XVIII LEG - ddl - Conversione in legge del decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121 - Decreto infrastrutture e mobilità sostenibili

aggiornamento: 12 novembre 2021

Esame definitivo - Consiglio dei ministri 2 settembre 2021

Conversione in legge del decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121, recante disposizioni urgenti in materia di investimenti e sicurezza delle infrastrutture, dei trasporti e della circolazione stradale, per la funzionalità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, del Consiglio superiore dei lavori pubblici e dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali 

 

Relazione illustrativa


Art. 1

  1. È convertito in legge il decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121, recante disposizioni urgenti in materia di investimenti e sicurezza delle infrastrutture, dei trasporti e della circolazione stradale, per la funzionalità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, del Consiglio superiore dei lavori pubblici e dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali.
  2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

Relazione illustrativa


Con il presente disegno di legge il Governo sottopone alle Camere, per la conversione in legge, il decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121, recante disposizioni urgenti in materia di investimenti e sicurezza delle infrastrutture, dei trasporti e della circolazione stradale, per la funzionalità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, del Consiglio superiore dei lavori pubblici e dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali. Di seguito è illustrato il contenuto degli articoli del decreto-legge.

Articolo 1 – Disposizioni urgenti per la sicurezza della circolazione dei veicoli e di specifiche categorie di utenti.

L'articolo 1 introduce misure urgenti finalizzate a modificare la disciplina in materia di riservazione della sosta per categorie specifiche di veicoli, nonché per le verifiche ed i controlli di sicurezza sui veicoli.
In particolare, il comma 1, lettera a), introduce puntuali modifiche al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, al fine di addivenire ad una disciplina organica ed esaustiva in materia di riservazione della sosta, volta a renderla coerente con le recenti modifiche in tema di «stalli rosa» e «stalli per veicoli elettrici». Viene sostituita la lettera d) dell'articolo 7 (Regolamentazione della circolazione nei centri abitati), comma 1, del codice della strada, introducendo, in aggiunta a quelle attualmente consentite (veicoli degli organi di polizia, di emergenza, di soccorso, e altri servizi essenziali), la facoltà per i comuni di riservazione degli stalli rosa (donne in gravidanza e genitori con bambini fino a due anni) e della sosta per carico/scarico merci e dei veicoli elettrici. Inoltre, la modifica introduce un'ulteriore possibilità di riservazione della sosta, che risulta non solo importante sotto il profilo della mobilità sostenibile, ma anche di forte interesse per le amministrazioni comunali: stalli per veicoli adibiti al trasporto scolastico. Si evidenzia che la previsione del carattere non solo permanente, ma anche temporaneo, della sosta, oppure anche solo per determinati periodi, giorni e orari, è motivata dalla necessità di consentire alle amministrazioni comunali, che hanno l'esigenza di riservare alcune aree limitatamente ad alcune fasce orarie (ad esempio per il carico/scarico delle merci), di poter disciplinare la sosta nelle fasce complementari, regolamentandola in modo diverso, anche a pagamento.

Il comma 1, lettera b), numero 1), modifica l'articolo 61, comma 2, del codice della strada, portando la lunghezza totale degli autoarticolati e degli autosnodati da 16.50 metri a 18 metri.

Il comma 1, lettera b), numero 2), inserisce il comma 2-bis dell'articolo 61 del codice della strada, disponendo che gli autosnodati e i filosnodati, destinati a sistemi di trasporto rapido di massa, possono raggiungere la lunghezza massima di 24 metri su itinerari autorizzati, su corsia riservata, dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. Si tratta degli stessi autosnodati e autoarticolati previsti dal comma 2, per i quali la lunghezza massima è fissata a 18 metri ma che può arrivare a 24 metri ove i predetti mezzi fossero destinati al cosiddetto «trasporto rapido di massa».

Si intende per trasporto rapido di massa il trasporto il servizio di trasporto caratterizzato da un'elevata domanda, per il quale, a mezzo della modifica di cui alla lettera b), numero 2), si consente l'utilizzo di mezzi con lunghezza massima di 24 metri qualora autorizzati dal Ministero, a seguito di specifica istruttoria finalizzata a verificare lo svolgimento del servizio nel rispetto degli standard e delle condizioni di sicurezza previsti dalla normativa vigente. Tali mezzi sono, infatti, utilizzati su percorsi predefiniti e autorizzati, caso per caso, a seguito di specifiche verifiche e prove funzionali condotte dagli uffici periferici del Ministero volte a valutare preventivamente la compatibilità delle dimensioni del veicolo con il tracciato.

Il comma 1, lettera c), introduce modifiche all'articolo 80 del codice della strada, in materia di revisione dei veicoli. In relazione alla modifica apportata si evidenzia che l'articolo 1, comma 1049, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), ha modificato l'articolo 80, comma 8, del codice della strada, prevedendo la possibilità di effettuare, presso officine esterne autorizzate, anche le revisioni periodiche dei veicoli a motore con massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 t, se destinati al trasporto di merci non pericolose o non deperibili in regime di temperatura controllata (ATP), al pari di quanto già avviene per le autovetture. Tale intervento normativo si è reso necessario al fine di sopperire ai tempi eccessivamente lunghi di attesa, determinatisi presso gli uffici territoriali della Motorizzazione civile, per l'effettuazione delle revisioni periodiche dei veicoli a motore capaci di contenere al massimo 16 persone compreso il conducente, o con massa complessiva a pieno carico fino a 3,5 t, ovvero superiore a 3,5 t, se destinati al trasporto di merci non pericolose o non deperibili in regime di temperatura controllata (ATP). Orbene, con la norma in esame, modificando il citato comma 8 dell'articolo 80 del codice della strada, si estende la possibilità per le officine autorizzate di effettuare le revisioni anche per i rimorchi e semirimorchi riferiti ai mezzi pesanti.

Il comma 1, lettera d), novella il comma 9 dell'articolo 116 (Patente e abilitazioni professionali per la guida di veicoli a motore) del codice della strada, in materia di certificati di abilitazione professionale ai fini del servizio di noleggio con conducente per trasporto di persone e di servizio di piazza con autovetture con conducente (KA e KB).

In particolare, viene previsto che, ai fini del conseguimento del certificato di abilitazione professionale di tipo KA è necessario che il conducente abbia la patente di categoria A1, A2 o A, nonché l'attestazione di avere frequentato con profitto un corso di formazione di primo soccorso, mentre, ai fini del conseguimento del certificato di abilitazione professionale di tipo KB, è necessario che il conducente abbia almeno la patente di categoria B1, nonché l'attestazione di avere frequentato con profitto un corso di formazione di primo soccorso.

Il comma 1, lettera e), introduce modifiche all'articolo 158 (Divieto di fermata e di sosta dei veicoli), comma 2, del codice della strada, prevedendo nuove fattispecie di divieto di sosta e di fermata dei veicoli, in armonia con la modifica all'articolo 7.
Inoltre, viene inserito il comma 4-bis, che prevede una sanzione più severa per la violazione della riservazione degli stalli per le persone con disabilità, e viene modificato il comma 5 al fine di incrementare la sanzione della sosta nelle aree pedonali urbane, eliminando il riferimento alla violazione per chi occupa abusivamente gli stalli dedicati a veicoli in uso a persone con disabilità per la quale è stata prevista una specifica sanzione con l'inserimento del comma aggiuntivo 4-bis.

Al comma 1, lettera f), si interviene sull'articolo 188 (Circolazione e sosta dei veicoli al servizio di persone invalide), modificando i commi 4 e 5 al fine di inasprire le sanzioni per chi utilizza gli stalli riservati alle persone disabili senza avere l'autorizzazione prescritta o ne faccia uso improprio, ovvero per chi, pur avendone diritto, non osserva le condizioni e i limiti indicati nell'autorizzazione.

Al comma 1, lettera g), si introduce la disciplina relativa agli stalli rosa, in analogia alla disciplina degli stalli riservati alle persone con disabilità, mediante l'inserimento dell'articolo 188-bis (Sosta dei veicoli al servizio delle donne in stato di gravidanza o di genitori con un bambino di età non superiore a due anni) del codice della strada.

Alla luce delle modifiche introdotte al comma 1, con particolare riguardo a quelle relative alla regolazione della sosta di cui al comma 1, lettere e), f) e g), il comma 2 introduce modifiche all'articolo 1, commi 819 e 820, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, che, al fine di favorire la mobilità urbana ed extraurbana, anche con riferimento alla mobilità delle persone con disabilità, ha istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un fondo con una dotazione di 3 milioni di euro per l'anno 2021 e di 6 milioni di euro per l'anno 2022.

Tale fondo è destinato all'erogazione, nei limiti delle risorse disponibili per ciascuno degli anni 2021 e 2022, di contributi in favore dei comuni che, con ordinanza adottata entro il 30 giugno 2021 ai sensi dell'articolo 7 del codice della strada, provvedono a istituire spazi riservati destinati alla sosta gratuita dei veicoli adibiti al servizio di persone con limitata o impedita capacità motoria muniti di contrassegno speciale ovvero delle donne in stato di gravidanza.

Orbene con le modifiche apportate con il comma 2, lettera a), da un lato si proroga al 15 ottobre 2021 il termine per l'adozione da parte dei comuni dell'ordinanza ai sensi dell'articolo 7 del codice della strada, per l'istituzione di spazi riservati destinati alla sosta gratuita e, dall'altro, si prevede che, nella sopra richiamata ordinanza, siano istituiti spazi riservati destinati alla sosta gratuita dei veicoli adibiti al servizio delle donne in stato di gravidanza o di genitori con un bambino di età non superiore a due anni ovvero si preveda la gratuità della sosta dei veicoli adibiti al servizio di persone con limitata o impedita capacità motoria muniti di contrassegno speciale, nelle aree di sosta o di parcheggio a pagamento, qualora risultino già occupati o indisponibili gli stalli a loro riservati.

Al riguardo si ricorda che il regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, in materia di strutture, contrassegno e segnaletica per la mobilità delle persone invalide, all'articolo 381, comma 5, prevede che «Nei casi in cui ricorrono particolari condizioni di invalidità della persona interessata, il comune può, con propria ordinanza, assegnare a titolo gratuito un adeguato spazio di sosta individuato da apposita segnaletica indicante gli estremi del “contrassegno di parcheggio per disabili” del soggetto autorizzato ad usufruirne (fig. II.79/a). Tale agevolazione, se l'interessato non ha disponibilità di uno spazio di sosta privato accessibile, nonché fruibile, può essere concessa nelle zone ad alta densità di traffico, dietro specifica richiesta da parte del detentore del “contrassegno di parcheggio per disabili”. Il comune inoltre stabilisce, anche nell'ambito delle aree destinate a parcheggio a pagamento gestite in concessione, un numero di posti destinati alla sosta gratuita degli invalidi muniti di contrassegno superiore al limite minimo previsto dall'articolo 11, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503, e può prevedere, altresì, la gratuità della sosta per gli invalidi nei parcheggi a pagamento qualora risultino già occupati o indisponibili gli stalli a loro riservati».

L'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503, stabilisce che, nell'ambito dei parcheggi o delle attrezzature per la sosta, muniti di dispositivi di controllo della durata della sosta ovvero con custodia dei veicoli, devono essere riservati gratuitamente ai detentori del contrassegno almeno 1 posto ogni 50 o frazione di 50 posti disponibili.

Infine, appare utile sottolineare che, alla luce delle disposizioni introdotte al comma 1, che prevede anche il contestuale incremento delle sanzioni in caso di occupazione senza autorizzazione degli spazi, l'aumento del gettito compenserà l'eventuale gratuità della sosta per le persone con disabilità.

Con le modifiche apportate con il comma 2, lettera b), al comma 820 dell'articolo 1 della citata legge n. 178 del 2020 si prevede che il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con cui sono definiti i criteri di determinazione dell'importo del contributo riconoscibile a ciascun comune a valere sulle risorse di cui al sopra richiamato comma 819, nonché le modalità di presentazione delle domande di accesso al contributo, nonché di erogazione del contributo stesso, sia adottato, di concerto oltre che con il Ministro dell'economia e delle finanze anche con il Ministro per la disabilità.

Il comma 3 dispone che, nel caso di veicoli che circolano su strada per esigenze connesse a prove tecniche, sperimentali o costruttive, dimostrazioni o trasferimenti, anche per ragioni di vendita o di allestimento, muniti della carta o del certificato di autorizzazione, l'autorizzazione alla circolazione di prova può essere utilizzata anche in deroga a quanto disposto dall'articolo 80 del codice della strada riguardante le revisioni. È comunque indispensabile la copertura assicurativa ai fini della circolazione da parte del titolare dell'autorizzazione alla circolazione di prova ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di responsabilità civile. Dei danni cagionati dal veicolo in circolazione di prova, anche se munito della carta o del certificato di circolazione, risponde, ove ne ricorrono i presupposti, l'assicuratore dell'autorizzazione alla circolazione di prova.

Il comma 4 prevede che si proceda all'aggiornamento del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 2001, n. 474, recante la semplificazione del procedimento di autorizzazione alla circolazione di prova dei veicoli, anche al fine di stabilire le condizioni e il numero massimo di autorizzazioni alla circolazione di prova rilasciabili ad ogni titolare in ragione del tipo di attività esercitata e del numero di addetti.

Il comma 5 modifica il decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286, recante «Disposizioni per il riassetto normativo in materia di liberalizzazione regolata dell'esercizio dell'attività di autotrasportatore». In particolare, la lettera a) modifica l'articolo 14 del predetto decreto legislativo e scaturisce dall'esigenza di meglio calibrare, in parte qua, il recepimento della direttiva (UE) 2018/645 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 aprile 2018, che ha modificato la direttiva 2003/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2003, da cui sono derivati problemi di applicazione pratica. Al riguardo, si rappresenta come, in fase di recepimento della citata direttiva, sia stato omesso il riferimento all'attività di trasporto professionale di persone e cose quale presupposto per acquisire la Carta di qualificazione del conducente (CQC).

Ciò ha indotto ad una applicazione distorta della suddetta previsione in forza della quale sarebbe richiesta sempre la CQC per la guida di veicoli di categoria C1, C1E, C, CE, D1, D1E, D e DE (di seguito «veicoli di categoria superiore») anche ove non si eserciti attività di trasporto professionale. Si richiama a tale riguardo il disposto dell'articolo 1 della direttiva 2003/59/CE, che fa evidentemente riferimento a «conducenti che effettuano trasporti su strada»: aver omesso tale precisazione ha, di fatto, stravolto l'ambito di applicazione della direttiva stessa, richiedendo per la guida di veicoli di categoria C1, C1E, C, CE, D1, D1E, D e DE (di seguito «veicoli di categoria superiore») non solo la patente di corrispondente categoria, ma anche la qualificazione CQC in parola.

Ma, oltre al dato letterale e a quello connesso all'incertezza dell'ambito di applicazione, l'attuale testo dell'articolo 14 in commento appare inadeguato anche sotto il profilo del «principio di proporzionalità», che le direttive 2003/59/CE e (UE) 2018/645 richiamano nelle proprie premesse: «la presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo». Sotto tale profilo, leggendo anche i «considerando», emerge con chiarezza come l'obiettivo sia quello di assicurare una formazione a conducenti che effettuano trasporti su strada di merci o persone, corrette condizioni di concorrenza del mercato, professionalità dei conducenti, eccetera: il che rimanda sempre e necessariamente al caso di un conducente che effettua trasporto su strada di cose o persone.

Quanto alle modifiche all'articolo 22 del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286, di cui al comma 5, lettera b), esse sono preordinate a tenere ben distinte e chiare le casistiche relative alla comprova della qualificazione CQC in commento:
da parte di chi è titolare di una patente di guida italiana (comma 5, lettera b), numero 1): in tal caso sarà possibile apporre sulla stessa il codice 95, come da indicazioni dei commi 2 e 3 del predetto articolo 22 del decreto legislativo n. 286 del 2005, a seconda che si tratti di qualificazione per il trasporto di cose o persone;

da parte di chi è titolare di patente rilasciata da altro Stato e, a seguito di un corso di qualificazione iniziale o formazione periodica frequentato in Italia (comma 5, lettera b), numero 2), secondo la disciplina posta dall'articolo 21 del decreto legislativo n. 286 del 2005, consegue una CQC formato card sulla quale è apposto il codice «95» (è evidente che in questo caso non si può apporre il codice 95 sulla patente rilasciata da altro Stato);

da parte di un titolare di patente rilasciata da Stato extra UE o extra SEE (spazio economico europeo). Ai sensi dell'articolo 10 della direttiva 2003/59/CE, come modificata dalla direttiva (UE) 2018/645, la qualificazione per il trasporto di cose può essere comprovata mediante l'attestato di conducente, ma uno Stato membro può decidere di rilasciare comunque la carta di qualificazione del conducente apponendovi il codice comunitario 95 (ovviamente trattasi di CQC formato card, non potendo apporre un codice 95 sulla patente rilasciata da altro Stato). Nel caso in cui l'impresa sia stabilita in Italia (comma 5, lettera b), numero 3) le modalità di rilascio della carta di qualificazione del conducente e di apposizione del codice unionale «95» sono disciplinate con decreto del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. La disposizione di cui al comma 5, lettera b), numero 4, uniforma a livello eurounitario la disciplina relativa ai titoli comprovanti la qualificazione iniziale e la formazione periodica per l'esercizio dell'attività professionale del trasporto di persone di conducenti dipendenti, in qualità di autista, da un'impresa stabilita in uno Stato membro.

