XVIII LEG - ddl - Conversione in legge del decreto-legge 8 ottobre 2021, n. 139 - Accesso alle attività culturali, sportive e ricreative, nonché per l'organizzazione di pubbliche amministrazioni e in materia di protezione dei dati personali

aggiornamento: 5 aprile 2022

Esame definitivo - Consiglio dei ministri 7 ottobre 2021

Conversione in legge del decreto-legge 8 ottobre 2021, n. 139, recante disposizioni urgenti per l'accesso alle attività culturali, sportive e ricreative, nonché per l'organizzazione di pubbliche amministrazioni e in materia di protezione dei dati personali

 

Relazione illustrativa

 

Art. 1

  1. È convertito in legge il decreto-legge 8 ottobre 2021, n. 139, recante disposizioni urgenti per l'accesso alle attività culturali, sportive e ricreative, nonché per l'organizzazione di pubbliche amministrazioni e in materia di protezione dei dati personali.
  2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


 

Relazione illustrativa

 


Si illustra di seguito il contenuto del decreto-legge 8 ottobre 2021, n. 139, di cui il presente disegno di legge propone la conversione in legge.

Art. 1 - (Disposizioni urgenti in materia di spettacoli aperti al pubblico, di eventi e competizioni sportivi e di discoteche)

Il comma 1, lettera a), numero 1), novella il comma 1 dell'articolo 5 del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, in tema di spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche, locali di intrattenimento e musica dal vivo e in altri locali o spazi anche all'aperto, prevedendo che in zona gialla – oltre a continuare ad assicurare il rispetto del distanziamento e verificare il possesso di una delle certificazioni verdi COVID-19 di cui all'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 22 aprile 202, n. 52 – la capienza consentita non può essere superiore al 50 per cento di quella massima autorizzata, senza limiti ulteriori per il numero massimo di spettatori. In zona bianca, invece, l'accesso agli spettacoli predetti è sempre consentito esclusivamente ai soggetti muniti di una delle certificazioni verdi COVID-19 di cui all'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 22 aprile 202, n. 52, ma la capienza consentita è pari a quella massima autorizzata. In caso di spettacoli aperti al pubblico che si svolgono in luoghi ordinariamente destinati agli eventi e alle competizioni sportivi, si applicano le disposizioni di cui al comma 2 dello stesso articolo 5 relative alla capienza consentita negli spazi destinati al pubblico. In ogni caso, per gli spettacoli all'aperto, quando il pubblico, anche solo in parte, vi accede senza posti a sedere preassegnati e senza limiti massimi di capienza autorizzati, gli organizzatori devono produrre all'autorità competente ad organizzare l'evento anche la documentazione che attesti l'adozione di misure finalizzate a prevenire il diffondersi del COVID-19, tenuto conto delle dimensioni, dello stato e delle caratteristiche dei luoghi, nonché delle indicazioni stabilite in apposite linee guida. Tali misure sono poi comunicate dall'autorità competente:

  1. alla commissione tecnica deputata a verificare la conformità dei luoghi, la quale può invitare nel corso delle proprie sedute rappresentanti delle aziende sanitarie locali, competenti in materia di sanità pubblica, ai fini dell'acquisizione di un loro parere circa l'idoneità delle misure adottate dagli organizzatori;
  2. al prefetto ai fini dell'adozione di eventuali provvedimenti a tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, anche previa acquisizione del parere del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.

Si prevede, infine, che rimangano sospesi gli spettacoli aperti al pubblico, nonché, salvo quanto previsto per la zona bianca, le attività che si svolgono in sale da ballo, discoteche e locali assimilati, nel caso in cui non possano essere rispettate le condizioni dell'articolo 5 del decreto-legge n. 52 del 2021, come modificato.

Il comma 1, lettera a), numero 2), inserisce il comma 1-bis nell'articolo 5 del decreto-legge n. 52 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 87 del 2021, prevedendo che in zona bianca le attività che abbiano luogo in sale da ballo, discoteche e locali assimilati sono consentite nel rispetto di protocolli e linee guida adottati ai sensi dell'articolo 1, comma 14, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74. L'accesso è consentito esclusivamente ai soggetti muniti di una delle certificazioni verdi COVID-19 di cui all'articolo 9, comma 2, del citato decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, con tracciamento dell'accesso alle strutture. La capienza non può comunque essere superiore al 75 per cento di quella massima autorizzata all'aperto e al 50 per cento al chiuso. Nei locali al chiuso ove si svolgono le predette attività deve essere garantita la presenza di impianti di aereazione senza ricircolo dell'aria e restano fermi gli obblighi di indossare il dispositivo di protezione delle vie respiratorie previsti dalla vigente normativa, ad eccezione del momento del ballo.

