XVIII LEG - Schema di D.Lgs. – Attuazione della direttiva (UE) 2016/943 sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali)

aggiornamento: 12 ottobre 2018

Esame definitivo - Consiglio dei ministri 8 maggio 2018

Esame preliminare - Consiglio dei ministri 8 febbraio 2018

Schema di decreto legislativo recante: “Attuazione della direttiva (UE) 2016/943 del Parlamento Europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro l’acquisizione, l’utilizzo e la divulgazione illeciti”

Relazione illustrativa

Indice


Art. 1 - Modifica all’articolo 1 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30
Art. 2 - Modifica all’articolo 2 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30
Art. 3 - Modifica della rubrica della Sezione VII del Capo II e dell’articolo 98 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30
Art. 4 - Modifiche all'articolo 99 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30)
Art. 5 - Disposizioni per la tutela della riservatezza dei segreti commerciali nel corso dei procedimenti giudiziari
Art. 6 - Modifiche all'articolo 124 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30
Art. 7 - Modifiche all'articolo 126 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30
Art. 8 - Modifiche all'articolo 132 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30
Art. 9 - Modifiche al codice penale in materia di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice e in materia di rivelazione di segreti scientifici o industriali
Art. 10 - Clausola di invarianza finanziaria


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

VISTI gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

VISTA la legge 25 ottobre 2017, n. 163, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea - Legge di delegazione europea 2016-2017 e in particolare l’articolo 15 della predetta legge riguardante delega al governo per l’attuazione della direttiva (UE) 2016/943 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro l'acquisizione, l'utilizzo e la divulgazione illeciti;

VISTA la legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea;

VISTA la direttiva (UE) 2016/943 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro l'acquisizione, l'utilizzo e la divulgazione illeciti;

VISTO il decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, recante codice della proprietà industriale, a norma dell'articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273;

VISTA la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione dell’8 febbraio 20108;

ACQUISITI i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

VISTA la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione dell'8 maggio 2018;

SU PROPOSTA del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze;


E m a n a
il seguente decreto legislativo:

Art. 1
(Modifica all’articolo 1 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30)

 

  1. All’articolo 1, comma 1, del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, le parole  “informazioni aziendali riservate” sono sostituite, dalle seguenti: “segreti commerciali”.

Art. 2
(Modifica all’articolo 2 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30)

  1. All’articolo 2, comma 4, del codice della proprietà industriale, le parole “le informazioni aziendali riservate”, sono sostituite dalle seguenti: “i segreti commerciali”.

Art. 3
(Modifica della rubrica della Sezione VII del Capo II e dell’articolo 98 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30)

  1. La rubrica della Sezione VII del Capo II del codice della proprietà industriale “Informazioni segrete” è sostituita dalla seguente: “Segreti commerciali”. 
  2. All’articolo 98, del codice della proprietà industriale, il comma 1 è sostituito dal seguente:
    “1. Costituiscono oggetto di tutela i segreti commerciali. Per segreti commerciali si intendono le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, soggette al legittimo controllo del detentore, ove tali informazioni:
    a) siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore;
    b) abbiano valore economico in quanto segrete;
    c) siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete.”.

Art. 4
(Modifiche all'articolo 99 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30)

  1. All’articolo 99 del codice della proprietà industriale sono apportate le seguenti modificazioni:
    a)    il comma 1, è sostituito dal seguente:
    “1. Ferma la disciplina della concorrenza sleale, il legittimo detentore dei segreti commerciali di cui all'articolo 98, ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di acquisire, rivelare a terzi od utilizzare, in modo abusivo, tali segreti, salvo il caso in cui essi siano state conseguiti in modo indipendente dal terzo.” ;
    b)    dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti:

    “1 -bis. L’acquisizione, l’utilizzazione o la rivelazione dei segreti commerciali di cui all’articolo 98 si considerano illecite anche quando il soggetto, al momento dell’acquisizione, dell’utilizzazione o della rivelazione, era a conoscenza o, secondo le circostanze, avrebbe dovuto essere a conoscenza del fatto che i segreti commerciali erano stati ottenuti direttamente o indirettamente da un terzo che li utilizzava o rivelava illecitamente ai sensi del comma 1.
    1 -ter. La produzione, l'offerta, la commercializzazione di merci costituenti violazione, oppure l'importazione, l'esportazione o lo stoccaggio delle medesime merci costituiscono un utilizzo illecito dei segreti commerciali di cui all’articolo 98, quando il soggetto che svolgeva tali condotte era a conoscenza o, secondo le circostanze, avrebbe dovuto essere a conoscenza del fatto che i segreti commerciali erano stati utilizzati illecitamente ai sensi del comma 1. Per merci costituenti violazione si intendono le merci delle quali la progettazione, le caratteristiche, la funzione, la produzione o la commercializzazione beneficiano in maniera significativa dei suddetti segreti commerciali acquisiti, utilizzati o rivelati illecitamente.
    1 -quater. I diritti e le azioni derivanti dalle condotte illecite di cui ai commi 1, 1-bis e 1-ter si prescrivono in cinque anni.”.

Art. 5
(Disposizioni per la tutela della riservatezza dei segreti commerciali nel corso dei procedimenti giudiziari)

  1. Dopo l’articolo 121-bis del codice della proprietà industriale, è inserito il seguente:
    ART. 121-ter. - (Tutela della riservatezza dei segreti commerciali nel corso dei procedimenti giudiziari). - 1. Nei procedimenti giudiziari relativi all’acquisizione, all’utilizzazione o alla rivelazione illecite dei segreti commerciali di cui all’articolo 98, il giudice può vietare ai soggetti da lui nominati o delegati, alle parti e ai loro rappresentanti e consulenti, ai difensori, al personale amministrativo, ai testimoni, e agli altri soggetti che a qualunque titolo hanno accesso ai provvedimenti, agli atti e ai documenti presenti nel fascicolo d’ufficio, l’utilizzo o la rivelazione dei segreti commerciali oggetto del procedimento che ritenga riservati. Il provvedimento di divieto di cui al primo periodo è pronunciato su istanza di parte e mantiene efficacia anche successivamente alla conclusione del procedimento nel corso del quale è stato emesso.
  2. Il provvedimento di cui al comma 1 perde la sua efficacia:

    a) se con sentenza, passata in giudicato, è accertato che i segreti commerciali oggetto di causa erano privi dei requisiti di cui all’articolo 98;
    b) se i segreti commerciali diventano generalmente noti o facilmente accessibili agli esperti e agli operatori del settore.
     