Il comma 6, in relazione alle attività svolte dagli ispettori in materia di controlli tecnici periodici dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, introduce i commi aggiuntivi 4-octies, 4-nonies, 4-decies e 4-undecies all'articolo 92 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18.

Il comma 4-octies prevede che con decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili sono individuati il numero e la composizione delle commissioni di esame, nonché i requisiti e le modalità di nomina dei relativi componenti ai fini degli esami di abilitazione degli ispettori che svolgono gli accertamenti tecnici periodici dei veicoli a motore e dei loro rimorchi di cui al comma 4-septies. Per la determinazione della misura dei compensi a favore dei componenti delle commissioni si applica la disciplina prevista dal decreto di cui all'articolo 3, comma 13, della legge 19 giugno 2019, n. 56.

Il comma 4-nonies precisa che le spese per la partecipazione agli esami di cui al comma 4-octies, per la prima iscrizione e il rinnovo dell'iscrizione nel registro degli ispettori di cui al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 11 dicembre 2019 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 22 del 28 gennaio 2020, nonché quelle per il funzionamento delle commissioni esaminatrici e le indennità da corrispondere ai componenti delle commissioni medesime sono a carico dei richiedenti.

Infine, al comma 4-decies si prevede che gli importi e le modalità di versamento dei diritti in parola sono determinati secondo le modalità previste dai provvedimenti adottati in attuazione dell'articolo 11, commi 12 e 13, del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 35. Il medesimo comma 4-decies stabilisce, altresì, che le relative somme sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ad apposito capitolo istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.

In considerazione di quanto sopra rappresentato, pertanto, in relazione all'anno 2021, il comma 4-undecies prevede, al fine di consentire l'avvio delle attività delle commissioni esaminatrici di cui al comma 4-nonies, l'autorizzazione di spesa di euro 200.000, cui si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Articolo 2 – Disposizioni urgenti in materia di investimenti e sicurezza nel settore delle infrastrutture autostradali e idriche.

Il comma 1, in considerazione dei provvedimenti di regolazione e limitazione della circolazione stradale adottati nel periodo emergenziale da COVID 19 e della conseguente incidenza sulla dinamica dei transiti sulla rete autostradale, dispone la proroga al 31 dicembre 2021 del termine previsto dal comma 3 dell'articolo 13 del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, per il perfezionamento dell'aggiornamento dei piani economici finanziari dei concessionari autostradali presentati nel termine del 30 marzo 2020. In particolare, la disposizione di cui si disciplina la proroga prevede che, per i concessionari il cui periodo regolatorio quinquennale è pervenuto a scadenza, il termine per l'adeguamento delle tariffe autostradali relative all'anno 2020 e all'anno 2021 è differito sino alla definizione del procedimento di aggiornamento dei piani economici finanziari predisposti in conformità alle delibere adottate, ai sensi dell'articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 109 del 2018, dall'Autorità di regolazione dei trasporti di cui all'articolo articolo 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Entro il 30 marzo 2020 i concessionari presentano al Concedente le proposte di aggiornamento dei piani economico-finanziari, riformulate ai sensi della predetta normativa, che annullano e sostituiscono ogni precedente proposta di aggiornamento. Orbene, la disposizione di cui al comma 1 prevede che l'aggiornamento dei piani economico-finanziari presentati nel termine del 30 marzo 2020 venga perfezionato entro e non oltre il 31 dicembre 2021, anziché entro il 31 luglio 2021.

Tale disposizione si rende necessaria in ragione del dilatamento delle tempistiche delle procedure di aggiornamento dei piani economici finanziari alla luce della situazione di incertezza nella determinazione della dinamica dei transiti sulla rete autostradale a causa dell'emergenza sanitaria da COVID-19 tuttora in corso che non ha consentito la predisposizione di proposte di piani finanziari sulla base di previsioni attendibili.

Il comma 2, in considerazione del calo di traffico registrato nelle autostrade italiane derivante dall'emergenza epidemiologica da COVID-19 e dalle relative misure di limitazione del contagio adottate dallo Stato e dalle regioni, prevede che, al fine di contenere i conseguenti effetti economici e di salvaguardare i livelli occupazionali, è prorogata di due anni la durata delle concessioni, in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, relative ai servizi di distribuzione di carbolubrificanti e ai servizi di ristoro sulla rete autostradale. La proroga non si applica in presenza di procedure di evidenza pubblica finalizzate al nuovo affidamento delle concessioni già definite con l'aggiudicazione alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Al comma 3 si provvede a modificare l'articolo 2, comma 171, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, che ha previsto che i compiti e le attribuzioni in materia di vigilanza sulle dighe facenti capo al Registro italiano dighe, ai sensi dell'articolo 91, comma 1, del decreto legislativo n. 112 del 1998, nonché dell'articolo 10 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 marzo 2003, n. 136, sono trasferiti al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. In particolare, con la modifica si prevede che tali funzioni di vigilanza in capo al Ministero siano svolte fermi restando i compiti, gli obblighi e le responsabilità degli enti concessionari e dei soggetti gestori in materia di sicurezza, nonché le funzioni di controllo delle amministrazioni concedenti.

Al comma 4 si introduce una modifica all'articolo 114, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di piano di gestione ai fini delle operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe.

L'articolo 114 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale» prevede, al comma 2, che: «Al fine di assicurare il mantenimento della capacità di invaso e la salvaguardia sia della qualità dell'acqua invasata sia del corpo ricettore, le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe sono effettuate sulla base di un progetto di gestione di ciascun invaso. Il progetto di gestione è finalizzato a definire sia il quadro previsionale di dette operazioni connesse con le attività di manutenzione da eseguire sull'impianto, sia le misure di prevenzione e tutela del corpo ricettore, dell'ecosistema acquatico, delle attività di pesca e delle risorse idriche invasate e rilasciate a valle dell'invaso durante le operazioni stesse».

Al comma 3 del medesimo articolo si prevede che: «Il progetto di gestione individua altresì eventuali modalità di manovra degli organi di scarico, anche al fine di assicurare la tutela del corpo ricettore. Restano valide in ogni caso le disposizioni fissate dal decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, volte a garantire la sicurezza di persone e cose», mentre al successivo comma 4 si stabilisce che: «Il progetto di gestione è predisposto dal gestore sulla base dei criteri fissati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle attività produttive e con quello delle politiche agricole e forestali, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto».

Orbene, con la disposizione in commento si modifica il comma 4 del citato articolo 114 del decreto legislativo n. 152 del 2006, stabilendo che il regolamento ivi previsto definisca i criteri per la redazione per gli invasi realizzati da sbarramenti aventi le caratteristiche di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 8 agosto 1994, n. 507, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 1994, n. 584, (ovvero le grandi dighe) e che, per gli invasi di cui all'articolo dell'articolo 89 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, su cui le regioni esercitano i compiti e le funzioni di vigilanza, le regioni, in conformità ai propri ordinamenti, adeguano la disciplina regionale agli obiettivi di cui ai commi 2, 3 e 9, anche tenuto conto delle specifiche caratteristiche degli sbarramenti e dei corpi idrici interessati. Tale modifica si rende necessaria al fine di semplificare le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento per le «piccole dighe» di competenza regionale e di consentire che i criteri per la redazione del piano di gestione degli invasi di piccole dimensioni siano definiti dalle regioni, nel rispetto degli obiettivi ambientali e di sicurezza di cui ai commi 2, 3 e 9 del citato articolo 114 del decreto legislativo n. 152 del 2006, attribuendo, pertanto, alle regioni, oltre alla competenza già prevista dal comma 5 del medesimo articolo 114, e relativa all'approvazione dei progetti di gestione di tutti gli invasi (sia di quelli aventi le caratteristiche di cui al citato articolo 1, comma 1, del decreto-legge 8 agosto 1994, n. 507, sia di quelli di cui al citato articolo dell'articolo 89 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112), anche la possibilità di individuare, in funzione delle specifiche caratteristiche degli sbarramenti e dei corpi idrici interessati, le modalità di redazione dei progetti di gestione per le cosiddette «piccole dighe».

Articolo 3 – Disposizioni urgenti in materia di investimenti e di sicurezza nel settore dei trasporti e delle infrastrutture ferroviarie e impianti fissi.

I commi da 1 a 4 introducono disposizioni finalizzate ad accelerare l'attuazione del Piano nazionale di implementazione del sistema europeo di gestione del traffico ferroviario, European Rail Traffic Management System (di seguito «ERTMS») e a garantire un efficace coordinamento tra la dismissione del sistema di segnalamento nazionale (classe B) e l'attrezzaggio dei sottosistemi di bordo dei veicoli con il sistema ERTMS, prevedendo l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, di un fondo con una dotazione di 60 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026, per finanziare i costi di implementazione del sotto sistema ERTMS di bordo dei veicoli, precisandosi che tali risorse non sono destinate al finanziamento dei costi di sviluppo, certificazione, omologazione ed eventuali riomologazioni su reti estere dei cosiddetti «veicoli tipo», fermi macchina o sostituzione operativa dei mezzi di trazione.

La quantificazione dei costi pari a 300 milioni di euro è stata stimata dal gestore dell'infrastruttura, con il supporto di un advisor indipendente, prendendo in considerazione la necessità di adeguare i sistemi di bordo di 5.000 cabine di guida ad un costo di 60.000 euro ciascuna. È stimabile che tale fabbisogno si ripartisca in maniera uniforme nel quinquennio in quanto la capacità industriale degli operatori di settore consente di attrezzare un massimo di 1.000 cabine annue.

La disposizione non comporta oneri a carico della finanza pubblica in quanto l'istituzione di un fondo per complessivi 300 milioni di euro per il periodo 2022-2026 trova copertura mediante corrispondente riduzione di spesa di cui all'articolo 1, comma 86, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, relativa al capitolo 7122 del Ministero dell'economia e delle finanze, recante «Contributi in conto impianti da corrispondere all'impresa Ferrovie dello Stato spa per la realizzazione di un programma di investimenti per lo sviluppo e ammodernamento delle infrastrutture ferroviarie».

Al comma 2 si prevede che le risorse del comma 1 sono destinate al finanziamento degli interventi di rinnovo o ristrutturazione dei veicoli, per l'adeguamento del relativo sottosistema di bordo di classe «B» al sistema ERTMS rispondente alle specifiche tecniche di interoperabilità indicate nella tabella A2.3 dell'allegato A del regolamento (UE) 2016/919 della Commissione, del 27 maggio 2016, come modificato dal regolamento (UE) 2019/776 della Commissione, del 16 maggio 2019, e alle norme tecniche previste al punto 12.2 dell'allegato 1a al decreto dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie n. 1/2016 del 13 dicembre 2016. Si prevede, inoltre, che fermo quanto previsto dal successivo comma 3, possono beneficiare del finanziamento gli interventi realizzati a partire dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto ed entro il 31 dicembre 2026, sui veicoli che risultino iscritti in un registro di immatricolazione istituito presso uno Stato membro dell'Unione europea, che circolano sul territorio nazionale e soltanto nel caso che detti interventi non risultino già finanziati dai contratti di servizio in essere con lo Stato o le regioni.

Il comma 3 stabilisce che, con decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definite le modalità attuative di erogazione del contributo alle imprese ferroviarie o ai proprietari dei veicoli per gli interventi sui veicoli di cui al comma 2, nei limiti della effettiva disponibilità del fondo. Nell'ambito delle dotazioni del fondo, il citato decreto definisce i costi sostenuti che possono essere considerati ammissibili, l'entità del contributo massimo riconoscibile per ciascun veicolo oggetto di intervento in caso di effettuazione di una determinata percorrenza sulla rete ferroviaria interconnessa insistente sul territorio nazionale, l'entità della riduzione proporzionale del contributo riconoscibile in caso di effettuazione di percorrenze inferiori a quella richiesta ai fini dell'attribuzione del contributo nella misura massima, nonché i criteri di priorità di accoglimento delle istanze in coerenza con le tempistiche previste nel piano nazionale di sviluppo del sistema ERTMS di terra. La disposizione subordina l'efficacia del citato decreto all'autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
Il comma 4 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal comma 1 prevedendo che si provvede, nei limiti di 60 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026, mediante utilizzo delle risorse di cui all'articolo 1, comma 86, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

Il comma 5 prevede la proroga al 2021 del termine di operatività del fondo istituito dall'articolo 47, comma 11-quinquies, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, con una dotazione di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018, 2019 e 2020, destinato alla formazione del personale impiegato in attività della circolazione ferroviaria, con particolare riferimento alla figura professionale dei macchinisti del settore del trasporto ferroviario di merci. Al relativo onere, pari a complessivi 2 milioni di euro per l'anno 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 12, comma 18, del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2018, n. 130.

I commi da 6 a 8 introducono disposizioni finalizzate ad assicurare la continuità del servizio di trasporto ferroviario lungo la linea Tirano (Italia) – Campocologno (Svizzera). In particolare, il comma 6 autorizza la circolazione nel territorio italiano dei rotabili ferroviari a tal fine impiegati per l'intera durata della concessione rilasciata al gestore di detto servizio di trasporto dall'ufficio governativo della Confederazione elvetica. Il comma 7 prevede che nel territorio italiano, l'esercizio del suddetto servizio di trasporto ferroviario deve avvenire in conformità alle previsioni di cui all'articolo 2, comma 4, e all'articolo 16, comma 2, lettera bb), del decreto legislativo 14 maggio 2019, n. 50, per le reti ferroviarie funzionalmente isolate dal resto del sistema ferroviario.

Al riguardo, si evidenzia che il decreto legislativo 14 maggio 2019, n. 50, recante «Attuazione della direttiva 2016/798 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2016, sulla sicurezza delle ferrovie», ha introdotto disposizioni finalizzate a definire requisiti di sicurezza del sistema ferroviario nel suo complesso, compresa la gestione sicura dell'infrastruttura e del traffico, nonché l'interazione fra imprese ferroviarie, gestori dell'infrastruttura e altri soggetti nel sistema ferroviario.
In particolare, gli articoli 2, comma 4, e 16, comma 2, lettera bb), del citato decreto legislativo n. 50 del 2019, richiamati dalla norma in esame, prevedono una disciplina specifica per le reti ferroviarie isolate dal punto di vista funzionale dal resto del sistema ferroviario applicabile alla tratta ferroviaria in questione Tirano – Campocologno.

Le reti ferroviarie isolate sono quelle concesse dallo Stato e quelle per le quali sono attribuite alle regioni le funzioni e i compiti di programmazione e di amministrazione ai sensi del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, adibite a servizi ferroviari locali ordinariamente espletati con distanziamento regolato da segnali, individuate con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 2 agosto 2019, n. 347.

L'articolo 16, comma 2, lettera bb), del citato decreto legislativo n. 50 del 2019, prevede che per le sopra richiamate reti funzionalmente isolate sia l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali a rilasciare i certificati e le autorizzazioni anche valutando le più opportune misure mitigative o compensative proposte dai richiedenti sulla base di un'analisi del rischio che tenga conto delle caratteristiche della tratta ferroviaria, dei veicoli e del tipo di esercizio.

Infine, il comma 8 stabilisce che, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, il comune di Tirano e il gestore della linea ferroviaria devono definire il disciplinare di esercizio relativo alla parte del tracciato che, in ambito urbano, si interseca con il traffico veicolare e con i passaggi pedonali. Agli eventuali oneri derivanti dal disciplinare di esercizio il comune di Tirano provvede con le risorse disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

La linea da Tirano in Italia fino a Campocologno in Svizzera è stata costruita a seguito di una concessione di costruzione di una tranvia elettrica a scartamento ridotto sulla quale, dopo il subentro della Ferrovia Retica nella titolarità della concessione in argomento, intervenuto nell'anno 1950, il relativo servizio è stato effettuato – sino ad oggi – con materiale rotabile di tipo ferroviario e con modalità di esercizio parimenti assimilabili al trasporto ferroviario.

Orbene la disposizione in commento è finalizzata ad autorizzare l'utilizzo dei rotabili ferroviari sulla sede esistente, assoggettando il relativo esercizio al rispetto delle norme di sicurezza previste dall'articolo 2, comma 4, e dall'articolo 16, comma 2, lettera bb), del decreto legislativo 14 maggio 2019, n. 50, per le reti ferroviarie funzionalmente isolate dal resto del sistema ferroviario, e demandando alla sottoscrizione di un apposito protocollo tecnico, concordato tra il comune di Tirano e il gestore della Ferrovia Retica la regolamentazione dell'esercizio sulla parte di tratta urbana, caratterizzata dal percorso promiscuo con veicoli e pedoni. Ad oggi la continuità del servizio viene assicurata mediante un'ordinanza del sindaco, emessa per scongiurare il fermo dell'impianto, in considerazione della rilevanza socio-economica dei relativi servizi di trasporto per la comunità locale e nelle more della definizione delle procedure di rilascio del titolo permissivo all'esercizio che, stante la natura di provvedimento contingibile e urgente, ha necessariamente una durata predeterminata. La circolazione dei rotabili avviene lungo la tratta attualmente esistente e non comporta oneri finanziari per lo Stato, trattandosi di un servizio di trasporto non contribuito con risorse pubbliche.