Il comma 1, lettera a), numero 3), novella il comma 2 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 52 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 87 del 2021, in tema di partecipazione del pubblico sia agli eventi e alle competizioni di livello agonistico riconosciuti di preminente interesse nazionale con provvedimento del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e del Comitato italiano paralimpico (CIP), riguardanti gli sport individuali e di squadra, organizzati dalle rispettive federazioni sportive nazionali, discipline sportive associate, enti di promozione sportiva ovvero da organismi sportivi internazionali sia agli eventi e alle competizioni sportivi diversi da quelli sopra richiamati. In questo caso, in zona gialla, si applicano le misure di cui al primo periodo del comma 1 dell'articolo 5 e la capienza consentita non può essere superiore al 50 per cento di quella massima autorizzata all'aperto e al 35 per cento al chiuso, senza limiti ulteriori per il numero massimo di spettatori. In zona bianca, l'accesso agli eventi e alle competizioni di cui al primo periodo è consentito esclusivamente ai soggetti muniti di una delle certificazioni verdi COVID-19 di cui all'articolo 9, comma 2, del decreto-legge n. 52 del 2021 e la capienza consentita non può essere superiore al 75 per cento di quella massima autorizzata all'aperto e al 60 per cento al chiuso. Inoltre, le percentuali massime di capienza si applicano a ciascuno dei settori dedicati alla presenza del pubblico nei luoghi di svolgimento degli eventi e competizioni sportivi. Infine, le attività continuano a svolgersi nel rispetto delle linee guida adottate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per lo sport, sentita la Federazione medico sportiva italiana, sulla base di criteri definiti dal Comitato tecnico-scientifico. Quando non è possibile assicurare il rispetto delle condizioni di cui al presente comma, gli eventi e le competizioni sportivi continuano a svolgersi senza la presenza di pubblico.

Il comma 1, lettera a), numero 4), novella il comma 3 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 52 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 87 del 2021, prevedendo che in zona bianca e gialla, in relazione all'andamento della situazione epidemiologica e alle caratteristiche dei siti e degli eventi all'aperto, può essere stabilita una diversa percentuale massima di capienza consentita, nel rispetto dei principi fissati dal Comitato tecnico-scientifico, con linee guida idonee a prevenire o ridurre il rischio di contagio, adottate, per gli spettacoli di cui al comma 1, dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome e, per gli eventi e le competizioni di cui al comma 2, dal Sottosegretario di Stato con delega in materia di sport.

Il comma 1, lettera b), novella la lettera b) del comma 1 dell'articolo 9-bis del decreto-legge n. 52 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 87 del 2021, aggiungendovi, tra i servizi e le attività per l'accesso ai quali è necessario munirsi delle certificazioni verdi-COVID-19, anche le attività che abbiano luogo in sale da ballo, discoteche e locali assimilati.

Il comma 1, lettera c), prevede che, ferma restando l'applicazione delle eventuali sanzioni previste dall'ordinamento sportivo, dopo una violazione delle disposizioni relative alla capienza consentita e al possesso di una delle certificazioni verdi COVID-19 in materia di spettacoli aperti al pubblico, di eventi e competizioni sportivi e di discoteche, si applica, a partire dalla seconda violazione, commessa in giornata diversa, la sanzione amministrativa accessoria della chiusura da uno a dieci giorni.

Il comma 2 abroga i commi 2 e 3 dell'articolo 4 del decreto-legge n. 111 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2021, in tema rispettivamente di capienza al chiuso in zona bianca per la partecipazione del pubblico agli eventi e competizioni sportivi, di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto-legge n. 52 del 2021, e di capienza sempre al chiuso in zona bianca per gli spettacoli aperti al pubblico di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 52 del 2021.

Il comma 3 prevede che le disposizioni di cui al presente articolo si applicano dall'11 ottobre 2021.

Art. 2 – (Disposizioni urgenti in materia di musei e altri istituti e luoghi della cultura)

La disposizione interviene a modificare l'articolo 5-bis del citato decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, che dispone in merito alla fruizione dei servizi dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura, al fine di sopprimere i requisiti di distanza interpersonale di almeno un metro tra i visitatori, mantenendo comunque la previsione dell'accesso in forma contingentata e con modalità in grado di evitare assembramenti, tenendo conto delle caratteristiche dei locali aperti al pubblico e dei flussi di visita.

