XVIII LEG - Schema di D.Lgs. - Rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali

aggiornamento: 28 settembre 2021

Esame definitivo - Consiglio dei ministri 4 novembre 2021

Esame preliminare - Consiglio dei ministri 5 agosto 2021

Schema di decreto legislativo recante: “Disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali”

Relazione illustrativa

 

Indice


Art. 1 - Oggetto
Art. 2- Dichiarazioni di autorità pubbliche sulla colpevolezza delle persone fisiche sottoposte a procedimento penale
Art. 3 - Modifiche al decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106
Art. 4 - Modifiche al codice di procedura penale
Art. 5- Rilevazione, analisi e trasmissione dei dati statistici
Art. 6- Clausola di invarianza finanziaria

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;

Visto l’articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Vista la legge 22 aprile 2021, n. 53, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea - Legge di delegazione europea 2019 - 2020, e, in particolare, l’articolo 1, comma 1 e l’allegato A, numero 1;

Vista la legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea; 

Vista la direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali;

Vista la deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 5 agosto 2021; 

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; 

Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del ...;

Su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri  e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e il Ministro dell’economia e delle finanze;

E M A N A 

il seguente decreto legislativo

Art. 1
(Oggetto)

  1. Il presente decreto reca disposizioni integrative per il rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza delle persone fisiche sottoposte a indagini o imputate in un procedimento penale in attuazione della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, di seguito denominata «direttiva».

Art. 2
(Dichiarazioni di autorità pubbliche sulla colpevolezza delle persone fisiche sottoposte a procedimento penale)

  1. È fatto divieto alle autorità pubbliche di indicare pubblicamente come colpevole la persona sottoposta a indagini o l’imputato fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili. 
  2. In caso di violazione del divieto di cui al comma 1, ferma l’applicazione delle eventuali sanzioni penali e disciplinari, nonché l’obbligo di risarcimento del danno, l’interessato ha diritto di richiedere all’autorità pubblica la rettifica della dichiarazione resa. 
  3. Quando ritiene fondata la richiesta, l’autorità che ha reso la dichiarazione procede alla rettifica immediatamente e, comunque, non oltre quarantotto ore dalla ricezione della richiesta, dandone avviso all’interessato. 
  4. L’autorità che ha reso la dichiarazione è tenuta a rendere pubblica la rettifica con le medesime modalità della dichiarazione oppure, se ciò non è possibile, con modalità idonee a garantire il medesimo rilievo e grado di diffusione della dichiarazione oggetto di rettifica.
  5. Quando l’istanza di rettifica non è accolta, ovvero quando la rettifica non rispetta le disposizioni di cui al comma 4, l’interessato può chiedere al tribunale, ai sensi dell’articolo 700 del codice di procedura civile, che sia ordinata la pubblicazione della rettifica secondo le modalità di cui al comma 4. 

Art. 3
(Modifiche al decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106)

  1. All’articolo 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, sono apportate le seguenti modificazioni:
    1. al comma 1, dopo la parola «informazione», sono inserite le seguenti: «, esclusivamente tramite comunicati ufficiali oppure, nei casi di particolare rilevanza pubblica dei fatti, tramite conferenze stampa.»;
    2. dopo il comma 2 è inserito il seguente: «2-bis. La diffusione di informazioni sui procedimenti penali è consentita solo quando è strettamente necessaria per la prosecuzione delle indagini o ricorrono altre rilevanti ragioni di interesse pubblico. Le informazioni sui procedimenti in corso sono fornite in modo da chiarire la fase in cui il procedimento pende e da assicurare, in ogni caso, il diritto della persona sottoposta a indagini e dell’imputato a non essere indicati come colpevoli fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili.»;
    3. dopo il comma 3 sono inseriti i seguenti: 
      «3-bis. Nei casi di cui al comma 2-bis, il procuratore della Repubblica può autorizzare gli ufficiali di polizia giudiziaria a fornire, tramite comunicati ufficiali oppure tramite conferenze stampa, informazioni sugli atti di indagine compiuti o ai quali hanno partecipato. Si applicano le disposizioni di cui ai commi 2-bis e 3.
      3-ter. Nei comunicati e nelle conferenze stampa di cui ai commi 2-bis e 3-bis è fatto divieto di assegnare ai procedimenti pendenti denominazioni lesive della presunzione di innocenza.».
  2. All’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, dopo la parola «preposti,», sono inserite le seguenti: «oltre che dei doveri di cui all’articolo 5,».