Il precedente titolo amministrativo che ne consentiva l'esercizio è scaduto in data 31 dicembre 2020. Anche dal provvedimento legislativo attuale non deriveranno oneri finanziari per lo Stato, ed eventualmente, neppure per il comune di Tirano in quanto il disciplinare di esercizio riguarderà in via principale le modalità tecniche di conduzione del servizio all'interno del sedime urbano.

Eventuali interventi di adeguamento della segnaletica stradale e della sede stradale, rientreranno nelle spese ordinarie del comune.

A completamento di quanto sopra si specifica che l'esercizio lungo la tratta nel territorio italiano è avvenuto in base al decreto ministeriale n. 664 del 20 maggio 1987, la cui vigenza è scaduta in data 31 dicembre 2020.

Al comma 9 si provvede ad introdurre una modifica all'articolo 51, comma 6, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, in materia di trasporto pubblico locale. Il citato articolo 51, in considerazione del perdurare dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, ha incrementato la dotazione del fondo di cui all'articolo 1, comma 816, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, di ulteriori 450 milioni di euro per l'anno 2021 al fine di finanziare i servizi aggiuntivi programmati per il trasporto pubblico locale per far fronte agli effetti derivanti dalle limitazioni poste al coefficiente di riempimento dei mezzi di trasporto, anche in coerenza con gli esiti dei tavoli prefettizi di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35.

Con la disposizione in esame si novella il comma 6 dell'articolo 51 del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, al fine di prevedere che eventuali risorse residue dallo stanziamento di cui al comma 1 del medesimo articolo 51 siano destinate, oltre che per le finalità previste dall'articolo 200, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, anche al potenziamento delle attività di controllo finalizzate ad assicurare che l'utilizzo dei mezzi di trasporto pubblico locale avvenga in conformità alle misure di contenimento e di contrasto dei rischi sanitari derivanti dalla diffusione del COVID-19.

Al riguardo si evidenzia che l'articolo 200, comma 1, del citato decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, ha istituito, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un fondo con una dotazione iniziale di 500 milioni di euro per l'anno 2020, destinato a compensare la riduzione dei ricavi tariffari relativi ai passeggeri nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 31 gennaio 2021 rispetto alla media dei ricavi tariffari relativa ai passeggeri registrata nel medesimo periodo del precedente biennio. Tali risorse sono finalizzate a sostenere il settore del trasporto pubblico locale e regionale di passeggeri sottoposto a obbligo di servizio pubblico a seguito degli effetti negativi derivanti dall'emergenza epidemiologica da COVID-19.

Articolo 4 – Disposizioni urgenti in materia di investimenti e di sicurezza nel settore del trasporto marittimo.

Il comma 1 modifica alcune disposizioni del decreto legislativo 24 marzo 2011, n. 53, recante «Attuazione della direttiva 2009/16/CE recante le norme internazionali per la sicurezza delle navi, la prevenzione dell'inquinamento e le condizioni di vita e di lavoro a bordo per le navi che approdano nei porti comunitari e che navigano nelle acque sotto la giurisdizione degli Stati membri» al fine di:

  1.  aggiornare talune disposizioni, armonizzando il contenuto del decreto legislativo alla recepita direttiva 2009/16/CE;
  2.  aggiornare le previsioni concernenti la formazione del personale ispettivo del Corpo delle Capitanerie di porto, i cui requisiti sono indicati, per quanto di interesse ai fini della presente relazione, alla lettera d), punto 2, dell'allegato I annesso al citato decreto legislativo n. 53 del 2011, concernente «criteri minimi per i requisiti professionali degli ispettori» (come citati nell'articolo 5, commi 1 e 7, del decreto legislativo medesimo).

In merito, si evidenzia che l'attuazione pratica di alcune disposizioni del decreto legislativo n. 53 del 2011, nella quotidiana attività svolta dagli ispettori specializzati del Corpo delle Capitanerie di porto, ha fatto emergere alcuni elementi di criticità dovuti, sostanzialmente, a rilevati disallineamenti tra i contenuti del decreto legislativo e quelli della direttiva 2009/16/CE in materia di «controllo dello Stato di approdo». Da tali rilevate criticità è derivata la necessità di prevedere le modifiche di seguito descritte.

La lettera a) apporta modifiche all'articolo 14 del decreto legislativo n. 53 del 2011, che traspone nell'ordinamento l'articolo 23 della direttiva 2009/16/CE, concernente le segnalazioni di apparenti anomalie a bordo delle navi. La norma nazionale prevede, attualmente, che dette segnalazioni possono essere effettuate dai «piloti del porto» che, sicuramente, costituiscono la prima interfaccia con il porto di approdo della nave e sono quindi in grado, anche sulla scorta delle competenze tecniche, di segnalare all'autorità competente locale qualsiasi anomalia rilevata durante le operazioni di pilotaggio. Tuttavia, la norma europea non limita la possibilità di segnalazione di apparenti anomalie esclusivamente ai «piloti del porto», ma fa riferimento alle cosidette «port authorities or bodies», ossia alle autorità o enti portuali di cui i piloti sono solo una delle componenti. Si ritiene necessario, pertanto, integrare il comma 1 dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 53 del 2011 con riferimento anche agli altri soggetti che, come i piloti, possono interagire con la nave, quali i comandanti dei rimorchiatori, gli ormeggiatori, i battellieri e le autorità sanitarie. Conseguentemente, si rende necessario allineare la rubrica dell'articolo e il comma 4, dove si espunge il riferimento ai soli piloti.

La lettera b) apporta modifiche all'articolo 16 del decreto legislativo n. 53 del 2011, che traspone nell'ordinamento l'articolo 19, paragrafo 5, della direttiva 2009/16/CE, relativo alla sospensione delle ispezioni, in casi eccezionali, quando la nave è evidentemente «sub-standard» rispetto ai requisiti internazionali ad essa applicabili. La norma europea specifica che l'ispezione della nave può essere ripresa solo quando le cosiddette «responsible parties» hanno assicurato che la stessa è conforme ai requisiti internazionali applicabili. La responsabilità di garantire tale conformità ricade sotto lo «Stato di bandiera» o la «organizzazione riconosciuta» cui sono state delegate le funzioni certificative della nave. Tuttavia, tale disposizione europea è stata trasposta nell'articolo 16, comma 4, del decreto legislativo di recepimento, individuando quale «responsible parties» la «compagnia» che gestisce la nave, indicando pertanto un soggetto non completamente coerente con le specifiche previsioni contenute nella direttiva. Si rende necessario, pertanto, sostituire il riferimento alla «compagnia» con quello ai «soggetti responsabili in base all'ordinamento dello Stato di bandiera».

La lettera c) apporta modifiche all'articolo 18 del decreto legislativo n. 53 del 2011, che traspone l'articolo 15 della direttiva relativo alle «Safety and Security guidelines and procedures».

La rubrica dell’articolo 18 fa riferimento alle « Ispezioni ai sensi del Regolamento (CE) n.725/2004», provvedimento questo adottato esclusivamente al fine di regolamentare la «security» a livello unionale. Tuttavia, detta rubrica non è coerente con la rubrica dell'articolo 15 della direttiva, che fa riferimento sia alla «safety» che alla «security», termini che, seppur entrambi tradotti come «sicurezza», fanno tuttavia riferimento a due aspetti ben distinti di essa, ossia alla sicurezza della navigazione con riferimento al bene «nave» e alla sicurezza in termini di misure preventive per proteggere il trasporto marittimo e gli impianti portuali contro le minacce di azioni illecite intenzionali. Si rende pertanto necessario rendere maggiormente coerente la rubrica dell'articolo 18 alla direttiva e al contenuto dell'articolo 18 medesimo.

La lettera d) abroga i commi 1-bis e 1-ter dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 53 del 2011. Detti commi, inseriti dal decreto legislativo 22 aprile 2020, n. 37, in realtà riproducono, in maniera analoga, le disposizioni di cui al comma 2 del medesimo articolo 20. Al fine di un miglior coordinamento normativo, si ritiene pertanto necessario procedere all'abrogazione delle citate disposizioni, di fatto superflue e ripetitive.

La lettera e) apporta modifiche all'allegato I al decreto legislativo n. 53 del 2011, concernente gli ispettori. L'attuale percorso di laurea degli ufficiali dei corsi normali del Corpo delle Capitanerie di porto prevede, al termine dei cinque anni di formazione accademica, il conseguimento del diploma di laurea in «Scienza del governo e dell'amministrazione del mare». Ancorché l'attuale percorso formativo abbia contribuito a consolidare la preparazione militare e professionale degli ufficiali dei corsi normali, l'esperienza maturata con l'impiego degli ufficiali provenienti dall'attuale corso di laurea e il mutare degli scenari nazionali e internazionali in cui il Corpo opera prevalentemente per garantire l'esercizio delle funzioni dipendenti da altri Ministeri ha posto in evidenza la necessità di propendere per la formazione degli ufficiali verso un complessivo e totale accrescimento delle conoscenze giuridiche con il corso di laurea magistrale in giurisprudenza (Corso di laurea quinquennale a ciclo unico).

Quanto precede fermo restando il mantenimento, nel nuovo percorso didattico definito, delle materie tecnico-professionali e nautico-scientifiche strettamente connesse ai compiti d'istituto del Corpo (navigazione, meteorologia, architettura e impianti, elementi di chimica generale e dell'ambiente, sistemi statistici, ecc.) e a quelle militari, previste dall'articolo 132 del codice dell'ordinamento militare. In materia di formazione, in linea con le previsioni di cui al decreto legislativo n. 53 del 2011 e con la direttiva 2009/16/CE, il nuovo piano di studi del percorso di laurea magistrale in giurisprudenza approvato prevede l'incremento di ore/periodi di insegnamento dedicati alla disciplina della sicurezza della navigazione (da 48 a 59), pur mantenendo la maggiore caratterizzazione a stampo giuridico del piano studi. Per quanto precede, si rende necessario aggiornare la lettera d) del punto 1 dell'allegato I al decreto legislativo n. 53 del 2011, che prevede che gli ispettori siano in possesso del titolo di studio di laurea in scienze del governo e dell'amministrazione del mare, sostituendo detta laurea con il «diploma di laurea magistrale conseguito al termine dell'iter di formazione degli ufficiali dei corsi». Detta previsione consente di evitare, anche per il futuro, il ricorso ad una nuova modifica dell'allegato 1, qualora si dovesse rendere nuovamente necessario modificare l'iter di formazione degli ufficiali in Accademia.

Il comma 2 apporta modifiche all'allegato A della legge 28 gennaio 1994, n. 84, prevedendo l'inserimento del Porto di Arbatax e del Porto Rifugio e del Porto Isola di Gela nella circoscrizione di competenza, rispettivamente, dell'Autorità di sistema portuale del Mare di Sardegna e dell'Autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia Occidentale.

Per il porto di Arbatax, la regione Sardegna ha rappresentato l'esigenza del suo inserimento nella circoscrizione dell'Autorità di sistema portuale del Mare di Sardegna al fine di ricondurlo all'interno di un corretto quadro normativo e gestionale di riferimento rispetto alle funzioni e alle attività di fatto svolte dallo stesso porto. In particolare, la gestione delle rotte verso i porti nazionali di Genova e Civitavecchia (esercitate tutto l'anno) necessita di una stretta azione di coordinamento ed integrazione con gli altri scali della Sardegna dai quali partono gli altri collegamenti (Cagliari, Olbia, Golfo Aranci e Porto Torres), al fine di integrare fra loro i servizi con lo scopo, per un verso, di migliorare l'offerta marittima e, per l'altro, di limitare la percorrenza dei veicoli (soprattutto quelli pesanti) su strada a favore dell'uso del vettore marittimo. Infatti, la Sardegna non può prescindere da una governance condivisa e unitaria dei propri scali portuali, al fine di ottimizzarne funzioni ed integrarne servizi ed attività. La condizione di insularità della regione impone l'adozione di un modello di pianificazione, programmazione, attuazione e gestione unitario e sinergico, che coinvolga tutti gli scali regionali che, a vari livelli, ne consentano il collegamento con la parte continentale dell'Italia e con il resto del mondo. Fra tutti i porti sardi che svolgono queste funzioni di collegamento, Arbatax è l'unico rimasto fuori da tale governo unitario, garantito invece, per i rimanenti porti dall'Autorità di sistema portuale del Mare di Sardegna. L'attuale stato giuridico del porto di Arbatax, escluso dalla governance della suddetta Autorità di sistema portuale, genera inoltre difficoltà procedurali per l'inserimento del porto nel sistema di depositi costieri di GNL (Gas naturale liquefatto), previsto dal progetto di metanizzazione della Sardegna secondo la «Strategia Energetica Nazionale», approvata con decreto dei Ministri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 10 novembre 2017. Sempre per l'assenza dalla governance dell'Autorità di sistema portuale, non è attualmente possibile garantire in maniera efficiente ed efficace i servizi portuali necessari, e talvolta obbligatori, a favore delle navi in porto e degli stessi impianti portuali. Tra questi, per esempio, occorre rappresentare l'anomala situazione relativa ai servizi di security obbligatori ai sensi del codice internazionale per la sicurezza delle navi e degli impianti portuali (ISPS CODE). Dall'entrata in vigore dell'obbligatorietà di tali servizi per le navi passeggeri operanti sui collegamenti nazionali (luglio 2005), in assenza di una governance che possa imporre tariffe portuali specifiche rivolte all'utenza (come avviene in tutti gli altri porti), la regione Sardegna è dovuta intervenire annualmente con proprie risorse a copertura dei costi sostenuti dagli operatori portuali che assicurano detti servizi obbligatori, mentre quest'ultimi dovrebbero essere pagati dall'utenza. L'intervento regionale, giustificato dalla necessità di supplire all'assenza di un ente portuale di governo, ha sinora assicurato l'operatività di tali servizi a garanzia della sicurezza dei passeggeri e della salvaguardia degli stessi collegamenti di linea esistenti. La norma, prevedendo l'inclusione del Porto di Arbatax nella circoscrizione di competenza dell'Autorità di sistema portuale del Mare di Sardegna è finalizzata al superamento delle descritte criticità correlate all'impossibilità di attuare una programmazione sistemica delle infrastrutture portuali distribuite lungo l'intera costa della regione Sardegna. Si valuta, inoltre, che tale inserimento possa comportare la crescita dell'intero tessuto economico-industriale che gravita intorno all'attività del porto, compresa l'attrazione di nuove realtà produttive o la riconversione di quelle ormai in crisi. Il porto di Arbatax è, infatti, un porto artificiale che dista circa 73 miglia marine dal porto di Olbia e circa 80 da quello di Cagliari, localizzato in posizione strategica nella costa orientale che si affaccia sul mar Tirreno. In definitiva, l'inserimento del porto di Arbatax all'interno del sistema portuale del Mare di Sardegna consentirebbe l'ottimizzazione della governance portuale e la determinazione di una forte sinergia tra i vari porti gestiti dall'Autorità di sistema a beneficio dei traffici. Tra gli obiettivi di breve periodo vi è anche l'eliminazione dell'apparato amministrativo di supporto al porto di Arbatax, con attribuzione delle competenze alla già esistente, e strutturata, Autorità di sistema portuale.

Relativamente ai porti Rifugio e Isola di Gela, la disposizione in esame ne prevede l'inserimento nella circoscrizione di competenza dell'Autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia Occidentale al fine di ricondurli all'interno di un corretto quadro normativo e gestionale di riferimento in coerenza alle funzioni e alle attività già da essi concretamente esercitate. In virtù di tale inserimento, Gela potrebbe configurarsi quale la prima piattaforma multipurpose che s'incontra dopo il canale di Suez, non solo destinata al traffico di transhipment, ma anche al rifornimento di LNG (liquefied natural gas), considerata la presenza importantissima al suo interno di un polo dell'ENI al servizio del mercato dello shipping internazionale. Inoltre, grazie alle ZES (zone economiche speciali) ed alla connessa politica fiscale, nei pressi del polo di Gela si creerà un'area industriale fortemente interconnessa con le altre aree del Mezzogiorno. Tutte le predette finalità verrebbero realizzate in modo più efficace ed efficiente, attraverso una governance più agile, realizzabile solo all'interno di una strategia governata da un'Autorità di sistema portuale.

Al comma 3, al fine di migliorare e rendere più sostenibile la mobilità di passeggeri e merci tra le aree metropolitane di Reggio Calabria e Messina, nonché la continuità territoriale da e per la Sicilia si assegnano all'Autorità di sistema portuale dello Stretto 2 milioni di euro per il 2021, 30 milioni di euro per il 2022 e 5 milioni di euro per il 2023 al fine di realizzare gli interventi infrastrutturali necessari per aumentare la capacità di accosto per le unità adibite al traghettamento nello Stretto di Messina, nonché i servizi ai pendolari. Alla copertura degli oneri per tali interventi si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di parte capitale di cui all'articolo 34-ter, comma 5, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, relativo ai residui annuali passivi, iscritto nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. I relativi interventi sono monitorati dalla predetta Autorità portuale ai sensi del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, classificando gli interventi sotto la voce «Interventi portuali infrastrutturali DL MIMS 2021».

