XVIII LEG - ddl - Disposizioni per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della violenza nei confronti delle donne e della violenza domestica

aggiornamento: 25 agosto 2022

Esame definitivo - Consiglio dei ministri 3 dicembre 2021

Disegno di legge recante disposizioni per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della violenza nei confronti delle donne e della violenza domestica

 

Relazione illustrativa

 

Indice

Art. 1 - Disposizioni in materia di ammonimento, prevenzione e informazione

Art. 2 - Disposizioni in materia di misure cautelari e braccialetto elettronico

Art. 3 - Disposizioni in materia di misure cautelari coercitive

Art. 4 - Modifiche al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 per la prevenzione di reati commessi in ambito di violenza domestica

Art. 5 - Modifiche in materia di informazioni alla persona offesa dal reato

Art. 6 - Misure in materia di fermo di indiziato di delitto

Art. 7 - Modifiche in materia di sospensione condizionale della pena

Art. 8 - Modifiche in materia di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa

Art. 9 - Disposizioni urgenti in materia di comunicazione dei provvedimenti di estinzione, revoca o sostituzione delle misure coercitive

Art. 10 - Provvisionale

Art. 11 - Tutela per le vittime di violenza domestica

Art. 12 - Arresto in flagranza differita

Art. 13 - Clausola di invarianza finanziaria

 

 

Art. 1

(Disposizioni in materia di ammonimento, prevenzione e informazione)

 

  1. All’articolo 3 del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, sono apportate le seguenti modificazioni:
    1. al comma 1, primo periodo, le parole da “581” a “consumato o tentato” sono sostituite dalle seguenti: “581, 582, 610, 612, secondo comma, 614 e 635, consumati o tentati” e, al secondo periodo, dopo le parole “non episodici”, sono inserite le seguenti: “o commessi in presenza in minorenni”;
    2. al comma 5, le parole “581 e 582 del codice penale” sono sostituite dalle seguenti: “581, 582, 583-quinquies, 610, 612, secondo comma, 614 e 635, nonché del reato di cui agli articoli 56 e 575 del codice penale, commessi”;
    3. dopo il comma 5-bis, sono aggiunti i seguenti:

“5-ter. Le pene per i reati di cui agli articoli 581, 582, 610, 612, secondo comma, 614 e 635 del codice penale sono aumentate se il fatto è commesso, nell’ambito di violenza domestica, da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo.

5-quater. Si procede d’ufficio per i reati previsti dagli articoli 581, 582, secondo comma, 612, secondo comma, prima ipotesi, 614, primo e secondo comma, del codice penale quando il fatto è commesso, nell’ambito di violenza domestica, da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo.”.

  1. All’articolo 8 del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, sono apportate le seguenti modificazioni:
    1. al comma 1 le parole “il reato di cui all'articolo 612-bis del codice penale, introdotto dall'articolo 7” sono sostituite dalle seguenti: “i reati di cui agli articoli 609-bis, fuori dai casi previsti dall’articolo 609-septies, quarto comma, e 612-bis del codice penale”;
    2. al comma 3, le parole “La pena per il delitto di cui all'articolo 612-bis del codice penale è aumentata” sono sostituite dalle seguenti: “Le pene per i delitti di cui agli articoli 609-bis e 612-bis del codice penale sono aumentate”;
    3. al comma 4, le parole “per il delitto previsto dall’articolo” sono sostituite dalle seguenti: “per i delitti previsti dagli articoli 609-bis e”.

Art. 2

(Disposizioni in materia di misure cautelari e braccialetto elettronico)

  1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
    1. all’articolo 275-bis, comma 1, primo periodo, le parole: “, quando ne abbia accertato la disponibilità da parte della polizia giudiziaria” sono soppresse;
    2. all’articolo 276, comma 1-ter, dopo le parole “privata dimora” sono inserite le seguenti: “e, comunque, in caso di manomissione dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici di controllo di cui all’articolo 275-bis, anche quando applicati ai sensi degli articoli 282-bis e 282-ter”;
    3. all’articolo 282-bis, comma 6, dopo la parola “572,” sono inserite le seguenti: “56 e 575,” ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Con lo stesso provvedimento che dispone l’allontanamento il giudice prevede l’applicazione, anche congiunta, di una misura più grave qualora l’imputato neghi il consenso all’adozione delle modalità di controllo anzidette.”;
    4. all’articolo 282-ter, comma 1, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: “Nei casi di cui all’articolo 282-bis, comma 6, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall’articolo 280. Con lo stesso provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prevede l’applicazione, anche congiunta, di una misura più grave qualora l’imputato neghi il consenso all’adozione delle modalità di controllo previste dall’articolo 275-bis.”.

Art. 3

(Disposizioni in materia di misure cautelari coercitive)

  1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
    1. all’articolo 275, comma 2-bis, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “La disposizione di cui al secondo periodo non si applica, altresì, nei procedimenti per il delitto di cui all’articolo 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale.”;
    2. all’articolo 280 è aggiunto, in fine, il seguente comma:“3-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei procedimenti per il delitto di cui all’articolo 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale.”;
    3. all’articolo 391, comma 5, secondo periodo, dopo le parole “per uno dei delitti indicati” sono inserite le seguenti: “nell’articolo 380, comma 2, o” e, dopo le parole “anche fuori dai casi di flagranza,” sono inserite le seguenti: “o quando il fermo è stato eseguito nei casi previsti dall’articolo 384, comma 1-bis,”.