Art. 3 – (Disposizioni urgenti in materia di verifica del possesso delle certificazioni verdi COVID-19 nei settori pubblico e privato)
L'articolo 3 inserisce l'articolo 9-octies nel decreto-legge n. 52 del 2021. La disposizione interviene in materia di verifica delle certificazioni verdi COVID-19 in ambito lavorativo pubblico e privato e, ai fini della programmazione del lavoro, prevede in capo ai lavoratori l'obbligo di rendere al datore di lavoro che ne faccia richiesta le comunicazioni di cui al comma 6 dell'articolo 9-quinquies e al comma 6 dell'articolo 9-septies con un periodo di preavviso necessario a soddisfare le esigenze organizzative volte a garantire l'efficace programmazione del lavoro.

Art. 4 – (Riorganizzazione del Ministero della salute)
Al comma 1 viene potenziata la dotazione organica della dirigenza di livello generale del Ministero della salute attraverso l'incremento di due unità. Tale potenziamento è dettato dalla necessità di rafforzare l'attuale assetto strutturale del Ministero, adeguandolo alle nuove esigenze di tutela della salute pubblica connesse all'emergenza sanitaria e alla costante evoluzione dei bisogni di salute della popolazione italiana. L'aumento di cui si tratta consentirà al Ministero, nell'ambito di una riorganizzazione di carattere generale, di dedicare strutture idonee, per livelli di autonomia e responsabilità, professionalità e specializzazione, a materie quali, ad esempio, i servizi ospedalieri, l'assistenza territoriale, la salute e l'ambiente, la salute mentale.

Al comma 2 si dispone la sostituzione del comma 1 dell'articolo 47-quater del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, sull'articolazione del Ministero in dipartimenti, non rispondente all'attuale assetto organizzativo, con la previsione dell'articolazione del Ministero in direzioni generali coordinate da un segretario generale.

Art. 5 – (Disposizioni urgenti in tema di temporaneo rafforzamento dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione)

Con l'articolo 38-quater del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, è stata introdotta una disciplina transitoria del procedimento relativo alle modalità di raccolta delle firme di adesione alle proposte di referendum, consentendone la raccolta anche in forma digitale, fino all'operatività della apposita piattaforma prevista dall'articolo 1, comma 341, legge 30 dicembre 2020, n. 178.

Per i referendum previsti dagli articoli 75, 132 e 138 della Costituzione e per i progetti di legge previsti dall'articolo 71, secondo comma, della Costituzione, si è stabilito che le firme possano essere raccolte anche mediante documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata, cui deve essere associato un riferimento temporale validamente opponibile ai terzi. Tali firme non sono soggette al regime di autenticazione previsto, per le firme apposte su supporto cartaceo, dalla legge n. 352 del 1970.

I promotori del referendum sono tenuti a depositare le firme raccolte elettronicamente nella stessa data in cui procedono al deposito delle eventuali firme raccolte in forma ordinaria.

Le firme raccolte con modalità elettronica possono essere inoltre depositate presso l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, sia come duplicato informatico di cui all'articolo 1, comma 1, lettera i-quinquies), del codice dell'amministrazione digitale (CAD), di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, sia come copia analogica di documento informatico, se dotate del contrassegno a stampa previsto dell'articolo 23, comma 2-bis, del citato CAD.

Anche i certificati elettorali possono essere richiesti e rilasciati mediante posta elettronica certificata o mediante servizio elettronico di recapito certificato qualificato, e possono essere depositati dai promotori, unitamente alla richiesta di referendum e al messaggio in cui sono acclusi, come duplicato informatico o come copia analogica del documento informatico.

Le disposizioni adottate con il decreto-legge n. 77 del 2021 hanno inoltre previsto, all'articolo 39-bis, la proroga, dal 30 settembre al 31 ottobre, del termine per il deposito delle firme e dei certificati elettorali per le richieste di referendum abrogativo annunciate in Gazzetta Ufficiale entro il 15 giugno 2021. Conseguentemente, è slittato di un mese, dal 15 dicembre al 15 gennaio, il termine per la pronuncia delle ordinanze definitive da parte dell'Ufficio centrale per il referendum.

Con il decreto-legge 30 settembre 2021, n. 132, in corso di conversione, la proroga prevista dal citato articolo 39-bis del decreto-legge n. 77 del 2021, è stata estesa alle richieste di referendum annunciate in Gazzetta Ufficiale dopo il 15 giugno ed entro il 30 settembre 2021.
Nel periodo interessato dai descritti interventi normativi sono stati annunciati in Gazzetta Ufficiale tredici referendum.

È pertanto imminente il deposito di un considerevole numero di firme (e relativi certificati elettorali) raccolte per quesiti referendari che, come risulta dai mezzi di informazione e dal primo deposito effettuato presso l'Ufficio centrale per il referendum, hanno riscosso moltissime adesioni, anche a causa della forma agevolata di raccolta delle sottoscrizioni.