Al fine di descrivere l'ambito di operatività della disposizione di cui al comma 3, si rappresenta che tra i Porti di Messina, Villa San Giovanni e Reggio Calabria transitano ogni anno, prendendo come riferimento il dato 2019 pre-emergenza COVID-19, circa 10.000.000 passeggeri, circa 1.800.000 autovetture e 400.000 mezzi pesanti; circa 1.500.000 passeggeri e 700.000 tra mezzi pesanti ed autovetture, transitano invece sulle tratte Tremestieri-Villa San Giovanni/Reggio Calabria.
Per questi trasferimenti vengono effettuate circa 110.000 corse annue con una media giornaliera di una nave in partenza ogni 5 minuti. Mediamente, quindi, nello Stretto di Messina, al netto del traffico merci, giornalmente transitano non meno di 20.000 passeggeri di cui almeno un quarto pendolari che si spostano per esigenze lavorative tra le città di Messina e Reggio Calabria. Nei periodi estivi, in corrispondenza ai massicci spostamenti turistici verso la Sicilia, i flussi di passeggeri e mezzi possono anche raddoppiare.

I collegamenti nello Stretto di Messina sono assicurati con traghetti messi a disposizione da vettori privati in regime di libero mercato (Caronte&Tourist, Bluferries e Meridiano Lines) e da RFI, con proprie navi ferroviarie e con mezzi veloci tramite la controllata Blujet che opera in regime di continuità territoriale sotto il controllo del MIMS. La modalità è assimilabile a quella del trasporto pubblico locale e, cioè, liberamente e senza alcun tipo di regolamentazione, salvo il controllo del numero massimo di passeggeri imbarcati sulle navi. La situazione descritta, gestita in maniera ordinaria anche grazie ad una adeguata programmazione oraria delle corse, entra normalmente in crisi durante i picchi di traffico del periodo estivo, allorquando anche l'aumento della frequenza dei collegamenti determina a Villa San Giovanni (durante la fase di esodo da nord a sud) e a Messina (durante il controesodo di rientro) importanti intasamenti sulla viabilità di accesso ai porti con attese che possono raggiungere anche 3 o 4 ore. L'appartenenza dei porti a due regioni differenti e la frammentazione amministrativa – con i porti di Messina e Milazzo amministrati in passato dalla Autorità Portuale di Messina, quello di Villa San Giovanni appartenente alla circoscrizione dell'Autorità Portuale di Gioia Tauro e quello di Reggio Calabria sotto il controllo dell'Autorità Marittima – non hanno certo facilitato una programmazione condivisa, ragion par cui gli interventi infrastrutturali nel tempo realizzati sono rimasti avulsi da un progetto unitario di sviluppo. Di ciò ne hanno risentito maggiormente i passeggeri ed il sistema dell'autotrasporto, soprattutto nel porto di Villa San Giovanni, che è collegato alla rete autostradale in assenza, però, di un raccordo di ultimo miglio dedicato. Ne consegue che la fase di bigliettazione e quella di preimbarco dei mezzi (autovetture e mezzi pesanti) si svolgono in aree interessate anche dal traffico urbano, con conseguente grande disagio, soprattutto nei momenti di intenso traffico, per la cittadinanza villese.

In relazione, poi, al posizionamento dei porti all'interno del sistema della portualità nazionale, si rileva come l'assenza di dedicate infrastrutture, sia portuali che retroportuali, abbia impedito di cogliere appieno le opportunità nate negli ultimi anni con lo sviluppo delle autostrade del mare che avrebbe potuto determinare l'individuazione nei porti dell'attuale sistema portuale dello Stretto di ambiti assolutamente privilegiati rispetto ad altri porti siciliani, viste le minori distanze delle rotte marittime con i porti del centro e nord Italia e i collegamenti autostradali interni sulle direttrici Messina-Catania e Messina-Palermo. A queste ricorrenti criticità si sono aggiunte, da ultimo, quelle correlate all'emergenza da COVID-19 che hanno evidenziato le fragilità del sistema e messo ulteriormente in evidenza le carenze infrastrutturali e di servizi. Il sistema deve, quindi, essere improntato ad una maggiore sostenibilità sociale dei servizi di trasporto offerti a favore della mobilità dei cittadini di Reggio Calabria e di Messina, tenuto anche conto che l'assenza di strumenti di tutela per queste tipologie di spostamenti ed i relativi costi elevati costituiscono un forte disincentivo alla integrazione territoriale e sociale delle due sponde dello Stretto ed un grosso freno allo sviluppo di iniziative di carattere imprenditoriale nel settore del turismo e dei servizi che ben potrebbero contribuire al rilancio di un'economia che – seppur in presenza di grandi potenzialità – risulta asfittica ed ancor più in sofferenza in tempi di emergenza sanitaria. In tale contesto, si rendono, pertanto, necessari alcuni interventi infrastrutturali atti a migliorare i collegamenti di traghettamento, ed esattamente:

  1. Creazione del terzo scivolo presso l'approdo di Messina-Tremestieri.
    A sud del porto storico di Messina, in località Tremestieri, è presente l'approdo dedicato al collegamento con il continente per il traffico pesante. L'approdo è allacciato direttamente alla rete autostradale e consente collegamenti multipli quotidiani sia con Villa San Giovanni che con Reggio Calabria. In adiacenza ad esso, è in corso di realizzazione – a cura del comune di Messina con fondi statali e della Regione siciliana – un nuovo porto la cui amministrazione farà capo alla Autorità di sistema portuale e che, una volta ultimato, metterà a disposizione un maggior numero di accosti. Ciò, però, potrebbe non essere risolutivo in termini di miglioramento del servizio, considerato che, contestualmente, è prevista l'eliminazione dei collegamenti tra Villa San Giovanni e il porto di Messina, attualmente effettuati nel porto storico ed in località Rada San Francesco per il traghettamento di passeggeri ed auto. L'attuale fragilità del sistema degli approdi a Tremestieri, spesso inutilizzabili a causa dello spostamento di ingenti quantità di sedimenti trasportati dalle mareggiate, si riflette gravemente sui traffici delle merci e comporta l'attivazione di sistemi alternativi e/o integrativi nel Porto storico e nella Rada San Francesco, con significativi impatti negativi sulla viabilità del centro città di Messina che fanno insorgere reiterate proteste da parte dell'amministrazione comunale e dei cittadini. Infatti, quando si verifica il parziale insabbiamento dell'approdo occorre mettere fuori servizio uno dei due scivoli operativi (quello lato mare), con riduzione del numero delle corse delle navi e lunghe attese per gli autotrasportatori, soprattutto nel caso in cui il comune non conceda la deroga al divieto di transito in città per l'utilizzo degli ormeggi dei predetti Porto storico e Rada San Francesco. Alla luce delle suddette considerazioni, al fine di garantire il massimo livello di esercizio dell'approdo di Tremestieri, si rende necessario procedere alla realizzazione di un ulteriore accosto, lato monte, che potrebbe aumentare la disponibilità ordinaria di attracco per i traghetti. Il nuovo accosto consentirebbe, altresì, di mantenere il livello di operatività dell'infrastruttura portuale nell'evenienza in cui uno degli attuali scivoli dovesse risultare impegnato per interventi di ripristino dei fondali soggetti a mutamenti batimetrici a causa dell'apporto di sabbia da moto ondoso. L'allestimento di un nuovo scivolo, servito da apposite briccole di accosto, non comporterebbe particolare difficoltà di realizzazione e rappresenta la soluzione più efficace e veloce per garantire la continuità dell'esercizio del porto di Tremestieri, con almeno due scivoli sempre disponibili. Esso consentirebbe, inoltre, di ottenere i seguenti benefìci:
    1. aumento dell'offerta di accosti, in presenza contemporanea di tre navi, considerato che ogni scivolo permette almeno 30-35 accosti giornalieri;
    2. disponibilità di un accosto alternativo nel caso in cui uno dei due attuali scivoli dovesse essere indisponibile per operazioni di manutenzione dei fondali o per interventi strutturali;
    3. disponibilità di un accosto alternativo in caso di potenziali incidenti che dovessero pregiudicare l'utilizzo degli altri scivoli presenti.
  2. Riorganizzazione degli ormeggi traghetti e mezzi veloci nel bacino interno del porto di Messina.
    Relativamente al potenziamento del porto di Messina si rende, altresì, necessario migliorare la logistica delle banchine Peloro e Rizzo del porto storico al fine anche di incrementare i servizi offerti ai pendolari dello Stretto. In tale ottica, l'Autorità di sistema portuale ha programmato la riqualificazione degli spazi portuali per spostare tutti gli ormeggi dei mezzi veloci a ridosso della Stazione Ferrovia FS, così da attivare un'unica stazione marittima passeggeri integrata con la Stazione FS e realizzare una vera interoperabilità passeggeri tra rete ferroviaria e collegamenti marittimi. In questo modo, saranno anche posti in essere dei percorsi pedonali protetti dalla Stazione marittima alle banchine, eliminando i disagi attualmente sofferti dai passeggeri durante le attese per l'imbarco. Per i mezzi veloci, asserviti soprattutto al traffico dei pendolari dello Stretto e dei passeggeri che devono raggiungere la Stazione FS di Villa San Giovanni per i collegamenti ferroviari con il centro e nord Italia, sarà poi necessario realizzare, presso la banchina Rizzo (una volta delocalizzato l'attuale terminal galleggiante), due pennelli di accosto e procedere all'adeguamento del lay-out dell'invasatura RFI utilizzata attualmente dalle navi traghetto. Per il completamento delle dotazioni infrastrutturali adibite ai servizi offerti ai pendolari, è stata inoltre prevista la ristrutturazione della storica stazione marittima di interscambio treno-mezzo veloce realizzata negli anni '40 su progetto costituente esempio di architettura razionalista. Infine, si prevede presso la banchina Peloro la rifunzionalizzazione degli ormeggi dedicati al servizio di traghettamento (in caso di necessità per inoperatività dell'approdo di Tremestieri e per il potenziamento dei servizi di collegamento estivi per auto, passeggeri e mezzi leggeri). Potranno essere agevolmente resi disponibili tre accosti per l'ormeggio «in andana» di cui due serviti da un galleggiante di servizio per l'ormeggio in sicurezza durante le fasi di non operatività (ormeggi S1 ed S2). Nei pressi dei predetti nuovi accosti saranno realizzati dei manufatti di modeste dimensioni per il servizio biglietteria e verranno sistemati i piazzali delle banchine Peloro e Marconi per creare adeguate aree di preimbarco oltre che un'adeguata viabilità di uscita dal porto.
  3. Realizzazione di nuovi ormeggi per navi traghetto e mezzi veloci e della Stazione marittima passeggeri nel porto di Villa San Giovanni.

Per quanto concernente il potenziamento delle infrastrutture portuali sul versante calabrese, viene interessato il porto di Villa San Giovanni, ubicato in adiacenza alla omonima stazione ferroviaria ed oggi pressoché interamente dedicato al traghettamento da e per la Sicilia di treni e mezzi gommati pesanti e leggeri. Le attuali dotazioni del porto sono costituite da tre invasature a sud, riservate al traghettamento di passeggeri, automezzi e convogli ferroviari da/e per la Sicilia, oltre che da uno scivolo destinato all'attracco di navi Ro-Ro, in aree RFI, mentre a nord sono situati gli approdi destinati al trasporto dei mezzi gommati e dei passeggeri tra le sponde della Calabria e della Sicilia gestiti da società privata in regime di concessione (quattro scivoli per navi Ro-Ro). Stante la ristrettezza della dotazione infrastrutturale sopra citata, l'Autorità di sistema portuale dello Stretto ha programmato la realizzazione di nuove banchine nell'attuale porto di Villa San Giovanni ai fini del miglioramento e del potenziamento dei servizi offerti all'utenza. Nello specifico, si prevede la costruzione di nuovi scivoli Ro-Ro, ricavati ampliando l'attuale banchinamento del porto di Villa San Giovanni, ai fini dell'ormeggio in contemporanea di due navi traghetto e di quattro mezzi veloci, con riduzione degli attuali tempi d'attesa. Presso i nuovi banchinamenti è, inoltre, prevista la realizzazione di una stazione marittima in adiacenza agli attracchi che consentirà una migliore gestione dei flussi passeggeri dei pendolari dello Stretto e favorirà un agevole collegamento diretto con la stazione ferroviaria.

Il comma 4 modifica l'articolo 89 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126. Al riguardo, si premette che tale norma ha istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un fondo con una dotazione iniziale di 50 milioni di euro per l'anno 2020 e di 20 milioni di euro per l'anno 2021, destinato a compensare la riduzione dei ricavi tariffari relativi ai passeggeri trasportati nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 31 dicembre 2020 rispetto alla media dei ricavi registrata nel medesimo periodo del precedente biennio, a favore delle imprese armatoriali che operano con navi di bandiera italiana, iscritte nei registri alla data del 31 gennaio 2020, impiegate nei trasporti di passeggeri e combinati di passeggeri e merci via mare, anche in via non esclusiva, per l'intero anno. Il limite posto nella stessa norma di ammettere al godimento del beneficio le sole navi battenti bandiera italiana, non includendo quelle iscritte nei registri degli Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo ovvero battenti bandiera di altri Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, rischierebbe di essere in contrasto con le norme europee in tema di aiuti di Stato e di regolazione del mercato interno, con conseguente possibile non approvazione della misura in sede di notifica alla Commissione europea che potrebbe giudicare la suddetta previsione normativa una restrizione (cd. hard-core) fondata sulla nazionalità della nave (cfr. artt. 45, 49 e 63 del TFUE).

Il comma 5 apporta modifiche all'articolo 199 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, prevedendo alla lettera a), che le Autorità di sistema portuale e l'Autorità portuale di Gioia Tauro, compatibilmente con le proprie disponibilità di bilancio, possano continuare a disporre la riduzione dell'importo dei canoni concessori di cui agli articoli 36 del codice della navigazione, e 16, 17 e 18 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e di quelli relativi alle concessioni per la gestione di stazioni marittime e servizi di supporto a passeggeri, dovuti in relazione agli anni 2020 e 2021, utilizzando a tal fine anche il proprio avanzo di amministrazione limitatamente all'anno 2020. Detta misura, già prevista per l'anno 2020, viene pertanto estesa anche al 2021, proprio in considerazione della mancata cessazione dell'emergenza epidemiologica in atto. Analogamente e per le medesime motivazioni, si prevede, altresì, che la riduzione dei canoni sopra richiamata possa essere riconosciuta per i canoni dovuti fino alla data del 31 luglio 2021, in favore dei concessionari che dimostrino di aver subito nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 e il 31 luglio 2021, una diminuzione del fatturato pari o superiore al 20 per cento del fatturato registrato nel medesimo periodo dell'anno 2019. Si estende, pertanto, sino al 31 luglio 2021 la misura sinora vigente per i canoni dovuti sino al 31 dicembre 2020.

Con le lettere b) e c) si modificano, rispettivamente, i commi 10-bis e 10-quinquies dell'articolo 199, ridefinendo in senso riduttivo la tipologia di introiti da prendere in considerazione ai fini della determinazione dei contributi riconoscibili in favore delle Autorità di sistema portuale (lettera b)) e, al contempo, escludendo la preventiva autorizzazione da parte della Commissione europea ai fini dell'erogazione degli stessi, dal momento che, come chiarito dalla comunicazione della Commissione sulla nozione di aiuto di Stato di cui all'articolo 107, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (2016/C 262/01), il finanziamento delle infrastrutture non intese ad essere sfruttate a fini commerciali – ossia, infrastrutture non economiche, quali, ad esempio quelle utilizzate per le attività dello Stato nell'esercizio dei suoi pubblici poteri (impianti militari, controllo del traffico aereo, polizia, dogane, eccetera), o che non sono utilizzate per offrire beni o servizi su un determinato mercato (ad esempio, le strade pubbliche) – è, in linea di principio, escluso dall'applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato.

Con la lettera d) si prevede che le eventuali risorse residue di cui alla lettera a) del comma 7 dell'articolo 199 del richiamato decreto-legge n. 34 del 2020, non assegnate con il decreto di cui al comma 8, siano destinate alle imprese titolari di concessioni demaniali di cui all'articolo 36 del codice della navigazione, alle imprese di cui agli articoli 16 e 18 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, nonché alle imprese concessionarie per la gestione di stazioni marittime e servizi di supporto a passeggeri, a titolo di indennizzo per le ridotte prestazioni rese da dette società conseguenti alla riduzione dei volumi di traffico dal 1° gennaio 2021 al 31 luglio 2021, rispetto ai corrispondenti mesi dell'anno 2019, secondo criteri e le modalità da stabilire con decreto del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.

Il comma 6 modifica l'articolo 103-bis del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, prorogando fino al 31 dicembre 2021 le procedure semplificate di stipula dei contratti di arruolamento dei membri dell'equipaggio o del personale dei servizi ausiliari di bordo (ad opera del comandante della nave ovvero dall'armatore o da un suo procuratore nelle forme di cui all'articolo 329 del codice della navigazione, fermo restando l'obbligo di procedere alle annotazioni ed alle convalide previste dall'articolo 357, comma 3, del regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, n. 328), in deroga all'articolo 328 del codice della navigazione.

Articolo 5 – Disposizioni urgenti per la funzionalità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e del Consiglio superiore dei lavori pubblici e in materia di incentivi per funzioni tecniche.