Art. 4

(Modifiche al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 per la prevenzione di reati commessi in ambito di violenza domestica)

  1. Al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sono apportate le seguenti modificazioni:
    1. all’articolo 4, comma 1, lettera i-ter), dopo le parole “612-bis del codice penale” sono aggiunte le seguenti: “o dei delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 609-bis, 575, 583-quinquies del codice penale, nonché ai soggetti che, già ammoniti ai sensi dell’articolo 3 del decreto legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, sono indiziati dei delitti di cui agli articoli 581, 582, 610, 612, secondo comma, 614 e 635 del codice penale, commessi nell’ambito di violenza domestica, come definita dall’articolo 3, comma 1, secondo periodo, del decreto legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119”;
    2. all’articolo 6, comma 3-bis, è aggiunto, infine, il seguente periodo: “Quando la sorveglianza speciale è applicata ai soggetti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera i-ter), qualora l’interessato neghi il consenso all’adozione delle modalità di controllo anzidette, alla misura sono aggiunte le prescrizioni di cui all’articolo 8, comma 5.”.

Art. 5

 (Modifiche in materia di informazioni alla persona offesa dal reato)

  1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
    1. all’articolo 90-ter, comma 1, dopo le parole “i provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva” sono aggiunte le seguenti: “emessi nei confronti dell’imputato in stato di custodia cautelare o del condannato o dell’internato,”;
    2. all’articolo 659, il comma 1-bis è abrogato.

Art. 6

(Misure in materia di fermo di indiziato di delitto)

  1. All’articolo 384 del codice di procedura penale, sono apportate le seguenti modificazioni:

a. dopo il comma 1 è inserito il seguente:

“1-bis. Anche fuori dei casi di cui al comma 1 e di quelli di flagranza, il pubblico ministero dispone, con decreto motivato, il fermo della persona gravemente indiziata di uno dei delitti previsti dagli articoli 572, 582, 612-bis del codice penale o di delitto, consumato o tentato, commesso con minaccia o violenza alla persona per il quale la legge prevede la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, quando sussistono specifici elementi per ritenere grave e imminente il pericolo che la persona indiziata commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale, quando non è possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice.”;

b. al comma 2, le parole “dal comma 1” sono sostituite dalle seguenti: “dai commi 1 e 1-bis”.

Art. 7

(Modifiche in materia di sospensione condizionale della pena)

  1. All’articolo 165, quinto comma, del codice penale, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: “Al fine di individuare gli enti o le associazioni e gli specifici percorsi di recupero di cui al periodo precedente, il giudice si avvale degli uffici di esecuzione penale esterna. Qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero, ivi compresa una sola assenza, costituisce inadempimento rilevante ai fini della revoca della sospensione ai sensi dell’articolo 168, primo comma, n. 1.”.
  2. All’articolo 18-bis del regio decreto 28 maggio 1931, n. 601, recante disposizioni di coordinamento e transitorie per il codice penale, dopo il primo comma è aggiunto il seguente: “Nei casi di cui all’articolo 165, quinto comma, del codice penale, la cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza la trasmette, al passaggio in giudicato, all’ufficio di esecuzione penale esterna, che accerta l’effettiva partecipazione del condannato al percorso di recupero e ne comunica l’esito al pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza. Gli enti o le associazioni presso cui il condannato svolge il percorso di recupero danno immediata comunicazione di qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero all’ufficio di esecuzione penale esterna, che ne dà a sua volta immediata comunicazione al pubblico ministero, ai fini della revoca della sospensione ai sensi dell’articolo 168, primo comma, n. 1, del codice penale.”.

Art. 8

(Modifiche in materia di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa)

  1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
    1. all'articolo 387-bis, dopo il primo comma, è aggiunto il seguente: “La stessa pena si applica a chi elude l'ordine di protezione previsto dall'articolo 342-ter, primo comma, del codice civile, ovvero un provvedimento di eguale contenuto assunto nel procedimento di separazione personale dei coniugi o nel procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.”;
    2. all’articolo 388, secondo comma, le parole da “l’ordine di protezione” ad “ancora” sono soppresse.

Art. 9

(Disposizioni urgenti in materia di comunicazione dei provvedimenti di estinzione, revoca o sostituzione delle misure coercitive)

  1. Nei procedimenti per i delitti di cui all’articolo 4, lettera i-ter), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, l’estinzione o la revoca delle misure coercitive previste dagli articoli 282-bis, 282-ter, 283, 284, 285 e 286 del codice di procedura penale o la loro sostituzione con altra misura meno grave sono comunicati al questore, per le valutazioni di competenza in materia di misure di prevenzione.
  2. Nei procedimenti per i delitti di cui all’articolo 362, comma 1-ter, del codice di procedura penale, l’estinzione o la revoca delle misure coercitive di cui al comma 1 o la loro sostituzione con altra misura meno grave sono comunicate al prefetto che, sulla base delle valutazioni espresse nell’ambito delle riunioni di coordinamento di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto-legge 6 maggio 2002, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2002, n. 133, può adottare misure di vigilanza dinamica, da sottoporre a revisione trimestrale, a tutela della persona offesa.

