Schema di D.Lgs - Disposizioni di armonizzazione e razionalizzazione della normativa sui controlli in materia di produzione agricola e agroalimentare biologica, art. 5, co. 2, lett. g) L. 28-07-2016, n. 154, e art. 2 . L. 12-08-2016, n. 170 - Relazione

aggiornamento: 13 settembre 2018

Esame definitivo - Consiglio dei ministri 22 febbraio 2018

Esame preliminare - Consiglio dei ministri 16 giugno 2017

Schema di decreto legislativo recante “Disposizioni di armonizzazione e razionalizzazione della normativa sui controlli in materia di produzione agricola e agroalimentare biologica, ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lettera g), della legge 28 luglio 2016, n. 154, e ai sensi dell’articolo 2 della legge 12 agosto 2016, n.170.

 

Articolato


Il presente schema di decreto legislativo è stato predisposto ai sensi della legge 28 luglio 2016, n. 154, recante “Deleghe al governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo e agroalimentare, nonché sanzioni in materia di pesca illegale”.
L’articolo 5, ai fini della semplificazione e del riassetto della normativa vigente in materia di agricoltura, silvicoltura e filiere forestali, delega il governo ad adottare uno o più decreti legislativi con i quali provveda a raccogliere tutte le norme vigenti in materia, divise per settori omogenei, e ad introdurre le modifiche necessarie alle predette finalità.
Tra i principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega sono riportate l’armonizzazione e la razionalizzazione della normativa sui controlli in materia di produzione biologica e contro le frodi agroalimentari, al fine di evitare duplicazioni, di tutelare maggiormente i consumatori e di eliminare gli ostacoli al commercio e le distorsioni della concorrenza, nonché al fine di coordinare l’attività dei diversi soggetti istituzionalmente competenti sulla base della normativa vigente.
Lo schema proposto costituisce testo unico in materia di controlli nel settore sopra citato ed è coerente con la delega e i principi e i criteri in essa contenuti.
Il provvedimento attua le previsioni contenute nella normativa europea, introducendo nel diritto interno disposizioni di dettaglio coerenti con le finalità della delega; prevede l’abrogazione espressa della disciplina legislativa nazionale, che viene integralmente sostituita alla luce, sempre, dei principi e criteri contenuti nell’articolo 5, sopra citato. In particolare:
a) soddisfa la necessità di conferire organicità e sistematicità alla materia dei controlli sulla produzione agricola biologica, riunendo in un unico testo di legge una disciplina attualmente frammentaria e incompleta;
b) assicura il coordinamento dell’attività dei diversi soggetti istituzionalmente competenti sulla base della normativa vigente, al fine di evitare duplicazioni;
c) garantisce una maggiore tutela del consumatore, oggi quanto mai prioritaria e urgente in un settore di forte sensibilità;
d) prevede, nell’ambito dei principi disposti dal regolamento n. 834/2007, disposizioni volte ad assicurare una maggiore tutela del commercio e della concorrenza.
In tale prospettiva, con particolare riguardo ai principi di delega di cui alle lettere b) e c), oltre all’inserimento di previsioni di maggior dettaglio circa i requisiti e gli obblighi a carico sia degli organismi preposti al controllo del settore che a carico degli operatori, lo schema prevede, a completamento del sistema dei controlli e per rendere lo stesso cogente ed efficace sotto il profilo della repressione, una serie di sanzioni amministrative pecuniarie.
A tale scopo, con il provvedimento proposto si esercita, contestualmente alla delega di cui all’articolo 5 del decreto legislativo n. 154 del 2016, la delega contenuta all’articolo 2 della legge 12 agosto 2016, n. 170 (Legge di delegazione europea 2015), concernente la disciplina sanzionatoria di violazioni di atti normativi dell’Unione europea.
Nel caso di specie, infatti, il regolamento n. 834/2007, oltre a demandare agli Stati membri l’organizzazione dei controlli ufficiali nel settore (articolo 2, paragrafo 1, lettera n), e ad attribuire agli organismi di controllo - quali enti terzi indipendenti ai quali lo Stato membro può demandare l’esercizio dei controlli - poteri di ispezione e certificazione (articolo 2, paragrafo 1, lettera p), prevede espressamente i requisiti essenziali affinché la procedura di controllo sia corretta, dissuasiva ed efficace, lasciando poi libero lo Stato membro di declinare tali requisiti e, conseguentemente, di accompagnare il sistema di un apparato sanzionatorio adeguato (articolo 27 e seguenti).
Il sistema sanzionatorio individuato dal decreto legislativo ha lo scopo di rendere più efficace l’apparato normativo previsto dal decreto e discende dal corrispondente dovere di correttezza previsto dai regolamenti n. 834/2007 e n. 889/2008, che prescrivono doveri e compiti in capo agli organismi di controllo e agli operatori.
Lo schema di decreto individua esclusivamente condotte, diverse da quelle a rilevanza penale, da sanzionare in via amministrativa, in quanto corrispondenti a violazioni di obblighi di correttezza procedurale connessi, da un lato, ad un efficace svolgimento dell’azione di controllo da parte degli organismi di controllo e, dall’altro, ad un corretto assoggettamento a tale azione da parte degli operatori del settore.
Al fine di tenere in considerazione le osservazioni formulate dalle competenti Commissioni parlamentari su precedenti analoghe disposizioni in materia di sanzioni amministrative in campo agroalimentare, è stata introdotta, per ciascuna ipotesi, per fugare ogni dubbio sull’eventuale violazione del principio del ne bis in idem, una clausola che espressamente esclude che nella fattispecie possa essere rilevata una valenza penale.
In ogni caso, l’esclusione di un eventuale bis in idem è assicurata dall’articolo 3, comma 8, che prevede la sottoscrizione di accordi e protocolli di intesa tra i soggetti istituzionalmente competenti (e, dunque, le Regioni e le Province autonome, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari, di seguito “Dipartimento”, e il Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare) che prevedano procedure di condivisione delle informazioni, mediante l’utilizzo delle banche dati a disposizione del Ministero. Tale norma è finalizzata a garantire, da un lato, il coordinamento e la cooperazione e, dall’altro, la razionalizzazione e l’efficacia dello svolgimento dell’attività di vigilanza e di controllo.
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L’attività di riassetto e razionalizzazione operata dal presente testo unico è consistita nella ricognizione della normativa europea e nazionale vigente in materia di controlli sulla produzione agricola con metodo biologico.
Sul piano del diritto interno e con riguardo alla normativa legislativa di rango primario, è oggi vigente il decreto legislativo 7 marzo 1995, n. 220, che reca attuazione degli articoli 8 e 9 del regolamento n. 2092/91/CEE in materia di produzione agricola ed agroalimentare con metodo biologico, e cioè del regolamento europeo successivamente abrogato dal vigente regolamento n. 834/2007.
Tale decreto imposta il sistema dei controlli nel settore biologico, individuando il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di seguito “Ministero”, quale autorità preposta al controllo e al coordinamento delle attività amministrative e tecnico-scientifiche e operando una scelta di fondo rispetto all’opzione consentita dalla normativa europea, nel senso di delegare i compiti di controllo nei confronti degli operatori del settore biologico ad organismi di diritto privato (cd. organismi di controllo), piuttosto che ad autorità pubbliche. Con riguardo, poi, alla competenza regionale, il decreto del 1995 demanda alle Regioni e Province autonome la vigilanza sugli organismi di controllo ricadenti nel territorio di propria competenza.
La normativa in questione, che appare per certi versi lacunosa, risulta, da un lato, superata dalla sopravvenuta regolamentazione europea e, dall’altro, ha subìto una dichiarazione di incostituzionalità con sentenza della Corte costituzionale 24 aprile 1996, n.126, relativamente all’applicazione alle Province autonome di Trento e Bolzano.
Sul piano della disciplina europea, la fonte principale in materia e, dunque, la fonte principale dello schema di decreto legislativo in esame, è il regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio del 28 giugno 2007, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il citato Regolamento (CEE) n. 2092/91.
Il regolamento del 2007 stabilisce gli obiettivi e i principi comuni da applicare alla produzione biologica, con riguardo ai processi biologici, alla biodiversità, all’utilizzo dei fattori di produzione, alla tutela del suolo, all’impiego delle risorse rinnovabili, all’equilibrio ecologico, alla salute degli animali e delle piante; stabilisce inoltre previsioni in materia di alimenti trasformati e di etichettatura.
Esso si applica a tutti gli operatori che esercitano attività in qualunque fase della produzione, preparazione e distribuzione relative ai prodotti provenienti dall’agricoltura biologica, dettando norme generali di produzione (con riguardo ad esempio al divieto di uso di OGM) e norme specifiche di produzione agricola, vegetale e animale.  
In particolare, il Titolo V del regolamento è dedicato ai controlli nel settore, dettando norme di principio agli Stati membri in tema di definizione del sistema dei controlli nazionali e, conseguentemente, alle misure da prevedere in caso di irregolarità e di infrazioni.
Sul piano del diritto interno, la definizione e l’attuazione del nuovo sistema dei controlli introdotto dal regolamento del 2007 è avvenuta solo parzialmente, mediante l’emanazione di due atti di natura non regolamentare. In particolare, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 16 febbraio 2012, è stato definito un “Sistema nazionale di vigilanza sulle strutture autorizzate al controllo delle produzioni agroalimentari regolamentate” concernente in generale sia le produzioni di qualità (cd. DOP e IGP) sia le produzioni biologiche. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 20 dicembre 2013, sono state, inoltre, adottate “Disposizioni per l’adozione di un elenco di “non conformità” riguardanti la qualificazione biologica dei prodotti e le corrispondenti misure che gli Organismi di Controllo devono applicare agli operatori ai sensi del Reg. (CE) n. 889/2008 modificato da ultimo dal Regolamento di esecuzione (UE) n.392/2013 della Commissione del 29 aprile 2013”.
Da ultimo, l’articolo 7, della legge 28 luglio 2016, n.154, recante disposizioni per il sostegno dell’agricoltura e dell’acquacoltura biologiche, è intervenuto in materia, a fini di semplificazione e di trasparenza del settore, abrogando alcuni articoli del decreto legislativo n. 220 del 1995 e prevedendo l’istituzione di un Sistema informativo per il biologico e di un elenco pubblico degli operatori del settore.
Per quanto concerne, poi, i soggetti istituzionalmente competenti in materia di controlli nel settore della produzione agricola e agroalimentare, l’articolo 1, comma 1047, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha attribuito espressamente all’Ispettorato centrale repressione frodi di cui all’articolo 10, comma 1, del decreto-legge 18 giugno 1986, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1986, n. 462, attualmente Dipartimento del Ministero, le funzioni statali di vigilanza sull’attività di controllo degli organismi pubblici e privati nell’ambito dei regimi di produzioni agroalimentari di qualità registrata (DOP e IGP). L’articolo 174-bis del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, introdotto dall’articolo 8, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, ha poi istituito il “Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare” che, ferma restando la dipendenza dell’Arma dei carabinieri dal Capo di Stato Maggiore della Difesa, tramite il comandante generale, per i compiti militari, dipende funzionalmente dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali per le materie afferenti alla sicurezza e tutela agroalimentare e forestale.
Il provvedimento è adottato previa intesa della Conferenza unificata, anche se non richiesta dalla legge di delega, che prevede, invece, l’espressione del parere da parte di tale organo. Al riguardo, l’intesa è stata ritenuta, comunque, necessaria in base al principio di leale collaborazione. Sul punto si è già espressa la Corte Costituzionale nella sentenza n. 126 del 24 aprile 1996.
La Conferenza unificata, nella seduta del 26 ottobre 2017, ha condizionato l’intesa sullo schema di decreto legislativo in esame all’accoglimento integrale di alcuni emendamenti.
La Sezione Consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato ha espresso il proprio parere nell’adunanza del 27 luglio 2017, con alcune osservazioni.
Sullo schema di decreto legislativo sono stati formulati i pareri favorevoli delle Commissioni II (Giustizia) e XIII (Agricoltura), e XIV (politiche dell’Unione europea della Camera dei deputati, delle 2a Commissione (Giustizia) e 9a Commissione (Agricoltura) del Senato della Repubblica e della Commissione permanente per la semplificazione, con alcune condizioni e osservazioni, nonché i pareri favorevoli dei Ministeri competenti. La 14a Commissione (Politiche dell’Unione europea) del Senato della Repubblica ha formulato osservazioni favorevoli con rilievi rivolti alla Commissione di merito, non accolti dalla stessa.
Approvato in secondo esame preliminare dal Consiglio dei Ministri dell’8 febbraio del 2018, lo schema di decreto è stato inviato nuovamente alle Camere per l’espressione del parere sulle osservazioni del Governo ai sensi dell’articolo 5, comma 3, della legge 28 luglio 2016, n. 154, il quale prevede un secondo invio alle Camere, qualora il Governo non si conformi ai pareri parlamentari. Lo stesso comma prevede, inoltre, che le Commissioni competenti per materia possano esprimersi sulle osservazioni del Governo entro dieci giorni dalla data della nuova trasmissione. Ai sensi dell’articolo in questione, decorso tale termine, il decreto può essere adottato.
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In dettaglio, si riportano di seguito le disposizioni contenute.