  3. Nei procedimenti giudiziari di cui al comma 1 il giudice, su istanza di parte, può adottare i provvedimenti che, nel rispetto dei principi regolatori del giusto processo, appaiano più idonei a tutelare la riservatezza dei segreti commerciali oggetto di causa, ed in particolare:

    a) limitare ad un numero ristretto di soggetti l’accesso alle udienze e agli atti e ai documenti presenti nel fascicolo d’ufficio;
    b) disporre, nei provvedimenti che definiscono i procedimenti di cui al comma 1, resi disponibili anche a soggetti diversi dalle parti, l’oscuramento o l’omissione delle parti contenenti i segreti commerciali.
     
  4. Ai fini di cui al comma 3, lettera b), il giudice, con il provvedimento, indica le parti dello stesso che il cancelliere è tenuto ad oscurare o omettere all’atto del rilascio di copia a soggetti diversi dalle parti. Agli stessi fini il giudice ordina che, all’atto del deposito del provvedimento, la cancelleria vi apponga un’annotazione dalla quale risulti il divieto per le parti di diffondere il provvedimento in versione integrale”.    

Art. 6
(Modifiche all'articolo 124 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30)

  1. All’articolo 124 del codice della proprietà industriale, dopo il comma 6, sono aggiunti i seguenti:
    “6-bis. Nei procedimenti relativi all’acquisizione, all’utilizzazione o alla rivelazione illecite dei segreti commerciali di cui all’articolo 98, il giudice, nel disporre le misure di cui al presente articolo e nel valutarne la proporzionalità, considera le circostanze del caso concreto, tra le quali:

    a) il valore e le altre caratteristiche specifiche dei segreti commerciali;
    b) le misure adottate dal legittimo detentore per proteggere i segreti commerciali;
    c) la condotta dell’autore della violazione nell'acquisire, utilizzare o rivelare i segreti commerciali;
    d) l'impatto dell'utilizzazione o della rivelazione illecite dei segreti commerciali;
    e) i legittimi interessi delle parti e l'impatto che l'accoglimento o il rigetto delle misure potrebbe avere per le stesse;
    f) i legittimi interessi dei terzi;
    g) l’interesse pubblico generale;
    h) le esigenze di tutela dei diritti fondamentali.

    6-ter. Nei procedimenti relativi all’acquisizione, all’utilizzazione o alla rivelazione illecite dei segreti commerciali di cui all’articolo 98, il giudice può disporre, in alternativa all’applicazione delle misure di cui al presente articolo e su istanza della parte interessata, il pagamento di un indennizzo, qualora ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:

    a) la parte istante, al momento dell'utilizzazione o della rivelazione, non conosceva né, secondo le circostanze, avrebbe dovuto conoscere, del fatto che i segreti commerciali erano stati ottenuti da un terzo che li stava utilizzando o rivelando illecitamente;
    b) l’esecuzione di tali misure può essere eccessivamente onerosa per la parte istante;
    c) l’indennizzo risulti adeguato in relazione al pregiudizio subito dalla parte che ha chiesto l’applicazione delle misure.

    6-quater. L’indennizzo liquidato a norma del comma 6-ter non può, in ogni caso, superare l'importo dei diritti dovuti qualora la parte istante avesse richiesto l'autorizzazione ad utilizzare i segreti commerciali per il periodo di tempo per il quale l'utilizzo degli stessi avrebbe potuto essere vietato.”.

Art. 7
(Modifiche all'articolo 126 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30)

  1. All’articolo 126 del codice della proprietà industriale sono apportate le seguenti modificazioni:

    a)     al comma 1 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “In ogni caso, sono adottate le misure idonee a garantire la tutela della riservatezza dei segreti commerciali di cui all’articolo 98.”;
    b)     dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti:

    “1- bis. Nei procedimenti relativi all’acquisizione, all’utilizzazione o alla rivelazione illecite dei segreti commerciali di cui all’articolo 98, il giudice, nel decidere se adottare una delle misure di cui al comma 1 e nel valutarne la proporzionalità, considera le circostanze del caso concreto e, in particolare:

    a) il valore dei segreti commerciali;
    b) la condotta dell’autore della violazione nell'acquisire, utilizzare o rivelare i segreti commerciali;
    c) l'impatto dell'utilizzazione o della rivelazione illecite dei segreti commerciali;
    d) il pericolo di ulteriore utilizzazione o rivelazione illecite dei segreti commerciali da parte dell'autore della violazione.

    1-ter. Ai fini di cui al comma 1-bis, il giudice considera altresì se le informazioni sull'autore della violazione siano tali da consentire l'identificazione di una persona fisica e, in tal caso, se la pubblicazione di tali informazioni sia giustificata anche in considerazione degli eventuali danni che la misura può provocare alla vita privata e alla reputazione del medesimo autore.”.

Art. Art. 8
(Modifiche all'articolo 132 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30)

  1. All’articolo 132 del codice della proprietà industriale, dopo il comma 5, sono aggiunti i seguenti:

    “5-bis. In tutti i procedimenti cautelari relativi all’acquisizione, all’utilizzazione o alla rivelazione illecite dei segreti commerciali di cui all’articolo 98, il giudice può, su istanza di parte, in alternativa all’applicazione delle misure cautelari, autorizzare la parte interessata a continuare ad utilizzare i segreti commerciali prestando idonea cauzione per l’eventuale risarcimento dei danni subiti dal legittimo detentore. E’ vietata la rivelazione a terzi dei segreti commerciali di cui è autorizzata l’utilizzazione a norma del primo periodo.
    5- ter. Nel provvedere sulle domande cautelari in materia di acquisizione, utilizzazione o rivelazione illecite dei segreti commerciali di cui all’articolo 98, il giudice considera le circostanze di cui all’articolo 124, comma 6-bis. Delle medesime circostanze il giudice tiene conto ai fini della valutazione di proporzionalità delle misure.
    5- quater. Fermo quanto previsto dal comma 4, se le misure cautelari adottate a tutela dei segreti commerciali di cui all’articolo 98 divengono inefficaci, ai sensi del comma 3,  per mancato inizio del giudizio di merito nel termine perentorio di cui al comma 2 ovvero perdono efficacia a causa di un’azione o di un’omissione del ricorrente, ovvero se viene successivamente accertato che l’acquisizione, l’utilizzo o la rivelazione  illeciti dei predetti segreti commerciali non sussisteva, il ricorrente è tenuto a risarcire il danno cagionato dalle misure adottate.”.