Art. 10

(Provvisionale)

  1. Dopo l’articolo 13 della legge 7 luglio 2016, n. 122, è aggiunto il seguente:

“Art. 13-bis (Provvisionale)

  1. La vittima o, in caso di morte, gli aventi diritto che, in conseguenza dei reati di cui all’articolo 11, comma 2, primo periodo commessi dal coniuge anche separato o divorziato o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, vengano a trovarsi in stato di bisogno, possono chiedere una provvisionale da imputarsi nella liquidazione definitiva dell’indennizzo.
  2. La provvisionale è corrisposta alle condizioni di cui all’articolo 12, comma 1, lettere c), d) ed e) e comma 1-bis. È comunque escluso il soggetto che abbia commesso o concorso alla commissione del reato.
  3. L’istanza è presentata al prefetto della provincia di residenza o nella quale è stato commesso il reato e deve essere corredata, a pena di inammissibilità, dai seguenti documenti:
    1. copia del provvedimento giurisdizionale di cui al comma 1;
    2. dichiarazione sostitutiva di certificazione e dell'atto di notorietà, ai sensi degli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sull'assenza delle condizioni ostative di cui all'articolo 12, comma 1, lettere d) ed e), nonché sulla qualità di avente diritto ai sensi dell'articolo 11, comma 2-bis;
    3. certificato ovvero dichiarazione sostitutiva di certificazione e dell'atto di notorietà, ai sensi degli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la situazione economica dell’istante e delle persone di cui all’articolo 433 del codice civile.
  4. Il prefetto, entro sessanta giorni dal ricevimento dell’istanza, verifica la sussistenza dei requisiti, avvalendosi anche degli organi di polizia.
  5. Il Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati intenzionali violenti, di cui all’articolo 3 della legge 22 dicembre 1999, n. 512, acquisiti gli esiti dell’istruttoria dal prefetto, provvede entro centoventi giorni dalla presentazione della istanza. La provvisionale può essere assegnata in misura non superiore a un terzo dell’importo dell’indennizzo determinato secondo quanto previsto dal decreto di cui all’articolo 11, comma 3.
  6. La provvisionale di cui al comma 1 può essere richiesta con le medesime modalità nella fase delle indagini preliminari sulla base degli atti del procedimento penale. In tal caso la provvisionale è concessa alle medesime condizioni, previo parere del pubblico ministero competente.
  7. Qualora, decorso il termine di cui all’articolo 13, comma 2, non venga presentata domanda di indennizzo ovvero questa venga respinta o dichiarata inammissibile, il Comitato dichiara la decadenza dal beneficio della provvisionale e dispone la ripetizione di quanto erogato.”.

Art. 11

(Tutela per le vittime di violenza domestica)

  1. Al decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, dopo l’articolo 3 è inserito il seguente:

“Art. 3.1 (Particolari tutele per le vittime di violenza domestica)

  1. L’organo di polizia che procede a seguito di denuncia o querela per fatti riconducibili ai reati di cui all’articolo 362, comma 1-ter, del codice di procedura penale commessi in ambito di violenza domestica, qualora dai primi accertamenti emergano concreti e rilevanti elementi di pericolo di reiterazione della condotta, ne dà comunicazione al prefetto che, sulla base delle valutazioni espresse nell’ambito delle riunioni di coordinamento di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto-legge 6 maggio 2002, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2002, n. 133, può adottare misure di vigilanza dinamica, da sottoporre a revisione trimestrale, a tutela della persona offesa.”.

Art. 12

(Arresto in flagranza differita)

  1. Nei casi di cui all’articolo 387-bis del codice penale, si considera comunque in stato di flagranza colui il quale, sulla base di documentazione video fotografica dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore, sempre che l’arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro le quarantotto ore dal fatto.

Art. 13

(Clausola di invarianza finanziaria)

  1. Dall’attuazione del presente provvedimento non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione dei compiti derivanti dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Relazione illustrativa

Il presente disegno di legge, recante disposizioni per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della violenza nei confronti delle donne e della violenza domestica, contiene diversificati interventi, anche sul codice di procedura penale, sul Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159) e su alcune leggi speciali volti ad integrare le norme dirette a prevenire e reprimere la violenza di genere, con una particolare attenzione ai casi in cui tale fenomeno si manifesta in contesti familiari o nell'ambito di relazioni di convivenza, nella considerazione della particolare vulnerabilità delle vittime, nonché degli specifici rischi di reiterazione e multilesività.

Nell’ottica delineata, l’articolo 1 interviene sugli istituti di cui al decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, e al decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, al fine di ampliare e rendere più organica la relativa disciplina.

