistiche e le condizioni previste dal PNRR. Tale previsione si riferisce, però, attualmente alle sole azioni delle scuole relative al contrasto della dispersione scolastica e alla formazione del personale scolastico. Pertanto, il comma 2 in questione estende tale previsione anche a tutti gli altri investimenti del PNRR e delle programmazioni europee che abbiano come beneficiarie le scuole. Il comma 3 prevede la possibilità di semplificare la procedura del concorso di progettazione anche nel caso in cui, per alcune aree, non dovessero pervenire idee e proposte progettuali o nel caso in cui le stesse dovessero essere non idonee. La proposta normativa prevede che resta fermo che il concorso di progettazione e i successivi livelli di progettazione siano affidati nei limiti delle risorse disponibili nei quadri economici di progetto indicati dagli enti locali in sede di candidatura delle aree. Inoltre, la norma prevede che al fine di garantire il raggiungimento dei target del PNRR è opportuno autorizzare un numero più ampio di progetti, relativi all’investimento 1.1 della Missione 2 – Componente 3 del PNRR, anche utilizzando risorse nazionali disponibili a legislazione vigente nel bilancio del Ministero dell’istruzione e, pertanto, senza necessità di comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. In questo modo, è possibile garantire il raggiungimento del target europeo anche in presenza di possibile mancata attuazione di alcuni interventi. A tal fine, è necessario poter autorizzare un numero leggermente maggiore di progetti, cosa che comporterà una spesa leggermente superiore sia per le commissioni sia per i premi da corrispondere. Il comma 4 intende precisare che ai fini del raggiungimento degli obiettivi, target e milestone del Piano nazionale di ripresa e resilienza, vengono utilizzate per le annualità dal 2022 al 2026 le risorse già destinate ai progetti in essere del PNRR di cui all’articolo 1, comma 62, della legge 13 luglio 2015, n. 107, nonché le risorse di cui all’articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, all’articolo 1, comma 1072, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, all’articolo 1, comma 95, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, all’articolo 1, commi 14, 59, 63 e 64, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, agli articoli 32, comma 7-bis, e 48, comma 1, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126. Tali risorse sono quelle già attualmente utilizzate per i c.d. “progetti in essere” autorizzati dopo il mese di febbraio 2020, nell’ambito del PNRR, a valere su risorse nazionali dall’annualità 2022 all’annualità 2026. Le medesime risorse nazionali e le eventuali economie possono essere altresì utilizzate per assicurare il raggiungimento dei target PNRR, anche attraverso il finanziamento di interventi in overbooking che dovessero rendersi necessari per gli obiettivi PNRR. Il comma 5 indica la copertura finanziaria per i maggiori oneri recati dalla norma.

CAPO IX DISPOSIZIONI FINALI

ART. 48 (Abrogazioni)