Art. 4
(Modifiche al codice di procedura penale)

  1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
    1. dopo l’articolo 115, è inserito il seguente:
      «Articolo 115-bis (Garanzia della presunzione di innocenza).
      1. Salvo quanto previsto dal comma 2, nei provvedimenti diversi da quelli volti alla decisione in merito alla responsabilità penale dell’imputato, la persona sottoposta a indagini o l’imputato non possono essere indicati come colpevoli fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili. Tale disposizione non si applica agli atti del pubblico ministero volti a dimostrare la colpevolezza della persona sottoposta ad indagini o dell’imputato.
      2. Nei provvedimenti che presuppongono la valutazione di prove, elementi di prova o indizi di colpevolezza, diversi dalle decisioni indicate al comma 1, l’autorità giudiziaria limita i riferimenti alla colpevolezza della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato alle sole indicazioni necessarie a soddisfare i presupposti, i requisiti e le altre condizioni richieste dalla legge per l’adozione del provvedimento.
      3. In caso di violazione delle disposizioni di cui al comma 1, l’interessato può, a pena di decadenza, nei dieci giorni successivi alla conoscenza del provvedimento, richiederne la correzione, quando è necessario per salvaguardare la presunzione di innocenza nel processo.
      4. Sull’istanza di correzione il giudice che procede provvede, con decreto motivato, entro quarantotto ore dal suo deposito. Nel corso delle indagini preliminari è competente il giudice per le indagini preliminari. Il decreto è notificato all’interessato e alle altre parti e comunicato al pubblico ministero, i quali, a pena di decadenza, nei dieci giorni successivi, possono proporre opposizione al giudice che lo ha emesso, che provvede in camera di consiglio a norma dell’articolo 127.»;
    2. all’articolo 329, comma 2, dopo le parole «Quando è», è inserita la seguente: «strettamente»;
    3. all’articolo 474 del codice di procedura penale, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:
      «1-bis. Il giudice, sentite le parti, dispone con ordinanza l’impiego delle cautele di cui al comma 1. È comunque garantito il diritto dell’imputato e del difensore di consultarsi riservatamente, anche attraverso l’impiego di strumenti tecnici idonei, ove disponibili. L’ordinanza è revocata con le medesime forme quando sono cessati i motivi del provvedimento.».

Art. 5
(Rilevazione, analisi e trasmissione dei dati statistici)

  1. Alla rilevazione, all’analisi e alla trasmissione alla Commissione europea dei dati di cui all’articolo 11 della direttiva provvede il Ministero della giustizia. 
  2. Ai fini di cui al comma 1, sono oggetto di rilevazione, tra gli altri, i dati relativi al numero e all’esito dei procedimenti anche disciplinari connessi alla violazione degli articoli 2, 3 e 4 del presente decreto e dei procedimenti sospesi per irreperibilità dell’imputato ovvero nei confronti di imputati latitanti, nonché dei procedimenti per rescissione del giudicato ai sensi dell’articolo 629-bis del codice di procedura penale.

Art. 6
 (Clausola di invarianza finanziaria)

  1. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono alle attività previste dal medesimo decreto mediante le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Relazione illustrativa

 

I.    Con l’articolo 1 della legge 22 aprile 2021, n. 53 (Legge di delegazione europea 2019 - 2020), il Governo è stato delegato al recepimento di varie direttive europee, tra cui la direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali (di seguito: la direttiva).

Prima della scadenza del termine di attuazione, fissato al 1° aprile 2018, è stata trasmessa alla Commissione la tabella di concordanza recante il testo delle norme nazionali vigenti, che consentivano di ritenere l’ordinamento giuridico nazionale già conforme alle previsioni dell’atto eurounitario.

In data 31 marzo 2020, conformemente a quanto previsto dall’articolo 12 della direttiva, la Commissione europea ha presentato la prima relazione sullo stato di attuazione della medesima (doc. COM (2021) 144 final).
Per quanto il documento non contenga espliciti riferimenti alle normative dei singoli Stati membri, talune delle criticità rilevate dalla Commissione, che hanno già dato luogo all’apertura di procedure di infrazione nei confronti di vari paesi, appaiono suscettibili di essere riscontrate in relazione all’attuale quadro giuridico italiano.