Al comma 1, al fine di garantire la realizzazione degli interventi di titolarità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, finanziati in tutto o in parte con le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza ovvero del Piano nazionale per gli investimenti complementari, in coerenza con i relativi cronoprogrammi, per la quale si rende necessario promuovere e incrementare le attività di studio, di ricerca e di sviluppo nel settore della sostenibilità delle infrastrutture e della mobilità, dell'innovazione tecnologica, organizzativa e dei materiali, assicurando, al contempo, nuove forme di intermodalità e di servizi di rete anche attraverso lo svolgimento di specifiche attività di natura formativa, si prevede l'istituzione presso il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili di una struttura di missione, denominata Centro per l'innovazione e la sostenibilità in materia di infrastrutture e mobilità (CISMI).

Il CISMI non costituisce struttura dirigenziale e opera alle dirette dipendenze del Ministro ed alla stessa è assegnato un contingente complessivo di venti unità di personale, da individuarsi, nella misura di cinque ricercatori, di cinque tecnologi, di quattro primi ricercatori, di quattro primi tecnologi, di un dirigente tecnologo e di un dirigente di ricerca, tra il personale degli enti pubblici di ricerca collocato in posizione di fuori ruolo, con mantenimento del trattamento economico in godimento presso l'amministrazione di appartenenza che è posto integralmente a carico del medesimo Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. Al coordinamento del CISMI è preposto un dirigente di ricerca, individuato secondo le modalità disciplinate dal medesimo comma 1. In aggiunta a detto personale, il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili può avvalersi altresì di un numero massimo di quattro esperti o consulenti incaricati ai sensi dell'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel limite di spesa di 47.000 euro per l'anno 2021 e di euro 140.000 a decorrere dall'anno 2022.

Al comma 2, si prevede che, nello svolgimento della propria attività, il CISMI possa stipulare, per conto del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, apposite convenzioni con enti ed istituti di ricerca specializzati, pubblici e privati, e curi i rapporti con organismi internazionali europei e nazionali nelle materie di competenza del medesimo Ministero.

Al comma 3 si provvede a quantificare gli oneri e a individuare la relativa copertura economica delle disposizioni di cui al comma 1.

Il comma 4 modifica l'articolo 45 del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, introducendo disposizioni finalizzate a prevedere:

  1. integrazione del Comitato speciale istituito dall'articolo 45, comma 1, del citato decreto-legge n. 77 del 2021 presso il Consiglio superiore dei lavori pubblici con un rappresentante del Ministero della difesa, in coerenza con le previsioni del comma 1-bis dell'articolo 52 del medesimo decreto-legge che ha previsto, in caso di comprovate necessità correlate alla funzionalità delle Forze armate, anche connesse all'emergenza sanitaria, l'applicazione delle misure di semplificazione procedurale di cui all'articolo 44 dello stesso decreto-legge, anche per le opere destinate alla difesa nazionale, di cui all'articolo 233, comma 1, lettere a), i), m), o), e r), del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, individuate, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa, sentito il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili;
  2. per la partecipazione alle attività del Comitato, il riconoscimento del rimborso delle spese nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente e di quanto previsto per i componenti e gli esperti del Consiglio superiore dei lavori pubblici.

Il comma 5 reca la copertura finanziaria dei maggiori oneri derivanti dall'inserimento, ad opera del comma 4, di un ulteriore componente all'interno del Comitato speciale.

Il comma 6 modifica l'articolo 22, comma 2, terzo periodo, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, in materia di funzionamento della commissione per il dibattito pubblico, riconoscendo ai componenti della stessa il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate nei limiti previsti per il personale del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili con oneri complessivi non superiori a18.000 euro per l'anno 2021 e a 36.000 euro a decorrere dall'anno 2022.

Per il personale in servizio al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, diverso da quello appartenente al ruolo dirigenziale, i commi 7 e 8 prevedono, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, l'incremento dell'indennità di amministrazione e del fondo risorse decentrate del personale non dirigenziale di cui all'articolo 76 del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto funzioni centrali 2016-2018 e, con riferimento al personale dirigenziale, l'incremento dei fondi per la retribuzione di posizione e la retribuzione di risultato del medesimo personale.

Il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili gestisce circa il 40 per cento degli investimenti pubblici in Italia e gestisce servizi che riguardano la maggior parte della popolazione (circa 40 milioni di titolari di patente di guida, circa 50 milioni di veicoli circolanti). A fronte di ciò si riscontra, anche in ragione della mancanza di personale, una sempre crescente difficoltà di soddisfare la domanda dell'utenza, sia in relazione alle competenze del settore delle infrastrutture che per quelle del settore dei trasporti e della motorizzazione.

In considerazione delle specifiche professionalità, anche di natura tecnica, del personale del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, e tenuto conto della necessità di remunerare adeguatamente le attività di controllo svolte da detto personale, nonché delle peculiari responsabilità facenti capo al personale appartenente ai ruoli dirigenziali, l'incremento dei fondi risulta essenziale al fine di assicurare il rafforzamento delle capacità tecniche del Dicastero al fine di evitare la mobilità delle competenze professionali più elevate verso altre Amministrazioni, determinata prevalentemente da ragioni economiche come fondatamente ipotizzabile in ragione del differente trattamento retributivo. In proposito, si precisa che i fondi relativi alla retribuzione accessoria riconosciuti dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili sono di gran lunga inferiori a quelli previsti presso tutte le altre Amministrazioni centrali. Per evidenziare e dare conto del divario esistente si riportano alcuni dati relativi ad altre Amministrazioni centrali:

relativamente al fondo risorse decentrate del personale sono riconosciuti circa 4.000 euro lordi annui pro capite ai dipendenti del Ministero dell'economia e delle finanze rispetto ai 309,15 euro lordi annui pro capite spettanti al personale del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili;

analogo divario si riscontra relativamente alla retribuzione parte variabile dei dirigenti non generali (circa euro 31.737,00 lordi annui per il personale dirigente non generale del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali rispetto a circa euro 17.220,19 lordi annui riconosciuta al corrispondente dirigente del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili);

situazione simile si registra rispetto al personale dirigenziale generale (un dirigente generale presso il Ministero della salute percepisce mediamente una retribuzione annua lorda di parte variabile di euro 76.111.39 e una retribuzione di risultato di circa euro 20.919,00, mentre presso il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili tali retribuzioni risultano pari rispettivamente a circa euro 72.000,00 e a euro 7.000,00).

All'uopo si rappresenta che già con la legge di bilancio 2019 alcuni Ministeri hanno incrementato le dotazioni dei fondi per le retribuzioni accessorie sia di posizione che di risultato.

Le disposizioni di cui ai commi 7 e 8 prevedono:

l'incremento delle risorse del fondo risorse decentrate al fine di riconoscere al personale non dirigenziale l'importo di 1.100 lordi annui pro capite in luogo degli attuali euro 309,25;
l'incremento del 20 per cento dell'indennità di amministrazione del personale non dirigenziale;
l'incremento del 20 per cento dei fondi per la retribuzione di posizione e di risultato del personale dirigenziale non generale;
l'incremento del 5 per cento dei fondi per la retribuzione di posizione e di risultato del medesimo personale dirigenziale generale.

Il comma 9 reca la copertura finanziaria degli oneri previsti dai commi da 6 a 8.

La disposizione di cui al comma 10 prevede la retroattività dei regolamenti di cui all'articolo 113, comma 3, del decreto legislativo n. 50 del 2016 (codice dei contratti pubblici), che disciplinano la ripartizione degli incentivi per le funzioni tecniche dei dipendenti delle amministrazioni aggiudicatrici, con riguardo ad un periodo temporale rispetto al quale il Consiglio di Stato ha evidenziato l'esistenza di un «vuoto normativo». Infatti, con pareri rilasciati al Ministero dei beni e delle attività culturali e al Ministero della giustizia, il menzionato Consesso ha evidenziato che i regolamenti delle amministrazioni aggiudicatrici sono stati abrogati a seguito dell'entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici del 2016 e ha rappresentato la necessità di un intervento legislativo finalizzato a regolamentare il periodo transitorio tra l'abrogazione del vecchio regolamento e l'entrata in vigore di quello previsto dall'articolo 113, comma 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. La disposizione normativa proposta, pertanto, prevede che il regolamento di cui all'articolo 113, comma 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, si applica agli appalti di lavori, servizi e forniture le cui procedure poste a base di gara sono state avviate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 50 del 2016, anche se eseguite prima dell'entrata in vigore del predetto regolamento. Si stabilisce, inoltre, che gli oneri per la ripartizione delle risorse finanziarie di cui al citato articolo 113, comma 2, fanno carico agli stanziamenti già previsti per i singoli appalti di lavori, servizi e forniture di cui al primo periodo negli stati di previsione della spesa o nei bilanci delle stazioni appaltanti.

Il comma 11 introduce disposizioni relative al funzionamento del Comitato centrale per l'Albo nazionale degli autotrasportatori di merci per conto di terzi che opera nell'ambito del Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. La disciplina relativa alla composizione, all'organizzazione e al funzionamento del citato Comitato centrale si rinviene nella legge istitutiva 6 giugno 1974, n. 298 e nel decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 284.

Il Comitato svolge rilevanti compiti in relazione al settore dell'autotrasporto e, in particolare, è tenuto a:

  1. curare la formazione, la tenuta e la pubblicazione dell'Albo;
  2. effettuare studi preordinati alla formulazione delle strategie di governo del settore dell'autotrasporto, realizzare iniziative di formazione del personale addetto ai controlli sui veicoli pesanti e partecipare al finanziamento delle connesse operazioni, attuare iniziative di assistenza e di sostegno alle imprese di autotrasporto, esprimere il proprio avviso su progetti di provvedimenti amministrativi in materia di autotrasporto, formulare indirizzi in materia di certificazione di qualità delle imprese che effettuano trasporti di merci pericolose, di derrate deperibili, di rifiuti industriali e di prodotti farmaceutici;
  3. verificare l'adeguatezza e la regolarità delle imprese iscritte all'Albo, in relazione alle modalità concrete di svolgimento dell'attività economica, e svolgere attività di controllo sulle imprese iscritte.

Sotto il profilo finanziario, al Comitato centrale sono, tra l'altro, assegnati i fondi stanziati sul capitolo 1294 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili che derivano dalle quote annualmente corrisposte dagli autotrasportatori per l'iscrizione all'Albo medesimo. Tali risorse economiche sono ordinariamente utilizzate dal Comitato per lo svolgimento delle attività istituzionali con particolare riferimento a quelle destinate alla produzione di servizi per la categoria degli autotrasportatori (interventi a favore delle imprese iscritte, informazione, comunicazione, formazione, studi, ricerche, pubblicazioni, servizi telematici, eccetera) e al funzionamento del Comitato stesso.

Nel maggio 2018, con apposito decreto ministeriale, si è provveduto alla ricostituzione per un triennio del Comitato centrale.

Attualmente, oltre ai soggetti istituzionali previsti dall'articolo 10 del citato decreto legislativo n. 284 del 2005, fanno parte del Comitato ben 13 associazioni di categoria degli autotrasportatori, ivi compresi i rappresentanti del movimento cooperativo.

È di tutta evidenza che una tale parcellizzazione della rappresentanza di categoria porta spesso ad uno stallo nelle attività del Comitato essendo necessario, per definire le azioni con la dovuta maggioranza, un defatigante lavoro di coordinamento e contemperamento delle diverse istanze provenienti dal variegato mondo associativo.

Pur preservando una ampia rappresentanza da parte sia del mondo delle imprese artigiane che delle imprese più strutturate, e quindi una articolazione della rappresentanza che garantisca la pluralità degli interessi coinvolti, la proposta normativa – tenuto conto dell'attuale stato delle associazioni di categoria esistenti ed aderenti alla Confederazione rappresentata in seno al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro – andrebbe a ridurre a 7 il numero delle associazioni di categoria presenti nel Comitato Centrale in quanto espressione di:

  1.  Movimento cooperativo;
  2.  Confartigianato;
  3.  CNA;
  4.  Casartigiani;
  5.  Confcommercio;
  6.  Confetra;
  7.  Confindustria.

Alla luce delle modifiche introdotte dalla norma in commento la composizione del Comitato prevede pertanto:

un solo rappresentante delle cooperative e, quindi, un rappresentante di LEGACOOP o di CONFCOOPERATIVE;

ove l'associazione sia rappresentata per il tramite della Confederazione, tale Confederazione deve aver fatto parte dell'Assemblea generale del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro almeno per tre mandati negli ultimi cinque e può indicare una sola associazione di categoria: da ciò consegue che delle associazioni aderenti alle varie Confederazioni resterebbe solo la più rappresentativa. Si avrebbe dunque la presenza nel Comitato delle sole associazioni FITA-CNA, SNA-CASARTIGIANI, CONFARTIGIANATO TRASPORTI, ANITA, FAI (quest'ultima sarebbe la sola aderente a CONFTRASPORTO a restare dentro mentre uscirebbero FIAP UNITAI e ASSOTIR) e FEDIT (quest'ultima sarebbe la sola aderente a CONFETRA a restare dentro mentre uscirebbero AITI e TRASPORTO UNITO).

La struttura del Comitato così delineata, senza incidere sulla reale rappresentanza della categoria, garantirà una maggiore efficacia ed efficienza dell'azione dello stesso.

L'adozione della modifica normativa si appalesa urgente essendo necessario a breve, in vista della scadenza dell'attuale mandato del Comitato centrale, avviare il procedimento per il rinnovo del Comitato stesso.

Articolo 6 – Disposizioni urgenti per la funzionalità dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali.

Il comma 1 apporta modifiche all'articolo 12 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2018, n. 130, istitutivo dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (ANSFISA).

In particolare, la lettera a) modifica la lettera a) del comma 4 del citato articolo 12, con la finalità di eliminare un adempimento della citata Agenzia che consiste nella comunicazione alla Commissione permanente per le gallerie di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 5 ottobre 2006, n. 264, circa l'attività volta alla verifica dell'attività di manutenzione svolta dai gestori, dei relativi risultati e della corretta organizzazione dei processi di manutenzione, nonché l'attività ispettiva e di verifica a campione sulle infrastrutture, obbligando i gestori, in quanto responsabili dell'utilizzo sicuro delle stesse, a mettere in atto le necessarie misure di controllo del rischio, nonché all'esecuzione dei necessari interventi di messa in sicurezza. Sempre in relazione al comma 4, si apporta una modifica di drafting alla lettera g) e si modifica la lettera l), prevedendo che le tariffe previste dall'articolo 10 del decreto legislativo n. 35 del 2011 siano destinate all'Agenzia per lo svolgimento delle attività di cui agli articoli 5 (Classificazione e gestione della sicurezza della rete stradale aperta al traffico articolo 5, direttiva 2008/96/CE) e 6 (Ispezioni di sicurezza articolo 6, direttiva 2008/96/CE) del medesimo decreto legislativo.

Si provvede, inoltre, con la lettera b) a sostituire il comma 4-quater del richiamato articolo 12 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, al fine di trasferire all'Agenzia le funzioni esercitate dagli USTIF del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.

Si provvede, inoltre, con la lettera c), a modificare il comma 5 del richiamato articolo 12 per correggere un refuso. Si modifica, con la lettera d), il comma 5-bis per eliminare la comunicazione un adempimento dell'Agenzia che consiste nella comunicazione alla Commissione permanente per le gallerie di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 5 ottobre 2006, n. 264, del programma delle attività di vigilanza diretta dell'Agenzia sulle condizioni di sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali, da espletarsi nel corso dell'anno successivo.

Si provvede, con le lettere e) e f), a modificare, rispettivamente, i commi 9 e 13 dell'articolo 12 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, con la finalità di prevedere un aumento delle dotazioni organiche complessive del personale dell'Agenzia per effetto del trasferimento all'Agenzia, a decorrere dalla data di adozione del decreto previsto, degli USTIF, con la relativa dotazione organica. Pertanto, la dotazione organica dell'Agenzia è incrementata di ulteriori 99 unità di personale passando dalle attuali 569 unità, di cui 42 di livello dirigenziale non generale e 2 uffici di livello dirigenziale generale, a 668 unità, di cui 48 di livello dirigenziale non generale e 3 uffici di livello dirigenziale generale.

Il comma 2 apporta modifiche all'articolo 12, comma 3, lettera a), del codice della strada di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, stabilendo che in materia di espletamento dei servizi di polizia stradale, la prevenzione e l'accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale e la tutela e il controllo sull'uso delle strade possono, inoltre, essere effettuati, previo superamento di un esame di qualificazione secondo quanto stabilito dal regolamento di esecuzione, anche dal personale, con compiti ispettivi o di vigilanza sulle infrastrutture stradali o autostradali, dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali.

Si evidenzia, al riguardo, che l'articolo 12 del citato decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, introduce disposizioni finalizzate a disciplinare l'espletamento dei servizi di polizia stradale, individuando puntualmente i soggetti cui spetta lo svolgimento di tali funzioni.