Art. 9
(Modifiche al codice penale in materia di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice e in materia di rivelazione di segreti scientifici o industriali)

  1. All'art. 388 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
    a) dopo il secondo comma sono aggiunti i seguenti:
    “La stessa pena si applica a chi elude l’esecuzione di un provvedimento del giudice che prescriva misure inibitorie o correttive a tutela dei dritti di proprietà industriale."
    “È altresì punito con la pena prevista al primo comma chiunque, essendo obbligato alla riservatezza per espresso provvedimento adottato dal giudice nei procedimenti che riguardino diritti di proprietà industriale, viola il relativo ordine”.
  2. L’articolo 623 del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 623
(Rivelazione di segreti scientifici o commerciali)

Chiunque, venuto a cognizione per ragioni del suo stato o ufficio, o della sua professione o arte, di segreti commerciali o di notizie destinate a rimanere segrete, sopra scoperte o invenzioni scientifiche, li rivela o li impiega a proprio o altrui profitto, è punito con la reclusione fino a due anni.
La stessa pena si applica a chiunque, avendo acquisito in modo abusivo segreti commerciali, li rivela o li impiega a proprio o altrui profitto.
Se il fatto relativo ai segreti commerciali è commesso tramite qualsiasi strumento informatico la pena è aumentata.
Il colpevole è punito a querela della persona offesa”.

3. Ai fini dell’articolo 623 del codice penale, nel testo riformulato dal presente articolo, le   notizie destinate a rimanere segrete sopra applicazioni industriali, di cui alla formulazione previgente del medesimo articolo 623, costituiscono segreti commerciali.

Art. 10
(Clausola di invarianza finanziaria)

  1. Dall’attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate alla relativa attuazione vi provvedono con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

Relazione illustrativa

 

La bozza di decreto attua l’articolo 15 della legge n. 163 del 25 ottobre 2017 (cd. legge di delegazione europea 2016-2017). Tale disposizione detta i princìpi ed i criteri direttivi per l’attuazione della direttiva (UE) 2016/943 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro l'acquisizione, l'utilizzo o la divulgazione illeciti. Il termine per il recepimento della direttiva de qua scade in data 9 giugno 2018.

In particolare, si prevede che il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro della giustizia, e di concerto con Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dello sviluppo economico e dell’economia e delle finanze, con le procedure di cui all’articolo 31 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, uno o più decreti legislativi seguendo, oltre ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:

  1. apportare al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto e integrale recepimento della direttiva (UE) 2016/943;
  2. prevedere misure sanzionatorie penali e amministrative efficaci, proporzionate e dissuasive in caso di acquisizione, utilizzo o divulgazione illecita del know how e delle informazioni commerciali riservate, in modo da garantire l’efficace adempimento degli obblighi previsti dalla medesima direttiva;
  3. apportare tutte le abrogazioni, modificazioni e integrazioni alla normativa vigente, anche di derivazione europea, al fine di assicurare il coordinamento con le disposizioni emanate in attuazione del presente articolo e la complessiva razionalizzazione della disciplina di settore.

E’ poi prevista la clausola di invarianza finanziaria.
Come preme evidenziare, la direttiva in questione reca norme di armonizzazione minima (v. art. 1 della direttiva “Gli stati membri possono, nel rispetto delle disposizioni delle disposizioni del TFUE, fornire un livello più ampio di protezione contro l'acquisizione, l'utilizzo o la divulgazione illeciti di un segreto commerciale …). Ciò posto, tra le finalità della direttiva vi è l’innalzamento della tutela dei segreti commerciali: nel considerando 4 si prevede che “Le imprese innovative sono sempre più esposte a pratiche fraudolente intese ad appropriarsi illecitamente di segreti commerciali, quali furto, copia non autorizzata, spionaggio economico o violazione degli obblighi di riservatezza, aventi origine sia all'interno che all'esterno dell'Unione. Gli sviluppi recenti, quali la globalizzazione, il maggiore ricorso all'esternalizzazione (outsourcing), le catene di approvvigionamento più lunghe e un uso più diffuso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, contribuiscono ad aumentare il rischio di diffusione di tali pratiche. L'acquisizione, l'utilizzo o la divulgazione illeciti di un segreto commerciale compromettono la capacità dei legittimi detentori del segreto commerciale di ottenere i vantaggi derivanti dal loro ruolo di precursori grazie ai risultati dei propri sforzi in materia di innovazione. Senza strumenti giuridici di tutela del segreto commerciale efficaci e comparabili in tutta l'Unione, gli incentivi a intraprendere attività transfrontaliere innovative sul mercato interno risultano indeboliti e i segreti commerciali non sono in grado di mettere a frutto le loro potenzialità di motori della crescita economica e dell'occupazione.”


Il citato articolo 15, lett. a), della L: n. 163 del 2017 prevede la possibilità di intervenire sul codice della proprietà industriale del 2005, applicabile alle cause sui diritti di proprietà industriale in virtù del richiamo di cui all’art 134, comma 1, del D.Lgs. n. 30/2005. Orbene, nel nostro ordinamento sono tutelate le informazioni ed esperienze aziendali, ai sensi dell’art. 98 (Oggetto della tutela) del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 (codice della proprietà industriale), che prevede “1. Costituiscono oggetto di tutela le informazioni aziendali e le esperienze tecnicoindustriali, comprese quelle commerciali, soggette al legittimo controllo del detentore, ove tali informazioni: a) siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore; b) abbiano valore economico in quanto segrete; c) siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete. 2. Costituiscono altresì oggetto di protezione i dati relativi a prove o altri dati segreti, la cui elaborazione comporti un considerevole impegno ed alla cui presentazione sia subordinata l'autorizzazione dell'immissione in commercio di prodotti chimici, farmaceutici o agricoli implicanti l'uso di nuove sostanze chimiche.”

Orbene, tale nozione corrisponde, quanto ai contenuti, a quella delineata dalla direttiva 943 del 2016. Invece, sotto il profilo terminologico, per attuare la normativa europea in maniera piena e puntuale si è ritenuto opportuno allineare il nostro ordinamento alla formulazione con la quale il diritto europeo si riferisce alla situazione giuridica sostanziale oggetto di tutela. Pertanto, si è sostituita la formula “segreto commerciale”, come espressamente prevista dalla direttiva, in luogo della vigente “informazione e esperienza aziendale” di cui agli articoli 1, 2, 98, 99 del Cpi. Come premesso, invece, è rimasto sostanzialmente invariato l’oggetto della tutela, già individuato, nei suoi elementi, dal vigente articolo 98 (“Per segreti commerciali si intendono le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, soggette al legittimo controllo del detentore, ove tali informazioni:a) siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore;…) in quanto corrispondente alle indicazioni europee. Al riguardo, giova ricordare che la norma nazionale ha già recepito l’articolo 6 bis R. D. 1127/1939 L. invenzioni introdotto dal d. lgs. 198/1996, che -a sua volta- si adegua alla definizione dell’art. 39 commi 1 e 2, del Trattato Trips (il cui testo è riportato nel prosieguo dell’esposizione).