In particolare, il comma 1, lettera a) estende l'applicabilità della misura ex articolo 3 del decreto-legge n. 93 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2013, ad ulteriori condotte che possono assumere valenza sintomatica rispetto a situazioni di pericolo per l'integrità psico-fisica delle persone, nel contesto delle relazioni familiari ed affettive. Viene inoltre inserita la commissione degli atti in presenza di minorenni quale ulteriore, autonomo elemento idoneo ad integrare il requisito della violenza domestica.

Il comma 1, lettera b) amplia il novero dei reati ai quali si applicano le misure di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto-legge n. 11 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 38 del 2009. Tali misure consistono nell’obbligo - da parte delle forze dell'ordine, dei presidi sanitari e delle istituzioni pubbliche che ricevono dalla vittima notizia dei reati considerati – di informare la medesima vittima sui centri antiviolenza presenti sul territorio e, in particolare, nella zona di residenza della stessa nonché metterla in contatto con i centri antiviolenza, ove essa ne faccia espressamente richiesta.

Infine, il comma 1, lettera c), provvede ad armonizzare la disciplina dell'ammonimento per violenza domestica con quella dell'ammonimento per atti persecutori previsto dall’articolo 8 del citato decreto-legge n. 11 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 38 del 2009, stabilendo che le pene dei reati suscettibili di ammonimento sono aumentate quando il fatto è commesso da soggetto già ammonito nonché la procedibilità d’ufficio per i reati suscettibili d’ammonimento ordinariamente procedibili a querela, qualora commessi da soggetto già ammonito.

Il comma 2, lettera a), estende l’ammonimento di cui all’articolo 8, comma 1, del decreto-legge n. 11 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 38 del 2009 all’ipotesi in cui i fatti riferiti siano riconducibili alla violenza sessuale ex articolo 609-bis del codice penale procedibili a querela.

Il comma 2, lettera b), modifica il comma 3 del citato articolo 8 estendendo ai reati ex articolo 609-bis c.p. l’aumento di pena qualora il fatto sia commesso da soggetti già ammoniti ai sensi dello stesso articolo 8.

Il comma 2, lettera c), modifica il comma 4 del medesimo articolo 8 prevedendo la procedibilità d’ufficio per i reati ex articolo 609-bis c.p. qualora il fatto sia commesso da soggetti già ammoniti ai sensi dello stesso articolo 8.

L’articolo 2 interviene sulla disciplina delle particolari modalità di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici di cui all’articolo 275-bis del codice di procedura penale, nei casi previsti dagli articoli 282-bis e 282-ter c.p.p.

Il comma 1, lettera a), sopprime al comma 1 del citato articolo 275-bis, l’obbligo, attualmente previsto in capo al giudice procedente, di verificare preventivamente la disponibilità degli apparati necessari da parte della polizia giudiziaria.

Il comma 1, lettera b), amplia la portata dell’articolo 276, comma 1-ter, c.p.p., prevedendo l’applicazione della misura cautelare in carcere nel caso di manomissione dei mezzi elettronici e degli strumenti tecnici di controllo disposti con la misura degli arresti domiciliari o con le misure di cui agli artt. 282-bis (obbligo di allontanamento dalla casa familiare) o 282-ter (divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa).

Il comma 1, lettera c), stabilisce che, nel disporre la misura coercitiva dell’allontanamento dalla casa familiare con le modalità di controllo previste all'articolo 275-bis del codice di procedura penale, il giudice preveda altresì l’applicazione, anche congiunta, di una misura più grave qualora l’imputato neghi il consenso all’adozione delle citate modalità di controllo.

Infine, il comma 1, lettera d), opera due distinti interventi sulla disciplina del provvedimento di divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Viene infatti previsto, in analogia a quanto già previsto per il provvedimento ex articolo 282-bis del codice di rito, che tale misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena di cui all’articolo 280 c.p.p. e viene introdotto lo stesso meccanismo che la precedente lettera c) stabilisce per la misura di cui al citato articolo 282-bis.

L’articolo 3 reca alcune modifiche alle disposizioni del codice di procedura penale, volte a consentire l’applicazione delle misure coercitive anche per il delitto di lesioni personali aggravate e, nel caso dell’arresto in flagranza o del nuovo fermo introdotto dal presente disegno di legge, per il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

In particolare, le modifiche agli articoli 275 e 280 c.p.p. apportate dal comma 1, lettere a) e b), con le quali si deroga ai limiti edittali previsti da detti articoli del codice di procedura penale, sono volte a consentire la possibilità di applicare la custodia cautelare in carcere, al ricorrere delle condizioni previste dalla legge, anche per il reato di lesioni personali (art. 582 c.p.), nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale. 