In particolare, oltre ai soggetti cui spetta l'espletamento dei servizi di polizia stradale, individuati dal relativo comma 1 (specialità Polizia stradale della Polizia di Stato in via principale, nonché Polizia di Stato, Arma dei carabinieri, Corpo della guardia di finanza, agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria indicati al comma 2 dell'articolo 12 e individuati ai sensi dell'articolo 57, commi 1 e 2, del codice di procedura penale), l'articolo 12 prevede, al comma 3, che le attività di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale e per la tutela e il controllo sull'uso delle strade possono essere effettuati, previo superamento di un esame di qualificazione secondo quanto stabilito dal regolamento di esecuzione del codice della strada anche dal personale:

  1. dell'Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale, dell'Amministrazione centrale e periferica del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Dipartimento per i trasporti terrestri appartenente al Ministero dei trasporti e dal personale dell'ANAS;
  2. degli uffici competenti in materia di viabilità delle regioni, delle province e dei comuni, limitatamente alle violazioni commesse sulle strade di proprietà degli enti da cui dipendono;
  3. dipendenti dello Stato, delle province e dei comuni aventi la qualifica o le funzioni di cantoniere, limitatamente alle violazioni commesse sulle strade o sui tratti di strade affidate alla loro sorveglianza;
  4. dell'ente ferrovie dello Stato e delle ferrovie e tramvie in concessione, che espletano mansioni ispettive o di vigilanza, nell'esercizio delle proprie funzioni e limitatamente alle violazioni commesse nell'ambito dei passaggi a livello dell'amministrazione di appartenenza;
  5. delle circoscrizioni aeroportuali dipendenti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nell'ambito delle aree di cui all'articolo 6, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285;
  6. dai militari del Corpo delle capitanerie di porto, dipendenti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nell'ambito delle aree di cui all'articolo 6, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

Con la disposizione in esame si prevede, pertanto, che le funzioni inerenti la prevenzione e l'accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, la tutela e il controllo sull'uso delle strade di cui all'articolo 12 del citato decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, possano essere svolte, con le medesime modalità, anche dal personale dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali.

Il comma 3 prevede che fino al 31 dicembre 2023, ai fini dell'ammissione all'esame di qualificazione per l'espletamento dei servizi di polizia stradale di cui all'articolo 12, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, non è richiesto per il personale dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali il possesso del requisito dell'anzianità di inquadramento previsto dall'articolo 23, comma 2, secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495 (inquadramento organico nei ruoli dell'amministrazione interessata da almeno tre anni).

L'articolo 23 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, in attuazione di quanto previsto dal citato articolo 12, comma 3, del codice della strada, prevede, al comma 1, che le amministrazioni cui appartiene il personale di cui all'articolo 12, comma 3, del codice, stabiliscono l'organizzazione e le procedure per lo svolgimento di corsi di preparazione e qualificazione per sostenere i prescritti esami di idoneità per l'espletamento dei servizi di polizia stradale di cui all'articolo 11, comma 1, lettere a) ed e), del codice. Il relativo comma 2 prevede che le amministrazioni citate stabiliscano i requisiti per l'espletamento dei corsi di polizia stradale, le modalità e i tempi per l'espletamento dei servizi stessi ed il contingente di personale da qualificare, richiedendo in ogni caso il possesso della patente di guida di categoria B ordinaria, l'effettivo servizio e l'inquadramento organico nei ruoli dell'amministrazione interessata da almeno tre anni.
Il comma 4 dispone che, entro novanta giorni dalla data di entrata della legge di conversione del decreto-legge, si provvede all'adeguamento dello statuto, del regolamento di amministrazione e dei regolamenti che disciplinano il funzionamento dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali secondo le modalità previste dall'articolo 12, commi da 8 a 10, del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2018, n. 130.

Al comma 5 si stabilisce che gli USTIF del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, e il relativo personale, pari a 6 unità di livello dirigenziale non generale e 92 unità di personale delle aree funzionali, di cui 48 di Area III, 38 di Area II e 6 di Area I, sono trasferiti all'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali, a decorrere dal 1° gennaio 2022. Conseguentemente, la dotazione organica del personale del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, ferme restando le 38 posizioni di livello dirigenziale generale, è rideterminata in 189 posizioni di livello dirigenziale non generale e 7.674 unità di personale delle Aree funzionali di cui 2.966 di Area III, 4.497 di Area II e 211 di Area I.
Le risorse umane trasferite includono il personale di ruolo dirigenziale e non dirigenziale, nonché il personale a tempo determinato con incarico dirigenziale ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che risulta in servizio alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge presso gli USTIF.

La disposizione prevede, altresì, che al personale non dirigenziale trasferito si applica il trattamento economico, compreso quello accessorio, previsto nell'amministrazione di destinazione e viene corrisposto un assegno ad personam riassorbibile pari all'eventuale differenza fra le voci fisse e continuative del trattamento economico dell'amministrazione di provenienza, ove superiore, e quelle riconosciute presso l'amministrazione di destinazione. Al personale dirigenziale trasferito ai sensi del presente comma continuano ad applicarsi i contratti individuali di lavoro stipulati ai sensi dell'articolo 19, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, vigenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione nelle more dell'entrata in vigore del regolamento di amministrazione di cui al comma 4. Inoltre è disposto che, fino alla data di adozione del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze con cui verranno effettuate le occorrenti variazioni di bilancio, in termini di residui, di competenza e di cassa, tra gli stati di previsione interessati, ivi comprese l'istituzione, la modifica e la soppressione di missioni e programmi, il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili provvede alla corresponsione del trattamento economico spettante al personale trasferito nella misura già corrisposta; eventuali differenze sono a carico dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali. A partire dalla medesima data, le risorse finanziarie sono allocate sul pertinente capitolo di spesa del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili per essere trasferite all'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali. Tale importo considera i costi del trattamento economico corrisposto al personale trasferito e tiene conto delle voci retributive fisse e continuative, del costo dei buoni pasto, della remunerazione del lavoro straordinario e del trattamento economico di cui al Fondo risorse decentrate.

Fino all'adeguamento del regolamento di amministrazione dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali di cui al comma 4, l'attività facente capo agli USTIF continua ad essere esercitata presso le sedi e gli uffici già individuati dal decreto ministeriale 4 agosto 2014, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 297 del 23 dicembre 2014.

Al comma 6 si prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze provvede, con proprio decreto, ad effettuare le occorrenti variazioni di bilancio, in termini di residui, di competenza e di cassa, ivi comprese l'istituzione, la modifica e la soppressione di missioni e programmi, e che a decorrere dalla data di adozione del suddetto decreto del Ministro dell'economia e delle finanze transitano all'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali i rapporti giuridici attivi e passivi relativi alle funzioni trasferite. Inoltre si stabilisce che a decorrere dalla medesima data, il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali provvedono al trasferimento delle corrispondenti risorse strumentali tramite protocolli d'intesa.

Il comma 7 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dai commi 1, lettere e) e f), e 5, pari a 1.355.309 euro annui a decorrere dal 2022, cui si provvede a valere sulle risorse disponibili nel bilancio dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali.

Il comma 8 apporta modifiche all'articolo 4 del decreto legislativo 5 ottobre 2006, n. 264, concernente la Commissione permanente per le gallerie, prevista in attuazione della direttiva 2004/54/CEE in materia di sicurezza per le gallerie della rete stradale transeuropea, allocandola presso l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali in luogo del Consiglio superiore dei lavori pubblici e stabilendo che la stessa è composta dal direttore dell'Agenzia medesima o da un suo delegato, che la presiede, da quattro esperti tecnici designati dal direttore della stessa Agenzia, da tre esperti tecnici designati dal presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Inoltre si prevede che la stessa sia nominata con provvedimento del direttore dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali anziché del presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici e, conseguentemente, in coerenza alle modifiche apportate, si prevede che la Commissione si avvale delle competenze e dell'organizzazione della medesima Agenzia in luogo del Consiglio superiore dei lavori pubblici.

Il comma 9 stabilisce che, con provvedimento adottato dal direttore dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, è rinnovata la composizione della Commissione permanente. Inoltre, al fine di disporre di un periodo transitorio, si prevede che fino alla data di adozione del predetto provvedimento continua ad operare la Commissione permanente nella composizione esistente alla data di entrata in vigore del decreto-legge.

Articolo 7 – Disposizioni urgenti in materia di trasporto aereo.

La distribuzione del traffico aereo sul sistema aeroportuale milanese è regolata dall'articolo 4 del decreto ministeriale 3 marzo 2000, n. 15, cosidetto «decreto Bersani»), come modificato dall'articolo 1 del decreto ministeriale 18 novembre 2016. In base a tale decreto l'aeroporto di Milano Linate è aperto al solo traffico intra-UE, operato da vettori comunitari con l'utilizzazione di una determinata tipologia di aeromobili con unico corridoio (cosidetto «narrow body») e con collegamenti point to point, cioè collegamenti diretti senza scalo.

L'articolo 17-quater del decreto-legge 25 marzo 2019, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla 20 maggio 2019, n. 41, ha consentito il proseguimento dei collegamenti diretti tra Milano Linate e gli aeroporti del Regno Unito non oltre diciotto mesi dalla data di recesso di tale Paese dall'Unione europea (31 gennaio 2020), collegamenti che altrimenti non sarebbero stati possibili ai sensi della vigente disciplina di ripartizione del traffico aereo su tale scalo, limitata, come detto, alle tratte intra-UE.
Nelle more della scadenza dei previsti diciotto mesi è intervenuta anche l'emergenza epidemiologica da COVID-19, ancora in atto, che ha inciso negativamente sul mercato del trasporto aereo, rendendo necessario estendere gli effetti della disposizione sino al 30 ottobre 2022.

Infatti, la crisi del trasporto aereo, dovuta all'andamento della pandemia da COVID-19, è tuttora esistente e imprevedibile nei futuri sviluppi, tanto che attualmente si registra una profonda e generalizzata incertezza che interessa sia gli operatori del settore, sia i passeggeri, con i noti effetti sull'andamento del mercato che ad oggi registra ancora un decremento, rispetto allo stesso periodo del 2019, del 50 per cento circa.

Al comma 1, si prevede quindi l'applicazione della disposizione di cui articolo 17-quater del decreto-legge n. 22 del 2019 fino al 30 ottobre 2022 al fine di garantire la stabilità al sistema aeroportuale milanese per almeno due stagioni di traffico, di cui la prima risulta già operativa, Winter 2021/2022, e la seconda, Summer 2022, è in corso di programmazione. Ciò anche al fine di agevolare la pianificazione e la conseguente assegnazione delle bande orarie.

La disposizione, al comma 2, apporta modifiche all'articolo 11-quater, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, recante la disciplina dei poteri dei Commissari straordinari in ordine al trasferimento dei complessi aziendali facenti capo ad Alitalia – Società aerea italiana S.p.A. in amministrazione straordinaria e alle altre società del medesimo gruppo anch'esse in amministrazione straordinaria. La novella di cui alla lettera a) modifica il comma 4 del predetto articolo 11-quater ed è diretta ad adeguare la procedura di cessione alle sopravvenute esigenze conseguenti al protrarsi dei termini per l'emanazione della decisione della Commissione europea, al cui contenuto già la vigente normativa impone di attenersi.

In particolare la tempistica programmata e annunciata (15 ottobre 2021), non dilazionabile in ragione della carenza di risorse finanziare da parte dell'amministrazione straordinaria, non potrebbe essere in alcun modo rispettata qualora si seguisse l'iter autorizzatorio ordinariamente previsto dal decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, peraltro non del tutto coerente con le norme speciali già introdotte dal decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, che impongono l'adeguamento alla decisione della Commissione.

La disposizione va pertanto a sostituire il comma 4 del citato articolo 11-quater, prevedendo, con finalità acceleratoria, che il programma della procedura di amministrazione straordinaria è immediatamente adeguato dai commissari straordinari alla decisione della Commissione europea e che lo stesso, in quanto predisposto e adottato dai commissari straordinari in conformità al piano industriale di cui all'articolo 79, comma 4-bis, e, alla decisione della Commissione, si intende ad ogni effetto autorizzato. La medesima finalità acceleratoria è alla base della immediata autorizzazione alla cessione diretta di compendi aziendali del ramo aviation, come individuati dall'offerta vincolante predisposta in conformità alla decisione della Commissione. Viene anche chiarito che, a seguito della decisione della Commissione, il Ministero dell'economia e delle finanze sottoscrive l'aumento di capitale della società, già previsto dalle norme vigenti, al fine di consentire la celere chiusura delle operazioni.

Le ulteriori modifiche all'articolo 11-quater del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, chiariscono che la cessione può avere ad oggetto non solo rami di azienda, ma anche singoli beni o parte di essi, per rendere le operazioni coerenti con le valutazioni della Commissione. Con la medesima novella legislativa si intende poi disciplinare la cessione del marchio «Alitalia», autorizzando la relativa cessione nei confronti di titolari di concessioni o licenze di trasporto aereo individuati tramite procedura di gara. Si è infine voluto allineare la norma interna a quella comunitaria prevedendo che, a seguito della cessione totale o parziale dei compendi aziendali del ramo aviation, gli slot aeroportuali non trasferiti all'acquirente siano restituiti al responsabile dell'assegnazione delle bande orarie sugli aeroporti individuato ai sensi del regolamento (CEE) 95/93.

La lettera b) modifica il comma 9 del suddetto articolo 11-quater che ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, un fondo con una dotazione di 100 milioni di euro per l'anno 2021, ampliando le garanzie dei titolari di titoli di viaggio e voucher o titoli analoghi emessi dall'amministrazione straordinaria in conseguenza delle misure di contenimento previste per l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e non utilizzati alla data del trasferimento dei compendi aziendali. La disposizione prevede che l'indennizzo, quantificato in misura pari all'importo del titolo di viaggio, sia erogato dall'amministrazione straordinaria, cui sono trasferite le necessarie risorse, esclusivamente nell'ipotesi in cui non sia garantito al contraente analogo servizio di trasporto conformemente alla disciplina europea, e che gli stessi devono provvedere mensilmente alla rendicontazione dell'utilizzo delle risorse trasferite.

Articolo 8 – Disposizioni in materia di incentivi all'acquisto di veicoli meno inquinanti e per i veicoli di categoria M1, M1 speciali, N1 e L.

L'articolo 8, al comma 1, interviene sulla disciplina di cui all'articolo 1, comma 1031, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), che prevede l'erogazione di contributi per l'acquisto di veicoli meno inquinanti. La novità consiste nella possibilità di erogare il contributo a chi acquista nel periodo di riferimento (dal 1° marzo 2019 al 31 dicembre 2021) mentre l'immatricolazione in Italia può avvenire anche successivamente a tale periodo. Attualmente, invece, il contributo è riconosciuto «a chi acquista e immatricola in Italia, dal 1° marzo 2019 al 31 dicembre 2021». Tale modifica si rende necessaria in considerazione degli effetti prodotti dall'emergenza epidemiologica e in particolare, di quelli legati ai ritardi nella produzione e al notevole allungamento dei tempi di consegna dei veicoli, nonché alle difficoltà di poter procedere, una volta concluso l'ordine di acquisto, alla consegna e all'immatricolazione del veicolo con le tempistiche ordinarie. Resta comunque fermo l'obbligo di concludere l'acquisto entro i limiti temporali di operatività della misura agevolativa previsti dal richiamato comma 1031 dell'articolo 1 della legge n. 145 del 2018 (31 dicembre 2021). La novella è coerente con quanto previsto dalle analoghe disposizioni in materia di ecobonus introdotte dalla legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio 2021), che collegano (cfr. comma 657) la concessione del beneficio al momento dell'acquisto del veicolo e non alla sua immatricolazione, inevitabilmente legata ai tempi di consegna del medesimo.

Inoltre, al comma 2, in considerazione della natura non sostanziale della modifica di cui al comma 1, e della necessità – viste le ridotte tempistiche residue di operatività delle misure in questione – di garantire immediata applicazione alla novella, si prevede che continuino a trovare applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni attuative di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 20 marzo 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 82 del 6 aprile 2019, con un termine ultimo, per la conclusione della procedura prevista dallo stesso decreto ministeriale di conferma della prenotazione dei contributi nell'apposita piattaforma informatica, del 31 dicembre 2021 per le prenotazioni inserite, anche se in fase di completamento, entro il 30 giugno 2021 e del 30 giugno 2022 per quelle inserite successivamente ed entro il 31 dicembre 2021. I medesimi termini si applicano, alle medesime condizioni, alle prenotazioni dei contributi relativi ai veicoli di categoria M1, M1 speciali, N1 e L.
Il comma 3 dispone che le risorse di cui all'articolo 73-quinquies, comma 2, lettera a), del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, (i.e. «euro 60 milioni ai contributi per l'acquisto, anche in locazione finanziaria, di autoveicoli le cui emissioni sono comprese nella fascia 0-60 grammi (g) di anidride carbonica (CO2) per chilometro (km)») disponibili alla data di entrata in vigore del decreto-legge, sono destinate all'erogazione dei contributi, per i medesimi veicoli, previsti dall'articolo 1, comma 1031, della legge n. 145 del 2018 («In via sperimentale, a chi acquista, anche in locazione finanziaria, e immatricola in Italia, dal 1° marzo 2019 al 31 dicembre 2021, un veicolo di categoria M1 nuovo di fabbrica, con prezzo risultante dal listino prezzi ufficiale della casa automobilistica produttrice inferiore a 50.000 euro IVA esclusa, è riconosciuto» un contributo parametrato al numero dei grammi di biossido di carbonio emessi per chilometro). Con provvedimento del Ministero dello sviluppo economico possono essere destinate, ai fini di cui sopra, le risorse del richiamato articolo 73-quinquies, comma 2, lettera a), del decreto-legge n. 73 del 2021 che si rendano disponibili successivamente alla data di entrata in vigore del provvedimento.
Al riguardo, occorre precisare che l'articolo 1, comma 652, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, ha previsto, con riferimento all'acquisto delle medesime categorie di veicoli e nel medesimo arco temporale, l'erogazione di contributi aggiuntivi (cfr. comma 659 della medesima legge) pari, sia per i veicoli con emissioni comprese tra 0-20 Co2 g/Km che per quelli con emissioni comprese tra 21-60 CO2 g/Km, a euro 2.000 o ad euro 1.000 in assenza di rottamazione.