Quindi l'Ufficio centrale per il referendum dovrà fronteggiare non solo numeri eccezionalmente elevati di firme da verificare, ma anche procedere con operazioni di controllo rese più complesse, rispetto al sistema previgente, dalle norme che hanno consentito, per ciascun quesito referendario presentato nel periodo sopra indicato, di raccogliere e depositare firme e certificati con modalità miste, cartacee e digitali.

È quindi prevedibile l'aggravio delle attività a tal fine necessarie, oltre che il netto aumento dei dati che dovranno essere manualmente inseriti negli appositi tabulati in formato digitale, nel rispetto del termine di sessanta giorni, scadente il 15 gennaio 2022, previsto per l'adozione delle ordinanze definitive da parte dell'Ufficio centrale per il referendum.

Si ritiene quindi necessario e urgente un intervento normativo che consenta di dotare, in tempi ristretti, l'Ufficio centrale per il referendum di adeguate risorse di personale per il completo e tempestivo espletamento della procedura.

L'articolo 6 della legge 22 maggio 1978, n. 199, conferisce al primo presidente della Corte di cassazione « in vista delle operazioni di verifica delle sottoscrizioni presentate a corredo delle richieste di referendum » specifici poteri organizzativi che gli consentono di aggregare a tale Ufficio altri magistrati della Corte, oltre che disporre modalità di utilizzazione del centro elettronico e dell'altro personale della Corte ritenuto necessario.

L'articolo 2 del decreto-legge 9 marzo 1995, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 maggio 1995, n. 159, consente però di aggregare, per le operazioni di verifica, esclusivamente personale della segreteria di cui al citato articolo 6 della legge n. 199 del 1978 che abbia una qualifica funzionale non inferiore alla settima.

Considerata la necessità di disporre di un numero adeguato di persone addette a tale funzione e la necessità per la Corte di cassazione di continuare, nello stesso periodo, a svolgere l'ordinaria attività giurisdizionale, è altamente probabile che si presentino serie difficoltà di reperimento di personale sufficiente.

Tali considerazioni fanno ritenere necessario intervenire d'urgenza e con una norma temporanea (la cui applicazione è prevista per un periodo non superiore a sessanta giorni) per consentire in via eccezionale il potenziamento dell'Ufficio centrale per il referendum al fine di prevedere, con apposita deroga al citato articolo 2 del decreto-legge n. 67 del 1995, l'aggregazione a tale Ufficio di personale appartenente alla seconda area con qualifica di cancelliere esperto e di assistente giudiziario e, per la medesima finalità, di consentire che all'Ufficio centrale per il referendum sia temporaneamente aggregato anche personale di altre amministrazioni con profili professionali equiparati, ivi compreso il personale militare e delle Forze di polizia di Stato di cui all'articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001, purché dotato di determinati requisiti di professionalità, mediante apposita procedura di mobilità temporanea.

Considerato il numero di quesiti referendari, del rilevante numero di firme che dovranno essere verificate (superiore a 7 milioni) e della ristretta tempistica prevista dalla legge per lo svolgimento di tali operazioni, si è stimato di dover autorizzare l'aggregazione di un numero massimo di 360 unità, di cui non più di 80 per personale addetto alle operazioni di verifica e non più di 280 per il personale addetto alle altre operazioni.

In ragione della necessità di consentire all'Ufficio centrale per il referendum di essere operativo in tempi brevi, si è prevista una procedura semplificata per l'adozione del provvedimento di comando da parte delle amministrazioni cui appartengono i dipendenti che manifestano la disponibilità ed è stato previsto uno specifico trattamento economico, con l'estensione al personale così aggregato dell'onorario giornaliero previsto dall'articolo 3, comma 1, della legge 13 marzo 1980, n. 70, ridotto di un quinto. Si è inoltre specificato, per il personale comandato, che non è dovuta l'indennità giudiziaria.

Per l'attuazione di tali disposizioni, urgenti e temporanee in quanto applicabili per un periodo non superiore a sessanta giorni, è prevista una spesa di € 990.731 per l'anno 2021.

Art. 6 – (Misure urgenti in materia di svolgimento della sessione 2021 dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19)

L'articolo in esame, in considerazione del protrarsi dello stato di emergenza e della necessità di garantire lo svolgimento in sicurezza delle prove dell'esame di abilitazione alla professione di avvocato proroga anche alla sessione 2021 le disposizioni eccezionali stabilite con il decreto-legge 13 marzo 2021, n. 31, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 aprile 2021, n. 50, per lo svolgimento dell'esame di abilitazione relativo alla sessione 2020.