Si tratta delle aggravanti già valorizzate, per il medesimo reato di lesioni personali, dalla legge 19 luglio 2019, n. 69 (recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”, denominata “Codice Rosso”) in relazione alle modifiche introdotte in materia di obbligo di riferire la notizia del reato (art. 347 c.p.p.), di assunzioni di informazioni (art. 362 c.p.p.), di compimento di atti diretti e delegati dal p.m. (art. 370 c.p.p.), di sospensione condizionale della pena (165 c.p.), di obblighi informativi (art. 64-bis disp. att. c.p.p. e artt. 90-bis e 190-bis c.p.p.): l’avere commesso contro l'ascendente o il discendente, quando concorre taluna delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell'articolo 61 c.p. o quando è adoperato un mezzo venefico o un altro mezzo insidioso, ovvero quando vi è premeditazione (art. 576, primo comma, n. 2, c.p.); l’avere commesso il fatto in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 572, 583-quinquies, 600-bis, 600-ter, 609-bis, 609-quater e 609-octies c.p. (art. 576, primo comma, n. 5, c.p.); l’essere stato il fatto commesso dall'autore del delitto previsto dall'articolo 612-bis c.p. nei confronti della persona offesa (art. 576, primo comma, n. 5.1, c.p.); l’avere commesso il fatto contro l'ascendente o il discendente anche per effetto di adozione di minorenne o contro il coniuge, anche legalmente separato, contro l'altra parte dell'unione civile o contro la persona stabilmente convivente con il colpevole o ad esso legata da relazione affettiva (art. 577, primo comma, n. 1, c.p.); l’avere commesso il fatto contro il coniuge divorziato, l'altra parte dell'unione civile, ove cessata, la persona legata al colpevole da stabile convivenza o relazione affettiva, ove cessate, il fratello o la sorella, l'adottante o l'adottato nei casi regolati dal titolo VIII del libro primo del codice civile, il padre o la madre adottivi, o il figlio adottivo, o contro un affine in linea retta (art. 577, secondo comma, c.p.)

Le aggravanti suddette, per effetto della disposizione di cui all’art. 585 c.p., fanno scattare l’aumento della pena da un terzo alla metà nei casi dell’art. 576 c.p. e di un terzo nei casi dell’art. 577 c.p. e giustificano, in tal senso, una deroga alla disposizione di cui all’art. 275, comma 2-bis c.p.p. (secondo cui, di regola, non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni di reclusione), a fronte di un reato, quale quello di lesioni, che nelle ipotesi non aggravate è punito con una pena della reclusione da sei mesi a tre anni.

Il comma 1, lettera c), reca, invece, un duplice intervento di modifica dell’articolo 391, comma 5, secondo periodo, del codice di procedura penale.

Con riferimento all’applicabilità di misure cautelari coercitive, l’art. 391, comma 5, secondo periodo, ultima parte, c.p.p., oggi consente di derogare ai limiti di pena previsti dagli articoli 274, comma 1, lettera c), e 280 c.p.p., solo se l’arresto è stato eseguito per uno dei delitti di cui all’art. 381, comma 2, c.p.p. o per uno dei delitti per i quali l’arresto è consentito anche fuori dalla flagranza: dunque, non per i delitti per i quali è previsto l’arresto obbligatorio, a norma dell’art. 380 c.p.p. , ai quali si intende estendere l’applicazione della norma.

Con la prima modifica si consente alle deroghe previste nell’art. 391, comma 5, c.p.p. di operare anche per il delitto di cui all’art. 387-bis c.p. (“Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa”). Detto delitto è stato inserito fra quelli per i quali è previsto l’arresto obbligatorio ai sensi del comma 2 dell’articolo 380 (cfr. lettera l-ter) del codice di procedura penale dall’art. 2, comma 15, della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante "Delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari". Tuttavia, in considerazione del limite edittale (il reato è punito con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni), attualmente non è possibile procedere, eseguito l’arresto, all’applicazione di alcuna misura cautelare, con la conseguenza che all’arresto dovrà conseguire l’immediata liberazione dell’arrestato, ove non intervenuto tempestivamente un provvedimento di aggravamento della misura cautelare da parte del giudice, in seguito a richiesta del pubblico ministero.

L’intervento soddisfa anche l’esigenza di ricondurre il “rapporto fra misure precautelari e misure cautelari coercitive all’originario coordinamento quanto ai presupposti per la loro adozione” sul quale la Corte costituzionale ha auspicato un intervento del legislatore nella pronuncia n. 137/2020.

La seconda modifica – strettamente conseguente all’intervento sulla disciplina del fermo recata dall’articolo 6 - consente che, anche nei casi in cui sia disposto il fermo ai sensi del nuovo comma 1-bis dell’articolo 384 c.p.p., operi la deroga ai limiti previsti dagli artt. 280 e 274, lettera c), c.p.p. ai fini dell’applicazione delle misure cautelari. Non sarebbe altrimenti possibile l’applicazione della misura cautelare coercitiva per delitti, quali ad esempio quello di lesioni non aggravate (da circostanze speciali o ad effetto speciale), che spesso preludono a condotte più gravi.

L’articolo 4 reca un duplice, mirato intervento sul Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159).

In particolare il comma 1, lettera a), estende l'applicabilità, da parte dell’Autorità giudiziaria, delle misure di prevenzione personali ai soggetti indiziati di alcuni gravi reati che ricorrono nell’ambito dei fenomeni della violenza di genere e della violenza domestica – si tratta dei delitti, consumati o tentati, di violenza sessuale, omicidio, deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso – nonché ai soggetti che, già ammoniti dal Questore, risultino indiziati dei delitti di percosse, lesioni, violenza privata, minacce aggravate, violazione di domicilio e danneggiamento, commessi nell'ambito di violenza domestica.