L’articolo 1, al comma 1, descrive l’ambito di applicazione del decreto legislativo in esame, che riguarda i principi e le disposizioni per l’armonizzazione, la razionalizzazione e la regolazione del sistema dei controlli e di certificazione delle attività di produzione, trasformazione, commercializzazione, importazione di prodotti ottenuti secondo il metodo di agricoltura biologica, nel rispetto delle norme dell’Unione europea in materia, e costituisce testo unico in materia di controlli in tale settore. È stato previsto che l’ambito di applicazione riguardi altresì la disciplina sanzionatoria in ossequio alla condizione espressa dalle Commissioni II (Giustizia) e XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati.
Il comma 2, che stabiliva che ogni intervento normativo incidente sul presente testo unico o sulle materie dallo stesso disciplinate venisse attuato mediante esplicita modifica, integrazione, deroga o sospensione delle specifiche disposizioni in esso contenute, è stato espunto in accoglimento dell’osservazione della Commissione parlamentare per la semplificazione.
Il nuovo comma 2 fa salve le competenze delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, nell’ambito dei propri territori, per lo svolgimento delle attività tecnico-scientifiche e amministrative in materia di produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura, effettuata con il metodo biologico.
Tale comma è stato introdotto per accogliere le condizioni poste dalla Conferenza unificata e dalla 9a Commissione permanente del Senato della repubblica.