Si prevede altresì che con il decreto del Ministro della giustizia che indice la sessione d'esame per il 2021 vengano fornite le indicazioni relative alla data di inizio delle prove, alle modalità di sorteggio per l'espletamento delle prove orali, alla pubblicità delle sedute di esame, all'accesso e alla permanenza nelle sedi di esame, alle prescrizioni imposte ai fini della prevenzione e protezione dal rischio del contagio da COVID-19, nonché alle modalità di comunicazione delle materie scelte dal candidato per la prima e la seconda prova orale. Inoltre, venendo incontro alle istanze dei candidati con disturbi specifici di apprendimento (DSA) si prevede che il medesimo decreto, analogamente a quanto previsto per i concorsi pubblici, disciplini le modalità di utilizzo di strumenti compensativi per le difficoltà di lettura, di scrittura e di calcolo, nonché di usufruire di un prolungamento dei tempi stabiliti per lo svolgimento delle prove, da parte dei predetti candidati.

Il comma 3, onde garantire nel modo migliore lo svolgimento delle prove in condizioni di sicurezza in relazione all'emergenza epidemiologica stabilisce che l'accesso ai locali deputati allo svolgimento delle prove d'esame è consentito esclusivamente ai soggetti muniti di una delle certificazioni verdi COVID-19, di cui all'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, e che la mancata esibizione da parte dei candidati al personale addetto ai controlli delle suddette certificazioni costituisce motivo di esclusione dall'esame.

Il comma 4 stabilisce che le linee generali da seguire per la formulazione dei quesiti da porre nella prima prova orale e per la valutazione dei candidati, in modo da garantire l'omogeneità e la coerenza dei criteri di esame, siano stabilite con decreto direttoriale del Ministero della giustizia, sentita la commissione centrale costituita ai sensi del decreto legge 21 maggio 2003, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 luglio 2003, n. 180, (e non dunque, a differenza di quanto previsto per la sessione 2020, dalla sola commissione centrale).
Gli ultimi due commi contengono disposizioni finanziarie.

Art. 7 – (Incremento della dotazione del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo)

L'incremento della dotazione finanziaria del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo per le esigenze del Sistema di accoglienza e integrazione (SAI, già SIPROIMI), attivato dal Ministero dell'interno ai sensi dell'articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, come modificato, da ultimo, dall'articolo 4, comma 3, del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 173, si rende necessario per far fronte alle esigenze di accoglienza derivanti dal previsto afflusso di un ingente numero di richiedenti asilo, in ragione della situazione politica determinatasi in Afghanistan, ancora in corso di evoluzione.

La platea dei beneficiari delle prestazioni rese nell'ambito del SAI è venuta ad ampliarsi per effetto della novella introdotta dall'articolo 4, comma 3, del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n, 173, che ha reintrodotto la possibilità di accoglienza nel Sistema dei richiedenti protezione internazionale e ha ampliato le categorie dei beneficiari, nei limiti dei posti disponibili.

Si stima in via speditiva la necessità di approntare un numero di posti aggiuntivi nel SAI, destinato sia ai richiedenti asilo sia ai possessori di status di protezione internazionale e maggiormente rispondente alle esigenze di accoglienza dei nuclei familiari, per complessivi 3.000 posti, nell'ambito dei progetti SAI già avviati.

Per tale ragione, con la disposizione di cui al comma 1 s'intende rafforzare il sistema nazionale di accoglienza, attraverso l'ampliamento della disponibilità di posti nell'ambito del SAI, per 3.000 unità, e la conseguente integrazione delle risorse disponibili sul Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo, al fine di assicurare la continuità e la piena funzionalità dei servizi di accoglienza erogati nell'ambito del sistema, tenuto altresì conto dell'urgenza di disporre di un maggior numero di posti da destinare ai cittadini afghani richiedenti asilo il cui arrivo è previsto nel restante periodo del corrente anno.

Il comma 2 detta le disposizioni necessarie ad assicurare la copertura finanziaria della norma.

Art. 8 – (Disposizioni a tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli Venezia Giulia)

L'articolo in esame dà attuazione, con norma primaria, agli impegni assunti nell'ambito del Protocollo d'intesa siglato in Trieste il 13 luglio 2020, tra i Ministeri dell'interno e dell'università e della ricerca, l'Agenzia del demanio, la regione Friuli Venezia Giulia, l'Università degli studi di Trieste e alcune associazioni rappresentative della minoranza linguistica slovena, per la restituzione alla comunità slovena dell'immobile sito in Trieste, Via Filzi, già Narodni Dom, di proprietà dell'Università degli studi di Trieste, che attualmente ospita la Scuola di studi in lingue moderne per interpreti e traduttori.