Il comma 1, lettera b), stabilisce, invece, che, nel disporre la sorveglianza speciale con le modalità di controllo previste all'articolo 275-bis del codice di procedura penale nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera i-ter), del decreto legislativo n. 159 del 2011, il giudice preveda, qualora il destinatario della misura neghi il consenso all’adozione delle citate modalità di controllo, che la sorveglianza sia integrata dalla prescrizioni di cui all’articolo 8, comma 5, del citato decreto legislativo.

L’articolo 5 è volto a chiarire che, nel caso di scarcerazione, sia che questa sia disposta nel corso del procedimento di cognizione, sia che sia disposta in fase esecutiva dal giudice dell’esecuzione (o dal pubblico ministero) o dal magistrato di sorveglianza, alla persona offesa deve essere immediatamente, a cura della polizia giudiziaria, comunicato il provvedimento di scarcerazione, qualora ne abbia fatto richiesta, nell’ipotesi di cui al comma 1, e sempre, a prescindere da detta richiesta, nell’ipotesi di cui all’art. 90-ter, comma 1-bis, c.p.p..

L’articolo 6 introduce un’ulteriore ipotesi di fermo, che prescinde dal pericolo di fuga e dalla flagranza, disposto dal pubblico ministero, con decreto motivato, nei confronti della persona gravemente indiziata di uno dei delitti previsti dagli articoli 572, 582, 612-bis del codice penale o di delitto, consumato o tentato, commesso con minaccia o violenza alla persona per il quale la legge prevede la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, quando sussistono specifici elementi per ritenere grave e imminente il pericolo che la persona indiziata commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale. 

Detta disposizione, nell’ottica di una pronta ed efficace tutela dell’incolumità della persona offesa, permette l’intervento tempestivo alla polizia giudiziaria qualora l’urgenza della situazione, valutata sulla base di specifici elementi, non consenta di attendere il provvedimento cautelare del giudice. La nuova misura viene prevista per categorie di reati, quali i maltrattamenti in famiglia, le lesioni e lo stalking, che normalmente preludono alla commissione di condotte criminose più gravi o comunque delitti commessi con minaccia e violenza, anch’essi sintomatici di una condotta aggressiva e violenta dell’autore, in ordine alla quale è necessario un intervento tempestivo per evitare che la vita o l’incolumità della persona offesa sia posta in pericolo con la commissione di delitti con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale.

In stretta connessione con tale disposizione si pone il secondo degli interventi di modifica previsti dall’articolo 3 del testo. Risulta, infatti, necessario intervenire sull’art. 391, comma 5, c.p.p. al fine di permettere, in conseguenza del fermo, l’applicazione della misura cautelare: obiettivo che si persegue consentendo l’operare della deroga, anche in tal caso, ai limiti previsti dagli artt. 280 e 274, lettera c), ai fini dell’applicazione delle misure cautelari. Non sarebbe altrimenti possibile l’applicazione della misura cautelare coercitiva per delitti, quali ad esempio quello di lesioni non aggravate (da circostanze speciali o ad effetto speciale), che spesso preludono a condotte più gravi.

L’articolo 7 interviene sulla disciplina della sospensione condizionale della pena nel caso di reati di violenza domestica.

L’approvazione della legge n. 69 del 2019 – c.d. Codice Rosso, con riguardo ai reati di violenza domestica e di genere, subordina la concessione del beneficio alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati. In particolare, l’art.165, quinto comma, c.p., prevede che: «Nei casi di condanna per il delitto previsto dall'articolo 575, nella forma tentata, o per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis, nonché agli articoli 582 e 583-quinquies nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati.».

La norma, tuttavia, non individua alcuna istituzione pubblica che possa fornire al giudice la consulenza necessaria sia per individuare gli enti o le associazioni presso cui svolgere i programmi riabilitativi, sia per supervisionare l’effettivo svolgimento dei percorsi di recupero. Trattandosi di un provvedimento afferente all’area penale, si ritiene che la struttura di elezione per tale compito sia l’Ufficio di esecuzione penale esterna, in particolare per ciò che concerne la verifica dell’effettiva partecipazione ai percorsi di recupero da parte dei condannati per i reati di violenza domestica e del loro esito.

Occorre quindi intervenire, su questo piano, con una modifica normativa della disciplina della sospensione condizionale della pena, volta a meglio qualificare e identificare il ruolo degli uffici di esecuzione penale esterna.

Il comma 1 modifica, in tal senso, l’articolo 165, quinto comma, c.p., al fine di consentire al giudice di avvalersi degli uffici di esecuzione penale esterna per individuare gli enti o le associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati reati di violenza domestica e di genere e gli specifici percorsi di recupero previsti dalla stessa norma. Viene altresì previsto che qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero, ivi compresa una sola assenza, costituisce inadempimento rilevante ai fini della revoca della sospensione, ai sensi dell’articolo 168, primo comma, n. 1, c.p.