Ai sensi del successivo l’art. 99 (Tutela) il legislatore nazionale prevede che “1. Ferma la disciplina della concorrenza sleale, il legittimo detentore delle informazioni e delle esperienze aziendali di cui all'articolo 98, ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di acquisire, rivelare a terzi od utilizzare, in modo abusivo, tali informazioni ed esperienze, salvo il caso in cui esse siano state conseguite in modo indipendente dal terzo.”. Tale formulazione viene integrata, per dare conto dell’innalzamento degli standard di tutela richiesto dalla direttiva. L’articolo 4, paragrafi 4 e 5 della direttiva, in particolare, prevede che “4. L'acquisizione, l'utilizzo o la divulgazione di un segreto commerciale si considerano altresì illeciti qualora un soggetto, al momento dell'acquisizione, dell'utilizzo o della divulgazione, fosse a conoscenza o, secondo le circostanze, avrebbe dovuto essere a conoscenza del fatto che il segreto commerciale era stato ottenuto direttamente o indirettamente da un terzo che illecitamente lo utilizzava o lo divulgava ai sensi del paragrafo 3. 5. La produzione, l'offerta o la commercializzazione di merci costituenti violazione oppure l'importazione, l'esportazione o lo stoccaggio di merci costituenti violazione a tali fini si considerano un utilizzo illecito di un segreto commerciale anche quando il soggetto che svolgeva tali attività era a conoscenza o, secondo le circostanze, avrebbe dovuto essere a conoscenza del fatto che il segreto commerciale era stato utilizzato illecitamente ai sensi del paragrafo 3)”. 

Pertanto, emerge l’esigenza di modificare il testo dell’articolo 99, prevedendo la rilevanza anche di condotte colpose (con riferimento all’inciso “era a conoscenza o, secondo le circostanze, avrebbe dovuto essere a conoscenza del fatto che il segreto commerciale era stato utilizzato illecitamente ai sensi del paragrafo 3). Tanto più che tali previsioni non erano previste nell’art. 39 Trips, commi 2 e 3 (“2. Le persone fisiche e giuridiche hanno la facoltà di vietare che, salvo proprio consenso, le informazioni sottoposte al loro legittimo controllo siano rivelate a terzi oppure acquisite o utilizzate da parte di terzi in un modo contrario a leali pratiche commerciali nella misura in cui tali informazioni: a) siano segrete nel senso che non sono, nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi, generalmente note o facilmente accessibili a persone che normalmente si occupano del tipo di informazioni in questione; b) abbiano valore commerciale in quanto segrete; c) siano state sottoposte, da parte della persona al cui legittimo controllo sono soggette, a misure adeguate nel caso in questione intesa a mantenerle segrete. 3. I Membri, qualora subordinino l'autorizzazione della commercializzazione di prodotti chimici farmaceutici o agricoli implicanti l'uso di nuove sostanze chimiche alla presentazione di dati relativi a prove o di altri dati segreti, la cui elaborazione comporti un considerevole impegno, assicurano la tutela di tali dati da sleali usi commerciali. Essi inoltre proteggono detti dati dalla divulgazione, salvo nei casi in cui risulti necessaria per proteggere il pubblico o a meno che non vengano prese misure atte a garantire la protezione dei dati contro sleali usi commerciali.”). La restante formulazione viene, invece, riproposta. In particolare, è opportuno precisare che la locuzione “in modo abusivo” è pacificamente interpretata alla luce dell’art. 39 TRIPS, sì che va considerata espressione equivalente a “in modo contrario a leali pratiche commerciali” di cui al citato art. 39 TRIPS. Ne consegue che non occorre alcun adeguamento dell’ordinamento interno in relazione alle disposizioni di cui ai citati par. 2 e 3, trattandosi, in ogni caso di specificazioni della clausola generale già contenuta nell’art. 99, in conformità agli Accordi TRIPS. In sostanza, non si è modificato, per tale profilo, il testo vigente, da un lato poiché risultava superfluo alla luce delle precisazioni appena esposte, per altro aspetto, di ordine interpretativo, per non ingenerare problematiche ermeneutiche e applicative conseguenti alla modifica della regolazione già in vigore dal 2010.

Non appare necessario prevedere specifiche disposizioni di recepimento per le fattispecie di acquisizione utilizzo e rivelazione ritenute lecite (articoli 1 e 3 direttiva): in parte, la salvaguardia di tali ipotesi di liceità è garantita da quanto già disposto dall’articolo 99 del Cpi, laddove prevede “salvo il caso in cui esse siano state conseguite in modo indipendente dal terzo.” Le fattispecie indicate nell’articolo 3 della direttiva – disposizione questa di armonizzazione massima, come è bene sottolineare - sono già oggetto di tutela nel nostro ordinamento. E’ il caso della tutela della libertà di stampa e, in generale, dei diritti costituzionalmente rilevanti; dei diritti sindacali, già garantiti in altri settori ordinamentali; della tutela del whistleblower ovvero del soggetto che, mantenendo l’anonimato, denuncia una situazione irregolare o illegale (è recente la normativa di tutela del dipendente che denuncia fatti illeciti avvenuti nei luoghi di lavoro: v. L. 30 novembre 2017, n. 179 recante disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato). Giova anche precisare, al riguardo, che non si ritengono necessari interventi di recepimento in quanto il nostro ordinamento, a Costituzione rigida, prevede una gerarchia delle fonti normative, tutelando i diritti di rango sovraordinato (come il diritto alla salute ed alla libertà di stampa) all’esito di un giudizio di bilanciamento tra interessi confliggenti.