Dette criticità attengono, in particolare, alle previsioni di cui agli articoli 4 e 5 della direttiva, rispettivamente volte a garantire la persona (fisica) sottoposta a procedimento penale dal pregiudizio derivante: 

  • da eventuali dichiarazioni di autorità pubbliche, o da decisioni giudiziarie diverse da quelle relative alla responsabilità penale, in cui essa venga pubblicamente presentata come colpevole, nonostante il processo non sia ancora iniziato o sia tuttora in corso (articolo 4); 
  • dalla sottoposizione a mezzi di coercizione fisica anche in aula di udienza, durante il processo, o comunque in altre circostanze pubbliche (articolo 5: sono fatti salvi i casi in cui l’adozione dei mezzi suddetti sia resa necessaria da specifiche esigenze di sicurezza).

Ciò anche con riferimento alla necessità che, conformemente all’articolo 10 della direttiva, le indicate forme di tutela risultino non solo riconosciute a livello di normativo, ma altresì assistite da «un ricorso effettivo in caso di violazione» (articolo 10), e cioè da un rimedio processuale (“successivo”) che – conformemente a quanto precisato dal considerando (44) – «[abbia], per quanto possibile, l’effetto di porre l’indagato o imputato nella posizione in cui questi si sarebbe trovato se la violazione non si fosse verificata, così da salvaguardare il diritto a un equo processo e i diritti della difesa».

Al fine di prevenire il possibile avvio di una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, con il presente decreto legislativo vengono quindi dettate le sole disposizioni necessarie a garantire una più precisa e completa conformità alle su richiamate previsioni dello strumento eurounitario.

II. Il decreto legislativo si compone di sei articoli.

L’articolo 1 del decreto definisce l’oggetto dell’intervento che, per le ragioni appena esposte, viene identificato nell’introduzione di talune «disposizioni integrative per il rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza» in conformità alle previsioni della direttiva. L’ambito applicativo di dette disposizioni, sempre secondo quanto previsto dalla direttiva, viene circoscritto alle sole persone fisiche sottoposte a indagini o imputate in un procedimento penale.

Gli articoli 2, 3 e 4, comma 1, lettere a) e b) , completano il quadro interno delle tutele con riguardo alle previsioni dell’articolo 4 della direttiva in tema di Riferimenti in pubblico alla colpevolezza, secondo cui:

  1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che, fino a quando la colpevolezza di un indagato o imputato non sia stata legalmente provata, le dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza non presentino la persona come colpevole. Ciò lascia impregiudicati gli atti della pubblica accusa volti a dimostrare la colpevolezza dell'indagato o imputato e le decisioni preliminari di natura procedurale adottate da autorità giudiziarie o da altre autorità competenti e fondate sul sospetto o su indizi di reità.
  2. Gli Stati membri provvedono affinché siano predisposte le misure appropriate in caso di violazione dell'obbligo stabilito al paragrafo 1 del presente articolo di non presentare gli indagati o imputati come colpevoli, in conformità con la presente direttiva, in particolare con l'articolo 10. 
  3. L'obbligo stabilito al paragrafo 1 di non presentare gli indagati o imputati come colpevoli non impedisce alle autorità pubbliche di divulgare informazioni sui procedimenti penali, qualora ciò sia strettamente necessario per motivi connessi all'indagine penale o per l'interesse pubblico.

L’articolo 4, comma 1, lettera c), contiene alcune modifiche di dettaglio volte ad assicurare la più compiuta aderenza della previsione di cui all’articolo 474 del codice di rito al disposto dell’articolo 5 della direttiva, con cui – come accennato – si mira a prevenire l’ulteriore vulnus alla presunzione di innocenza che si verifica allorquando l’autorità pubblica presenti l’indagato o l’imputato come colpevole – non attraverso «dichiarazioni» o «decisioni» ma – esibendolo nelle aule di giustizia, o comunque in pubblico, mentre è sottoposto a «misure di coercizione fisica».

L’articolo 5 dà attuazione all’articolo 11 della direttiva individuando nel Ministero della giustizia l’autorità incaricata della rilevazione, dell’analisi e alla trasmissione alla Commissione europea dei dati di cui all’articolo 11 della direttiva, nei quali – in conformità al considerando (46) – sono stati espressamente inclusi quelli relativi al numero e all’esito dei procedimenti anche disciplinari connessi alla violazione degli articoli 2, 3 e 4 del decreto e dei procedimenti sospesi per irreperibilità dell’imputato ovvero nei confronti di imputati latitanti, nonché dei procedimenti per rescissione del giudicato ai sensi dell’articolo 629-bis del codice di procedura penale.