L’articolo 2, reca le definizioni di “regolamento”, “Ministero”, “Dipartimento”, “organismo di controllo”, “vigilanza” e “controllo”.
Conformemente ai pareri espressi dal Consiglio di Stato, dalla Conferenza unificata, delle Commissioni II (Giustizia) e XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati e della 14a Commissione permanente (Politiche dell’Unione europea) del Senato della Repubblica, l’articolo reca le definizioni strettamente necessarie per il testo, rimandando al regolamento per quanto riguarda le definizioni di “biologico”, “operatore” e “conversione”.
Con riferimento alla definizione di “organismo di controllo”, rispetto alla quale la Commissione parlamentare per la semplificazione ha suggerito una definizione più aderente a quella recata dal regolamento (CE) n. 834/2007 all'articolo 2 lettera p), si è preferito mantenere una formulazione di maggiore dettaglio dei diversi settori della filiera dell’agricoltura biologica, sostanzialmente conforme a quella riportata nel regolamento.

L’articolo 3, disciplina il sistema di controllo ai sensi del regolamento.
In particolare, ai sensi dell’articolo 2 del regolamento, l’autorità competente alla organizzazione dei controlli ufficiali nel settore della produzione biologica è individuata nel Ministero, fatte salve le competenze del Ministero della salute e delle altre autorità competenti in materia di controlli sanitari e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli in materia di immissione nel libero mercato dei prodotti biologici importati (comma 1).
I compiti di controllo sono delegati esclusivamente dal Ministero ad uno o più organismi di controllo, mediante il rilascio di una autorizzazione (comma 2). Al riguardo, il regolamento n. 834/2007 prevede che l’autorità competente alla organizzazione dei controlli ufficiali dello Stato membro possa delegare compiti di controllo a uno o più organismi di controllo. La formula organizzativa in questione è demandata agli Stati membri in via permanente.
La competenza al rilascio dell’autorizzazione agli organismi di controllo di cui al comma 3 è accentrata in capo all’Autorità nazionale al fine di garantire una tutela coordinata degli interessi sottesi alla delega rilasciata a favore di organismi di controllo terzi rispetto al sistema pubblico, quali la sicurezza alimentare, la tutela del consumatore rispetto a frodi agroalimentari e la tutela della concorrenza nel settore specifico. Restano ferme le competenze attualmente attribuite in materia alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano.
Il Ministero, per il tramite del Dipartimento, destinatario per legge delle competenze statali in materia di controllo nell’ambito dei regimi di produzioni agroalimentari di qualità registrata, svolge i compiti di vigilanza degli stessi organismi, che sono esercitati con quelli connessi al rilascio delle autorizzazioni. Tale attività è esercitata in coordinamento alle Regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano che la esercitano a loro volta nell’ambito dei territori di propria competenza (commi 4 e 5).
L’articolo non introduce modifiche alle competenze delle Regioni e delle Province autonome in materia di vigilanza nel territorio di propria competenza, rispetto al modello già indicato dal decreto legislativo n. 220 del 1995 e lascia, dunque, fermo il sistema vigente di competenze. Le stesse, pertanto, concorrono all’esercizio della vigilanza e del controllo sulle strutture territorialmente di competenza.
L’articolo chiarisce, inoltre, i contenuti dell’attività di vigilanza sugli organismi di controllo, che è volta alla verifica del mantenimento dei requisiti degli organismi stessi, dell’efficienza e dell’efficacia delle procedure di controllo, dell’imparzialità per l’accesso degli operatori nel sistema e alla corretta applicazione della procedura di controllo standard (comma 6).
Tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 27, paragrafo 4, lettera b), del regolamento, secondo cui lo Stato membro che opti per la delega delle funzioni di controllo ad organismi privati, deve anche designare le autorità responsabili della vigilanza di detti organismi, al fine di rafforzare il sistema dei controlli, è chiarito che tale attività, unitamente a quelle di controllo, è svolta dal Ministero e dalle Regioni, nonché dal Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare, istituito a seguito della incorporazione del Corpo forestale dello Stato nell’Arma dei carabinieri ai sensi del decreto legislativo n. 177 del 2016, come previsto dall’articolo 174-bis del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66. Sul punto si evidenzia che la condizione posta dalle Commissioni II (Giustizia) e XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati di specificare meglio il rapporto tra l’attività di autorizzazione e vigilanza assegnata all’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) e quelle di vigilanza e controllo attribuite al Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare, al fine di evitare inefficienze e sovrapposizioni nello svolgimento delle attività è sostanzialmente assolta dal comma 7. Come appare evidente dalla formulazione del comma in questione, lo schema di decreto non ha carattere innovativo, rimanendo ferme le competenze ad oggi esistenti per le attività di controllo afferenti alla sicurezza e tutela agroalimentare. Tali attività, che rientrano già tra i compiti istituzionalmente demandati al Comando, per i quali il medesimo è posto alle dirette dipendenze del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sono infatti espressamente previste dall’articolo 8, comma 2, lettera c), del decreto legislativo n. 177 del 2016.
Ai fini dell’attuazione del criterio di delega espressamente previsto all’articolo 5, comma 2, della legge n. 154 del 2016,  per garantire la razionalizzazione e l’efficacia dello svolgimento dell’attività di vigilanza e di controllo ed evitare duplicazioni, i soggetti coinvolti nel sistema dei controlli assicurano il coordinamento e la cooperazione dell’attività mediante la sottoscrizione di accordi e protocolli di intesa e attraverso procedure di condivisione delle informazioni sulla base delle banche dati a disposizione del Ministero e, in particolare, del Registro unico dei controlli sulle imprese agricole, previsto dal decreto-legge n.91 del 2014 e istituito con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali in data 22 luglio 2015, e del Sistema informativo per il  biologico  (SIB), che utilizza l’infrastruttura del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), al fine di gestire i procedimenti amministrativi degli operatori e degli organismi di controllo previsti dalla normativa europea relativi allo svolgimento di attività agricole e di acquacoltura con metodo biologico (comma 8).