Analogamente, non sembrano necessarie norme di recepimento per l’articolo 6 (Obbligo generale) e per l’articolo 7 (proporzionalità e abuso del processo) che introducono regole già previste nel nostro ordinamento. In particolare, quanto all’articolo 7 della direttiva, si ricorda che già l’art. 96, comma 2 del cpc e l’art. 120 cpc disciplinano l’ipotesi di domande giudiziarie manifestamente infondate. Per altro profilo, le due norme prevedono principi molto generali.  
Invece, la bozza di articolato proposta introduce disposizioni innovative, in presenza sia di un preciso obbligo di recepimento da parte degli Stati membri che, nel contempo, della necessità di uno specifico intervento di adeguamento del nostro ordinamento. In particolare, tra i punti della direttiva per i quali si è ritenuto opportuno intervenire con disposizioni di recepimento, si segnala: l’art. 4 della direttiva, già richiamato, in tema di condotte illecite, che richiede la modifica dell’art. 99 Cpi, per integrare la normativa vigente con i paragrafi 4 e 5 dell’art. 4 della direttiva.

Anche l’art. 8 della direttiva è stato recepito: ciò al fine di dettare una norma relativa alla prescrizione dei diritti e delle azioni “derivanti dall’acquisizione, utilizzo e divulgazione abusivi dei segreti commerciali di cui all’art. 98 CPI”, prevedendo un termine prescrizionale di 5 anni anche in caso di illecito contrattuale. Al riguardo, si rappresenta quanto segue. In assenza di una normativa speciale, la disposizione di cui all’art. 125 (risarcimento) Cpi è stata intesa dalla giurisprudenza come azione extracontrattuale (art. 2946 c.c.: prescrizione quinquennale per fatti illeciti), come il danno da illecito concorrenziale avente prescrizione quinquennale ex art. 2947 primo comma cc (Cass. civ 3236/1998). Rimane però la eventualità di azioni per responsabilità contrattuale con termine prescrizionale di dieci anni (art. 2946 c.c.). Pertanto, è stata prevista un’apposita disposizione con termine prescrizionale di cinque anni anche per la responsabilità contrattuale (v. sub Art 99 Cpi come modificato). La sospensione e la interruzione di tale termine prescrizionale sono regolate dagli articoli 2941, 2942, 2943, 2944 e 2945 del codice civile). La decorrenza del termine per esercitare i diritti e le azioni, analogamente, è disciplinata secondo le norme generali (art. 2935 c.c.).

Anche l’articolo 9, par. 1, della Direttiva, è stato integralmente recepito, considerato che nel nostro ordinamento non è dato rinvenire una disposizione che tuteli i segreti commerciali in quanto riservati nel corso dei procedimenti giudiziari, sia cautelari che di merito, relativi all’acquisizione, all’utilizzazione o alla rivelazione illecite dei segreti commerciali di cui all’articolo 98 Cpi. Si prevede che il giudice (ordinario, civile e penale, amministrativo o contabile) possa vietare alle parti e ai loro rappresentanti e consulenti, ai difensori, al personale amministrativo, ai testimoni, ai soggetti da lui nominati o delegati e agli altri soggetti che a qualunque titolo hanno accesso ai provvedimenti, agli atti e ai documenti presenti nel fascicolo d’ufficio, l’utilizzo o la rivelazione dei segreti commerciali oggetto del procedimento che ritenga riservati. Tale provvedimento di divieto mantiene efficacia anche successivamente alla conclusione del procedimento nel corso del quale è stato emesso; perde vigore, invece, se con sentenza si accerta la mancanza dei requisiti di cui all’articolo 98; se i segreti commerciali diventano generalmente noti o facilmente accessibili agli esperti e agli operatori del settore. Viene attuato anche il paragrafo 2 dell’articolo 9, laddove si prevedono le cd. Misure specifiche: si stabilisce che il giudice possa adottare i provvedimenti che, nel rispetto dei principi regolatori del giusto processo, appaiano più idonei a tutelare la riservatezza dei segreti commerciali oggetto di causa. Si tratta delle misure in base alle quali: si limita l’accesso alle udienze e agli atti e ai documenti presenti nel fascicolo d’ufficio; si dispone in alcuni provvedimenti l’oscuramento o l’omissione delle parti contenenti i segreti commerciali.

Non si è ritenuto opportuno consentire all’autorità giudiziaria di disporre d’ufficio tali divieti e misure, ritenendo preferibile lasciare alla iniziativa delle parti ogni eventuale richiesta, anche considerato l’alto livello di tecnicismo che, in concreto, può caratterizzare la valutazione sul carattere o meno riservato di detti segreti commerciali.

Nel recepimento della direttiva (UE) 2016/943 si tiene conto, inoltre, di quanto richiesto nell’art. 10 (misure provvisorie e cautelari) della direttiva in materia di misure cautelari (richiamate nel nostro ordinamento dall’articolo 132 Cpi). Più in generale, in merito alla tutela giurisdizionale dei segreti commerciali, la direttiva garantisce al legittimo detentore dei medesimi il ricorso ad un’ampia serie di rimedi. In via preliminare, è opportuno richiamare la qualificazione giuridica dei segreti commerciali, che ai sensi dell’articolo 1 (Diritti di proprietà industriale) del Cpi rientrano tra i diritti di proprietà industriale come, ad esempio, i marchi ed i brevetti (si riporta il testo dell’articolo 1 appena richiamato, come modificato dalla bozza di articolato proposta: “1. Ai fini del presente codice, l'espressione proprietà industriale comprende marchi ed altri segni distintivi, indicazioni geografiche, denominazioni di origine, disegni e modelli, invenzioni, modelli di utilità, topografie dei prodotti a semiconduttori, segreti commerciali e nuove varietà vegetali.” Come è bene sottolineare, già a ordinamento vigente sono applicabili, a tutela delle informazioni ed esperienze aziendali, tutti i rimedi giurisdizionali, cautelari e non, previsti dal legislatore: si tratta essenzialmente delle misure previste dal Cpi, agli articoli 124 e ss. Se è pur vero che si tratta di diritti “non titolati” (ovvero privi di formale registrazione), alla luce del tenore testuale del richiamato articolo 1 e degli articoli 98 e 99 del Cpi essi rientrano, infatti, nel novero dei diritti di proprietà industriale; di conseguenza, la competenza in materia spetta alle Sezioni specializzate in materia di proprietà industriale istituite dal d. lgs. 27 giugno 2003 n. 168 (sul punto ex multis Trib. Firenze 26 novembre 2008, ord.; Trib. Mantova 3 ottobre 2008). Inoltre, sono già applicabili, in particolare, i seguenti strumenti giurisdizionali: misure correttive e sanzioni civili, misure cautelari, risarcimento del danno anche in relazione al pregiudizio morale; descrizione e sequestro; la confisca, la distruzione ed il ritiro del mercato in caso di accertamento giudiziale dell’illiceità dell’uso; la pubblicazione della sentenza; la consulenza tecnica preventiva; l’inibitoria; relativamente al codice di rito civile, i rimedi di cui agli artt. 669 decies e ss del cpc.