La dotazione per l'erogazione di tali contributi aggiuntivi è stata rifinanziata, per 60 milioni di euro per l'anno 2021, dall'articolo 73-quinquies, comma 2, lettera a), del decreto-legge n. 73 del 2021.

La disposizione normativa muove dalla considerazione che, successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 73 del 2021, si sono esaurite le risorse per l'erogazione dei contributi ordinari di cui al comma 1031 dell'articolo 1 della legge n. 145 del 2018, cui i contributi di cui al richiamato comma 652 della legge n. 178 del 2020 accedono, e si rende quindi necessario riallocare le risorse non utilizzate alla data di entrata in vigore del decreto in illustrazione, pari a circa 57 milioni di euro. Coerentemente con la riallocazione disposta dalla disposizione in esame si prevede che le risorse prenotate per l'erogazione dei contributi aggiuntivi che non vengano successivamente confermate secondo il sistema attuativo previsto dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 20 marzo 2019 possano essere riallocate, con provvedimento del Ministero dello sviluppo economico, per l'erogazione dei contributi ordinari.

Articolo 9 – Disposizioni urgenti in materia di efficientamento funzionale degli edifici adibiti a uffici giudiziari.

La norma prevede l'introduzione di misure semplificative per la rapida realizzazione del «Parco della Giustizia di Bari». In particolare, al comma 1, si prevede che il Commissario straordinario del Parco della Giustizia di Bari, nominato ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, approvi il progetto di fattibilità tecnica ed economica di cui all'articolo 23, commi 5 e 6, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, convocando la conferenza di servizi istruttoria, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, alla quale partecipa, fermo restando quanto previsto dall'articolo 14-ter, comma 4, della citata legge n. 241 del 1990 circa il rappresentate unico delle amministrazioni statali, anche un rappresentante del Ministero della giustizia. Nella medesima conferenza dei servizi, il Consiglio superiore dei lavori pubblici, ai sensi dell'articolo 215 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, esprime il parere sul progetto di fattibilità tecnica ed economica trasmesso a cura del Commissario. Il parere reso dal Consiglio superiore dei lavori pubblici, in deroga a quanto previsto dall'articolo 1, comma 9, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, non riguarda anche la valutazione di congruità del costo.

Al fine di consentire la celere realizzazione degli interventi si prevede, al comma 2, che il progetto di fattibilità tecnica ed economica di cui al comma 1, predisposto in conformità a quanto previsto dall'articolo 48, comma 7, quarto periodo, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, è trasmesso, a cura del Commissario altresì, all'autorità competente ai fini dell'espressione del provvedimento di valutazione ambientale di cui alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, unitamente alla documentazione di cui agli articoli 13, comma 3, e 22, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006. Gli esiti della valutazione ambientale sono trasmessi e comunicati dall'autorità competente alle altre amministrazioni che partecipano alla conferenza di servizi di cui al comma 1. Qualora si sia svolto il dibattito pubblico è escluso il ricorso all'inchiesta pubblica di cui all'articolo 24-bis del predetto decreto legislativo n. 152 del 2006.

Il comma 3 stabilisce che la determinazione conclusiva della conferenza tiene luogo dei pareri, nulla osta e autorizzazioni necessari ai fini della localizzazione dell'opera, della conformità urbanistica e paesaggistica dell'intervento, della risoluzione delle interferenze e delle relative opere mitigatrici e compensative. La determinazione conclusiva della conferenza perfeziona, ad ogni fine urbanistico ed edilizio, l'intesa tra Stato e regione, in ordine alla localizzazione dell'opera, ha effetto di variante degli strumenti urbanistici vigenti e comprende il parere reso dal Consiglio superiore dei lavori pubblici di cui dell'articolo 215 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, i provvedimenti di valutazione ambientale e i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l'esercizio del progetto, recandone l'indicazione esplicita. La variante urbanistica, conseguente all'approvazione del progetto, comporta l'assoggettamento dell'area a vincolo preordinato all'esproprio ai sensi dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e le comunicazioni agli interessati di cui all'articolo 14, comma 5, della legge n. 241 del 1990 tengono luogo della fase partecipativa di cui all'articolo 11 del predetto decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001. Gli enti locali provvedono alle necessarie misure di salvaguardia delle aree interessate e delle relative fasce di rispetto e non possono autorizzare interventi edilizi incompatibili con la localizzazione dell'opera.

In deroga all'articolo 27 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, il comma 4 stabilisce inoltre che la verifica del progetto definitivo e del progetto esecutivo condotta ai sensi dell'articolo 26, comma 6, del predetto decreto accerta altresì l'ottemperanza alle prescrizioni impartite dal Consiglio superiore dei lavori pubblici ai sensi dell'articolo 215 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nonché di quelle impartite in sede di conferenza di servizi e di valutazione ambientale e di quelle impartite ad esito della procedura di cui all'articolo 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241. All'esito della verifica, il Commissario straordinario procede direttamente all'approvazione del progetto definitivo ovvero del progetto esecutivo.

Al comma 5, si prevede che il Commissario straordinario possa procedere all'affidamento congiunto della progettazione e dell'esecuzione dei relativi lavori anche sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica mediante acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta ovvero mediante l'acquisizione di offerte aventi a oggetto la realizzazione in maniera integrata del progetto definitivo, del progetto esecutivo e il prezzo dell'opera. In entrambi i casi, l'offerta relativa al prezzo indica distintamente il corrispettivo richiesto per la progettazione definitiva, per la progettazione esecutiva e per l'esecuzione dei lavori. È previsto, inoltre che, ove si rendano necessarie modifiche sostanziali, il Commissario possa indire una nuova conferenza di servizi ai fini dell'approvazione del progetto definitivo e alla stessa sia chiamato a partecipare anche l'affidatario dell'appalto che provvede, ove necessario, ad adeguare il progetto alle eventuali prescrizioni susseguenti ai pareri resi in sede di conferenza di servizi.
Al comma 6, sempre al fine di consentire la più rapida realizzazione dell'opera, si prevede l'estensione a tutti gli interventi riferibili al Parco della Giustizia di Bari delle previsioni recate dall'articolo 125 del codice del processo amministrativo. In base a tale norma, in caso di impugnazione degli atti connessi alle procedure di affidamento della progettazione ed esecuzione di taluni interventi, la decisione da parte del giudice sulla richiesta cautelare deve tener conto del preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell'opera ed in ipotesi di sospensione o annullamento dell'affidamento lo stesso non comporta, salvo il caso di gravi violazioni normative, la caducazione del contratto già stipulato, e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente.

Articolo 10 – Procedure di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e modalità di accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni.

Al comma 1 si prevede la sostituzione dell'articolo 1, comma 1039, della legge 30 dicembre 2020, n. 178. In base al nuovo comma, le risorse Next Generation UE (NgUE) sono attribuite alle amministrazioni od organismi titolari e/o attuatori di progetti in relazione al fabbisogno finanziario di ciascuno di essi con le procedure definite con il decreto di cui al comma 1042 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178. Al riguardo, si evidenzia che la modifica riguarda esclusivamente le modalità operative per l'erogazione delle risorse finanziarie del Fondo di bilancio «Next Generation UE», istituito dalla legge n. 178 del 2020, e non comporta alcuna modifica dei contenuti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

Il comma 2 prevede che il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze con cui sono state individuate le risorse finanziarie, come determinate nella decisione di esecuzione del Consiglio UE – ECOFIN recante «Approvazione della Valutazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dell'Italia», venga aggiornato sulla base di eventuali riprogrammazioni del PNRR adottate secondo quanto previsto dalla normativa dell'Unione, e che le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione necessarie all'attuazione del Piano siano assegnate annualmente sulla base del cronoprogramma finanziario degli interventi cui esse sono destinate.

Il comma 3 individua la base giuridica dell'attivazione, da parte delle Amministrazioni responsabili, delle procedure di attuazione dei singoli interventi previsti dal PNRR (anche ai fini dell'assunzione dei relativi impegni di spesa). Il fondamento normativo è dunque costituito dalla notifica della decisione di esecuzione del Consiglio UE – ECOFIN recante «Approvazione della Valutazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dell'Italia», e dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di cui al precedente comma 2.

Inoltre, ai sensi del comma 4, le amministrazioni responsabili dell'attuazione possono utilizzare le «opzioni di costo semplificate» previste dagli articoli 52 e seguenti del regolamento (UE) 2021/1060 ai fini della contabilizzazione e rendicontazione delle spese, salvo che sia diversamente previsto nel PNRR.

Ai sensi del comma 5, le amministrazioni responsabili, in sede di definizione dei provvedimenti recanti le procedure di attuazione degli interventi del PNRR, sono tenute a stabilire criteri di assegnazione delle risorse ulteriori rispetto agli ordinari criteri previsti dalla disciplina di settore e idonei ad assicurare il rispetto delle condizionalità, degli obiettivi iniziali, intermedi e finali e dei cronoprogrammi previsti dal PNRR, nonché i relativi obblighi di monitoraggio, rendicontazione e controllo previsti dal regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021, che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza (regolamento RRF). Il comma 6 prevede che in caso di recupero delle somme nei confronti delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali, trovano applicazione le procedure di cui al comma 7-bis dell'articolo 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, che prevedono che il recupero per gli enti locali delle regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della regione Sardegna è operato con le procedure di cui all'articolo 1, commi 128 e 129, della legge 24 dicembre 2012, n. 228. Per gli enti locali delle regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in caso di mancato versamento, le predette regioni e province autonome assoggettano i propri enti ad una riduzione in corrispondente misura dei trasferimenti correnti erogati dalle medesime regioni o province autonome che provvedono, conseguentemente, a riversare all'entrata del bilancio dello Stato le somme recuperate. In caso di mancato versamento si procede al recupero delle somme dovute a valere sulle giacenze depositate a qualsiasi titolo nei conti aperti presso la tesoreria statale.

Infine, la disposizione di cui al comma 7 intende ripristinare con urgenza le previsioni di cui all'articolo 64, comma 3-bis, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (CAD), abrogato dall'articolo 66-bis, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, inserito in sede di conversione dalla legge 29 luglio 2021, n. 108 (disposizione, quest'ultima, volta a modificare o abrogare disposizioni ritenute superate).

La norma rispristina l'obbligo per i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), del CAD di utilizzare, a decorrere dal 28 febbraio 2021, esclusivamente SPID, CIE e CNS per l'accesso dei cittadini ai propri servizi on line; l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per determinare la data a decorrere dalla quale anche i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettere b) e c), del CAD avrebbero dovuto utilizzare esclusivamente SPID, CIE e CNS per l'accesso dei cittadini ai propri servizi on line; l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per determinare la data a decorrere dalla quale – raggiunta una sufficiente diffusione del cosiddetto SPID professional di cui alle linee guida AgID pubblicate a novembre del 2019 – i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), del CAD avrebbero dovuto utilizzare esclusivamente le identità digitali per consentire tale accesso di imprese e professionisti ai propri servizi on line.

La disposizione appare strumentale a numerose progettualità del PNRR (cfr. la componente M1C1) e, in generale, è funzionale ai più importanti interventi di trasformazione digitale del Paese, da ultimo disposti e rafforzati anche dal medesimo decreto-legge n. 77 del 2021. Ciò è dimostrato, ad esempio, dalla scelta del legislatore – al medesimo decreto-legge n. 77 del 2021 – di inserire, all'articolo 18-bis, comma 5, del CAD, la violazione dell'articolo 64, comma 3-bis, del CAD, tra quelle idonee a determinare l'irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria pari nel minimo ad euro 10.000 e nel massimo ad euro 100.000. Tale articolo 18-bis è stato inserito nel CAD, dallo stesso decreto-legge n. 77 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108 del 2021, con l'obiettivo di rafforzare la disciplina sanzionatoria in caso di violazione degli obblighi di transizione digitale al fine di assicurare l'attuazione dell'Agenda digitale italiana ed europea, la digitalizzazione dei cittadini, delle pubbliche amministrazioni e delle imprese, anche in relazione agli obiettivi fissati dal PNRR, nonché garantire il coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale e la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale nelle materie di cui all'articolo 5, comma 3, lettera b-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400.

Inoltre, tale disposizione si lega a quella, già prevista dall'articolo 24, comma 4, del decreto-legge n. 76 del 2020, che fa divieto alle amministrazioni di rilasciare o utilizzare credenziali diverse da SPID, CIE o CNS per l'accesso ai servizi on line della pubblica amministrazione a partire dal 30 settembre 2021.

Articolo 11 – Rifinanziamento della componente prestiti e contributi del Fondo 394/81.

La presente disposizione normativa viene emanata per dare attuazione alla sub-misura «Rifinanziamento e ridefinizione del Fondo 394/81 gestito da SIMEST» relativa al sostegno all'internazionalizzazione in particolare delle PMI, di cui alla Missione 1, Componente 2, Investimento 5 del PNRR. Essa si conforma ai requisiti richiesti per tale sub-misura dal PNRR e dall'allegato della decisione di esecuzione del Consiglio relativa all'approvazione del PNRR dell'Italia, che richiede espressamente l'emanazione di una norma per il rifinanziamento della componente «contributi e prestiti» del Fondo 394/81, da adottare entro il 30 settembre 2021.

In particolare, per la finalità di attuazione del PNRR:

il comma 1 prevede l'istituzione di due distinte sezioni nell'ambito del Fondo rotativo gestito da Simest, la sezione Prestiti e la sezione Contributi; la sezione Prestiti per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato ai sensi dell'articolo 6 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 con una dotazione finanziaria pari a 800 milioni di euro per il 2021, e la sezione Contributi per la concessione dei cofinanziamenti a fondo perduto fino al 50 per cento dei finanziamenti a tasso agevolato concessi a valere sullo stanziamento della sezione Prestiti, con una dotazione finanziaria pari a 400 milioni di euro per il 2021;

il comma 2 dispone che le imprese richiedenti i finanziamenti agevolati possano domandare di essere esentate dalla prestazione della garanzia, in deroga alla vigente disciplina relativa al Fondo 394/81. Questa norma ha lo scopo di rendere più rapido e privo di costi l'accesso delle imprese alla misura, in linea con quanto già stabilito in precedenza dall'articolo 48, comma 2, lettera d), del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 7 (cosidetto «decreto Rilancio»). Tale norma aveva disposto – nell'ambito delle misure di sostegno alle imprese adottate per fare fronte alla situazione straordinaria connessa all'emergenza epidemiologica da COVID-19 – per le imprese richiedenti i finanziamenti agevolati a valere sul Fondo 394/81 la possibilità, a domanda, di essere esentate dalla prestazione della garanzia. La misura, inizialmente valida fino al 31 dicembre 2020, è stata successivamente estesa fino al 30 giugno 2021 dall'articolo 1, comma 1142, lettera c), della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021);

il comma 3 attribuisce al Comitato agevolazioni (di cui all'articolo 1, comma 270, della legge 27 dicembre 2017, n. 205), quale organo interministeriale competente all'amministrazione del Fondo 394/81, il compito di definire con proprie delibere i termini, le modalità e le condizioni per la realizzazione della sub-misura, in conformità ai requisiti richiesti per tale intervento dall'allegato della decisione di esecuzione del Consiglio relativa all'approvazione PNRR dell'Italia approvata dal Consiglio dell'Unione europea il 13 luglio 2021 (che richiede espressamente l'adozione di una «Politica di investimento»).

Ai sensi del citato allegato, la Politica di investimento da adottare dal Comitato agevolazioni, con proprie delibere, deve garantire la conformità dei progetti sostenuti agli obiettivi previsti dal regolamento (UE) 2021/241, anche in relazione all'applicazione del principio «non arrecare un danno significativo» («Do no significant harm» – DNSH) di cui agli orientamenti tecnici della Commissione europea (2021/C 58/01), e deve: (i) imporre l'applicazione degli orientamenti tecnici della Commissione sulla verifica della sostenibilità per il Fondo InvestEU (ove pertinente); (ii) escludere dall'ammissibilità attività e attivi connessi ai combustibili fossili, compreso l'uso a valle, attività e attivi nell'ambito del sistema di scambio di quote di emissione dell'UE (ETS) che generano emissioni di gas a effetto serra previste non inferiori ai pertinenti parametri di riferimento, attività e attivi connessi alle discariche di rifiuti, agli inceneritori e agli impianti di trattamento meccanico biologico e attività e attivi nel cui ambito lo smaltimento a lungo termine dei rifiuti potrebbe causare un danno all'ambiente; e (iii) richiedere la verifica della conformità giuridica dei progetti alla pertinente legislazione ambientale e nazionale per tutte le operazioni, comprese quelle esentate dalla verifica della sostenibilità.