Con il comma 2 viene al contempo modificato l’art. 18-bis disp. att. c.p., in modo da prevedere che la sentenza, al momento del suo passaggio in giudicato, sia comunicata all’ufficio di esecuzione penale esterna, affinché lo stesso accerti l’effettiva partecipazione del condannato al percorso di recupero e, nel caso di inadempimento di uno qualsiasi degli obblighi imposti, ne dia immediata comunicazione al pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza, il quale attiverà conseguentemente il procedimento di esecuzione per la revoca della sospensione condizionale della pena, ai sensi dell’articolo 168, primo comma, n. 1, c.p.. Viene altresì previsto, per garantire la tempestiva informazione in ordine ad eventuali inadempimenti, che gli enti o le associazioni presso cui il condannato svolge il percorso di recupero diano immediata comunicazione all’ufficio di esecuzione penale esterna di qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero.

L’articolo 8 reca un’armonizzazione degli effetti penali della violazione delle misure coercitive ex artt. 282-bis e 283-ter c.p.p. e della violazione degli ordini di protezione emessi ex art. 342-ter, primo comma, c.c..

L’articolo 387-bis c.p. prevede il reato di violazione delle misure cautelari adottate dal giudice penale dell’allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa nonché di violazione del provvedimento di allontanamento d'urgenza dalla casa familiare adottato dalla polizia giudiziaria previa autorizzazione del pubblico ministero. Tale reato è attualmente punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Per lo stesso delitto, l’art. 380, comma 2, lettera l-ter), del codice di procedura penale, come modificato dall’art. 2, comma 15, della legge 27 settembre 2021, n. 134, prevede l'arresto obbligatorio in flagranza.

La modifica proposta è volta ad estendere la medesima disciplina alla violazione degli ordini di protezione emessi dal giudice in sede civile, la cui violazione, allo stato, è sanzionata dall’art. 388 c.p. con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032, senza la previsione dell’arresto obbligatorio in flagranza.

Considerato che l’ordine di protezione contro gli abusi familiari di cui all’art. 342 ter, primo comma, c.c. presuppone una condotta pregiudizievole per l’integrità fisica o morale del coniuge o convivente e che viene emesso dal giudice all’esito di una compiuta istruttoria, appare ragionevole equiparare le conseguenze della violazione del predetto ordine emesso in sede civile a quelle previste per la violazione delle misure cautelari del divieto di avvicinamento o dell’obbligo di allontanamento: in entrambi i casi, infatti, l’autore della violazione ha posto previamente in essere una condotta ai danni del convivente tale da dover essere allontanato dall’abitazione (con eventuale prescrizione anche del divieto di avvicinamento) e ha poi dimostrato di non essere in grado di autodeterminarsi, eludendo il provvedimento dell’autorità giudiziaria.

L’articolo 9 interviene al fine di garantire la comunicazione di eventi potenzialmente rilevanti per il corretto svolgimento di competenze istituzionali del prefetto e del questore.

In particolare, il comma 1 prevede che nei procedimenti per i delitti di cui all’articolo 4, lettera i-ter, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, l’estinzione o la revoca delle misure di cui agli articoli 282-bis (allontanamento dalla casa familiare), 282-ter (divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa), 283 (divieto e obbligo di dimora), 284 (arresti domiciliari), 285 (custodia cautelare in carcere) e 286 (custodia cautelare in luogo di cura), del codice di procedura penale nonché la loro sostituzione con misura meno grave siano comunicati al questore, ai fini delle valutazioni di competenza in materia di misure di prevenzione.

Il comma 2 stabilisce che nei procedimenti per i delitti di cui all’articolo 362, comma 1-ter, del codice di procedura penale - tentato omicidio ovvero, nelle forme consumate o tentate, maltrattamenti contro familiari e conviventi, violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, corruzione di minorenne, violenza sessuale di gruppo, atti persecutori, nonché talune ipotesi aggravate di lesioni personali e deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso - l’estinzione o la revoca delle misure coercitive di cui al comma 1 ovvero la loro sostituzione con misura meno grave siano comunicati al prefetto ai fini dell’eventuale adozione, sulla base delle valutazioni espresse nell’ambito delle riunioni di coordinamento di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto-legge 6 maggio 2002, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2002, n. 133, di misure di vigilanza dinamica a tutela della persona offesa. Viene altresì prevista la revisione trimestrale delle misure adottate.

L’articolo 10 introduce una provvisionale a titolo di ristoro “anticipato”, in favore della vittima o, in caso di morte, degli aventi diritto che, in conseguenza dei delitti di omicidio, violenza sessuale o lesione personale gravissima, e deformazione dell'aspetto mediante lesioni permanenti al viso, commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, vengano a trovarsi in stato di bisogno.