L’articolo 6, infine, contiene la clausola di invarianza finanziaria.

III.    Prima di procedere all’illustrazione di dettaglio delle previsioni contenute negli articoli 2, 3 e 4, appare opportuno svolgere alcune brevi precisazioni preliminari.

Innanzitutto, quanto alle «autorità pubbliche» destinatarie dell’obbligo negativo (ovvero del divieto) in questione, va evidenziata la notevole latitudine della relativa nozione che, come testualmente desumibile (anche) dal considerando (17) della direttiva, oltre alle autorità «coinvolt[e] nel procedimento penale [...], quali le autorità giudiziarie, di polizia e altre autorità preposte all'applicazione della legge», ricomprende qualsiasi altra autorità investita di potestà pubblicistiche «quali ministri e altri funzionari pubblici»: ciò, del resto, conformemente all’ampia casistica emergente dalla disamina della giurisprudenza della Corte EDU che, per ricordare un singolo esempio, ha applicato i princìpi qui in esame alle dichiarazioni rese dal Presidente di un Parlamento nazionale (v. Butkevičius c. Lituania, ricorso 48297/99, sentenza 26 marzo 2002). Sul punto, si aggiunge unicamente che, trattandosi all’evidenza di una nozione autonoma del diritto dell’Unione, risulta interdetta – oltre che sostanzialmente superflua, attesa l’immediata chiarezza del concetto – qualsiasi iniziativa definitoria da parte del legislatore nazionale.

In secondo luogo, va sottolineato che, come si rileva – tra l’altro – dal considerando (9) della direttiva, quest’ultima mira a «rafforzare il diritto a un equo processo nei procedimenti penali». I diritti e i meccanismi di tutela assicurati dalla direttiva si riferiscono, quindi, all’intero arco temporale del procedimento penale, ma non si spingono oltre la decisione definitiva che ne segna la conclusione. Ed infatti, come in particolare chiarito al successivo considerando (12), la direttiva trova applicazione «dal momento in cui una persona sia indagata o imputata per un reato o per un presunto reato» (e a prescindere dal fatto che essa «sia messa a conoscenza [...], mediante notifica ufficiale o in altro modo, di essere indagata o imputata») sino al momento in cui «non diventi definitiva la decisione che stabilisce in maniera finale se l’indagato o l’imputato abbia commesso il reato», rimanendo invece ad essa estranee «[l]e azioni legali e i mezzi di ricorso che sono disponibili solo quando tale decisione è divenuta definitiva, comprese le azioni dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo». Sul punto, può solo incidentalmente notarsi che, in verità, mentre la disposizione generale sull’ambito di applicazione della direttiva fissa il dies ad quem nella definitività della decisione (riproducendo, dunque, l’indicazione del considerando (12)), invece l’articolo 3, che apre il capo dedicato alla presunzione di innocenza, lo individua nel momento in cui risulti «legalmente provata la colpevolezza» dell’imputato, così – almeno in apparenza – lasciando spazio alla possibilità che le normative nazionali determinino in senso più restrittivo, e anticipato rispetto al passaggio in giudicato della decisione, l’ambito di estensione temporale in cui operano le tutele connesse alla presunzione. Pur senza scendere nel merito della questione, insuscettibile di concrete ricadute pratiche nel nostro sistema giuridico, si nota come essa sia ulteriormente indicativa dell’esatto ambito di riferimento temporale dei diritti riconosciuti dalla direttiva e, quindi, dei conseguenti obblighi di adeguamento della legislazione nazionale, che – come detto – non si proietta oltre la definitività della decisione sulla colpevolezza dell’imputato.

Dev’essere infine fatto rilevare che ragioni di ordine tecnico e sistematico, nonché di chiarezza del dettato normativo, hanno suggerito di ripartire in articoli separati la disciplina delle «dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche» e delle «decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza», le quali invece – come pure visto – risultano unitariamente trattate tanto nell’articolo 4 della direttiva, quanto nell’articolo 10, relativo ai rimedi cd. successivi.
Per le medesime ragioni è parso opportuno dedicare alle «dichiarazioni pubbliche» due distinte previsioni, contenute negli articoli 2 e 3 dello schema di decreto, essendo parso necessario, ai fini della più completa attuazione degli obiettivi della direttiva, precisare taluni aspetti della diffusione attraverso gli organi di informazione di notizie concernenti i procedimenti penali ad opera delle procure della Repubblica e, pertanto, intervenire con un’autonoma disposizione sugli articoli 5 e 6 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106. 