L’articolo 4 reca la disciplina degli organismi di controllo.
Gli organismi di controllo sono autorizzati dal Ministero su istanza di parte. Il modello di richiesta è pubblicato sul sito istituzionale del Ministero. Al fine dell’ottenimento dell’autorizzazione, gli organismi di controllo devono essere accreditati in conformità con la norma UNI CEI EN 17065/2012, ai sensi dell’articolo 27, del regolamento e della vigente normativa europea e nazionale. La norma chiarisce i contenuti dell’istanza, che deve prevedere la descrizione della procedura di controllo che l’organismo di controllo intende seguire sulla base dei requisiti minimi fissati nell’allegato 1 del decreto legislativo in esame, comprensiva del tariffario che si intende applicare agli operatori, delle misure di controllo e precauzionali che si intende imporre agli stessi nonché le misure che si intende applicare in caso di accertamento di irregolarità, infrazioni e inosservanze. La base giuridica del tariffario risiede nell’articolo 28 del regolamento n. 834/2007, laddove è stabilito che gli operatori paghino una ragionevole tassa a titolo di contributo alle spese di controllo per essere coperti dal sistema di controllo. Sono inoltre previsti i contenuti, la durata e i requisiti dell’autorizzazione, al fine di colmare una lacuna normativa rispetto ai principi imposti dal regolamento e dare certezza al procedimento. Ogni richiesta di rinnovo dell’autorizzazione successiva alla prima deve essere presentata entro novanta giorni antecedenti alla scadenza. L’autorizzazione non è trasferibile (commi 1, 2, 3 4 e 5).
Si ritiene accolta la condizione delle Commissioni II (Giustizia) e XIII (Agricoltura) volta a prevedere in maniera più specifica l’obbligo per gli organismi di controllo di seguire la procedura di controllo standard nonché di applicare la misure di controllo e precauzionali da imporre agli stessi, poiché tale obbligo è già espressamente previsto nel testo. Non è stato possibile accogliere la condizione mirante a sostituire il riferimento alle misure che l’organismo intende applicare con quello alle procedure che lo stesso intende seguire in caso di accertamento di irregolarità, in quanto la formulazione attuale appare maggiormente conforme alle previsioni del regolamento. Tale regolamento, infatti, all’articolo 27, paragrafo 6, stabilisce che, in sede di autorizzazione di un organismo di controllo, l’autorità competente prende in considerazione sia la procedura di controllo standard, della quale fanno parte, come evidenziato nell’allegato I del decreto, le procedure che l’organismo intende seguire, nonché le misure che l’organismo di controllo intende applicare in caso di accertamento di irregolarità e/o infrazioni.
Non si è ritenuto opportuno modificare il comma 1 nel senso di specificare che all’accreditamento degli organismi procederà l’Ente nazionale di accreditamento previsto dall’articolo 2, punto 11), del regolamento (CE) n. 765/2008, come osservato dalla Commissione parlamentare per la semplificazione, in quanto il presente decreto legislativo non incide sulla normativa sopra citata ma riguarda esclusivamente l’organizzazione del sistema dei controlli ai sensi del regolamento (CE) n. 834/2007.
Al comma 6, sono inoltre previsti i requisiti ulteriori, indicati in linea generale dal regolamento, che gli organismi devono possedere, per l’intera durata dell’autorizzazione stessa, creando un sistema a tutela della trasparenza, della concorrenza e dell’anticorruzione (in particolare, lettera a): idoneità morale, imparzialità e assenza di conflitto di interesse dei propri rappresentanti, degli amministratori, del personale addetto all’attività di controllo e certificazione; lettera b): adeguatezza delle strutture e delle risorse umane e strumentali rispetto ai compiti delegati; lettera c): adeguatezza dell’esperienza e competenza delle risorse umane impiegate; lettera d): assenza di partecipazioni qualificate, dirette o indirette, nella struttura proprietaria da parte di operatori e associazioni di operatori; Sono escluse da tale requisito, sia con riferimento alle partecipazioni dirette che a quelle indirette, le associazioni di carattere consortile che non abbiano fine di lucro
È stata accolta la condizione delle Commissioni II (Giustizia) e XIII (Agricoltura) della Camera dei Deputati relativa all’articolo 4, comma 6, lettera d). In particolare, da una più approfondita analisi del panorama delle strutture proprietarie da parte di operatori e associazioni di operatori degli organismi di controllo riconosciuti dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, è stata rilevata la presenza sul territorio nazionale di più associazioni di carattere consortile senza fini di lucro che svolgono a livello operativo i controlli nel settore biologico. Deve pertanto ritenersi superata la perplessità, che aveva motivato il mancato accoglimento della condizione, in sede di seconda lettura non definitiva, legata al rischio di introdurre una eccezione ad personam. E’ stata quindi inserita nel testo la previsione dell’esclusione delle associazioni di carattere consortile che non abbiano fine di lucro dal requisito dell’assenza di partecipazioni qualificate dirette o indirette nella struttura proprietaria degli organismi di controllo da parte di operatori e associazioni di operatori, in aderenza alla condizione posta dalle Commissioni parlamentari. Pare utile precisare che queste ultime, nei 10 giorni di tempo previsti per l’espressione di un ulteriore parere sullo schema di decreto, come previsto dall’articolo 5, comma 3, della legge n. 154 del 2016, non sono state nella condizione di formulare detto parere, in assenza di convocazione utile. Con nota del 20 febbraio 2016, n.  prot. 90, il Presidente della Commissione XIII della Camera dei Deputati, On. Luca Sani, ha però rimarcato l’opportunità che il Governo rivalutasse, in particolare, la condizione inerente la composizione degli organismi di controllo.
È previsto un elenco degli organismi di controllo autorizzati, da pubblicare a cura del Ministero sul proprio sito istituzionale (comma 7).
Gli organismi non possono svolgere alcuna attività diversa da quella di controllo nel settore dell’agricoltura biologica; i medesimi organismi e i loro rappresentanti e personale non possono fornire beni e sevizi agli operatori controllati diversi dall’attività di controllo e non possono svolgere l’attività di controllo presso lo stesso operatore per più di tre visite ispettive consecutive (comma 8).
Il comma 9, sul limite temporale quinquennale dell’attività di controllo degli organismi di controllo sul medesimo operatore, è stato stralciato in accoglimento delle condizioni poste dalla Conferenza unificata e dalla 9a Commissione permanente del Senato della Repubblica.
Per quanto riguarda il personale dell’organismo di controllo, lo stesso è considerato incaricato di pubblico servizio, ai sensi dell’articolo 358 del codice penale (comma 9).