Rispetto ad un primo contenuto normativo indicato dall'articolo 1 del Protocollo – sul quale si sono sviluppate interlocuzioni anche con il Ministero dell'economia e delle finanze che ne hanno conclusivamente evidenziato profili di onerosità non risolvibili in via compensativa – l'operazione declinata dalla disposizione coglie comunque gli impegni contenuti nell'atto convenzionale ed amplia la portata dell'intervento normativo e dei suoi destinatari, nell'ottica del potenziamento infrastrutturale degli immobili oggetto di alienazione o concessione in uso oggetto dell'operazione.

Il comma 1 interviene, con la tecnica della novella, sull'articolo 19 della legge 23 febbraio 2001, n. 38, recante « Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia ». In particolare l'articolo 19, modificato dalla norma in esame, reca la disciplina concernente la restituzione di alcuni beni immobili tra la regione Friuli Venezia Giulia e l'Università degli studi di Trieste, anche salvaguardando, in tali spazi, la presenza di istituzioni culturali e scientifiche di lingua slovena.

Nel dettaglio:
la lettera a) sostituisce il comma 1 del citato articolo 19, modificando la disposizione in ottica di coordinamento normativo rispetto al nuovo comma 1-bis (vedasi infra) che dispone il trasferimento in proprietà del Narodni Dom, sito in via Filzi, alla comunità linguistica slovena; vengono dunque eliminati i riferimenti all'edificio di via Filzi, in Trieste, già Narodmi Dom, in considerazione del trasferimento dello stesso, disposto dal nuovo comma 1-bis, alla « Fondazione Narodni Dom », costituita dall'Unione culturale economica slovena – SKGZ e dalla Confederazione delle organizzazioni slovene – SSO. Viene invece mantenuta la previsione secondo la quale la casa di cultura Narodni Dom di Trieste – situata nel rione San Giovanni, costituita da edificio e accessori, di proprietà della regione Friuli Venezia Giulia, è utilizzata, a titolo gratuito, per le attività di istituzioni culturali e scientifiche di lingua slovena e che nell'edificio sito in Gorizia, Corso Verdi, già Trgovski dom, trovano sede istituzioni culturali e scientifiche sia di lingua slovena (a partire dalla Narodna in studijska Knjiznica – Biblioteca degli studi di Trieste) sia di lingua italiana, compatibilmente con le funzioni attualmente ospitate nei medesimi edifici, previa intesa tra la regione e il Ministero dell'economia e delle finanze. La previa intesa con la regione salvaguarda il coinvolgimento dell'ente territoriale nelle interlocuzioni con la minoranza linguistica, considerato il ruolo che allo stesso è riconosciuto dalla legge di tutela. In particolare, l'articolo 16 della legge n. 38 del 2001 assegna alla regione la competenza relativa al sostegno delle attività e delle iniziative culturali, artistiche, sportive, ricreative, scientifiche, educative, informative e editoriali promosse e svolte da istituzioni ed associazioni della minoranza slovena, in ossequio all'articolo 3 dello Statuto speciale, il quale prevede che « Nella Regione è riconosciuta parità di diritti e di trattamento a tutti i cittadini, qualunque sia il gruppo linguistico al quale appartengono, con la salvaguardia delle rispettive caratteristiche etniche e culturali »;
la lettera b) introduce il nuovo comma 1-bis dell'articolo 19 della citata legge n. 38 del 2001, che dispone il trasferimento in proprietà dell'edificio di via Filzi, già Narodmi Dom, alla « Fondazione Narodni Dom », costituita dall'Unione culturale economica slovena – SKGZ e dalla Confederazione delle organizzazioni slovene – SSO, nonché il nuovo comma 1-ter, il quale dispone la concessione in uso gratuito e perpetuo dell'immobile di proprietà demaniale sito in Trieste, denominato « ex Ospedale militare » all'Università degli studi di Trieste, già utilizzato come Casa dello studente, in concessione a titolo gratuito con oneri di ordinaria e straordinaria manutenzione a proprio carico ai sensi dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 13 settembre 2005, n. 296, recante « Regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato ». Viene altresì introdotto un nuovo comma 1-quater, il quale dispone la concessione, in uso perpetuo e gratuito, all'Università degli studi di Trieste dell'edificio denominato « Gregoretti 2 » di proprietà del comune di Trieste. Inoltre il nuovo comma 1-quinquies del medesimo articolo 19 stabilisce che le operazioni di trasferimento previste dai commi precedenti siano esenti da carichi fiscali.