Seguendo l’ordine del Codice di proprietà industriale, è stato integrato il testo vigente dell’articolo 124 del Cpi (misure correttive e sanzioni civili) con tre nuovi commi dopo il comma sei. In conformità alla direttiva (articolo 12 sulle “Ingiunzioni e misure correttive”), in particolare, nel nuovo comma 6-bis, si prevede espressamente che, nei procedimenti relativi all’acquisizione, all’utilizzazione o alla rivelazione illecite dei segreti commerciali di cui all’articolo 98, il giudice, nel disporre le misure correttive e le sanzioni civili e nel valutarne la proporzionalità, considera le circostanze del caso concreto,  tra le quali: il valore e le altre caratteristiche specifiche dei segreti commerciali; le misure adottate dal legittimo detentore per proteggere i segreti commerciali; la condotta dell’autore della violazione nell'acquisire, utilizzare o rivelare  i segreti commerciali; l'impatto dell'utilizzazione o della rivelazione illecite dei segreti commerciali; i legittimi interessi delle parti e l'impatto che l'accoglimento o il rigetto delle misure potrebbe avere per le stesse; i legittimi interessi dei terzi;  l’interesse pubblico generale;     le esigenze di tutela dei diritti fondamentali.

Nel successivo comma 6-ter è stato recepito l’art. 13, par. 3, direttiva, che individua le misure che gli Stati devono prevedere alternativamente alla concessione delle misure cautelari. In particolare, si prevede che nei procedimenti relativi all’acquisizione, all’utilizzazione o alla rivelazione illecite dei segreti commerciali di cui all’articolo 98, il giudice può, in alternativa all’applicazione delle misure di cui al suindicato articolo 124 Cpi, disporre, su istanza della parte interessata, il pagamento di un indennizzo, ricorrendo tutte le condizioni puntualmente esplicitate. Si prevede, in particolare, la compresenza delle seguenti condizioni: la parte istante, al momento dell'utilizzazione o della rivelazione, non conosceva né, secondo le circostanze, avrebbe dovuto conoscere, del fatto che i segreti commerciali erano stati ottenuti da un terzo che li stava utilizzando o rivelando illecitamente; l’esecuzione di tali misure può essere eccessivamente onerosa per la parte istante; infine, tale indennizzo deve risultare adeguato in relazione al pregiudizio subito dalla parte che ha chiesto l’applicazione delle misure e, in ogni caso, non supera l'importo dei diritti dovuti se l’autore della violazione avesse richiesto l'autorizzazione ad utilizzare i segreti commerciali per il periodo di tempo per il quale l'utilizzo degli stessi avrebbe potuto essere vietato (le cd. royalties).

In tema di misure cautelari (articolo 132 Cpi), è stato recepito l’art. 11, par. 2, della direttiva, che disciplina gli elementi rilevanti ai fini della decisione sulle misure cautelari, in assenza di una norma di analogo tenore nella normativa vigente. Precisamente, sono espressamente individuate le circostanze rilevanti nel provvedere sulle domande cautelari ed ai fini della valutazione di proporzionalità delle misure medesime, rinviando all’elenco già previsto all’articolo 124, comma 6-bis. Quest’ultima disposizione, a sua volta, attua il richiamato art. 13, par. 1 direttiva, introducendo analoghi elementi di valutazione per il giudicante, ma in materia di misure correttive e inibitorie.

Sempre in tema di misure cautelari è stato recepito l’articolo 10, paragrafo 2, prevedendo un nuovo 5-bis all’art. 132 Cpi. Al riguardo, si prevede che in tutti i procedimenti cautelari relativi all’acquisizione, all’utilizzazione o alla rivelazione illecite dei segreti commerciali di cui all’articolo 98, il giudice può, in alternativa all’applicazione delle misure cautelari, autorizzare il convenuto a continuare ad utilizzare i segreti commerciali prestando idonea cauzione per l’eventuale risarcimento dei danni subiti dal legittimo detentore. Si specifica, però, che in ogni caso è vietata la rivelazione dei segreti commerciali di cui è autorizzata l’utilizzazione a norma del primo periodo, precisazione imposta dalla direttiva.

L’articolo 132 Cpi è stato integrato, altresì, con il nuovo comma 5 quater che attua il disposto di cui all’articolo 11 paragrafo 5 della direttiva, considerato che nell’ordinamento vigente non si rinviene una disposizione dal contenuto analogo. Si prevede che, qualora le misure cautelari adottate a tutela dei segreti commerciali divengano inefficaci per mancato inizio del giudizio di merito nel termine perentorio (di cui al comma 2 dell’art. 132 Cpi) ovvero perdono efficacia a causa di un’azione o di un’omissione del ricorrente, ovvero se viene successivamente accertato che l’acquisizione, l’utilizzo o la rivelazione illeciti dei predetti segreti commerciali non sussistevano, il ricorrente è obbligato a risarcire il danno cagionato dalle misure adottate.

Sono state introdotte anche delle sanzioni di natura penale per i contravventori ai divieti ed ai provvedimenti giudiziali in materia di riservatezza di cui all’articolo 121-ter del Cpi, ai sensi dell’articolo 16 della direttiva e 15 comma 1 lett. b) della richiamata legge di delegazione europea. Sanzioni sono anche state introdotte per l’inosservanza dei provvedimenti cautelari e di merito del giudice, in materia non solo di segreti commerciali ma, in generale, per ogni diritto di proprietà industriale, modificando l’art. 388 del codice penale (in materia di inosservanza dolosa dei provvedimenti del giudice). Al riguardo, si è ritenuto opportuno estendere tale ultima previsione del codice penale, come modificata dall’art. 10 della bozza di articolato proposta, anche agli altri diritti di cui all’articolo 1 del Cpi (marchi ed altri segni distintivi, indicazioni geografiche, denominazioni di origine, disegni e modelli, invenzioni, modelli di utilità, topografie dei prodotti a semiconduttori e nuove varietà vegetali) per non creare livelli differenti di tutela, trattandosi di situazioni giuridiche sostanziali meritevoli dello stesso livello di protezione. Tale intervento è legittimato ai sensi dell’art. 15, comma 1, lett. b) e lett. c), della legge di delegazione europea; la lett. c) della disposizione richiamata, in particolare, consente di apportare tutte le abrogazioni, modificazioni e integrazioni alla normativa vigente, al fine di assicurare il necessario coordinamento con le disposizioni emanate in attuazione della direttiva. In un’ottica sistematica, si attua altresì la finalità di razionalizzare la disciplina di settore.