L’articolo 5 disciplina l’attività svolta dagli organismi di controllo secondo la procedura indicata nell’istanza di autorizzazione e secondo un programma annuale di controllo comunicato al Ministero ed elaborato sulla base dei requisiti minimi riportati nell’allegato al decreto in esame.
Con riguardo alla natura degli organismi di controllo, occorre chiarire che gli stessi sono definiti, all’articolo 2, quali enti terzi indipendenti, che effettuano ispezioni e certificazioni sulle attività di produzione, trasformazione, commercializzazione e importazione di prodotti ottenuti secondo il metodo di agricoltura biologica, conformemente alle disposizioni del regolamento e del presente provvedimento. A tali soggetti, secondo l’opzione di governance prescelta tra le possibilità offerte dall’articolo 27, paragrafo 4, lettera b), del regolamento n.834/2007, il Ministero, autorità competente per l’organizzazione dei controlli ufficiali nel settore della produzione biologica, ai sensi dell’articolo 2, lettera n), del citato regolamento, delega i compiti di controllo.
Tali organismi non ricevono trasferimenti né contributi a carico del bilancio dello Stato per l’attività svolta, essendo finanziati, secondo il sistema individuato dalla stessa normativa europea, dagli operatori del settore che sono obbligati, qualora intendano svolgere attività nel settore della produzione biologica, ad assoggettarsi al sistema di controllo prescelto dallo Stato membro.
Peraltro, per questo aspetto, lo schema di decreto non innova rispetto alla disciplina attualmente vigente in materia, contenuta nel decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 220, che prevede appunto, all’articolo 3, gli organismi di controllo nel settore biologico, il cui riconoscimento è svolto dalla Direzione generale del Ministero competente, in generale, per il riconoscimento degli organismi di controllo e per la certificazione e la tutela del consumatore.
Gli organismi di controllo rilasciano un documento giustificativo agli operatori controllati nel quale sono indicati i dati identificativi degli stessi e il tipo o la gamma dei prodotti.
Con riguardo alle modalità di redazione del documento giustificativo, il comma 2 è stato modificato per accogliere l’osservazione della Commissione permanente per la semplificazione, introducendo nel testo il corretto riferimento normativo.
Gli organismi di controllo eseguono ispezioni al fine di accertare infrazioni e irregolarità riguardanti la qualificazione biologica dei prodotti degli operatori al fine della protezione dei consumatori e rilasciano certificazioni nel caso di esito favorevole delle ispezioni. Come richiesto dal regolamento, lo stesso articolo reca una definizione delle infrazioni e delle irregolarità, nonché le misure da applicare in caso di verifica delle stesse. Le infrazioni sono intese come inadempienze gravi, sostanziali, aventi effetti prolungati, che compromettono la conformità del processo di produzione con metodo biologico o della gestione della documentazione o degli obblighi contrattuali assunti nei confronti degli organi di controllo. In caso di accertamento di una o più infrazioni è prevista, a seconda della gravità, la sospensione della certificazione di una o più attività dell’operatore, con il conseguente divieto di commercializzare i propri prodotti come biologici, ovvero la sua esclusione dal sistema di controllo e la sua cancellazione dall’elenco degli operatori biologici. Le irregolarità sono definite come inadempienze aventi conseguenze solo sulla qualificazione del prodotto e non anche sulla conformità del processo di produzione o della gestione della documentazione aziendale e non aventi effetti prolungati nel tempo né determinanti variazioni della forma giuridica dell’impresa. La conseguenza dell’accertamento di una o più irregolarità è il divieto per l’operatore di riportare le indicazioni relative al metodo di produzione biologica nell’etichettatura e nella pubblicità del prodotto di cui è stata riscontrata l’irregolarità. Sono state accolte le condizioni espresse in relazione all’articolo 5, comma 5, dalla Conferenza unificata nonché dalle Commissioni II (Giustizia) e XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati riguardanti la specificazione che le misure di sospensione, di esclusione dell’operatore o di soppressione delle indicazioni relative al metodo biologico si riferiscano ai prodotti non conformi. Il comma in questione è stato modificato e reso più aderente al dettato del regolamento, in accoglimento dell’osservazione della XIV Commissione (Politiche dell’Unione europea) della Camera dei deputati. Si fa presente che al comma 7, in accoglimento dell’osservazione del Consiglio di Stato e delle Commissioni II (Giustizia) e XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati, si è specificato che l’applicazione, da parte dell’organismo di controllo, della soppressione delle indicazioni biologiche deve essere proporzionata all’importanza del requisito violato e alla natura e alle circostanze particolari delle attività irregolari. Tale modifica assorbe anche l’osservazione della XIV Commissione (Politiche dell’Unione europea) della Camera dei deputati. Inoltre, sempre in ottemperanza ad una osservazione del Consiglio di Stato, si è ritenuto di aggiungere la possibilità della diffida, ove la irregolarità risulti, per la natura e le caratteristiche della condotta sanzionata, sanabile. Sono disciplinate anche le inosservanze di lieve entità, identificate in quelle prive di effetti prolungati nel tempo, che non compromettono la conformità del processo di produzione né del metodo di controllo né nella gestione della documentazione aziendale e non incidono sulla forma giuridica dell’operatore né sulla conformità dei prodotti né sull’affidabilità dell’operatore stesso. In tali casi l’operatore riceve una diffida scritta, contenente l’invito a correggere l’inosservanza in tempi definiti e a predisporre le opportune azioni correttive affinché l’evento non si ripeta. Se l’operatore non ottempera alla diffida, è prevista una seconda e definitiva diffida scritta, con l’avvertenza che, in caso di omesso adeguamento, sarà applicata la soppressione delle indicazioni biologiche. La definizione di inosservanza di cui al comma 8 è già presente nell’ordimento ed è stata introdotta dall’articolo 3 del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 20 dicembre 2013. Trattandosi di una definizione già ampiamente in applicazione, non si è ritenuto di accogliere la condizione sia delle Commissioni II (Giustizia) e XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati che della Commissione parlamentare per la semplificazione, volta ad una maggiore specificazione della stessa.
Le modalità applicative da parte degli organismi di controllo, con riguardo a comunicazioni e profili organizzativi riferiti a infrazioni, irregolarità e inosservanze e alle conseguenti misure saranno individuate con successivo decreto del Ministero, previa intesa in sede di Conferenza unificata.
Al fine di favorire e supportare l’adempimento degli obblighi espressamente imposti dal regolamento a carico degli organismi di controllo con riferimento all’accertamento della tracciabilità dei prodotti biologici, è inserita una norma che prevede la promozione, da parte del Ministero, della istituzione di una banca dati pubblica finalizzata a garantire la tracciabilità del prodotto in tutte le transazioni commerciali e i cui oneri sono posti a carico del Fondo previsto dall’articolo 59, comma 2, della legge n.488 del 1999; L’individuazione delle modalità di funzionamento, nonché delle filiere produttive interessate, è demandata ad un successivo decreto del Ministro previa intesa in sede di Conferenza unificata (comma 12).