Come già in precedenza accennato, infine, nell’articolo 4 dello schema di decreto sono state collocate sia la disciplina delle «decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza» (comma 1, lettera a), sia l’intervento riguardante il divieto di presentazione dell’imputato sottoposto a «misure coercitive» (comma 1, lettera c). Con la medesima norma si è altresì provveduto ad un più preciso allineamento dell’articolo 329 del codice di rito alle previsioni della direttiva in tema di diffusione di notizie riguardanti i procedimenti penali (comma 1, lettera b).

IV.    Tanto premesso, nel dettaglio dell’illustrazione delle singole previsioni, si osserva quanto segue.

Articolo 2 - Dichiarazioni di autorità pubbliche sulla colpevolezza delle persone fisiche sottoposte a procedimento penale

Enunciato in via generale il divieto, per le «autorità pubbliche», di presentare prematuramente come colpevole la persona sottoposta a indagini o imputata in un procedimento ancora in corso (comma 1), la disciplina si concentra integralmente sui rimedi attivabili dall’interessato in caso di violazione.

Nel mantenere espressamente ferma «l’applicazione delle eventuali sanzioni penali e disciplinari, nonché l’obbligo di risarcimento del danno», si riconosce all’interessato il diritto di richiedere la rettifica della dichiarazione resa all’autorità pubblica e, correlativamente, l’obbligo di quest’ultima di provvedere sull’istanza entro e non oltre le successive quarantotto ore (commi 2 e 3).

In caso di accoglimento, la rettifica andrà resa pubblica «con le medesime modalità della dichiarazione o, se ciò non è possibile, con modalità idonee a garantire il medesimo rilievo e grado di diffusione della dichiarazione oggetto di rettifica» (comma 4).

In caso di rigetto dell’istanza, o comunque di inerzia nell’assumere la decisione richiesta entro il termine, l’interessato potrà rivolgersi al tribunale affinché, ai sensi dell’articolo 700 cod. proc. civ., ordini all’autorità pubblica che ha trasgredito il divieto l’immediata pubblicazione della rettifica della dichiarazione (comma 5). 

Come accennato, la novella integra altresì il quadro regolatorio delle comunicazioni informative delle procure della Repubblica agli organi di informazione.

In proposito, si stabilisce, innanzitutto, che il procuratore della Repubblica, già tenuto a «mant[enere] personalmente, ovvero tramite un magistrato dell’ufficio appositamente delegato, i rapporti con gli organi di informazione», debba affidare le proprie esternazioni a forme «ufficiali» di comunicazione, potendo convocare conferenze stampa unicamente allorquando le vicende da trattare rivestano «particolare rilevanza pubblica » (così la modifica dell’articolo 5, comma 1, del d.lgs. 106/2006). 

Si prevede, inoltre, che la diffusione di notizie riguardanti i procedimenti penali possa aver luogo unicamente in due casi:

  1. quando risulti «strettamente necessari[a] per la prosecuzione delle indagini» (ovvero nelle ipotesi previste dall’articolo 329, comma 2, cod. proc. pen., come modificato dall’articolo 4, comma 1, lettera b) del presente decreto); ovvero
  2. quando «ricorrono altre rilevanti ragioni di interesse pubblico».

In tali circostanze, le informazioni andranno comunque diffuse «in modo da chiarire la fase in cui il procedimento pende e da assicurare, in ogni caso, il diritto della persona sottoposta a indagini e dell’imputato a non essere indicati come colpevoli fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili» (così il nuovo comma 2-bis dell’articolo 5 del d. lgs. 106/2006) e nei comunicati o nelle conferenze stampa non potranno essere assegnate ai procedimenti pendenti denominazioni lesive della presunzione di innocenza (in tali termini, il nuovo comma 2-ter del citato articolo 5).

Tali fondamentali regole di condotta sono altresì da osservare allorquando il procuratore della Repubblica autorizzi gli ufficiali di polizia giudiziaria a fornire informazioni sulle attività di indagini svolte, possibilità che viene ora espressamente consentita (nuovo comma 3-bis dell’articolo 5 del d. lgs. 106/2006). 

In relazione a tali modifiche si è provveduto al conseguente adattamento della disposizione sull’attività di vigilanza del procuratore generale presso la corte di appello, di cui all’articolo 6 del d.lgs. 106/2006, nella quale s’è interpolato uno specifico riferimento alla verifica dell’osservanza, da parte dei procuratori della Repubblica, della disciplina concernente i rapporti con gli organi di informazione.