E’ stato recepito l’art. 15 della direttiva, che indica gli elementi che il giudice deve valutare ai fini della pubblicazione del provvedimento cautelare ovvero della sentenza di merito. A tal fine è stato modificato l’articolo 126 (Pubblicazione della sentenza) del Cpi.  Il testo dell’originaria disposizione è stato integrato prevedendo che, accertata la violazione dei diritti di proprietà industriale, in ogni caso, siano adottate le misure idonee a garantire la tutela della riservatezza dei segreti commerciali di cui all’articolo 98. Si prevede, inoltre, che, nei procedimenti in materia di illecita acquisizione utilizzazione o rivelazione di segreti commerciali, il giudice, nel decidere se adottare una delle misure consentite (ad esempio la pubblicazione integrale della sentenza che accerta la violazione del diritto di proprietà industriale) e nel valutarne la proporzionalità, considera le circostanze del caso concreto e, in particolare: il valore dei segreti commerciali; la condotta dell’autore della violazione nell'acquisire, utilizzare o rivelare i segreti commerciali; l'impatto dell'utilizzazione o della rivelazione illecite dei segreti commerciali; il pericolo di ulteriore utilizzazione o rivelazione illecite dei segreti commerciali  da parte dell'autore della violazione. Si precisa, infine, che nel compiere detta valutazione in merito alle misure consentite il giudicante considera, altresì, se le informazioni sull'autore della violazione siano tali da consentire l'identificazione di una persona fisica e, in tal caso, se la pubblicazione di tali informazioni sia giustificata anche in considerazione degli eventuali danni che la misura può provocare alla vita privata e alla reputazione del medesimo autore.

Gli articoli 17 (Scambio di informazioni e corrispondenti), 18 (relazioni), 19 (recepimento), 20 (entrata in vigore) e 21 (destinatari) della direttiva non sono stati oggetto di specifiche disposizioni di recepimento, prevedendo disposizioni prive di contenuto precettivo.

Con riferimento al criterio di cui alla lett. b) dell’articolo 15 della legge di delegazione, la direttiva indica come principio di delega anche la previsione di sanzioni penali e amministrative, oggetto quest’ultimo non previsto nella direttiva (salvo quanto specificato successivamente in merito all’articolo 16 della direttiva). Orbene, anche alla luce dell’esigenza di rafforzata tutela dei trade secrets, come espressa nella direttiva cui si dà attuazione, l’attuale tutela penale, complessivamente considerata, appare lacunosa, specie se raffrontata con la tutela penale degli altri diritti di proprietà industriale (come brevetti, marchi, disegni e modelli e indicazioni geografiche o denominazioni di origine). Al riguardo, giova richiamare, in particolare, l’art. 473 cp in materia di contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell’ingegno o di prodotti industriali, l’art. 517-ter cp che sanziona la fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale; anche la contraffazione o alterazione di DOP e IGP costituiscono illeciti penali, in virtù della legge n. 99/2009, che ha inserito nel codice penale l'articolo 517-quater che sanziona chiunque contraffà o comunque altera indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari; l’art. 127 Cpi che prevede sanzioni penali e amministrative a tutela di alcuni diritti di proprietà.)

Per altro profilo, il segreto commerciale ha un crescente valore aziendale anche sotto il profilo dell’avviamento, poiché è il precipitato di tecnologie ed innovazioni spesso costose e, soprattutto, può comportare anni di studi e ricerche. Già da diverso tempo anche in ambito comunitario (v.  CE 31 gennaio 1996 n. 240, nello specifico l’art. 10), il know-how tecnico e commerciale costituisce un bene giuridicamente tutelato: valorizzando tali elementi si è ritenuto opportuno intervenire anche in sede penale a tutela dei segreti commerciali. Da ultimo, in sede comunitaria è emersa l’esigenza di tutelare anche i segreti commerciali in caso di cyber theft (furto di segreti commerciali via internet), considerato che si tratta di fatti anche gravi che si stanno verificando con crescente diffusione. Ulteriore finalità meritevole di apprezzamento è quella di intervenire sull’articolo 623 cp., la disposizione che la giurisprudenza finora ha evocato, in via interpretativa, a tutela del Know how: la modifica proposta, tra l’altro, introduce per la prima volta riferimento espresso al “segreto commerciale”, così permettendo l’allineamento della norma penalistica di riferimento con la mutata qualificazione introdotta dalla bozza di articolato nel codice di proprietà industriale, come di seguito meglio specificato.

Tale intervento è consentito anche dal richiamato principio di delega di cui alla lett. c) che consente, alla luce delle suesposte finalità, di apportare tutte le abrogazioni, modificazioni e integrazioni alla normativa vigente, anche di derivazione europea, al fine di assicurare il necessario coordinamento in materia.

Ciò posto, quanto alle modifiche del codice penale, si è proceduto modificando, innanzitutto, l’art. 388 (mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice) del codice penale. In tal caso si tratta di adempiere al disposto della direttiva che, all’articolo 16, par. 1, prevede che “Gli Stati membri assicurano che le competenti autorità giudiziarie possano imporre sanzioni a qualsiasi soggetto che non adempia o rifiuti di adempiere le misure adottate in applicazione degli articoli 9, 10 e 12.” Precisamente, nell’attuare il disposto dell’art. 16 della dir., che richiede l’adozione di sanzioni per le violazioni delle previsioni di cui agli articoli 9, 10 e 12 della direttiva (lasciando però libertà agli Stati membri nello scegliere la natura delle misure), poiché l’eventualità di sanzioni amministrative avrebbe comportato per il legislatore nazionale il rinvio ad un’autorità diversa da quella procedente (quella giudiziaria) nella fase di irrogazione di dette sanzioni, si è ritenuto preferibile optare per sanzioni penali, anziché a quelle amministrative. Inoltre, in via sistematica, tali fattispecie costituiscono, in sostanza, ipotesi di inosservanza dolosa ai provvedimenti del giudice, fattispecie già prevista dall’art. 388 del cp. Inoltre, tale ultima disposizione in via interpretativa finora è stata ritenuta applicabile – quanto al comma secondo - anche in materia di diritti di proprietà industriale (Cass. pen. n. 15646 del 17 febbraio 2015; Cass. pen n.65 del 25 Ottobre 2004). Precisamente, la disposizione introdotta prevede che “La stessa pena si applica a chi elude l’esecuzione di un provvedimento del giudice civile, ovvero amministrativo o contabile, che concerna l’affidamento di minori o di altre persone incapaci, ovvero prescriva misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso o del credito, o misure inibitorie e correttive a tutela dei diritti di proprietà industriale”. Per garantire l’adempimento degli obblighi introdotti in attuazione dell’articolo 9 della direttiva (in materia di tutela della riservatezza nei procedimenti giudiziari), sono stati inseriti il comma terzo e quarto nello stesso articolo 388 cp.: “La stessa pena si applica a chi elude l’esecuzione di un provvedimento del giudice che prescriva misure inibitorie o correttive a tutela dei dritti di proprietà industriale “; “È altresì punito con la pena prevista al primo comma chiunque, essendo obbligato alla riservatezza per espresso provvedimento adottato dal giudice nei procedimenti che riguardino diritti di proprietà industriale, viola il relativo ordine”. La punibilità a querela resta sancita dall’attuale ultimo comma dell’art. 388, che riguarda tutte le ipotesi di reato ivi disciplinate: pertanto, non è stata introdotta apposita previsione.