L’articolo 6 individua, in coerenza con l’istituzione di un sistema sanzionatorio che garantisca il rispetto delle previsioni contenute nel regolamento, una serie di obblighi degli organismi di controllo, che consistono in adempimenti di minore o maggiore rilevanza.
Primo fra questi, la comunicazione al Ministero e alle autorità competenti per l’esercizio della vigilanza dei risultati dei controlli e l’informativa circa le eventuali infrazioni e irregolarità; inoltre, la collaborazione ai fini di consentire l’accesso ad uffici e impianti, l’adozione di misure a carico degli operatori in caso di irregolarità e o infrazioni, l’adozione, in caso di infrazioni di lieve entità delle misure corrispondenti a carico degli operatori e la conseguente comunicazione al Ministero e alle autorità competenti per l’esercizio della vigilanza delle misure applicate. E’ inoltre previsto il rifiuto di una notifica di variazione per cambio di organismo di controllo, se a carico dell’operatore sono state emesse misure a seguito di irregolarità o infrazioni e le stesse non sono stati risolti, il rifiuto di una notifica di assoggettamento al sistema di un operatore escluso prima che siano trascorsi cinque anni dall’adozione della misura, il rilascio del documento giustificativo e, se richiesto dall’operatore, il certificato di conformità entro i termini prescritti, la conservazione dei fascicoli di controllo per almeno 5 anni successivi all’esclusione o al recesso dell’operatore. E’ stata considerata inoltre l’applicazione del tariffario secondo quanto previsto dalla procedura di controllo standard depositata con l’istanza di autorizzazione, la redazione e l’aggiornamento dell’elenco dei prodotti certificati per ogni operatore, il trasferimento del fascicolo di controllo all’organismo di controllo subentrante entro i termini stabiliti dal decreto in esame, l’adempimento delle prescrizioni impartite dalle autorità competenti, la comunicazione al Ministero e alle autorità competenti per l’esercizio della vigilanza delle modifiche giuridiche o organizzative intervenute successivamente all’autorizzazione, l’utilizzo dei laboratori di analisi indicati dal Ministero, la trasmissione del programma annuale di controllo al Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari entro il 15 gennaio di ogni anno e la comunicazione delle variazioni intervenute nel corso dell’anno, la trasmissione al Ministero e alle autorità competenti della vigilanza entro il 31 marzo di ogni anno di una relazione sulle attività di controllo svolte nell’anno precedente, dei dati statistici annuali sulla produzione biologica e l’aggiornamento della banca dati relativamente alle transazioni commerciali.
Al fine di non gravare di ulteriori oneri documentali gli organismi di controllo, gli obblighi informativi posti a carico degli organismi di controllo sono assolti attraverso il caricamento delle relative informazioni nei servizi informatici disponibili nell’ambito del SIAN, nonché della banca dati citata al precedente articolo 5.
La condizione posta dalle Commissioni II (Giustizia) e XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati che subordina l’applicazione delle norme previste alla lettera g) del comma 1 all’entrata a regime del Sistema informativo biologico non è stata accolta, al fine di non depotenziare la portata della norma relativa agli obblighi informativi a carico degli organismi di controllo.

L’articolo 7 rubricato “Sospensione e revoca dell’autorizzazione” disciplina le conseguenze del mancato rispetto degli obblighi a carico degli organismi di controllo.
In particolare, la sospensione, non prevista dal sistema vigente, ma che risponde ad una esigenza di proporzionalità che la stessa normativa europea impone nella previsione di un sistema sanzionatorio, ha durata da tre a nove mesi, a seconda della gravità dell’inadempimento, e comporta per l’organismo il divieto di acquisire nuovi operatori e la sola facoltà di eseguire visite di sorveglianza e il rinnovo delle certificazioni precedentemente rilasciate, sotto la supervisione del Dipartimento.
In accoglimento della condizione espressa dalle Commissioni II (Giustizia) e XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati, nonché del parere del Consiglio di Stato, è stato previsto che, in caso di mancato rispetto degli obblighi degli organismi di controllo, la sospensione dell’autorizzazione sia preceduta dall’intimazione ad adempiere entro 10 giorni, nei casi di cui all’art. 6, comma 1, lettere a), e), p), r), s) e t), relativi a meri obblighi di comunicazione. E’ stato ritenuto congruo il termine di 10 giorni per l’adeguamento agli adempimenti previsti.
La revoca dell’autorizzazione è invece disposta dal Ministero in caso di perdita dei requisiti da parte degli organismi di controllo, di mancato espletamento o gravi inadempienze dell’attività di controllo e di certificazione nonché di mancato espletamento delle funzioni di valutazione, di riesame e di decisione, di inadempimento delle prescrizioni impartite dall’autorità competente, dell’emanazione di tre provvedimenti di sospensione, del raggiungimento di un periodo cumulativo di sospensione superiore a nove mesi nel quinquennio di durata dell’autorizzazione o, infine, in caso di mancata comunicazione al Ministero del risultato dei controlli effettuati. È stato previsto un periodo di trenta giorni di efficacia dell’autorizzazione, successivamente alla notifica del provvedimento, per consentire agli operatori di provvedere alla scelta di un altro organismo di controllo.
È stata indicata al comma 1 la decorrenza degli effetti della sospensione, come richiesto dalla Conferenza unificata e dalle Commissioni II (Giustizia) e XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati, erroneamente riferita al comma 5, riguardante la revoca, che recava già tale indicazione.
La revoca può essere disposta dal Ministero anche su proposta delle Regioni competenti per territorio, secondo quanto già previsto nel decreto legislativo n. 220 del 1995.
La revoca comporta la scelta di un diverso organismo di controllo da parte degli operatori e l’organismo revocato può presentare una nuova richiesta solo dopo tre anni dalla data di pubblicazione della revoca sul sito del Ministero.
Il comma 6 è stato modificato coerentemente con la condizione espressa dalle Commissioni II (Giustizia) e XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati e dalla Conferenza unificata, con la previsione che l’organismo non possa presentare richiesta di nuova autorizzazione prima che siano trascorsi tre anni dalla pubblicazione del provvedimento di revoca sul sito del Ministero o prima di aver dimostrato il recupero dei requisiti.
In accoglimento della condizione espressa dalle sopra citate Commissioni, è stato, inoltre, previsto che i soggetti che hanno rivestito funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione dell’organismo di controllo destinatario della revoca o di una sua articolazione dotata di autonomia funzionale non possano esercitare tali funzioni né prestare servizi di consulenza per almeno tre anni.
In accoglimento del parere del Consiglio di Stato e della 9a Commissione permanente del Senato della Repubblica, è stato aggiunto il comma 7 che prevede che la sospensione e la revoca dell’autorizzazione siano disposte nel rispetto del principio del giusto procedimento e di partecipazione dell’organismo ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.