Viene, infine prevista (lettera c) la soppressione del comma 2 dell'articolo 19. La disposizione attuale prevede che « In caso di mancata intesa entro cinque anni, si provvede, entro i successivi sei mesi, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ». Si tratta di un potere sostitutivo da esercitare entro cinque anni nel caso di mancata intesa tra la regione e gli altri soggetti istituzionali interessati per la tutela della minoranza linguistiche slovena che, oltre ad apparire eccessivamente invasivo dell'autonomia regionale – anche alla luce della successivamente intervenuta riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione – è da ritenersi non più utile, non ravvisandosi la necessità di un intervento sostitutivo mediante il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ivi previsto, anche in considerazione del lasso di tempo ormai trascorso dall'entrata in vigore della legge n. 38 del 2001.

Il comma 2 prevede un'autorizzazione di spesa per la realizzazione di interventi di riqualificazione ovvero di manutenzione straordinaria degli immobili dell'Università degli studi di Trieste o concessi alla stessa in uso perpetuo e gratuito per lo svolgimento delle proprie attività istituzionali – in relazione ai commi successivi – per oneri quantificati in 3 milioni di euro per l'anno 2022 e in due milioni di euro annui dal 2023 al 2031. Si prevede che ai complessivi oneri derivanti si provvede a valere sulle risorse del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del programma Fondi di riserva e speciali della missione « Fondi da ripartire » dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'università e della ricerca.

Il comma 3 dispone un'autorizzazione di spesa per la rifunzionalizzazione dell'immobile sito in Trieste, denominato « ex Ospedale militare » quantificata in 2 milioni di euro per l'anno 2021 e 7,054 milioni di euro per l'anno 2022, da destinare all'Università degli studi di Trieste, a valere sulle risorse del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del programma Fondi di riserva e speciali della missione « Fondi da ripartire » dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

Il comma 4 reca una disposizione di chiusura che rimette a un'intesa tra la medesima « Fondazione – Fundacjia Narodni Dom » e l'Università degli studi di Trieste, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, la determinazione delle modalità del trasferimento della Scuola di studi in lingue moderne per interpreti e traduttori, che attualmente occupa i locali del Narodni Dom di via Filzi, nonché l'individuazione degli spazi assegnati a titolo gratuito all'Università degli studi di Trieste nelle more del medesimo trasferimento e di quelli da porre nella immediata disponibilità della Fondazione.

Art. 9 – (Disposizioni in materia di protezione di dati personali)

L'intervento normativo mira ad allineare le previsioni del codice in materia di protezione di dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (di seguito denominato « Codice ») al rispetto delle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, (relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, di seguito denominato « Regolamento »), nell'ottica di semplificare il quadro e valorizzare le attività e i compiti di interesse pubblico svolti dalle pubbliche amministrazioni o dalle società a controllo pubblico statale per finalità di pubblico interesse, oltre che nell'adozione e attuazione delle riforme e misure previste dal PNRR.

Con le modifiche indicate al comma 1, lettere a) e b), si interviene sugli articoli 2-ter e 2-quinquiesdecies del Codice, per chiarire la base giuridica e la liceità del trattamento operato dalle amministrazioni o dalle società a controllo pubblico statale nell'espletamento di compiti di interesse pubblico e per finalità esclusive di pubblico interesse, nonché precisare l'ambito di valutazione rimesso all'Autorità di controllo secondo le previsioni del Regolamento.

In proposito, va ricordato che l'articolo 6, paragrafo 1, lettera e), del Regolamento prevede che, ove il trattamento sia necessario per l'esecuzione di un « compito di interesse pubblico » o connesso « all'esercizio di pubblici poteri » di cui è investito il titolare del trattamento, la base giuridica – che rende lecito il trattamento – è costituita « dal diritto dell'Unione o dello Stato membro ».

Con riguardo al trattamento « necessario per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento », l'articolo 6, paragrafo 3, del Regolamento prevede che la finalità del trattamento è determinata dalla base giuridica costituita dal diritto (dell'Unione o dello Stato) ovvero e alternativamente è quella « necessaria per l'esecuzione di un compito svolto nel pubblico interesse o connesso all'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento ». Il Regolamento, dunque, non impone l'esplicitazione nella norma in corso di adozione della finalità, puntuale e specifica, del trattamento, potendo tale finalità desumersi dai « compiti » correlati allo svolgimento di servizi di pubblico interesse o dai poteri pubblici esercitati dal titolare del trattamento, e ciò in coerenza con il « considerando » 41 secondo cui « Qualora il presente regolamento faccia riferimento a una base giuridica o a una misura legislativa, ciò non richiede necessariamente l'adozione di un atto legislativo da parte di un parlamento, fatte salve le prescrizioni dell'ordinamento costituzionale dello Stato membro interessato ».