Il nuovo articolo 13-bis della legge 7 luglio 2016, n. 122, al comma 1, individua i soggetti legittimati alla richiesta della provvisionale, da imputarsi nella liquidazione definitiva dell’indennizzo, qualora in conseguenza dei reati di cui all’articolo 11, comma 2, della medesima legge versino in stato di bisogno. Si precisa, inoltre, che la provvisionale può esser corrisposta a condizione che:

  • la vittima non abbia concorso, anche colposamente, alla commissione del reato ovvero di reati connessi al medesimo;
  • che la vittima non sia stata condannata con sentenza definitiva ovvero, alla data di presentazione della domanda, non sia sottoposta a procedimento penale per uno dei reati di cui all'art. 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale e per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto;
  • che la vittima non abbia percepito, in tale qualità e in conseguenza immediata e diretta del fatto di reato, da soggetti pubblici o privati, somme di denaro di importo pari o superiore a quello dovuto in base alle disposizioni di cui all'articolo 11. In caso di morte della vittima in conseguenza del reato, tali condizioni devono sussistere, oltre che per la vittima, anche con riguardo agli aventi diritto indicati all'articolo 11, comma 2-bis, (comma 2).

Il procedimento prende avvio con l’istanza di accesso al Fondo di cui all’articolo 14 della legge n. 122 del 2016, da presentare al prefetto della provincia nella quale gli aventi diritto risiedono o nella quale è stato commesso il reato e deve essere corredata, a pena di inammissibilità, di:

  1. copia del provvedimento giurisdizionale di cui al comma 1;
  2. dichiarazione sostitutiva di certificazione e dell'atto di notorietà, ai sensi degli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sull'assenza delle condizioni ostative di cui al comma 2 della presente disposizione;
  3. certificato ovvero dichiarazione sostitutiva di certificazione e dell'atto di notorietà, ai sensi degli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la situazione economica dell’istante e delle persone di cui all’articolo 433 del codice civile (il coniuge, i figli, i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti, i generi e le nuore, il suocero e la suocera, i fratelli e le sorelle) (comma 3).

Il comma 4 descrive lo svolgimento dell’iter presso la prefettura competente a ricevere l’istanza. Il prefetto, entro sessanta giorni dal ricevimento della medesima, verifica la sussistenza dei requisiti avvalendosi anche degli organi di polizia, ed invia gli esiti dell’istruttoria al Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati intenzionali violenti, di cui all’articolo 3 della legge 22 dicembre 1999, n. 512.

Al comma 5 si dispone che, all’esito dell’istruttoria, il Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati intenzionali violenti, di cui all’articolo 3 della legge 22 dicembre 1999, n. 512, concluda l’intera procedura entro centoventi giorni dalla presentazione dell’istanza e provveda all’assegnazione della provvisionale in misura massima non superiore a un terzo dell’importo determinato con le modalità di cui al decreto ministeriale del 22 novembre 2019 recante “Determinazione degli importi dell’indennizzo alle vittime dei reati intenzionali violenti”.

Il comma 6 supera l’attuale limite della necessità dell’acquisizione della sentenza di condanna, attualmente previsto quale elemento indissolubile per il riconoscimento e la conseguente elargizione dell’indennizzo. La disposizione anticipa il momento della richiesta alla fase delle indagini preliminari, sulla base degli atti del procedimento penale previo parere del pubblico ministero competente.

Il comma 7 prevede, infine che, qualora decorso il termine di termine di sessanta giorni dalla decisione che ha definito il giudizio per essere ignoto l'autore del reato o dall'ultimo atto dell'azione esecutiva infruttuosamente esperita ovvero dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale, non venga presentata domanda di indennizzo ovvero questa venga respinta o dichiarata inammissibile, il Comitato dichiara la decadenza dal beneficio della provvisionale e dispone la ripetizione di quanto erogato.

L’articolo 11 stabilisce che, per i reati di cui all’articolo 362, comma 1-ter, del codice di procedura penale (tentato omicidio ovvero, nelle forme consumate o tentate, maltrattamenti contro familiari e conviventi, violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, corruzione di minorenne, violenza sessuale di gruppo, atti persecutori, nonché talune ipotesi aggravate di lesioni personali e deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso) commessi in ambito di violenza domestica, l’organo di polizia che procede a seguito di denuncia o querela, se dai primi accertamenti emergono concreti e rilevanti elementi di pericolo di reiterazione della condotta, ne dà comunicazione al prefetto che, sulla base delle valutazioni espresse nell’ambito delle riunioni di coordinamento di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto-legge 6 maggio 2002, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2002, n. 133, può adottare misure di vigilanza dinamica a tutela della persona offesa. È, inoltre, stabilito che le misure adottate siano sottoposte a la revisione trimestrale.

L’articolo 12 prevede la possibilità dell'arresto, anche fuori dei casi di flagranza (in cui l'arresto è obbligatorio), non oltre quarantotto ore dal fatto di reato e serve a consentire l’arresto anche se il soggetto, al momento di arrivo delle forze dell’ordine, si è allontanato.

La formulazione della norma ricalca quella di cui all’art. 8 della legge 401 del 1989, come modificata nel 2003, per i reati commessi con violenza alle persone in occasione delle manifestazioni sportive. Considerata l’equiparazione del trattamento penale del divieto di allontanamento previsto in sede civile con quello adottato in sede cautelare penale, anche in quella ipotesi si consente l’arresto differito.


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