Articolo 4 – Le modifiche al codice di procedura penale.

In merito alle possibili violazioni della presunzione di innocenza a mezzo di «decisioni» dell’autorità giudiziaria, si prevede l’inserimento nelle disposizioni generali sugli atti del procedimento, di cui al Titolo I del Libro III del codice di rito, dell’articolo 115-bis.

La norma, espressamente intitolata alla Garanzia della presunzione di innocenza, riproduce nello specifico contesto normativo del codice, la generale formulazione del divieto di riferimenti pubblici alla colpevolezza in relazione ai «provvedimenti diversi da quelli volti alla decisione in merito alla responsabilità penale dell’imputato», dal quale vengono esclusi –  conformemente a quanto previsto dalla direttiva – gli «atti del pubblico ministero volti a dimostrare la colpevolezza della persona sottoposta ad indagini o dell’imputato» (art. 115-bis, comma 1).

Sempre al fine di dare attuazione alle previsioni della fonte eurounitaria, e in particolare all’articolo 4, paragrafo 1, secondo periodo, e alla seconda parte del considerando (16), si precisa inoltre che nei provvedimenti che, pur non essendo diretti alla decisione sul merito della responsabilità penale dell’imputato, presuppongano comunque «la valutazione di prove, elementi di prova o indizi di colpevolezza», l’autorità giudiziaria sia tenuta a «limita[re] i riferimenti alla colpevolezza della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato alle sole indicazioni necessarie a soddisfare i presupposti, i requisiti e le altre condizioni richieste dalla legge per l’adozione del provvedimento» (comma 2).

Quanto ai rimedi, si riconosce all’interessato il diritto di richiedere la correzione del provvedimento, nei dieci giorni successivi alla conoscenza di esso (comma 3).

Diversamente da quanto stabilito in via generale dall’articolo 130 cod. proc. pen. per la correzione degli errori materiali, in tal caso, oltre a replicarsi lo stringente termine perentorio di quarantotto ore già imposto dall’articolo 2, comma 3, del decreto a tutte le «autorità pubbliche» per la rettifica delle «dichiarazioni», si è previsto che sull’istanza di correzione sia in ogni caso competente a provvedere il giudice che procede, anche quando il provvedimento sia stato adottato dal pubblico ministero. A tal fine, si è altresì precisato che, nel corso delle indagini preliminari, la competenza spetti al giudice per le indagini preliminari. La decisione andrà assunta nelle forme del decreto motivato, che andrà notificato all’interessato e alle altre parti e comunicato al pubblico ministero. Avverso il decreto, a pena di decadenza, nei dieci giorni successivi, è proponibile opposizione innanzi al medesimo giudice che l’ha adottato, il quale provvederà in camera di consiglio a norma dell’articolo 127 cod. proc. pen. (comma 4).

Alla luce di uno specifico rilievo contenuto nella relazione della Commissione europea menzionata in premessa è stato altresì necessario intervenire sull’articolo 329, comma 2, del codice, al fine di precisare che il potere di “desegretazione” ivi previsto sia esercitabile solo allorquando risulti «strettamente» necessario ai fini della prosecuzione delle indagini, così replicando la puntuale indicazione contenuta nell’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva (articolo 4, comma 1, lettera b, dello schema di decreto).

In vista del migliore adeguamento alla previsione di cui all’articolo 5 della direttiva, è stato infine modificato l’articolo 474 del codice di rito, con la specifica finalità di chiarire che l’eventuale adozione di misure di coercizione fisica nei confronti dell’imputato in corso di processo, prevista dal comma 1 per l’ipotesi in cui ricorra il pericolo di fuga o di consumazione di atti di violenza, debba costituire oggetto di specifica valutazione da parte del giudice. Per quanto la direttiva non lo imponga, è parso a tal fine opportuno prevedere, al nuovo comma 1-bis, che detta valutazione sia formalizzata dal giudice in un’apposita ordinanza, da pronunciarsi in udienza nel contraddittorio delle parti e da revocarsi allorquando le anzidette esigenze di cautela risultino cessate. Pacifico che, anche in caso di adozione dell’ordinanza, «è comunque garantito il diritto dell’imputato e del difensore di consultarsi riservatamente», la nuova disposizione consente ora che, a tal fine, possano essere impiegati anche «idonei strumenti tecnici», laddove disponibili (art. 4, comma 1, lettera c, dello schema).


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