L’articolo 8 disciplina le sanzioni amministrative pecuniarie a carico degli organismi di controllo, derivanti dalla inosservanza degli obblighi di cui all’articolo 6.
È prevista la clausola di salvaguardia che subordina l’applicazione della sanzione amministrativa alla preventiva valutazione che il fatto accertato non integri anche una fattispecie di reato.
Al riguardo, va evidenziato che tale previsione non reca in sé un pericolo di bis in idem, in quanto le fattispecie previste dallo schema di decreto sono in tutta evidenza riconducibili ad illeciti amministrativi. Le condotte sanzionate, infatti, corrispondono al mancato rispetto degli obblighi specifici posti in capo agli organismi di controllo dall’articolo 6 e sono riconducibili essenzialmente alla correttezza del procedimento di riconoscimento delle produzioni nei suoi aspetti prettamente amministrativi. La clausola di salvaguardia è apposta proprio per demarcare il mancato rispetto di obblighi amministrativi dai comportamenti ai quali l’ordinamento conferisce la connotazione di reato.
In ogni caso, l’esclusione di un eventuale bis in idem è assicurata anche dall’articolo 3, comma 8, che prevede la sottoscrizione di accordi e protocolli di intesa tra i soggetti istituzionalmente competenti (e, dunque, le Regioni e le Province autonome, il Ministero – Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari e il Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare) che prevedano procedure di condivisione delle informazioni, mediante l’utilizzo delle banche dati a disposizione del Ministero. Tale disposizione è proprio finalizzata a garantire, da un lato, il coordinamento e la cooperazione e, dall’altro, la razionalizzazione e l’efficacia dello svolgimento dell’attività di vigilanza e di controllo.
In particolare, il comma 1, prevede sanzioni da 10.000 a 30.000 euro per inadempienze di maggiore gravità e che riguardano il rilascio del documento giustificativo oltre i 30 giorni previsti dal decreto, l’applicazione del tariffario in maniera difforme rispetto a quello allegato all’istanza di cui all’articolo 4, l’omissione di comunicazione al Ministero delle modifiche giuridiche o organizzative, l’impedimento alle autorità competenti di accesso agli uffici e omissione di tutte le informazioni e l’assistenza ritenute necessarie per la verifica, l’utilizzo di personale privo dei requisiti minimi previsti, la disapplicazione dell’analisi del rischio nello svolgimento dell’attività di controllo e di campionamento, l’utilizzo di personale a carico del quale è stata accertata la sussistenza di rapporti professionali, economici o di consulenza con gli operatori assoggettati al controllo dell’organismo, l’accettazione della notifica di un operatore precedentemente escluso prima che siano trascorsi cinque anni dall’emanazione del provvedimento di esclusione, l’omissione della verifica delle azioni correttive poste in essere dagli operatori, l’omissione di comunicazione al Ministero delle modifiche giuridiche o organizzative intervenute successivamente all’autorizzazione.
In accoglimento del parere del Consiglio di Stato, tale comma è stato modificato al fine di
prevedere l’applicazione delle sanzioni in capo all’organismo stesso e non solo a chi rivesta funzioni amministrative, di rappresentanza o di controllo. È stata, inoltre, accolta la condizione posta dalla Conferenza unificata e, pertanto, l’articolo è stato riformulato, prevedendo una diversa partizione del testo e la correzione dell’errato riferimento all’allegato 1, anziché al 2. Di conseguenza, anche l’osservazione della Commissione parlamentare per la semplificazione, ancorché facente riferimento alla partizione precedente, è stata accolta.
Il comma 2, dispone sanzioni da 6.000 euro a 12.000 euro per la mancata conservazione dei fascicoli di controllo per almeno 5 anni successivi all’esclusione o al recesso dell’operatore, in caso di trasferimento del fascicolo di controllo all’organismo di controllo subentrante oltre 15 giorni dalla notifica di variazione, per la trasmissione del programma annuale di controllo al Ministero oltre il 15 gennaio di ogni anno e omessa comunicazione delle variazioni intervenute nel corso dell’anno mancato svolgimento del costante aggiornamento del personale sulle modifiche normative e sulla conoscenza degli elementi di rischio che qualificano un prodotto come biologico e per il mancato rispetto di criteri di rotazione del personale ispettivo.
È stata accolta l’osservazione della Commissione parlamentare per la semplificazione, con la correzione del riferimento alla lettera c) dell’allegato 2 al posto della lettera a).
Il comma 3 dispone l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie da 2.000 euro a 6.000 euro per mancato aggiornamento dei fascicoli di controllo, mancato utilizzo di un sistema di gestione della documentazione inerente l’attività di controllo idoneo a consentire la rintracciabilità della documentazione, per il mancato controllo della conservazione dei documenti aziendali nonché per la mancata evidenza presso gli operatori dell’attività di controllo esercitata.
Sono state raddoppiate le entità minime delle sanzioni, benché le stesse siano state ritenute congrue dal Ministero della giustizia e condivise dalle Regioni, accogliendo parzialmente l’osservazione del Consiglio di Stato, in quanto si è ritenuto di conformarsi alla condizione posta dalle Commissioni II (Giustizia) e XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati nonché dalla 9a Commissione permanente del Senato della Repubblica.

L’articolo 9, rubricato “Obblighi degli operatori”, disciplina gli obblighi a carico di tali soggetti, premettendo che gli stessi, prima di immettere i prodotti biologici sul mercato, devono notificare l’inizio della loro attività al Ministero e alle Regioni nel cui territorio è ubicata l’azienda e devono sottoporsi al sistema di controllo delineato dal presente decreto.
L’articolo individua i seguenti obblighi: redigere ed aggiornare il documento contenente la descrizione completa dell’attività, del sito e dell’unità produttiva; redigere e aggiornare il documento contenente le misure per garantire, a livello di unità, di sito e di attività, il rispetto delle norme di produzione di biologica e prevenire i rischi di contaminazione; eseguire le misure adottate dall’organismo di controllo, anche se successive al recesso o all’esclusione dell’operatore per fatti antecedenti l’esclusione o il recesso medesimi; informare, per iscritto, gli acquirenti del prodotto affinché le indicazioni relative al metodo di produzione biologico siano soppresse da tale produzione; non presentare, in caso di esclusione, nuova domanda prima che siano trascorsi due cinque anni dalla data della misura di esclusione; annotare tutte le operazioni riguardanti la produzione e la commercializzazione dei prodotti biologici, o in conversione, su appositi registri; adottare un sistema che consenta la tracciabilità e rintracciabilità dei prodotti biologici in tutte le fasi di produzione, preparazione e distribuzione; comunicare preventivamente all’organismo la tipologia di contabilità e tracciabilità utilizzata; mettere a disposizione i registri sopracitati all’organismo di controllo e alle autorità competenti; comunicare periodicamente all’organismo la natura e la quantità di prodotto biologico, o in conversione, immesso sul mercato; comunicare tempestivamente all’organismo i reclami ricevuti dai clienti; comunicare tempestivamente all’organismo l’esito dei controlli svolti dalle autorità competenti.