Inoltre, si è intervenuti sull’art. 623 cp.: la rubrica attuale della norma “Rivelazione di segreti scientifici o industriali” è stata sostituita dalla seguente: “Rivelazione di segreti scientifici o commerciali”. Come anticipato, tale modifica consente di allineare la normativa applicabile in ambito penale alla nozione civilistica di segreto commerciale, alla luce delle modifiche introdotte nelle disposizioni di riferimento del Cpi, dove è stata inserita la formula “segreto commerciale” (espressamente prevista dalla direttiva) negli articoli 1, 2, 98, 99 del Cpi. Oltre che per consentire l’adeguamento ed il coordinamento sistematico, tale modifica previene dubbi interpretativi. Per le medesime ragioni, nel testo dell’art. 623 cp. è stata utilizzata la stessa locuzione “segreti commerciali” sin dal primo comma. Per cui il testo novellato risulterebbe il seguente: “Chiunque, venuto a cognizione per ragioni del suo stato o ufficio, o della sua professione o arte, di segreti commerciali o di notizie destinate a rimanere segrete, sopra scoperte o invenzioni scientifiche, li rivela o li impiega a proprio o altrui profitto, è punito con la reclusione fino a due anni”. La bozza di articolato, all’articolo 9 comma 2 prevede la sostituzione integrale dell’articolo 623 del codice penale, per rendere il testo più chiaro.

Il comma tre chiarisce che ai fini dell’articolo 623 del codice penale, nel testo riformulato dall’art. 9 della bozza di articolato, le << notizie destinate a rimanere segrete sopra applicazioni industriali>>, di cui alla formulazione previgente del medesimo articolo 623, costituiscono segreti commerciali. Tale comma appare opportuno per chiarire all’interprete che la formulazione previgente del comma primo dell’art. 623 del cp. già puniva alcune notizie segrete –quelle sopra applicazioni industriali- rientranti nell’attuale nozione di segreti commerciali come delineata dal Codice di proprietà industriale.

Alla luce di quanto esposto in precedenza sull’esigenza di adottare un normativa di tutela specifica dei segreti commerciali, si introduce un comma secondo (in luogo del secondo comma attuale) nell’art. 623 cp. del seguente tenore: “La stessa pena si applica a chiunque, avendo acquisito in modo abusivo segreti commerciali, li rivela o li impiega a proprio o altrui profitto”. Come è bene evidenziare, l’inciso “in modo abusivo” richiama la formulazione individuata dall’articolo 99 del Cpi (formulazione che, per tale inciso, è stata introdotta dal legislatore già nel 2010) ed identifica compiutamente le condotte acquisitive rilevanti, connotandole in termini di illiceità. Inoltre, sempre in tema di illiceità, come nel comma primo dell’articolo 623 vigente, la disposizione introdotta richiede l’impiego o la rivelazione a proprio o altrui profitto ai fini del perfezionamento della fattispecie penale.

Nel contempo, al comma terzo, per sanzionare più severamente gli hackers informatici nel campo, esigenza segnalata anche a livello unionale (la direttiva da attuare non prevede espressamente sanzioni di natura penale, come già riferito, però in materia di proprietà intellettuale l’attuale gruppo di lavoro Experts group Ipr enforcement istituito dalla Commissione Europea e coordinato dal DG for Internal Market, Industry, Entrepreneurship and SMEs, Intellectual property and Fight against Counterfeiting ha manifestato particolare attenzione alla problematica de qua, anche commissionando studi e rilevamenti statistici in materia di furto di segreti commerciali tramite strumenti informatici). Al riguardo si  evidenzia il dato fattuale per cui le condotte illecite verosimilmente sono poste in essere soprattutto da “estranei” (ovvero terzi non dipendenti aziendali) appunto con atti di pirateria informatica. A tal fine è stata introdotta un’aggravante comune del seguente tenore “Se il fatto è commesso tramite qualsiasi strumento informatico la pena è aumentata”. Dalla formulazione introdotta nella bozza di articolato si può dedurre che l’aggravante è comune ovvero, quanto agli effetti, può determinare l’aumento della pena fino ad un terzo (art. 65 n. 3 cp.). Infine, invece che dall’attuale comma secondo, la procedibilità a querela sarebbe sancita da un ultimo comma, il quarto, dal seguente tenore: “Il colpevole è punito a querela della persona offesa”. Viene utilizzata una formulazione identica a quella adottata dal codice penale in altri casi, nei quali un determinato articolo contempla più fattispecie incriminatrici tutte procedibili a querela (cfr., ad es., l’attuale ultimo comma dell’art. 388 cp.).

Non si è ritenuto opportuno e necessario attuare il criterio di delega che prevedeva l’eventualità di sanzioni amministrative; tutte le sanzioni richieste dalla direttiva e dall’articolo 15 della legge di delegazione, infatti, sono state articolate come sanzioni penali. Ciò in quanto, in sede di attuazione, si è ritenuto preferibile escludere sanzioni amministrative, specie con riferimento alle violazioni di cui all’articolo 9 della direttiva. Al riguardo, si richiama quanto già precisato in merito all’inopportunità di rinviare ad autorità diversa –quale quella amministrativa, peraltro di difficile individuazione nel caso di specie- rispetto a quella giudiziaria per l’accertamento e per l’irrogazione di sanzioni nei riguardi di comportamenti costituenti, nella sostanza, inosservanza dolosa dei provvedimenti giudiziali.


Allegati