Inoltre, il punto M1C2-26 dell'allegato indica che la Politica di investimento, da adottare dal Comitato agevolazioni, deve definire come minimo: a) la natura e la portata dei progetti sostenuti, che devono essere in linea con gli obiettivi del regolamento (UE) 2021/241, e specifica che il capitolato d'oneri deve includere criteri di ammissibilità per garantire la conformità agli orientamenti tecnici sull'applicazione del principio «non arrecare un danno significativo» (2021/C58/01) dei progetti sostenuti nell'ambito della misura mediante l'uso di una prova di sostenibilità; b) un elenco di esclusione e il requisito di conformità alla pertinente normativa ambientale nazionale e dell'Unione europea; c) il tipo di interventi sostenuti; d) i beneficiari interessati, con una prevalenza di PMI, e i relativi criteri di ammissibilità.

Il comma 4 autorizza il Comitato agevolazioni a disporre, con proprie delibere, eventuali trasferimenti di risorse dalla sezione relativa alla componente «contributi », alla sezione relativa alla componente «prestiti», al fine di garantire il pieno utilizzo delle risorse stanziate al comma 1. Anche questa norma è finalizzata ad assicurare l'utilizzo più rapido ed efficiente delle risorse finanziarie allocate per la sub-misura.

Il comma 5 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal comma 1, pari a 1,2 miliardi di euro per l'anno 2021, cui si provvede a valere sul Fondo di rotazione per l'attuazione del Next Generation EU-Italia.

Articolo 12 – Disposizioni urgenti in materia di progettazione territoriale e investimenti.

La disposizione, che introduce l'articolo 6-quater del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, si propone di animare e potenziare la progettualità locale, in vista dell'ingente mole di risorse finanziarie messe a disposizione grazie al PNRR, al Fondo per lo sviluppo e la coesione e ai Fondi strutturali ciclo di programmazione 2021/27, tutte finalizzate in gran parte al recupero del divario infrastrutturale e socio-economico che caratterizza i territori del Mezzogiorno e delle aree interne. In particolare, la misura prevede l'istituzione di un fondo denominato «Fondo concorsi progettazione e idee per la coesione territoriale», presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, cui accedono tutti i comuni e le unioni di comuni con popolazione complessiva inferiore a 30.000 abitanti sulla base di classi demografiche e secondo l'assegnazione di cui alla tabella A.

Nella valutazione delle proposte progettuali, gli enti beneficiari verificano che esse siano coerenti o complementari rispetto agli obiettivi posti dall'articolo 3 del regolamento (UE) 2021/241 che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza, nonché con gli obiettivi della programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2021/2027, come definiti da apposite linee guida adottate entro il 30 ottobre 2021, dall'Autorità politica delegata per il Sud e la coesione territoriale di concerto con il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.

La disposizione promuove il concorso di progettazione o di idee per realizzare due obiettivi:

sopperire, nell'immediato, al deficit di progettualità locale prevalentemente imputabile alla carenza di personale tecnico presso gli enti locali medio piccoli, fiaccati da un lungo periodo di blocco del turnover;

coinvolgere professionisti singoli e associati nell'individuazione di idee e progetti in modo da moltiplicare le energie e rendere diffuso e partecipato il processo di ripresa e resilienza, anche alla luce del principio di solidarietà orizzontale.
La disposizione prevede il finanziamento dei concorsi di progettazione e di idee, ma anche l'ausilio e l'accompagnamento da parte dell'Agenzia per la coesione territoriale, la quale offre assistenza a mezzo della redazione di bandi tipo in collaborazione con l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC).

L'efficacia e l'effetto accelerativo della misura è affidata sul piano delle opere e degli interventi a tre previsioni:

la prima richiede, in caso di concorso di progettazione avente ad oggetto opere, il livello pari al progetto di fattibilità tecnica ed economica, così consentendo ai comuni l'acquisizione in proprietà di una documentazione già sufficiente, ai sensi della novella al codice appalti, ad andare a gara;

la seconda contempla, quale regola per il caso in cui si scelga di completare il processo di progettazione ai fini della gara, l'affidamento della progettazione con procedura negoziata al progettista premiato;

la terza inserisce il progetto premiato nel circuito dei finanziamenti, con riferimento ai fondi strutturali e al Fondo per lo sviluppo e la coesione, dotandolo di una sorta di effetto di «prenotazione».

Articolo 13 – Misure di agevolazioni per i comuni.

Comma 1: la ripresa post-pandemica del nostro Paese dovrà primariamente fronteggiare le gravose ripercussioni sul mercato del lavoro, con particolare riferimento al segmento giovanile e ai lavoratori autonomi, della crisi economica generata dall'emergenza sanitaria COVID-19 e dalle misure restrittive che siamo stati costretti ad adottare.

Nell'ambito di una situazione complessiva del nostro tessuto produttivo che desta più di una preoccupazione, data la portata nazionale degli effetti della crisi epidemiologica, le aree insulari minori risultano essere tra quelle a maggior rischio di un vero e proprio collasso economico e occupazionale, per la debolezza/specificità del loro assetto imprenditoriale e per l'intensificarsi dei processi di spopolamento e decrescita demografica, riguardanti soprattutto l'universo giovanile e la fascia di età 30-50 anni.

Tali territori, che rientrano nella classificazione delle aree interne adottata dall'Agenzia per la coesione territoriale, sono accomunati dalla separatezza rispetto ai principali centri di servizi, pubblici e non, e di sviluppo economico del nostro Paese; sono inoltre tra di loro sostanzialmente omogenei, per via del comune processo di marginalizzazione socio-occupazionale a cui sono andati incontro negli ultimi anni, per effetto della decrescita demografica e del suo impatto in termini di contrazione della base imprenditoriale.

Tra i principali fattori di debolezza che contraddistinguono le aree insulari vi è l'effettiva perifericità delle stesse, determinata da un insieme di aspetti quali, a titolo di esempio, l'insufficiente infrastrutturazione e dotazione di servizi essenziali, la velocità e la frequenza dei trasporti/collegamenti, i cui costi peraltro incidono significativamente sulla competitività del sistema delle imprese. Inoltre, in tutte le isole minori le attività economiche sono concentrate soprattutto nei settori della pesca e del turismo; la ridotta diversificazione produttiva rischia di rendere ancor più vulnerabili tali aree, soprattutto in un momento di crisi economica così accentuata.

La messa a punto di interventi specifici a tutela della insularità e della sua tenuta socio-economica rappresenta, pertanto, un obiettivo strategico per un Paese come l'Italia.

Un incentivo come «Resto al Sud», che ha già dimostrato la sua efficacia a sostegno del rilancio produttivo ed occupazionale delle aree interne del Mezzogiorno d'Italia, inclusi ovviamente i territori delle isole minori meridionali, potrebbe assumere una grande importanza nel contrastare le crescenti difficoltà di accesso al mercato del lavoro e la desertificazione demografica e imprenditoriale dei comuni delle isole minori del Centro-Nord, accompagnando e sostenendo – con il mix agevolativo (50 per cento di fondo perduto e 50 per cento di finanziamenti bancari garantiti in automatico dal Fondo centrale di garanzia gestito da Mediocredito Centrale) già sperimentato con successo nel Mezzogiorno – non soltanto le libere professioni e i progetti di start up d'impresa, ma anche piani di investimento volti a consolidare, diversificare o «rigenerare» le imprese già attive.

La norma di cui al comma 2 mira a salvaguardare gli obiettivi perseguiti dall'articolo 1, comma 29, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, volti ad assegnare ai comuni, per ciascuno degli anni dal 2020 al 2024, nel limite complessivo di 500 milioni di euro annui, contributi per investimenti destinati ad opere pubbliche in materia di:

  1. efficientamento energetico, ivi compresi interventi volti all'efficientamento dell'illuminazione pubblica, al risparmio energetico degli edifici di proprietà pubblica e di edilizia residenziale pubblica, nonché all'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili;
  2. sviluppo territoriale sostenibile, ivi compresi interventi in materia di mobilità sostenibile, nonché interventi per l'adeguamento e la messa in sicurezza di scuole, edifici pubblici e patrimonio comunale e per l'abbattimento delle barriere architettoniche.
  3. Infatti, la difficoltà di reperire materiali tecnici per la realizzazione di tali lavori e l'aumento dei costi degli stessi rischia di compromettere la possibilità di accedere a tali contributi atteso che l'articolo 1, comma 32, della legge n. 160 del 2019 prevede che i lavori devono iniziare entro il termine del 15 settembre.

La norma, quindi, mira a concedere ai comuni il tempo necessario per acquisire materiali, che, attualmente, non sono reperibili sul mercato e ove reperibili hanno costi molto più elevati del valore di mercato.

Articolo 14 – Cabina di regia edilizia scolastica.

La disposizione mira ad includere nella Cabina di regia per il monitoraggio dello stato di realizzazione dei singoli progetti di costruzione, ristrutturazione e riqualificazione di edifici di proprietà dei comuni destinati ad asili nido e scuole dell'infanzia, istituita dalla legge 27 dicembre 2019, n. 160, il Ministro per il Sud e la coesione territoriale.

Articolo 15 – Disposizioni urgenti in materia di perequazione infrastrutturale.

La disposizione interviene sull'articolo 22 della legge 5 maggio 2009, n. 42, così come modificato dall'articolo 1, comma 815, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, con l'obiettivo di semplificare il procedimento di perequazione infrastrutturale tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale.

La disposizione originaria si dipanava attraverso una pluralità di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, ognuno di essi caratterizzati da un procedimento molto complesso e di difficile attuazione. La disposizione in commento reingegnerizza il complessivo procedimento, strutturandolo in tre fasi.

La prima, di carattere istruttorio, è costituita dalla ricognizione delle infrastrutture esistenti. Nel novero delle stesse sono state ricomprese le strutture sanitarie, assistenziali, scolastiche, nonché la rete stradale statale, la rete stradale autostradale, ferroviaria, portuale, aeroportuale e idriche. La ricognizione è effettuata dagli enti territoriali, nonché dagli altri soggetti pubblici e privati competenti entro e non oltre il 30 novembre 2021. La ricognizione delle infrastrutture non di competenza statale è effettuata dalle regioni e province autonome, nonché dagli enti locali e dagli altri soggetti pubblici e privati competenti entro e non oltre il 30 novembre 2021. La ricognizione effettuata, anche avvalendosi del supporto tecnico-amministrativo dell'Agenzia per la coesione territoriale, dagli enti locali e dagli altri soggetti pubblici e privati è trasmessa alle regioni e province autonome entro il 30 novembre 2021 che la trasmettono, unitamente a quella di propria competenza, nei successivi cinque giorni alla Conferenza delle regioni e delle province autonome. Questa predispone il documento di ricognizione conclusivo da comunicare, entro e non oltre il 31 dicembre 2021, al Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri.

La seconda fase, di carattere perequativo, è tesa a individuare, d'intesa con le regioni, i criteri per ridurre il divario infrastrutturale tra le diverse aree geografiche del Paese e a ripartire le risorse finanziarie annualmente disponibili (100 milioni di euro per l'anno 2022, 300 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2023 al 2027, 500 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2028 al 2033).

Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, il Ministro per il Sud e la coesione territoriale nonché i Ministri di volta in volta competenti, si stabiliranno i criteri di priorità, le azioni da perseguire per il recupero del divario risultante dalla ricognizione predetta, avendo riguardo alle carenze della dotazione infrastrutturale, anche con riferimento agli aspetti prestazionali e qualitativi, sussistenti in ciascun territorio, all'estensione delle superfici territoriali e alla specificità insulare, alle zone di montagna e aree interne, nonché ai territori del Mezzogiorno, alla densità della popolazione e delle unità produttive. I criteri di priorità per la specificità insulare devono tener conto di quanto previsto dall'articolo 1, comma 690, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, e degli esiti del tavolo tecnico-politico sui costi dell'insularità di cui al punto 10 dell'accordo in materia di finanza pubblica fra lo Stato e la regione Sardegna del 7 novembre 2019, purché sia comunque assicurato il rispetto dei termini previsti dal presente articolo. Il medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri individuerà i Ministeri competenti, titolari delle azioni, e la relativa quota di finanziamento con ripartizione annuale. Il comma 1-ter dell'articolo 22 della legge n. 42 del 2009, come sostituito dal comma 1 dell'articolo 15 del decreto-legge, istituisce il Fondo perequativo infrastrutturale con una dotazione complessiva di 4.600 milioni di euro per gli anni dal 2022 al 2033, di cui 100 milioni di euro per l'anno 2022, 300 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2023 al 2027, 500 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2028 al 2033. Si prevede inoltre che il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri per il supporto tecnico-operativo alle attività di competenza, possa stipulare a tal fine apposita convenzione. La terza e ultima fase, di carattere realizzativo, prevede che, entro trenta giorni dall'adozione del decreto di cui al comma 1-bis del citato articolo 22, le singole amministrazioni centrali, assegnatarie di quote di finanziamenti, procedano alla pianificazione, all'individuazione dei soggetti attuatori, in relazione al tipo e alla localizzazione dell'intervento, e al monitoraggio del processo. È altresì previsto che nel Piano siano stabilite le modalità di revoca e di eventuale riassegnazione delle risorse in caso di mancato avvio nei termini previsti dell'opera da finanziare. Gli interventi devono essere altresì corredati, del codice unico di progetto.

Infine, in relazione al monitoraggio della realizzazione degli interventi finanziati, si prevede che sia effettuato attraverso il sistema di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, classificando gli interventi sotto la voce «Interventi per il recupero del divario infrastrutturale legge di bilancio 2021».

Articolo 16 – Disposizioni urgenti in materia di Commissari straordinari.

Il comma 1 apporta modifiche all'articolo 1 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2018, n. 130 – recante disposizioni urgenti in relazione al crollo di un tratto del viadotto Polcevera, noto come ponte Morandi, avvenuto il 14 agosto 2018 – il quale prevede la nomina, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM), di un Commissario straordinario al fine di garantire, in via d'urgenza, le attività per la demolizione e lo smaltimento dei materiali di risulta, nonché per la progettazione, l'affidamento e la ricostruzione dell'infrastruttura e il ripristino del connesso sistema viario. La durata dell'incarico del Commissario straordinario è stata fissata in dodici mesi con possibilità di essere prorogata o rinnovata per non oltre un triennio dalla prima nomina.

Con DPCM del 4 ottobre 2018 è stato nominato il Commissario straordinario per la ricostruzione di cui al citato comma 1, con una durata di dodici mesi. Con due successivi DPCM la nomina è stata prorogata per ulteriori due anni. Pertanto, l'incarico si concluderà il 3 ottobre 2021.

Al Commissario straordinario gli articoli 6 e 9-bis (come modificato dal comma 72 dell'articolo 1 della legge n. 160 del 2019 – legge di bilancio 2020) del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, hanno inoltre affidato l'approvazione del «programma straordinario di investimenti urgenti per la ripresa e lo sviluppo del porto e delle relative infrastrutture di accessibilità e per il collegamento intermodale dell'aeroporto Cristoforo Colombo con la Città di Genova nonché per la messa in sicurezza idraulica e l'adeguamento alle norme in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro».

Il programma straordinario è composto complessivamente da 30 diversi progetti, per uno stanziamento finanziario interamente coperto di 2,3 miliardi di euro.

Conseguentemente, in aggiunta alla ricostruzione del viadotto Polcevera, il Commissario ha sviluppato sempre più la propria attività di impulso e coordinamento fra i differenti soggetti attuatori del programma straordinario (Autorità di sistema portuale, comune di Genova, aeroporto di Genova, Rete ferroviaria italiana) e di monitoraggio del relativo stato di avanzamento, anche sotto il profilo delle risorse finanziarie.

Il programma straordinario, infatti, caratterizzato da elementi di estrema complessità amministrativa oltre che realizzativa, è destinato a modificare in modo determinante la città, il suo porto e, quindi, l'assetto strategico dell'intero Paese nel settore marittimo e della logistica delle merci.

Alcuni progetti e, in particolare, quello relativo alla razionalizzazione dell'accessibilità e della messa in sicurezza idraulica dell'area portuale industriale di Genova Sestri Ponente (strategico anche per la cantieristica navale del nostro Paese), richiedono un presidio che svolga funzioni straordinarie, garantendo la massima sinergia anche procedimentale fra amministrazioni e promuovendo e facilitando le relazioni fra tutti i soggetti (istituzioni, operatori economici, cittadini).

Al fine di consentire il completamento di detti interventi, la disposizione in esame prevede la possibilità di proroga o rinnovo dell'incarico commissariale non oltre il 31 dicembre 2024.

Al comma 2 si prevede la copertura degli oneri finanziari derivanti dalla possibilità di proroga dell'incarico commissariale fino al 31 dicembre 2024. Al comma 3 si dispone l'abrogazione del comma 8 dell'articolo 10 del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, che prevede per gli interventi di ricostruzione nei comuni dell'Area etnea e della regione Molise interessati dagli eventi sismici del 2018 l'obbligo di annotare la concessione del contributo nei registri immobiliari, anche se in esenzione da qualsiasi tributo o diritto e senza alcun'altra formalità. Si tratta di procedura amministrativamente complessa, che richiede una molteplicità di adempimenti. La formulazione della disposizione che si propone di abrogare è identica a quella dell'articolo 6, comma 10-bis, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, che disciplina gli interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016, disposizione abrogata successivamente dall'articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto-legge 24 ottobre 2019, n. 123, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 dicembre 2019, n. 156. La disposizione è, pertanto, finalizzata a rendere omogenee le procedure tra le diverse gestioni commissariali.

Articolo 17 – Entrata in vigore.

L'articolo 17 disciplina l'entrata in vigore del provvedimento.