L’articolo 10 prevede le sanzioni amministrative relative alla designazione, alla presentazione e all’uso commerciale.
È prevista la clausola di salvaguardia che subordina l’applicazione della sanzione amministrativa alla preventiva valutazione che il fatto accertato non integri anche una fattispecie di reato.
Analogamente a quanto stabilito dall’articolo 8, tale previsione non reca in sé un pericolo di bis in idem, in quanto le fattispecie previste sono riconducibili ad illeciti amministrativi. Le condotte sanzionate, infatti, corrispondono al mancato rispetto degli obblighi specifici posti in capo agli operatori del settore biologico dall’articolo 9 e sono riconducibili essenzialmente alla correttezza delle procedure amministrative e non alla produzione in sé. Anche nel caso in esame, come per l’articolo 8, la clausola di salvaguardia è apposta al fine di individuare e distinguere il mancato rispetto di obblighi amministrativi dai comportamenti che l’ordinamento punisce in quanto reati. Nel caso di specie, inoltre, le condotte sanzionate parrebbero richiamare essenzialmente le pratiche commerciali ingannevoli, piuttosto che gli illeciti che l’ordinamento configura tipicamente quali reati.
In ogni caso, come per l’articolo 8, l’esclusione di un eventuale bis in idem è assicurata anche dall’articolo 3, comma 8, che prevede la sottoscrizione di accordi e protocolli di intesa tra i soggetti istituzionalmente competenti che prevedano procedure di condivisione delle informazioni, mediante l’utilizzo delle banche dati a disposizione del Ministero. Tale disposizione è proprio finalizzata a garantire, da un lato, il coordinamento e la cooperazione e, dall’altro, la razionalizzazione e l’efficacia dello svolgimento dell’attività di vigilanza e di controllo.
In particolare, il comma 1 prevede sanzioni da 7.000 euro a 18.000 euro a carico di colui che utilizza sulla confezione o sull’imballaggio, nei marchi commerciali, nell’informazione ai consumatori anche tramite internet o sui documenti di accompagnamento, indicazioni, termini o simboli che possono indurre in errore il consumatore suggerendo che il prodotto o i suoi ingredienti siano prodotti secondo il metodo di produzione biologica.
Il comma 2 prevede sanzioni da euro 1.000 euro a 3.000 euro a carico di colui che utilizza in maniera non conforme al regolamento (CE) n. 834/2007 i termini relativi alla produzione biologica nell’etichettatura, nella pubblicità, nella presentazione e nei documenti commerciali di prodotti rinvenuti in fase di commercializzazione è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria.  
Il comma 3 prevede l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 600 euro a 1.800 euro a chiunque utilizzi in maniera non conforme al regolamento citato il logo comunitario di produzione biologica nell’etichettatura, nella pubblicità e nella presentazione di prodotti rinvenuti in fase di commercializzazione.  
In analogia con le modifiche apportate alle sanzioni di cui all’articolo 8, sono stati raddoppiati i soli minimi edittali, in accoglimento parziale delle condizioni poste dal Consiglio di Stato, dalle Commissioni II (Giustizia) e XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati nonché dalla 9a Commissione permanente del Senato della Repubblica. Le sanzioni, infatti, sono state ritenute congrue dal Ministero della giustizia e condivise dalle Regioni. La 2a Commissione permanente (Giustizia) del Senato della Repubblica, peraltro, non ha espresso analoga condizione.
I commi da 4 a 9 sono stati stralciati, in conformità con la condizione posta dalla Conferenza unificata, per essere riportati nel successivo articolo 11.

L’articolo 11 prevede le sanzioni amministrative pecuniarie a carico degli operatori in caso di inosservanza degli obblighi previsti dal decreto. In particolare:
il comma 1 stabilisce che colui che non provvede a mettere in atto, nei tempi previsti dalla vigente normativa europea e nazionale, le necessarie procedure per il ritiro dalla merce ovvero a comunicare ai propri clienti la soppressione dei termini relativi al metodo di produzione biologico nonché l’operatore non più inserito nel sistema di controllo, a seguito di esclusione o di recesso volontario, che non provvede a comunicare la soppressione delle indicazioni relative al metodo di produzione biologico, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 20.000 euro;  
il comma 2 prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da 6.000 euro a 18.000 euro a carico di colui che non consente o impedisce le verifiche dell’organismo di controllo;
il comma 3 stabilisce che colui al quale sia stato applicato da parte dell’organismo di controllo un provvedimento di soppressione delle indicazioni biologiche, in assenza di ricorso o a seguito di decisione definitiva di rigetto del ricorso, ove presentato, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 6.000 euro a 18.000 euro;
il comma 4 dispone la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 30.000 euro a colui al quale sia stato applicato da parte dell’organismo di controllo un provvedimento definitivo di esclusione dal sistema biologico.
A parziale accoglimento della condizione espressa dalle Commissioni II (Giustizia) e XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati e del parere del Consiglio di Stato, si è ritenuto di aumentare l’entità minima, ritenendo congrua e già ampiamente dissuasiva quella massima.
Il comma 6 è stato stralciato in accoglimento della condizione posta dalla Conferenza unificata.
L’osservazione della XIV Commissione (Politiche dell’Unione europea) della Camera dei deputati, volta a prevedere una disposizione sanzionatoria in caso di mancata notifica della propria attività da parte dell’operatore risulta accolta parzialmente dall’attuale testo dell’articolo 11, in quanto, l’omissione della notifica comporta la mancata immissione dell’operatore nel sistema di controllo. Peraltro, l’articolo 9, relativo agli obblighi degli operatori, prevede una serie di comportamenti, la cui violazione comporta l’applicazione delle misure di cui all’articolo 5 da parte dell’organismo di controllo.

L’articolo 12 stabilisce che le sanzioni sono irrogate dal Dipartimento.
In accoglimento del parere del Consiglio di Stato, dell’osservazione espressa dalla 2a Commissione permanente (Giustizia) del Senato della Repubblica, dalle Commissioni II (Giustizia) e XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati nonché dalla Commissione parlamentare per la semplificazione, è stato soppresso il comma 2, il quale prevedeva che, in caso di reiterata violazione della stessa disposizione, venisse applicata la sanzione amministrativa prevista per la sanzione più grave, aumentata sino al triplo. Tale scelta è stata effettuata al fine di rendere applicabili i principi previsti dall’articolo 8, comma   1 della legge 689/1981, e, dunque, evitare il cumulo giuridico che rischierebbe di tradursi in un trattamento sanzionatorio più mite nel caso di illecito amministrativo continuato.
È stata accolta la condizione posta dalle Commissioni II (Giustizia) e XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati, volta a specificare le disposizioni applicabili per l’accertamento delle violazioni e l’irrogazione delle sanzioni previste dal decreto.

L’articolo 13 stabilisce le modalità di pagamento e le riassegnazioni delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal decreto.
In particolare, l’articolo in parola prevede che il pagamento delle somme dovute per le sanzioni amministrative pecuniarie di nuova istituzione sia effettuato presso le Tesorerie dello Stato territorialmente competenti su apposito capitolo del capo XVII dello stato di previsione dell’entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnati, per una quota pari al cinquanta per cento, al Ministero per il miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia delle attività di controllo e di vigilanza svolte dal Ministero medesimo.

L’articolo 14, rubricato “Disposizioni transitorie”, prevede, al comma 1, che gli organismi già autorizzati alla data di entrata in vigore del presente decreto continuano a operare per un periodo non superiore a dodici mesi da detta data e che almeno sei mesi prima della scadenza di tale termine gli organismi presentino richiesta di autorizzazione ai compiti di controllo. La previsione è volta a garantire la continuità del sistema di controllo, nelle more dell’applicazione del nuovo sistema di autorizzazione.

L’articolo 15, al comma 1, prevede l’abrogazione del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 220, recante attuazione degli articoli 8 e 9 del regolamento n. 2092/91/CEE in materia di produzione agricola e agroalimentare con metodo biologico, già parzialmente abrogato dall’articolo 7, comma 1, della legge 28 luglio 2016, n.154.
Il comma 2, infine, stabilisce che ogni riferimento al decreto legislativo n. 220 del 1995 debba intendersi riferito al presente decreto.

L’articolo 16 prevede la clausola di salvaguardia e l’articolo 17 disciplina l’entrata in vigore.
Non sono state accolte le condizioni espresse dalle Commissioni II (Giustizia) e XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati relativamente ai punti A e B.I, paragrafo 1), dell’allegato 2 del decreto, in quanto si ritiene che tali modifiche provocherebbero un depotenziamento della portata del sistema di controllo delineato dal decreto stesso.