L’articolo reca l’abrogazione di alcune disposizioni. In particolare: - la lettera a) abroga l’articolo 17, comma 1, del decreto legge 9 giugno 2021, n. 80. Si ritiene che la disposizione in esame di cui si chiede l’abrogazione non sia di fatto necessaria, considerato che le attività di monitoraggio delle risorse e delle modalità necessarie ai fini della valutazione delle misure urgenti per la giustizia ordinaria nell'ambito del PNRR, potranno essere espletate dalla apposita Unità di missione istituita, con decreto 18 novembre 2021 del Ministro della Giustizia, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, che è deputata a fornire il costante coordinamento e il monitoraggio puntuale del complesso delle misure di attuazione del PNRR, nonché l'avanzamento dei milestone e target relativi alla Giustizia, compreso, pertanto, il potenziamento dell’Ufficio per il Processo espressamente richiamato dalla norma in oggetto; - la lettera b) abroga l’articolo 13-bis, commi 2 e 3, del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112, introdotti con l’articolo 11 del decreto legislativo 23 novembre 2018, n. 139 recante “Attuazione della direttiva (UE) 2016/2370 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2016, che modifica la direttiva 2012/34/UE per quanto riguarda l'apertura del mercato dei servizi di trasporto nazionale dei passeggeri per ferrovia e la governance dell'infrastruttura ferroviaria”. In particolare, il comma 2 dell’articolo 13-bis del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112 affida ad apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti la definizione delle modalità d’istituzione e di ripartizione dei costi tra gli operatori “di un sistema comune d'informazione e di biglietteria integrate che possa fornire una offerta di biglietti, biglietti cumulativi e prenotazioni, con riferimento ai servizi di trasporto passeggeri che si svolgono a condizioni di libero mercato e non soggetti a contribuzione pubblica”. Inoltre, il comma 3 dello stesso articolo 13-bis del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112 assegna a decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti il compito di individuare le modalità per l'estensione del sistema comune d'informazione e di biglietteria integrata a tutti gli altri servizi di trasporto passeggeri. Tanto premesso, si ritiene che entrambe le disposizioni possano essere abrogate in quanto la previsione di cui al regolamento (CE) n. 1371/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio e alla direttiva 2010/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio di istituire un sistema comune d’informazione e di biglietteria integrate ha carattere meramente facoltativo. Al contempo, si osserva che il mercato del settore trasporto passeggeri si è organizzato autonomamente in tal senso, fornendo già servizi di tale tipologia sulla base di appositi accordi commerciali tra gli operatori, ragion per cui la prevista istituzione di un apposito sistema comune risulta oggi superflua. A ciò si aggiunge che, nell’eventualità, s’imporrebbe individuare anche un soggetto pubblico quale gestore del nuovo sistema comune, con conseguente onerosità e necessità di individuarne la relativa copertura finanziaria, attualmente non prevista dalle disposizioni di cui si chiede l’abrogazione; - in relazione alla lettera c), si evidenzia che l’articolo 59, comma 1, del decreto legislativo 3 novembre 2017, n. 229 prevede l’emanazione di un regolamento per la modifica della disciplina prevista dal regolamento di attuazione del codice della nautica da diporto di cui al decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171 (e regolamento di attuazione di cui al decreto 29 luglio 2008, n. 146). Nella fase di predisposizione del regolamento, tuttavia, è emersa la necessità di eliminare la previsione relativa alla necessità di disciplinare alcune materie contenute nella delega di cui al richiamato articolo 59. In particolare, si evidenzia quanto segue. L'articolo 16, comma 1, lett. g), del decreto legislativo 12 novembre 2020, n. 160 ha demandato a un apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottarsi di concerto con i Ministri dell'interno, per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione e per la pubblica amministrazione, la disciplina dell'organizzazione e del funzionamento dell'anagrafe nazionale delle patenti nautiche. Si rende pertanto necessario abrogare previsioni di cui alla lettera l) dell’articolo 59, sopra richiamato, che rinvia al regolamento di attuazione del codice la definizione dell'organizzazione e del funzionamento dell'Anagrafe nazionale delle patenti nautiche. La soppressione della lettera q), avente ad oggetto il controllo dello Stato di approdo (PSC) delle unità da diporto utilizzate a fini commerciali battenti bandiera diversa da quella italiana, risulta già esaurientemente disciplinata dalla direttiva 2009/16/CE, recepita in Italia con il decreto legislativo 24 marzo 2011, n. 53 e successive modifiche e integrazioni. Da ultimo, la soppressione della lettera r), concernente la definizione delle procedure e delle modalità per l'accertamento del tasso alcolemico dei conduttori di unità da diporto, si rende necessaria in quanto la materia è già esaurientemente disciplinata dall’articolo 53-bis del codice, rubricato “Conduzione di unità da diporto sotto l'influenza dell'alcool”. Al riguardo, si evidenzia che l’abrogazione delle sopra richiamate disposizioni contenute nell’articolo 59, comma 1, del decreto legislativo 3 novembre 2017, n. 229, consentirà la prosecuzione dell’iter istruttorio di approvazione del regolamento di attuazione del codice della nautica da diporto, provvedimento che risulta monitorato per l’attuazione del programma di Governo e la cui istruttoria è sospesa attesa l’impossibilità di dare piena attuazione alla delega di cui all’articolo 59 sopra richiamato. - la lettera d) abroga l’articolo 11, comma 9, lettera a) del decreto legislativo 16 dicembre 2021, n. 237. Il decreto legislativo 16 dicembre 2021, n. 237, recante attuazione della direttiva (UE) 2017/2397 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2017 relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali nel settore della navigazione interna e che abroga le direttive 91/672/CEE e 96/50/CE del Consiglio, ha innovato la precedente disciplina concernente il reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali dei membri d'equipaggio nel settore della navigazione interna. La disciplina unionale si rinviene nelle direttive 91/672/CEE e 96/50/CE del Consiglio (ora abrogate), recepite nell’ordinamento nazionale, rispettivamente, con il decreto del Presidente della Repubblica 12 gennaio 1998, n. 24, concernente il regolamento recante norme di attuazione della direttiva 91/672/CEE relativa al riconoscimento reciproco dei certificati nazionali di conduzioni di navi per il trasporto di merci e persone nel settore della navigazione interna, e con il decreto del Presidente della Repubblica 18 dicembre 1999, n. 545, concernente il regolamento recante norme di attuazione della direttiva 96/50/CE relativa all'armonizzazione dei requisiti per il conseguimento dei certificati nazionali di conduzione di navi per il trasporto di merci e di persone nella Comunità, nel settore della navigazione interna. Il decreto legislativo 16 dicembre 2021, n. 237 ha recepito solo parzialmente la direttiva (UE) 2017/2397, atteso che questa prevedeva la possibilità per alcuni Stati membri (tra cui l’Italia) di procedere al recepimento delle sole disposizioni espressamente indicate all’articolo 39. Pertanto, le disposizioni di cui alla direttiva 96/50/CE, recepita con il decreto del Presidente della Repubblica 18 dicembre 1999, n. 545, restano applicabili per le qualifiche relative alle vie navigabili interne, che non rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva (UE) 2017/2397. Per tali motivi, il decreto legislativo 16 dicembre 2021, n. 237 prevede all’articolo 11, comma 9, lettera b) la modifica del richiamato decreto del Presidente della Repubblica 18 dicembre 1999, n. 545, al fine del coordinamento e del raccordo con le disposizioni di cui al decreto legislativo. Il reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali dei membri d'equipaggio nel settore della navigazione interna è, invece, ora disciplinato dal richiamato decreto legislativo 16 dicembre 2021, n. 237. Pertanto, non si rende necessario procedere ad apportare alcuna modifica al decreto del Presidente della Repubblica 12 gennaio 1998, n. 24, come invece previsto dall’articolo 11, comma 9, lettera a) del suddetto decreto legislativo, con discendente necessità di abrogazione di detta disposizione.

ART. 49 (Disposizioni finanziarie)

La disposizione autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio ai fini dell’immediata attuazione delle disposizioni recate dal presente decreto

ART. 50 (Entrata in vigore)

Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.