Al fine di adeguare la disciplina interna, si modifica l'articolo 2-ter del Codice, che attualmente prevede che la base giuridica del trattamento (sebbene con riguardo ai casi di cui alla lettera b) del paragrafo 1 dell'articolo 6, ma estesa in via interpretativa ai trattamenti per finalità pubbliche) è sempre una « norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento ».

La riformulazione mutua il testo dal §3 del Bundesdatenschutzgesetz (legge federale sulla protezione dei dati) del 30 giugno 2017 adottato dal Parlamento tedesco, secondo cui « Die Verarbeitung personenbezogener Daten durch eine öffentliche Stelle ist zulässig, wenn sie zur Erfüllung der in der Zuständigkeit des Verantwortlichen liegenden Aufgabe oder in Ausübung öffentlicher Gewalt, die dem Verantwortlichen übertragen wurde, erforderlich ist. » (Il trattamento dei dati personali da parte di un organismo pubblico è consentito se necessario per l'adempimento di un compito di competenza del responsabile o nell'esercizio di pubblici poteri che sono stati trasferiti al responsabile).

Analoghe considerazioni di allineamento della disciplina interna al Regolamento, nell'ottica di valorizzare l'espletamento dei compiti di interesse pubblico attribuiti ed esercitati dalle pubbliche amministrazioni, guidano l'abrogazione dell'articolo 2-quinquiesdecies del Codice.
Il Regolamento, infatti, agli articoli 35 e 36, valorizzando il principio di « responsabilizzazione » sancito dall'articolo 5, paragrafo 2, non prevede procedimenti d'ufficio da parte dell'autorità di controllo, ma rimette al titolare del trattamento l'obbligo di procedere alla valutazione di impatto sulla protezione dei dati (DPIA), nei casi previsti, e prevede la successiva consultazione dell'autorità di controllo solo nei casi in cui l'esito dell'assessment abbia evidenziato la sussistenza di un rischio elevato che imponga l'adozione di misure volte ad attenuare il rischio.
Va ricordato che l'articolo 35, paragrafo 4, consente alle autorità di controllo di redigere e rendere pubblico « ... un elenco delle tipologie di trattamenti soggetti al requisito di una valutazione d'impatto sulla protezione dei dati ai sensi del paragrafo 1 ». Il Garante ha redatto l'elenco che prevede dodici tipologie di procedimento (individuate per caratteristiche generali) sottoposte a necessaria e preliminare valutazione d'impatto (DPIA).

L'attuale formulazione dell'articolo 2-quinquesdecies introduce nello Stato una disciplina non obbligatoria ai sensi del Regolamento e, pertanto, con la presente novella, si ritiene di esercitare diversamente la facoltà che l'articolo 36, paragrafo 5, del Regolamento, concede agli Stati membri.

Le disposizioni di cui al comma 1, lettere c), d), f) e g) sono di mero coordinamento rispetto alla modifica degli articoli 2-ter e 2-quinquiesdecies.

La disposizione di cui al comma 1, lettera e), novella il Codice inserendo un nuovo articolo 144-bis che mira ad incrementare gli strumenti immediati ed efficaci di tutela in favore di soggetti deboli potenzialmente destinatari di condotte riconducibili al concetto di revenge porn, soprattutto con specifico riferimento ai numerosi casi che hanno visto nel web il coinvolgimento di minori d'età o di soggetti deboli, vittime di diffusione e pubblicazione illecita di immagini anche a sfondo sessuale.

In particolare al comma 1 dell'introdotto articolo 144-bis si prevede che la persona (anche minorenne) che ha fondati motivi di ritenere di essere oggetto di minaccia possa indirizzare al Garante per la protezione dei dati personali apposita segnalazione o richiamo.

Al comma 2 del medesimo articolo 144-bis si precisa che per i minorenni la richiesta possa essere effettuata da chi esercita la responsabilità genitoriale o la tutela.

Al comma 3 del citato articolo 144-bis si specifica che l'invio al Garante delle immagini o dei video a contenuto sessualmente esplicito riguardanti soggetti terzi, effettuato dall'interessato, non integra il reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti.

Il comma 2 è anch'essa una disposizione di coordinamento, in quanto la norma con esso abrogata rinvia all'articolo 2-quinquiesdecies, abrogato dal presente articolo.

Il comma 3, al fine di accelerare le attività di realizzazione dei progetti del PNRR, riduce da quarantacinque a trenta giorni il termine per il parere che il Garante deve rendere sulle attività di trattamento.

Art. 10 – (Entrata in vigore)

L'articolo 10 reca l'entrata in vigore.